Denominazioni del libro
Il Primo e il Secondo libro dei Re originariamente formavano un unico libro. Essi fanno parte dei Libri storici per il canone cristiano e dei cosiddetti ''profeti anteriori'' per il canone ebraico. Nella versione greca dei Settanta essi costituiscono il III e IV libro dei Regni (''Basileion'') e nella Volgata il III e IV libro dei Re (dopo quelli di
Samuele).
Redazione
La redazione finale è collocata dalla maggior parte degli studiosi intorno al VI secolo a.C.. L'autore biblico è lo stesso del
Primo libro dei Re, ed appartiene all'ambito religioso che ha prodotto il libro del Deuteronomio; per questo lo si definisce autore
''Deuteronomista''.
Per ricostruire le vicende dei due regni di Israele, egli attinge a materiali d'archivio oggi non più in nostro possesso (il perduto ''Libro degli Annali dei Re di Giuda''), alle tradizioni orali e alla memoria storica del suo popolo. Una delle caratteristiche dell'autore Deuteronomista è il continuo ricorso a formule fisse per delineare i regni dei vari sovrani che, dalla malattia e morte del re Acazia fino alla distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi di re Nabucodonosor, si sono succeduti sul trono di Giuda e sul regno settentrionale d'Israele.
Suddivisione del testo
Il Secondo libro dei Re rappresenta la continuazione ideale del Primo, descrivendo la vicenda del popolo ebraico dal IX al VI secolo a.C., cioè dalla fine del regno di Acazia (circa 852 a.C.) fino alla distruzione del regno di Giuda nel 587 a.C..
In tutto comprende 25 capitoli che si possono suddividere in diverse parti:
Gustave Doré, Elia rapito in cielo, litografia
Contenuto
L'Assunzione
di Elia
Nel capitolo 1 si narra la malattia e la morte di Acazia, re d'Israele figlio di
Acab, cui Elia aveva profetizzato l'imminente
fine. Quando Acazia manda per due volte cinquanta soldati a prenderlo per
condurlo alla reggia, per due volte un fuoco celeste invocato da Elia li
incenerisce; il comandante del terzo drappello invoca pietà ed JHWH lascia che
Elia vada con lui. Ma questi ribadisce la condanna divina, provocata dal fatto
che il re ha consultato l'oracolo di un dio straniero "come se non ci fosse
nessun Dio in Israele da consultare".
Il capitolo 2 è uno dei più famosi dell'intera
Bibbia: dopo aver attraversato il Giordano che ha diviso con il proprio mantello,
Elia il tisbita è rapito in cielo da un carro di fuoco: una delle più
impressionanti teofanie di tutti i Libri Storici della Bibbia. Il verbo "laqah"
("essere preso") con cui l'autore designa l'assunzione di Elia è lo
stesso usato per il patriarca Enoc (Gen 5, 24), colui che "nessuno più
vide, perchè Iddio lo prese". Per questo la letteratura
apocalittica associa spesso Enoc ed Elia. Il mancato ritrovamento del corpo
di Elia accomuna invece questo personaggio a Mosè, ed infatti i due appariranno
insieme durante la Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor; inoltre ai tempi
del Nuovo Testamento era diffusa la convinzione che Elia sarebbe tornato un
giorno per annunciare la venuta del Messia. Basta leggere questo passo di Matteo
17, 10-13:
« I discepoli gli domandarono: "Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?" Gesù rispose: "Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro." Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista. »
L'assunzione in Cielo di Elia è completata dalla fedeltà di Eliseo che ripete per tre volte « Per la vita del Signore e per la tua stessa vita, non ti lascerò », dalla sua richiesta di avere su di sé « due terzi del tuo spirito » e dal suo grido disperato: « Padre mio, padre mio, cocchio d'Israele e suo cocchiere! » Essa tuttavia va intesa come l'ingresso del profeta nella piena luce del Signore per la quale aveva tanto lottato, in deroga alle leggi della natura. In ogni caso, Eliseo ripete il miracolo di aprire le acque del Giordano, dal che tutti capiscono che lo spirito di Elia si è posato su di lui. E non è tutto: appena dei ragazzi di Betel gli danno della "testa pelata", egli li maledice e subito due orse escono dal bosco e sbranano 42 di quei giovani (solito numero simbolico: 2 x 3 x 7). Per questo Dante nomina Eliseo usando questa perifrasi, quando rievoca il rapimento in cielo di Elia:
« E qual colui che
si vengiò [vendicò] con li orsi
vide 'l carro d'Elia al dipartire,
quando i cavalli al cielo erti levorsi,
che nol potea sì con li occhi seguire,
ch'el vedesse altro che la fiamma sola,
sì come nuvoletta, in sù salire... »
(Inferno XXVI, 34-39)
Anche se la "testa pelata" poteva riferirsi ad una tonsura rituale, e quindi poteva suonare come un'irrisione sacrilega, francamente la reazione di Eliseo ci appare sproporzionata: è questo uno dei testi biblici comprensibili solo alla luce di una "pedagogia della rivelazione", come dicevamo nell'Introduzione.
