Il Più Anziano e Senza Padre

Il più anziano, ecco chi sono. Tom era qui prima del fiume e degli alberi...

(SDA, libro I, cap. VII)

 

Dopo aver parlato degli atomi e dei modi in cui essi si organizzano a formare i cristalli, vogliamo scendere ancora più in profondità nel cuore della materia, prima di avviarci al termine di questo ipertesto. Prendiamo infatti in considerazione tre passi del "Silmarillion" in cui si evidenza il concetto di progressiva decadenza dei protagonisti della saga tolkieniana. Decade anzitutto l'iniziale splendore di Melkor in quanto Valar, corrotto dal Male da lui stesso creato:

« Dallo splendore decadde, a causa dell'arroganza, al disprezzo per tutte le cose, salvo se stesso, spirito funesto e impietoso »
(Valaquenta o Novero dei Valar)

Decadono naturalmente le cose umane nei confronti dell'immortalità di Elfi e Valar.

« I custodi delle tradizioni tra gli Uomini [...] insegnavano che, mentre il nuovo mondo decadeva, l'antica via e il sentiero del ricordo dell'Ovest ancora erano certo percorribili »
(Akallabeth o La Caduta di Nùmenor)

E decadde la gloria dei Dùnedain di Arnor, man mano che il loro regno si dissolveva:

« Valandil prese dimora in Annùminas, ma il numero dei suoi si era ridotto, e degli Uomini di Eriador troppo pochi restavano per popolare la contrada e reggere tutti gli abitati fondati da Elendil nella Dagorlad, in Moldor e sui Campi Iridati, molti erano caduti. E accadde, defunto Earendur, settimo re il quale succedette a Valandil, che gli Uomini di Ovesturia, i Dùnedain del Nord, si scindessero in minuscoli regni e principati, sicché i loro nemici poterono divorarseli uno a uno. Gli anni passavano ed essi sempre più decadevano, finché la loro gloria si eclissò e ne rimasero null'altro che verdi tumuli tra l'erba. »
(Gli Anelli di Potere e la Terza Età)

Parliamo di decadimento, naturalmente, per introdurre il concetto di decadimento radioattivo; ed esso a sua volta è strettamente legato al concetto di radioattività, al quale abbiamo già accennato nella lezione dedicata ai Palantíri. Le cose andarono così. All'inizio del 1896 Antoine Henri Becquerel (1852-1908), professore di Fisica presso il Musée d'Histoire Naturelle di Parigi, mentre studiava i raggi X scoprì che alcune lastre fotografiche, da lui riposte in un cassetto insieme a dei sali di uranio, erano rimaste impressionate nonostante fossero ben protette contro la luce solare. Pare che altri prima di lui fossero incorsi nella stessa situazione, ma che avessero buttato via le lastre pensando che fossero state maneggiate senza precauzioni. Becquerel invece ebbe l'intuizione giusta: l'uranio aveva emesse spontaneamente delle radiazioni penetranti quanto i raggi X, e forse anche di più, senza bisogno di alcuna sollecitazione preventiva. Lo scienziato francese aveva scoperto la radioattività naturale. Nello stesso periodo la polacca Maria Skłodowska (1867-1934), trasferitasi a Parigi per motivi di studio, scelse come oggetto di tesi lo studio di queste nuove radiazioni. Ella passò alla storia con il nome di Marie Curie, avendo sposato il suo collega Pierre Curie (1859-1906). Prima ella dimostrò che la radioattività del materiale non dipendeva dal suo stato chimico-fisico (temperatura, pressione, fase di aggregazione, eccetera); in seguito, mentre estraeva l'uranio da un minerale chiamato pecblenda, si accorse che il minerale residuo emetteva una quantità di radiazioni assai maggiori di quella dell'uranio, e così dedusse l'esistenza di altri materiali radioattivi. Ella riuscì ad isolare dalla pecblenda altri due elementi, che chiamò polonio, in onore della sua patria, e radio, per la sua notevole attività radioattiva.

Monumento a Pierre e Marie Curie davanti all'Institut Curie di Parigi; l'Unico Anello qui è diventato una... vera nuziale!

Monumento a Pierre e Marie Curie davanti all'Institut Curie
di Parigi; l'Unico Anello qui è diventato una... vera nuziale!

 

Nel 1899 Ernest Rutherford (1871-1937), fisico neozelandese del quale abbiamo già parlato nella lezione deicata alla struttura dell'atomo, scoprì che gli elementi radioattivi emettono almeno due tipi di radiazione: egli battezzò raggi alfa la componente meno penetrante e di carica positiva, e raggi beta la componente più penetrante e di carica negativa. Nel 1900 poi il fisico francese Paul Ulrich Villard (1860-1934) scoprì una terza componente, ancora più penetrante, che battezzò raggi gamma. In seguito si scoprì che i raggi alfa sono formati da particelle, battezzate particelle alfa, che si rivelarono essere dei nuclei di elio, formati da due protoni e due neutroni. Essi vengono espulsi dai nuclei atomici nel corso del cosiddetto decadimento alfa. Ogni volta che un nucleo subisce un decadimento di questo tipo, il numero atomico si abbassa di due unità e la massa atomica di quattro unità, dato che il nucleo perde quattro nucleoni, di cui due protoni carichi positivamente:

Un esempio di decadimento alfa è quello subito dall'uranio:

Effettivamente il nucleo di elio costituisce quello che viene chiamato un "nucleo doppio magico", cioè una struttura di protoni e neutroni particolarmente stabile, esattamente come la struttura elettronica dei gas nobili. Così stabile, da venire espulsa dal nucleo di partenza tutta intera, come se fosse un'unica particella, tanto che alcuni la chiamano "elione"!

Invece i raggi beta sono costituiti da elettroni molto energetici, che però non provengono dagli orbitali circostanti il nucleo, bensì proprio dal nucleo, attraverso la reazione di decadimento di un neutrone in un protone, un elettrone e un antineutrino elettronico (si parla di elettroni beta). Tale reazione, detta decadimento beta meno, lascia costante la massa atomica, mentre il numero atomico aumenta di un'unità:

Un classico esempio è costituito dal carbonio-14, isotopo utilizzato per datare campioni archeologici, perchè la loro quantità dimezza esattamente in 5730 anni:

Esiste anche il decadimento beta più, originato dal decadimento di un protone in un neutrone, un positrone (l'antiparticella dell'elettrone) e un neutrino elettronico. Tale tipo di decadimento lascia inalterata la massa atomica, mentre il numero atomico diminuisce di un'unità:

Il decadimento beta meno è particolarmente importante perchè, a partire dall'ultimo elemento conosciuto in natura, l'uranio, con Z = 92, può generare nuovi elementi, mai osservati prima nell'universo, con numero atomico maggiore di 92. Ad esempio, il decadimento β+ dell'uranio genera un nuovo elemento, con Z = 93, scoperto nel 1940 al Radiation Laboratory dell'Università di Berkeley da Edwin McMillan (1907-1991) e Philip Hauge Abelson (1913-2004), che lo battezzarono nettunio perchè viene dopo l'uranio, così come il pianeta Nettuno viene dopo il pianeta Urano. Il decadimento β+ del nettunio genera a sua volta il plutonio, con Z = 94 (il pianeta Plutone, oggi declassato a pianeta nano, viene dopo il pianeta Nettuno), sintetizzato nel 1940 da Edwin M. McMillan, Glenn Theodore Seaborg (1912-1999), Joseph William Kennedy (1916-1957) e Arthur Charles Wahl (1917-2006). Tali elementi vengono chiamati elementi artificiali. La loro creazione ricorda quella dei Nani da parte di Aulë, sempre nel Silmarillion:

« Si narra che i Nani furono inizialmente creati da Aulë nell'oscurità della Terra-di-mezzo; infatti, tant'era il desiderio che nutriva per l'avvento dei Figli, onde avere allievi cui insegnare la propria dottrina e le proprie arti, da essere poco propenso ad attendere il compimento dei disegni di Ilùvatar. E fece i Nani tali e quali sono tuttora, perché le forme dei Figli a venire non erano ancora chiare nella sua mente, e il potere di Melkor si stendeva pur sempre sulla Terra; e desiderava pertanto che fossero forti e inflessibili. Ma, per tema che gli altri Valar biasimassero la sua opera, lavorò in segreto: e produsse per primi i Sette Padri dei Nani in un'aula sotto le montagne della Terra di mezzo. »
(QS, capitolo II)

La caratteristica principale di una sostanza radioattiva è il suo decadimento, cioè il fatto che i suoi nuclei si disintegrano, diminuendo progressivamente di numero. In base ai principi della Meccanica Quantistica, il decadimento spontaneo di un nucleo è un processo puramente casuale; in altre parole, mentre è praticamente impossibile determinare l'esatto istante in cui un determinato nucleo si disintegra, è invece possibile determinare la probabilità che un certo numero di nuclei si disintegri in un assegnato intervallo di tempo. Come? Sia N(t) il numero (molto grande) di nuclei radioattivi di un certo isotopo instabile. Dopo un breve intervallo di tempo Δt, un certo numero di quei nuclei è decaduto, e quindi sarà sopravvissuto di essi un numero N(t + Δt) < N(t). ne consegue che il numero di nuclei che si è disintegrato è pari a:

La cosiddetta attività del radioisotopo, cioè il numero di nuclei che si sono disintegrati nell'unità di tempo, è data naturalmente dal rapporto:

Se Δt tende a diventare piccolissimo, bisogna passare al limite, ed otterremo che l'attività di quell'isotopo radioattivo è pari al limite del rapporto ora scritto quanto Δt tende a zero. Ma questo rapporto è il rapporto incrementale di N(t), e il suo limite per Δt tendente a zero è la derivata di N rispetto al tempo:

     (1)

Il segno meno è necessario perchè la variazione di N(t) nel tempo espresso dalla derivata è negativa. Infatti, al trascorrere del tempo, il numero N dei nuclei considerati diminuisce inesorabilmente. Ora, come il numero dei decessi che si registrano in una certa nazione è ovviamente proporzionale al numero di abitanti della città, così, qualunque sia la natura dell'isotopo, il numero di atomi che decadono è direttamente proporzionale al numero N di atomi inizialmente presenti all'istante t. In simboli:

     (2)

dove λ è una costante di proporzionalità detta costante di disintegrazione, che ha come dimensioni fisiche l'inverso di un tempo. Confrontando tra loro la (1) e la (2) otteniamo un'equazione differenziale:

che si può scrivere, separando le variabili:

Integriamo ora entrambi i membri della precedente:

dove N0 è il numero di nuclei dell'isotopo all'istante t = 0. Si ottiene facilmente:

che, per le proprietà dei logaritmi, può essere riscritta nella forma:

e, tenendo conto del fatto che l'operazione inversa del logaritmo è l'esponenziale, si ha infine:

     (3)

Questa viene chiamata legge del decadimento radioattivo. Essa ci dice che il numero di nuclei non ancora disintegratisi decresce esponenzialmente nel tempo. L'andamento di tale curva (accostata allo stemma di Gondor perchè essa ci ricorda la decadenza di quel regno prima dell'avvento di Aragorn) è il seguente:

Si dice emivita o tempo di dimezzamento di un isotopo radioattivo, e lo si indica con T1/2, l'intervallo di tempo dopo il quale il numero totale dei nuclei si è dimezzato, passando da N0 a N0/2. Ovviamente dopo un tempo pari a 2 T1/2 il numero dei nuclei scende a N0/4, dopo 3 T1/2 passa a N0/8, e in generale dopo k T1/2 si ha N(t) = T1/2/2k. In altre parole, se l'emivita di un isotopo radioattivo è pari a un minuto, considerando un campione di 1000 nuclei dopo un minuto saranno diventati 1000/2 = 500, dopo due minuti saranno diventati 1000/4 = 250, dopo tre minuti ne saranno rimasti 1000/8 = 125, e così via.

