Miniatura rappresentante un profeta, Padova, Biblioteca Antoniana, XIV secolo
Premessa
I libri dell'Antico Testamento riconosciuti dai Cattolici sono 46. L'accezione
"libro" va qui intesa in senso ampio, nonostante la stessa parola
"Bibbia" derivi dal greco "I libri", poiché la Genesi e
Isaia sono testi molto vasti, Giona e Malachia sono
pamphlet estremamente scarni, mentre Abdia addirittura si riduce ad una sola
paginetta.
Protestanti ed Ebrei riconoscono un numero
più limitato di libri, considerando alcuni di essi (come i due libri dei Maccabei, o alcuni capitoli di Daniele e di Ester)
non ispirati. I Cattolici non sono d'accordo ma definiscono questi testi come
"deuterocanonici", cioè entrati nel "Canone" dei testi
sacri in un secondo tempo.
I fratelli Ebrei dividono i libri biblici
da essi considerati canonici in tre gruppi:
Questi Scritti, a loro volta, si possono raggruppare in vari generi:
Come si vede, si tratta di testi fortemente eterogenei per contenuto, stile ed epoca di composizione. Invece la tradizione cattolica divide la Bibbia in questi gruppi:
Dunque, gli Ebrei chiamano in gran parte "Profeti Anteriori" quelli che i Cattolici chiamano "Libri Storici" (gli altri sono catalogati semplicemente come "Scritti"). Benché datati posteriormente ai libri profetici veri e propri, sono stati così definiti per la loro attinenza con il fenomeno del profetismo, che ha avuto un ruolo fondamentale nella storia dell'antico Israele. Del resto, in essi molti racconti sono dedicati proprio alle vicende dei profeti: nei soli Libri dei Re, ben 22 capitoli su 47 sono dedicati a profeti vari, in particolar modo ad Elia, Eliseo ed Isaia. Inoltre, una tradizione giudaica vuole che questi testi siano stati scritti da alcuni profeti. Questo oggi non è storicamente sostenibile, ma in essi la storia d'Israele ha subito comunque un'interpretazione profetica, come vedremo meglio analizzando quei libri nel dettaglio.
Storicità
della Rivelazione
Perchè leggere oggi i libri "Storici" della Bibbia, e cercare un
parallelo tra di essi e le conoscenze che ci vengono dall'archeologia e dalla
storiografia extrabiblica? Molto semplice: il concetto fondamentale che la
Bibbia vuole esprimere, secondo diversi esegeti, è questo: Dio
non si rivela solo attraverso la Creazione, ma anche nella storia umana.
Egli ha salvato Noè, ha chiamato Abramo, ha liberato un intero popolo con il
quale stringe un'Alleanza, estesa poi da Gesù Cristo all'intera umanità.
Questo discorso fonda quella che oggi viene chiamata « teologia della
rivelazione ».