Il
ciclo di Eliseo
Nel capitolo 3 entra in scena Ioram,
fratello di Acazia, succedutogli sul trono d'Israele, che forma una coalizione
con il re di Giuda Giosafat e con il re di Edom contro Mesa, potente re di Moab,
del quale è stata rinvenuta preso Dibon, in Transgiordania, una stele databile
all'830 a.C., dove cita proprio Israele tra i suoi nemici: un testo prezioso per
dimostrare la storicità dei Libri dei Re, nonostante i "fioretti"
attribuiti ad Elia e ad Eliseo. Siccome i tre alleati sono in difficoltà nel
deserto di Moab, decidono di ricorrere ad Eliseo che usa un mezzo non insolito
per cadere in trance ed essere investito dallo Spirito del Signore: un suonatore
di lira. La risposta è favorevole alla coalizione, e la vittoria arride ad essa
anche grazie ad un equivoco che ha del romanzesco: la pioggia colma di notte le
fosse del deserto, alla luce dell'alba i Moabiti pensano che si tratti di sangue
e che i tre eserciti si siano scannati tra di loro, ed partono all'attacco,
finendo in bocca ai loro nemici che ne menano strage. Si noti che la stele di
Dibon parla invece di una vittoria moabita: come accadeva spesso nel Vicino
Oriente, le parti in conflitto presentavano versioni della realtà assai diverse
tra di loro, come dimostrano i testi degli Egizi e degli Ittiti scontratisi a
Qadesh (Siria) nel XIII secolo a.C.: le storiografie di entrambi parlano di una
strepitosa vittoria, ma è probabile che lo scontro si sia risolto in un
pareggio.
Il capitolo 4 presenta altri miracoli di Eliseo,
tra cui la moltiplicazione dell'olio della vedova (forse è la riedizione
dell'analogo miracolo di Elia a Zarepta in 1 Re 17, 8-16), la concessione di un
figlio alla generosa Sunammita e poi la risurrezione del bambino stesso. Anche
in questo caso si tratta probabilmente del doppione dell'analogo miracolo
compiuto da Elia in 1 Re 17, 17-24: l'autore biblico vuole dimostrare che è
veramente sceso su Eliseo il 66 % dello spirito di Elia, dato che il discepolo
è in grado di replicare i miracoli del maestro. Inoltre, come Elia aveva
Eliseo, anche Eliseo ha una "spalla", il fedele Giezi.
Successivamente Eliseo annulla gli effetti dell'avvelenamento da zucche
selvatiche a Galgala e moltiplica venti pani d'orzo e di farro: un episodio che
verrà preso a modello da tutte e quattro gli Evangelisti per la celeberrima
moltiplicazione dei pani e dei pesci operata da Cristo. Ma sicuramente il più
rilevante tra tutti i miracoli di Eliseo è, nel capitolo
5, la guarigione dalla lebbra di Naaman, comandante dell'esercito del re
di Siria: un pagano che accetta di entrare nell'orbita della religione mosaica.
Per la prima volta nell'intero Antico Testamento il culto a JHWH sarà officiato
fuori dei confini del Popolo Eletto, e per questo Naaman porta con sé un sacco
di terra di Palestina per officiarvi sopra i riti sacri: il legame tra terra e
culto era così forte, che si pensava di poter legittimamente adorare un Dio
nazionale solo entro i confini di quella nazione. Quanto a Giezi, servo di
Eliseo che aveva ottenuto da Naaman il regalo rifiutato dl profeta, per la sua
avidità è punito con la lebbra.
Nel capitolo 6 vediamo Eliseo ripescare
miracolosamente un'accetta dal Giordano in cui era caduta; successivamente il re
di Aram manda un drappello ad arrestarlo perchè lo considera una pericolosa
spia, ma JHWH oppone all'esercito siriano il proprio, fatto ancora una volta di
carri e di cavalli di fuoco, e colpisce con la cecità i nemici del profeta, che
poi finge di guidare i suoi stessi avversari da colui che cercano, ed invece li
porta a Samaria, dove sono tutti fatti prigionieri. Ma Eliseo impone che siano
trattati bene e rimandati in patria. Il capitolo 7
vede il re di Siria Ben-Adad II porre l'assedio a Samaria, e la popolazione è
così affamata da dover mangiare i propri figli. Re Ioram si straccia le vesti e
giura di fare la festa ad Eliseo senza alcun apparente motivo; si può pensare
che, come Isaia con Acaz, avesse spronato il re a resistere all'assedio. Ma poi
Ioram cambia idea ed Eliseo gli predice la liberazione di Samaria, che
prontamente si verifica. Nel capitolo 8 il re di
Siria è caduto malato e, memore della guarigione di Naaman, manda il suo
funzionario Cazael ad interrogarlo; ma Eliseo scoppia in pianto, avendo previsto
che Cazael usurperà il trono, muoverà guerra ad Israele e gli causerà tanti
lutti. Le fonti assire confermano la storicità dell'evento, la morte violenta
di Ben-Adad II e l'ascesa al trono di Cazael, che non era di stirpe reale. Il
capitolo 8 cita anche l'ascesa al trono di Giuda di Ioram, figlio di Giosafat e
marito di Atalia, figlia di Acab, che lo induce all'idolatria; non a caso questo
re è incapace di opporsi alla secessione di Edom che si libera dalla sudditanza
a Gerusalemme. Dopo sol sette anni gli succede suo figlio Acazia.
La
fine della dinastia di Acab
Il capitolo 9 vede l'ormai vecchio Eliseo
ordinare ad un discepolo di andare ad ungere re d'Israele Ieu, un generale
d'Israele: in pratica, il profeta avalla un colpo di stato contro la casa di
Acab. Ieu uccide Ioram re del nord e ferisce mortalmente anche Acazia re del
sud; quest'ultimo muore nella fortezza di Meghiddo in cui era riuscito a
riparare. A quel punto ad Ieu non resta che eliminare la regina madre Gezabele,
tuttora molto potente; costei si affaccia al balcone presentandosi come la
legittima sovrana, e si rivolge con grande forza d'animo all'assassino di suo
figlio e di suo genero, accusandolo di fellonia. Subito Ieu ordina a tre eunuchi
di scaraventarla giù dal balcone. La scena è orribile (9, 33-36):
« La gettarono giù. Il suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli. Ieu passò sul suo corpo, poi entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: "Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re." Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani. 36 Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: "Si è avverata così la parola che il Signore aveva detto per mezzo del suo servo Elia il Tisbita: Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele." »
Il massacro continua nel capitolo
10 con lo sterminio completo della famiglia di Acab e degli adoratori di
Baal. Nonostante questo, il Libro dei Re loda Ieu (il cui nome significa "JHWH
è Dio") per aver sradicato da Israele con ogni mezzo quell'abominevole
culto idolatrico, anche se non abbatte i famosi vitelli d'oro fatti erigere da
Geroboamo. Ad Ieu succede poi suo figlio Ioacaz.
