Quanto è grande Arda?

Ilùvatar sfoderò il proprio potere, mutando la faccia del mondo... nuove terre e nuovi mari ebbero origine; e il mondo si trovò ad esser ridotto...

(La Caduta di Nùmenor)

 

J.R.R. Tolkien scrisse in più occasioni che la Terra di Mezzo si trova, o meglio si trovava, sul nostro pianeta, non in un universo "alternativo", come accade in altre saghe fantasy, ad esempio l'Impero di Videssos nell'omonimo ciclo di Harry Turtledove. Il nostro Autore ha concepito la Terra di Mezzo come un passato immaginario della nostra Terra, e in alcune lettere colloca la fine della Terza Era (cioè gli eventi descritti nel SdA) circa 6.000 anni prima dei nostri giorni, e i dintorni della Contea (come vedremo in un'altra lezione) in quello che è oggi il nordovest dell'Europa. Quando dunque giungiamo a parlare dei modelli di universo, non possiamo fare a meno di confrontare quelle che furono nel passato le raffigurazioni del nostro mondo, con quelle che Tolkien descrive nelle sue opere, dato che il "Silmarillion" ha inizio con la creazione stessa dell'universo, così come si compete ad ogni mitologia organicamente strutturata.

Sicuramente i nostri antenati vissuti nelle nebbie della Preistoria videro il mondo come un disco piatto, sovrastato da uno spazio emisferico chiamato "firmamento": un modello molto semplice, dedotto da un'osservazione semplicistica del mondo che ci circonda, e trascurando fenomeni fondamentali come la curvatura dell'orizzonte o le fasi lunari, certamente incompatibili con un mondo piatto. Naturalmente quei nostri remoti ascendenti, di cui nulla ci è pervenuto fuorché punte di freccia o dipinti sulle pareti delle caverne, dovevano farsi le stesse domande che ci pongono i nostri bambini, ad esempio: se la Terra è piatta, su cosa essa poggia? E perchè il cielo è azzurro? Le risposte fornite in quelle ere lontane furono anch'esse semplicistiche. La Terra poggia su colonne, e queste a loro volta poggiano su un basamento solido che fa da fondamenta per l'intero universo. Siccome poi il regno dei morti è sempre stato concepito come "sotterraneo", in base alla definizione secondo cui "i morti perdono la luce del giorno", quell'immaginario basamento venne fatto coincidere con gli inferi, residenza dei morti in una visione (come quella mesopotamica, tramandataci ad esempio dal "Poema di Gilgamesh") in cui non c'era spazio né per un Paradiso né per una rinascita. Quanto poi alla domanda "e gli inferi su cosa poggiano?", la risposta più elementare fu: sull'Abisso, cioè sul caos preesistente alla creazione ordinatrice da parte della divinità di turno.

Quanto invece alla domanda su cosa ci sia al di là del cielo, il fatto che esso apparisse azzurro fu interpretato dagli antichi attraverso l'esistenza al di sopra di esso di un oceano, simmetrico a quello terrestre, che rappresentava anche il serbatoio delle precipitazioni atmosferiche, in un'epoca in cui non si aveva idea di cosa fosse il ciclo dell'acqua (o se ne aveva solo un'idea assai vaga). Pioggia, grandine, nebbia, neve, persino le nubi si formavano in seguito all'apertura di non meglio precisate "cateratte celesti", delle quali è rimasta traccia nella Bibbia. Le stesse aperture, immaginate presenti nella volta solida del firmamento, avrebbero spiegato l'esistenza delle stelle. Attraverso tali pertugi, infatti, una volta tramontato il sole sarebbe divenuta visibile la luce di un "altro" universo posto al di là del cielo e dell'oceano celeste, un universo fatto di luce e popolato dagli dèi. Per questo interpretare i moti degli astri significava conoscere la volontà divina; gli astri erano "buchi della serratura" dai quali sbirciare lo splendore immortale degli spiriti che vivevano "al di sopra" del nostro cosmo. Fu così che nacquero l'astrologia e le prime mitologie legate ad astri e costellazioni.

Questa struttura dell'universo è quella adottata dalle antiche cosmogonie, come quelle del poema babilonese della creazione intitolato "Enuma Elish" (dalle sue prime parole "Quando in alto": "Quando in alto non aveva nome il Cielo, quando in basso non aveva nome la Terra...") e della "Teogonia" di Esiodo (VIII secolo a.C.). Eppure, già in epoca ampiamente "storica", la ritroviamo alla base del racconto della Torah ebraica, e in particolare della "Genesi" e del "Libro di Enoc" celebre testo apocrifo di ispirazione apocalittica risalente al I secolo a.C., un'epoca in cui la sfericità della Terra era ampiamente accettata dalla scienza, se non ancora dal popolo. Ad esempio, il diluvio universale (Enoc era il bisnonno di Noè, e il suo libro si chiude appunto con la profezia del diluvio) è conciliabile solo con un modello a Terra piatta, in quanto l'apertura contemporanea di tutte le suddette "cateratte del cielo" provoca il riversarsi dell'oceano superiore sulla Terra, inondando proprio quello "spazio" che YHWH aveva aperto nel Secondo Giorno della Creazione, separando le acque inferiori da quelle superiori:

« Dio disse: "Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque." Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. » (Genesi 1, 6-8)
« Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra; nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. » (Genesi 7, 10-12)

Appare dunque quanto mai contraddittorio il famoso film "Noah" di Darren Aronofsky (2014), con Russel Crowe nei panni del biblico patriarca, poiché in esso tutte le montagne sono sovrastate dalle acque del diluvio universale, tuttavia, sia nella scena della Caduta degli Angeli, sia in quelle che rileggono il racconto dell'Eptamerone alla luce delle moderne teorie astrofisiche (cosa cui l'Autore Sacro non pensava di certo), il mondo appare sferico, ed in orbita attorno al Sole. Sulla Terra come oggi la concepiamo tuttavia non vi è abbastanza acqua liquida per sommergere tutti i continenti, anche ammesso che le calotte polari ed i ghiacciai si sciogliessero per intero. Il lungometraggio presenta dunque una fondamentale contraddizione interna, che rivela la scarsa dimestichezza degli sceneggiatori sia con l'esegesi biblica, sia con i modelli di universo sviluppati dall'umanità nel corso dei secoli!

Anche nella mitologia creata da Tolkien sul modello di quelle sorte in ambito germanico si nota lo stesso schema dell'universo. Con una differenza basilare: Arda, nelle prime due Ere del Mondo, non era solo ritenuta piatta; essa È in effetti descritta come piatta! Questo almeno fino alla Caduta di Númenor; a confermarlo in particolare sono il "Silmarillion" e l'Ambarkanta, il principale scritto cosmografico del Legendarium tolkieniano, oggi facente parte di "The Shaping of Middle-earth" ("La formazione della Terra di Mezzo"), il quarto volume della "History of Middle-earth" di J.R.R. Tolkien, edita da suo figlio Christopher, pubblicata in lingua inglese nel 1986 ed inedita in Italia. Tanto per cominciare, leggiamo questo brano dal Quenta Silmarillion:

« Aulë su preghiera di Yavanna costruì due grandi luminari per la Terra di Mezzo da lui edificata tra gli accerchianti mari. [...] Un lume fu innalzato nel settentrione della Terra di Mezzo e fu denominato Illuin; l'altro venne posto nel meridione e fu denominato Ormal; e la luce dei Lumi dei Valar si diffuse sulla Terra, così che tutto venne rischiarato come in un giorno immutabile. »
(QS, capitolo I)

Siccome la Terra di Mezzo era avvolta nell'Oscurità, Aulë su preghiera di Yavanna costruì due grandi lampade, poste su pilastri altissimi, più alti di ogni montagna mai esistita in Arda; alla luce delle due lampade comparvero la vegetazione e gli animali, soprattutto nelle zone centrali di Arda, dove giungeva la luce di entrambe le Lampade. In tale zona al centro di un lago si trovava l'isola di Almaren, che « fu la prima dimora dei Valar, allorché tutte le cose erano giovani e il verde appena nato era ancora una meraviglia agli occhi degli artefici. », durante la Primavera di Arda. In seguito però Melkor, rientrato di nascosto in Arda dal suo esilio nel vuoto esterno, abbatté i due pilastri, che devastarono il continente primigenio. In una prima versione di questa storia, conservata nei "Racconti Ritrovati", Tolkien scrisse che Aulë avrebbe convinto Melkor ad erigere i pilastri su cui collocare le lampade; Melkor avrebbe acconsentito, erigendoli però volutamente in ghiaccio, cosicché le lampade finirono per fonderli e precipitare sulla terra. Distrutti i pilastri, ebbe fine la Primavera di Arda e i Valar traslocarono all'estremo Occidente, nelle Terre Immortali, trincerandosi dietro la catena delle Pelòri.

