Impero Bizantino, anno 7519 (2011 d.C.)

di Autori Vari

scritta per celebrare la Festa di Utopiaucronia il 28 giugno 2011

Ecco la seconda parte dell'ucronia che prevede un Impero Bizantino sopravvissuto fino ai giorni nostri. Per leggere la prima parte, cliccate qui.

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L'ascesa della Germania

Il Basileus Andrea V muore improvvisamente il 30 marzo 1867 a soli 51 anni, probabilmente di crepacuore per aver visto il suo impero così ridimensionato senza che egli potesse evitarlo. Siccome ha solo tre figlie femmine, il Senato decide di offrire la corona al genero, Wilhelm Georg di Schleswig - Holstein - Sonderburg - Glücksburg, figlio secondogenito di Re Cristiano IX di Danimarca, che a sua volta ha solo 21 anni (è nato il 24 dicembre 1845), ed ha sposato la Porfirogenita Sofia, di appena 20 anni. Il Principe accetta, prende il nome di Giorgio I e fonda una nuova dinastia, tuttora sul trono, nota a Bisanzio come la Dinastia dei Glücksburg o Dinastia Danese (o anche la Dinastia Fortunata, dato che Glücksburg in tedesco significa "Città della Fortuna"). Da Giorgio e Sofia nasceranno nove figli:

1) Costantino (nato il 2 agosto 1868), che sposerà la Principessa Sofia di Prussia e succederà al padre con il nome di Costantino XVI;
2) Giorgio (24 giugno 1869 – 25 novembre 1957), Governatore dell'isola di Creta, che il 18 novembre 1905 diverrà primo Re della Norvegia indipendente con il nome di Haakon VII;
3) Zoe (18 agosto 1870 – 24 marzo 1953), che il 6 luglio 1893 sposerà il Principe Giorgio Federico di Sassonia-Coburgo-Gotha, nipote della Regina Vittoria, destinato a salire al Trono del Regno Unito il 6 maggio 1910 con il nome di Giorgio V;
4) Elena (13 luglio 1871 - 21 gennaio 1951), che sposerà il Re d'Albania Emanuele I di Savoia-Aosta;
5) Nicola (22 gennaio 1873 – 8 febbraio 1939), che sposerà la Granduchessa Elena Vladimirovna di Russia e sarà Ambasciatore Bizantino a San Pietroburgo durante i concitati giorni della Rivoluzione d'Ottobre;
6) Maria (3 marzo 1876 – 14 dicembre 1940), che sposerà l'ammiraglio bizantino Perikles Ioannidis;
7) Luisa (1 maggio 1881 – 28 luglio 1881), che morirà all'età di tre mesi;
8) Cristiano (20 gennaio 1882 – 3 dicembre 1944), che sposerà la Principessa Alice di Battenberg (1885-1969) e sarà il padre del Principe Filippo di Edimburgo, consorte di Elisabetta II del Regno Unito;
9) Cristoforo (10 agosto 1888 – 21 gennaio 1940), eroe della Prima Guerra Mondiale, che sposerà la Principessa Françoise d'Orléans (1902-1953), da cui nascerà il Principe Michele, uno dei maggiori scrittori bizantini contemporanei.

Naturalmente la Prussia non si accontenta di comandare la Confederazione Tedesca del Nord, e diventa inevitabile lo scontro con Napoleone III, il quale sogna di annettere la Renania e il Lussemburgo, e mal tollera lo strapotere prussiano sulla Germania. La goccia che fa traboccare il vaso e la querelle riguardante la successione al trono di Spagna, rimasto vacante dopo che la rivoluzione del settembre 1868 ha rovesciato Isabella II: Bismarck propone come nuovo sovrano Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen, nipote del re di Prussia Guglielmo I: una proposta che il Secondo Impero considera perniciosa, in quanto porterebbe ad un accerchiamento della Francia da parte degli Hohenzollern, come già avvenuto ai tempi dell'impero di Carlo V. Di fronte al veto francese, il 12 luglio 1870 il principe Leopoldo ritira la sua candidatura, ma napoleone III è ancora insoddisfatto, e per mezzo del suo ministro degli Esteri Gramont fece chiede al re Guglielmo I di Prussia, che si trova nella località termale di Ems, presso Coblenza, l'impegno a non ripresentare neanche in futuro candidature tedesche. Guglielmo I, irritato, risponde con un rifiuto educato e fa sapere a chiare lettere che considera conclusa la vicenda. Il 13 luglio telegrafa a Bismarck (che si trova a Berlino) per riferirgli l'episodio. Il Cancelliere di Ferro allora cancella abilmente alcune frasi dal telegramma (il celeberrimo Dispaccio di Ems), in modo da far apparire la risposta di Guglielmo I come irriguardosa nei confronti di Napoleone III. L'Imperatore dei Francesi ci casca e, offeso, dichiara guerra alla Prussia, proprio come Bismarck sperava. Contrariamente a quanto previsto da Napoleone, gli Stati tedeschi a sud del fiume Meno (Baviera, Württemberg e Baden) si uniscono immediatamente alla Confederazione Tedesca del Nord nella guerra contro la Francia, mentre l'Austria, l'Italia, la Danimarca e la Russia si dichiarano neutrali, nonostante tutti i tentativi diplomatici di coinvolgerle nel conflitto. Allora Parigi prova a contattare l'Impero Bizantino, ritenendo che esso abbia motivi di riconoscenza nei confronti del Secondo Impero, che lo ha salvato dalla spartizione, ma neanche Alessandro Koumoundouros vuole saperne di inimicarsi la Prussia, proprio ora che ha iniziato a tappe forzate la ricostruzione nazionale dopo la guerra e la perdita di gran parte dei Balcani. E così la Francia si ritrova sola contro la massima potenza militare del mondo.

Napoleone III, mossosi per primo, riesce ad occupare Saarbrücken, ma il 31 agosto 1870 subisce a Sedan una delle peggiori disfatte della storia francese. Catturato dai prussiani, l'Imperatore è costretto ad abdicare, proprio a differenza di quanto avvenuto a Bisanzio dopo la catastrofe del 1866. Il 4 settembre il governo di Parigi è facilmente rovesciato; Leon Gambetta, Jules Favre ed Ernest Picard proclamano la Repubblica, mentre il paese piomba nel caos, invaso dalle armate prussiane. Il Governo provvisorio cerca di continuare la guerra, ma il generale prussiano Von Moltke pone l'assedio a Parigi e Leon Gambetta fugge a Tours su una mongolfiera. I tedeschi occupano una città dopo l'altra, finché il 19 febbraio 1871 il nuovo presidente francese . Adolphe Thiers è costretto a chiedere l'armistizio. Il 18 gennaio i principi tedeschi riuniti nella Galleria degli Specchi della Reggia di Versailles, sede del quartier generale tedesco, hanno proclamato Guglielmo I di Prussia Imperatore di Germania. Il Trattato di Pace di Francoforte, del 1 marzo, è duramente punitivo nei confronti della Francia, che deve cedere Alsazia e Lorena alla Germania, ed è costretta a pagare un'indennità di guerra di 5 miliardi di franchi d'oro in tre anni. Il popolo parigino, indignato dai provvedimenti draconiani adottati dai Repubblicani e dal trattato di pace capestro, si solleva, e socialisti ed anarchici il 28 marzo proclamano la Comune di Parigi, un esperimento comunista che, dopo inaudite violenze da entrambe le parti, viene schiacciata nel sangue dai prussiani. Intanto il Regno d'Italia approfitta delle difficoltà francesi per prendere Roma con un colpo di mano il 20 settembre 1870; il 24 giugno 1871 la capitale italiana è trasferita ufficialmente nella Città Eterna, il Lazio diventa la diciannovesima regione, la decima a statuto ordinario. Pio IX scomunica Vittorio Emanuele II e tutti i governanti italiani, si rinchiude sdegnato in Vaticano ed obbliga i cattolici a non partecipare alla vita politica italiana: un errore grave, perchè per decenni la politica del Regno sarà in mano ai massoni. Inoltre, in seguito al conflitto del 1870-71 la Germania sostituisce la Francia come prima potenza politica, economica e militare del continente europeo, ma i francesi si sentono umiliati e covano un sentimento di rivincita (revanscismo) che polarizzerà in funzione antitedesca la politica francese per i successivi cinquant'anni, portando infine alla catastrofe della Prima Guerra Mondiale.

