Libro di Esdra


Significato del nome
Il nome Esdra deriva da una radice ebraica che significa "aiutante".

Generalità
Il libro di Esdra viene spesso considerato l'ideale continuazione dei Libri delle Cronache, e viene quindi ricondotto allo stesso ambiente sacerdotale. Esso, come capita a moltissimi altri libri biblici, porta il nome del suo protagonista, che è anche uno degli artefici principali della rinascita di Israele dopo l'esilio. Esdra entrerà a tal punto nella coscienza storica d'Israele che gli verranno attribuiti molti libri apocrifi, tra cui il celebre Quarto Libro di Esdra, contenenti particolari rivelazioni escatologiche fattegli da JHWH in persona, nonostante egli viva in ambito storico e non sia dunque una figura circonfusa di leggenda come Adamo, Enoc e Mosè.
Esdra compare sulla scena solo a partire dal capitolo 7, ma sarà protagonista anche del successivo libro di Neemia. Ciò spiega perchè l'antica versione greca dei Settanta ha fuso Esdra e Neemia in un unico libro di 23 capitoli.

Contenuto

Il Secondo Esodo
Nel capitolo 1 vediamo entrare in scena non il protagonista eponimo del libro, bensì una delle più grandi figure della storia dell'umanità: Ciro II il Grande, re dei Persiani e fondatore di un grande impero esteso dal Mar Egeo all'Oceano Indiano. In apertura del libro Ciro, il cui nome significa "pastore", pubblica un editto (una sua versione era presente anche nel finale del Secondo Libro delle Cronache) che permette il rientro di Israele in Canaan: è il 539 a.C. 

« Nell'anno primo del regno di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola che il Signore aveva detto per bocca di Geremia, il Signore destò lo spirito di Ciro re di Persia, il quale fece passare quest'ordine in tutto il suo regno, anche con lettera: "Così dice Ciro re di Persia: Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra; egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio in Gerusalemme, che è in Giudea. Chi di voi proviene dal popolo di lui? Il suo Dio sia con lui; torni a Gerusalemme, che è in Giudea, e ricostruisca il tempio del Signore Dio d'Israele: egli è il Dio che dimora a Gerusalemme. Ogni superstite in qualsiasi luogo sia immigrato, riceverà dalla gente di quel luogo argento e oro, beni e bestiame con offerte generose per il tempio di Dio che è in Gerusalemme." » (Esdra 1, 1-4)

Allora i sopravvissuti, quelli che i Profeti avevano chiamato il "Resto d'Israele", si rimettono in marcia guidati da Sesbassar, principe di Giuda, cui Ciro fa restituire le suppellettili trafugate da Nabucodonosor al tempio di Gerusalemme. L'elenco dei clan dei rimpatriati ed il loro numero è contenuto nel capitolo 2: la narrazione sacerdotale amava infatti i lunghi elenchi, le liste genealogiche, le distinzioni precise. Da notare che alcune famiglie di leviti non possono dimostrare la loro identità israelitica, avendo perso il loro registro genealogico, e sono così escluse dal sacerdozio: testimonianza diretta, questa, delle complesse vicende del rientro, descritto come un vero e proprio Secondo Esodo.
Nel capitolo 3, a sette mesi dal rientro, tutto il popolo si riunisce sotto la presidenza del Sommo Sacerdote Giosuè e di Zorobabele, e si mette al lavoro per ricostruire il Tempio di Gerusalemme: da notare come Sesbassar sparisca del tutto dalla narrazione, sostituito per l'appunto da Zorobabele, suo successore, citato dal Vangelo di Matteo tra gli antenati di Gesù. Inizialmente viene eretto solo l'altare dei sacrifici, poi viene ricostruito il Tempio vero e proprio, tra i canti di giubilo del popolo.
Ma ben presto (capitolo 4) la festa è turbata dai « nemici di Giuda e Beniamino », cioè dalle popolazioni che erano state a loro volta deportate in Canaan dopo lo sradicamento degli Ebrei; tra costoro si annoverano i Samaritani, dei quali si è già detto. Costoro vedono di malanimo il ritorno degli Ebrei, ma inizialmente fingono di offrire collaborazione per l'erezione del Tempio. Zorobabele e Giosuè fiutano l'inganno e rispondono picche; allora i suddetti nemici fanno di tutto per mettere loro i bastoni tra le ruote, rallentando la ricostruzione per tutta la durata dei regni di Ciro e di Serse (re che ritroveremo nel libro di Ester), anche grazie alla compiacenza di funzionari antisemiti. Il capitolo riporta una lettera inviata proprio ad Artaserse per denunziare la ricostruzione di Gerusalemme, definita « città ribelle e malvagia »; il re acconsente allora ad ordinare l'interruzione dei lavori. Siccome Artaserse I regnò dal 464 al 424 a.C., è già passato quasi un secolo dal rientro in Terrasanta.
Nel capitolo 5 si torna però all'epoca di Zorobabele: i profeti Aggeo ("nato per festeggiare") e Zaccaria ("JHWH si è ricordato") incitano gli Ebrei a riprendere i lavori, e così il satrapo dell'Oltrefiume, la regione persiana che comprendeva la Palestina, informa il re Dario I, suggerendo che sarebbe opportuno compiere ricerche nell'archivio imperiale di Babilonia, per verificare se davvero Ciro aveva autorizzato la ricostruzione del Tempio, o se gli Ebrei se l'erano inventato. Nel capitolo 6, Dario ordina di investigare nel suddetto archivio, e ad Ecbatana salta fuori un memoriale diverso da quello presentato nel capitolo 1, che però in sostanza lo conferma e non solo autorizza la ricostruzione, ma addirittura ne fissa le modalità costruttive ed ordina la restituzione degli arredi del primo Tempio. A questo punto Dario conferma l'editto di Ciro, ed anzi diffida il satrapo antisemita dall'ostacolare ulteriormente i lavori, che così possono riprendere. Così conclude il testo:

« Questo Tempio fu portato a termine il terzo giorno del mese di Adar, nel sesto anno del regno di re Dario » (6, 15)

Tale data dovrebbe corrispondere al 13 marzo del 515 a.C. Per cinque secoli questo nuovo Tempio costituirà il punto di riferimento di tutto Israele, finchè nel 20 a.C. Erode il Grande non deciderà di ristrutturare radicalmente l'ormai fatiscente ricostruzione di Zorobabele, dando vita al Tempio descritto nei Vangeli.

Esdra, Pedro Batrruguete (1450-1504), chiesa di Santa Eulalia a Paredes de Nava

Esdra, Pedro Batrruguete (1450-1504), nella
chiesa di Santa Eulalia a Paredes de Nava

La riforma di Esdra
Il capitolo 7 vede un nuovo brusco balzo temporale fino al regno di Artaserse, quando Esdra, scriba ed alto esponente della classe sacerdotale, ottiene il permesso di rientrare in Palestina. Probabilmente egli era un funzionario della corte persiana, incaricato di curare gli affari del popolo giudeo; ed infatti proprio con un rescritto del re, integralmente riportato nel libro, egli si rimette in cammino con altri Ebrei ancora residenti a Babilonia. Il rescritto contiene i poteri assegnati dall'imperatore ad Esdra, ma in realtà si tratta dei punti salienti della grande riforma operata da questo sacerdote. La lista dei rimpatriati è contenuta nel capitolo 8, in cui Esdra parla in prima persona, mentre tutti i capitoli precedenti erano scritti in terza persona, descrivendo le faticose tappe del viaggio, tra assalti dei nemici e dei predoni. Ma la narrazione avventurosa ha poco spazio, giacchè nel capitolo 9 riprende la descrizione della riforma di Esdra, tanto cara alla classe sacerdotale. Venuto a sapere che il popolo si è abbandonato all'idolatria, Esdra si straccia le vesti e, all'ora del sacrificio della sera, eleva al Signore una supplica solenne. Si tratta di un genere diffuso nell'Israele postesilico (Neemia 1, 9; Daniele 3, 9; Baruc 1-2), per impetrare il perdono divino dopo che il Popolo eletto è stato costretto a convivere con popoli idolatri, le cui usanze hanno affascinato più di un giudeo. La preghiera incita il popolo alla conversione perchè possa sopravvivere un "piccolo gregge", tema questo che sarà caro anche a Gesù. Il capitolo 10 ci mostra un'imponente folla che si raduna attorno ad Esdra, e che si lascia coinvolgere nell'appello dello scriba.  Secania, figlio di Iechiel, si fa avanti ed ammette la colpa propria e del popolo:

« Abbiamo peccato contro Dio, sposando donne straniere » (10, 2)

Siamo qui al cuore del Libro, perchè la causa prima del peccato di Israele, e quindi di tutte le sue sventure (decadenza, esilio, rallentamento della ricostruzione del Tempio), è individuata dall'autore nel matrimonio con donne pagane, che hanno causato la corruzione dei costumi e la fine della purezza del monoteismo ebraico. Si ricorderà che anche Salomone, nel Secondo Libro dei Re e nel Primo Libro delle Cronache, era stato indotto all'idolatria dalle proprie mogli straniere: non è impossibile che l'Autore di quei libri applichi ad un re vissuto cinque secoli prima lo stesso motivo di corruzione che egli pensa di aver scorto nei propri contemporanei. Il cuore della riforma del culto non può essere perciò che la proibizione dei matrimoni misti.
E così, dopo aver digiunato una notte in segno di penitenza, lo scriba raduna tutto il popolo a Gerusalemme, in una fredda giornata d'inverno, sotto la pioggia battente. Subito Esdra punta il dito contro la peccaminosità dei matrimoni misti, ed ordina a tutti di ripudiare le proprie mogli straniere. La maggior parte si dice d'accordo, ma alcuni si ribellano, pretendendo probabilmente decisioni ancora più radicali ed estreme nei confronti delle pagane corruttrici d'Israele. Tuttavia a passare la linea di Esdra, ed il libro si conclude con un tedioso elenco di tutti coloro che divorziano dalle loro mogli straniere, scacciandole assieme ai figli avuti da esse.

