dedicato a Edoardo “Almavarno” Secco
John Ronald Reuel Tolkien
Nonostante una delle più radicate convinzioni di Tolkien fosse che « investigare sulla biografia di un autore sia un modo inutile e sbagliato di accostarsi alle sue opere », è giusto secondo me cominciare dicendo qualcosa a proposito della sua parabola umana, usando come fonte la biografia ufficiale scritta da Humphrey Carpenter.
John Ronald Reuel Tolkien nacque il 3 gennaio 1892 a Bloemfontein, in Sudafrica, da Arthur Reuel Tolkien (1857–1896) e da Mabel Suffield (1870–1904), originari di Birmingham ma emigrati nell'emisfero australe perché Arthur aveva ottenuto un posto di lavoro presso la Bank of Africa. Nell'aprile 1895 la madre Mabel dovette far ritorno in Inghilterra per un certo periodo di tempo a causa del clima troppo caldo, dannoso per la salute di John Ronald e del fratello Hilary Arthur (1894–1976), nato da poco. Durante la loro assenza, il padre morì il 15 febbraio 1896 a soli 39 anni per le conseguenze di una febbre reumatica. La madre dovette quindi cercare una casa in Inghilterra. Si stabilirono infine a Sarehole, piccolo villaggio vicino Birmingham, nel verde della campagna inglese. Questo paesaggio idilliaco avrebbe poi ispirato a Tolkien la creazione della Contea, modellata proprio sui paesaggi rurali della campagna nei pressi di Birmingham.
La madre, appassionata di antiche leggende della tradizione popolare, fu la sua prima insegnante: il piccolo Tolkien imparò a leggere e a scrivere molto presto, e si rivelò anche un buon disegnatore; capacità che in futuro gli avrebbe permesso di realizzare egli stesso le illustrazioni per i propri lavori. John Ronald scoprì presto anche la lingua gallese, in cui erano scritti i cartelli sui vagoni dei treni, visto che la nuova casa in cui si trasferirono per avvicinarsi alla scuola si affacciava sulla ferrovia. Questa lingua lo affascinò profondamente, perché seppure antica era ancora viva: sul gallese egli avrebbe basato una delle due lingue elfiche da lui inventate, il Sindarin. Del resto, fin da adolescente John Ronald si divertiva a inventare nuovi alfabeti.
Agli inizi del 1900 sua madre si convertì alla religione cattolica, una scelta che la isolò da tutto il resto della famiglia, la quale letteralmente la ostracizzò; ma allo stesso tempo comunicò a Tolkien quei valori di fondo che avrebbero caratterizzato le sue opere. Il 14 novembre 1904 l'amata madre Mabel morì a soli 34 anni, e questo lutto lo segnò profondamente: egli infatti decise che si sarebbe dedicato agli studi linguistici, perché era stata la madre ad incoraggiarlo in questa direzione. Orfano dei genitori, John Ronald insieme con il fratello Hilary Arthur fu cresciuto da padre Francis Xavier Morgan (1857-1953), un sacerdote cattolico dell'ordine degli Oratoriani, che aveva seguito la famiglia nella conversione al cattolicesimo. Sotto la sua attenta guida, il giovane John dimostrò ben presto una grande propensione per le lingue: eccelse in latino e greco e venne a contatto con l'anglosassone (l'antico inglese), e in particolare con il "Beowulf". La sua immaginazione fu stimolata dall'incontro con queste antiche saghe e leggende. Tra l'altro Tolkien divenne un fumatore di pipa perchè lo era padre Francis Xavier Morgan.
Nel 1908 conobbe Edith Bratt (1889-1971), di tre anni più vecchia di lui, la ragazza che nel 1916 sarebbe diventata sua moglie e sua compagna per l'intera esistenza. Nel 1911 vinse una borsa di studio all'Exeter College di Oxford, dove scelse l'indirizzo di filologia comparata. Nel 1913 abbandonò la sezione di studi classici per dedicarsi agli studi di lingua e letteratura inglese, specializzandosi negli studi linguistici; lesse l'Edda in prosa e scoprì il norvegese antico, che lo influenzò in maniera profonda e gli ispirò la creazione di un'altra lingua elfica, il Quenya.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, per una specifica disposizione governativa Tolkien poté continuare a frequentare l'università, e non partì per il fronte fino al conseguimento della laurea nel 1915, in qualità di sottotenente nei Fucilieri del Lancashire. Intanto Edith si convertì al cattolicesimo e sposò John Ronald nella chiesa cattolica di Santa Maria Immacolata a Warwick, il 22 marzo 1916. Poco dopo la sua Compagnia fu mandata al fronte in Francia, dove Tolkien partecipò alla battaglia della Somme; a salvargli la vita fu la cosiddetta "febbre da trincea", perché fu rimpatriato per curarsi. Ma gli orrori della guerra di trincea lasciarono in lui un profondo segno, che oggi è facile rintracciare nei suoi romanzi.
Nel 1917 nacque John Francis (1917-2003), il suo primogenito, così battezzato in onore di padre Francis Xaver; nel frattempo Tolkien iniziò a insegnare l'anglosassone presso alcuni college e collaborò per due anni alla stesura dell'Oxford English Dictionary. L'anno successivo nacque il secondo figlio Michael Hilary (1920-1984), sul cui pupazzo suo padre avrebbe modellato il personaggio di Tom Bombadil. Successivamente ottenne un posto di lettore di lingua inglese all'Università di Leeds, e nel 1925 la sua prestigiosa carriera accademica lo portò a diventare docente di Studi Anglosassoni ad Oxford, dove sarebbe rimasto per 34 anni. Non a torto Tolkien è considerato il maggior esperto di Letteratura Anglosassone e Medioevale del novecento. La raggiunta stabilità economica gli permise di dedicarsi alla scrittura, il suo più amato hobby. All'inizio degli anni trenta, con gli amici Henry Dyson (1896-1975), Clive Staples Lewis (1898-1963), futuro autore de "Le Cronache di Narnia", e Charles Williams (1886-1945), fondò gli Inklings, un circolo di letterati che si proponeva di rivitalizzare la tradizione narrativa del genere fantastico, attingendo ai miti e alle favole anglosassoni per riproporre i valori della tradizione, in contrapposizione alla letteratura moderna, fondata sul disfacimento di ogni certezza. Il 21 novembre 1924 nacque il terzo figlio Christopher, tuttora vivente, che avrebbe riordinato e pubblicato l'opera omnia del padre; nel 1929 fu la volta della quarta ed ultima figlia, Priscilla, anch'ella tuttora vivente.
Negli anni tra il 1920 ed il 1930 Tolkien cominciò a far correre la sua fervida immaginazione, inizialmente allo scopo di inventare favole per i suoi figli. All'improvviso, mentre correggeva le prove d'esame dei suoi studenti, gli capitò un foglio lasciato in bianco su cui scrisse, quasi per caso, « In una buca del terreno viveva un Hobbit ». Quel nome colpì a tal punto la sua sensibilità di filologo che scrisse una storia avente come protagonista un Hobbit, per spiegare meglio cosa fossero queste creature. Nel 1937 tale opera fu pubblicata con il semplice titolo "Lo Hobbit" e riscosse un immediato successo; il libro era stato pensato per i più piccoli, ma vi si poteva intravedere uno sfondo ben più vasto e complesso. Tolkien infatti aveva già cominciato fin dal 1917 a inventare la Terra di Mezzo (da Midgard, nome della Terra degli Uomini nella mitologia norrena), il mondo incantato in cui si svolgono tutte le avventure che ci ha regalato.
L'editore allora gli chiese un seguito, al quale egli lavorò per ben 18 anni, dando vita a quel capolavoro assoluto che è la trilogia del "Signore degli Anelli", scritta in una lingua molto ricercata che imita l'inglese medievale e composta di tre volumi: "La Compagnia dell'Anello" (1954), "Le Due Torri" (1955) e "Il Ritorno del Re" (1955), poi riuniti nel 1956 in un unico libro. Nel 1965 il Libro venne stampato in edizione economica e anche il grande pubblico cominciò a conoscerlo. La lunghissima, ricchissima ed immaginifica epica del "Signore degli Anelli", che qualcuno ha voluto leggere come una complessa allegoria della condizione umana, riprende tutti gli elementi più classici delle leggende e delle fiabe nordiche, fondendoli in un colossale affresco sull'eterna lotta tra il Bene e il Male. Esso è stato definito come una sorta di moderno poema cavalleresco che mescola gli influssi e le tradizioni culturali più disparate, dall'epica classica alla saga nordica, dalla favola alla tragedia. Quest'opera rappresentò l'atto di nascita della moderna narrativa fantasy, è stata tradotta in almeno trentotto lingue, con decine di riedizioni ciascuna, ed ha venduto oltre 50 milioni di copie in tutto il mondo, risultando uno dei libri più diffusi dopo la Bibbia.