Anche in questo caso, però, la potenza apparentemente vincitrice risulterà quella perdente. Lo storico italiano Benedetto Croce affermerà che « in Prussia, all'indomani della proclamazione dell'Impero, i liberali rimasero prima sgomenti e stupefatti, e poi ammirati, del "miracolo" ottenuto, e cominciarono a dubitare delle loro stesse convinzioni di fronte all'opera di uno Stato che, rigettando il governo popolare, fondandosi sull'autorità, prendendo regola solo dall'alto, conseguiva trionfi che nessun altro popolo d'Europa avrebbe saputo né osato contestargli ». Il popolo tedesco ha insomma raggiunto la sua unità non alla luce di quei principi spirituali del romanticismo liberale che hanno permesso la liberazione e l'unificazione di Bulgaria, Belgio, Italia, Bosnia e Romania, ma attraverso una politica di mera potenza, riflesso dell' incompiuta formazione liberale e politica che i tedeschi dovranno scontare con le disfatte del 1918 e del 1945.

Mentre gli eventi successivi a Sedan ridisegnano la carta d'Europa, un fatto importantissimo sta avendo luogo non lungi dai Dardanelli. Nel 1868 giunge a Costantinopoli il miliardario prussiano Heinrich Schliemann (6 gennaio 1822 – 26 dicembre 1890), che ha la fama di visionario perché ossessionato dall'idea di riportare alla luce la città omerica di Troia, ritenuta solo un mito da quasi tutti gli accademici dell'epoca, sia occidentali che bizantini. Per meglio calarsi nel mondo che adora, Schliemann impara sia il greco antico che il greco moderno e sposa la giovane greca Sofia Engastromenou. Divenuto amico del Basileus Giorgio I, ottiene da lui i finanziamenti necessari per iniziare gli scavi presso la collina di Hissarlik, che secondo lui racchiude le rovine della città di Priamo, essendo in posizione favorevole per dominare tutta la costa e la pianura circostante. Guidato solo dalla lettura dei testi omerici e dal suo incredibile intuito, il 4 agosto 1872 Schliemann rinviene il primo vasellame, e subito dopo le mura di una rittà Pur restando un archeologo dilettante (fa distruggere muri antichi perchè pensa che la città distrutta dagli Achei sia la più antica), egli rinviene le rovine di ben otto città diverse, costruite l'una sui resti dell'altra, che coprono un arco di tempo compreso tra il 3000 a.C. e il 500 d.C. (la Troia di Priamo è probabilmente da identificarsi nel settimo strato, che presenta tracce di incendi). Il 15 giugno 1873, ultimo giorno di scavo prima della sospensione dei lavori, Schliemann effettua la scoperta del secolo: alla base delle mura ciclopiche del sesto strato, forse distrutto da un terremoto, riporta alla luce un tesoro costituito da più di 8.700 gioielli d'oro, da lui definito "il Tesoro di Priamo" (ma forse più vecchio di due secoli degli eventi cantati da Omero), oggi al Museo Imperiale di Costantinopoli. Schliemann pubblica i risultati delle sue ricerche nel 1874 nell'opera "Antichità troiane", e diventa uno degli archeologi più famosi del mondo, ma non si accontenta: il 7 agosto 1879 scopre anche i resti ciclopici della città di Micene, e le tombe regali che secondo lui custodiscono le ossa di Agamennone e di Cassandra. La morte coglierà Schliemann a Costantinopoli nel 1890, mentre cercherà fondi per proseguire i suoi scavi, lui che è partito come garzone di un commerciante ed ha dissepolto un'intera civiltà.

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La Quadruplice Alleanza e il Congresso di Berlino

Dopo la riuscita Guerra d'Indipendenza, la conquista di Roma e la sostanziale occupazione dell'Albania, l'Italia si ritrova senza alleati: Napoleone III è caduto, la Russia è ostile perchè sperava di essere lei a porre il protettorato anche sull'Albania, l'Austria-Ungheria resta il tradizionale avversario che occupa ancora Bolzano e Trieste, il Regno Unito è un rivale nel Mediterraneo, la Spagna è in piena decadenza e l'Impero Bizantino considera gli italiani dei traditori per avergli tolto l'Albania, dopo averli tanto aiutati nel loro percorso verso l'indipendenza. Siccome l'isolamento internazionale significa la fine politica, come ha dimostrato per esempio il Regno delle Due Sicilie, il nuovo Primo Ministro Agostino Depretis, leader della Sinistra garibaldina e mazziniana succeduto nel 1876 alla Destra Storica liberale, cerca allora l'alleanza con la massima potenza militare europea, la Prussia di Bismarck. Ma quest'ultima è alleata con l'Austria-Ungheria (la cosiddetta "Solidarietà Nibelungica"), lo storico nemico del Risorgimento, e non tutti in Italia sono favorevoli all'idea di stringere un accordo con Vienna, anche perchè ciò potrebbe voler dire rinunciare per sempre alle "terre irredente". Le discussioni vanno perciò per le lunghe.

Ma nel 1877 Parigi occupa Tunisi, il cui Bey era fin qui vassallo dei Mamelucchi. L'opinione pubblica italiana è fortemente scontenta, perchè si pensava alla Tunisia come ad una possibile colonia italiana in Africa, dato che vi abita una nutrita comunità siciliana. Il totale isolamento politico dell'Italia le impedisce di protestare contro l'occupazione di Tunisi; inoltre i Servizi Segreti Italiani fanno sapere a Depretis che il vecchio Papa Pio IX, da più di trent'anni sul trono, sta interpellando i ministri degli esteri di Francia, Austria ed Impero Bizantino per convincerli ad un intervento militare che ripristini lo Stato Pontificio. A questo punto l'appoggio dell'Austria, la nazione cattolica più potente, diventa necessaria per impedire un'azione europea in aiuto del Papato.