Ponendo N = N0/2 nella (3), si ottiene:

da cui si ricava, per le proprietà dei logaritmi:

     (4)

Dunque l'emivita è legata alla costante di disintegrazione λ, ed entrambi tali parametri dipendono dall'isotopo considerato. L'inverso di λ invece prende il nome di vita media del nostro radioisotopo, e la si indica con la lettera greca τ. Essa è pari a:

     (5)

Sostituendo tale valore nella (3) si ottiene:

In pratica, τ è il tempo necessario affinché il numero di nuclei dell'isotopo considerato si riduca ad una frazione pari ad 1/e = 36,8 % del valore iniziale. La tangente in t = 0 al grafico sopra tracciato intercetta l'asse dei tempi proprio nell'istante t = τ, il che permette di affermare che τ è il tempo nel quale l'isotopo decadrebbe completamente, se il suo decadimento fosse lineare e non esponenziale. In teoria il numero dei nuclei presi in considerazione si riduce a zero solo dopo un tempo infinito, ma in pratica dopo un tempo pari a 3τ il numero di nuclei superstiti si può considerare trascurabile. Di qui il nome di vita media.

Considerando alcuni isotopi tra i più pesanti, il bismuto-209 (Z = 83) ha un'emivita di ben 20 miliardi di miliardi di anni; l'uranio-238 (Z = 92) ne ha una di 4 miliardi e 470 milioni di anni; l'uranio-235 di 704 milioni di anni; il plutonio-239 (Z = 94) di 24.200 anni; il radio-226 (Z = 88) di 1622 anni; il californio-250 (Z = 98) di 13 anni; l'einsteinio-252 (Z = 99) di 471,7 giorni; il mendelevio-258 (Z = 101) di 51,5 giorni; il dubnio-268 (Z = 105) di 29 ore; il seaborgio-269 (Z = 106) di 2,1 minuti; il bohrio-270 (Z = 107) di 61 secondi; il röntgenio-282 (Z = 111) di 0,5 secondi; e il livermorio-292 (Z = 116) di soli 18 millisecondi. Questi dati ci dicono che, nell'unità di tempo, i nuclei di radio-226 hanno una probabilità di disintegrarsi di gran lunga inferiore di quella del dubnio-268, anche se non si può escludere che qualche nucleo di dubnio "viva" più a lungo di qualche nucleo di radio. La vita effettiva di un nucleo radioattivo può variare tra zero ed infinito, dato che il decadimento è un evento puramente casuale. Se invece consideriamo un numero molto grande di nuclei di un isotopo radioattivo, ed applichiamo ad esso le equazioni della Statistica di cui abbiamo parlato nella seconda lezione, scopriamo che il valor medio delle durate delle vite dei singoli isotopi coincide proprio con la vita media definita dalla (5)!

L'attività R può essere misurata attraverso opportuni strumenti, il più semplice dei quali è il contatore Geiger, ideato nel 1913 da Hans Wilhelm Geiger (1882-1945). L'unità di misura dell'attività nel sistema internazionale è il Becquerel (simbolo Bq), così chiamato in onore dello scopritore della radioattività naturale, che equivale ad una disintegrazione al secondo. La prima unità di misura di questa grandezza, introdotta nel 1910, fu però il Curie (simbolo Ci), pari all'attività di un grammo del radio-226, materiale scoperto proprio dai coniugi Curie. Esso equivale a 37 miliardi di decadimenti al secondo:

1 Ci = 3,7 x 1010 Bq

Il busto di Marie Curie posto all'ingresso del CERN di Ginevra e da me fotografato, qui ha preso il posto di uno degli Argonath, le "Colonne dei Re" ai confini settentrionali di Gondor!

Il busto di Marie Curie posto all'ingresso del CERN di Ginevra e da me fotografato (questo è l'originale), qui ha preso il posto di uno degli Argonath, le "Colonne dei Re" ai confini settentrionali di Gondor!

 

Tanto per fare un esempio, consideriamo un campione di plutonio-239. Di esso sappiamo già che T1/2 = 24.400 anni = 24.400 x 365 x 24 x 3.600 secondi = 7,69 x 1011 s. Applicando la (4) e la (5) se ne conclude che:

λ = 0,693/T1/2 = 9 x 10–13 s–1

τ = 1 / λ  = 1 / 9 x 10–13 s–1 = 1,11 x 1012 s

Supponiamo di avere un grammo di plutonio-239. La mole di tale isotopo equivale a 239 grammi, e siccome una mole di sostanza contiene un numero di Avogadro dei suoi atomi, un grammo ne conterrà:

N = 6,022 × 1023 / 239 = 2,52 x 1021

Per la (2) la sua attività sarà pari a:

R = λ N = 9 x 10–13 x 2,52 x 1021 = 2,27 x 109 Bq = 0,06 Ci

Vediamo ora un'altra importante applicazione di quanto appena studiato. Facciamo riferimento al già citato carbonio-14, scoperto il 27 febbraio 1940 dal chimico statunitense Willard Frank Libby (1908-1980), che per questa scoperta ottenne il Premio Nobel nel 1960; di esso si è detto che ha un'emivita di 5730 anni.  Tutti gli organismi viventi scambiano continuamente carbonio con l'atmosfera attraverso processi di respirazione o fotosintesi, oppure lo assimilano nutrendosi di altri esseri viventi o sostanze organiche. Di conseguenza, finché un organismo è vivo, il rapporto tra la sua concentrazione di 14C e quella degli altri isotopi di carbonio si mantiene costante e uguale a quella che si riscontra nell'atmosfera. Dopo la morte dell'organismo, però, questi processi hanno fine e l'organismo non scambia più carbonio con l'esterno. Per effetto del decadimento radioattivo, quindi, la concentrazione di carbonio-14 diminuisce nel tempo secondo la formula (3). Con uno spettrometro di massa, strumento in grado di misurare la percentuale di ogni isotopo dentro un campione, determiniamo dunque la quantità di 14C contenuta in un reperto archeologico organico (ad es. un reperto di osso, o i resti di un antico focolare preistorico) in rapporto al 12C, che è un isotopo stabile. Supponiamo che la percentuale di carbonio-14 misurata sia pari al 19,4 % di quella che dovrebbe esserci nella miscela isotopica naturale. Ciò significa che N/N0 = 0,194. Dalla (3) segue che eλt = 0,194, e che quindi λt = – ln 0,194 = 1,639, dove t è l'età del nostro reperto. Ora, la costante di disintegrazione del 14C vale:

λ = 0,693/T1/2 = 0,693/5730 anni = 1,209 x 10–4 anni–1

E quindi l'età del nostro campione è pari pressappoco a:

t = 1,639/λ = 1,639/1,209 x 10–4 = 13.556 anni

Con il metodo del radiocarbonio, come lo battezzò Libby, si ottengono datazioni con un margine di errore compreso tra il 2 e il 5 % e fino ad un'età massima di circa 50.000 anni: per campioni più antichi, la concentrazione di 14C è troppo bassa per poter essere misurata con sufficiente precisione. Altri metodi di radiodatazione, usati per campioni più antichi, sono il potassio-argo, che sfrutta il decadimento di potassio-40 in argo-40 con un'emivita di 1.3 miliardi di anni, il samario-neodimio che sfrutta il decadimento di samario-147 in neodimio-147 con T1/2 = 1.06 x 1011 anni, e l'uranio-piombo che sfrutta il decadimento dell'uranio-235 in piombo-207 con un'emivita di circa 700 milioni di anni e quello dell'uranio-238 in piombo-206 con un'emivita di circa 4,5 miliardi di anni. Con essi è possibile datare praticamente qualsiasi fossile della lunga storia geologica della Terra. E fossili da datare ce n'erano sicuramente anche nell'universo di Tolkien, visto che all'inizio dei tempi, durante la Primavera di Arda, vivevano creature, come alghe ed invertebrati, che popolarono anche il nostro pianeta nella preistoria più remota, come attesta questo passo del Silmarillion:

« Per lunghe ere i Valar dimorarono felici nella luce degli Alberi di là dalle Montagne di Aman, ma tutta la Terra di Mezzo giaceva nel crepuscolo sotto le stelle. Allorché le Lampade splendevano, la crescita vi si era iniziata, mentre adesso era interrotta perché tutto era tornato buio. Ma già le più antiche cose viventi erano sorte: nei mari le grandi alghe e sulla terra l'ombra di grandi alberi; e nelle vallate tra le colline avvolte dalla notte v'erano nere creature vecchie e forti... »
(QS, cap. III)

Naturalmente non è detto che un nucleo radioattivo debba per forza decadere in uno stabile: esso può invece decadere in un altro nucleo instabile, il quale a sua volta si trasforma in un altro, e così via, fino a raggiungere finalmente un nucleo stabile. Questa catena di disintegrazioni prende il nome di serie radioattiva. Oggi si conoscono quattro serie radioattive, che prendono nome dal capostipite della catena; tre sono naturali (la serie del torio, dell'attinio e dell'uranio) ed una è artificiale (la serie del nettunio). La più famosa è la serie dell'uranio, detta anche serie del radio, che parte dall'uranio-238 e arriva al piombo-206 (stabile) attraverso una successione di 14 decadimenti che può seguire diversi percorsi, il più probabile dei quali è il seguente:

1) 238U decade alfa in torio-234 con T1/2 = 4,468 miliardi di anni
2) 234Th decade beta meno in protoattinio-234 in 24,1 giorni
3) 234Pa decade beta meno in uranio-234 in 6,75 ore
4) 234U decade alfa in torio-230 in 245.500 anni
5) 230Th decade alfa in radio-226 in 75.380 anni
6) 226Ra decade alfa in radon-222 in 1622 anni
7) 222Rn decade alfa in polonio-218 in 3,824 giorni
8) 218Po decade alfa in piombo-214 in 3,05 minuti
9) 214Pb decade beta meno in bismuto-214 in 26,8 minuti
10) 214Bi decade beta meno in polonio-214 in 19,8 minuti
11) 214Po decade alfa in piombo-210 in 163,7 microsecondi
12) 210Pb decade beta meno in bismuto-210 in 22,3 anni
13) 210Bi decade beta meno in polonio-210 in 5,4 giorni
14) 210Po decade alfa in piombo-206 in 138,4 giorni
15) 206Pb è stabile.

