Denominazioni
del libro
Il Primo e il Secondo libro dei Re
originariamente formavano un unico libro. Essi fanno parte dei Libri storici per
il canone cristiano e dei cosiddetti "profeti anteriori" per il canone
ebraico. Nella versione greca dei Settanta essi costituiscono il III e IV libro
dei Regni ("Basileion") e nella Volgata il III e IV libro dei Re (dopo quelli
di Samuele).
Redazione
La redazione finale è collocata dalla maggior parte degli studiosi intorno al VI secolo a.C.. L'autore biblico è lo stesso del
Primo e del Secondo libro di
Samuele, ed appartiene all'ambito religioso che ha prodotto il libro del Deuteronomio; per questo lo si definisce autore
Deuternomista.
Per ricostruire le vicende dei due regni di Israele, egli attinge a materiali d'archivio oggi non più in nostro possesso (il perduto
"Libro degli Annali dei Re di Giuda"), alle tradizioni orali e alla memoria storica del suo popolo. Una delle caratteristiche dell'autore Deuteronomista è il continuo ricorso a formule fisse per delineare i regni dei vari sovrani che, dalla vecchiaia di Davide fino a Sedecia, si sono succeduti sul trono di Giuda e su quelli succedutisi sul regno settentrionale d'Israele.
Suddivisione del testo
Il primo libro dei Re rappresenta la continuazione ideale dei due Libri di
Samuele, descrivendo la vicenda del popolo ebraico dal X al VI secolo a.C., cioè dalla fine del regno di Davide (circa 970 a.C.) fino al termine del regno di Acab nell'852 a.C.In tutto comprende 22 capitoli che si possono suddividere in diverse parti:
Contenuto del libro
Salomone
ascende al trono
Il libro si apre con la difficile successione al trono di Davide, che vede imporsi la grande figura di Salomone.
Nel capitolo 1 è descritta la cospirazione di
Adonia ("JHWH è il Signore"), figlio di Davide e di Agghit, che dopo
la morte di Assalonne era il legittimo erede al trono. Sostenuto da alcuni
potenti dignitari di corte, tra cui il generale Ioab, capo dell'esercito e
nipote di Davide, e il sacerdote Abiatar, egli tenta di farsi proclamare re da
costoro mentre suo padre è ancora in vita. Tuttavia l'esercito e la classe
sacerdotale sono spaccate riguardo a questa pretesa, poiché il sacerdote Zadok
(colui a cui farà riferimento nel nome, all'epoca di Cristo, la classe dei
Sadducei), il comandante della guardia reale, Benaia, e Natan, il profeta di
corte di Davide, sono contrari e sostengono invece il figlio di Betsabea,
Salomone. Natan si incarica di informare Betsabea, che a sua volta informa
Davide del colpo di stato messo in atto da Adonia (1, 17-18):
« Signore, tu hai giurato alla tua schiava per il Signore tuo Dio che Salomone tuo figlio avrebbe regnato dopo di te, sedendo sul tuo trono. Ora invece Adonia è divenuto re e tu, re mio signore, non lo sai neppure! »
In realtà non risulta, dai libri di
Samuele, che Davide avesse mai fatto una simile promessa; tuttavia, sdegnato per
il comportamento di Adonia, Davide invia Zadok, Natan e Benaia ad ungere re
Salomone presso la fonte di Ghihon (in ebraico "zampillante"),
l'antica fonte che forniva acqua a Gerusalemme.
Adonia, ricevuta la notizia dell'unzione del fratellastro, ha paura e si
aggrappa ai corni dell'altare, gesto che garantiva salva la vita a chiunque lo
compisse, perchè era proibitissimo spargere sangue all'interno del santuario.
Salomone tuttavia gli fa salva la vita, almeno per ora.
Il capitolo 2 contiene le ultime raccomandazioni di
Davide a Salomone, poi il figlio di Iesse « si addormenta con i suoi padri »
dopo 40 anni di regno, e Salomone siede sul trono al suo posto. Subito dopo
però si sbarazza in modo spiccio del fratello Adonia, che
avanzava ancora pretese sul trono sposando l'ultima concubina del padre, Abisag di
Sunem; anche Ioab è eliminato da Benaia, nonostante si fosse aggrappato
anch'egli ai corni dell'altare. Questo gesto sacrilego conclude la storia della
Successione al Trono di Davide, e probabilmente vuole significare
l'accentramento dei poteri nelle mani del nuovo re, in contrapposizione a Davide
che, per certi versi, era stato descritto dal Secondo
Libro di Samuele come succube a Ioab ed alla casta militare.