Ultimo motivo che spinge l'Italia ad allacciare un'alleanza con Berlino e Vienna è il successo del Congresso di Berlino, dal 13 giugno al 13 luglio 1878. Esso è stato convocato per risolvere la questione dell'Impero Mamelucco, ormai in piena decadenza (da quindici anni il Sultanato è dilaniato da una guerra civile) ed oggetto degli appetiti delle grandi potenze. Per evitare una guerra che potrebbe investire l'intera Europa, Bismarck decide di convocare i plenipotenziari dei maggiori paesi europei per procedere alla spartizione. Tunisi viene offerta alla Francia, così come il Libano, ma il Cancelliere di Ferro fa in modo che la Tripolitania e la Cirenaica vengano assegnate all'Italia, nonostante Francia e Regno Unito vi abbiano già messo gli occhi addosso da tempo. Il Ministro degli Esteri dell'Impero Austro-Ungarico, Gyula Andrássy, conte di Csíkszentkirály e Krasznahorka, non oppone riserve perchè pensa che, impegnata a costruirsi e a mantenere un impero coloniale. Roma non penserà più a Trieste, l'unico grande porto dell'Impero, né al Tirolo meridionale. Il Regno Unito è compensato con l'assegnazione della Siria e con il protettorato sullo stesso Egitto e sul Sudan, snodo chiave per i traffici con l'India via Aden; l'ultimo Sultano Mamelucco Al-Ashraf al-Ghuri IV è deposto dal Primo Ministro Britannico Benjamin Disraeli, Primo Conte di Beaconsfield, che lo sostituisce con Muhammad Tawfiq, figlio cadetto del Sultano Karamanide di Turchia Isma'il III. In tal modo anche i Karamanidi ottengono un grande successo, anche se solo nominale: Muhammad Tawfiq è incoronato Re d'Egitto con il nome di Maometto I, ma in pratica governa come vassallo degli inglesi su un territorio amplissimo, che va dal Delta del Nilo fino all'Eritrea. Sotto di lui si sviluppa l'agricoltura e si procede alla modernizzazione del paese, ma la severa politica fiscale limita lo sviluppo. Nel 1869 è stato aperto il canale di Suez, che abbrevia notevolmente il percorso delle navi europee (e bizantine in particolare) dirette verso l'Estremo Oriente. Nel 1881 si ribella Muhammad Ahmad ibn al-Sayyid Abdallah ibn Fahl, che si fa chiamare il Mahdi ("Guidato da Dio"); riunite attorno a sé migliaia di seguaci, sconfigge un esercito anglo-egiziano e il 26 gennaio 1885 espugna Khartoum (il capo dei difensori, Charles George Gordon, oggi eroe nazionale sudanese, cade durante l'assedio), ma muore poco dopo e il suo movimento verrà definitivamente sconfitto ad Ondurman il 2 settembre 1898 dal generale britannico Horatio Herbert Kitchener.

La Palestina (che comprende i nostri Israele e Transgiordania) è occupata dal Regno Unito, ma quest'ultimo è costretto a riconoscere il protettorato congiunto sui Luoghi Santi della Cristianità da parte di Francia, Italia ed Impero Bizantino. Quest'ultimo prende l'impegno molto sul serio, rivaleggiando duramente con la Russia Zarista, che pretenderebbe di avere un "diritto di prelazione" sui cristiani ortodossi di Terrasanta: nel 1886 il Basileus Giorgio I fa edificare sul Monte degli Ulivi a Gerusalemme la splendida Chiesa di Maria Maddalena, caratterizzata da sette grandi cupole dorate, dove saranno sepolte sua sorella Luisa, morta in fasce, e sua moglie, la Basilissa Sofia, che dopo essere rimasta vedova vi si ritirerà e diverrà badessa dell'annesso convento fino alla morte, sopravvenuta il 13 gennaio 1931.

Il Regno dell'Higiaz non può essere assegnato a nessuna potenza straniera, poiché i musulmani di tutto il mondo non accetterebbero mai che un infedele domini i Luoghi Santi dell'Islam; e così il Congresso di Berlino lascia che ad occuparlo sia Abdul-Rahman bin Faisal (1850-1928), capo della dinastia Saudita, fondata da Muhammad bin Saud, che già controlla il deserto arabico fin dal 1744. Nasce così con molto anticipo rispetto alla nostra Timeline il regno dell'Arabia Saudita, dominato dal Wahhabismo, un'interpretazione puritana e radicale dell'Islam. Molto scontento di ciò è lo Scià di Persia Nasser al-Din Shah, della dinastia dei Cagiari, il quale vede costituirsi un forte stato arabo ai suoi confini meridionali (non dimentichiamo che in questa Timeline la Persia comprende anche l'intera Mesopotamia, il Kurdistan e l'Armenia). Già irritato per non essere stato invitato al Congresso di Berlino, Nasser al-Din Shah minaccia la guerra contro i vicini. E siccome la Russia è rimasta a bocca asciutta nella spartizione del Sultanato Mamelucco, Bismarck e Disraeli spingono lo Zar a cercare compensazioni proprio contro la Persia. Ha così inizio una breve guerra che si conclude nel 1881 con la completa sconfitta persiana: la Russia annette Azerbaigian, Turkmenistan e gran parte dell'Uzbekistan, recidendo così i legami storici tra la Persia e le città centrasiatiche di Samarcanda e Bukhara. Dal canto suo il Regno Unito annette Herat all'Afghanistan, suo protettorato, ed istituisce il Kuwait come Emirato autonomo. Anche il Saudita Abdul-Rahman bin Faisal riporta una vittoria contro i persiani ad al-Najaf, legittimando il proprio dominio sull'Arabia. Dopo tutta questa serie di sconfitte, anche il millenario Impero Persiano si avvia verso il suo tramonto. In India invece l'altrettanto glorioso Impero Moghul è caduto completamente in mani britanniche dopo la Rivolta dei Sepoys nel 1859; nel 1876 la Regina Vittoria d'Inghilterra si è fatta incoronare Imperatrice delle Indie. L'enclave di Pondicherry resta in mani francesi, quelle di Goa e Diu in mani portoghesi, mentre Madras (il nome greco della città indiana oggi nota come Chennai, oltre 4 milioni di abitanti, capitale dello Stato di Tamil Nadu) resta possesso bizantino.

A questo punto il nuovo Primo Ministro Italiano Benedetto Cairoli non può non essere riconoscente nei confronti di Berlino e di Vienna, nonostante il Risorgimento non sia stato ancora completato. A rimuovere le ultime obiezioni arrivano poi due fatti ulteriori. Primo: nel novembre 1881 in Francia, il patriota radicale Léon Gambetta diventa Primo Ministro della Terza Repubblica e promuove un'alleanza con il Regno Unito e con l'Impero Bizantino in chiara funzione antiprussiana. Secondo: nel gennaio 1882, a Varsavia, il generale Michail Dmitrievic Skobelev (1843-1882) rivolge ai polacchi un appello al panslavismo, invitandoli a ribellarsi al dominio austriaco e prussiano per mettersi sotto la protezione dello Zar. E così il 20 maggio 1882 le ultime diffidenze reciproche sono appianate e si giunge alla firma del Trattato della Triplice Alleanza, sottoscritto dall'ambasciatore italiano Carlo Felice Nicolis di Robilant. L'accordo prevede il mutuo soccorso soccorso da parte delle altre due nel caso una delle contraenti venga attaccata da potenze nemiche, e l'assicurazione di neutralità da parte delle altre due nel caso una delle potenze firmatarie provochi essa stessa una guerra. Con questo accordo la Germania scongiura il pericolo di un avvicinamento della Francia all'Italia, e l'Austria spera in un raffreddamento dei moti irredentisti. Come vedremo, la Triplice Alleanza diverrà Quadruplice nel 1909, con l'adesione della Turchia.

L'Italia appare appagata per ora dalla conquista di Albania e Libia e dal protettorato sui Luoghi Santi (l'Arcivescovo di Milano Luigi Nazari di Calabiana apre la stagione dei moderni pellegrinaggi con un grande Pellegrinaggio Diocesano via nave nel 1884), ma in compenso deve affrontare con grande anticipo la guerriglia dei Senussiti in Cirenaica, i quali, se proprio devono avere un padrone straniero, lo preferiscono decisamente musulmano. Al contrario il Protospatario Bizantino Alessandro Koumoundouros, il quale ha dichiarato di essere tornato da Berlino "con le mani pulite" per non aver avuto vantaggi territoriali in seguito alla spartizione del Sultanato Mamelucco, e per questo è stato assai criticato in patria, non ha altre gatte da pelare al di là del Mediterraneo, deve solo preoccuparsi della sicurezza dei Cristiani Ortodossi in Terrasanta e può procedere in santa pace alle riforme interne e allo sviluppo dell'economia.