La serie dell'uranio o del radio è detta anche serie 4 n + 2, per via della relazione numerica che fornisce, per n intero, le masse atomiche degli isotopi che la compongono. La serie del torio è detta anche serie 4 n, parte dal torio-232 ed arriva fino al piombo-208. La serie dell'attinio è detta anche serie 4 n + 3, parte dall'uranio-235 ed arriva sino al piombo-207. Infine, la serie artificiale del nettunio è detta anche serie 4 n + 1, parte da plutonio-241 e giunge fino al tellurio-205 (un tempo si diceva fino al bismuto-209, perchè tale isotopo era ritenuto stabile, mentre oggi sappiamo che anch'esso decade alfa, anche se la sua emivita è un miliardo di volte più lunga dell'attuale età dell'universo!).

Si noti che, nei minerali di 'uranio e di torio, è possibile trovare tracce di tutti questi elementi, in quali sono generati proprio dal decadimento dell'uranio-238, del torio-232 e dell'uranio-235, i capostipiti delle rispettive catene. In effetti, questi elementi in natura non dovrebbero affatto esistere. Infatti, come gli Elfi sono virtualmente immortali mentre gli Uomini sono destinati a morire di vecchiaia, così in Natura esistono isotopi stabili, che non decadono mai (ad esempio il carbonio-12), ed altri instabili che si disintegrano in altri nuclidi attraverso decadimenti alfa, beta meno o beta più (ad esempio il carbonio-14). L'uranio-238 fa parte di questa seconda categoria. Ma allora, perchè troviamo in natura dei giacimenti di uranio? Perchè esso ha un tempo di dimezzamento lunghissimo, quasi quattro miliardi e mezzo di anni, e l'universo ha un'età di "soli" 13,8 miliardi di anni. Applicando la (3), ne consegue che l'11,75 % dell'uranio-238 generato al momento del Big Bang esiste ancora. Invece, considerando per esempio il radio-226 con una emivita di 1622 anni, la quantità di tale isotopo generata al momento del Big Bang si è già dimezzata così tante volte (otto milioni e mezzo di volte, per la precisione), che non ne rimane più neanche un nucleo. Il radio-226 che noi troviamo in tracce in natura (da sette tonnellate di un minerale di uranio chiamato pechblenda, i coniugi Curie estrassero appena un grammo di radio!) esiste proprio perchè fa parte della catena di decadimento dell'uranio-238, così come altri isotopi come il bismuto-210, con vita estremamente più breve. Invece gli isotopi come l'uranio-238, l'uranio-235 e il torio-232 (che ha un'emivita di ben 14 miliardi di anni, superiore all'attuale età dell'universo!) vengono rinvenuti in natura perchè sopravvivono ancora dai tempi del Big Bang in cui vennero forgiati, e per questo sono detti isotopi primordiali. Essi ci ricordano Ingwë, che insieme a Finwë e ad Elwë fu il più antico tra i Re degli Elfi, il quale (a differenza di Finwë ed Elwë, deceduti) dall'antichissima Era degli Alberi ancora oggi sopravvive in Aman e regna saggiamente sul suo popolo:

« Oromë scelse fra gli Elfi ambasciatori che si recassero a Valinor e parlamentassero in nome del loro popolo; ed erano costoro Ingwë, Finwë ed Elwë, che più tardi divennero re. [...]
Gli Eldar si prepararono dunque a una grande marcia dalle loro prime dimore in oriente; e si disposero in tre schiere. La minore, la prima a mettersi per via, era guidata da
Ingwë, supremo signore di tutta la razza degli Elfi. Egli entrò in Valinor e siede ai piedi delle Potenze, e tutti gli Elfi ne venerano il nome; ne mai tornò, mai rimirò la Terra di Mezzo; i Vanyar erano la sua gente; essi sono gli Elfi Chiari, cari a Manwë e Varda, e pochi tra gli Uomini hanno avuto a che fare con loro. »
(QS, cap. III)

Tornando alla catena radioattiva dell'uranio di cui abbiamo parlato sopra, in un piano cartesiano con la massa atomica A in ascisse e il numero atomico Z in ordinate, essa può essere così rappresentata:

Questa successione di nuclei instabili, e quindi destinati a decadere, non ci ricorda qualcos'altro? Ma certo: la successione dei Re di Númenor, i quali avevano un unico cruccio, l'essere soggetti alla morte, come ci ricorda il "Silmarillion":

« In antichi tempi, la città principale e porto di Númenor si trovava nella zona centrale delle coste occidentali di quella terra, ed era detta Andùnië perché volta al tramonto. Ma al centro del paese sorgeva un monte alto e ripido, detto Meneltarma, cioè Pilastro del Gelo, e sovr'esso stava un luogo elevato consacrato a Eru Ilùvatar, non cintato né coperto da tetto, e nessun altro tempio o santuario s'aveva nella terra dei Númenórean. Ai piedi del monte vennero costruite le tombe dei Re... »
« In quei giorni, l'Ombra s'addensò su Númenor; e le vite dei
Re della Casa di Elros declinarono... »
(Akallabeth)

Ed ecco la successione completa dei sovrani númenoreani, come la leggiamo nei "Racconti Incompiuti" (le date sono espresse in anni della Seconda Era):

1) Elros (32-442)
2) Vardamir (442)
3) Tar-Amandil (442-590)
4) Tar-Elendil (590-740)
5) Tar-Meneldur (740-883)
6) Tar-Aldarion (883-1075)
7) Tar-Ancalimë (Regina, 1075-1280)
8) Tar-Anárion (1280-1394)
9) Tar-Súrion (1394-1556)
10) Tar-Telperiën (Regina, 1556-1731)
11) Tar-Minastir (1731-1869)
12) Tar-Ciryatan (1869-2029)
13) Tar-Atanamir il Grande (2029-2221)
14) Tar-Ancalimon (2221-2386)
15) Tar-Telemmaitë (2386-2526)
16) Tar-Vanimeldë (Regina, 2526-2637)
17) Herucalmo (usurpatore, 2637-2657)
18) Tar-Alcarin (2657-2737)
19) Ar-Belzagar (2737-2825)
20) Ar-Abattarîk (2825-2899)
21) Ar-Adûnakhôr (2899-2962)
22) Ar-Zimrathôn (2962-3033)
23) Ar-Sakalthôr (3033-3102)
24) Ar-Gimilzôr (3102-3177)
25) Ar-Inziladûn (3177-3255)
26) Tar-Míriel (Regina, 3255)
27) Ar-Pharazôn (usurpatore, 3255-3319)

Da notare che Ar-Pharazôn il Dorato, ultimo Re di Nùmenor, è posto a conclusione di questa prosapia di sovrani discesi da Beren e Lúthien perchè, nella sua smodata ambizione, desiderò di estorcere ai Valar il dono dell'immortalità, proprio come il piombo-206 è l'unico isotopo stabile, tra tutti i quindici della catena dell'uranio. Con la differenza che lo sbarco sacrilego di Ar-Pharazôn sulla terra di Aman, interdetta agli Uomini, provocò la reazione furente di Ilúvatar, che sommerse l'Isola dei Re e buona parte del popolo dei Dúnedain. Tuttavia Elendil scampò alla Caduta e fondò un'altra catena radioattiva... pardon! Volevo dire un'altra dinastia regale...

Ma vi è un'altra curiosa analogia tra l'Universo Secondario tolkieniano e il mondo della Fisica dei Nuclei e delle Particelle, ed è collegata al numero TRE.

In una delle precedenti lezioni abbiamo visto come, da una concezione in cui l'atomo era considerato assolutamente indivisibile (secondo l'etimologia del suo nome), si è passati a successivi modelli che prevedono una sua struttura interna, in grado di prevedere fenomeni come la formazione degli spettri degli elementi. Negli anni trenta del XX secolo si giunse ad individuare TRE componenti fondamentali dell'atomo: l'elettrone, il protone e il neutrone.

Ben presto però lo "zoo" delle particelle subatomiche si arricchì di nuovi esemplari, dal muone, scoperto nei raggi cosmici nel 1936 da Carl David Anderson (1905-1991), al neutrino, teorizzato nel 1930 da Wolfgang Pauli e scoperto nel 1956 da Clyde Cowan (1919-1974) e Frederick Reines (1918-1998), per non parlare di particelle più esotiche come i pioni, fondamentali per interpretare l'interazione nucleare forte, o la particella omega, la prima scoperta (nel 1964) formata a sua volta solo da particelle "strane", alle quali accenneremo tra poco. Le particelle vennero catalogate a loro volta in TRE famiglie, a seconda della loro massa: leptoni (le più leggere), mesoni (di massa intermedia) e barioni (le più pesanti). Ad esempio, il protone è un barione, il pione è un mesone e l'elettrone è un leptone. Si noti che tale suddivisione riguarda solamente le masse, non altre proprietà (come lo spin) o un'eventuale struttura interna, proprio come Mendeleev aveva proposto una classificazione degli elementi chimici basata unicamente sul peso atomico. Ebbene, come nell'ottocento occorreva mettere ordine nella tavola periodica di Mendeleev, e tutti gli elementi chimici conosciuti vennero infine interpretati usando solo i suddetti elettrone, protone e neutrone, così negli anni '60 del XX secolo si sentiva l'esigenza di mettere ordine nello "zoo" delle particelle subatomiche.