Il
Tempio di Salomone
Nonostante la sua sanguinosa e controversa ascesa al trono, nel capitolo
3 Salomone ottiene da JHWH la Sapienza in un dialogo notturno divenuto giustamente celeberrimo (1 Re
3,1-15):
« Iddio gli disse: "Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai. Se poi camminerai nelle mie vie osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide tuo padre, prolungherò anche la tua vita."» (3, 11-14)
Il giudizio di Salomone, affresco di Giovan Battista Tiepolo (1696-1770), Udine, Palazzo Arcivescovile
Il re infatti dà immediatamente prova di grande giustizia
con l'episodio del figlio conteso dalle due prostitute (1 Re 3,16-28). Mentre il
capitolo 4 contiene l'elenco degli alti funzionari
della corte di Salomone, compresi dodici prefetti, uno per ogni tribù, deputati
a riscuotere le tasse per il mantenimento della sfarzosa corte regale, il capitolo
5 ci mostra altre prove della fama e della magnificenza di Salomone,
descritto come uno dei più potenti monarchi della sua epoca. Il suo è un vero
e proprio impero, esteso dai confini dell'Egitto fino al fiume Eufrate. Da
notare che la tassazione ricade unicamente sulle tribù del Nord, esentando le
tribù meridionali di Giuda e Simeone. Qualcuno pensa che proprio lo
sproporzionato carico fiscale fu all'origine della ribellione delle tribù del
Nord al momento della morte di Salomone.
Ad ogni modo, arricchitosi oltre ogni misura, il sovrano decide di compiere
l'opera a cui suo padre non aveva potuto mettere mano: l'edificazione di un
Tempio al Signore. Per questo fa alleanza con Hiram, re di Tiro, il quale gli
fornisce abbondante materiale da costruzione sotto forma di abbondanti forniture
di cedro del Libano. Secondo l'Autore deuteronomista la costruzione impegna ben
trentamila operai per sette anni, dal maggio del 967 al settembre del 960 a.C.,
cooptati con il metodo delle corvée, veri e propri lavori forzati imposti alla
popolazione.
Il capitolo 6 è tutto dedicato alla costruzione
del Tempio e alle sue misure ed arredi; sicuramente chi scrive ha visto di
persona il Tempio salomonico prima della sua distruzione da parte di
Nabucodonosor, dato che in 8, 8 afferma « tali cose ci
sono fino ad oggi »; probabilmente però la descrizione che ne dà è
quella conseguente ad uno dei tanti restauri, forse quello ordinato da Giosia (2
Re 22). Da notare che l'Autore afferma che la costruzione inizia nell'anno
480 dall'uscita degli Ebrei dall'Egitto, una cifra simbolica ottenuta
moltiplicando per 12 i 40 anni di permanenza nel deserto. Tale numero equivale
perciò alla ben nota locuzione biblica "nella pienezza dei tempi". Se
volessimo dare significato letterale a questa data, l'Esodo dall'Egitto sarebbe
da collocarsi nel 1447 a.C. e quindi si tratterebbe dell'Esodo-espulsione e non
dell'Esodo-fuga.