Storicità
Nonostante il suo evidente legame non solo con la storia patria di Israele, ma anche con gli eventi dell'Impero Persiano, anche la storicità del Libro di Esdra è piuttosto controversa. Infatti esso rimanda spesso e volentieri a documenti d'archivio dell'impero Persiano, scritti in aramaico, una lingua che l'imperatore neppure capisce (deve infatti farseli tradurre), ma è lecito pensare che si tratti di ricostruzioni assai posteriori, o perlomeno che siano stati manipolati per far sembrare i cattivi più cattivi e i buoni più buoni. I suddetti documenti sono almeno sei:

Sesbassar e Zorobabele
Controversa è l'identità anche dei due primi governatori persiani della Palestina. Sesbassar significa "adoratore del fuoco", e dunque probabilmente è solo il nome dato dai babilonesi a questo "principe di Giuda", esponente della linea di discendenza davidica, ad imitazione di Baltazzar, Misac, Sidrac e Abdenego, i nomi dati da Nabucodonosor agli ebrei Daniele, Misaele, Anania e Azaria secondo Dan 1, 7. Secondo alcuni esegeti il vero nome ebraico di Sesbassar sarebbe Seneazzar, citato in 1 Cronache 3, 18 nelle liste generazionali di Salomone come quarto figlio di Ieconia (Ioiakim), penultimo re di Giuda. L'esilio in realtà non durò i 70 anni previsti da Geremia, ma meno di 50, dal 587 al 538 a.C. (si arriva però a 70 giungendo fino alla data di riconsacrazione del Tempio); vista la giovane età di Ioiakim quando fu deportato, è possibile che Sesbassar fosse proprio il Seneazzar citato dal Cronista.
Sesbassar esce però subito di scena, sostituito da Zorobabele fin da 2, 2. E così, altri hanno pensato che Sesbassar fosse in realtà il nome babilonese di Zorobabele, che secondo Mt 1, 12 era figlio di Sealtiel, fratello di Seneazzar e figlio di Ioiakim. Sempre però più semplice ritenere che i due siano figure distinte, legate comunque alla discendenza reale davidica: forse, morto Sesbassar poco dopo il ritorno, il titolo di capo della casa di Davide passò al nipote Zorobabele, che guidò una seconda, corposa ondata di rimpatriati. A questa seconda tranche si riferirebbe la lista del capitolo 2 del libro di Esdra, che molto probabilmente rappresenta i risultati di un censimento voluto dalle autorità persiane e condotto quando il popolo era già tornato a installarsi in Palestina. Per esempio, la popolazione ebraica di Betlemme (da cui, come sappiamo, sarebbe scaturita la stirpe di Giuseppe il falegname) contava 123 abitanti.
Zorobabele viene citato anche dai profeti Aggeo (2, 21-23) e Zaccaria (4, 6-10) come la nuova guida mandata da Dio al suo popolo, novello Mosè e precursore del Messia, del quale secondo San Matteo è anche l'antenato.

La tomba di Ciro il Grande a Pasargade, Iran (clicca per ingrandire)

La tomba di Ciro il Grande a Pasargade, Iran (clicca per ingrandire)

I re persiani
In Esdra 4, 5-7 sono citati in breve spazio quattro sovrani di Persia che coprono un arco temporale di oltre un secolo: Ciro il Grande (559-529 a.C.), fondatore dell'impero; Dario I (522-486 a.C.), che lo organizzò in Satrapie; Serse (486-465 a.C.), che compare anche nel Libro di Ester, colui che incassò la pesante sconfitta di Salamina ad opera dei Greci; ed infine Artaserse I Longimano (465-424 a.C.), sotto il cui regno probabilmente operarono il sacerdote Esdra e il governatore Neemia. Altri invece identificano l'Artaserse di Esdra 7, 1 con Artaserse II Mnemone (404-358 a.C.), ma questa cronologia appare decisamente troppo tarda.
Sopra: una fotografia della tomba del re Ciro a Pasargade (Iran).