Negli anni seguenti Tolkien lavorò ad un'altra opera, "Il Silmarillion", che avrebbe portato avanti fino alla morte senza riuscire a concluderla: la avrebbe pubblicata postuma il figlio Cristopher nel 1977. Grazie ad essa, Tolkien fu il primo scrittore moderno a creare da zero un mondo alternativo e una vera e propria mitologia, non dimenticando l'accurata costruzione di cartine geografiche, degli alberi genealogici dei personaggi principali e addirittura la creazione di un intero alfabeto. Né romanzo né favola, il "Silmarillion" è imperniato sull'antitesi eterna tra brama di potere e capacità creativa, tra l'etica dell'essere e quella dell'avere. Un antitesi cantata in un linguaggio sublime e semplice nello stesso tempo, tipico dell'epos antico.
Dall'immenso repertorio mitico lasciato in eredità da Tolkien sono nate opere come "I Racconti incompiuti di Numenor e della Terra di Mezzo" (1980), "I racconti Ritrovati" (1983) e "I Racconti Perduti" (1984), tutte raccolte pubblicate dopo la morte dell'autore grazie al paziente lavoro di ricostruzione compiuto dal figlio Christopher. Oltre ad essere ormai uno scrittore celebrato in tutto il mondo da giovani e meno giovani, John Ronald era il massimi medievalista anglosassone, scriveva saggi, traduceva testi antichi e medievali, teneva conferenze. Dopo il suo ritiro dall'attività accademica nel 1969, lui e la moglie Edith si trasferirono a Bournemouth, nello Hampshire, dove il 29 novembre 1971 Edith morì all'età di 82 anni. John Ronald Reuel Tolkien si spense venti mesi dopo, a 81 anni, il 2 settembre 1973. Per suo espresso volere, sulla sua tomba e su quella della moglie furono incisi i nomi di Beren e Lúthien, i due eroi della Prima Era simbolo di un'unione indissolubile: nel "Silmarillion" infatti si narra che l'elfa Lúthien rinunciò alla sua immortalità pur di restare per sempre unita al suo amato. Questo particolare esplica perfettamente sia il legame profondo dell'autore con la moglie, sia la profonda identificazione ideale della sua vita con il fantastico mondo da lui creato.
Ecco una lista delle opere fantasy lasciateci da J.R.R. Tolkien, delle quali il nostro autore pare volesse fare un unico ciclo (come quello dei Robot e dell'Impero ideato da Isaac Asimov) intitolato Legendarium:
Le opere di Tolkien attingono a piene mani dal materiale tradizionale, antico e medievale per quanto riguarda le figure tipiche (l'eroe, il nero nemico…), le ambientazioni (le varie razze, il variopinto mondo di Arda) e le tematiche (una su tutte, l'epico scontro tra il bene ed il male); come spesso accade, il nostro autore non ha scoperto nulla di nuovo, ma è riuscito a colpire al cuore ed affascinare, intimorire, emozionare milioni di lettori, e questo grazie ad una mirabile sintesi di tutti gli elementi sopra elencati, alla continua proposta di immagini colorate, emozionanti, ora epiche, ora desolate, ma sempre dinamiche, ad un linguaggio ed un intreccio sempre efficacissimi. E soprattutto grazie alla minuziosa costruzione di un universo ricostruito con cura meticolosa in ogni dettaglio, e in effetti assolutamente verosimile, perché dietro i suoi simboli si nasconde una realtà che dura oltre e malgrado la storia: la lotta, senza tregua, fra il bene e il male.
Illustrazione originale di J.R.R. Tolkien per "Lo Hobbit" (da questo sito)
Per tutti questi motivi, "Lo Hobbit", "Il Signore degli anelli" e il "Silmarillion" sono opere eccezionali, al di fuori del tempo. Sono romanzi che narrano avventure in luoghi remoti e terribili, con episodi di inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a poco a poco, mostri crudeli, alberi che camminano, spettri, città d'argento e di diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che spaventano solo al nominarli, urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri. Nel 1980 lo scrittore e professore all'Università dell'Idaho Brian Attebery (1951) ha riconosciuto che « nessuna importante opera fantasy scritta dopo Tolkien è immune della sua influenza, e molti si sono semplicemente limitati ad imitare il suo stile e la sua materia narrativa ». Tutto questo basterebbe a Tolkien per essere considerato il più grande tra gli scrittori in lingua inglese del Ventesimo Secolo; eppure, tuttora i cosiddetti "intellettuali" continuano a snobbare la sua opera e il mondo fantasmagorico da lui creato. Basti pensare che, nel 1961, l'amico di sempre C.S. Lewis segnalò Tolkien alla giuria del Premio Nobel per la Letteratura, ma gli Accademici di Svezia lo scartarono sdegnati, definendo la sua come "prosa di seconda categoria"! Questo ce la dice lunga sui parametri in base ai quali i premi vengono assegnati, nel mondo d'oggi!
Ma lasciamo da parte le sterili polemiche. Ciò che decreta la grandezza del lavoro di Tolkien non sono i premi assegnati da quei barbogi cattedratici, ma la fortuna che esso conobbe fin dalla sua prima pubblicazione e conosce tuttora, in barba al parere dei professoroni universitari, per i quali è degna di nota solo la letteratura "politicamente impegnata". Naturalmente, di fronte a un successo planetario di questo genere, furono moltissimi coloro che cercarono di tirare Tolkien per la giacchetta, "arruolandolo" nelle proprie file per mera convenienza. Almeno due grandi interpretazioni politico-ideologiche sono state fatte delle sue opere. Negli Stati Uniti e nei paesi anglo-sassoni la spiritualità e l'esaltazione del contatto con la natura ne hanno fatto un'icona del movimento hippy, dal quale in realtà il nostro Autore stesso affermò di essere lontanissimo. In Italia, invece, il recupero della dimensione epico-mitologica e la descrizione di una cultura basati su valori guerrieri di onore, coraggio e lealtà ne hanno fatto uno degli scrittori più amati dalla destra radicale a partire dagli anni settanta e fino ad oggi, tanto che qualche ignorante ha affermato: « la fantascienza è di sinistra, la fantasy è di destra! » La profonda cattolicità dell'opera (confermata dallo stesso Tolkien), il senso della tradizione, il conservatorismo presente nelle sue opere, fanno sì che Tolkien abbia potuto essere fatto assurgere a scrittore in grado di esemplificare, indirettamente, la filosofia conservatrice, così come è accaduto alle opere di Thomas Stearns Eliot, di Clive Staples Lewis (il quale fu profondamente legato all'amico Tolkien) o di Michael Ende, l'autore della "Storia Infinita" (un gruppo giovanile di estrema destra è stato non a caso battezzato "Atreyu"!). Poveri illusi. Tutte queste interpretazioni, alla luce di quanto dichiarato dallo stesso Tolkien, sono senz'altro fasulle. Nel 1961 egli sconfessò duramente un critico letterario svedese, il quale aveva ipotizzato che Il "Signore degli Anelli" fosse una parabola anticomunista, con Stalin nei panni del Signore Oscuro, ribadendo che l'opera era stata concepita ancora prima della Rivoluzione d'ottobre. Quella che può sembrare l'analogia geografica più significativa tra Mordor e l'Unione Sovietica, è stata smentita da Tolkien medesimo nella lettera 229:
« La localizzazione di Mordor a Est è dovuta semplicemente alle necessità geografiche del racconto, all'interno del mio sistema mitologico. La fortezza originaria del Male era (come vuole la tradizione) a Nord; ma, dato che venne distrutta e sepolta sotto il mare, doveva esserci una nuova fortezza, lontana dai Valar, dagli Elfi e dalla potenza marinara di Númenor. »
Ancor più duro fu Tolkien nei confronti del razzismo. Nel 1938 una casa editrice tedesca che voleva pubblicare "Lo Hobbit" in Germania chiese al Professore di Oxford se fosse di origine ariana. Tolkien ne fu molto seccato, e fu tentato, anche se in ristrettezze economiche, di « lasciare che la pubblicazione tedesca andasse a quel paese ». Nelle lettere 29 e 30, così J.R.R. Tolkien ribatte all'editore tedesco:
« Temo di non aver capito chiaramente cosa intendiate per "ariano". Io non sono di origine indo-iraniana; per quanto ne so, nessuno dei miei antenati parlava indostano, persiano, gitano o altri dialetti derivati. Ma se voi volevate sapere se sono di origine ebraica, posso solo rispondere che purtroppo non sembra che tra i miei antenati ci siano membri di quel popolo così dotato! »
Viene in mente un celebre refrain di Giorgio Gaber: « Io direi che il culatello è di destra, / la mortadella è di sinistra! » Come si vede, tutti i tentativi di arruolare questo genere letterario in una delle ideologie fasulle che oggigiorno vanno per la maggiore sono destinate allo stesso successo che può avere chiedersi se farsi il bagno nella vasca o nella doccia è comunista o anticomunista. Fantasy e fantascienza, così come autori come Dante, Shakespeare, Jules Verne appartengono a tutta l'umanità, senza distinzioni di fede politica o religiosa, ed ogni essere umano degno di questo nome può riconoscersi nei personaggi e negli ideali che si muovono sullo sfondo della Terra di Mezzo.