Consacrazione
del Tempio
Il capitolo 7 vede la descrizione della
costruzione anche della reggia di Salomone, con il suo grande palazzo detto
"Foresta del Libano", forse per il lungo susseguirsi di colonne fatte
proprio con fusti di cedro del Libano. Tale reggia era situata nella cittadella
fortificata di Gerusalemme, conquistata da Davide e situata sul colle dell'Ofel,
a sud della spianata del Tempio ed oggi al di fuori della cinta muraria della
Città Vecchia, perchè nei secoli l'abitato di Gerusalemme si è
progressivamente spostato verso nord. Il trasporto dell'Arca dell'Alleanza nel
nuovo santuario, descritta nel capitolo 8, avviene
curiosamente nella "festa di Etanim", antica denominazione della festa
delle Capanne; Etanim è il nome di una festività cananea (dunque prebiblica)
in onore del ciclo lunare, e significa "corsi d'acqua permanenti",
perchè in questa stagione scorrono solo i corsi d'acqua perenni, prima delle
grandi piogge autunnali. Salomone presiede la cerimonia di consacrazione,
espletando anche funzioni sacerdotali, ed eleva a Dio una grande supplica
affinchè il Dio del Cielo si degni di abitare in quella dimora terrena. Da
notare che in 8, 33-34 vi è l'accenno all'esilio di Israele in terra straniera;
ciò fa pensare che si tratti di un innesto posteriore, da parte di un pio ebreo
che ha voluto giustificare la distruzione del Tempio nonostante le solenni
promesse fatte da Salomone in quell'occasione.
Nel capitolo 9 lo stesso Dio appare per la seconda
volta a Salomone, promettendogli (9, 4-9):
« Se tu camminerai davanti a me, come vi camminò tuo padre, con cuore integro e con rettitudine, se adempirai quanto ti ho comandato e se osserverai i miei statuti e i miei decreti, io stabilirò il trono del tuo regno su Israele per sempre, come ho promesso a Davide tuo padre: Non ti mancherà mai un uomo sul trono di Israele. Ma se voi e i vostri figli vi allontanerete da me, se non osserverete i comandi e i decreti che io vi ho dati, se andrete a servire altri dèi e a prostrarvi davanti ad essi, eliminerò Israele dal paese che ho dato loro, rigetterò da me il tempio che ho consacrato al mio nome; Israele diventerà la favola e lo zimbello di tutti i popoli. Riguardo a questo tempio, già così eccelso, chiunque vi passerà vicino si stupirà e fischierà, domandandosi: "Perché il Signore ha agito così con questo paese e con questo tempio?" Si risponderà: "Perché hanno abbandonato il Signore loro Dio che aveva fatto uscire i loro padri dal paese d'Egitto, si sono legati a dèi stranieri, prostrandosi davanti ad essi e servendoli; per questo il Signore ha fatto piombare su di loro tutta questa sciagura." »
Il capitolo 10 è uno dei più famosi della Bibbia: tanto grande è la fama di sapienza e di magnificenza di re Salomone, che persino la mitica regina di Saba giunge dal suo paese per interrogarlo di persona. Si discute ancor oggi se Saba fosse posta in Arabia o in Etiopia; il negus Hailé Selassié I (1891-1975) asseriva di discendere da Salomone e dalla mitologica regina, ma più probabilmente i Sabei abitavano l'attuale Yemen. Il profeta Gioele 4, 8 li cita come mercanti che avevano stabilito una fitta rete di scambi commerciali lungo le vie carovaniere che congiungevano la Mesopotamia, l'Arabia meridionale e l'Africa orientale, per cui il regno d'Israele rappresentava un crocevia fondamentale. È dunque possibile che la visita della regina di Saba a Salomone fosse dovuta soprattutto a motivi economici; il controllo di queste vie carovaniere grazie all'alleanza con i favolosi regni dell'Arabia spiegherebbe perfettamente l'incredibile ricchezza attribuita al figlio di Davide e promessagli dallo stesso JHWH.
Il
peccato di Salomone
Purtroppo ogni era felice ha termine prima o poi, e così accade anche
allo splendido regno salomonico. Il capitolo 11
infatti sottolinea come lo stesso re infranga l'alleanza appena rinnovata con il
Signore: per stringere alleanza con i potenti re vicini egli ne ha infatti
sposato le figlie, compresa la figlia del Faraone, e queste lo inducono ad
onorare déi stranieri, tra cui (11, 7) sono nominati Camos, dio nazionale dei
Moabiti, e Milcom, adorato dagli Ammoniti, ben noti agli Ebrei perchè più
volti tentati dal rendere culto ad essi, quando JHWH sembrava lontano e
silenzioso. Non sappiamo se l'episodio sia storico, ma certamente è considerato
dal Deuteronomista più che sufficiente per giustificare lo smembramento del
regno di Davide.