A trovare la chiave di questa semplificazione fu lo statunitense di origine ucraina Murray Gell-Mann (1929-), professore di fisica teorica presso il California Institute of Technology di Pasadena. Questi propose quello che oggi è universalmente noto come il Modello a Quark, nel quale mesoni e barioni (complessivamente chiamati anche adroni) vengono "costruiti" usando solo sei particelle, che Gell-Mann battezzò "quark" partendo da un termine senza significato apparente coniato da James Joyce (1882-1941) nel suo romanzo "Finnegans Wake": « Three quarks for Muster Mark ». La materia ordinaria può essere tutta ricostruita usando i primi due quark, detti Up e Down, che infatti sono costituenti di protoni e neutroni; per particelle più esotiche, come il suddetto barione Omega, occorrono altri quattro quark, battezzati Charm, Strange, Top e Bottom.

I leptoni tuttavia non manifestarono alcuna struttura interna: l'elettrone, ad esempio, è finora apparso sempre puntiforme ad ogni verifica sperimentale. Per spiegare tutte le particelle conosciute occorrono così almeno 12 particelle, 6 quark e 6 leptoni, più le loro antiparticelle, a cui vanno aggiunte le particelle mediatrici delle interazioni fondamentali. La teoria che studia le suddette particelle e le rispettive interazioni è nota come Modello Standard. Oggi il Modello Standard delle particelle elementari è universalmente accettato, e ha ricevuto nel 2012 una clamorosa conferma con la scoperta, ampiamente pubblicizzata dalla stampa, del cosiddetto Bosone di Higgs.

La cosa davvero incredibile però consiste nel fatto che, nell'ambito del Modello Standard, i mattoni fondamentali della materia si possono ulteriormente suddividere in TRE famiglie, ciascuna costituita da 4 particelle e 4 antiparticelle:

Questo continuo ritornare del numero TRE nella Fisica delle Particelle ci ricorda che TRE sono anche i popoli di Arda: Elfi, Uomini e Nani! Ecco dunque uno schema riassuntivo delle tre famiglie di corpuscoli, dove ad ogni quark sono associati tre possibili "colori" (una proprietà che nulla ha che vedere con la visione umana):

Ogni famiglia comprende due leptoni, o meglio un leptone e il suo corrispondente neutrino, e due quark, più i rispettivi antileptoni ed antiquark. I neutrini sono particelle estremamente sfuggenti, prive di carica elettrica, che interagiscono unicamente attraverso l'interazione nucleare debole e possono tranquillamente attraversare l'intera Terra senza mai interagire. È scoperta recente il fatto che i neutrini possono "oscillare", cioè cambiare famiglia. Infatti negli anni '60 si scoprì che dal Sole ci arriva solo un terzo dei neutrini previsti dall'astrofisica, e ciò fomentò illazioni catastrofiste di sette le quali ritenevano prossima l'esplosione del sole in supernova e la fine del mondo (su questa falsa credenza è basato il romanzo "Voci di Terra Lontana" di Arthur C. Clarke, versione fantascientifica della leggenda del Diluvio Universale). In realtà venne scoperto negli anni '80 che, di una popolazione di neutrini elettronici, un terzo può "oscillare" e trasformarsi in neutrini muonici, e un terzo in neutrini tauonici. Una conferma sperimentale dell'oscillazione neutrinica è arrivata nel giugno 2015 dall'esperimento OPERA sotto il Gran Sasso: analizzando i dati raccolti da esso tra il 2008 e il 2012, sono stati scoperti cinque neutrini tauonici nel fascio di neutrini muonici provenienti dal CERN di Ginevra dopo aver percorso 730 km nel sottosuolo. Però tale oscillazione non è spiegabile nell'ambito del Modello Standard, e lascia dunque intravedere un'ulteriore fisica, la cui scoperta sarà compito dei fisici del Terzo Millennio.

Usando queste particelle, è possibile interpretare tutte le reazioni nucleari conosciute. Prendiamo per esempio in considerazione il decadimento del neutrone, che è alla base del decadimento beta meno, da noi spiegato in quel che precede:

Un protone è formato da due quark up (u) e da un quark down (d). Il quark u ha carica + 2/3, il quark d ha carica – 1/3, per cui la carica totale è pari a + 2/3 + 2/3 – 1/3 = + 1, come ci aspettiamo dal protone. Il neutrone invece è formato da due quark down e da un quark up, per una carica totale di + 2/3 – 1/3 – 1/3 = 0, ed infatti il neutrone è privo di carica. Il decadimento beta avviene per effetto della forza nucleare debole, la quale porta un quark up a trasformarsi in un quark down con l'emissione di un bosone W. Quest'ultimo a sua volta decade in un elettrone e in un antineutrino elettronico, secondo questo schema in puro stile tolkieniano:

Bisogna aggiungere che la Prima Famiglia è formata da particelle stabili, mentre le altre due da particelle che decadono in quelle della Prima Famiglia: ad esempio, il muone decade in 2,2 microsecondi in un elettrone, un antineutrino elettronico e un neutrino muonico:

Secondo alcuni fisici, la stabilità delle particelle della prima famiglia in contrapposizione a quelle delle altre due, unitamente al fenomeno dell'oscillazione dei neutrini, potrebbe rivelare una ulteriore struttura interna di queste particelle, fin qui considerate elementari. In effetti, finora ogni esperienza di scattering sugli elettroni (in analogia alla famosa esperienza di Rutherford che condusse alla scoperta del nucleo atomico) ha fatto pensare che esse siano particelle perfettamente puntiformi, ed anche il neutrino è così piccolo e sfuggente da far scuotere il capo con scetticismo, quando si formulano teorie su una sua ulteriore struttura interna. Tuttavia, già nel 1974 il pakistano Abdus Salam (1926-1996) e l'indiano Jogesh Pati (1937-) formularono il modello a preoni, che propone l'esistenza di queste nuove particelle come costituenti fondamentali di quark e leptoni. Nel 1979 gli israeliani Haim Harari (1940-) e Nathan Seiberg (1956-) dell'Università Ebraica di Gerusalemme proposero invece il cosiddetto modello a Rishoni (in ebraico "primari"), nel quale bastano due particelle, T e V (dall'ebraico "Tohu Vabohu", "informe e vuota", espressione tratta dal secondo versetto della Genesi), e le loro antiparticelle T e V per fabbricare tutte le particelle a noi note; ad esempio, TTT rappresenterebbe la struttura dell'elettrone, VVV quella del neutrino elettronico, mentre TTV, TVT e VTT rappresenterebbero i tre "colori" del quark up. Infine, anche la teoria delle stringhe della quale parleremo diffusamente nella prossima lezione, assegna una struttura interna (per quanto non composta da particelle come noi le intendiamo) a tutte le particelle conosciute. Si noti che queste teorie considerano le particelle della seconda e della terza famiglia degli "stati eccitati" di quelle della prima, e ciò spiegherebbe perchè finiscono per decadere in queste ultime.

Aggiungiamo due parole riguardo alla stranezza. Quando si usa questa parola nel linguaggio comune, ci si riferisce a tutto ciò che esula dalla "normalità" del mondo che ci circonda. Naturalmente essa viene utilizzata un numero incredibile di volte nel Legendarium tolkieniano, nel quale compaiono un sacco di realtà assolutamente "strane" rispetto al "nostro" universo, dall'Unico Anello che rende invisibili fino all'aspetto deforme degli Orchi. Tanto per fare un solo esempio, ecco l'aggettivo "strano" usato a buon diritto per descrivere gli Ent:

« I cavalieri giunsero al bosco e si fermarono; Uomini e cavalli erano restii ad entrare. Gli alberi parevano grigi e minacciosi e circondati da ombre o da nebbia. Le estremità dei lunghi rami ondeggianti pendevano come dita intente a perquisire, le radici uscivano dal terreno come membra di strani mostri, e buie caverne si aprivano sotto di essi. [...]
Mentre parlava, dagli alberi uscirono tre
strane figure. Erano alte come Troll, dodici piedi o più; i corpi possenti, solidi come alberi vigorosi, parevano coperti di vesti o di pelle assai strette color grigio e marrone. [...] "Sono i pastori degli alberi", spiegò Gandalf. »
(SdA, libro III, cap. VIII)

In Fisica, invece, il concetto di "stranezza" indica una particolare proprietà di alcune particelle elementari: esse hanno alte sezioni d'urto di produzione, il che suggerisce che il processo sia governato dall'interazione nucleare forte, ma lunghi tempi di decadimento, tipici invece dell'interazione nucleare debole. La prima particella di questo tipico ad essere scoperta fu la particella lambda (Λ), un barione scoperto nel 1947 dagli inglesi George Dixon Rochester (1908-2001) e Clifford Charles Butler (1922-1999) durante l'analisi dei raggi cosmici: nonostante si prevedesse per essa una vita media dell'ordine di 10−23 secondi, essa in realtà mostrò una vita media dell'ordine di 10−10 secondi. Siccome tutto in Fisica deve essere espresso in termini matematici, fu introdotto il concetto di numero quantico di stranezza, che è pari a zero per protone e neutrone, + 1 per il barione Λ e per il mesone K, + 2 per il barione Σ e + 3 per il barione Ω. Murray Gell-Mann "materializzò" il numero quantico di stranezza in un quark, il quark strange appunto, il quale, entrando nella composizione dei barioni e dei mesoni, conferisce loro tale bizzarra proprietà. Ad esempio, il barione Λ è composto da un quark up, un quark down e un quark strange (u, d, s), mentre il mesone K da un quark down e da un antiquark strange (d, s). Si noti che il quark strange fa parte della seconda famiglia, e dunque ci aspettiamo che decada nelle particelle della prima famiglia. Il numero quantico di stranezza inoltre  si conserva attraverso le interazioni forti, che sono quelle attraverso cui le particelle "strane" si producono. Invece le interazioni nucleari deboli non conservano la stranezza, ed è grazie ad esse che tali particelle possono decadere. Ad esempio, il mesone K decade in due pioni, π+ e π, grazie ad un quark antistrange che si trasforma in un quark antiup più un bosone W+, mentre il barione Λ si trasforma in un protone e in un π perchè il quark strage decade in un quark up più un bosone W, come mostra il seguente schema in versione pergamena elfica:

A questo punto, però, la domanda si impone: perché esistono solo TRE famiglie di particelle? Nessuna teoria finora è in grado di spiegarlo. Sarebbe come chiedersi: perchè le razze di Arda sono solo TRE, e ad esempio non vi sono i fauni o i centauri o i minotauri, che compaiono invece nelle "Cronache di Narnia" di C.S. Lewis? Forse solo Ilúvatar potrebbe fornire una risposta a questa domanda. Tuttavia, altre "razze" nella Terra di Mezzo esistono effettivamente, come gli Hobbit e gli Ent, se proprio vogliamo trascurare gli Orchi, originatisi da Elfi resi schiavi da Melkor. E così, anche nella Fisica che noi conosciamo è partita la "caccia" alla ricerca di ulteriori famiglie di particelle, costituenti tipi di materia davvero esotica ed "aliena" per i nostri standard comuni. La scoperta di neutrini "sterili", cioè non in grado di interagire neppure con la forza nucleare debole, lascia intravedere nuovi scenari; in attesa di scoperte clamorose, tuttavia, per ora le famiglie di particelle a noi note restano TRE. Viene in mente, a proposito di questa ricerca, la famosa boutade di Albert Einstein: « La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perchè. Se mettiamo insieme la teoria e la pratica, non c'è niente che funziona, e nessuno sa il perchè! »

Ma DOVE, principalmente, vengono portate avanti queste ricerche, così importanti per esplorare il cuore della materia? Per quanto ciò possa parervi strano, il luogo dove è stata effettuata la maggior parte delle scoperte sopra elencate, e dove i fisici contano di compierne molte altre negli anni a venire, assomiglia incredibilmente ad uno dei luoghi chiave dell'azione del "Signore degli Anelli": sto parlando delle Miniere di Moria, il più potente dei regni dei Nani, nonché le loro più celebrate miniere, scavate sotto le Montagne Nebbiose all'epoca di Durin I il Senzamorte: 

« "Ci dev'essere stata una gran folla di Nani qui, un tempo", disse Sam; "ed ognuno più laborioso di un tasso durante cinquecento anni, per poter scavare tutto questo, e la maggior parte in roccia dura persino! Perchè l'hanno fatto? Non mi direte che vivevano in questi tenebrosi buchi?"
"Questi non sono buchi", disse Gimli. "Qui è il grande reame e la città di Nanosterro. In antico non era tenebroso, bensì inondato di luce e di splendore, come ancora ricordano le nostre canzoni." »
(SdA, libro II, cap. IV)

Il fatto che il reame di Khazad-dûm fosse situato nel sottosuolo non può fare a meno di ricordarci che anche l'LHC, il maggior acceleratore di particelle del Pianeta Terra, si trova ad oltre 90 metri di profondità. al confine tra Svizzera e Francia alla periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin. Ed è stato realizzato ad opera del CERN (dal francese "Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire", "Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare"), di cui questo è il sito ufficiale. La convenzione che istituiva il CERN fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Svizzera (la Jugoslavia, membro fondatore, ne uscì nel 1961). Oggi ne fanno parte 21 stati membri, essendosi aggiunti l'Austria nel 1959, la Spagna nel 1983, il Portogallo nel 1985, la Finlandia nel 1991, la Polonia nel 1991, l'Ungheria nel 1992, la Repubblica Ceca e la Slovacchia nel 1993, la Bulgaria nel 1999 e Israele nel 2013. Sono in lista d'attesa per una futura adesione Romania e Serbia, mentre sono membri associati Brasile, Cipro, Pakistan, Turchia ed Ucraina; sono osservatori Giappone, India, Russia e Stati Uniti d'America, oltre all'UNESCO. Il CERN aveva lo scopo di costituire un'unica organizzazione europea per la ricerca sulla fisica delle particelle, e rappresentò una delle prime occasioni di associazione unitaria europea.

La mappa delle miniere di Moria a confronto con quella dell'LHCLa mappa delle miniere di Moria a confronto con quella dell'LHC

La mappa delle miniere di Moria a confronto con quella dell'LHC

 

Gli esperimenti condotti oggi nell'ambito del CERN sfruttando un complesso di acceleratori di particelle e le più innovative e precise apparecchiature di rilevamento, attraverso le quali i ricercatori cercano di ricostruire in maniera controllata gli avvenimenti immediatamente successivi al Big Bang. In tutto il CERN ospita un complesso di ben sette acceleratori di particelle, costruiti successivamente nel tempo, per aumentare sempre più l'energia e la velocità delle particelle accelerate, nonché la precisione dei dati raccolti sperimentalmente. Lo scopo degli acceleratori è quello di produrre fasci di particelle (elettroni, positroni, protoni, antiprotoni...) con elevata energia cinetica, usando campi elettrici e magnetici per accelerarle e spingerle su una traiettoria curvilinea. Sarebbe come se volessimo studiare come funziona il motore di una Ferrari e, nell'impossibilità di aprirne il cofano, la mandassimo a sbattere a tutta velocità contro una Porsche, per studiare poi i rottami che si formano. In pratica i fisici ricreano attraverso le collisioni una serie di mini-Big Bang, ed osservano tramite opportuni rivelatori il comportamento delle particelle che si vengono a creare immediatamente dopo. Il PS (Proton Synchrotron) fu costruito nel 1959, mentre al 1976 risale l'SPS (Super Proton Synchrotron), un acceleratore circolare. Dal 1989 al 2000 operò il LEP (Large Electron-Positron Collider), che accelerava e faceva collidere elettroni e positroni. Dal 10 settembre 2008 cominciò invece ad operare l'LHC ("Large Hadron Collider"), il maggiore e il più potente acceleratore esistente al mondo, costato la bellezza di cinque miliardi di euro, che fa invece scontrare tra di loro protoni ed antiprotoni. Il suo nome, "Grande Collisore di Adroni", si riferisce al fatto che esso accelera e fa collidere adroni (dal greco "hadros", "forte"), le particelle elementari che avvertono la forza nucleare forte. Tali particelle comprendono i barioni, come per l'appunto protoni ed antiprotoni, composti da tre quark, e i mesoni, composti da una coppia quark-antiquark. Infatti gli urti elettroni-positroni del LEP servivano per eseguire misure di alta precisione nella Fisica delle Particelle, mentre gli urti tra adroni consentono di esplorare stati esotici della materia quali esistevano solo pochi istanti dopo il Big Bang. Oggi l'LHC ha tali potenzialità da attrarre ricercatori da ogni parte del mondo, persino dalla Cina e dagli Stati Uniti, e il budget raggiunge il miliardo di franchi svizzeri, cui l'Italia contribuisce per il 10 %. Dal 4 novembre 2014, direttore del CERN è l'italiana Fabiola Gianotti (1962-), la prima donna a guidare il laboratorio europeo in 60 anni, nota per aver contribuito alla scoperta del Bosone di Higgs.

L'LHC ha davvero dimensioni degne di non farlo sfigurare a confronto con la città sotterranea di Nanosterro, consistendo in un anello di 27 chilometri di circonferenza, alloggiato nella galleria posta a 100 metri di profondità dove già si trovava il suo predecessore LEP. In esso vengono fatti viaggiare due fasci di particelle a velocità pari al 99,9999991 % della velocità della luce, così da raggiungere un'energia di ben 8 TeraelettronVolt, anche se si spera di raggiungere i 14 TeV, che rappresentano il limite teorico della macchina. A queste energie, al CERN è possibile studiare le reazioni avvenute tra le particelle primordiali ad un tempo di circa 10–11 secondi dopo il Big Bang. I fasci viaggiano in senso contrario e in condotti separati, e sono guidati all'interno dell'anello dell'acceleratore mediante un campo magnetico che viene mantenuto costante da elettromagneti superconduttori. Essi sono mantenuti alla temperatura di – 271,3° C, circa 2 Kelvin, una temperatura inferiore a quella dello spazio siderale, grazie ad un sistema di distribuzione di elio liquido; a quella temperatura infatti le bobine dei magneti conducono l'elettricità senza incontrare praticamente alcuna resistenza, un fenomeno scoperto nel 1911 dal fisico olandese Heike Kamerlingh Onnes (1853-1926). Migliaia di magneti di differenti tipologie e dimensioni dirigono il fascio di particelle all'interno dell'anello dell'acceleratore, e presso i punti di collisione ha l'obiettivo di "addensare" i fasci di particelle, in modo da aumentare la possibilità di collisione tra di loro, evento che viene programmato in quattro punti dell'anello, corrispondenti alle posizioni dei quattro rivelatori di particelle, operanti ognuno per un progetto differente, ATLAS, CMS, ALICE e LHCb. 

ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) e CMS (Compact Muon Solenoid) sono stati progettati per contribuire alla scoperta del bosone di Higgs, del quale parleremo tra poco; essi sono stati giustamente definiti degli "immensi microscopi", in grado di spingere il nostro guardo fino alle particelle più sfuggenti. Inoltre CMS si occupa della ricerca di nuove dimensioni spazio-temporali, alle quali invece accenneremo nella prossima lezione. Alcune particelle infatti sembrano "sparire" da certe traiettorie per "riapparire" ad energie maggiori, come se avessero viaggiato attraverso "dimensioni nascoste"! ALICE (A Large Ion Collider Experiment) invece vuole studiare una nuova fase della materia chiamata plasma di quark e gluoni (i gluoni sono le particelle mediatrici della forza nucleare forte). In pratica, vengono fatti scontrare tra loro nuclei di piombo privati degli elettroni, fino ad arrivare ad una temperatura di 2000 miliardi di Kelvin! A tale temperatura, i quark che costituiscono gli adroni si "scollano" tra di loro e danno vita ad una materia primordiale indistinta, una "zuppa" di quark e gluoni per l'appunto, che si pensa sia esistita ai primordi della storia di Eä (come Tolkien avrebbe chiamato l'Universo sensibile), circa 10 microsecondi dopo il Big Bang. Tale stato della materia fu ricreato per la prima volta proprio al CERN il 19 settembre 2000. Da ultimo, LHCb (Large Hadron Collider beauty), è un esperimento che vuole studiare le collisioni tra protoni ad energie ultrarelativistiche, allo scopo di studiare un tipo particolare di quark, il quark beauty (chiamato anche bottom), di cui si è ipotizzata l'esistenza per spiegare la violazione della simmetria CP, un tipo di simmetria quasi esatta delle leggi di natura nell'ambiente di uno scambio tra le particelle e le loro corrispondenti antiparticelle. Tale violazione non sarebbe completamente spiegabile all'interno del Modello Standard, e richiederebbe nuovi modelli, tra cui ad esempio la Supersimmetria, che proprio l'LHC potrebbe confermare od escludere. Inoltre alcuni protoni accelerati da LHC vengono mandati a collidere contro bersagli di berillio e grafite, e generano neutrini, inviati verso il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso per venire registrati dagli esperimenti ICARUS e OPERA. Nell'ambito di queste ricerche fu presa una solenne cantonata, annunciando la scoperta di neutrini più veloci della luce, in contrasto con la Relatività di Einstein, per riconoscere poi che tutto era dovuto ad una mancata sincronizzazione tra gli orologi atomici di Ginevra e quelli del Gran Sasso!