L'Oltrefiume
Questo termine, che ricorre più volte nel libro di Esdra, indica il nome di una satrapia persiana, e precisamente la quinta secondo l'elenco di Erodoto. Essa comprendeva Siria, Fenicia, Palestina e l'isola di Cipro; quindi, tutti i territori posti al di là del fiume Eufrate. Non è la prima volta che questa espressione ricorre nella Bibbia. Secondo Gen 11, 16-17 uno degli antenati di Abramo si chiamava Eber, nome che è evidentemente eponimo di tutto il popolo ebraico. Ma "Eber" significa per l'appunto "al di là": per i popoli mesopotamici (e la Torah fu codificata per l'appunto durante l'esilio babilonese) i cananei e gli ebrei erano coloro che vivevano al di là del fiume Eufrate.

Il discorso in prima persona
Uno degli aspetti più strani del libro di Esdra è l'improvviso passaggio alla narrazione in prima persona da 7, 27 a 9, 15, mentre tutta la parte precedente e tutta la seguente sono narrate in terza persona. Ciò ha fatto pensare agli esegeti che il libro di Esdra non sia un'opera unitaria, ma che esso abbia avuto una genesi particolarmente complessa, fagocitando testi già esistenti. Anche parte del libro di Neemia è scritto in prima persona; ciò ha fatto pensare che circolassero tra gli Ebrei del postesilio una raccolta di scritti autobiografici di Esdra e Neemia, forse apocrifi e forse basati su tradizioni tramandate di padre in figlio. La narrazione del viaggio di Esdra da Babilonia a Gerusalemme ha infatti il sapore di "cosa vista", e non di narrazione costruita a priori. Si confronti questo racconto con quello del viaggio di Tobia junior da Ninive ad Ecbatana: là nomi di città fin troppo conosciute sono accumulati senza alcuna accuratezza, ignorando le reali distanze tra di esse e persino se fossero in pianura o in montagna, mentre qui vengono annotati con molta cura i luoghi, le distanze e gli intervalli di tempo, come se si volesse essere sicuri di tramandare ai posteri ogni particolare.
Considerando ad esempio il luogo di raccolta degli Ebrei all'inizio del loro viaggio di ritorno sotto la guida di Esdra, « il fiume che scorre verso Aava » (8, 15), questo nome è assoluta garanzia di storicità, perchè ci è oggi assolutamente sconosciuto: probabilmente si trattava di uno dei numerosi canali di derivazione delle acque dall'Eufrate per irrigare i campi circostanti (un po' come il Naviglio Grande e il Canale Cavour dal nostro Ticino), ben noto all'epoca, ma oggi non solo dimenticato: forse neppure più esistente. Se invece il racconto fosse apocrifo ed inventato di sana pianta, oltre a procedere in terza persona, citerebbe qualche luogo famoso ma improbabile come il « canale Kebar » ben noto alla tradizione ebraica, perchè Ezechiele vi ebbe le sue celebri e maestose visioni (Ez 1, 3; 3, 15; 3, 23; 10, 22).

Significato
I matrimoni misti erano già stati proibiti dal Libro del Deuteronomio (7, 1-4), proprio per impedire le infiltrazioni idolatriche tra il popolo di Dio; ma, dopo il ritorno dall'esilio, durante il quale il popolo si trovò a convivere giocoforza con altri pagani e parve naturale mescolarsi con essi, questo problema divenne il più scottante per i Giudei e per i Sacerdoti, depositari della Legge del Sinai. Il libro di Esdra probabilmente è stato composto interamente attorno a questo nucleo centrale, per affermare l'importanza della decisione presa da Esdra in accordo con i capi di tutto il popolo.
Certamente oggi la radicale riforma di Esdra, che scaccia tutte le donne straniere da Israele per ricreare una « stirpe santa » pura ed incontaminata, non può apparirci se non come una manifestazione di integralismo. L'unico modo per comprenderla è quello di tenere conto della necessità sentita dai Giudei di preservare la loro identità nazionale, che coincideva ovviamente con la loro identità religiosa, in uno dei momenti più difficili della loro storia, quando ormai avevano perso l'indipendenza politica, e recuperarla pareva impossibile.
Questa scelta ha l'effetto di restaurare l'assoluto monoteismo di JHWH, ma anche di isolare Israele in una specie di "ghetto sacro" (absit iniuria verbis), retto solo dalla Torah e governato da un sacerdote, Esdra, interprete presso il popolo della legge mosaica. Questo impedirà ad Israele di mescolarsi con i popoli circonvicini, e gli consentirà di preservare sino al presente la sua identità di popolo. Se tutti i popoli antichi sono scomparsi (egizi, assiri, babilonesi, persino romani), mentre il solo Israele è sopravvissuto, questo è certamente anche merito di Esdra e di quello che oggi ci appare come il suo integralismo religioso.