Questo fatto, epocale per la storia d'Israele, ha la sua origine secondo 1 Re
11, 29-39 nell'azione del profeta Achia che, afferrato il mantello nuovo di
Geroboamo, capo degli operai della casa di Giuseppe, cioè sovrintendente dei
lavori pubblici, lo divide in dodici pezzi e gliene restituisce dieci,
significando con ciò che dieci tribù del nord sarebbero state consegnate a
lui. Infatti così parla JHWH (11, 11-13):
« Poiché non hai osservato la mia alleanza né i decreti che ti avevo impartiti, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo suddito. Tuttavia non farò ciò durante la tua vita per amore di Davide tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio. Ma non tutto il regno gli strapperò; una tribù la darò a tuo figlio per amore di Davide mio servo e per amore di Gerusalemme, città da me eletta. »
Lo
scisma politico
Geroboamo si rifugia in Egitto presso il faraone Sisac, del quale
sentiremo riparlare, onde evitare che Salomone gli faccia la festa. Ma la
situazione precipita alla morte di Salomone (capitolo 12),
a causa dell'inettitudine del suo
figlio e successore Roboamo, il quale attizza le mai sopite tensioni tribali tra il nord e il sud imponendo tasse gravosissime (1 Re 12,14):
« Mio padre vi ha imposto un giogo pesante; io renderò ancora più grave il vostro giogo. Mio padre vi ha castigati con fruste, io vi castigherò con flagelli! »
Allora le tribù settentrionali si ribellano e lapidano Adoniram, che Salomone aveva preposto ai lavori forzati. Per salvare la pelle, Roboamo è costretto a fuggire ignominiosamente sopra un carro verso Gerusalemme. Questo episodio è stato reso immortale da Dante Alighieri nel suo ''Purgatorio'' (XII, 46-48):
« O Roboàm, già non par che minacci
quivi 'l tuo segno; ma pien di spavento
nel porta un carro, sanza ch'altri il cacci. »
Roboamo raccoglie truppe in Giuda per muovere alla riconquista del nord, ma per bocca del profeta Semeia il Signore gli fa sapere di non gradire una guerra fratricida tra israeliti. E così egli deve accontentarsi di regnare solo su Giuda, per il forte legame che la famiglia di Davide, originaria di Betlemme, aveva con i clan di questa tribù, mentre Geroboamo diviene re delle altre dieci tribù, come gli aveva predetto Achia. Ma anch'egli incorre nel peccato, poiché teme che gli abitanti del suo regno si rechino in pellegrinaggio a Gerusalemme, e così ritornino alla fedeltà alla dinastia davidica. Per questo fa erigere due vitelli d'oro e li colloca uno a Dan e uno a Betel, all'estremo nord e all'estremo sud del suo regno, invitando il popolo ad andare ivi in processione. L'archeologia moderna ha riportato alla luce le tracce di questo culto; un tempo si pensava che Geroboamo intendesse ispirarsi al vitello d'oro eretto dagli Israeliti mentre Mosè si trovava sull'Oreb, ma oggi si pensa piuttosto al contrario: l'idolo foggiato in quell'occasione dagli Ebrei infedeli sarebbe stato descritto dall'Esodo come un vitello d'oro proprio con riferimento al culto inaugurato da Geroboamo, in chiara polemica contro il culto idolatrico del regno settentrionale. Inoltre il re del Nord commette un altro grave errore, affidando il sacerdozio a uomini non provenienti dalla tribù di Levi, contro l'espresso comando divino. Allora, nel capitolo 13 vediamo comparire un « uomo di Dio », un anonimo profeta che annuncia la condanna del Signore contro quel culto, certamente monoteistico, ma condotto attraverso forme e simboli pagani. Ma Geroboamo non si pente, e così, nel capitolo 14, la condanna contro di lui da parte del profeta Achia è radicale:
« Il Signore stabilirà su Israele un suo re, che distruggerà la famiglia di Geroboamo. Inoltre il Signore percuoterà Israele, il cui agitarsi sarà simile all'agitarsi di una canna sull'acqua. Eliminerà Israele da questo ottimo paese da lui dato ai loro padri e li disperderà oltre il fiume perché si sono eretti i loro pali sacri, provocando così il Signore. Il Signore abbandonerà Israele a causa dei peccati di Geroboamo, commessi da lui e fatti commettere a Israele. » (1Re 14, 14-16)
Come per tener fede alla maledizione divina, Abia, il giovane figlio di Geroboamo, muore di una misteriosa malattia.