Il capitolo 11 conosce un'altra strage, stavolta
nel regno meridionale: Atalia, la regina madre,
dopo la morte del figlio Acazia stermina ogni altro membro della stirpe reale e
si proclama regina. Il suo nome significa "JHWH ha manifestato la sua
gloria", ma nonostante ciò ella promuove il culto idolatrico di Baal, come
sua madre Gezabele, causando la reazione sdegnata dei leviti e del popolo.
Tuttavia il Secondo Libro dei Re afferma che un bambino è sfuggito alla strage:
è Ioas, figlio di Acazia, che viene nascosto nel
gineceo per sei anni. È possibile che la stirpe davidica fosse stata
completamente sterminata, e Ioiada, capo della casta sacerdotale di Gerusalemme,
abbia in realtà spacciato un altro per il figlio del vecchio re scampato alla
strage famigliare; forse questo è il motivo per cui Luca, nel capitolo 3 del
suo vangelo, fa risalire la genealogia di Gesù a Davide non attraverso
Salomone, ma attraverso Natan, un figlio cadetto.
Ad ogni modo, con l'aiuto di alcuni mercenari della Caria (Asia Minore), Ioiada
mette in atto un colpo di stato ed unge re Ioas. Atalia grida al tradimento, ma
è troppo tardi: il popolo è con Ioas, stanco dell'idolatria imposta
dall'usurpatrice. Così quest'ultima è trascinata fuori dal recinto sacro e
sommariamente giustiziata.
F. Monzio Compagnoni, Ioiada incorona il giovane
Ioas,
da "La Bibbia per la Famiglia", edizioni San Paolo
Complesse
vicende dei due regni
Nel capitolo 12 è descritto il regno di
Ioas, particolarmente lodato perchè fa rimuovere ogni traccia di idolatria
importata da sua nonna, rivelando in ciò di essere stato davvero allevato dai
sacerdoti. Per salvarsi dall'invasione di Cazael di Siria, invece, Ioas deve
pagargli un fortissimo ed inglorioso tributo, e così i suoi generali ordiscono
una congiura e lo eliminano.
Altrettanto sfortunato è Ioacaz, figlio di Ieu e
re di Israele: nel capitolo 13 si narra della
guerra da lui persa contro il potente Cazael. A lui succede il figlio, anch'egli
chiamato Ioas, particolarmente vituperato per aver fatto "ciò che è male
agli occhi del Signore". Tuttavia, quando Eliseo si ammala e sta per
morire, Ioas di Israele scende a visitarlo e il profeta gli rivela che
sconfiggerà il regno di Aram, anche se non in modo definitivo. Dopo la morte di
Eliseo c'è spazio ancora per un suo miracolo: un cadavere tocca le sue ossa e
ritorna in vita. Non a caso il Siracide dirà di lui (48, 15):
« Nella sua vita compì prodigi, e dopo la morte meravigliose furono le sue opere. »
Il capitolo 14 contiene le vicende del regno di Amazia, figlio di Ioas re di Giuda, che prima batte il re di Edom in battaglia, e poi, inorgoglitosi, vorrebbe misurarsi anche con Ioas re d'Israele. Questi però gli risponde con una parabola, secondo uno stile assai diffuso nel Vicino Oriente (14, 9-10):
« Il cardo del Libano mandò a dire al cedro del Libano: Dà in moglie tua figlia a mio figlio. Ora passò una bestia selvatica del Libano e calpestò il cardo. Tu hai sconfitto Edom, per questo il tuo cuore ti ha reso altero. Sii glorioso, ma resta nella tua casa. Perché provocare una calamità? Potresti precipitare tu e Giuda con te! »
Amazia non gli dà retta ed ingaggia
battaglia con lui, ma è sconfitto e preso prigioniero; Ioas arriva fino a
Gerusalemme ed apre una breccia nelle sue mura, depreda il tesoro del Tempio e
se ne va dopo aver preso degli ostaggi. Ad Ioas succede il figlio Geroboamo
II, e ad Amazia, eliminato come suo padre da una congiura, succede il
figlio Azaria, detto anche Ozia,
che fa ricostruire il porto di Eilat sul Mar Rosso.
Il regno di Geroboamo II rappresenta per Israele un periodo di grande splendore,
come testimoniano anche i profeti Amos ed Osea, che gli furono contemporanei
(prima metà dell'VIII secolo a.C.). Tuttavia il Libro che stiamo esaminando non
nomina costoro, bensì il profeta Giona, figlio di
Amittai, del quale non sappiamo assolutamente nulla perchè non lasciò scritti,
ma al quale molti secoli dopo fu dedicato un interessante libro confluito nella
Bibbia, del quale discuteremo in un'altra pagina. Il
giudizio del Secondo Libro dei Re è comunque durissimo, perchè il re viene qui
giudicato da una prospettiva non politica ma religiosa.