Anche nella vicina Turchia le cose cominciano a muoversi. Nel 1886 il Sultano Karamanide Abdul-Megid concede la "Legge fondamentale dello Stato", la prima Costituzione concessa dal sovrano, che prevede l'equiparazione tra le diverse religioni ed etnie (turchi, greci, armeni, curdi). Ma poco dopo il suo successore Abdul-Amid abroga la Costituzione e governa dispoticamente. Nel 1889, sobillati dai bizantini, gli Armeni insorgono per conseguire l'indipendenza nazionale, ma la rivolta è schiacciata nel sangue dai Karamanidi e si tenta un vero genocidio del popolo armeno. Il 10 giugno 1889 il Primo Ministro, il Conservatore Teodoro Deligiannis, che ha formato un governo fortemente nazionalista, denuncia il genocidio e lancia un ultimatum ad Ankara: o porrà fine al massacro o sarà la guerra. Abdul-Hamid risponde attaccando le città bizantine di confine e commettendo nuove stragi di civili. A questo punto accade l'incredibile: i due storici nemici, Russia ed Impero Bizantino, si coalizzano tra di loro contro il comune nemico turco. I Russi attaccano dal Caucaso mentre le truppe bizantine, condotte da Eleftherios Venizelos, un nome che sentiremo ancora tra breve, contrattaccano e respingono i Turchi. Dopo che i Russi hanno conquistato tutta la Georgia e sono entrati nella città turca di Kars, puntando su Trebisonda, interviene il Cancelliere Tedesco Otto von Bismarck, il quale si offre come mediatore e negozia la Pace di Ankara. I Russi conquistano la Georgia e la città armena di Erevan, mentre i bizantini riottengono alcuni territori persi con la guerra del 1866; entrambe le potenze pongono il loro protettorato sul popolo Armeno, e l'Armenia turca viene demilitarizzata. Il sultano Abdul-Hamid si sente minacciato dalle due potenze vicine e stringe allora alleanza con la Prussia, che si impegna a costruire strade, ferrovie ed industrie nel Sultanato anatolico. Il nuovo asse Berlino-Ankara spinge Costantinopoli e San Pietroburgo ad un ulteriore ravvicinamento, del quale tra poco vedremo le conseguenze.

Ma in Turchia la guerra non è indolore: all'interno del paese, ancora culturalmente ed economicamente assai arretrato, si forma un movimento di opposizione formato da studenti ed ufficiali dell'esercito, con lo scopo di combattere lo strapotere dell'aristocrazia feudale e l'ingerenza di Russi e Bizantini nelle faccende turche. Nel 1891 ha origine il "Movimento Unione e Progresso", il cui scopo è quello di ripristinare la Costituzione concessa da Abdul-Megid. Da questo nascerà il Partito dei Giovani Turchi (Yeni Türk), di ispirazione mazziniana, che nel 1908 organizza una rivolta contro Abdul-Hamid e riesce a deporlo, sostituendolo con Kasim V, il quale finalmente ripristina la Costituzione Liberale. L'esercito viene riorganizzato e modernizzato con l'aiuto della Germania, mentre l'Austria aiuta i Turchi ad organizzare una flotta. Il risultato è l'ingresso della Turchia nella Triplice Alleanza, che diventa Quadruplice, mentre l'avvicinamento della Russia alla Francia e all'Impero Bizantino spiana la strada verso la Quadruplice Intesa.

Il 18 gennaio 1890 muore a Tirana il Re d'Albania Giorgio I di Savoia-Aosta, a soli 45 anni, a causa di una polmonite. Gli succede il figlio Emanuele I, che ha 21 anni (è nato il 13 gennaio 1869); questi sposa Elena di Glücksburg, quarta figlia del Basileus Giorgio I, e regnerà fino al 1931 come fedele alleato dell'Italia.

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La Belle Époque sul Corno d'Oro

Il Congresso di Berlino apre di fatto quell'era della storia europea che passerà alla storia con il nome di "Belle Époque", e che si chiuderà solo con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Tale termine sarà coniata successivamente in Francia con un'accezione nostalgica: i bei tempi andati, a cui le tragedie del Novecento hanno posto fine. Quest'epoca di relativa pace e prosperità è caratterizzata da notevolissimi progressi della scienza e della tecnica, che migliorano gli standard di vita in tutta l'Europa e favoriscono anche un allungarsi della speranza di vita (dal 1866 al 1914 nel solo Impero Bizantino essa passa da 28 a 49 anni). Simbolo di queste innovazioni tecnologiche è l'illuminazione elettrica: Costantinopoli è la quarta città del mondo (dopo New York, Londra e Milano) ad essere interamente illuminata dalle lampadine di Edison. Ad esse faranno seguito la radio, il cinema, l'automobile, l'aeroplano, la pastorizzazione, il vaccino per la tubercolosi: tutto ciò contribuisce a diffondere un senso di ottimismo generalizzato.  In tutta Europa si sviluppa una serie di correnti artistiche secondo le quali ogni produzione umana può divenire una forma d'arte: ogni oggetto e ogni edificio diveniva un'elegante decorazione, un motivo floreale, un arabesco. L'arte assume nuove forme con l'impressionismo e l'art nouveau, con gran scandalo della nobiltà tradizionalista, ancora ferma all'arte delle icone. Il cabaret, il can-can e il ballo Excelsior sono i simboli di quest'epoca dominata dal Positivismo, filosofia secondo la quale la scienza consentirà un progresso senza fine della razza umana, immune da involuzioni e decadenza.

Resta inteso che la Belle Époque è tale solo per chi se lo può permettere. Il progresso ha infatti un prezzo: il benessere di alcuni si basa sul disagio di moltissimi altri, primariamente dei popoli colonizzati, e secondariamente del proletariato operaio e contadino. Non a caso, è questo il periodo in cui il movimento operaio muove i suoi primi passi anche nell'Impero Bizantino. Le maggiori città del nord, come Costantinopoli, Adrianopoli e Tessalonica, sono diventati ormai grandi centri industriali, che risucchiano manodopera dalle campagne e persino dai paesi finitimi, economicamente assai più arretrati (Bulgaria, Romania, Turchia). Il sobborgo della capitale noto come Scutari, edificato sulla riva asiatica del Bosforo, diventa un attivissimo centro industriale, punteggiato di manifatture e di ciminiere, il che causa alla storica Seconda Roma i primi problemi seri di inquinamento. La Byzantine Steel Company e la Chalivdofillon ascendono addirittura al livello di Multinazionali. La borghesia celebra i risultati raggiunti in pochi decenni di egemonia mediante le faraoniche Esposizioni Internazionali, in cui si esibiscono le nuove meraviglie della tecnica; gli stand bizantini non mancano mai, e nel 1891 è Costantinopoli ad organizzare l'Esposizione Internazionale, una gigantesca fiera che vede migliaia di persone accorrere sul Corno d'Oro fin dai lontani Stati Uniti, Cina e Giappone, ed i cui vengono attivate le primissime scale mobili.