Ora, come scrive il Prof. Adanost in questo sito, l'immagine della mescolanza delle luci provenienti dalle Lampade sopra la cintura di Arda è incompatibile con un mondo sferico, a meno che solo una piccola parte di Arda non fosse illuminata dai due lampadari collocati « in cima ad alti pilastri, assai più elevati di qualsiasi montagna dei tempi successivi »; in altre parole, la curvatura del pianeta renderebbe ineguale l'illuminazione. E non è certo l'unica prova a favore di questo modello cosmologico. Basta ricordare che nell'"Ainulindalë" si trova l’espressione « piana di Arda ». E basta leggere il racconto della creazione di Isil, la Luna, e Anar, il Sole, guidati rispettivamente dai Maiar Tilion e Arien:

« Anar riposava per un tratto a Valinor, giacendo sul freddo seno del Mare Esterno; e la Sera, il momento della discesa e del riposo del Sole, fu l'ora della massima luce e gioia di Aman. Ben presto, però, il Sole fu tratto giù dai servi di Ulmo, e corse in fretta sotto la Terra, in modo da tornare non visto all'est per poi risalire in cielo [...] Pertanto da allora i Valar computarono i giorni, fino al Mutamento del Mondo, secondo l'andare e il venire di Anar. Tilion infatti di rado indugiava in Valinor, ma più spesso sorvolava rapido sulle regioni occidentali, Avathar, Araman o Valinor, sprofondando nell'abisso oltre il Mare Esterno, per poi proseguire da solo tra le grotte e le caverne alle radici di Arda. »
(QS, capitolo XI)

Se il Sole e la Luna passano "sotto" la Terra, tra le grotte e le caverne "alle radici" di Arda, vuol dire indubbiamente che ci troviamo in un mondo caratterizzato da una terra piatta. E se non basta ancora, ci sono queste altre due citazioni tolte dal Silmarillion:

« Quanto a Morgoth, i Valar lo scaraventarono, attraverso la Porta della Notte, fuori dalle Mura del Mondo, nel Vuoto Atemporale; e scolte vigilano eternamente su quelle mura, ed Eärendil non perde di vista i Contrafforti del Cielo. »
(QS, capitolo XXIV)

« Accadeva dunque che, a causa del Divieto dei Valar, nei loro viaggi i Dúnedain in quei tempi si spingessero sempre a oriente anziché a occidente, dalle tenebre del Nord ai calori del Sud e, più oltre ancora, nella Tenebra Inferiore; e giungevano persino ai mari interni, circumnavigavano la Terra di Mezzo, sì che scorgevano, dalle loro alte prore, i Cancelli del Mattino all'Est. »
(Akallabêth)

L'esistenza di "Cancelli del Mattino", di "Porte della Notte", di "Mura del Mondo" e di "Contrafforti del Cielo" significa che lo spazio occupato dall'universo è limitato, che esso ha dei confini fisici, al di fuori del quale vi è solo un "Vuoto Atemporale", dove non ci si può recare (a meno di non essere degli Ainur, si intende) semplicemente perchè i concetti di "spazio" e di "tempo" come noi li conosciamo non esistono più. Ed infatti, nei modelli medioevali che prevedevano un universo di dimensioni limitate, proprio questo era l'argomento usato dagli astronomi per affermare che non vi era nulla al di là delle "stelle fisse": oltre tale confine, non vi era più alcuno spazio né alcun tempo, così come non vi erano "prima" della Creazione! Ecco dunque un modello di universo compatibile con le citazioni sopra riportate, che ho tratto da questo sito (che ringrazio) e che somigliano incredibilmente ai modelli di universo basati sulla Bibbia, sui poemi babilonesi o sulla mitologia della Grecia Classica:

Così scrive in questa pagina il sito "Il Fosso di Helm" circa la primitiva struttura del mondo in cui Tolkien ambienta i proprio Legendarium: « Arda è composta da due grandi isole, Endor a est. [...] Endor e Aman sono collegate, all’estremo nord, dall’Helcaraxë, una distesa di ghiacci molto difficili da superare. Ciò può avere un significato ben preciso: vi è possibilità di passare dal Male al Bene, ma questa possibilità comporta grandi sforzi e difficoltà ». Endor, nome che compare qui sopra praticamente al centro dell'universo (e che non va confuso con quello del pianeta sulla cui luna boscosa vivono gli Ewoks nel film "Il Ritorno dello Jedi"), non è altro che il termine in lingua Quenya per indicare la Terra di Mezzo; Aman (o "Terra Immortale") è indicato invece all'estrema sinistra. Quello che nel modello è indicato con il nome di Ekkaia è il "Mare Accerchiante", un oceano estremamente freddo che circonda la Arda piatta; ad esso si contrappone Ambar, la massa rocciosa del mondo, che galleggia come una nave sul mare di Ekkaia. Ulmo, il Signore delle Acque, dimora in Ekkaia, sotto le fondamenta di Ambar. Ecco cosa dice in proposito il Silmarillion:

« La Terra di Aman è la più occidentale di tutte le contrade ai limiti del mondo, poiché le sue rive occidentali danno sul Mare Esterno, che dagli Elfi è detto Ekkaia e cerchia il Regno di Arda. Quanto ampio sia quel mare, nessuno lo sa all'infuori dei Valar; al di là di esso si levano le Mura della Notte. »
(QS, capitolo I)

Come si vede, si tratta invero di una cosmologia molto semplice, adatta a descrivere un mondo mitologico e primigenio, nel quale tutte le Forze della Natura sono incarnate da divinità, proprio come quello tipico delle religioni della Mezzaluna Fertile e dell'Antica Grecia. Eppure sono sufficienti alcune considerazioni elementari, per accorgersi che il mondo non ha questa struttura. Il primo ad accorgersene, per quanto oggi ne sappiamo, fu il filosofo e matematico Pitagora di Samo (570-495 a.C.), uno dei fondatori del pensiero occidentale, al quale è stato attribuito l'omonimo teorema (in realtà ben noto agli antichi Egizi e ai Babilonesi), e del quale oggi è impossibile discernere tra biografia storica e leggende sorte intorno a lui. Di sicuro la filosofia pitagorica fu la prima (a meno di scoperte future) a fornire tre prove della sfericità della Terra, così riassumibili:

A queste tre prove oggi possiamo aggiungerne altre due: i viaggi di circumnavigazione compiuti a partire dal XVI secolo, e le foto della Terra riprese dallo spazio. Come ben sappiamo, alla fine della Terza Era la Terra di Mezzo si trova ad un livello tecnologico paragonabile a quello del Basso Medioevo (e a Númenór la civiltà doveva essere ancora più avanzata); impossibile dunque che queste prove non fossero state colte anche da Uomini e da Elfi, ad esempio in quel cenacolo di cultura che fu Gran Burrone; per questo, Arda nella Terza Era è descritta come sicuramente sferica. Ce ne possiamo rendere conto leggendo alcuni passi verso la fine del Silmarillion, come questi:

« Coloro che si spingevano più lontano, giungevano a nuove terre, che costatavano essere pari alle vecchie, come queste soggette alla morte. E quelli che più lontani di tutti si spinsero, non fecero che circumnavigare la Terra, ritornando alla fine, esausti, al punto di partenza, e dissero: "Tutte le strade ormai sono state percorse". Sicché, in giorni successivi, vuoi grazie ai viaggi compiuti per nave, vuoi per sapienza e arte di leggere le stelle, i Re degli Uomini seppero che il mondo era invero sferico… »
(Akallabêth)