Il capitolo 15 ci mostra una fase politica
particolarmente disordinata: Amazia è il re di Giuda che regna più a lungo
(ben 52 anni) ma, non avendo egli rimosso le alture sacre su cui il popolo
faceva sacrifici anziché recarsi al Tempio di Gerusalemme, egli viene colpito
dalla lebbra, cosicché deve ritirarsi in un luogo isolato, secondo la legge
mosaica, e si associa al trono il figlio Iotam, che
poi gli succederà.
Intanto, l'anarchia regna sovrana nel regno settentrionale, ormai in piena
decadenza politica segnata dal turbinoso susseguirsi di cinque re in quattordici anni, tutti morti ammazzati.
Infatti Zaccaria, figlio di Geroboamo II, regna
solo per sei mesi, dopo di che è eliminato da una congiura e con lui ha fine la
dinastia di Ieu. Il suo assassino Sallum regna al
suo posto, ma passa appena un mese ed un altro pretendente, Menachem,
gli fa fare la stessa fine e poi segue la macabra prassi della strage completa
di chi non lo accetta come re: ne fa le spese Tirza, l'antica capitale, che è
rasa al suolo. Oltre a questa politica di terrore, per mantenersi al potere
Menachem deve pagare all'Assiria un tributo esorbitante. A lui succede il figlio
Pekachia, contro cui si ribadisce il giudizio
severo riservato a quasi tutti i re d'Israele. Ma il partito indipendentista
anti-assiro organizza l'ennesima congiura e lo sostituisce con il generale Pekach,
evidentemente ostile al vassallaggio agli Assiri, che stanno raggiungendo l'acme
della propria potenza.
Infatti di lì a poco il re assiro Pul, identificato dagli storici con
Tiglat-Pileser III (745-725 a.C.), piomba in Galilea, lo sconfigge e pretende da
lui il vassallaggio e un nuovo esosissimo tributo. Tra l'altro inizia a
deportare la popolazione della tribù di Neftali: si inaugura così una stagione
tristissima per il Popolo Eletto. Lo stesso partito anti-assiro che aveva eletto
Pekach ora lo sconfessa e ne provoca la caduta, sostituendolo con Osea
(nulla a che fare con l'omonimo profeta). Intanto in Giuda Iotam
succede al padre, e poi a lui succede il figlio Acaz.
L'impero assiro al momento della sua massima espansione, disegno dell'autore di questo sito
La
caduta di Samaria
Il regno di Acaz è descritto nel capitolo 16
assieme alla "Guerra Siro-Efraimitica" che i re di Siria e di Israele
gli mossero contro; ne riparleremo diffusamente più
avanti. La vittoria di Acaz ha come prezzo la richiesta d'aiuto all'Assiria
ed il pesante vassallaggio a quest'ultimo. Ma va peggio al regno del Nord, che
ha ormai i giorni contati: nel capitolo 17 il re
assiro Salmanassar V (727-722 a.C.) scopre che Osea
lo tradisce, negandogli il tributo e cercando l'alleanza con il faraone So, un
nome ignoto al di fuori della Bibbia; a quel tempo a regnare sull'Egitto era
Sneferra (747-716 a.C.), della XXV dinastia nubiana, ma forse è stato confuso
con il successore Shabaka, da cui So; secondo altri si fa riferimento alla
città di Sais, che a quei tempi era capitale d'Egitto. Ad ogni modo,
Salmanassar V decide di regolare la questione con i soliti metodi spicci tipici
degli Assiri, e pone l'assedio a Samaria. Dopo tre anni, Samaria cade nelle mani
del suo successore Sargon II (722-705 a.C.), e il
regno del nord ha fine dopo 208 anni, riducendosi a una semplice provincia
assira. La spiegazione di questa caduta secondo l'autore Deuteronomista è assai
semplice (17, 7-13):
« Ciò avvenne perché gli Israeliti avevano peccato contro il Signore loro Dio, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, liberandoli dal potere del faraone re d'Egitto; essi avevano temuto altri dèi. Avevano seguito le pratiche delle popolazioni distrutte dal Signore all'arrivo degli Israeliti e quelle introdotte dai re di Israele. Gli Israeliti avevano proferito contro il Signore loro Dio cose non giuste e si erano costruiti alture in tutte le loro città, dai più piccoli villaggi alle fortezze. Avevano eretto stele e pali sacri su ogni alto colle e sotto ogni albero verde. Ivi avevano bruciato incenso, come le popolazioni che il Signore aveva disperso alla loro venuta; avevano compiuto azioni cattive, irritando il Signore. Avevano servito gli idoli, dei quali il Signore aveva detto: "Non farete una cosa simile!" Eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: "Convertitevi dalle vostre vie malvage e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo ogni legge, che io ho imposta ai vostri padri e che ho fatto dire a voi per mezzo dei miei servi, i profeti." »
Le dieci tribù settentrionali vengono deportate dai vincitori, com'era loro costume per sradicare i popoli e sottometterli meglio, e sostituite da altri popoli pagani, a loro volta deportati da altri angoli del vasto impero. Ha così origine la stirpe dei Samaritani, che si convertono al culto di JHWH, ma realizzano un sincretismo pagano-giudaico ed adorano Dio sul monte Garizim anziché a Gerusalemme. Ciò spiega l'odio razziale manifestato dai Giudei nei loro confronti, e testimoniato ancora dal Vangelo di Giovanni (Gv 4,9):
« I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. »
Nasce anche il mito delle « Tribù Perdute d'Israele », che storici di ogni tempo hanno voluto fantasiosamente identificare con vari
popoli in ogni parte del mondo, e perfino con i Maya!! Ne riparleremo più
oltre.
Da qui in poi si parla solo più del regno meridionale.