I due regni di Giuda (in giallo) e di Israele (in verde), disegno dell'autore di questo sito
Successione dei Re di Giuda in 1 Re e in 2 Cronache
Successione dei Re di Israele in 1 Re
Travagliate
vicende dei due regni
Le vicende dei Re dei due stati, narrate parallelamente da 1 Re 14 fino a
2 Re 25, sono interrotte da quelle che un biblista ha definito delle « oasi letterarie », cioè inserti narrativi di particolare bellezza, tra cui spicca il grande ciclo del profeta Elia.
Subito dopo Geroboamo, nel capitolo 14 si parla di Roboamo
re di Giuda, per affermare che anch'egli commise peccati non meno gravi di
quelli del suo omologo del Nord, visto che addirittura introdusse in Giuda i
"prostituti sacri", uomini entrando in contatto sessuale con i quali
si riteneva di poter entrare in contatto diretto con la divinità:
un'abominazione condannata più volte con veemenza dal profetismo biblico. Non a
caso Sisac, faraone d'Egitto cui accenneremo più sotto, invade il paese e
pretende, per ritirarsi, tutto l'oro di Gerusalemme, Tempio incluso, tanto che
Roboamo è costretto a far adornare il Tempio con scudi di bronzo.
Dopo di lui (capitolo 15) regna il figlio Abia,
figlio di Maaca, a sua volta figlia di Assalonne (Abia dunque discende da Davide
sia per parte di padre che di madre), che però commette gli stessi peccati del
padre e governa solo per tre anni. A lui succede il figlio Asa,
e si deve sottolineare che anch'egli (15, 10) è detto "figlio di Maaca,
figlia di Assalonne". Com'è possibile? Evidentemente la regina madre Maaca
aveva goduto di grande influenza durante il regno del figlio Asa, e continuò a
goderne durante la prima parte del regno del nipote: un ruolo non certo
insolito, questo, nel Vicino Oriente. Ma il suo potere dura poco: Asa è infatti
uno dei pochi re di Giuda ampiamente lodati dai Libri dei Re, perchè distrugge
tutti gli idoli del padre e del nonno. Egli non perdona alla nonna di aver
edificato "un idolo orrendo per Asera", una dea fenicia, e la priva
del titolo di regina madre. Probabilmente si tratta di un pretesto per liberarsi
della sua ingombrante presenza a corte.
Il capitolo 15 rievoca anche la lunga guerra tra Asa e Baasa, re d'Israele, che
aveva bloccato le frontiere tra i due stati erigendo una fortezza a Rama. Asa
decide allora di stringere alleanza con il potente re di Siria, Ben-Adad,
inviandogli anche un grosso tributo. Per evitare di essere preso tra due fuochi,
Baasa è costretto a smobilitare Rama. Subito dopo si torna a parlare di Nadab,
figlio di Geroboamo succedutogli sul trono del Nord, che persevera nei peccati
di suo padre; così egli viene assassinato da Baasa,
della tribù di Neftali, mentre è impegnato ad assediare una città dei
Filistei. Baasa diventa re e massacra l'intera famiglia di Geroboamo, dando
compimento alla profezia di Achia. La capitale di Baasa è la città di Tirza.