Precisato questo, possiamo addentrarci nella nostra esplorazione.
Sicuramente lo scopo che mi sono prefissato, e cioè quello di insegnare alcuni argomenti di Fisica classica e moderna attraverso l'analisi di certi passi delle opere di Tolkien, farà storcere il naso a molti dei suoi fan più fedeli, i quali vi ricorderanno la cordiale avversione che il nostro autore provava nei confronti di gran parte di ciò che viene catalogato come "scientifico". A riprova, essi vi citeranno la descrizione degli Hobbit, affermando che si tratta di una sorta di ritratto autobiografico:
« Essi non amano macchinari più complessi del soffietto del fabbro, del mulino ad acqua o del telaio a mano, quantunque abilissimi nel maneggiare attrezzi di ogni tipo. »
Come mi ha raccontato il mio amico Edoardo "Almavarno" Secco, tolkieniano fin nel midollo delle ossa come lui si definisce (è arrivato a minacciare scherzosamente le fruste dei Balrog e le fiammate dei draghi di Morgoth ad un amico che aveva definito "pallosissimi" gli eventi della Prima Era!) e mio consulente nella realizzazione di quest'opera, Tolkien stesso arrivò a farsi il segno di croce quando gli fu messo davanti un microfono per registrare una sua interviste, e domandò preoccupato: « Ma davvero la mia voce finisce lì dentro? » Se davvero non si tratta di una leggenda creata ad arte da quegli stessi conservatori che, come abbiamo visto, hanno cercato di cooptare Tolkien nelle loro fine, il nostro autore ci farebbe la figura degli Indiani d'America messi per la prima volta in posa davanti a una macchina fotografica ottocentesca. Ad aggravare il pregiudizio antiscientifico dell'opera tolkieniana, e in particolar modo del "Silmarillion", è venuto il medievista britannico Tom Shippey (1943-), allievo di Tolkien, come lui docente di antico inglese alla Oxford University e detentore della stessa cattedra del maestro all'Università di Leeds, autore della trilogia fantasy "Le spade e l'impero". Secondo lui la Caduta di Numenor alla fine della Seconda Era rappresenterebbe il simbolo più vistoso dell'avversione tolkieniana per la scienza ed il progresso tecnologico nel suo "Legendarium". Sull'Isola dei Re infatti secondo lui la scienza e la tecnologia erano giunte probabilmente ad un livello pari a quello registrato nel nostro universo ai primi del Settecento, dunque alle soglie della Rivoluzione Industriale, ma l'affondamento nel 3319 della Seconda Era avrebbe impedito che tutto ciò si propagasse anche alla Terra di Mezzo. Un'altra prova dell'antiscientificità del "Signore degli Anelli" e di tutte le opere ad esso collegate risiederebbe nel fatto che tutti, Elfi e Dúnedain (gli uomini che abitavano Numenor), agognavano di trasferirsi a Valinor, la già citata residenza dei Valar dove dolore, malattia, vecchiaia e morte sono sconosciute, e dove effettivamente si trasferiranno i protagonisti del "Lord of the Rings" dopo la fine delle loro avventure nella Guerra dell'Anello: un luogo, insomma, dove il magico e il meraviglioso prosperano lontani dalle brutture della Terra di Mezzo o, se si preferisce, del mondo in cui noi viviamo (Tolkien pare immaginasse che ad un certo punto della Quarta Era Arda venisse investita da un'Era Glaciale, alla fine della quale si sarebbero innestate le vicende della preistoria del "nostro" mondo).
Il Notion Club immaginato dal disegnatore Afalstein. Da sinistra a destra, sopra: Alexander Cameron, Sir Raymond, Rufus Dolbear, MacPhee. Da sinistra a destra, sotto: Nicholas Guildford, Arundel Lowdhawm, Michael Ramer, Wilfred Jeremy (da questo sito). |
Questa è la vulgata ufficiale. Però... alcuni hanno fatto notare che, tra la fine del 1944 e l'inizio del 1946, quando Tolkien aveva concluso "Le Due Torri" e scritto i primi capitoli de "Il Ritorno del Re", il nostro autore mise mano a un romanzo rimasto incompiuto (come la maggior parte dei suoi lavori, purtroppo) ed intitolato "The Notion Club Papers". I frammenti di questo lavoro sono stati pubblicati in "Sauron Defeated", il nono libro della serie "The History of Middle-earth", in gran parte ancora inedita in Italia.
I "Notion Club Papers" rappresentano gli atti immaginari di un altrettanto immaginario circolo di letterati, il quale vuol fare scherzosamente il verso agli Inklings, il già citato gruppo di cui facevano parte Tolkien e C.S. Lewis. Essi rappresentano il tentativo da parte del Professore di Oxford di scrivere un vero e proprio romanzo di fantascienza, e precisamente dedicato ai viaggi nel tempo, in opposizione a tutti i pregiudizi che lo vorrebbero allergico alla scienza moderna. L'idea era nata dieci anni prima, nel 1937, quando Tolkien e Lewis, insoddisfatti dallo scarso numero di libri di fantascienza di loro gradimento, avevano fatto la scommessa di scriverne uno ciascuno; in particolare, Lewis avrebbe scritto un'opera basata sui viaggi nello Spazio, mentre il soggetto di Tolkien sarebbe stato, appunto, la macchina del tempo. Ed in effetti Lewis scrisse "Out Of The Silent Planet" e lo pubblicò nel 1938, dando origine alla sua "Trilogia Spaziale"; invece quello di Tolkien, che avrebbe dovuto intitolarsi "The Lost Road", si arenò dopo una cinquantina di pagine. Il tema portante del romanzo avrebbe dovuto essere la caduta di Atlantide, l'isola leggendaria situata a occidente del mondo degli uomini, ma Tolkien era insoddisfatto di come si stava sviluppando, e piantò il lavoro a mezzo, tornando alla stesura de "Il Ritorno del Re", decisione per la quale non lo ringrazieremo mai abbastanza. Ma non abbandonò mai l'idea di fondo, che del resto ha affascinato tutte le menti geniali da Platone in poi, e così ideò la caduta di Numenor nel "Silmarillion", ed inoltre cercò di riproporla, in veste diversa, nella Seconda Parte dei "Notion Club Papers".
In questa sede non ci interessa analizzare l'opera nella sua interezza. La sezione a cui mi voglio riferire è il resoconto degli esperimenti onirici di Nicholas Ramer, che si ricollegano al mito di Numenor-Atlantide. Nella sessantesima riunione del Club, Ramer ha appena terminato la lettura della sua ultima opera e chiede ai presenti un giudizio in proposito. Guildford, il cronista degli incontri, evidenzia una discrepanza all'interno della storia, a proposito del viaggio compiuto dal protagonista per giungere dalla Terra su un pianeta lontano, di nome Emberü il Verde, abitato da esseri organici dalla lunga vita. Ne nasce una discussione sui viaggi nello spazio e sulla loro credibilità scientifica e letteraria. Ramer, che altri non è se non l'alter ego di Tolkien, sostiene di trovare insoddisfacenti buona parte delle soluzioni "tecnologiche" adottate dagli autori di fantascienza per superare le distanze cosmiche e i limiti imposti dalla velocità della luce e dalla resistenza del corpo umano: la scienza, egli afferma, restringe le possibilità in questo senso, piuttosto che ampliarle.