Il
ciclo di Isaia
Ad Acaz succede il figlio Ezechia (capitolo
18), assai lodato più di tutti i suoi predecessori:
« Egli confidò nel Signore, Dio di Israele. Fra tutti i re di Giuda nessuno fu simile a lui, né fra i suoi successori né fra i suoi predecessori. Attaccato al Signore, non se ne allontanò; osservò i decreti che il Signore aveva dati a Mosè. Il Signore fu con Ezechia e questi riuscì in tutte le iniziative. Egli si ribellò al re d'Assiria e non gli fu sottomesso. Sconfisse i Filistei fino a Gaza e ai suoi confini, dal più piccolo villaggio fino alle fortezze » (18, 5-8)
Tra l'altro egli "fece a pezzi il serpente di bronzo che il Signore aveva dato a Mosè", il famoso totem contro il morso dei serpenti velenosi citato in Numeri 21, 6-9, forse residuo di un culto preisraelitico del dio serpente; in ogni caso, al tempo di Ezechia un serpente di bronzo era adorato come un idolo, ed egli lo leva di mezzo. Anche Isaia nel suo libro profetico tesse ampie lodi di questo re, testimone tra l'altro della caduta di Samaria in mani assire. Naturalmente il re assiro Sennacherib vuole mantenere sottomesso a sé anche il regno di Giuda, situato (come sappiamo) in posizione strategica lungo le carovaniere fra Africa orientale, Arabia, Mesopotamia, Anatolia e Persia; salito contro Giuda, ne occupa tutte le principali piazzeforti ed Ezechia è costretto a pagargli un ennesimo, colossale tributo, spogliando di nuovo il Tempio di Gerusalemme. Sennacherib invia il suo coppiere fin davanti alle mura di Gerusalemme, e manda a dire ad Ezechia che lo stesso Dio di Israele avrebbe mandato gli Assiri a punirlo per aver centralizzato il culto a Gerusalemme. I delegati di Ezechia si spaventano e chiedono al gran coppiere di parlare in aramaico, la lingua franca della Mesopotamia, perchè loro lo comprendono ma il popolo no, in modo che non si spaventi; come tutta risposta, il gran coppiere urla proprio in ebraico tutte le sue minacce contro Gerusalemme. Un'importante nota linguistica, perchè fino all'esilio i Giudei parlavano solo ebraico, mentre da allora in poi adotteranno l'aramaico come lingua popolare.
Sigillo ovale di 2.700 anni fa scoperto nel 2009 dall'archeologa israeliana Eilat Mazar alla base del muro meridionale del Monte del Tempio di Gerusalemme. La scritta in ebraico antico impressa nel sigillo potrebbe essere letta così: "Di proprietà del profeta Isaia". Se l'interpretazione fosse corretta, si tratterebbe del primo riferimento a Isaia al di fuori della Bibbia! |
A questo punto (capitolo 19) interviene il profeta Isaia,
che rincuora il re e tutta la sua corte, promettendogli in ritorno in patria di
Sennacherib con la coda tra le gambe. Dopo che Sennacherib ha inviato nuove
minacce ad Ezechia, stavolta per lettera, Isaia risponde con un lungo oracolo
poetico, in cui attacca duramente l'impero nemico per aver offeso e schernito
"il Santo d'Israele". È questo uno degli "oracoli contro le
nazioni" che i profeti biblici lanciano in continuazione nei loro libri.
Quella notte stessa l'Angelo del Signore colpisce 185.000 uomini dell'esercito
assiro, sicuramente una cifra iperbolica che nasconde una pestilenza, ricalcando
l'episodio del libro dell'Esodo in cui l'Angelo uccide i primogeniti degli
egiziani. Sennacherib è costretto a far ritorno a Ninive, dove viene
assassinato da due dei suoi figli; in realtà quest'evento storico accadde vent'anni
dopo il fallito assedio di Gerusalemme, ma l'autore li fonde in un unico evento
per suggerire un'interpretazione teologica della storia. Di Sennacherib
riparleremo in seguito.
Il capitolo 20 parla di una misteriosa malattia
mortale di Ezechia. Ma Isaia annuncia che al suo regno sono aggiunti altri
quindici anni, e per guarire il male applica sull'ulcera del re una schiacciata
di fichi, forse un rimedio della medicina popolare ebraica. Poiché Ezechia
chiede un segno, il Signore fa tornare indietro l'ombra della meridiana di dieci
gradi. Purtroppo però Isaia è costretto anche a profetizzare la futura rovina
del Tempio di Gerusalemme, anche se Ezechia non si rende conto della gravità
della cosa.
Spesso in questo libro a un re degno ne segue uno indegno; e così, nel capitolo
21, ad Ezechia succede il figlio Manasse,
sicuramente il peggiore tra i re della dinastia davidica secondo il giudizio
dell'autore deuteronomista. Questi non solo restaura i luoghi di culto pagani
distrutti da suo padre, ma osa addirittura profanare il Tempio con l'idolo di
Asera, divinità cananea, perseguitando coloro che si mantengono fedeli al culto
di JHWH. La tradizione giudaica posteriore annovererà tra le vittime di questa
persecuzione anche il profeta Isaia, che l'empio re avrebbe fatto segare in due.
Il Cronista (2 Cronache 33, 11-19) parlerà di una
conversione di Manasse dopo la sua deportazione in Assiria, per spiegare
l'inusitata lunghezza del suo regno (ben 55 anni), che nell'antichità era
considerata segno di benedizione.
Il
pio ma sfortunato Giosia
Amon, figlio di Manasse, non si comporta meglio del
padre, e così viene eliminato da una congiura dopo solo due anni, ma il popolo
si rivolta e mette sul trono suo figlio Giosia, di soli otto anni. Il capitolo
22 è tutto dedicato al suo regno e alla riforma religiosa da lui voluta.