Negli anni il CERN ha conseguito vari importanti successi nel campo della fisica delle particelle, tra i quali ricordiamo la scoperta della corrente debole neutra nel 1974 nella camera a bolle "Gargamelle"; la scoperta dei bosoni W± e Z0, nel 1983, per la quale fu assegnato il Premio Nobel all'italiano Carlo Rubbia (1934-) e all'olandese Simon van der Meer (1925-2011); la prima creazione di atomi di anti-idrogeno nell'esperimento PS210 al Low Energy Antiproton Ring; ed infine la scoperta di un bosone compatibile con il bosone di Higgs, della quale parleremo più approfonditamente qui sotto. Nella notte tra il 20 e il 21 maggio 2015 poi l'LHC ha conquistato un nuovo record: sono stati fatti scontrare due fasci di protoni con un'energia mai raggiunta prima, pari a 13 TeraelettronVolt: si spera che questo sia il primo passo verso l’esplorazione di una « nuova fisica » al di là del Modello Standard. Inoltre il World Wide Web, uno dei principali servizi di internet al mondo, è nato al CERN nel 1989, da un'idea del britannico Sir Timothy Berners-Lee (1955-) e del belga Robert Cailliau (1947-). Il computer utilizzato da Berners-Lee per realizzare il primo server web è oggi esposto al Museo Microcosm del CERN.

Un altro confronto che ha dell'incredibile: le grandi sale della città di Nanosterro (tratte da questo sito) a confronto con l'alloggiamento sotterraneo dell'esperimento LHCb, fotografato dal mio studente Marco Crespi il 14 ottobre 2014

 

Si prevede che l'LHC resti in funzione fino al 2036; i ricercatori però hanno già iniziato a progettare il suo successore, che dovrebbe essere il CLIC ("Compact LInear Collider"), un acceleratore lineare di particelle che sarà lungo ben 50 km, da Ginevra fino a Losanna, con moltissime sezioni acceleratrici. Esso dovrebbe superare di gran lunga le potenzialità dell'LHC, permettendoci di spingere il nostro sguardo ancora più in prossimità del Big Bang, nonché di cercare prove dell'esistenza di particelle supersimmetriche. Nel frattempo Europa, USA e Giappone stanno lavorando all'ILC ("International Linear Collider"), che però non sarà pronto prima del 2025. A chi poi chiedesse se vale la pena investire capitali immensi in queste macchine colossali, rispondiamo che una ricaduta immediata nella nostra società esse ce l'hanno: consentono infatti di mettere a punto radioterapie sempre più efficaci, in grado di combattere efficacemente il cancro (nel caso dell'LHC si parla in particolare di "adroterapia", che presto potrebbe diventare di uso comune).

Vogliamo ora approfondire una delle principali scoperte che fanno parte del blasonato palmares del CERN di Ginevra. Per arrivare a parlarne, vorrei partire da un fatto evidente per tutti i lettori attenti del Signore degli Anelli: l'Unico Anello, pur essendo relativamente piccolo e maneggevole, si dimostra incredibilmente pesante per il suo Portatore. Ne sa qualcosa Sam quando, credendo Frodo morto, decide di assumersi lui il compito di portare a compimento la missione e distruggere l'Anello:

« Chinando il capo, [Sam] si passò la catena intorno al collo, e il peso dell'Anello lo curvò quasi sino a terra, come se gli avessero appeso un pesante macigno. »
(SdA, libro IV, cap. X)

E non è tutto: l'Unico Anello diventa sempre più pesante, man mano che si avvicina al Monte Fato:

«Appena avvistato il Monte Fato che ardeva in lontananza, Sam si era accorto di un cambiamento sopravvenuto nel suo fardello. Man mano che si avvicinava alle immense fornaci dove, negli abissi del tempo, era stato modellato e forgiato, il Potere dell'Anello aumentava, ed esso si faceva sempre più pesante: soltanto una potente forza di volontà avrebbe potuto domarlo. E benché non lo avesse infilato, ma appeso alla catena intorno al collo, Sam si sentiva come ingigantito, ed aveva l'impressione che un'immensa e deforme ombra di se stesso lo avvolgesse, una gigantesca e nefasta minaccia ferma sulle mura di Mordor. »
(SdA, libro VI, cap. I)

Non va meglio a Frodo, quando ormai la sua (dis)avventura volge al termine:

« Durante tutto il giorno Frodo non aveva parlato, avanzando curvo, inciampando spesso, come se i suoi occhi non vedessero più la strada. Sam comprese che, fra tutte le loro pene, il suo padrone doveva sopportare la peggiore, il peso crescente dell'Anello, un carico per il suo corpo e un peso per la sua mente... »
(SdA, libro VI, cap. III)

Ma che cosa rende gli oggetti più o meno pesanti? Oggi possiamo fornire una risposta convincente: il campo di Higgs! Vale la pena di dilungarsi su di esso, perchè ci permetterà di parlare di un altro argomento centrale della Fisica delle particelle: l'Inflazione dell'Universo.

Quanto oggi sappiamo circa il cosmo primordiale, scaturito dal Big Bang, è complicato da due apparenti paradossi. Il primo riguarda la geometria su larga scala dell'universo. Nei 13,8 miliardi di anni trascorsi dalla sua tumultuosa nascita, l'universo non ha mai cessato di espandersi, come ha appurato per la prima volta Edwin Hubble (1889-1953) e Padre Georges Lemaître (1894-1966). Anche dopo un'era così lunga di espansione, tuttavia, il cosmo e rimasto quasi perfettamente piatto, come dimostra il fatto che in esso la luce viaggia in linea retta. Ma c'e un problema. La teoria della Relatività Generale implica infatti che un universo piatto è piuttosto improbabile, tra tutte le possibili evoluzioni dell'universo. Si può infatti dimostrare che un universo leggermente non piatto devierebbe rapidamente dalle caratteristiche di universo piatto nel corso della sua espansione. Se fosse stato non piatto anche di pochissimo, ora ci apparirebbe aperto, in cui cioè lo spazio e curvo come la superficie di una sella, oppure chiuso, in cui lo spazio e curvo come la superficie di una sfera. Quindi, per apparire ancora oggi piatto, l'universo avrebbe dovuto avere caratteristiche iniziali perfettamente calibrate, come se qualcuno "avesse voluto" che l'universo avesse proprio questo esito.

Il secondo paradosso consiste nel fatto che l'universo ci appare isotropo, cioè identico in tutte le direzioni, e anche questo è sconcertante. La luce proveniente da un'estremità dell'universo osservabile infatti ha raggiunto l'estremità opposta solo in tempi recenti. Questa distanza implica che regioni molto lontane dell'universo non hanno potuto comunicare tra loro, cioè non sono state in relazione causale tra di loro; ma allora, come hanno potuto evolvere in modo così simile? (è il cosiddetto Problema dell'Orizzonte)

La soluzione fu trovata nel 1980 da Alan Guth (1947-) e Andrei Dmitriyevič Linde (1948-): l'universo avrebbe attraversato una fase di espansione estremamente rapida immediatamente dopo essere nato (per la precisione tra 10−36 e 10−32 secondi dopo il Big Bang). È quella che il giovane fisico chiamò teoria dell'inflazione. Guth giunse a questa conclusione riflettendo su un'idea fondamentale del Modello Standard, chiamata rottura spontanea della simmetria, la quale descrive cosa accade quando un'unica forza si disaccoppia in due o più forze tra di loro separate. La rottura spontanea della simmetria molto probabilmente è avvenuta almeno una volta nell'universo: secondo la cosiddetta teoria elettrodebole, due delle forze fondamentali, quella elettromagnetica e quella nucleare debole (responsabile del decadimento radioattivo dei nuclei atomici), oggi ci appaiono distinte, ma un tempo erano parte di un'unica forza, chiamata per l'appunto interazione elettrodebole. Mano a mano che l'universo si raffreddava, ad un'età di appena un millesimo di miliardesimo di secondo (10–12 s) subì una "transizione di fase" simile alla trasformazione dell'acqua dallo stato liquido a quello solido, transizione che cambiò la natura stessa dello spazio. Lo spazio vuoto venne riempito da un nuovo campo, oggi conosciuto come campo di Higgs, dal nome dello scienziato britannico Peter Higgs (1929-), Premio Nobel per la Fisica nel 2013, al quale abbiamo già accennato sopra parlando dell'LHC.

Il campo di Higgs influisce sul modo in cui le particelle si propagano nello spazio: quelle che interagiscono con questo campo, ad esempio quelle che trasmettono la forza debole, avvertono una sorta di "resistenza", a causa della quale si comportano come particelle dotate di massa. Quelle invece che non interagiscono con il campo, come il fotone che trasporta la forza elettromagnetica, rimangono prive di massa. Come risultato, la forza debole e la forza elettromagnetica iniziarono a comportarsi in modo differente, rompendo la simmetria che le aveva mantenute unite fino ad allora. In pratica, fino a 10–10 secondi dopo il Big Bang tutte le particelle viaggiavano alla stessa velocità; solo quando si attivò il campo di Higgs con la formazione dei Bosoni omonimi, le particelle acquistarono una massa e rallentarono. Questa ipotesi e stata verificata dall'LHC il 4 luglio 2012, con l'annuncio della scoperta del Bosone di Higgs, la particella mediatrice del campo di Higgs, che ha una massa di ben 125 GigaelettronVolt, cioè 133 volte la massa del protone. Già il LEP del CERN e il Tevatron del Fermilab lo avevano cercato, ma solo l'LHC raggiunse gli 8 TeraelettronVolt necessari per osservare il Bosone di Higgs con la precisione richiesta. La scoperta fu annunciata il 4 luglio 2012 dalla già nominata Fabiola Gianotti, in quanto portavoce di ATLAS, e ha condotto al conferimento del Premio Nobel per la Fisica nel 2013 a Peter Higgs e al belga Francois Englert (1932-).