Inutile dire che anche Baasa si comporta molto male agli occhi del Signore; e
così, nel capitolo 16, JHWH gli suscita contro il profeta Ieu, che gli scaglia
contro una maledizione assai simile a quella che aveva colpito la casa di
Geroboamo. E la profezia non tarda ad avverarsi: a Baasa succede per breve tempo
suo figlio Ela, che però viene eliminato durante
un banchetto dal suo ufficiale Zimri. Ma il suo
regno dura solo sette giorni, il tempo di eliminare l'intera casata di Baasa; il
popolo infatti si ribella ed elegge re Omri, capo dell'esercito. Zimri muore
nell'incendio del palazzo reale di Tirza e, dopo la morte del pretendente Tibni,
Omri sale sul trono. Egli abbandona Tirza e fa
costruire la nuova capitale Samaria, dal nome di Semer, dal quale egli avrebbe
acquistato il monte Someron. Ma il suo regno comincia sotto pessimi auspici:
« Omri fece ciò che è male agli occhi del Signore, anzi agì peggio di tutti i suoi predecessori » (16, 25)
Suo figlio infatti porta un nome tristemente famoso: Acab, che diede il nome anche al terribile protagonista di "Moby Dick" di Hermann Melville. Il giudizio su di lui è durissimo:
« Non gli bastò imitare il peccato di Geroboamo figlio di Nebàt; ma prese anche in moglie Gezabele figlia di Et-Bàal, re di quelli di Sidone, e si mise a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui. Eresse un altare a Baal nel tempio di Baal, che egli aveva costruito in Samaria. Acab eresse anche un palo sacro e compì ancora altre cose irritando il Signore Dio di Israele, più di tutti i re di Israele suoi predecessori. » (16, 31-33)
Da notare che anche il grande scrittore di fantascienza Isaac Asimov (1920-1992), di natali ebraici, ha scelto i nomi di Elia e di Jezebel (Gezabele) per il celebre investigatore protagonista del Ciclo dei Robot e per sua moglie. Reminiscenze stratificate in ogni ebreo e dure a morire...
Fioretti
di Elia
E così, siccome il male straripa e l'idolatria dilaga come mai prima di
allora in Istraele, JHWH suscita il più grande profeta dai tempi di Mosè: Elia
(non a caso, durante la Trasfigurazione, accanto a Gesù compariranno proprio
Mosè ed Elia, in rappresentanza della Torah e del Profetismo). Nativo di Tisbe
del Galaad, in Transgiordania, il suo nome è tutto un programma: « JHWH è Dio
». Nel capitolo 17 prima annuncia senza paura ad
Acab una gravissima siccità come punizione per i suoi peccati, quindi si
nasconde presso il torrente Cherit, uno uadi affluente di sinistra del Giordano,
dove viene nutrito dai corvi che gli portano pane e carne.
La sua vita, come quella di san Francesco e di molti altri santi di ogni epoca e
di ogni fede, è descritta attraverso tutta una serie di "fioretti"
popolari. Così, quando la siccità raggiunge la regione dove egli si è
rifugiato, egli raggiunge la Fenicia e va ad abitare presso una vedova di
Zarepta, l'attuale Sarafand, 15 Km a sud della città-stato di Sidone, tuttora
esistente. Siccome la vedova è poverissima, Elia compie un miracolo
stupefacente: la giara della farina e la brocca dell'olio non si esauriscono
mai. Ma non basta: il figlio dela vedova si ammala e muore, ma Elia invoca il
Signore ed il ragazzo resuscita, tanto che la madre, una cananea pagana,
riconosce in lui l'Uomo di Dio. Gesù rievocherà quest'episodio nel Nuovo
Testamento:
« Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidone » (Luca 4, 25-26)
Il capitolo 18 vede un drammatico confronto tra Elia ed i profeti di Baal, sponsorizzato da Acab, il quale apostrofa il profeta con dure parole: « Sei tu colui che mette sottosopra Israele? » Elia ribatte proponendo un'ordalia: fa a pezzi un giovenco, lo pone su un altare coperto di legna e vi fa versare ben dodici brocche d'acqua (il solito numero simbolico) per assicurare tutti che non si tratta di autocombustione. I 450 profeti di Baal che la regina Gezabele ha chiamato in Israele dalla natia Tiro tentano inutilmente di invocare il loro dio affinchè intervenga e appicchi il fuoco alla catasta, ma quando Elia invoca JHWH scende un fuoco dal cielo che consuma tutto l'olocausto, compresi i sassi dell'altare e l'acqua versata su di esso. Il popolo si prostra e poi fa giustizia sommaria dei 450 falsi profeti. Subito la siccità finisce e comincia a cadere la pioggia.