Giosia infatti ordina lavori di restauro nel Tempio Salomonico, onde eliminare
ogni traccia del paganesimo voluto dal padre e dal nonno; durante questi lavori,
il sommo sacerdote Chelkia rinviene in esso un libro, forse nascosto durante le
persecuzioni ordinate da Manasse, che si rivela essere il « Libro della Legge ».
Dopo averne ascoltato la lettura, il re si straccia le vesti e decide di tornare alla purezza del culto di JHWH, eliminando ogni traccia di
culto idolatrico. Per questo Giosia è particolarmente lodato sia dall'autore
deuteronomista che dal cronista. Il testo suddetto è stato identificato dai biblisti con la prima stesura del Deuteronomio, o meglio della sua parte normativa
centrale (i capitoli dal 12 al 26); forse sono le benedizioni e le maledizioni
in essa contenute, a suscitare la reazione disperata del re, ben conscio di
essersi allontanato dalla Parola di Dio, e ad ispirare la sua grandiosa riforma
religiosa, descritta con ampiezza di particolari nel capitolo
23.
Dal canto suo la profetessa Culda annuncia al re che la collera del Signore sta
per abbattersi sul popolo di Giuda, nonostante la sua tardiva riforma; ma,
essendosi questo impegnato a rispettare il Libro della Legge, egli morirà in
pace, senza vedere quelle devastazioni (22, 15-20). Ma in 23, 29-30 lo stesso
libro narra una fine tragica di Giosia, in netto contrasto con le parole della
profetessa.
Giosia è infatti lo sfortunato protagonista della tragica e proverbiale battaglia di Megiddo (609 a.C.). Il re dei Medi Ciassare ed il re di Babilonia Nabupolassar nel 612 a.C. avevano espugnato Ninive, e così il faraone
Necao (610-595 a.C.), volendo contrastare il dominio babilonese sulla Mesopotamia, che avrebbe minacciato anche l'Egitto, entra in guerra contro di loro. Per raggiungere la Mesopotamia deve attraversare il regno di Giuda, ma Giosia gli sbarra il passo con le sue truppe. Il re di Giuda non sa fare calcoli politici, per lui gli Assiri sono
e restano i nemici mortali che hanno raso al suolo Samaria, e gli amici dei suoi nemici
non possono che essere suoi nemici. Giosia viene sbaragliato ed ucciso in battaglia presso Megiddo, e quel luogo diventa simbolo di sconfitta rovinosa per il Popolo di Dio, tanto che nell'Apocalisse il luogo dello scontro escatologico tra Bene e Male è indicato come "Armageddon", in ebraico ''la montagna di Megiddo''.
Prima di proseguire la sua marcia, Necao nomina nuovo re di Giuda Eliakim,
figlio di Giosia, cambiandogli il nome in Ioiakim:
nell'antico Oriente imporre il nome a qualcosa significa ribadire il proprio
possesso di esso, come fa Adamo che impone il nome a tutti gli animali in Genesi
2, 19: la Giudea passa così dall'orbita assira a quella egiziana. Necao sarà comunque definitivamente sconfitto presso Karkemish, in Siria, da Nabucodonosor,
figlio di Nabupolassar, nel 605 a.C.
Giosia fa distruggere gli altari pagani
La
caduta del regno di Giuda
Vediamo così sorgere, per la prima volta, l'astro del terribile sovrano che
segnerà tragicamente la storia del Popolo dell'Alleanza, e di cui riparleremo più
sotto. L'ultima sezione del libro è infatti tutta dedicata alla duplice invasione del regno di Giuda da parte dello stesso Nabucodonosor
(il suo nome significa "il dio Nabu protegga il mio erede"), che
regnò sull'impero Neobabilonese dal 605 al 562 a.C. La prima delle due
invasioni, descritta nel capitolo 24, ha luogo nel 597 a.C., ed
ha lo scopo di riportare la Giudea nell'orbita mesopotamica, spegnendo ogni
residua ambizione egiziana. Il re Ioiakim è sul suo letto di morte mentre le truppe straniere assediano la città; Nabucodonosor depone allora suo figlio
Ioiachin (nome equivalente al nostro Gioacchino) dopo appena tre mesi di regno, e
ripete la presa di possesso compiuta da Necao, sostituendolo con suo zio Mattania, cui cambia nome in
Sedecia: un nome ironico, dal momento che significa ''giustizia di JHWH'', mentre il coltello dalla parte del manico ce l'aveva il re caldeo.
Una prima deportazione operata da Nabucodonosor porta a Babilonia settemila fra
cortigiani, notabili ed artigiani.
Siamo cosi al capitolo 25 ed ultimo del secondo
libro dei Re, nonché dell'intero ciclo deuteronomistico.
Sedecia purtroppo ignora gli avvertimenti del profeta Geremia e cerca di stringere alleanza con l'Egitto contro i Caldei. Nabucodonosor non glielo perdona, e nel 587 a.C.
attacca per la seconda volta Gerusalemme, che stavolta è conquistata e rasa al
suolo assieme al Tempio. Tutte le suppellettili preziose del Tempio sono portate
a Babilonia, l'Arca dell'Alleanza sparisce nel nulla (alcuni asseriscono che sia
tuttora nascosta in una grotta sotto la spianata del Tempio, nascostavi prima
della rovina) ed i maggiorenti della nazione giudaica deportati a Babilonia. Sedecia fa una brutta fine: prima è costretto ad assistere all'esecuzione dei suoi figli, poi è accecato.
Ai Giudei rimasti in patria Nabucodonosor concede di essere governati da Godolia,
un ebreo passato al servizio del nuovo padrone, che cerca di mitigare le
sofferenza del popolo; egli però viene assassinato da fanatici ebrei a Mizpa,
dove egli aveva stabilito la sua residenza. Questa è la fine del glorioso Tempio di Salomone e dell'Ebraismo stesso inteso come entità politica.