Ci sono dunque delle pagine nel "Notion Club" a metà strada tra il borgesiano e lovecraftiano, in cui Tolkien tratta uno dei temi più importanti della fantascienza, la tecnologia dei viaggi spaziali. Dato che Tolkien è generalmente visto come il campione della medievalistica anti-tecnologica, può risultare sorprendente la sua conoscenza di quello che allora si sapeva dello spazio e della tecnologia dei viaggi spaziali! In queste pagine i membri del "Notion Club" parlano di come i personaggi di Lewis viaggiano tra i pianeti, mettendo a confronto "Out of the Silent Planet" di C.S. Lewis con i dispositivi più realistici di Herbert George Wells in romanzi celeberrimi come "La macchina del tempo" e "I Primi Uomini sulla Luna" . In quest'ultimo, Wells ha ideato una navicella spaziale alimentata da una sostanza chiamata "cavorite" (dal nome del suo protagonista, il professor Cavor), in grado di agire come isolante contro l'azione gravitazionale della Terra, in modo che la navicella prima lascia la gravità terrestre e poi viene catturata sa quella lunare. Nicholas Guildford, uno dei membri del "Notion Club", esplica la disonestà insita nell'introdurre sostanze dal nome esotico e vagamente scientifico ma dalle proprietà pressoché "magiche" alle effettive conoscenze scientifiche della loro epoca:
« Un isolante gravitazionale non può esistere, e la forza di gravità non può essere manipolata in questo modo. È un concetto basilare. L'Universo non può essere ingannato da un termine pseudo-scientifico che termina per -ite, né da un abracadabra qualunque! »
Questa affermazione evidenzia lo stesso disprezzo che Einstein ha manifestato nei confronti della meccanica quantistica: se Dio non gioca a dadi con l'Universo, dice Tolkien, allora non dovremmo farlo neppure noi! In generale, il personaggio di Guildford esprime un netto disgusto per i metodi fantasiosi e poco realistici che gli eroi dei romanzi di fantascienza usano per andare da un mondo all'altro. D'altro canto, questa citazione è rivelatrice, perché dimostra che Tolkien aveva familiarità con i racconti contenuti nelle riviste di fantascienza (come "Amazing Stories" diretto da Hugo Gernsback, che iniziò le sue pubblicazioni nel 1926) e con autori come Herbert George Wells (1866-1946) o Edgard Rice Burroughs (1875-1950). Il nocciolo del discorso di Guildford consiste nel fatto che le macchine fantascientifiche, se non realisticamente concepite e descritte, rappresentano un disastro ai fini del racconto come opera letteraria. Se non è possibile sapere esattamente come il protagonista della storia giunge alla sua destinazione, allora non ha senso soffermarsi sugli aspetti tecnici. Basti pensare a John Carter, personaggio di Burroughs protagonista di un film targati Walt Disney che ha rappresentato uno dei maggiori fiaschi cinematografici degli anni recenti: questo ex soldato sudista concepito nel 1912, che arriva su Marte non su un'astronave (per quanto improbabile, come quella di Wells a base di cavorite), ma attraverso una misteriosa esperienza psichica, tanto che il suo corpo sembra rimanere sulla Terra! Al proposito, Mr. Guildford aggiunge:
« Il racconto di un viaggio nello spazio dovrebbe essere basato su quelle che, per quanto ci è dato di conoscere, sono le leggi scientifiche su cui l'Universo è basato. Se non lo fa o se cerca di aggirarle, allora esso diventa una favola -. Di una degradata gentile. Ma non c'è bisogno di viaggiare su di un razzo per trovare Faërie [il mitologico reame degli Elfi nella mitologia norrena, NdR]. Esso può essere ovunque, o da nessuna parte! »
Perché allora, non usare la bacchetta di un mago, ed essere più onesti? Il parere di Tolkien su fantascienza e fantasy che troviamo formulati in quest'opera sotto forma di conversazione tra gli alter ego immaginari degli Inklings reali, appaiono straordinariamente moderni. Non a caso, molti critici letterari moderni, che probabilmente nulla sanno dei "Notion Club Papers", sostengono che i generi fantascientifico e fantasy si differenziano solo per quanto riguarda gli oggetti di scena che utilizzano: in questo senso, il bastone di Gandalf non è diverso da spada laser di Obi-Wan Kenobi! Non a caso, il grande autore di fantascienza Arthur C. Clarke (1917-2008) ha affermato che « qualunque tecnologia abbastanza avanzata è indistinguibile dalla magia »! Secondo Tolkien il bastone di Gandalf è un'espressione più onesta della propria ignoranza, dal momento che egli non è obbligato a chiedersi come effettivamente tale bacchetta magica "funzioni", mentre una spada laser è un evidente parto della tecnologia che richiede una spiegazione di natura razionale circa il suo funzionamento, e noi sappiamo che, in base alla tecnologia optoelettronica dei nostri anni duemiladieci, realizzare una spada laser effettivamente funzionante è assolutamente impossibile.
Come se non bastasse, Nicholas Ramer riferisce ai colleghi alcune delle esplorazioni astronomiche da lui visitate in sogno. Oltre ad Emberü il Verde, egli avrebbe visitato anche Ellor Eshúrizel, un immenso piano argentato disseminato di forme inanimate disposte in strutture ordinate, simile a un giardino di natura inorganica, ricco di colori e percorso da grandi corsi d'acqua e cascate maestose; e Minal Zidar il Dorato, silenzioso e dalle forme perfette, imperituro nel tempo. Ramer non è in grado di stabilire, dove e quando siano situati i mondi da lui visitati, anche se ritiene siano posti al di là dei confini dei Campi di Arbol, che poi altro non è se non il nome usato per descrivere il Sistema Solare da C.S. Lewis nella sua "Trilogia Spaziale". Questi nomi, più che gli imperi stellari di "Star Trek" e "Babylon 5", sembrano effettivamente evocare i reami incantati del "Legendarium"! In conclusione, Ramer descrive il viaggio a Tekel-Mirim, la terra di cristallo, dove la materia inanimata si muove e cresce costantemente in nuove conformazioni cristalline, piramidi e poliedri dalle molteplici forme. Racconta di esserci stato più volte, e che una notte si ritrovò ad osservare dall'alto un paesaggio in tumultuosa evoluzione, prima tormentato da vapori e sommovimenti della terra e del mare, poi invaso da una crescita di tipo vegetale e infine popolato da una sorta di creature "affini a formiche", sempre in movimento, costantemente intente a costruire nuove ed orribili abitazioni, che possono ricordare le creature selenite dei "Primi Uomini sulla Luna" di H.G. Wells, pubblicato nel 1901. Ma la cosa stupefacente consiste nel fatto che pian piano la scena rallenta, e Ramer si rende conto di stare osservando dall'alto un paesaggio a lui familiare: la scena a cui ha assistito, e che tanto lo ha ripugnato, era una visione ad alta velocità della storia valle del Tamigi da prima della comparsa della vita fino al momento stesso in cui il sogno si sta svolgendo, tanto che alla fine Mr. Ramer sente le campane della chiesa suonare le sette di mattina, e si sveglia! Il suo dunque non è stato un viaggio nello spazio, ma nel tempo. Una trama da far invidia a "Ritorno al Futuro"!
L'unico anello in versione tecnologica, di Jason Tremblay (da questo sito)
A questo punto, i "Notion Clubbers" cominciano a discutere metodi più filosofici per viaggiare nel tempo e nello spazio, tanto che due di loro finiscono per descrivere i personaggi che oggi conosciamo come Amandil e Elendil, testimoni della caduta di Numenor. In questo caso Tolkien dimostra ancora una volta la vastità delle sue letture, perché Nicholas Ramer osserva al collega Wilfrid Jeremy che lui era...