La citazione ora riportata mostra che i Dúnedain avevano esplorato tutti i mari di Arda, arrivando addirittura a compiere una circumnavigazione del globo, impresa ritenuta impossibile nel "nostro" Medioevo! (basti pensare al destino che Dante riserva ad Ulisse) Per quanto ne sappiamo, il primo viaggio di circumnavigazione del mondo fu compiuto dalla nave spagnola "Victoria" tra il 10 agosto 1519 e l'8 settembre 1522, prima al comando di Ferdinando Magellano (vero nome Fernão de Magalhães, 1480-1521) e dopo la morte di questi di Juan Sebastián Elcano (1476-1526); di quella leggendaria spedizione ci resta il resoconto di viaggio scritto dall'italiano Antonio Pigafetta (1491-1531). Secondo quest'ultimo, la lunghezza della rotta percorsa fu di 14.460 leghe, cioè di circa 81.449 km, con partenza ed arrivo a Siviglia. Il primo capitano a completare l'intero periplo del globo dalla partenza fino all'arrivo fu invece il corsaro inglese sir Francis Drake (1540-1596), a bordo della "Pelican", rinominata "Golden Hind" a metà del viaggio; il viaggio partì da Plymouth e si svolse tra il novembre 1577 e il settembre 1580. La HMS Driver fu la prima nave a vapore a completare una circumnavigazione, tra il 1845 e il 1847. Invece il primo sottomarino a compiere una simile impresa fu lo USS Triton della marina statunitense, a propulsione nucleare, al comando del capitano Edward Latimer Beach (1918-2002), tra il 24 febbraio e il 25 aprile 1960 (la cosiddetta Operazione Sandblast). Nel frattempo, era iniziata la stagione del volo umano; la prima circumnavigazione aerea avvenne nel 1924, da parte di una squadra di biplani Douglas World Cruiser dell'Aviazione USA; il viaggio durò 175 giorni, coprendo 27.553 miglia (44.342 km). La celeberrima Amelia Earthart (1897-1937), una delle più grandi trasvolatrici di tutti i tempi, sparì il 2 luglio 1937 insieme al navigatore Fred Noonan (1893-1937), in pieno Oceano Pacifico, mentre cercava di portare a termine proprio la circumnavigazione del mondo. Tra le 12.21 del 26 febbraio e le 10.31 del 2 marzo 1949 il Lucky Lady II, un Boeing B-50 della US Air Force comandato dal capitano James Gallagher, divenne il primo aereo a compiere il giro del mondo senza scali per mezzo del rifornimento in volo; la durata totale del volo, partito da Fort Worth nel Texas, fu di 94 ore e un minuto. Invece la prima mongolfiera a completare il giro del mondo fu la Breitling Orbiter 3 con a bordo Bertrand Piccard e Brian Jones, tra il 1 e il 21 marzo 1999; il volo durò 477 ore e 47 minuti. Infine, secondo il Guinness World of Records, l'inglese Robert Garside (1967-) è il primo uomo ad aver compiuto una circumnavigazione del globo... di corsa, fra il 1997 e il 2003, con partenza ed arrivo a New Delhi, in India!

Torniamo ora alla suddetta citazione; si noti che la traduzione non è delle più letterali. Infatti « Tutte le strade ormai sono state percorse » nell'originale inglese di Tolkien suonava « all roads are now bent », cioè « tutte le strade ormai sono curve »: una bella differenza, che sottolinea un vero e proprio "cambiamento di forma" da parte di Arda! Anche l'ultimo capoverso nell'originale suona: « Thus in after days, what by the voyages of ships, what by lore and star-craft, the Kings of Men knew that the world was indeed made round... » Dunque non « il mondo era invero sferico », bensì « il mondo era stato veramente reso sferico »!

Ci troviamo di fronte ad una vera e propria sorpresa. Nel "nostro" mondo, inizialmente gli uomini credevano la Terra piatta ma poi, chi prima, chi dopo, finirono per accettare un modello di Terra sferica; tuttavia, il mondo è sempre stato una palla, indipendentemente da cosa credessero i suoi abitanti. Nell'universo tolkieniano, invece, non si parla di uomini che hanno evoluto le loro conoscenze tecnologiche, smettendo di credere in un mondo piatto per passare alla credenza in un pianeta sferico: è l'universo stesso, che ha cambiato struttura! Ce lo conferma la Lettera 154, scritta da Tolien a Naomi Mitchison:

« A dire il vero, nell'immaginare questa storia, noi viviamo su una Terra che è fisicamente rotonda. Ma l'intero "legendarium" racchiude il passaggio da un mondo piatto (o quanto meno da un oikoumene delimitato da confini) a un globo. »

Ora, anche accettando che in un mondo dominato dalla magia ogni mutamento è possibile, la coerenza interna di un corpus mitologico richiede di giustificare tale mutamento, in un modo o nell'altro. Ebbene, l'intero cosmo avrebbe potuto cambiare forma solo grazie ad un evento cataclismatico che possiamo tranquillamente definire biblico, attraverso l'intervento diretto di Eru Ilúvatar. Il nostro autore individuò tale evento in una specie di "diluvio universale" ordinato dall'Essere Supremo per sottrarre la Terra Immortale di Aman alla rapacità dei Dúnedain; sobillati da Sauron, questi ultimi, che pur vivendo molto più a lungo degli altri Uomini erano comunque soggetti alla morte, a differenza di Elfi e Valar, diedero l'assalto a Valinor per cercare di costringere gli déi a concedere loro l'immortalità. La risposta del Signore fu terribile: Númenor venne cancellata dalla faccia della Terra, Valinor e tutte le Terre Immortali furono avulse dall'universo fisico, e il mondo di conseguenza cambiò aspetto. Leggiamo in proposito alcuni stralci dalle Lettere di J.R.R. Tolkien, scelti dal prof. Adanost all'URL da me già citato:

« La Caduta di Númenor, la Seconda Caduta dell'Uomo, provoca una fine catastrofica non solo della Seconda Età, ma anche del Mondo Antico, il mondo primordiale della leggenda (immaginato piatto e limitato). [...]
Di fronte a questa ribellione, di spaventosa pazzia e blasfemia, e anche di vero pericolo, poiché i Númenóreani comandati da Sauron avrebbero potuto portare alla rovina la stessa Valinor, i Valar rimettono l'autorità che era stata loro affidata, si appellano a Dio e ricevono il potere e il permesso per affrontare la situazione; il mondo antico si spacca e cambia. Nel mare si apre un abisso, e Tar-Calion e la sua flotta vi sprofondano dentro. La stessa Númenor, sull'orlo della voragine, sprofonda e scompare per sempre negli abissi in tutta la sua gloria. Da quel momento in poi, non vi è alcuna dimora divina o immortale visibile sulla terra. Valinor (o il Paradiso) e anche Eressëa sono rimosse, rimanendo solo nella memoria della terra. Gli Uomini possono navigare adesso verso Ovest, se lo desiderano, tanto lontano quanto sia loro possibile, senza riuscire ad avvicinarsi a Valinor o al Reame Beato, ma ritornando sempre a est e così di nuovo; perché il mondo è rotondo e finito, è un cerchio dal quale non si sfugge, se non per mezzo della morte. »
(Lettera 131 a Milton Waldman)

« La Terra di Mezzo è solo un termine in inglese arcaico per oikoumene, cioè il mondo abitato dagli uomini. Si estendeva allora così come si estende oggi. Infatti, proprio come oggi, è rotondo e inevitabile. La questione è in parte questa. La nuova situazione, decisa all'inizio della Terza Età, conduce infine e inevitabilmente alla Storia ordinaria, e qui vediamo il culmine del processo. Se tu o io o uno degli uomini mortali (o hobbit) dei giorni di Frodo avesse fatto vela per il mare, a ovest, sarebbe giunto alla fine -così come oggi- al punto di partenza. Passate sono le epoche "mitiche" in cui Valinor (o Valimar), la Terra dei Valar (o se vogliamo degli dei) esisteva fisicamente nell'Estremo Ovest, e con essa l'elfica isola immortale di Eressëa e la Grande Isola di Ovesturia (Númenor-Atlantide). Dopo la Caduta di Númenor e la sua distruzione, tutto ciò fu cancellato dal mondo "fisico" e non fu più materialmente accessibile. »
(Lettera 151 a Hugh Brogan)

Karen Wynn-Fonstad (1945-2005), autrice dell'"Atlante della Terra di Mezzo" (1981), l'opera cartografica più completa che disponiamo sui continenti immaginari di Tolkien, disegnò tra l'altro questo magnifico raffronto delle due situazioni in cui si è trovata Arda prima e dopo l'Akallabêth, la "Caduta" di Númenor, nell'anno 3319 della Seconda Era:

Notiamo che la Wynn-Fonstad ha rappresentato in entrambe le descrizioni la "Cintura (Girdle) di Arda", inizialmente una linea retta che correva in direzione est-ovest dividendo Arda in due parti uguali e sopra cui transitavano il Sole e la Luna. Essa partiva dalla riva occidentale di Aman presso la montagna di Taniquetil, ove sorgeva il trono di Manwë, attraversava il Belegaer (il Grande Mare ad ovest della Terra di Mezzo), tagliava in due le regioni meridionali della Terra di Mezzo, percorreva il Mare Orientale e la Terra Oscura (misterioso continente a sud della Terra di Mezzo, non meglio descritta in alcuna opera del Professore), e giungeva infine alla montagna di Kalormë nella Terra del Sole, l'estremo continente orientale oltre il quale si trovavano le Porte del Mattino. La Cintura, una volta che Arda è diventata sferica, si trasforma... nell'equatore del pianeta! In tal caso, possiamo comprendere come la sezione settentrionale della Terra di Mezzo corrisponda nel nostro mondo all'Eurasia, mentre la sezione meridionale, attraversata dall'Equatore, corrisponde all'Africa. La Terra del Sole, chiamata Romenor in alcuni giochi di ruolo (nome però mai utilizzato da Tolkien), viene disegnata con la stessa forma delle Americhe, e lungo la sua costa occidentale corre da nord a sud una catena detta delle Montagne del Sole, che nella Prima e Seconda Era rappresentava il corrispondente orientale delle Pelòri, la catena montuosa eretta quale bastione di Aman; essa rappresenterebbe l'alter ego delle nostre Ande. Si pensa che le "nuove terre" citate alla fine dell'Akallabêth corrispondano proprio alla Terra del Sole; in tal caso, nel cataclisma che cambiò forma al mondo tale terra sarebbe servita come una "cerniera" per richiudere la Terra in forma sferica, in quanto l'oceano Belegaer avrebbe bagnato la sua neonata costa orientale (in precedenza Romenor si affacciava ad est direttamente sull'Ekkaia). La Terra Oscura, chiamata Hyarmenor (Terra del Sud) da Tolkien, rappresenta invece il contraltare della Terra Australis Incognita, misterioso continente che secondo i geografi antichi e medievali avrebbe occupato l'emisfero australe per "controbilanciare" i continenti ammassati nell'Emisfero Boreale; gli esploratori Abel Tasman (1603-1659) e James Cook (1728-1779) scoprirono Australia e Nuova Zelanda proprio alla ricerca della misteriosa Terra Australis Incognita. Muovendo da questo ragionamento, gli autori di un gioco di ruolo hanno sviluppato una mappa di Arda (l'ho trovata in questo sito) molto simile a quella del nostro mondo, eccola (cliccare per ingrandire):

La cosa notevole è che l'unica porzione veramente conosciuta del pianeta è quella che noi chiamiamo "Terra di Mezzo", cioè la zona corrispondente all'Europa nordoccidentale e alla costa settentrionale dell'Africa: esattamente l'unica parte del mondo ben conosciuta durante il Medioevo! Ovviamente in questa ricostruzione Númenór fa la parte della perduta Atlantide; infatti, dopo la sua fine in lingua Quenya essa fu chiamata "Atalantë", "la caduta". L'identificazione così si fa anche linguistica.

A dir la verità, Jorge López "Erkenbrand" Prieto, della Società Tolkieniana Spagnola, ha scovato una citazione che sembra mettere in dubbio il cambiamento di forma di Arda che abbiamo descritto. Eccola:

« E così avvenne che un mattino di bel sole e bianco vento, nella lucente primavera del settecentoventicinquesimo anno della Seconda Era, il figlio dell’Erede al Trono di Númenor salpasse dall’Isola; e, prima che il giorno volgesse al termine, la vide sprofondare scintillante nel mare, e per ultima la cima del Meneltarma drizzata quale un dito bruno contro il tramonto. »
(Racconti Incompiuti, Aldarion ed Erendis)

Il fenomeno ottico qui descritto è lo stesso che abbiamo adoperato nella prima lezione per stimare l'altezza della Torre di Barad-dûr, e ovviamente è incompatibile con un modello di universo piatto, dove la cima del Meneltarma, il "pilastro dei cieli" che rappresentava il monte più alto e più sacro di Númenor, non dovrebbe sprofondare nel mare ma farsi più piccola, fino a scomparire nell'aria a causa della presenza di polvere e particelle in sospensione nell'atmosfera (le stesse che fanno sì che i tramonti assumano il tipico colore rossastro). Si noti che l'illusione ottica della terra che sprofonda nel mare mentre una nave si allontana da essa, è proprio una delle prove portate da Pitagora a favore della curvatura della Terra!

Alcuni sostengono che in origine Tolkien non pensasse a un'Arda piatta nelle prime due Ere del Mondo, ma solo ad un mondo finito, come quello immaginato da Aristotele (384-322 a. C.) nel suo "De Coelo", cui poi Claudio Tolomeo nel II d.C. diede una veste matematica nel suo "Almagesto". Il cosmo era pensato come limitato dalle stelle fisse, con la Terra sferica e immobile al centro di esso. Il nostro mondo sarebbe costituito da quattro elementi fondamentali: terra, acqua, aria e fuoco, mescolati in diverse proporzioni. Ciò che vi è al di là dell'atmosfera, invece, è sostanzialmente diverso, perchè costituito da etere, una misteriosa "quintessenza" infinitamente trasparente ed infinitamente impalpabile, che nulla ha da spartire con la materia. L'universo aristotelico e tolemaico è dunque nettamente separato tra "mondo terrestre" e "mondo celeste", e per esso valgono addirittura due fisiche diverse. Nel mondo terrestre, i quattro elementi hanno come "moto naturale" quello verticale; terra ed acqua si muovono in modo "spontaneo" dall'alto in basso, aria e fuoco dal basso in alto. Invece, nel mondo celeste l'etere ha un moto spontaneo di tipo circolare uniforme. Ciò spiegherebbe perchè i corpi terrestri cadono verso il basso, mentre i corpi celesti si muovono lungo orbite circolari intorno al nostro mondo. Il cosmo tolemaico risulta perciò suddiviso in una serie di sfere concentriche, sette delle quali contengono i sette pianeti ( Luna, Venere, Mercurio, Sole, Marte, Giove e Saturno) e l'ultima regge le stelle fisse. Siccome però il moto dei pianeti non può essere descritto facendo ricorso a una semplice orbita circolare, prima Ipparco di Nicea (190-120 a.C.), considerato il massimo astronomo dell'antichità, e poi Tolomeo introdussero gli epicicli: il pianeta si muoverebbe su di un'orbita circolare di raggio relativamente piccolo chiamata epiciclo, il cui centro a sua volta si muoverebbe uniformemente su una circonferenza di raggio molto maggiore detta deferente, il cui centro non coincide esattamente con il centro della Terra, ma si trova nelle vicinanze del nostro mondo; il moto lungo il deferente non è uniforme rispetto al suo centro, ma rispetto a un ulteriore punto detto equante. Ebbene, se i Númenóreani avevano realizzato un modello di universo del tipo "biblico", cioè "a terra piatta", come quello da noi mostrato sopra, è lecito supporre che anche gli abitanti di Gondor, loro eredi, una volta resisi conto che il mondo era diventato sferico, avessero realizzato un modello che oggi definiremmo di tipo tolemaico. Ecco un'ipotetica rappresentazione di questo modello "Ardacentrico" (se mi si passa il termine), ottenuto inserendo una mappa del mondo tolkieniano in questa raffigurazione tratta dall'"Harmonia Macrocosmica" (1661) dell'olandese Andreas Cellarius (1596-1665), e ricavata da questo sito:

Il sistema geocentrico, come oggi sappiamo, non è corretto, perchè la Terra non è immobile al centro dell'universo; esso tuttavia rappresenta una descrizione abbastanza corretta del moto osservato dal punto di vista della Terra, considerando i dati disponibili all'epoca. Il sistema tolemaico è assai complesso, ma anche elegante e coerente, e ciò spiega la sua fortuna nei secoli (su di esso è tuttora basata gran parte dell'astrologia). A ciò si aggiunga che il Cristianesimo lo adottò come dottrina cosmologica ufficiale, in quanto sembrava adattarsi alle Sacre Scritture (Giosuè avrebbe fermato il Sole in cielo per permettere agli Israeliti di vincere un'importante battaglia) ed assicurava una posizione privilegiata al centro dell'universo all'uomo, ritenuto il vertice e il fine della Creazione divina. Non è certo un caso se Dante Alighieri riprese tale modello nella sua "Divina Commedia". Sicuramente una tale sistemazione del mondo è in accordo con la visione ideale di Tolkien: la musica degli Ainur ha creato Arda appositamente per preparare una residenza per i figli di Iluvatar: gli Elfi, gli Uomini, i Nani e gli Hobbit. Per questo, secondo vari commentatori, il Professore di Oxford rivide l'Ainulindalë cercando di adattare la sua narrazione a un mondo sferico, ma l'impresa si rivelò impossibile. Perchè? Fondamentalmente per la presenza delle due Lampade dei Valar, uno degli elementi basilari della mitologia tolkieniana, delle quali abbiamo già ampiamente parlato sopra. Come si è detto, vista l'enorme estensione della Terra di Mezzo, se Arda avesse avuto forma sferica, le due Lampade dei Valar non avrebbero potuto illuminarla tutta, a meno di non avere un'altezza addirittura astronomica! Per abbandonare il modello cosmologico a Terra Piatta e adottarne fin dal principio della Creazione uno di tipo tolemaico, a Terra Sferica ferma al centro dell'universo, sarebbe stato necessario eliminare sia l'invenzione delle Lampade che la creazione del Sole e della Luna a partire da un fiore e da un frutto degli Alberi. Tolkien non se la sentì, e a posteriori sappiamo che fece bene, visto l'aspetto definitivo che egli diede al Legendarium!

Dalle nostre parti, il sistema tolemaico fu accettato per quasi due millenni, ma alla fine entrò in crisi quando l'introduzione del telescopio ad opera di Galileo Galilei migliorò i dati astronomici, e ci si rese conto che le orbite dei pianeti non potevano essere adeguatamente descritte ricorrendo unicamente a composizioni di moti circolari uniformi. Il modello geocentrico di Aristotele, Ipparco e Tolomeo fu definitivamente abbandonato a favore del modello eliocentrico di Niccolò Copernico (1473-1543), dopo che Galileo Galilei, osservando le montagne della Luna, le fasi di Venere e le Lune di Giove, dimostrò che non vi è alcuna differenza tra fisica celeste e fisica terrestre, e dopo che le precisissime osservazioni di Tycho Brahe (1546-1601) e del suo discepolo Johannes Kepler (1571-1630) portarono alla sostituzione delle orbite circolari con quelle ellittiche. Inizialmente anche l'universo copernicano era pensato finito e limitato dalle stelle fisse, poste appena al di là dell'orbita di Saturno; il primo a postulare l'idea di un universo infinito fu l'umanista tedesco Niccolò Cusano (1401-1464), il quale per primo propose che lo spazio è privo di centro, che ogni stella è simile al Sole (e non un semplice fori nel firmamento), che attorno ad ogni stella ruotano dei pianeti, e che su di essi può esistere vita extraterrestre. Cusano era decisamente uno scienziato in anticipo sui tempi; non è impossibile pensare che anche a Minas Tirith, o a Gran Burrone, qualcuno sia arrivato alle stesse conclusioni, ipotizzando che anche l'universo di Tolkien sia infinito, e dunque privo di centro. Ecco qui sotto un modello copernicano dello stesso autore e tratto dalla stessa fonte del modello tolemaico da noi analizzato sopra, nel quale ancora una volta abbiamo posto l'Arda tolkieniana al posto del "nostro" mondo:

Da notare che questi sono i nomi dati da Tolkien ai pianeti nel "Morgoth's Ring" ("L'Anello di Morgoth"), il decimo volume (inedito in Italia) della "History of Middle-earth": Ithil (la Luna), Elemmírë (Mercurio), Eärendil (Venere), Anor (il Sole), Carnil (Marte), Alcarinquë (Giove), Lumbar, (Saturno), Luinil (Urano) e Nenar (Nettuno). Plutone non ha nome, dal momento che probabilmente non era stato ancora scoperto, al momento in cui venne messa per iscritto questa lista: l'astronomo americano Clyde Tombaugh (1906-1997) lo individuò il 18 febbraio 1930. O forse in qualche modo Tolkien "presentiva" che il 24 agosto 2006 l'Unione Astronomica Internazionale avrebbe declassato Plutone da pianeta a pianeta nano? La lista comprende invece due pianeti ignoti agli uomini prima dell'avvento dei grandi telescopi: Urano, scoperto il 13 marzo 1781 da William Herschel (1738-1822), e Nettuno, riconosciuto per la prima volta il 23 settembre 1846 da Johann Gottfried Galle (1812-1910). Se però i Nùmenoreani avevano messo a punto un cannocchiale di tipo galileiano, non è impossibile che almeno questi due pianeti fossero stati da loro osservati ed inseriti nel loro sistema astronomico. Invece i Plutoidi, cioè gli asteroidi come Plutone il cui semiasse maggiore dell'orbita superiore a quello dell'orbita di Nettuno, erano probabilmente al di fuori della portata delle loro osservazioni.

Torniamo ora alla domanda con cui abbiamo aperto la nostra lezione. È possibile misurare le dimensioni di Arda, così come descritta dal nostro Autore? Apparentemente la questione non è semplice; io però suggerisco di basarci ancora sulle meravigliose cartine realizzate Karen Wynn Fonstad nell'"Atlante della Terra di Mezzo". In particolare, prendiamo in considerazione la mappa di Arda ancora piatta prima della Caduta di Númenor, tracciata dalla grande cartografa (di mappe fantastiche parleremo diffusamente anche nella prossima lezione). Concentriamoci sulla Cintura di Arda, sulla quale ho già richiamato la vostra attenzione, e stimiamone la lunghezza da un estremo all'altro, cioè dalle Porte del Mattino ad oriente fino a quelle della Notte ad occidente, utilizzando la scala fornita dalla stessa cartografa. Io ho stimato una lunghezza di 6.275 miglia, che equivalgono a circa 10.096 km. Ora, supponiamo che il disastro narrato nell'Akallabêth abbia provocato la chiusura su se stessa della Cintura, che si è trasformata a tutti gli effetti nell'equatore del pianeta stesso, e quindi in un cerchio. La lunghezza di un cerchio di raggio R si ottiene moltiplicando R per 6,28, dunque per risalire al raggio di Arda basterà dividere la lunghezza dell'equatore per 6,28. Il risultato è quasi esattamente 1000 miglia, cioè 1600 chilometri.

Si tratta indubbiamente di un valore troppo piccolo! La nostra Terra ha un raggio equatoriale di 6370 km, Venere ne ha uno di 6052 km, quello di Marte misura 3396 km, quello di Mercurio 2440 Km. Arda sferica sarebbe più piccola persino di Plutone, che ha un diametro stimato di 1150 km! Evidentemente Elfi ed Uomini non erano stati pensati per abitare su un pianeta nano. Allora potremmo ricorrere ad un artificio: richiudendosi, la Cintura di Arda non ha dato vita all'intero equatore, bensì a metà di esso, mentre la metà restante del pianeta è stata creata usando la roccia di Ambar, il basamento solido di quello che era stato il mondo piatto. Allora l'intero equatore di Arda misurerebbe circa 12.550 miglia, cioè 20.193 km. Dividendo per 6,28, il raggio di Arda diventerebbe così di 3215 km, pressappoco pari a quello di Marte. Si tratta di un valore comparabile ai 28.000 km di circonferenza che Cristoforo Colombo attribuiva erroneamente alla Terra, e fu basandosi su questo risultato che propose prima al Re di Portogallo e poi ai Re di Spagna di finanziare un suo tentativo di attraversare l'Oceano Atlantico, convinto che l'Asia fosse a portata di mano. Non appare impossibile pensare al mondo di Tolkien come ad un pianeta relativamente compatto, con i continenti abbastanza ravvicinati tra di loro, anche perchè nella prima metà del XX secolo non solo gli scrittori di fantascienza, ma anche astronomi seri erano convinti che Marte potesse ospitare forme di vita (nel film "Invaders from Mars" del 1953 di William Cameron Menzies, ancora negli anni cinquanta il dottor Stuart Kelston si dice sicuro, in base a un ragionamento che non fa una grinza, che i rapitori dei genitori del piccolo David vengano proprio da Marte); e, dopotutto, gli Orchi ed altri mostri creati dalla fantasia di Tolkien possono ben apparire ai nostri occhi come dei "marziani"!