La gloriosa esperienza iniziata con Saul e Davide si è chiusa per sempre, e nei
secoli a venire Israele conoscerà solo una serie ininterrotta di dominazioni
straniere.
Successione dei Re di Giuda in 2 Re e in altri libri
Successione dei Re di Israele in 2 Re
Storicità
Gli "Annali dei Re di Giuda"
Proprio quella che a prima vista parrebbe la parte più propriamente "storica" del libro, cioè la successione dei re giudaici ed israelitici, è quella che più si allontana dalla "storiografia" nel senso moderno del termine. Infatti qui l'autore Deuteronomista interviene di continuo a ''ripensare'' la storia del suo popolo, ordinando ed interpretando gli eventi in chiave religiosa. Un sovrano è giudicato positivamente in base a tre criteri:
La storia raccontata dal Deuteronomista, fatta eccezione per il racconto della successione al Trono di Davide, è sempre una storia riletta alla luce della Fede monoteistica. Così, Samaria e Gerusalemme non cadono per colpa dell'espansionismo assiro prima e babilonese poi, a cui avevano cercato scioccamente di sottrarsi, ma per colpa dei peccati commessi dal popolo e dal re, secondo l'ormai ben nota "teoria della retribuzione". Le tre dinastie principali del regno d'Israele (quella di Gereoboamo, quella di Acab e quella di Ieu) cadono tutte per essersi rifiutate di prestare il debito culto a JHWH, lasciandosi andare al culto dei vitelli d'oro o degli idoli fenici, ed anche nel regno meridionale, quando Giosia mette in atto la sua grande riforma religiosa, è troppo tardi agli occhi di Dio per scongiurare la rovina della Città Santa. I presunti "Annali dei Re di Giuda" ai quali avrebbe attinto l'autore Deuteronomistico sono così ben diversi dai due Libri dei Re come oggi li conosciamo: nuda e e cruda trattazione encomiastica quelli, profonda riflessione sulla storia dal punto di vista di JHWH in questi ultimi. Ed è questo che distingue la Bibbia da ogni altra opera storica pervenutaci dall'antico Oriente.
Baal-Zebub
Non tutti conoscono l'etimologia del nome Belzebù, attribuito al
Principe delle Tenebre (così anche Dante in Inf. XXXIV, 137). Si pensa che esso
provenga da Baal-Zebul, dio nazionale della città fenicia di Accaron. Di solito
il nome del dio Baal ("signore", parente dell'ebraico El) è associato
ad un attributo che ne designa le caratteristiche o il luogo di culto. In Numeri
25, 3 si nomina Baal-Por e in Giudici 9, 4 si cita Baal-Berit ("Baal
dell'Alleanza"). Baal-Zebul significa "Baal il Principe". Ma
questo libro in 2 Re 1, 2 riporta il nome di Baal-Zebub, letteralmente "il
Signore delle Mosche". Si tratta certamente di una storpiatura operata dal
copista, che con un gioco di parole si sottrasse all'incombenza di trascrivere
il nome di un'aborrita divinità cananea. Ma secondo alcuni Baal-Zebub era una
storpiatura usuale in Israele, perchè a Baal si sacrificavano animali le cui
carogne erano circondate dalle mosche. Lo scrittore americano William Golding
scrisse nel 1954 un romanzo intitolato appunto "Il Signore delle
Mosche", in cui si dimostra che dei ragazzi, naufragati su un'isola
deserta, se cercano di ricostruire una società simile a quella dei
"grandi", ricadono in tutti i loro più clamorosi errori. Come dire:
il diavolo è il padrone di tutti i regni di questo mondo...
La
"guerra
Siro-efraimitica"
Importante, dal punto di vista storico, è la cosiddetta ''Guerra Siro-Efraimitica'', citata in 2 Re 16,5-9, ma anche in Isaia 7,1-17, dove è spiegata con maggior ampiezza. Al tempo di Iotam re di Giuda si formò una lega anti-assira voluta da Pekach, re d'Israele, e da Rezin, re di Aram, cioè di Siria. Tale lega era sostenuta dall'Egitto, che così sperava di riconquistare l'egemonia nella regione siropalestinese, perduta a vantaggio degli Assiri.
Ora, Acaz, re di Giuda e figlio di Iotam, rifiutò di prendere parte a questa lega, e così i re di Aram, di Israele e dell'Idumea decisero di unire le proprie forze per conquistare il regno di Giuda ed imporvi un sovrano a loro gradito, che si unisse loro nella lotta agli odiati Assiri. Questa guerra viene detta " Siro-Efraimitica perché il regno d'Israele era noto anche come regno di Efraim, dal nome della tribù più importante (Efraim era il secondogenito di Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe-Israele), e si svolse negli anni 734-732 a.C..
Acaz si rivolse allora al re assiro Tiglat-Pileser III, dichiarandosi "suo figlio" e "suo servo"; il sovrano mesopotamico intervenne prontamente, sbaragliò l'esercito dei re coalizzati contro Acaz e ricevette l'atto di sottomissione di quest'ultimo. Le tavolette di Nimrud confermano la storicità di quest'episodio e contengono la lista completa dei diversi re che divennero tributari di Tiglat-Pileser III dopo la conquista di Damasco nel 732
a.C.