Questa è anche l'epoca delle "grandi opere", frutto dei progressi della tecnologia. Il 30 ottobre 1883 è inaugurato il Ponte Giorgio I, il grande ponte di metallo che scavalca il Bosforo, congiungendo Costantinopoli al sobborgo asiatico di Scutari: progettato dall'ingegner Gustave Eiffel, lo stesso dell'omonima torre parigina, esso ha una lunghezza totale di 1510 m, una larghezza di 39 m e un'altezza sul livello del mare di ben 105 metri. Esso diventa il simbolo della Belle Époque sul Corno d'Oro. Altra grande realizzazione ingegneristica di quest'epoca è il Canale di Corinto, scavato tra il 1881 e il 1893, che collega il Golfo di Corinto con il mar Egeo, tagliando in due l'istmo omonimo. Opera degli architetti ungheresi István Türr e Béla Gerster, e realizzato dal bizantino Andrea Syngros, esso ha una lunghezza di 6345 m, è largo 25,6 metri e profondo circa 8 metri, e consente di risparmiare più di 400 km sulla rotta tra il Mar Ionio e l'Egeo evitando il periplo del Peloponneso. La sua più grossa limitazione è la dimensione, che non consente il transito alle moderne navi transoceaniche. In compenso è molto usato dalla navigazione di diporto, con un transito annuo di oltre 11.000 imbarcazioni.

L'ascesa dell'industrializzazione ha l'effetto di concentrare i mezzi di produzione nelle mani dei grandi capitalisti, che sfruttano il lavoro salariato dei "proletari"; questi ultimi tendono perciò a coalizzarsi per portare avanti la prima "lotta di classe" nella storia dell'Impero Romano. Vedono così la luce i primi Sindacati, per lo più fuorilegge, che mirano ad ottenere migliori condizioni di vita e di lavoro mediante contratti collettivi per i salari, gli orari e la protezione dei lavoratori. Il diritto di libera associazione dei lavoratori è conquistato dopo anni di lotte e di scioperi: nel 1878 il Senato di Costantinopoli abroga il divieto di riunirsi in Sindacati, mentre fallisce il tentativo di realizzare in Macedonia e in Tracia dei Falansteri, unità abitative formate da un migliaio di famiglie la cui attività economica dovrebbe essere fondata sulla proprietà societaria, in grado di garantire a tutti la partecipazione agli utili, in proporzione dei conferimenti fatti al patrimonio comune; le decisioni più importanti riguardanti la comunità dovrebbero essere presi dall'assemblea comune chiamata Areopago (di ateniese memoria). Queste cooperative infatti finiscono per andare tutte in fallimento.

A differenza comunque di quanto avviene in Francia e in Italia, la componente rivoluzionaria del movimento operaio, cioè quella che vorrebbe abbattere lo stato borghese mediante azioni violente (eredità della Comune e dei Moti Mazziniani), nell'Impero appare fin da subito minoritaria nei confronti di quanti vorrebbero inserire i lavoratori nella vita politica di Costantinopoli ottenendo riforme per vie legali. Nel 1884 è fondato il BYSOK ("Byzantiné Sosialistiko Kinima", "Movimento Socialista Bizantino"), il cui organo politico è il quotidiano "Ethnos", tuttora pubblicato. L'anarchismo insurrezionalista di Bakunin ha poca presa in un territorio in cui la fedeltà delle masse al Basileus è largamente ancora fuori discussione, anche perchè la Chiesa Ortodossa, che nell'Impero ha ancora un larghissimo seguito, si impegna a fondare associazioni assistenziali formate da giovani cristiani che prestano opera di volontariato nei quartieri più poveri. In particolare l'Opera dei Congressi italiana è "copiata" dal Patriarca di Costantinopoli Dionigi V, che per questo rischia anche di essere deposto d'autorità dal Senato. Ma se si vuole guadagnare di più bisogna produrre e vendere di più, e per aumentare le vendite è necessario che masse sempre più vaste possiedano sempre più denaro per comprare. E così gli imprenditori accettano di concedere aumenti dei salari, facendo salire il reddito pro capite bizantino, e nel 1886 si arriva a regolamentare dall'alto il lavoro nelle fabbriche, limitato ad un massimo di 10 ore quotidiane, e a proibire severamente lo sfruttamento del lavoro minorile, anche se esso continua sottobanco. Lo Stato Liberale ottocentesco si sta a poco a poco evolvendo nello Stato Assistenziale, che organizza enti previdenziali mediante il gettito delle imposte e i contributi sociali.

Tutto ciò pone le basi per la moderna civiltà dei consumi. Beni di consumo come abiti, calzature, mobili, utensili domestici, che fin qui erano prodotti artigianalmente e venduti da piccoli commercianti al dettaglio, cominciano a essere offerti da una rete commerciale sempre più ampia, e nell'anno 1900 fa capolino nella città di Costantinopoli il primo grande magazzino sul modello americano. Viene inoltre introdotto il pagamento rateale che, se da un lato indebita le famiglie, dall'altro rende accessibili ai meno abbienti nuovi prodotti fin qui troppo costosi. In appoggio a questa massiccia strategia di vendita nasce la pubblicità, che comincia a riempire i muri delle città e le pagine dei giornali.

Nel frattempo, per venire incontro alle necessità dell'economia, prosegue la corsa bizantina verso "un posto al sole" nel Continente Nero. Nel 1876 il Basileus Giorgio I assolda il giornalista ed esploratore statunitense Henry Morton Stanley, colui che ha rintracciato David Livingstone ad Ujiji, che per suo conto comincia ad esplorare l'ampio bacino del fiume Congo, fin qui pressoché sconosciuto. Mediante una serie di astuti trattati stipulati con i capi delle popolazioni indigene, l'abile Stanley si assicurò i diritti su una vasta area lungo il corso del fiume Congo, rafforzati dall'installazione di alcune basi militari. Nel 1879 il governo bizantino fonda la Compagnia del Congo, che viene ben presto riconosciuta dalla maggior parte dei paesi del mondo. L'italiano naturalizzato francese Pietro Savorgnan di Brazzà ha appena fondato sulla riva destra del fiume Congo la città di Brazzaville, annettendone il territorio all'Africa Equatoriale Francese, ma il Regno Unito non vede di buon occhio l'espansione francese nella regione e, se è vero che potrebbe avanzare delle rivendicazioni sul Congo per via della spedizione del tenente Cameron che nel 1873 penetra nel bacino del Congo proveniente da Zanzibar per portare in patria le spoglie di Livingstone, è scettico di fronte alla prospettiva di dover gestire una nuova costosa e improduttiva colonia. Meglio dunque lasciarla ai Bizantini, che formeranno un baluardo contro i francesi. Anche il Portogallo avanza rivendicazioni in virtù della scoperta dell'estuario del Congo da parte di Diogo Cão alla fine del XV secolo; inizialmente cerca un accordo con la Francia, ma poi accetta l'offerta di appoggio da parte dell'Impero Bizantino, che chiede in cambio un accordo di libero scambio. La Germania di Bismarck poi è quella che più gradisce di vedere esclusi dalla regione i rivali francesi e britannici. Alla fine il governo bizantino è astutissimo nell'offrire a tutte le potenze europee la libera navigazione sul fiume Congo, pur accordando uno status preferenziale alla Gran Bretagna e al Portogallo; in tal modo nessuno contesta la conquista del Congo da parte dei Bizantini: un territorio immenso, superiore ai 2.344.000 km² di superficie e ai 30 milioni di abitanti, che l'Impero amministra per mezzo di un Vicerè. Il fatto che Re Leopoldo II del Belgio sia stato preceduto dai bizantini eviterà alla regione le infinite sofferenze subite nella nostra Timeline, essendo il governo bizantino per tradizione assai più benevolo di quello dei "nuovi ricchi": nessuna Force Publique e nessun taglio delle mani, i missionari geci invece diffondono la fede ortodossa e l'istruzione tra la popolazione locale. Vengono fondate le città di Georgopoli (l'attuale Kinshasa) nel punto a partire dal quale il fiume Congo diventa navigabile procedendo verso l'interno del continente, e di Santa Sofia (oggi Lumumbashi) in onore della coppia imperiale.