La
fine del regno di Acab
Ma la potente regina Gezabele non gradisce la strage dei suoi sacerdoti,
e giura ad Elia di far fare la loro stessa fine. Nel capitolo
19 Elia deve sottrarsi alla morte con la fuga, e rinfrancato da un cibo
concessogli da Dio cammina fino all'Oreb, cioè al Sinai, il monte
dell'Alleanza. Qui egli vede arrivare un veno gagliardo, un terremoto e un
pauroso incendio; ma Dio non è in nessuno di essi. A sorpresa, Dio gli si
rivela nella brezza o, come dice l'originale ebraico, « nella voce di un
silenzio sottile ». Per la prima volta in tutta la Bibbia, JHWH rinuncia alle
clamorose ierofanie con il fuoco e la voce di tuono, e propone un diverso modo
per intervenire nella storia: un mormorio appena percettibile da chi lo sa
udire. È questo il primo accenno biblico al "Deus absconditus" di cui
parlerà Pascal, al Dio che si nasconde dietro la Creazione perchè vuole essere
cercato dagli uomini.
Dio comunque ordina ad Elia di andare ad ungere Cazael re di Siria e Ieu re
d'Israele. Il capitolo si chiude con la vocazione di Eliseo, il delfino fedele,
su cui Elia butta il mantello mentre sta arando il campo di suo padre con dodici
paia di buoi (solito numero simbolico). Eliseo brucia gli strumenti di lavoro
per affermare che rinuncia alla vecchia vita, e segue Elia: uno schema di
vocazione che verrà seguito nel Nuovo Testamento al momento della chiamata
degli Apostoli di Gesù.
Il capitolo 20 è completamente distaccato dai
precedenti, perchè vede l'assedio di Samaria da parte di Ben-Adad, re di Siria.
Questi è convinto che il Dio adorato dagli Ebrei sia un "Dio delle
montagne" (forse con riferimento al Monte Sinai), e così cerca di spostare
la battaglia in pianura, dove gli Israeliti perderebbero il favore divino. Ma ad
Acab si presenta un anonimo profeta che gli assicura la vittoria nel nome del
Signore. Dunque Acab appare ben diverso dal corrotto, dispotico e paganeggiante
sovrano di cui si è parlato nei capitoli precedenti: ciò ha fatto pensare
all'innesto da parte di un diverso redattore. Alla fine Ben-Adad è sconfitto e
costretto ad un umiliante trattato di pace.
Il capitolo 21 ritorna invece all'immagine di Acab
che ci era stata data durante il confronto con Elia, attraverso l'episodio della
vigna di Nabot, che Acab vuole acquistare per allargare la sua residenza di
campagna. Nabot rifiuta ma la regina Gezabele, qui dipinta come una perfida
strega, fa in modo che due falsi testimoni accusino Nabot di bestemmia e di lesa
maestà; dopo un processo-farsa il povero Nabot è lapidato e Acab ha il tanto
sospirato terreno. I sudditi e la corte tacciono per paura di fare la stessa
fine, ma chi non tace è Elia che, come Natan con Davide, lo accusa di aver
tradito e ucciso. Per questo la casa di Acab farà la fine di quella di
Geroboamo, e Gezabele verrà divorata dai cani. Acab tuttavia si pente e si
umilia davanti ad Elia, al che JHWH rettifica il proprio editto: la sciagura
verrà non durante il regno di Acab, ma durante quello di suo figlio.
Domenico Beccafumi, Il re Acab si umilia davanti ad Elia,
intarsio in marmo sul pavimeno del Duomo di Siena
Il capitolo 22 ritorna a parlare di politica internazionale: il re di Israele e quello di Giuda vivevano in pace grazie al matrimonio tra l'erede al trono del sud, Ioram, ed Atalia, figlia di Acab e di Gezabele. Durante una visita di stato a Samaria del re di Giuda Giosafat, figlio di Asa, lui e Acab decidono di provocare il re di Siria con una spedizione in Transgiordania, per convincerlo a restituire una città del Galaad da lui conquistata. Prima interpellano vari profeti che offrono un oracolo cortigiano e favorevole; ma si fa avanti il profeta Michea (niente a che vedere con l'autore dell'omonimo libro biblico), il quale parla addirittura d una sua visione della corte celeste, durante la quale Iddio domanda: « Chi ingannerà Acab perché muova contro Ramot di Gàlaad e vi perisca? » Uno spirito della corte celeste ribatte che ci penserà lui, facendo pronunciare oracoli menzogneri ai profeti del re. Naturalmente Acab non gli crede e lo fa sbattere dentro. Giosafat e Acab muovono guerra alla Siria, ma durante la battaglia una freccia siriana raggiunge Acab tra le maglie dell'armatura, ed il sovrano muore dissanguato. Al suo posto regna suo figlio Acazia. Il capitolo ed il libro si concludono con un breve riassunto del regno di Giosafat, che vorrebbe tentare una spedizione commerciale a Ofir (variamente identificato: l'Arabia meridionale, l'Africa orientale o addirittura l'India), sennonché un naufragio infrange le sue speranze. A Giosafat succede poi il figlio Ioram, genero di Acab.