Le mura dell'antica Ninive
La campagna di
Sennacherib
Anche quest'operazione militare (2Re 18,13-16) avvenuta nel 701 a.C. è confermata da un prisma di terracotta riportato alla luce nel 1952 e conosciuto come "prisma di Taylor", dal nome del suo acquirente. In esso si legge:
« Quanto ad Ezechia di Giuda, egli non si era assoggettato al mio giogo. Io assediai quarantasei delle sue piazzeforti cinte di mura. Mi impadronii anche dei piccoli villaggi che stavano attorno ad esse, per mezzo di terrapieni, di colpi d'ariete, di brecce e di lavori di scavo. Vi feci uscire 200.150 persone (...) Rinchiusi Ezechia stesso in Gerusalemme, sua residenza, come un uccello in gabbia. Innalzai contro di lui un vallo e feci pagare il suo misfatto a chiunque uscisse dalle porte della città. »
Come si vede, Sennacherib afferma di avere vinto la guerra, mentre il Secondo libro dei Re afferma che un Angelo di Dio, presumibilmente sotto forma di una pestilenza, liberò Gerusalemme dall'assedio. Non bisogna però dimenticare che, nell'antichità, le iscrizioni reali celebravano tutte le gesta del signore come se fossero delle vittorie.
Anche l'assedio della piazzaforte giudea di Lachis, descritto in 2 Re 18,14) ed avvenuto durante la suddetta campagna, è stata confermata dall'archeologia moderna, grazie alla scoperta dei maestosi bassorilievi ritrovati nel palazzo reale di Ninive, in cui è testimoniata la tecnica di guerra degli Assiri, basata su macchine belliche. Lachis è stata riportata alla luce sotto l'attuale Tell ed-Duweir, in posizione strategica a circa 40 chilometri da Gerusalemme.
Nabucodonosor
Questo sovrano è ben documentato al di fuori della Bibbia, e fu
certamente uno dei più grandi sovrani che regnarono sulla Mesopotamia: in 43
anni di regno compì una serie di spedizioni militari, dall'Iran fino ai confini
dell'Egitto, accompagnate spesso da grandi gesti di crudeltà, testimoniati nel
Secondo Libro dei Re dalla profanazione del Tempio e dal supplizio di re Sedecia.
Egli è ricordato anche per le notevoli opere architettoniche che innalzò a
Babilonia, una città così magnifica ed importante che gli Ebrei ivi deportati
vi sentivano parlare praticamente tutte le lingue del mondo conosciuto. Forse
questo fatto, unitamente all'osservazione della Ziggurat di Babilonia, generò
il racconto eziologico della Torre di Babele (Genesi 12), del quale ho parlato
in un altro ipertesto.
Da notare che 2 Re 25, 27-30 dice:
« Nell'anno trentasette della deportazione di Ioiachìn, re di Giuda, nel dodicesimo mese, il ventisette del mese, Evil-Merodach re di Babilonia, nell'anno in cui divenne re, fece grazia a Ioiachìn re di Giuda e lo fece uscire dalla prigione. Gli parlò con benevolenza, gli assegnò un seggio superiore ai seggi dei re che si trovavano con lui in Babilonia e gli fece cambiare le vesti che aveva portato nella prigione. Ioiachìn mangiò sempre dalla tavola del re per tutto il resto della sua vita. Il suo vitto quotidiano gli fu assicurato sempre dal re di Babilonia, finché visse. »
Alcuni testi cuneiformi risalenti
all'epoca di Nabucodonosor confermano la storicità di queste parole, parlando
del sostentamento di Ioiachin, dei suoi cinque figli e di otto dignitari del suo
seguito. Da notare che la sopravvivenza di Ioiachin in esilio era garanzia della
sopravvivenza della dinastia davidica, e quindi delle speranze messianiche di
Israele. Non a caso il vangelo di Matteo (1, 12) dirà che Zorobabele, autore
della futura ricostruzione del tempio, era proprio figlio di Salatiel, figlio di
Ioiakin.
Anche il generale Nabuzardan, colui che rase al suolo il Tempio e liberò
Geremia dalla prigione, è citato in una lista di ufficiali babilonesi con il
nome di Nabuzeriddinam ("il dio Nabu conceda una discendenza") A
quanto pare, si ha una testimonianza storica anche di Godolia ("JHWH è
grande"), il governatore ebraico della Palestina occupata dai Caldei, se è
proprio il suo il nome che si è trovato inciso su un sigillo estratto dagli
scavi della città di Lachis. Il testo su di esso recita: « Appartenente a
Godolia, che governa la casa ».
Israele
in Giappone?
Prima di chiudere, una nota di colore dal sapore quasi fantasy, che ci
porta molto lontano dalla Terrasanta. I simboli della monarchia giapponese, che, secondo la
tradizione, la dea del Sole Amaterasu ha donato al proprio pronipote Jimmu
Tenno, primo leggendario imperatore nel VII Secolo a.C. (periodo Jomon), sono una
spada di bronzo ed uno specchio. Dietro questo specchio, ci sono dei segni che i
Nipponici hanno sempre reputato essere dei puri e semplici ornamenti.
n giorno un linguista giapponese ebbe l'impressione che somigliassero a dei segni
alfabetici di tipo
mediorientale. Infatti li fece esaminare da un rabbino, che li riconobbe come una forma molto arcaica, ma leggibile, di ebraico.
Precisamente si tratterebbe di un fondamentale versetto biblico: "Iddio
disse a Mosè: Io sono Colui che È" (Esodo 3,
14). Secondo alcuni, questa sarebbe la prova che nella notte dei tempi alcuni viaggiatori ebrei erano
giunti nel paese del Sol Levante. Si trattava di membri delle leggendarie "Tribù
Perdute"? Certo è che i territori
occupati dai Giapponesi, durante la guerra, funsero da asilo per molti Ebrei
(vedi il libro
"Gli Ebrei ed i Giapponesi", Spirali Editore).