Parlare di storicità della rivelazione implica, in primo luogo, che la parola
di Dio ci viene rivelata attraverso la parola dell'uomo, anche se la lingua e il
parlare umani sono sempre limitati: spesso la parola dice meno di ciò che si
intendeva comunicare. Un evangelista
come Matteo non avrebbe mai potuto pronunciarsi sulla Eucaristia come fece più
tardi il Concilio di Trento, quando definì con sentenza dottrinale:
« Mediante la consacrazione del pane e del vino si compie la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del sangue di Lui. E questa trasformazione convenientemente e propriamente è stata chiamata dalla Santa Chiesa Cattolica transustanziazione »
San Matteo non avrebbe mai potuto esprimersi così, poiché sia a lui che ai lettori ebrei per i quali scrisse il Vangelo era estraneo il concetto di « sostanza ». Altrettanto sarebbe accaduto se avesse parlato di Cristo come di una « persona divina »; il concetto di persona non esisteva net pensiero ebraico di allora. Noi dunque incontriamo la parola di Dio nella Bibbia sotto forma di discorso tenuto da uomini per altri uomini, e quindi gli autori biblici si servivano di modi di esprimersi in voga al loro tempo. Nell'antico Israele dominava per esempio la concezione che JHWH abitasse in un palazzo celeste, circondato da un'intera corte. Ad esempio nel Primo Libro dei Re il profeta Michea dice ad Acab re d'Israele e a Giosafat re di Giuda (1 Re 22, 19):
« Ho visto il Signore seduto sul trono; tutto 1'esercito del cielo gli stava intorno, a destra e a sinistra »
Non c'e dubbio che tale affermazione fosse
presa alla lettera e non in senso figurato. Ma parlare di "corte celeste"
per l'autore biblico significa solo descrivere la Potenza e la Maestà di Dio, e
quindi il suo assoluto dominio sul cosmo. Idem dicasi per Giosuè
che avrebbe "fermato il Sole" su Gabaon (Gs 10, 12): ancora fino al
XVII secolo questo fatto era inteso alla lettera, mentre noi gli diamo tutt'altro
significato (Dio può interrompere, volendo, anche l'ordine naturale delle cose
da Lui create), perché sappiamo che
il sole non gira attorno alla terra. L'inesatta concezione del mondo che sta
alla base di queste affermazioni nulla toglie al messaggio che esse ci vogliono
comunicare.
La storicità della rivelazione implica quindi che la parola di Dio ci giunga
sempre condizionata dalla limitata parola umana. L'interpretazione dei libri
biblici, e soprattutto di quelli che noi definiamo propriamente Storici, può
avvenire solo avendo una precisa conoscenza della cultura dei popoli biblici,
senza la quale non comprenderemmo nulla di quei testi, giungendo per esempio a condannare Galileo perchè non abbiamo capito il vero senso del "Fermati, o
sole".
Una
storia a tratti inaccettabile
Ma non basta. Storicità della rivelazione significa che Dio si rivela
nel corso di una lunga storia la quale, iniziata con i patriarchi, prosegue fino
a Gesù, e quindi per quasi 2.000 anni. Dio si manifesta all'uomo a poco a poco
, svela i suoi progetti gradualmente e nel corso di lunghi secoli Non
dobbiamo perciò stupirci se Dio e il suo progetto di salvezza sono
rappresentati, nei primi e più antichi testi dell'Antico Testamento, in maniera
tanto imperfetta e spesso addirittura
inaccettabile. Così, l'ordine divino
di sterminare i nemici in guerra (Dt 20, 12-18) suona certamente falso ed odioso
alle nostre orecchie una imperfezione. Lo stesso vale per alcune terribili
imprecazioni di vendetta nei Salmi:
« Beato chi afferrerà i tuoi piccoli [i figli dell'oppressore] e li sbatterà contro la pietra! » (Salmo 137, 9)
Neanche i principali protagonisti
dell'Antico Testamento sfuggono a questa regola. Abramo
cede la propria moglie al Faraone per poter sopravvivere e fare fortuna in
Egitto (Gn 12, 10-20); le figlie di Lot hanno
rapporti incestuosi con il loro padre (Gn 19, 30-38); Giacobbe
inganna suo padre per avere la primogenitura (Gn 27, 1-29); Mosè
dice che JHWH stesso gli ha comandato di far lapidare un bestemmiatore (Lev 24,
10-14); Iefte sacrifica a Dio la sua unica figlia
per ringraziarlo di avergli concesso una vittoria (Gdc 11, 30-40); Saul
vorrebbe mettere a morte il suo stesso figlio Gionata perchè gli ha disubbidito
(1 Sam 14, 39-46); e gli esempi potrebbero sprecarsi. Ciò che scandalizza il
lettore moderno è soprattutto il fatto che questi avvenimenti non vengano in
alcun modo condannati. Si e cercato
spesso di spiegare versetti insostenibili di questo tenore richiamandosi alla «pedagogia
divina », un'espressione che risale ai Padri della Chiesa, ma che è stata
ripresa anche dal Concilio Vaticano II (Dei Verbum, 15). Secondo tale ipotesi, analogamente
ai genitori che non possono insegnare tutto in una sola volta ai loro figli, ma
li istruiscono a poco a poco, adeguandosi alla loro età e alla loro capacità
di comprensione, anche Dio avrebbe offerto gradualmente agli uomini la
possibilità di comprendere il Suo volere.