Storicità
La "Successione al Trono di Davide"
Si ritiene che i capitoli 19-20 del Secondo libro di Samuele ed i primi due capitoli del Primo libro dei Re formassero in origine un'opera unitaria più antica della stesura definitiva dei libri biblici. Questo testo è stato definito dagli studiosi «
Successione al Trono di Davide », ed è considerata uno degli esempi più antichi di storiografia, antecedente di ben cinque secoli agli scritti di Senofonte. In essa, infatti, l'autore non si limita a riportare i singoli eventi, ma cerca di evidenziare per la prima volta le connessioni tra le varie vicende ed il loro svolgersi. Naturalmente il primo protagonista della storia è Dio stesso, che guida con occhio provvidente gli avvenimenti umani.
Gli "Annali dei Re di Giuda"
A partire dal capitolo 11, con la narrazione del peccato di Salomone, che si lasciò indurre all'idolatria dalle sue mogli pagane, il clima cambia totalmente. Proprio quella che a prima vista parrebbe la parte più propriamente
"storica" del libro, cioè la successione dei re giudaici ed israelitici, è proprio quella che più si allontana dalla "storiografia" nel senso moderno del termine. Infatti qui l'autore Deuteronomista interviene di continuo a
"ripensare" la storia del suo popolo, ordinando ed interpretando gli eventi in chiave religiosa. Un sovrano è giudicato positivamente in base a tre criteri:
Inevitabilmente il giudizio dell'autore diventa severissimo nei confronti della maggior parte dei sovrani, soprattutto contro quelli del Regno Settentrionale, colpevoli di aver posto due vitelli d'oro nei santuari di Betel e Dan (1 Re, 12,26-31), alle due estremità opposte del regno, onde impedire i pellegrinaggi delle 10 tribù settentrionali a Gerusalemme, e quindi il loro ritorno nella sfera d'influenza giudaica. Questi sovrani sono esclusi dalla promessa divina di un Regno Eterno fatta alla dinastia davidica proprio in virtù di questo peccato d'idolatria.
Il faraone
Sisac
Importante, dal punto di vista storico, è la menzione del Faraone egiziano
Sisac in 1 Re 14,25, ben noto anche al di fuori del testo biblico. Nelle fonti egiziane egli è chiamato
Shoshenq; regnò dal 945 al 925 a.C. e fondò la XXIII dinastia. Con la sua campagna in Palestina egli tentò di riaffermare il predominio egiziano su questa regione, dopo i fasti del regno di Ramses II e la successiva decadenza. Il testo biblico dice che egli si impossessò degli arredi d'oro del Tempio di Salomone; evidentemente ciò significa che egli sottopose il Regno di Giuda a un pesante tributo.
Samaria
Uno degli atti politici più importanti del re Omri fu quello di fondare la nuova capitale,
Samaria (1 Re 16,24). Gli scavi archeologici condotti sul posto hanno confermato che essa sorse effettivamente nel IX secolo a.C.. Sono stati riportati alla luce il palazzo reale di Samaria e le mura di fortificazione, ma anche diversi
"ostraka", tavolette di argilla incise, che forniscono ragguagli di tipo amministrativo ed economico.
La città fu conquistata e distrutta dagli Assiri di Sargon II nel 721 a.C., e per una seconda volta da Giovanni Ircano nel 107 a.C., ma Erode la riedificò sontuosamente e la rinominò Sebaste (in greco
"Augusto"), in onore dell'imperatore romano Ottaviano Augusto, che lo aveva confermato sul trono.