« ...Attratto dal concetto di telepatia semplicemente come un espediente letterario, tanto per cominciare. Mi ha dato l'idea quel vecchio libro che mi hai prestato, Jeremy: "Gli ultimi uomini a Londra", o qualcosa del genere... »
"Gli ultimi uomini a Londra" ("Last Men In London"), pubblicato nel 1932 e inedito in Italia, racconta come lo stadio finale dell'evoluzione umana viva su Nettuno fra due miliardi anni e comunichi telepaticamente con i membri della nostra specie che vivono a Londra nel 1930. Il suo autore, William Olaf Stapledon (1886-1950), appena sei anni più vecchio di Tolkien, ha avuto esperienze molto simili alle sue: ha prestato servizio nella Prima Guerra Mondiale nel servizio di ambulanza, ha avuto una notevole carriera accademica, e pur avendo scritto opere fantastiche di grande spessore, è del tutto ignorato dalla critica come "scrittore di serie B" (lo distingue da Tolkien solo il fatto che era agnostico). Il suo romanzo "Gli Ultimi e i Primi Uomini" ("Last and First Men", 1930), di cui "Gli ultimi uomini a Londra" è una sorta di appendice racconta l'intera saga dell'umanità durata miliardi di anni di umanità, quel genere di saga di tanto audace estensione nel quale pochi scrittori hanno osato cimentarsi. L'intera azione de "Gli Ultimi e i Primi Uomini" è raccontata in appena due paragrafi di "Il fabbricante di Stelle" ("Star Maker"), pubblicato (come "Lo Hobbit") nel 1937, alla vigilia della guerra. "Il fabbricante di Stelle" è una sorta di dolorosa ed immensa visione in cui un uomo moderno, angosciato dalle circostanze del suo tempo, una sera lascia la sua casa di periferia e va a sedersi su una collina vicina a guardare le stelle. Quasi involontariamente egli è coinvolto in quello che chiama un "volo di immaginazione simile a quello di un falco" (nell'originale « hawk flight of imagination ») che lo porta fino ai confini del cosmo, dove scopre che le stelle sono in realtà esseri senziente e, come parte di una comunità di spiriti disincarnati, arriva a incontrare il Creatore. E siccome il Creatore rende ogni universo più perfetto di quello precedente, vi sono ancora oscurità e sofferenza, che dobbiamo fare del nostro meglio per combattere prima che cali la notte. In "Trillion Year Spree", la sua monumentale storia della fantascienza uscita nel 1986, Brian Aldiss (1925-) considera Stapledon « l'ultimo scrittore di fantascienza », e aggiunge questo giudizio tagliente:
« Il motivo per cui quei beccamorti che lavorano per conservare i capolavori della Letteratura Anglosassone hanno interamente rimosso Stapledon dai loro incantamenti critici è un argomento sul quale ogni speculazione è assolutamente oziosa. »
Ricorda anche a voi qualcosa capitato allo stesso Tolkien, eh? Sicuramente "The Notion Club Papers" non è una lettura agevole, specie per chi sia abituato al Tolkien creatore di meravigliosi mondi fantastici, ma al termine di esso non possiamo che rimanere affascinati dalla maestria con cui Tolkien riesce in poche righe ad evocare visioni convincenti di mondi lontani da noi nel tempo e nello spazio. Il breve riassunto che ve ne ho fatto dovrebbe essere sufficiente per farvi comprendere quanto è in errore chi pensa ad un Tolkien che fa gli scongiuri ogni volta che sente ripetere le parole "scienza" e "tecnologia"!
Come tutti sappiamo, non serve un razzo per raggiungere la terra degli Elfi, eppure solo pochi scoprirono « il sentiero segreto che porta ad ovest del Luna e ad est del Sole », come lo chiama Frodo nell'ultimo capitolo del Signore degli Anelli. Ci riescono Frodo e Bilbo, prendendo la nave che li condurrà per sempre lontano dalle coste della Terra di Mezzo; ci riesce Ælfwine (l'"amico degli Elfi", appunto), marinaio anglosassone naufragato a Valinor nei "Racconti Perduti"; e ci riesce anche il Fabbro di Wootton Major, protagonista dell'ultimo lavoro pubblicato in vita da Tolkien, grazie a un magico lasciapassare ricevuto in dono da bambino e a cui dovrà rinunciare sulla soglia della vecchiaia.
Un giorno J.R.R. Tolkien spiegò in un'intervista al "New York Times" che la sua Terra di Mezzo era basata sulle « meraviglie del mondo naturale come noi lo vediamo ». Basandosi su quest'osservazione, numerosi autori hanno analizzato l'influenza sulla Terra di Mezzo della scienza che regola il nostro mondo; tra questi si contano Verlyn Flieger (1933-), autore di "A Question of Time: J. R. R. Tolkien's Road to Faerie" (1998); Michael Coren (1959-), nel suo "J.R.R.Tolkien: The Man who Created the Lord of the Rings" (2001); Ned Raggett (1971-) nel suo blog; e soprattutto l'astronoma americana Kristine Larsen (1963-) della Central Connecticut State University, autrice di importanti sulla cosmologia di Tolkien, come "Teaching Through Tolkien: The Astronomy of Middle-earth." (2004) e "Scientific Motifs in Middle-earth: Lost in Translation?" (2005). In effetti, è ormai assodato che la Terra di Mezzo ha catturato l'attenzione di studenti e insegnanti di materie scientifiche fin dalla prima pubblicazione dei lavori di Tolkien. Già negli anni sessanta del secolo scorso i membri della Società Tolkieniana consistevano principalmente in studenti, insegnanti, scienziati e psicologi, tanto che già nei primi anni '70 la stampante del Laboratorio di Intelligenza Artificiale di Stanford (SAIL) è stata adattata per gestire un font Tengwar, l'alfabeto utilizzato per la trascrizione dei principali Linguaggi di Arda! Inoltre, non deve sorprendere il fatto che molti scienziati di svariate discipline quali la paleontologia e l'astronomia abbiano cominciato a intitolare al loro autore preferito e a svariati personaggi della Terra di Mezzo le loro scoperte. Il paleontologo inglese Henry Gee (1962-), che fa parte di questa schiera, ha avuto modo di dichiarare:
« Data la passione di Tolkien per la nomenclatura, il fatto che nel corso dei decenni egli abbia coniato un numero sterminato di nomi eufonici, è inevitabile che gli sia stata tributata una commemorazione tassonomica superiore a quella di qualsiasi altro autore. »
Essendo uno dei personaggi principali della Terza Era dell'universo tolkieniano, quella di Gollum aka Smeagol è stata una scelta ovvia per conferire al nostro Autore la debita immortalità scientifica. Nel 1973 il paleontologo svedese K. J. Hedqvist ha battezzato una nuova specie di vespa del suo paese con il nome scientifico di Smeagolia perplexa, mentre nel 1980 il biologo neozelandese F.M. Climo ha addirittura introdotto un nuovo ordine di lumache della Nuova Zelanda chiamato "Smeagolida"! Lo scienziato ha giustificato tale denominazione affermando che:
« il pallido e sotterraneo Smeagol, apparentemente solo un miserabile ed insignificante umanoide paranoico, nell'economia della trilogia ha rivestito un ruolo fondamentale nel salvataggio della Terra di Mezzo dalle forze del male. La lumaca da me scoperta è molto più significativa, dal punto di vista filogenetico, di quanto non lasci pensare il suo aspetto esteriore grigio e tutt'altro che attraente, e ciò giustifica l'analogia! »
La Nuova Zelanda è anche la terra natale di altri due Gollum: Galaxias gollumoides, un pesce d'acqua dolce con grandi occhi, così chiamato nel 1999 da R.M. McDowall e W.L. Chadderton per la sua somiglianza con il personaggio de "Lo Hobbit" e del "Signore degli Anelli", dotato di grandi occhi rotondi (gollumoides significa "simile a Gollum"); e Gollum attenuatus, un bizzarro squalo dal lungo naso che vive in acque profonde ", riconosciuto per la prima volta da L.J.V. Compagno nel 1973, l'anno della morte di Tolkien. Questo ulteriore Gollum "kiwi" è stato in seguito classificato nella sottofamiglia Golluminae insieme ai generi Planonasus e Pseudotriakis. E se non basta, anche gli Hobbit trovano posto nel sistema tassonomico. L'entomologo americano Terry Erwin (1940-), famoso per aver individuato più di 1200 nuove specie di insetti, ha attribuito ad una specie di scarabeo centroamericano il nome di Pericompsus Bilbo, per via della sua piccola taglia e dei suoi piedi pelosi. Syconycteris hobbit, detto anche pipistrello dei fiori delle foreste muschiose, è un chirottero che vive nelle foreste della Nuova Guinea, individuato da Ziegler nel 1982, con le zampe ricoperte da fitta peluria, il che giustifica il suo nome. Nel 1994 Juan Morrone ha descritto tre nuove specie di coleotteri andini con i nomi di Macrostyphlus bilbo, Macrostyphlus gandalf e Macrostyphlus Frodo; Gwaihiria naumann è una vespa australiana scoperto nel 1982 da I.D. Naumann, che prende il nome dal re delle aquile di Tolkien; Sauron è un genere di ragni dei Monti Saur nel Kazakistan, scoperto da K.Y. Eskov nel 1995; Balrogia striata, introdotto dal già citato K.J. Hedqvist nel 1977, è un insetto della famiglia degli Pteromalidi che deve il suo nome al mostruoso Balrog, nemesi di Gandalf; Deltatherium durini era un mammifero primitivo vissuto in Nuovo Messico nel Paleocene medio (circa 60 milioni di anni fa), della taglia di un grosso gatto e con lunghi canini, descritto nel 1978 da L.M. Van Valen (1935-2010), il cui nome è un evidente tributo al nano Durin; non poteva mancare Leucothoe tolkieni, un crostaceo dell'ordine degli Anfipodi così denominato da G. Vinogradov nel 1990; e vi è persino Aletodon mellon, un toporagno fossile introdotto anch'esso da L.M. Van Valen nel 1978, il cui nome è evidentemente legato alla parola Quenya "mellon" per "amici", che rappresentava la "password" per entrare nelle Miniere di Moria!