C'è però una difficoltà, in questa visione di Arda, ed è rappresentata dalla forza di gravità. Infatti la Legge di Gravitazione Universale stabilita da Isaac Newton (1642-1727) impone un preciso legame tra massa, dimensioni e accelerazione di gravità di un pianeta. Rimandando ad un altro mio ipertesto chi vuole approfondire l'argomento, sintetizziamo solo i concetti principali. Nella sua opera "Philosophiae Naturalis Principia Mathematica" (1687), Newton ricavò che tra due masse M ed m poste a distanza r tra di loro si esercita una forza FG espressa dalla formula:

dove G è la costante di gravitazione universale, e vale 6,67 x 10–11 N m2/Kg2. La formula fu ricavata inizialmente per due masse puntiformi, ma con calcoli complessi (che lo portarono tra l'altro a porre le basi del moderno calcolo infinitesimale) Newton dimostrò che essa vale anche tra corpi estesi, come sono ad esempio un pianeta e un corpo sulla superficie di esso. In tal modo egli dimostrò l'assunto da cui il suo studio era partito: la forza che trattiene la Luna in orbita intorno alla Terra è la stessa che fa cadere i corpi sulla sua superficie (il famoso episodio della mela, per cui Newton diventò celebre in tutto il mondo). Ma allora, la forza FG con cui una massa è attratta dal pianeta su cui si trova deve essere uguale alla forza peso P avvertita da quella massa; e si sa che, in base al Secondo Principio della Dinamica, tale peso è dato dalla formula P = m g, dove g è l'accelerazione di gravità. Si ottiene così l'equazione:

dove R è il raggio del pianeta ed M la sua massa. Se ne deduce che l'accelerazione di gravità non dipende dalla massa del corpo, che si semplifica:

     (1)

Misurare l'accelerazione di gravità di Arda richiede dunque di conoscerne non solo il raggio, ma anche la massa, che ovviamente né Tolkien né la Wynn-Fonstad ci forniscono. Possiamo però supporre che la densità di Arda sia la stessa del nostro pianeta; le masse di corpi con la stessa densità, come ben sappiamo, sono proporzionali ai volumi, e questi ai cubi dei rispettivi raggi. Si può perciò impostare la proporzione:

Sostituiamo i valori numerici, tenendo conto che la massa del nostro pianeta è stimata in 6 x 1024 kg:

La proporzione fornisce M(Arda) = 7,7 x 1023 kg: il 13 % circa della massa terrestre. Sostituiamo nell'espressione di g ed otteniamo:

Come si vede, l'accelerazione di gravità su Arda vale 4,98 m/s2, e cioè appena la metà di quella che si registra sul nostro pianeta. Una diversa gravità altererebbe in maniera decisiva il comportamento degli abitanti di Arda: bassa gravità significa lunghi passi, simili a quelli degli astronauti sulla Luna, grandi salti, la possibilità di sollevare corazze e spade assai più pesanti di quelle cui ci ha abituato il "nostro" Medioevo; ma, paradossalmente, significa anche... una forma diversa dei corpi. Infatti i muscoli delle gambe potrebbero essere molto più esili, e quelli del torace e delle braccia molto più sviluppati, dando ad Elfi, Uomini, Nani ed Hobbit delle forme molto diverse da quelle cui siamo abituati; invece, anche ammettendo che gli Elfi abbiano una struttura corporea decisamente "aliena", gli Uomini del mondo di Tolkien sono descritti come esattamente uguali a quelli del nostro mondo. Montagne e vulcani potrebbero essere assai più elevati di quelli che abbelliscono i nostri panorami, poiché rocce e magma potrebbero essere spinti ad altezze molto maggiori dalle forze tettoniche (su Marte la vetta più elevata è il Monte Olimpo, un vulcano a scudo alto ben 27 km!) Inoltre, e questa non è certo l'ultima delle nostre preoccupazioni, più la gravità di un mondo è bassa, e meno esso riesce a trattenere un'atmosfera. L'accelerazione di gravità da noi calcolata è paragonabile ancora una volta a quella di Marte (3,69 m/s2), e Marte ha un'atmosfera estremamente rarefatta (circa 7 milliBar, contro i 1013 milliBar sulla Terra al livello del mare), perchè se le molecole di gas dell'atmosfera hanno una velocità paragonabile a quella di fuga dal pianeta, la maggior parte di tali gas si disperdono nello spazio. Un'atmosfera con una pressione al livello del mare che è solo un decimo di quella terrestre (comunque moltissimo, rispetto a quella marziana) avrebbe anche il 10 % di ossigeno rispetto alla nostra, e ciò equivale a trovarsi sul nostro mondo a ben 16.000 metri di quota, dove nessun organismo può sopravvivere senza bombole di ossigeno. Vivere in un'atmosfera assai rarefatta è teoricamente possibile, con polmoni assai più vasti dei nostri e sacche aeree estese anche all'interno delle ossa, come quelle degli uccelli, ma richiede una fisiologia totalmente differente da quella dei vertebrati terrestri. Conclusione: se Arda avesse le dimensioni testé calcolate, esso non somiglierebbe praticamente in nulla al pianeta su cui noi abitiamo, e quella di Tolkien non sarebbe una saga fantasy, bensì un ciclo di romanzi di fantascienza, come quelli di Isaac Asimov e di Frederik Brown!

Arda nella Prima Era, disegnata da Karen Wynn-Fonstad (cliccare per ingrandire)

Arda nella Prima Era, disegnata da Karen Wynn-Fonstad (cliccare per ingrandire)

 

Vi è un modo per conciliare le dimensioni di Arda paragonabili a quelle del pianeta Marte che abbiamo sopra ipotizzato, con una gravità comparabile a quella terrestre? Sì, c'è: agire sulla massa. Ricaviamo la formula inversa della (1):

e sostituiamo in essa i dati da noi calcolati. Si ha così:

Quindi 1,52 x 1024 Kg è la massa che dovrebbe avere Arda, se avesse quelle dimensioni, affinché l'accelerazione di gravità sulla sua superficie sia pari a quella terrestre. Tale massa è pari a circa il 25 % di quella della nostra Terra, da noi utilizzata sopra. Sembra piccola, ma non lo è affatto, considerando le dimensioni "minuscole" di questa Arda. Supponiamo che esso abbia una forma perfettamente sferica. Il volume di una sfera di raggio R è dato dalla formula:

     (2)

Applicandola, si ottiene che una sfera di 3215 km ha un volume di 139,12 miliardi di km3, cioè 1,39 x 1020 m3. Dividendo la massa appena calcolata per questo volume si ottiene una densità di 10.916 kg/m3.

Questa densità per un solido è straordinariamente alta, ed è quasi il doppio di quella media del pianeta Terra, oltre che di undici volte superiore a quella dell'acqua. Tale densità è minore di quella dell'oro (19.320 kg/m3) e di quella del platino (21.450 kg/m3), ma è paragonabile a quella dell'argento (10.490 kg/m3) ed è pari al 139 % di quella del ferro (7.875 kg/m3). La densità media del pianeta Terra, pari a circa 5.515 kg/m3, è interamente da ascriversi al fatto che il suo nucleo è fatto di ferro e nichel (densità 8.900 kg/m3); invece, una sfera interamente di ferro e grande quanto Arda avrebbe una massa pari solo al 72 % del pianeta oggetto del nostro studio. Se ne conclude che Arda potrebbe avere una densità così alta solo se il suo nucleo fosse fatto quasi interamente di metalli nobili come argento, oro e platino! Ora, l'oro rappresenta solo 0,003 parti per milione della "nostra" crosta terrestre (cioè al massimo se ne possono trovare 3 milligrammi per tonnellata), e il platino è ancora più raro: se ne trovano al massimo 0,0015 ppm (cioè 1,5 milligrammi per tonnellata), mentre il ferro rappresenta il 5,216 % della crosta terrestre, ed è abbondantissimo nelle meteoriti, tanto che da questo fatto deriva l'espressione "spazio siderale" (dal greco "sideros", "ferro"). Il ferro in altre parole è un elemento relativamente abbondante nell'universo; anzi, l'ultimo elemento che può venire prodotto da reazioni di fusione termonucleare dentro le stelle Supernove è proprio il ferro, come vedremo in una successiva lezione. Gli elementi più pesanti del ferro (cioè ben 54 sugli 80 stabili esistenti in natura, e 100 sui 126 totali oggi conosciuti) sono stati prodotti direttamente al momento del Big Bang, e dunque nell'universo sono rarissimi. Per questo appare davvero improbabile che il nucleo di un pianeta come Arda sia fatto interamente d'oro, anche in un universo dominato dalla magia ad ogni piè sospinto, come quello di Tolkien!