In teologia si parla, a tale proposito, di rivelazione progressiva, ma tale teoria
non è certo sufficiente a spiegare tutte le stragi e le mostruosità che si
vedono commettere in nome di Dio nell'Antico Testamento. Ci si deve giocoforza
accontentare dell'idea che l'Antico Testamento rappresenta solo
nella sua totalità una testimonianza di alto valore morale. Nel corso
dei secoli gli uomini hanno avuto sempre nuove esperienze di Dio, cosicché gli
autori biblici hanno successivamente
corretto la visione parziale di autori precedenti, perfezionando e relativizzando
ciò che pareva inaccettabile. Del resto, spesso i profeti non hanno annunciato
nulla di nuovo, limitandosi semplicemente a richiamare alla coscienza dei propri
contemporanei la parola di Dio già rivelata in precedenza. Da un certo punto di
vista la Sacra Scrittura e paragonabile a un dipinto: solo chi può ammirare il
quadro completato è in grado di valutare bene i singoli particolari. Per i
cristiani, poi, il messaggio dell'Antico Testamento si completa in Gesù Cristo,
il quale dice di non essere venuto a cancellare la Legge, ma a darle compimento
(Matteo 5, 17). Solo alla luce di questi punti di riferimento possiamo
affrontare il nostro percorso attraverso i Libri Storici della Bibbia.
La
Tradizione Deuteronomistica
Veniamo ad analizzare questi testi nel dettaglio. Tanto per cominciare, il gruppo di libri che seguono il
Deuteronomio, definiti profetici dai fratelli Ebrei e storici dai Cattolici,
costituisce ciò che gli esegeti chiamano solitamente l'"Opera
deuteronomistica". Perchè? Cosa c'entrano con il quinto libro del
Pentateuco, il cui nome letteralmente significa "Seconda Legge?"
Anzitutto, da un lato il Deuteronomio
è una sorta di sintesi dei quattro libri che lo precedono, rivisitando tutta
quanta la Legge data al suo popolo da Dio sull'Oreb; d'altro canto invece la
Tradizione giudaica lo considera una sorta di testamento spirituale di Mosè, il
primo profeta e il capostipite del profetismo (vedi Dt 18,15 e seguenti). Logico
dunque che il Deuteronomio concluda la Legge, la Torah, ed inizi i Profeti, i
Nevim.
Ma questo non è il solo motivo. Tra il
Deuteronomio ed i libri immediatamente successivi (Giosuè, Giudici, Samuele,
Re) vi è anche un'unità compositiva, in quanto tutti rientrano nella
cosiddetta
Tradizione Deuteronomistica. Si è detto in
altro ipertesto che all'interno del testo della Genesi
sono ravvisabili tre tradizioni separate, definite Jahwista (utilizza come nome
di Dio il tetragramma JHWH), Elohista (utilizza il termine Elohim, plurale
maiestatico che significa "il Signore", della stessa radice semitica
dell'arabo Allah) e Sacerdotale (o codice P, in tedesco Priester Codex) Ebbene,
ve ne è anche una quarta, facilmente individuabile perché nel Pentateuco è
contenuta quasi esclusivamente proprio nel Deuteronomio. Tale Tradizione,
infatti, rinuncia ad occuparsi della storia delle origini, dei patriarchi e
della liberazione dall'Egitto, per concentrarsi essenzialmente sull'insegnamento della
Legge.