Gandalf qui fa scaturire dal suo magico bastone il risultato di uno degli eventi di collisione protone-protone avvenuto nel corso dell'esperimento CMS del CERN, eventi analizzando i quali si cercava strenuamente il Bosone di Higgs!

 

Guth pensò che un altro evento simile di rottura di simmetria poteva essere avvenuto in un momento ancora precedente nel passato dell'universo. Prima di questo evento, tre delle quattro forze fondamentali del cosmo (la forza elettromagnetica, quella nucleare debole e quella nucleare forte), ma non la gravità, potevano essere collegate tra loro, così come la forza elettromagnetica e quella nucleare debole nella successiva rottura di simmetria. In effetti, varie prove indirette suggeriscono che tale fenomeno si sia verificato circa 10–35 secondi dopo il Big Bang. Mentre l'universo si raffreddava, si sarebbe verificata una transizione di fase che cambiò di colpo la natura dello spazio. Come nel caso del campo di Higgs, questa transizione sarebbe avvenuta a causa di un campo, sotto l'effetto del quale la forza elettrodebole avrebbe iniziato a comportarsi in modo diverso dalla forza nucleare forte, rompendo spontaneamente la loro simmetria. Come nel caso del campo di Higgs, il campo responsabile della rottura di simmetria sarebbe trasportato da particelle esotiche di massa elevata, ma le loro masse coinvolte sarebbero estremamente più elevate di quella del Bosone di Higgs, tanto che sarebbe necessario un acceleratore di particelle 10.000 miliardi di volte più potente dell'LHC per poter generare quelle particelle; e questo probabilmente le terrà per sempre fuori dalla nostra osservazione diretta. Le teorie che descrivono questo fenomeno prendono il nome di GUT (Grand Unification Theories, Teorie di Grande Unificazione), dato che il loro scopo è quello di riunificare le tre forte non gravitazionali dell'universo in un'unica forza.

Alan Guth capì che questo tipo di rottura spontanea della simmetria nell'universo primordiale avrebbe potuto risolvere tutu i problemi della teoria del Big Bang se, almeno per un breve periodo, il campo responsabile di questa rottura fosse rimasto in uno stato "metastabile". Cosa significa? L'acqua ad esempio si trova in uno stato "metastabile" quando la temperatura ambiente scende rapidamente sotto il punto di congelamento, ma essa non congela immediatamente; quando alla fine effettivamente solidifica, cioè quando la transizione di fase e completata, l'acqua libera una quantità di energia chiamata calore latente. Alla stessa maniera, il campo che ha provocato la transizione di fase delle GUT potrebbe aver rapidamente immagazzinato una gigantesca quantità di energia latente nello spazio. Durante il breve periodo di inflazione, questa energia avrebbe generato una forza di repulsione che avrebbe portato l'universo ad espandersi in modo esponenziale. Quello che ora è l'universo osservabile avrebbe aumentato le proprie dimensioni di 25 ordini di grandezza in meno di 10–35 secondi, da dimensioni miliardi di volte più piccole di quelle di un protone (circa 10−50 metri) fino a dimensioni paragonabili a quelle di un pallone da calcio. Come il campo di Higgs è mediato da una particella chiamata Bosone di Higgs, così il campo inflazionario dovrebbe essere mediato da un'ipotetica particella chiamata inflatone; anche il Bosone di Higgs sarebbe un tipo particolare di inflatone. Come avviene quando si gonfia un palloncino, inoltre, questa straordinaria espansione avrebbe anche reso l'universo piatto ed isotropo, risolvendo in modo naturale i due apparenti paradossi della struttura su larga scala dell'universo cui abbiamo accennato poco fa!

L'ipotesi ora descritta, per quanto convincente, ci fornisce però più domande che risposte. Infatti, anche se l'inflazione cosmica spiegherebbe molto di ciò che osserviamo oggi nel cosmo, ancora non disponiamo di una teoria che descriva esattamente il fenomeno inflazionario, e ciò in larga parte perché non conosciamo i dettagli della Grande Unificazione, come il livello preciso di energia al quale le forze sarebbero state unificate. Infatti, versioni diverse dell'inflazione avrebbero generato universi radicalmente differenti. E, come si è detto, per decidere qual è la versione più corretta non possiamo appigliarci ad esperimenti condotti all'LHC o in qualunque altro acceleratore dell'immediato o del lontano futuro. Sono state perciò battute strade alternative. Negli stessi anni in cui Guth proponeva la teoria inflazionaria, due fisici russi, Aleksei A. Starobinsky (1948-) e Valery A. Rubakov (1955-), fecero notare che l'inflazione dovrebbe produrre un flusso di onde gravitazionali; se riuscissimo ad osservarle, anche a così grande distanza di tempo, otterremmo una prova schiacciante che l'inflazione è davvero avvenuta, e potemmo studiare i processi quantistici che l'hanno governata. Le onde gravitazionali però sono debolissime, e rilevarle potrebbe essere estremamente difficile, tanto che lo stesso Einstein temeva che non sarebbero mai state osservate; di esse negli ultimi tempi si è occupato il programma BICEP2 (Background Imaging of Cosmic Extragalactic Polarization), che ha scoperto una polarizzazione della radiazione cosmica di fondo che si pensa dovuta alle onde gravitazionali primordiali, ma senza approdare a risultati inequivocabili, perchè tale polarizzazione potrebbe essere dovuta anche ai granelli di polvere diffusi negli spazi siderali. Invece il satellite Planck Surveyor dell'Agenzia Spaziale Europea, lanciato il 14 maggio 2009, studiò con cura le anisotropie della radiazione cosmica di fondo ottenendo una mappa dell'Universo appena 380.000 anni dopo il Big Bang, alla ricerca di prove dell'Inflazione, ma anche in questo caso senza fornire certezze né ai sostenitori né ai detrattori della teoria inflazionaria.

Un team internazionale di scienziati formato da Mattew J. Dolan dello SLAC (Stanford Linear Accelerator Center), da Philip Harris del CERN a Ginevra, da Martin Jankowiak dell'Università di Heidelberg in Germania e da Michael Spannowsky dell'Università di Durham nel Regno Unito, ha poi proposto che proprio il bosone di Higgs sia tra i responsabili del fatto che noi siamo fatti di materia, mentre l'antimateria è sparita subito dopo il Big Bang. Si tratta in effetti di uno dei maggiori problemi irrisolti della Fisica contemporanea: se all'inizio del tempo sono state prodotte tante particelle quante antiparticelle, perché oggi vediamo quasi esclusivamente le prime? Cosa ha prodotto la vittoria schiacciante della materia sull'antimateria, senza la quale l'universo nella sua composizione attuale e anche noi oggi non saremmo qui?

Al momento del Big Bang ci doveva essere una sostanziale parità tra materia e antimateria (esse differiscono soltanto per la carica elettrica: ad una particella con carica positiva corrisponde un'antiparticella con carica negativa, e viceversa). Quando particelle e antiparticelle si incontrano, esse danno vita al fenomeno dell'annichilazione: si annullino a vicenda con liberazione di una grande quantità di energia. Tuttavia, fin dai primordi questa perfetta simmetria è stata rotta e l'ago della bilancia è stato nettamente spostato verso la materia. Quali eventi fisici alla base della struttura dell'universo hanno decretato la supremazia della seconda rispetto alla prima? A fornire una possibile risposta è un fenomeno fisico chiamato "violazione della simmetria CP", alla quale abbiamo già accennato prima, che favorisce la materia a discapito dell'antimateria: scoperto cinquant'anni fa presso il laboratorio di Brookaven a Long Island, presso New York, fu confermato solo negli anni duemila. A studiare tale fenomeno, come si è detto, è stato il CERN a Ginevra, concepito per la ricerca del bosone di Higgs: se esso è responsabile della massa di tutte le altre particelle, perché non potrebbe essere implicato anche nella sparizione dell'antimateria? I ricercatori hanno intenzione di studiare il particolare decadimento del bosone in due particelle tau (vedi lo schema soprastante), un processo dimostrato sperimentalmente solo in tempi molto recenti; in esso il bosone dà luogo a due particelle tau e a due getti di altre particelle; dall'angolo con cui vengono "spruzzati" questi getti sarà possibile capire se il bosone è coinvolto nella rottura dell'equilibrio tra materia e antimateria.

Altri invece hanno proposto risposte diverse per giustificare il sopravvento della materia sull'antimateria, preso all'inizio della storia dell'universo. Vale la pena di citare la teoria, pubblicata l'11 febbraio 2015, secondo cui il responsabile di questo potrebbe essere il bosone di Higgs, o più precisamente il campo di Higgs associato alla particella. Se infatti il campo di Higgs avesse avuto un valore molto elevato nei primi istanti dell'universo e fosse andato gradualmente diminuendo, avrebbe avuto l'effetto di differenziare le masse delle particelle dalle loro antiparticelle nel corso del tempo, creando così un'anomalia, poiché attualmente l'antimateria ha la stessa massa, ma carica opposta rispetto alla materia. Questa differenza di massa, a sua volta, avrebbe potuto rendere più probabile la formazione di particelle di materia che di antimateria nei primi istanti dell'universo, producendo l'eccesso di materia che vediamo oggi. « È una buona idea che merita ulteriori approfondimenti », ha spiegato il fisico Kari Enqvist dell'Università di Helsinki, che ha studiato la possibilità che il campo di Higgs possa essere diminuito nel corso del tempo. « L'inflazione dell'universo ha una proprietà molto particolare: permette ai campi di saltare da un valore a un altro », ha aggiunto Alexander Kusenko dell'Università della California a Los Angeles. Durante l'inflazione, che ha modificato radicalmente l'universo nell'arco di un tempo brevissimo, il campo di Higgs potrebbe essere passato da un valore a un altro a causa di fluttuazioni quantistiche, ed essersi bloccato su un valore molto elevato una volta terminato il processo inflattivo. Successivamente, avrebbe raggiunto un valore "di equilibrio" più basso ma, mentre cambiava continuamente il suo valore, avrebbe potuto conferire alle particelle di materia masse diverse rispetto alle loro controparti di antimateria. In questo modello, le particelle più leggere sono emerse con più frequenza, poiché richiedevano meno energia per formarsi. Quindi, se la materia fosse stata più leggera, avrebbe potuto diventare rapidamente più abbondante.