Possiamo così scartare anche l'ipotesi di un pianeta estremamente più denso (e quindi massiccio) della nostra Terra. Ed allora, come uscire dall'angolo in cui ci siamo cacciati? Se ricordate, abbiamo aperto questa lezione proprio ricordando che Tolkien non aveva nessuna intenzione di ambientare le avventure dei suoi protagonisti su un mondo alieno, e che Arda È la nostra Terra. In tal modo animali, vegetali, esseri umanoidi (Orchi inclusi)  e persino l'orografia e la tettonica sono perfettamente compatibili con quelli a noi ben noti. Ma allora il problema va riformulato in un altro modo: se Arda e la Terra hanno le stesse dimensioni e la stessa massa, come giustificare l'evidente differenza di lunghezza tra la Cintura di Arda e l'equatore terrestre? La soluzione potrebbe essere molto più semplice di quanto si pensi: la superficie di Arda esistente prima che Númenor si trasformasse in Atalantë era solo una piccola parte di quella che poi andò a costituire l'Arda sferica della Terza Era e delle successive! Evidentemente Ambar, la massa rocciosa sopra cui Arda poggiava, era molto più vasta e profonda di quanto noi non immaginiamo, abbastanza per "fabbricare" un pianeta grande quanto il nostro mondo (mi si passi il verbo adoperato, ma tutto questo ragionare di modelli del cosmo mi fa venire in mente il celeberrimo "Fabbricante di Universi" di Philip José Farmer!) Ma quanto più vasta?

Cominciamo con il confrontare la Cintura di Arda Piatta con l'equatore terrestre. La prima, se ricordate, misurava (secondo le mie stime) 6.275 miglia, cioè circa 10.096 km, mentre il secondo è stimato in 21.638,8 miglia nautiche, pari a circa 40.075 km. Se quest'ultimo corrisponde a 360° di longitudine, l'ampiezza in longitudine sulla superficie terrestre si individua con una semplice proporzione:

Risolvendo la proporzione otteniamo facilmente x° = 90° 41' 38". Dunque la Arda Piatta rappresentava quasi esattamente un quarto dell'effettiva superficie della Terra! Anzi, supponiamo che la Arda Piatta avesse una forma perfettamente circolare (nulla però sostanzia tale supposizione) con un diametro appunto di 10.096 km. Allora la sua superficie complessiva sarebbe stata quasi esattamente pari a 80 milioni di km2. Ed essendo la superficie terrestre pari a circa 510 milioni di km2, ne consegue che la "vecchia Arda" rappresentava meno del 16 % della superficie totale del nostro mondo! Considerando che l'angolo solido al centro di una sfera misura 4π (cioè 12,56) steradianti, un'altra semplice proporzione ci dice che l'angolo solido al centro di una superficie pari a quella di Arda piatta equivale all'incirca a solo 2 steradianti Per farcene un'idea, determiniamo l'estensione di una calotta sulla superficie della Terra che ha quest'apertura. Come ci insegna la geometria solida, l'area di una calotta sferica è data dalla formula A = 2 π r h, dove r è il raggio e h l'altezza della calotta; ponendo A = 80 milioni di km2 ed r = 6370 km, si ricava subito h = 2000 km circa. Ma un punto dell'asse terrestre posto a 2000 km dal Polo Nord, dista necessariamente 4370 km dal piano equatoriale, e una tale distanza forma con il raggio terrestre un angolo più o meno di 43°. Ne consegue che un'area pari a quella di Arda piatta sarebbe paragonabile a quella della porzione dell'emisfero boreale terrestre dal parallelo 43°, che taglia l'Italia quasi esattamente in corrispondenza della città di Assisi, fino al Polo Nord.

Ancora più significativo, però, è il confronto dei volumi. Infatti il nostro mondo (che non è perfettamente sferico a causa dello schiacciamento polare dovuto al moto di rotazione intorno al suo asse) ha un volume stimato di 1083,2 miliardi di km3. Immaginiamo che la roccia con cui è stato "fabbricato" il pianeta Arda/Terra fosse già presente SOTTO la Arda piatta sotto forma di uno zoccolo solido. Nel modello di Arda Piatta che abbiamo mostrato in precedenza, tale zoccolo è rappresentato come una semisfera. Ma se essa avesse un raggio di 5.048 km, in base alla formula (2) il suo volume sarebbe "solo" di 269,3 miliardi di km3, cioè appena il 25 % della roccia necessaria al nostro scopo!

Ne consegue che il modello di Arda Piatta da noi preso in considerazione non è certo privo di fascino, ma è scarsamente conciliabile con la "fabbricazione" di un'Arda sferica di dimensioni pari a quelle della nostra Terra. Immaginiamo allora il "basamento" di Arda come una torre di roccia di forma pressappoco cilindrica, simile a quella raffigurata da Karen Wynn-Fonstad nell'immagine sopra pubblicata, la cui area di base è pari a quella di Arda piatta, e quindi (come testé calcolato) misura 80 milioni di km2. Il volume di un cilindro si ottiene moltiplicando l'area di base per la sua altezza; per ottenere l'altezza di tale "torre", dunque, bisognerà dividere il volume del "nostro" mondo per tale superficie. Il risultato è di 13.537,5 km: più del doppio, insomma, della lunghezza della Cintura di Arda dalle Porte della Notte a quelle del mattino! Eä dunque nelle prime Due Ere del Mondo non aveva una forma sferica, ma piuttosto somigliava a un grande bastione piantato nel mezzo del vuoto atemporale, e sormontato dalla volta del cielo come un campanile lo è dalla torre campanaria. Più che ai dieci cieli del Paradiso dantesco, esso ricordava insomma il Purgatorio immaginato dal Sommo Poeta!

Da notare che l'antica ipotesi di Aristotele secondo cui terra, acqua, aria e fuoco avrebbero come "moto naturale" quello verticale è anche l'unico in grado di spiegare la caduta dei gravi in un mondo piatto, qual era Arda prima della fine dell'Ovesturia: infatti la Legge di Gravitazione Universale è incompatibile con un tale universo, in quanto due corpi si attraggono come se le loro masse fossero concentrate nei rispettivi baricentri. I vettori campo gravitazionale sono dunque convergenti verso tali baricentri, mentre in un mondo piatto i vettori forza peso dovrebbero essere tutti paralleli tra di loro, come se il centro di gravità dell'universo si trovasse a profondità infinita! Ne consegue che la rovina dell'Isola dei Re non ha provocato solo un drastico cambiamento di forma dell'Universo, ma prima e dopo l'Akallabêth valevano anche due fisiche decisamente diverse! Però il nostro amico Almavarno, riguardo a questa cosmologia molto particolare, ha aggiunto: « forse lungo i bordi c'era la tendenza delle linee di gravità a essere oblique verso il centro, anziché verticali, se ammettiamo che il centro di gravità si trovasse nel punto mediano dell'immenso basamento del mondo. Se fosse stato veramente così, i bordi avrebbero avuto la tendenza a disgregarsi per andare a formare una sfera. » Forse, il passaggio da una Arda "cilindrica" ad una "sferica" non è stato solo l'effetto di un atto di forza da parte di Eru Iluvatar, ma dopotutto tale metamorfosi era inscritta nel "DNA" di Eä...