L'Homo floresiensis (a destra), in un disegno di Peter Schouten, a confronto con l'Hobbit Frodo interpretato da Elijah Wood |
Ma soprattutto, il termine "Hobbit" ha fatto irruzione nel mondo della scienza in seguito alla scoperta dei resti dell'Homo floresiensis, avvenuta in una grotta dell'isola indonesiana di Flores nell'ottobre 2004 ad opera del professor Richard Roberts, dell'Università di Wollongong in Australia. L'usura dei denti del fossile riportato alla luce indica che al momento della morte, avvenuta circa 18.000 anni fa, l'ominide aveva raggiunto l'età adulta, ma la sua altezza è inferiore al metro, e il cervello ha dimensioni pari a un terzo di quello degli uomini moderni, misurando solo 417 centimetri cubi: poco più dunque di un pompelmo. Si pensa che l'Homo floresiensis sia un caso di nanismo insulare: gli individui di una certa specie, rimasta isolata su un territorio relativamente piccolo, tendono ad assumere dimensioni ridotte per sopravvivere con le risorse limitate a disposizione su di esso. Alcuni, come il giavanese Teuku Jacob, dell'Università Gadjah Mada di Yogyakarta, sostengono invece che si tratta solo di un esemplare di Homo sapiens colpito da nanismo microcefalico, una malattia che rende il cranio più piccolo del normale; i più però ritengono che si tratti di un discendente dell'Homo habilis, del quale forse sono state trovate tracce anche nelle Filippine. Non è soltanto la bassissima statura ad aver ispirato la connessione tra i Floresiensis e gli Hobbit di Tolkien; quei bizzarri ominidi infatti avevano anche un piede in proporzione molto più lungo del nostro, che raggiungeva il 70 % della lunghezza del femore, un rapporto mai osservato prima in alcun ominide, contro il 55 % di un uomo moderno. Le caratteristiche delle pelvi, della gamba e del piede del nostro piccoletto indicano che egli camminava in posizione eretta, ma quel piedone sproporzionato non doveva certo rendergli agevole la locomozione: con delle gambe così corte e con dei piedi così lunghi doveva avere un'andatura assai particolare per non trascinare le dita dei piedi sul terreno (si pensi a quanto sia scomodo camminare sulla terraferma indossando un paio di pinne da sub!). Non parliamo di quanto doveva essere difficoltosa la corsa per evitare di finire in pasto a uno dei Varani di Komodo che infestano l'isola di Flores! Probabilmente lo « Hobbit » poteva scattare solo su brevi distanze e per ragioni difensive, ma certo non poteva pensare di correre la maratona. Gli utensili litici rinvenuti nel sito suggeriscono che questi ominidi avessero sviluppato una propria cultura, nonostante le piccole dimensioni del loro cervello. Sconosciute le cause dell'estinzione; le ipotesi finora avanzate riguardano un'eruzione vulcanica devastante e la competizione con gli Homo sapiens (cioè con gli individui della nostra specie) giunti nel frattempo sull'isola. Appare significativo che i paleontologi abbiano pensato agli Hobbit di Tolkien, quando si sono trovati davanti quest'ominide stravagante, e ciò dimostra quanto il nostro autore sia popolare non solo tra gli amanti del genere Fantasy, ma anche tra gli uomini di scienza!
E non è tutto. Potremmo aggiungere che vi sono nel Legendarium di Tolkien dei fenomeni di cui la scienza si è ampiamente occupata, ma dei quali fino ad oggi non ha trovato alcuna spiegazione, tanto che essi rimangono misteriosi, quanto lo erano per i primi lettori di Tolkien che li leggevano nei suoi libri fior di stampa. Uno di questi fenomeni è descritto nel Silmarillion a proposito della sorte di Fëanor, figlio di Finwë re dei Noldor, il quale tentò di recuperare i Silmarilli derubati da Melkor e mosse contro Angband, ma pretese troppo dalle proprie forze, venne circondato dai Balrog ed abbattuto da Gothmog, loro capitano. Sebbene i figli, giunti coi rinforzi, fossero riusciti a riportare il padre al loro accampamento, le ferite riportate da Fëanor erano mortali, ed ecco quanto accadde:
«
Fëanor spirò; ma non ebbe né tomba né sepolcro perché così focoso era il suo spirito che, come se ne staccò, il corpo cadde in
cenere e fu spazzato via come fumo; e il suo sembiante non è più riapparso in Arda, né il suo spinto ha lasciato le
aule di Mandos. Così finì il più possente dei Noldor, dalle cui gesta vennero sia la loro massima nomea, sia le loro
più triste sventure. »
(QS, cap. XVI)
Degno destino per il fabbricatore dei Silmarilli, visto che Fëanor significa letteralmente "Spirito di Fuoco". Questo fenomeno oggi è noto alla scienza con il nome di autocombustione umana (in inglese SHC, "Spontaneous Human Combustion"): in particolari circostanze, un corpo umano potrebbe prendere fuoco e bruciare senza innesco da parte di fonti esterne di calore. Per quanto ciò appaia incredibile e leggendario, degno di un corpus mitologico come quello di Tolkien, la scienza lo ha seriamente preso in considerazione, e non sono pochi i casi in cui tale misterioso fenomeno si verificò effettivamente. Il primo caso testimoniato risale al 1470: un cavaliere di Milano, tale Polonio Vorzio, andò a fuoco improvvisamente dopo aver bevuto un bicchiere di vino, davanti allo sguardo terrorizzato dei familiari. A riferire la vicenda fu però 170 anni dopo, nel 1641, il medico danese Thomas Bartholin (1616-1680). Anche la contessa Cornelia Bandi di Cesena, nonna materna di Papa Pio VI, nel marzo del 1731, all'età di sessantadue anni, fu trovata a terra dalla sua domestica nella camera da letto, con le gambe ed una parte del cranio intatti, ma il corpo completamente carbonizzato. Un consiglio di dotti dell'epoca (fra cui Padre Ippolito Bevilacqua dell'Ordine Olivetano, il marchese Scipione Maffei e il canonico di Cesena Giuseppe Bianchini) sostenne che si trattava sicuramente di un evento di autocombustione umana; il fatto impressionò anche il famoso scrittore Charles Dickens (1812-1870), che lo menzionò nella prefazione del suo romanzo "Casa desolata" (1853); altri riferimenti si trovano nel romanzo "Le anime morte" (1842) di Nikolaj Gogol' (1809-1852) e in "Redburn: il suo primo viaggio" (1849) di Herman Melville (1819-1891). Anche Jules Verne (1828-1905) nel suo "Un capitano di quindici anni" (1878) riprese lo stesso argomento. Ne "Il fuoco dal profondo" (1984) del peruviano Carlos Castaneda (1935-1998), il personaggio di Juan Matus, maestro di Carlos, muore per autocombustione insieme ad altri dodici compagni. Anche il personaggio della Torcia Umana nei fumetti Marvel dei "Fantastici Quattro", visibile qui a fianco e creato nel 1961 da Stan Lee (1922-) e Jack Kirby (1917-1994), è chiaramente ispirato al fenomeno della combustione umana spontanea. Nel 1967 un senzatetto fu trovato moribondo in una strada di una città inglese: un vigile del fuoco raccontò di aver visto una fiamma bluastra uscire dal suo addome. Nel 1985 Frank Baker, residente in Vermont, ha dichiarato che se ne stava tranquillo sul divano quando improvvisamente ha sentito puzza di bruciato; credendo che la sua casa stesse andando a fuoco, si è subito alzato in piedi per mettersi in salvo, e ha così scoperto che era lui stesso a bruciare per autocombustione! Nel dicembre del 2010 il medico condotto di Galway, città dell'Irlanda, non ebbe alcun problema nel giustificare la morte di Michael Faherty, 76 anni, trovato completamente bruciato nella sua camera da letto per il resto in ordine, proprio come conseguenza di un rogo spontaneo. Nell'agosto 2013 poi il quotidiano "The Times of India" ha riportato la notizia secondo cui, per ben quattro volte in appena due mesi e mezzo, Rahul, un bimbo nato nel Tamil Nadu (India meridionale), è stato ricoverato d'urgenza in ospedale dai genitori terrorizzati, che hanno visto il suo corpo incendiarsi all'improvviso in alcuni punti specifici. Si tratta dunque di casi eccezionali, ma difficilmente archiviabili solo come il frutto di superstizioni o leggende.