Il motivo per cui il campo di Higgs ha potuto variare così facilmente durante l'inflazione potrebbe consistere nel fatto che la massa misurata del bosone di Higgs, la particella associata al campo, è relativamente bassa: circa 126 GeV, ovvero 118 volte la massa del protone. Si tratta di un valore un po' più basso di quello previsto da diverse teorie. Si può pensare al campo di Higgs come alla valle di Gran Burrone, posta tra due alte montagne: il valore del campo è rappresentato dall'altitudine della valle, mentre la massa del bosone determina la pendenza delle pareti rocciose. « Se la valle ha una forma molto arrotondata, allora probabilmente i lati sono molto ripidi », ha dichiaro Kusenko. « Il valore misurato ci dice che le pareti non sono molto ripide: ciò significa che il campo di Higgs potrebbe saltare e raggiungere un valore molto diverso, in altre valli con quote più elevate ». Enqvist concorda sul fatto che il bosone potrebbe benissimo aver iniziato con valori molto superiori a quelli di oggi. La separazione della materia dall'antimateria dipenderebbe dalla presenza di una particella prevista per via teorica ma non ancora rivelata sperimentalmente: il neutrino pesante di Majorana. Oltre al neutrino elettronico, muonico e tauonico visti sopra, infatti, potrebbe anche esistere un quarto neutrino, molto più pesante degli altri e quindi più difficile da rivelare perché, quanto più una particella è pesante, tanto maggiore deve essere l'energia che un acceleratore deve raggiungere per crearla. La peculiarità di questa particella sarebbe quella di coincidere con la propria controparte di antimateria. In altre parole, non esisterebbero due versioni, una di materia e l'altra di antimateria, della particella: nel caso dei neutrini di Majorana, la materia coinciderebbe con l'antimateria.

Nell'universo primordiale, questa duplice natura avrebbe messo i neutrini nelle condizioni di diventare particelle di antimateria e viceversa. Le leggi della meccanica quantistica consentono alle particelle di trasformarsi in altre particelle per brevi istanti di tempo, ma normalmente la conversione tra materia e antimateria è proibita. Tuttavia, se una particella di antimateria, per esempio un antineutrino elettronico, si fosse trasformato in un neutrino di Majorana, quest’ultimo avrebbe potuto trasformarsi in un neutrino elettronico, oppure altrettanto facilmente ritornare nella sua forma originale di antineutrino elettronico. E se allora il neutrino fosse stato più leggero dell'antineutrino, a causa del campo di Higgs variabile, il neutrino stesso si sarebbe formato con maggiore probabilità, dando potenzialmente alla materia un vantaggio sull'antimateria. Finora il neutrino di Majorana ha eluso ogni tentativo di rivelazione; tuttavia, gli esperimenti dell'LHC sperano finalmente di trovarlo. Kusenko e colleghi hanno ipotizzato anche che il processo di trasformazione del campo di Higgs da loro teorizzato avrebbe potuto creare particolari campi magnetici che ancora si troverebbero nell'universo attuale: in tal caso, si potrebbero rilevare. Se dimostrata, l'esistenza di tali campi fornirebbe la prova che il campo di Higgs è effettivamente diminuito di valore molto tempo fa. I ricercatori hanno appena iniziato a studiare le proprietà che questo campo magnetico avrebbe e a pensare a come determinarle, ma la semplice possibilità che ciò accada apre la prospettiva allettante che la teoria abbia conseguenze verificabili, risolvendo finalmente il mistero dell'antimateria.

A questo punto, non possiamo chiudere la nostra lezione sulla Fisica delle Particelle senza citare un'altra realtà venuta alla ribalta negli ultimi decenni, che ci permette di stabilire un ulteriore, interessante parallelo con la Terra di Mezzo. Infatti, come si è visto noi cerchiamo nuove famiglie di particelle invisibili, quando invece sappiamo che nuove particelle devono ben esistere, perchè noi ne osserviamo gli effetti, pur non sapendole catalogare; così come vi è in Arda un personaggio la cui esistenza è sicura, ma la cui effettiva natura rimane sconosciuta. Ci stiamo riferendo nel primo caso alla cosiddetta "materia oscura", responsabile della "massa mancante" dell'universo, e nel secondo a Tom Bombadil. Quest'ultimo viene chiamato anche Iarwain Ben-adar, ossia "il Più Anziano e Senza Padre"; e alla domanda di Frodo « Messere, chi sei? », egli così risponde, in maniera a dir poco enigmatica:

« Il più anziano, ecco chi sono. Ricordate, amici, quel che vi dico: Tom era qui prima del fiume e degli alberi; Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda. Egli tracciò i sentieri prima della Gente Alta, e vide arrivare la Gente Piccola. Era qui prima dei Re e delle tombe e degli Spettri dei Tumuli. Quando gli Elfi emigrarono a ovest, Tom era già qui, prima che i mari si curvassero; conobbe l'oscurità sotto le stelle quand'era innocua e senza paura: prima che da Fuori giungesse l'Oscuro Signore. »
(SdA, libro I, cap. VII)

Tom Bombadil qui non se la prende con il Vecchio Salice, ma con la Materia Oscura che permea l'Universo in una simulazione realizzata dal Center for Cosmological Physics dell'Università di Chicago. Il cubo in figura ha uno spigolo di 140 milioni di anni luce!

Tom Bombadil qui non se la prende con il Vecchio Salice, ma con la Materia Oscura che permea l'Universo in una simulazione realizzata dal Center for Cosmological Physics dell'Università di Chicago (tratta da questo sito). Il cubo in figura ha uno spigolo di 140 milioni di anni luce!

 

Tolkien non ha mai fornito chiarimenti riguardo alla sua esistenza, salvo affermare che egli nacque da un gioco di suo figlio Michael, e solo in un secondo momento venne inserito nel Legendarium, alla cui struttura mitologica però appare abbastanza estraneo. Sicuramente non è un elfo, pur essendo dotato di una vita così lunga; potrebbe essere uno degli Istari (di solito si dice che essi sono cinque, ma nei "Racconti Incompiuti" si fa cenno al fatto che ve ne potrebbero essere altri), o uno dei Valar in incognito che ha preso forma umana (forse Oromë, il Vala che più di tutti amava la Terra di Mezzo e le foreste), o ancora una creatura unica, superstite di una razza più antica di tutte tra i Figli di Ilúvatar. Simpatica, ma poco credibile, la proposta, avanzata da alcuni fan, che Tom sia una rappresentazione letteraria dello stesso Tolkien. Altre ipotesi stravaganti sostengono che Bombadil rappresenti Väinämöinen, protagonista del poema nazionale finlandese "Kalevala" (ma questa deità creatrice è stata identificata con vari personaggi del Legendarium) oppure Adam Kadmon, figura del misticismo ebraico che rappresenta una sorta di centro antropocentrico del cosmo e di "Eletto" dotato di straordinari poteri, in quanto primo tra gli uomini. Le parole della sua sposa Baccador (« Tom Bombadil è Signore ») e il fatto che Tom Bombadil sia « senza Padre » rendono convincente piuttosto l'ipotesi che egli sia addirittura un'ipostasi di Ilúvatar in persona; lo stesso Tolkien comunque lascia volutamente quest'essere avvolto da un alone di mistero. Lo stesso mistero che sembra avvolgere la materia oscura, un tipo di materia assolutamente invisibile, della quale però scorgiamo gli effetti gravitazionali. Misurando infatti la velocità di rotazione delle galassie e stimandone la massa dal numero di stelle che le compongono, l'astrofisica americana Vera Rubin (1928-2016) si accorse che i conti non tornano, e che la massa delle galassie dovrebbe essere assai superiore a quella che noi riusciamo a vedere. Questo nuovo tipo di materia può interagire solo gravitazionalmente con la materia visibile, ma non attraverso le forze nucleari o quelle elettromagnetiche, e ciò spiega perchè essa non emette radiazione percepibile dai nostri strumenti. Nel 2014 è stata addirittura annunciata la scoperta di un numero impensato di "galassie nane" satelliti della Via Lattea, alcune delle quali potrebbero essere interamente costituite di materia oscura, infittendo il mistero circa la reale natura delle particelle che potrebbero costituirla. Aveva proprio ragione il nostro Carlo Rubbia, quando affermava che « la Natura è più intelligente e meglio organizzata di qualsiasi mente umana »!

Moltissimi candidati sono stati proposti per ricoprire il ruolo di materia oscura: una eventuale "quarta famiglia" di particelle, tanto per ricollegarci al discorso fatto sopra; dei neutrini dotati di massa; l'assione, una particella assolutamente nuova introdotta dal fisico olandese Gerard 't Hooft (1946-) e prodotta in grande quantità al momento del Big Bang; una nuova genia di particelle chiamate supersimmetriche, corrispondenti delle particelle cui siamo abituati attraverso una particolare simmetria della natura chiamata supersimmetria; e persino la materia di un universo "parallelo", invisibile ma in grado di interagire con il nostro attraverso la gravità, come accenneremo nella lezione successiva. Insomma, tante teorie diverse e tutte inconciliabili tra di loro, esattamente come nel caso della reale identità di Tom Bombadil. Arriveremo mai ad individuare la natura della materia oscura? Certo questa sarà una delle maggiori sfide degli scienziati del XXI secolo, insieme al tentativo di realizzare una "Teoria del Tutto", una caccia più appassionante di quella dei mitici Silmarilli, a cui dedicheremo l'ultimo capitolo di questo nostro ipertesto.

 

A questo punto, non ci resta altro da fare che avventurarci, sotto la guida di Tolkien, tra le più ardite teorie della Fisica contemporanea, rispetto alle quali non solo il modello quantomeccanico di Bohr e l'Equazione di Schrödinger, ma anche il Modello Standard così come noi lo conosciamo appare decisamente roba d'altri tempi. Se non avete paura di inoltrarvi con me attraverso la pianura di Mordor... opps! Pardon, attraverso le estreme frontiere della Fisica degli anni Duemila, cliccate qui e seguitemi nella prossima lezione!