Nella Costa d'Oro proseguono le guerre che nel corso di tutto il XIX secolo contrappongono i Bizantini agli Ashanti: ai primi si allea l'Etnia dei Fanti, che permettono alle truppe imperiali di prevalere. Nel 1896 è conquistata Kumasi, e il dominio bizantino sulla Costa d'Oro diventa incontrastato. Nel 1848 è stata abolita la tratta degli schiavi, e da allora l'economia della colonia si basa sul cacao e sulle importanti risorse minerarie. Sicuramente, a differenza di altre potenze coloniali, i bizantini non mettono in atto una politica di mero sfruttamento, ma si preoccupano di costruire infrastrutture e di cooptare i leader neri locali.

Al fine di evitare uno scontro devastante tra le potenze europee per aggiudicarsi le porzioni migliori del Continente Africano, nel novembre 1884 Otto von Bismarck convoca a Berlino i rappresentanti di 14 stati per addivenire ad una spartizione pacifica della torta, ovviamente senza tenere in nessun conto l'effettiva distribuzione dei popoli africani. Le nazioni coinvolte nella spartizione sono Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Impero Bizantino, Spagna e Portogallo, mentre il Presidente degli Stati Uniti Chester Alan Arthur rinuncia alle rivendicazioni territoriali, limitandosi al protettorato sulla Liberia, in cambio dell'assoluto monopolio sui paesi del Sudamerica. Qui sotto vedete la suddivisione dell'Africa nell'anno 1914.

Proprio a Costantinopoli compare una delle maggiori espressioni della Belle Époque: nel 1884 il Basileus Giorgio I commissiona all'orafo franco-russo Peter Carl Fabergé (30 maggio 1846 – 24 settembre 1920) la realizzazione di un dono pasquale per la Basilissa Sofia. Fabergé allora fabbrica un uovo ricolmo d'oro e di pietre preziose, che al suo interno riporta altre preziosissime sorprese, tra cui una gallinella con gli occhi fatti di rubini. L'idea piace moltissimo alla coppia imperiale e a tutta la corte, l'orafo diventa fornitore ufficiale del Basileus e riceve il compito di preparare, in occasione di ogni festività pasquale, un uovo per la Basilissa, purché sempre diverso e con sorpresa incorporata. A Fabergé ed ai suoi collaboratori occorre un intero anno per realizzare il prezioso dono. La tradizione dura tuttora per mezzo dei suoi eredi, trasferitisi proprio a Costantinopoli dopo la Rivoluzione d'Ottobre.

Ma sicuramente la massima incarnazione della Belle Époque, intesa come epoca di pace e sviluppo garantita da una politica di equilibrio, è rappresentata dall'avvio dei Giochi Olimpici dell'era moderna, fortemente voluti dal barone francese Pierre de Coubertin, che li ha istituiti durante il primo Congresso del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), tenutosi a Parigi il 23 giugno 1894. Primo Presidente del CIO è il bizantino Demetrius Vikelas. E naturalmente la prima edizione dei Giochi non può che tenersi a Costantinopoli, dal 6 al 15 aprile 1896: si tratta senz'altro di uno degli eventi internazionali di maggior rilevanza del regno di Giorgio I di Glücksburg. A quest'edizione partecipano 15 squadre nazionali: Australia (con 1 atleta), Austria (3), Bulgaria (1), Cile (1), Danimarca (3), Francia (13), Impero Bizantino (169), Impero Tedesco (19), Italia (1), Nuova Attica (5), Regno Unito (10), Stati Uniti d'America (14), Svezia (1), Svizzera (3) e Ungheria (7). La Cerimonia d'Apertura si tiene allo Stadio Andrea III, ingrandito per l'occasione, nel quale sono presenti circa 80.000 persone. Dopo un discorso del principe Costantino, presidente del comitato organizzatore, prende la parola suo padre, il Basileus Giorgio I, che apre ufficialmente i Giochi con la celebre formula:

« Dichiaro aperti i primi Giochi Olimpici Internazionali di Costantinopoli. Lunga vita all'Impero, lunga vita al popolo di Bisanzio! » 

Non è prevista la lettura del giuramento, che verrà introdotto solamente ai Giochi della VII Olimpiade di Anversa del 1920. Invece, nove bande e centocinquanta coristi eseguono l'inno olimpico, composto per l'occasione da Spyridon Samaras su testo scritto dal poeta Kostis Palamas; tale inno verrà dichiarato ufficiale dal CIO nel 1958. La folla è così entusiasta dell'opera che il Basileus ne chiede la ripetizione. Le gare più seguite sono quelle di atletica leggera, stravinte dagli statunitensi, anche se non vengono battuti primati mondiali. La gara più attesa, la Maratona (ispirata all'impresa del leggendario eroe greco Fedippide, che corse ad Atene per annunciare appunto la vittoria di Maratona sui Persiani) viene vinta dal maratoneta italiano Carlo Airoldi, di Origgio (Varese), che si è recato a piedi da Milano a Costantinopoli: un viaggio avventuroso durante il quale egli ha percorso anche 70 chilometri al giorno, ma ne è valsa la pena. La nota negativa di questa Olimpiade è il divieto di partecipazione alle donne imposto da de Coubertin: le donne saranno ammesse solo a partire dalla V Olimpiade di Stoccolma nel 1912. Il Basileus Giorgio I tenta di convincere il CIO a far svolgere a Costantinopoli tutte le successive edizioni delle Olimpiadi, ma de Coubertin decide per la rotazione e designa Parigi come sede olimpica nel 1900. L'edizione dei Giochi Olimpici Intermedi, tenutasi a Costantinopoli dal 22 aprile al 2 maggio 1906, non è riconosciuta ufficialmente dal CIO; una seconda edizione delle Olimpiadi a Costantinopoli si terrà solo nel 1996, la cosiddetta Edizione del Centenario.

In occasione della Prima Olimpiade il Basileus decide anche un'Ostensione Pubblica del Mandylion di Edessa (cioè della Sacra Sindone), conservata nella Basilica della Vergine Theotokos di Pharos. In quest'occasione l'avvocato torinese Secondo Pia, appassionato di fotografia e recatosi a Costantinopoli per assistere alle Olimpiadi, è autorizzato a scattare le prime foto del Sacro Lino. Con somma meraviglia egli si accorge che si tratta di un negativo fotografico: ha cosi inizio la moderna Sindonologia.

A dominare la letteratura bizantina durante gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del Novecento è Kostis Palamas (13 gennaio 1859 – 27 febbraio 1943), che come si è appena detto è autore tra l'altro dell'Inno Olimpico. Altre sue opere fondamentali sono "I canti della mia patria" (1886), l'"Inno ad Atena" (1889), "Gli occhi dell'anima" (1892), "Giambi e anapesti" (1897), "Pensieri dell'Aurora" (1900), "Vita immutabile" (1904), "Il dodecalogo dello zingaro" (1907), "Il flauto del re" (1910) e le "Novelle" (1920). Per la sua opera poetica nel 1908 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura (riconoscimento che gli mancò nella nostra Timeline).