Vanni Rossi (1894-1973), Mosè riceve le Tavole della Legge sull'Oreb
Per questo il suo stile, data la sua natura
pedagogica, è per lo più esortativo, fatto di appelli all'obbedienza,
avvertimenti, promesse ai fedeli e minacce ai peccatori. Tutte le prescrizioni della Legge sono
collegate al centrale comandamento dell'amore (Dt 6, 4-9), quello "Shemà,
Israel" (Ascolta, Israele) che sarà ripreso con efficacia anche da Gesù
Cristo, mettendolo al centro della sua predicazione (cfr. Marco 12, 29).
Per quanto riguarda l'origine di questa Tradizione,
l'attenzione che viene dedicata ai Leviti e al Tempio, quale unico santuario
legittimo di Israele, fa pensare che essa si
sia sviluppata in ambiente levitico. La fissazione scritta è
avvenuta probabilmente dopo la distruzione del Regno del Nord (722 a.C.), da
parte dei Leviti rifugiatisi nel Regno di Giuda, e ha subito continui sviluppi
fino all'esilio babilonese. Sotto il Regno di
Ezechia (716-687 a.C.) si ebbe una prima elaborazione scritta, poi andata in
parte perduta e nascosta con cura sotto i regni dell'empio Manasse (687-642 a.C.) e
del suo degno suo figlio Amon (642-640). Ricomparve
sotto il Regno di Giosia (640-609 a.C.): la tradizione afferma che fu ritrovato
durante i lavori di restauro del Tempio e, quando lo ebbe letto, il re si
stracciò le vesti per il dolore di essersi allontanato dal volere divino, ed
iniziò una grandiosa riforma religiosa, che ancor oggi lo fa ricordare tra i
più eminenti sovrani di Giuda. Vedi a questo proposito il secondo libro dei Re.
La storiografia deuteronomistica
Il genere letterario è quello della catechesi. Essa, tuttavia, non
rappresenta una
predica calata dall'alto e svincolata dalla vita del popolo, ma è presentata
come strettamente collegata agli avvenimenti della
storia, a cui si riferisce di continuo per evidenziarne l'attualità
nell'oggi. Ecco perchè la tradizione Deuteronomistica ha dato vita ad una vera
e propria storiografia, che ci ha tramandato in forma scritta gli eventi della
storia del Popolo Eletto dall'insediamento nella terra di Canaan (1200 a.C.
circa, narrato nel libro di Giosuè) fino all'esilio babilonese (587 a.C.), passando attraverso il
turbinoso interregno tra la conquista e l'istituzione della monarchia
(1200-1030 a.C. circa, narrato nel libro dei Giudici), la costituzione della
monarchia unitaria (1030-970 a.C., narrata nei libri di
Samuele), lo scisma e la
storia dei due regni (970-587 a.C., narrata nei libri dei Re).
Questi libri, pur radicati nella storia
umana, non vogliono però essere libri di storiografia come la intendiamo oggi,
né tanto meno cronache dell'epoca. In essi si intrecciano invece varie
componenti tra loro a prima vista lontane: storia e teologia; narrazione e
catechesi; esperienza di vita e interpretazione di fede. Essi propongono dunque una rilettura teologica della storia stessa, concepita come
il teatro dell'azione divina. Essi appaiono come un
percorso di fede, che va dalla scoperta di un Dio che dona la Terra al suo
popolo, fino alla rivelazione dell'Emmanuele, cioè di un Dio che vive accanto
agli uomini e propone di inviare ad essi addirittura il Suo unico Figlio. Una
storia, insomma, che documenta la fedeltà di Dio nonostante l'infedeltà e la fragilità
dell'uomo.