Ovviamente del fenomeno si è occupato non solo il mondo medico, ma anche presunti "esperti" di fenomeni paranormali, i quali hanno invocato ogni sorta di pseudoscienza per fornire ad esso una spiegazione più o meno convincente. Trascurando maghi e ciarlatani, finora nessuna interpretazione razionale è stata accettata da tutti. La maggior parte degli scienziati concorda che l'SHC deve produrre un calore molto alto ma contenuto in una zona circoscritta, dato che per bruciare completamente un corpo sono necessarie temperature intorno ai 1.000 gradi, ma la stranezza consiste nel fatto che il corpo della vittima viene rinvenuto per lo più incenerito, mentre gli ambienti circostanti non risulterebbero particolarmente danneggiati dalle fiamme, che invece dovrebbero propagarsi quasi istantaneamente. In passato gli studiosi che hanno affrontato l'argomento hanno sempre puntato il dito sull'alcolismo: il corpo di soggetti dediti agli alcolici potrebbe essere talmente intriso di alcol da poter prender fuoco da solo. Tale spiegazione però non ha fondamento scientifico, in quanto il corpo umano è composto in gran parte da acqua, ed inoltre l'alcool ucciderebbe la persona assai prima di raggiungere concentrazioni necessarie per bruciare. Altri ricercatori, come il medico legale londinese Gavin Thurston, pensano che a scatenare le fiamme possa essere il grasso corporeo assorbito dagli abiti, che produce un "effetto stoppino" bruciando anche a temperatura ambiente: solitamente le vittime sono sovrappeso o obese e sono presenti fonti di calore esterne (pipe, sigarette, camini, stufe o simili). Quando i vestiti prendono fuoco, il grasso presente nel corpo del soggetto inizierebbe a liquefarsi alimentando la fiamma. Altri ancora ipotizzano invece che il metano prodotto a livello intestinale dai batteri metanogeni e legato alla digestione del cibo, possa essere rilasciato attraverso pori della pelle e incendiato da una qualche scintilla.
Il biologo molecolare britannico Brian J.Ford (1939-) ha invece avanzato un'altra proposta. Secondo lui infatti nei tessuti umani c'è una sostanza chimica altamente infiammabile la cui concentrazione può aumentare in particolari frangenti: l'acetone. In alcune condizioni,- come l'alcolismo, una dieta priva di grassi, il diabete e persino la dentizione, il corpo sviluppa la chetosi, nella quale si produce l'acetone. Ford ha preso della carne di maiale e la ha marinata per una settimana in acetone, ne ha fatto un modello in scala umana, con tanto di vestiti, ha acceso un fuoco, e nel giro di mezz'ora il modello era ridotto in cenere. Per la prima volta, egli avrebbe dimostrato sperimentalmente che l'autocombustione è un fenomeno scientifico. Ma non tutti ovviamente concordano con la validità di questa ipotesi, e a tutt'oggi non sono stati raggiunti risultati condivisi da tutti gli scienziati circa l'esistenza di una reazione chimica all'interno del corpo umano che possa portare alla combustione spontanea. Il fenomeno resta perciò in gran parte misterioso, come lo era per i figli di Fëanor quando videro il corpo del padre incenerirsi di colpo.
Altri fenomeni, che oggi non esiteremmo a definire « paranormali », sono presenti nel vasto corpus mitologico di Tolkien, dallo spiritismo, come testimonia quest'altro passo del "Silmarillion":
« Beren scorse una forma che veniva a lui di là dall'acqua, ed era lo spettro di Gorlim, il quale
gli parlò rivelandogli il proprio tradimento e morte, ingiungendogli di correre al più presto ad avvertire suo padre...
»
(Quenta Silmarillion, cap. XIX)
fino alla divinazione, condotta ad esempio tramite il celebre Specchio di Galadriel, del quale riparleremo a proposito dell'ottica:
« Galadriel riempì la vasca sino all'orlo, e vi soffiò, e quando l'acqua fu nuovamente calma, disse: "Questo è lo specchio di
Galadriel. Vi ho portati qui affinché possiate guardarvi, se lo desiderate."
L'aria era molto tranquilla, e la conca molto oscura e la Dama Elfica accanto a lui era alta e pallida. "Che cosa dobbiamo cercare, e che cosa vedremo?", domandò
Frodo pieno di meravi.glia.
"Molte cose comando allo Specchio di rivelare", rispose ella, "e ad alcuni posso mostrare ciò che desiderano vedere. Ma lo Specchio può anche spontaneamente mostrare delle immagini, che sono spesso più strane e utili di quelle che noi stessi desideriamo vedere. Non vi so dire quel che potrete mirare, lasciando lo Specchio libero di creare. Esso infatti mostra cose che furono, e cose che sono, e cose che ancora devono essere. Ma quali fra queste egli stia vedendo, nemmeno il più saggio può sapere. »
(La Compagnia dell'Anello, libro II, cap. VII)
Di questi fenomeni, che rientrano nella parapsicologia, nella telepatia, nella magia e in generale nelle "pseudoscienze" che oggi vanno tanto di moda, a dispetto del secolo ipertecnologico nel quale ci è dato di vivere, noi NON parleremo, poiché essi non rientrano in ciò che può essere investigato per mezzo del metodo scientifico; accenneremo ad essi, come nel caso dello Specchio di Galadriel, se ci permettono un collegamento a fenomeni fisici che possono venire investigati con gli strumenti della matematica; in questo caso, in particolare, lo Specchio di Galadriel ci permetterà di parlare degli specchi piani, parabolici e sferici. Anche alla magia, che impera incontrastata nell'opera omnia tolkieniana, faremo riferimento solo quando essa sarà l'occasione per approfondire argomenti di Fisica. Questo ad esempio sarà il caso della Via Diritta, magico ponte tra questo mondo e la Terra Beata di Valinor, che ci fornirà l'estro per trattare dei Ponti di Einstein-Rosen.