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Nasce la Quadruplice Intesa

A dispetto di tanto ottimismo, di tanti lustrini e di tante luminarie (Parigi "Ville Lumiére"), la Belle Époque ha già in sé i germi della propria decadenza. Se Bismarck ha assicurato vent'anni di stabilità e di equilibrio all'Europa, il nuovo Kaiser Guglielmo II, salito al trono a 29 anni nel 1888 dopo che suo padre Federico III è morto di cancro, entra in urto con il Cancelliere di Ferro e lo licenzia in tronco il 20 marzi 1890. Il suo successore Leo von Caprivi asseconda Guglielmo II nel portare avanti una politica imperialistica e di riarmo, dettata da un eccesso di fiducia nella posizione di forza della Germania, Ciò provoca un riavvicinamento dei due principali avversari della Prussia in Europa, cioè la Francia e la Russia. Si arriva in tal modo alla firma nel 1894 della Duplice Franco-Russa. D'altro canto la rivalità sui mari (Guglielmo II sogna di sostituirsi all'Inghilterra nell'egemonia sui mari), la concorrenza commerciale e gli accordi tra tedeschi e turchi portano ad un raffreddamento dei rapporti fra Londra e Berlino, fin qui buoni (la Regina Vittoria appartiene alla casata tedesca degli Hannover). Dal canto suo la politica coloniale, che proprio nella Belle Époque ha conosciuto un'incredibile accelerazione, non aiuta certo ad appianare i contrasti tra le cancellerie; semmai ne crea di nuovi. Emblematico al proposito è il caso dell'Abissinia.

Dietro sollecitazione del Regno Unito, che teme la conquista francese della regione, il 10 marzo 1882 l'Italia ha creato la colonia di Eritrea lungo la costa del Mar Rosso, e punta apertamente a controllare l'Abissinia, un antico impero africano che vanta una lunghissima tradizione di indipendenza. Con il trattato di Uccialli del 2 maggio 1889, il Primo Ministro italiano Francesco Crispi ottiene che l'Abissinia riconosca le acquisizioni territoriali italiane in Eritrea, ma esso contiene un inghippo, come il Trattato di Waitangi: il testo italiano è diverso da quello etiope. Il primo obbliga il governo di Addis Abeba a servirsi della diplomazia italiana per intrattenere rapporti con altre nazioni europee, rendendo di fatto l'Etiopia un protettorato dell'Italia, mentre il testo prevedeva solo la facoltà per l'Abissinia di servirsi della diplomazia italiana per intrattenere relazioni estere. D'altronde il nuovo imperatore Menelik II rifiutava qualsiasi forma di ingerenza italiana nelle questioni del suo regno, e infatti a partire dall'agosto del 1890 l'Abissinia avvia relazioni diplomatiche con la Russia e con la Francia senza notificarlo all'Italia. Il governo Crispi protesta formalmente, ma Menelik II arriva al punto di chiedere una revisione del trattato prima dei tempi stabiliti, stavolta su un testo unico. I rapporti tra i due governi si fanno molto tesi, e ad approfittarne è proprio l'Impero Bizantino, tradizionale alleato dell'Abissinia in nome della comune fede ortodossa, che da secoli controlla il porto di Gibuti, una delle vie d'accesso al Mar Rosso. Proprio dai bizantini il negus comincia ad acquistare armi da fuoco e munizioni, sfruttando anche il prestito di 4 milioni di lire ricevuto dall'Italia dopo la firma del trattato di Uccialli. Nel gennaio del 1895 le truppe italiane al comando del generale Oreste Baratieri invadono la regione del Tigrè, formalmente parte dell'impero etiopico ma governata di fatto autonomamente dal Ras Mangascià, fiero avversario di Menelik. Nelle intenzioni del governo italiano, questa mossa dovrebbe permettere all'Italia di acquisire una posizione di forza da cui trattare con il negus, oltre che ampliare i confini della colonia. Le truppe italiane sconfiggono i guerrieri di Mangascià nella battaglia di Coatit, e nell'ottobre del 1895 occupano gran parte della regione, stabilendo guarnigioni ad Aksum, Adigrat, Macallè e sul colle dell'Amba Alagi. Ras Mangascià, sconfitto, decide di sottomettersi a Menelik II, il quale raduna un esercito, denuncia il trattato di Uccialli e muove guerra all'Italia.

Il 7 dicembre 1895 un drappello italiano composto da 2.300 uomini e comandato dal maggiore Pietro Toselli viene sorpreso presso il Monte Amba Alagi da un'armata composta da 30.000 abissini agli ordini di Ras Alula: gli italiani sono quasi completamente sterminati. Per vendicare questa strage il Primo Ministro Italiano Francesco Crispi ordina l'attacco contro l'Abissinia. Ma il 1 marzo 1896 l'esercito italiano, forte di soli 18.000 uomini, viene letteralmente annientato presso Adua da quello etiope, che ne conta 100.000: si tratta della peggior sconfitta militare inflitta da uno stato africano ad una potenza coloniale europea. 6.000 italiani cadono in combattimento, 1.500 restano feriti e 3.000 sono presi prigionieri; i resti del corpo di spedizione italiano riescono a ripiegare in Eritrea. La disfatta di Adua causa forti proteste di piazza in Italia; il governo Crispi è costretto alle dimissioni, mentre Baratieri viene richiamato in Italia e sottoposto a corte marziale. Dopo lunghi negoziati, con la mediazione interessata dell'Impero Bizantino, si giunge alla firma del trattato di pace di Addis Abeba, con il quale il negus riconosce la sovranità italiana sull'Eritrea, ma Roma è costretta ad abrogare il trattato di Uccialli e a rinunciare a qualsiasi ingerenza nella politica abissina. Chi ci guadagna è Costantinopoli, che rafforza i suoi storici legami con la monarchia etiope, firmando vantaggiosi trattati commerciali. Tutta questa faccenda lascia come strascico un sordo rancore dell'intellighenzia italiana contro l'Impero Bizantino, provoca l'irrigidirsi delle rispettive posizioni all'interno delle alleanze e porterà, alla lunga, all'invasione fascista dell'Impero nel 1940, come vedrete nel seguito.

Un secondo incidente coloniale che avrà conseguenze quasi nulle a breve termine, ma ripercussioni devastanti sulla storia del XX secolo, è l'incidente di Fashoda. La Francia è stata spinta da Bismarck (con gran rabbia di Guglielmo II) a conquistare mezza Africa, nella speranza così di compensare la perdita dell'Alsazia e della Lorena, ma in tal modo è entrata in rotta di collisione con l'altra grande potenza coloniale mondiale, il Regno Unito. Parigi punta a un dominio africano "dall'Atlantico al Mar Rosso", mentre Londra (nella persona di Cecil Rhodes) progetta un dominio "dal Capo al Cairo". Evidentemente queste due filosofie sono destinate a scontrarsi nel punto di intersezione tra le due strategie, ovvero nel Sudan. Lo scontro ha luogo il 10 luglio 1898, quando il Maggiore Jean-Baptiste Marchand, partito da Dakar, dopo una leggendaria traversata dell'intero Sahara durata 14 mesi, raggiunge il forte sudanese di Fashoda e vi innalza la sua bandiera tricolore. Ma il 18 settembre successivo si presenta a Fashoda anche il generale Horatio Kitchener, reduce dalla vittoria di Ondurman contro i Mahdisti, pretendendo lo sgombero dei francesi. Per quasi due mesi le armate restano l'una davanti all'altra a guardarsi in cagnesco, ed il mondo è sull'orlo di un conflitto planetario; poi però le rispettive cancellerie vengono ad un accordo, i francesi si ritirano e riconoscono il condominio anglo-egiziano sul Sudan. Questo episodio segna la fine della secolare rivalità anglo-francese (che data addirittura alla Guerra dei Cento Anni) ed inaugura un'era di relazioni amichevoli tra Londra e Parigi. La Germania guglielmina comincia così a sentirsi circondata da nazioni ostili e a sentirsi il fiato sul collo dei suoi nemici: per questo decide di allargare lo spettro della Triplice Alleanza, cercando di coinvolgere in essa anche la Bulgaria, la Turchia e addirittura la Persia.