Altri
testi "storici"
Se non si può definire storiografia nel
senso moderno quella del ciclo deuteronomistico, ciò vale a maggior ragione per
i successivi libri passati alla storia come "Storici" secondo il
canone cattolico. Esdra, Neemia e il
primo e secondo libro dei Maccabei vengono catalogati nella cosiddetta
"storiografia postesilica", quando i grandi artefici dell'indipendenza
prima religiosa (Zorobabele, Esdra e Neeemia) e quindi politica (i Maccabei) del
popolo d'Israele vennero esaltati ed affiancati ai grandi eroi della tradizione
biblica, ormai codificata durante l'esilio babilonese. Anche Rut,
Tobia, Ester
e Giuditta sono catalogati come testi "storici", perchè raccontano
rispettivamente:
In realtà, però, nessuno di questi testi
può essere definito "storico" nel senso moderno, perchè non
raccontano fatti realmente avvenuti, bensì vicende di personaggi esemplari (e,
quindi, pressoché romanzeschi) descritti su un preciso fondale storico, più o
meno conosciuto dall'autore, come vedremo nel dettaglio dei singoli casi. Per
questo oggi si catalogano questi testi come "narrativa
edificante".
In questo ipertesto esamineremo altri due
testi biblici, dal canone cattolico catalogati come "profetici", che
in realtà se ne discostano in maniera sensibile. Giona,
pur raccontando le vicende di un profeta che avrebbe predicato la parola di Dio
a Ninive, la capitale assira, deve essere fatto rientrare anch'esso nella "narrativa
edificante" per l'evidente scopo didascalico che esso ha, con tanto di
"parabola" e di "morale finale". Quanto a Daniele,
esso rientra in un genere completamente diverso, quello dell'apocalittica,
fiorito in epoca intertestamentaria (cioè nel
periodo fra la redazione dell'Antico Testamento e quella del Nuovo), quando i
sommovimenti politici e lo scoraggiamento nella restaurazione di un regno
d'Israele sulla Terra portavano gli Ebrei a rifugiarsi nella speranza
dell'imminente Fine dei Tempi e della restaurazione di un nuovo Regno d'Israele,
non più tra gli uomini ma nei Cieli. Con le sue visioni, culminanti in quella
della resurrezione dei corpi, Daniele rientra perfettamente in questo filone,
pur presentando anche una tale mole di dati storici accatastati senza apparente
ordine, da giustificare la sua inclusione in questo ipertesto.
Nel periodo intertestamentario fiorisce
copiosa anche la letteratura apocrifa, parte della quale
ha ambizioni di narrazione storica, benché tutti questi testi abbiano in comune
il fatto di essere ambientati in epoche tanto remote da rendere impossibile, ai
tempi, smentire i fatti in essi raccontati allo scopo di fornire un insegnamento
o di trasmettere un messaggio (che spesso, come nel caso di Daniele, è di tipo
apocalittico).
Nell'appendice, infine, vedremo una sintesi di
tutta la Storia d'Israele nelle genealogie evangeliche di Gesù Cristo.
Se sono riuscito ad incuriosirvi con
questa introduzione, cominciamo il viaggio nel nostro ipertesto, che spazierà
dall'insediamento di Israele in Canaan fino alle soglie dell'era cristiana. Per
iniziare, cliccate qui. Ma prima, ripetiamo insieme una
preghiera contenuta nel libro dei salmi (118, 34): « Dammi
intelligenza, perché io osservi la tua legge e
la custodisca con tutto il cuore. » Non c'è miglior viatico, prima di iniziare
un viaggio come quello che affrontiamo noi!
Bibliografia
AA.VV., "La Bibbia per la famiglia", volumi 3 - 4 - 5, edizioni
San Paolo, Alba
AA.VV., "La Bibbia di Gerusalemme", edizioni Dehoniane, Bologna
S.Canelles, C.Caricato, L.Piscaglia, S.Simonelli, "Introduzione alla Bibbia", ed. Newton, Roma
J. Imbach, "Come leggere e capire la Bibbia", Città Nuova, Roma
W. Baur, "Un best-seller da oltre 2500 anni", Città Nuova, Roma
a cura di Paolo Sacchi, "Apocrifi dell'Antico Testamento", TEA, Milano
René Laurentin, "I vangeli dell'infanzia di Cristo", edizioni San Paolo, Alba