È sempre l'amico Almavarno a proporre un'altra via per determinare le dimensioni di Arda. A questo proposito, egli sfrutta un passaggio di una lettera che Tolkien scrisse a due lettori, i quali gli domandavano se avesse voluto instaurare qualche rapporto allegorico tra la Terra di Mezzo e il nordovest dell’Europa, e che riporto qui, anche se ne faremo uso nella lezione successiva, dedicata alle coordinate geografiche:

« Se Hobbiville e Gran Burrone si trovano circa alla latitudine di Oxford, Minas Tirith, 600 miglia più a sud, si trova circa alla latitudine di Firenze. »
(Lettera 294 a Charlotte e Denis Plimmer)

Almavarno propone di sfruttare il metodo di Eratostene per determinare il raggio di Arda, che a questo punto deve essere per forza sferica, altrimenti non avrebbe senso parlare di "latitudine"! Eratostene di Cirene (275-195 a.C.), terzo bibliotecario della Biblioteca di Alessandria e precettore del re egiziano Tolomeo IV Filopatore, fu il primo, per quanto ne sappiamo, a stimare le dimensioni della Terra, e lo fece mediante questo ragionamento. Egli aveva osservato che il 21 giugno (solstizio d'estate) il sole si specchiava dentro un pozzo a Siene, l'odierna Aswān, nel sud dell'Egitto, segno del fatto che il sole è a perpendicolo sulla città. Lo stesso giorno, tuttavia, ad Alessandria un bastone faceva ombra, e l'angolo α che i raggi solari formavano con il bastone fu stimato da Eratostene in un cinquantesimo di angolo giro. Siccome i raggi del sole si possono considerare paralleli tra di loro, tale angolo, come mostra la figura qui sotto, è pari all'angolo che formano tra di loro i raggi congiungenti Alessandria (A) e Siene (B) con il centro della Terra (C). A questo punto Eratostene fece l'ipotesi che le due città si trovassero sullo stesso meridiano; egli pensava che le due città distassero tra loro 5000 stadi. Se le due città erano separate da un cinquantesimo di angolo giro, ciò significava che 5000 stadi era anche la cinquantesima parte del cerchio massimo passante per i poli della Terra, e dunque quest'ultimo misurava più o meno 250.000 stadi.

Per sapere quanto questa misura sia accurata, occorrerebbe conoscere l'equivalenza tra lo stadio, antica unità di misura molto diffusa fra i Greci, e le unità di misura moderne; e questo non è facile perchè, come abbiamo visto nella lezione dedicata ai sistemi di misurazione, la stessa unità aveva estensioni molto diverse da luogo a luogo. Di sicuro sappiamo che lo stadio generalmente misurava 600 piedi; la moderna costruzione denominata "stadio" prese tale nome dal fatto che una delle gare di corsa più antiche consisteva nel coprire una distanza pari appunto a uno stadio. Lo stadio attico, utilizzato ad Atene e nella madrepatria greca, misurava probabilmente 177,60 metri, mentre lo stadio alessandrino, usato nel mondo ellenistico, corrispondeva a 184,8 m. Se è stata usata la prima equivalenza, 250.000 stadi significano 44.400 km; se, come appare più probabile, è stata usata la seconda, dato che Eratostene era il responsabile della famosa Biblioteca di Alessandria, si giunge a 46.200 km. Le misurazioni moderne ci dicono che il cerchio massimo passante per i poli misura circa 39.921 km, dunque l'errore di Eratostene è dell'11 % nel primo caso, del 16 % nel secondo: valori più che accettabili, considerando tutte le approssimazioni del caso. Infatti Alessandria e Siene non si trovavano sullo stesso meridiano (in realtà erano separate da 3° di longitudine), la loro distanza non vale esattamente 5000 stadi (i numeri troppo rotondi nelle misurazioni sono sempre sospetti; oggi sappiamo che distano tra loro 1.059 km) ed Eratostene non disponeva di alcun goniometro per misurare gli angoli con tanta precisione da poter stimare 1/50 di angolo giro, che equivarrebbe a 7° 12'. Infine, Siene non si trovava esattamente sul Tropico del Cancro: la moderna Aswān è posta 71 chilometri e 800 metri a nord di esso, e dunque il sole non può trovarsi a perpendicolo di essa. Per tutta questa serie di ragioni, la misurazione compiuta da Eratostene ha comunque dello stupefacente. Un altro geografo greco, Posidonio di Apamea (135-51 a.C.), usò in seguito lo stesso metodo di Eratostene partendo dalla distanza fra Rodi e Alessandria, e sfruttando la differenza di altezza della stella Canopo sul meridiano dei due luoghi. In tal modo egli calcolò una circonferenza terrestre di 240.000 stadi, valore molto vicino a quello trovato da Eratostene ed oscillante fra i 42.600 e i 44.300 km (l'errore di Posidonio oscilla perciò tra il 7 e l'11 %).

Torniamo ora alla Terra di Mezzo. Come diremo ancora parlando delle coordinate sferiche, la latitudine di Oxford sul nostro pianeta è 51° 45′ 7″ Nord, quella di Firenze è 43° 46′ 17″ Nord. La differenza tra le loro latitudini è quindi pari a 7° 58' 50" di meridiano, cioè a 7°,981. Siccome un miglio terrestre equivale 1609 m, 600 miglia corrispondono a 965,4 km. Detta L la lunghezza di un cerchio massimo di Arda passante per i Poli, usando il procedimento di Eratostene la sua misura si può ricavare dalla proporzione:

Il risultato che essa ci fornisce è L = 43.546,4 km (circa 27.000 miglia). Ad esso corrisponderebbe un raggio di 6934,1 km. Come detto in quel che precede, la nostra Terra ha un cerchio massimo di 39.921 km e un raggio di 6370 km, per cui il dato ricavato con il metodo di Edoardo "Almavarno" è pari al 109 % di quello che misuriamo nel "nostro" mondo. Insomma, mentre i calcoli eseguiti in precedenza facendo ipotesi sulla Cintura di Arda ci restituivano un mondo generalmente più piccolo della "nostra" Terra, con questo metodo per paradosso ne abbiamo trovato uno più grande! La differenza però può essere spiegata ammettendo che le 600 miglia citate nella lettera siano una cifra arrotondata per eccesso. Su un atlante della Terra ho verificato che la distanza tra le latitudini di Oxford e Firenze è pari a 551 miglia, cioè 887 km (distanza tra le latitudini, in direzione Nord-Sud, perchè la distanza in linea d'aria tra le due città è di 525 miglia, cioè di 845 km). Dunque è possibile che Tolkien abbia volutamente arrotondato tale distanza a 600 miglia, senza alcuna pretesa di precisione millimetrica. In tal caso sarebbe possibile affermare che effettivamente il mondo descritto da Tolkien È la nostra Terra: dopotutto, Eratostene da Cirene, che a differenza di Tolkien era un vero matematico, misurando il meridiano terrestre ha compiuto un errore maggiore del nostro Autore!

Credo che il modo migliore per chiudere questa lezione sulla forma e sulle dimensioni di Arda sia riportare il seguente brano di una intervista, tratta da questo sito, che Tolkien concesse alla BBC nel gennaio 1971. Esso ci chiarirà qual è la reale differenza, nella mente dell'Autore, tra il nostro Mondo Primario e il suo Mondo Secondario. Una differenza che non sta in misure chilometriche o in applicazioni della Legge di Gravitazione Universale, ma nel modo spesso di concepire il mondo:

« Credo che plausibilmente, Midgard possa essere la Terra di Mezzo, o c'è solo qualche connessione? »
« Oh certo, sono lo stesso termine. Molta gente ha commesso un errore nel credere che la Terra di Mezzo fosse una sorta di altro pianeta fantascientifico. Non è altro che un vecchio affascinante termine usato per indicare il pianeta in cui viviamo, immaginato circondato dall'oceano. »
« Mi è parso che la Terra di Mezzo, nel senso da lei espresso, fosse il mondo in cui viviamo, ma in un'epoca differente.
« No... ad un differente stadio dell'immaginazione, questo sì. »

I personaggi del SdA "ad un differente stadio dell'immaginazione", perchè realizzati... in mattoncini Lego!

I personaggi del SdA "ad un differente stadio dell'immaginazione", perchè realizzati... in mattoncini Lego!

 

Bene, detto questo passiamo alla prossima lezione, che sarà ancora incentrata sulla struttura che Tolkien ha voluto dare al suo universo privato, perchè in essa tratteremo di longitudini, latitudini e cartografia. Buona continuazione del nostro viaggio.