Visto che Tolkien era profondamente cattolico, piuttosto, mi sembra giusto riportare qui cosa ha dichiarato Papa Francesco a proposito della Scienza:
« Quando si parla di
scienza, il pensiero va immediatamente alla capacità dell'uomo di conoscere
sempre meglio la realtà che lo circonda e di scoprire le leggi che regolano la
natura dell'universo. La scienza che viene dallo Spirito Santo, però, non si
limita alla conoscenza umana: è un dono speciale, che ci porta a cogliere,
attraverso il creato, la grandezza e l'amore di Dio e la sua relazione profonda
con ogni creatura. Quando i nostri occhi sono illuminati dallo Spirito, si
aprono alla contemplazione di Dio, nella bellezza della natura e nella
grandiosità del cosmo, e ci portano a scoprire come ogni cosa ci parla di Lui e
del suo amore. Tutto questo suscita in noi grande stupore e un profondo senso di
gratitudine! E la sensazione che proviamo anche quando ammiriamo un'opera d'arte
o qualsiasi meraviglia che sia frutto dell'ingegno e della creatività
dell'uomo: di fronte a tutto questo, lo Spirito ci porta a lodare il Signore dal
profondo del nostro cuore e a riconoscere, in tutto ciò che abbiamo e siamo, un
dono inestimabile di Dio e un segno del suo infinito amore per noi.
Nel primo capitolo della Genesi si mette in evidenza che Dio si compiace della
Sua creazione, sottolineando ripetutamente la bellezza e la bontà di ogni cosa.
Al termine di ogni giornata, è scritto: "Dio vide che era cosa buona": se Dio
vede che il creato è una cosa buona, è una cosa bella, anche noi dobbiamo
assumere questo atteggiamento e vedere che il creato è cosa buona e bella. Ecco
il dono della scienza che ci fa vedere questa bellezza; pertanto lodiamo Dio,
ringraziamoLo per averci dato tanta bellezza. E quando Dio finì di creare l'uomo
non disse "vide che era cosa buona", ma disse che era "molto buona". Agli occhi
di Dio noi siamo la cosa più bella, più grande, più buona della creazione. »
(dall'udienza generale di mercoledì 21 maggio 2014)
Dopo questa doverosa introduzione, è ora di inoltrarci nel nostro cammino attraverso la Fisica in compagnia di Gandalf, Bilbo, Frodo e compagni. Nel corso di esso vedremo che è possibile affrontare, a partire dai racconti di Tolkien, argomenti attinenti ai seguenti rami della Fisica:
Ad ognuno di questi argomenti corrisponderà una pagina dell'ipertesto, ciascuna delle quali sarà introdotta da una citazione particolarmente significativa delle opere di Tolkien. Come si vede, non ci occuperemo di biologia, ingegneria e tecnologia, perchè questi argomenti richiederebbero un ipertesto appositamente dedicato ad essi. In fondo all'ipertesto sono posti un indice ipertestuale, per una più agevole consultazione dell'opera, e un dizionario Quenya. Evidenziati in questo modo indicheremo i brani originali delle opere di Tolkien riportati nel testo, secondo le edizioni citate nella bibliografia; per motivi di brevità, con la sigla "QS" indicheremo il "Quenta Silmarillion", e con "SdA" indicheremo il "Signore degli Anelli". Spero che questo itinerario, non meno arduo di quello affrontato dalla Compagnia dell'Anello nel suo viaggio per distruggere l'Unico Anello e sconfiggere le armate di Sauron, vi appassioni e vi dimostri che è possibile apprendere nozioni di Fisica anche in modo alternativo alla solita lezione libresca. E se avete timore ad inoltrarvi in un percorso che intende penetrare fin nel cuore della Fisica, non lasciatevi scoraggiare e ripensate alle parole che Thorin Scudodiquercia rivolse a Bilbo ne "Lo Hobbit": « in te c’è più di buono di quanto tu non sappia ». Che ciascuno possa sentirle rivolte anche a se stesso!
Buon viaggio a tutti.
Vignetta inviatami dalla mia studentessa Greta Togni, nella quale Gandalf si oppone con la consueta decisione (« Tu non passerai! ») non al Balrog di Moria, ma... ad una funzione che incontra sul suo cammino un asintoto verticale! Questa barzelletta vuole dimostrare quanto sia vasta la popolarità di Tolkien non solo tra gli appassionati di fantasy, ma anche tra gli scienziati |
Appare necessario riportare qui una Bibliografia di riferimento:
J.R.R. Tolkien, "Il Silmarillion", Bompiani, Milano, 2013
J.R.R. Tolkien, "Lo Hobbit", Bompiani, Milano, 2012
J.R.R. Tolkien, "Il Signore degli Anelli - La compagnia dell'anello", Bompiani, Milano, 2005
J.R.R. Tolkien, "Il Signore degli Anelli - Le due torri", Bompiani, Milano, 2005
J.R.R. Tolkien, "Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re", Bompiani, Milano, 2005
K.W. Fonstad, "L'Atlante della Terra di Mezzo di Tolkien", Bompiani, Milano, 2002
Il testo del "Signore degli
Anelli" nel sito Wattpad:
http://www.wattpad.com/76187277-il-signore-degli-anelli-prologo
La Società Tolkieniana Italiana:
http://www.tolkien.it/news.php
Tutto sul mondo di J.R.R. Tolkien e
dintorni:
http://www.jrrtolkien.it/
Saggi e discussioni su Tolkien e la Terra
di Mezzo:
http://www.eldalie.it/
The World of Middle Earth:
http://www.sf-worlds.com/middle-earth/
The Encyclopedia of Arda:
http://www.glyphweb.com/arda/
L'influenza di Tolkien sulla scienza
moderna:
http://muse.jhu.edu/journals/tks/summary/v004/4.1larsen.html
Science in Middle Earth:
http://greenbooks.theonering.net/guest/index.html
Scientific Motifs in Middle-earth: "Lost in
Translation"?
http://www.physics.ccsu.edu/larsen/translation.html
The Science of Middle-earth, Hawk-Flights of
Imagination:
http://greenbooks.theonering.net/guest/files/091503_02.html
L'evoluzione tecnologica nella Terra di
Mezzo (1):
http://www.eldalie.it/forum/list_thread.php?iddiscussione=2702
L'evoluzione tecnologica nella Terra di
Mezzo (2):
http://www.eldalie.it/forum/list_thread.php?iddiscussione=4654
La tecnologia nella Contea:
http://www.eldalie.it/forum/list_thread.php?iddiscussione=4286
The Laboratory of Fëanor:
http://shadowwolf2005.proboards.com/thread/200
Rambling with Ramer: visioni oniriche da
"The Notion Club Papers":
http://zigurthemighty.blogspot.it/2011/10/rambling-with-ramer-visioni-oniriche-da.html
Come fa Legolas a correre sulla neve?
http://scifi.stackexchange.com/questions/54370/how-could-legolas-walk-on-snow
Le distanze nella Terra di Mezzo:
http://www.theoriginalseries.com/traveltimes.htm
L'astronomia nella Terra di Mezzo:
http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/5280
La polvere da sparo nella Terra di Mezzo:
http://www.eldalie.it/forum/list_thread.php?iddiscussione=4639
Le fasi lunari nel "Signore degli
Anelli":
http://shire-reckoning.com/moon.html
Teaching Through Tolkien: The Astronomy of
Middle-Earth:
http://www.physics.ccsu.edu/larsen/jrrt.html
Alcuni calcoli sul computo degli anni secondo l'Appendice D
del SdA:
http://www.ilfossodihelm.it/id_nav4.asp?id_nav=4&id_sottonav=36&id_cont=587
Il clima nella Terra di Mezzo:
http://bigthink.com/strange-maps/634-cloudy-with-a-chance-of-nazgul-climate-maps-of-middle-earth
Perchè i draghi sputano fuoco?
http://fantachimica.wordpress.com/2012/12/19/perche-i-draghi-sputano-fuoco/
Quanto erano alti gli Alberi di Valinor?
http://www.reddit.com/r/tolkienfans/comments/1y2vk7/how_big_were_telperion_and_laurelin/
I limiti della visione degli
Elfi, di Chad Orzel
http://scienceblogs.com/principles/2009/06/23/the-limits-of-elven-vision/
Una breve descrizione dei principali
modelli atomici:
http://www.larapedia.com/chimica_appunti/chimica_appunti_parte_2.html
Breve storia della struttura della
materia:
http://www.thestargarden.co.uk/7May12Matter.html
Il sito "Fisica Rivisitata" di
Enrico Borghi:
https://fisicarivisitata.wordpress.com/
Santi pagani nella Terra di Mezzo:
http://www.jrrtolkien.it/2014/10/04/un-libro-da-claudio-testi-santi-pagani-nella-tdm/
Fonti di Tolkien:
http://www.eldalie.it/forum/list_thread.php?iddiscussione=4654