Eppure, in questi anni vi è ancora un grande evento internazionale che vede tutte le potenze agire di concerto senza odi pregiudiziali reciproci. Il 20 giugno 1900 infatti il risentimento dei cinesi contro le potenze coloniali, che si sono praticamente spartiti il Celeste Impero approfittando della sua inarrestabile decadenza, porta alla Rivolta dei Boxer (traduzione del cinese "Yihequan", letteralmente "Pugni di giustizia e concordia"), setta nazionalistica che combatte tutto ciò che è straniero, inclusi i missionari cristiani. Con la connivenza dell'imperatrice Cixi, che spera di liberarsi dell'ingombrante presenza occidentale, i Bokser invadono Pechino e uccidono a sangue freddo 230 stranieri, tra cui molti diplomatici, oltre a 18.000 cinesi cristiani. Gli stranieri superstiti si asserragliano nel quartiere delle ambasciate, dove resistono eroicamente per 55 giorni, fino al 15 agosto, quando una coalizione internazionale formata da Stati Uniti d'America, Regno Unito, Francia, Germania, Austria-Ungheria, Italia, Impero Bizantino, Russia e Giappone invade la Cina e occupa Pechino, sgominando i Boxer. L'imperatrice Cixi e i suoi più alti ufficiali fuggono dal Palazzo Imperiale e si rifugiano a Xi'an, dove sono costretti a invocare la pace. I paesi della coalizione pretendono che vengano rilasciate loro delle "concessioni commerciali", interi quartieri delle principali città cinesi con il diritto di extraterritorialità. L'Impero Bizantino ottiene una concessione di 96 ettari nella città di Tientsin, oggi Tianjin, sulla riva sinistra del fiume Hai-Ho. In tal modo l'impero coloniale di Costantinopoli risulta composto dalla Somalia Bizantina, dal Congo Bizantino, dalla Costa d'Oro in Africa; dalle Antille Bizantine e dal Nuovo Epiro in America; dalla città indiana di Madras e dalla concessione di Tientsin in Asia; e dalla Nuova Attica in Oceania. Qui sotto potete vedere i possedimenti americani dell'Impero Romano.

Il 29 luglio 1900 Re Umberto I di Savoia, favorevole alla Triplice Alleanza, è assassinato a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci, e gli succede il figlio Vittorio Emanuele III, diffidente per natura nei confronti dell'Austria, che ha sposato Elena Petrović Njegos, figlia del Re del Montenegro Nicola I. Per di più a reggere le sorti del governo italiano in questi anni è il Liberale Giuseppe Zanardelli, francofilo e indulgente nei confronti dell'irredentismo, e per questo sgradito a Vienna. La crisi fra Italia e Austria si fa drammatica già nel 1902, quando Re Vittorio Emanuele III, impegnato in un tour diplomatico attraverso le capitali europee, si reca a Costantinopoli (nonostante la ferita aperta di Adua) ma omette intenzionalmente Vienna dal suo itinerario, con la motivazione che Francesco Giuseppe non ha restituito la visita di re Umberto I. In effetti, alcuni diplomatici austriaci fanno pressione affinché il vecchio imperatore si rechi a Roma, ma il sovrano, che si vanta di essere un cattolico devoto, non accetta, ritenendo che una sua visita di Stato in Italia addolorerebbe l'ultranovantenne Papa Leone XIII.

A complicare il già precario equilibrio politico europeo interviene un sanguinoso colpo di stato nel Regno di Bosnia, il 10 giugno 1903, il quale instaura a Travnik un governo che si oppone agli austro-ungarici e propugna l'unione degli Slavi del Sud sotto la bandiera di un solo Regno, ovviamente quello di Bosnia-Erzegovina. In Serbia, Croazia e Slovenia, che fanno parte dell'Impero asburgico, la rivolta di Belgrado suscita poche reazioni, ottenendo solo il plauso delle componenti ortodosse, ma a Vienna cresce l'allarme, perché la Russia guarda con crescente interesse verso le terre degli Slavi del Sud. E così il l'imperial-regio governo austro-ungarico decide di proclamare l'annessione della Serbia settentrionale, fin qui solo amministrata, scatenando vivaci proteste in Russia e soprattutto in Bosnia, perché tale atto di Vienna scombussola i suoi piani di unificazione dei Balcani Occidentali. L'acuirsi dei sentimenti antiaustriaci nell'Impero Bizantino porta alla caduta del governo conservatore di Giorgio Theotokis, ad elezioni anticipate e alla vittoria del Partito Liberale, il cui leader Eleftherios Venizelos diventa nuovo Protospatario. Queste elezioni sono le ultime a suffragio ristretto, perchè subito dopo le elezioni Venizelos dà seguito ad una delle sue promesse elettorali, introducendo nell'Impero Romano il suffragio universale maschile. Ciò porterà ben presto ad una rapida avanzata del Partito Socialista BYSOK, ma per il momento esso, che per natura è pacifista, conta al massimo su una manciata di deputati.

L'elezione di Venizelos, notoriamente ostile all'Austria e all'Italia, incoraggia il Ministro degli Esteri francese Théophile Delcassé, a sua volta ostilissimo alla Germania, ad intraprendere le azioni diplomatiche che portano l'8 aprile 1904 alla firma dell'Entente Cordiale ("Amichevole Intesa") tra Francia e Regno Unito, il cui scopo è quello di definire le reciproche sfere d'influenza, soprattutto riguardo il Marocco, una nazione dotata di una posizione eccezionalmente strategica. Naturalmente l'imperatore tedesco Guglielmo II non ci sta a rimanere escluso dalla spartizione del Marocco. In questi giorni la Russia, tradizionale alleata della Francia, è tenuta impegnata dalla Guerra Russo-Giapponese, durante la quale ha rimediato la disastrosa disfatta navale di Tsushima, e dalla conseguente Rivoluzione del Gennaio 1905, per cui la Germania si sente abbastanza forte da puntare i piedi. Il 31 marzo 1905 Guglielmo II in persona sbarca a Tangeri e informa l'ambasciatore francese che con la sua visita intende considerare il sultano Abdelaziz capo di una nazione indipendente. Sia Parigi che Londra protestano vivacemente: il Ministro degli Esteri Britannico Lord Lansdowne, temendo che la Francia metta a tacere la Germania con l'offerta di un porto sulla costa atlantica del Marocco, decide di scongiurare quest'eventualità, da lui ritenuta nociva per gli interessi inglesi, invitando Parigi ad invadere il Marocco dall'Algeria. A questo punto il Basileus Giorgio I, spaventato dall'idea di una guerra totale, decide di giocare la carta della diplomazia ed invia a Berlino il suo Protovestiario e stretto collaboratore Maurizio Paleologo, che parla ben sei lingue. Questi, giunto nella capitale tedesca il 23 aprile 1905, si fa l'idea che la Germania non voglia la guerra, ma non esiterebbe a dichiararla per salvaguardare i suoi diritti sul Marocco, né un intervento dell'Inghilterra basterebbe a fermarla: viste le difficoltà della Russia in casa sua, gli ambienti militari prussiani ritengono che il momento sia favorevole ad un conflitto con la Francia. E così, spostatosi a Parigi il 26 aprile, Maurizio Paleologo dichiara al Ministro degli Esteri francese Delcassé:

« Sul terreno sul quale vi siete messo, non potete sperare in un successo contro la Germania, perché essa arriverà fino alla guerra, e l'opinione pubblica francese non vi seguirà. »

Anche il Presidente del Consiglio francese Maurice Rouvier è convinto che Delcassé intende condurre la Francia ad una guerra che porterà ad una sconfitta o ad una rivoluzione. E così Delcassé è costretto alle dimissioni. Il Cancelliere tedesco Bernhard von Bülow è ben lieto di aver visto la caduta dell'artefice dell'accordo franco-russo, ma le sue speranze vanno deluse nella successiva Conferenza di Algeciras, riunita il 15 gennaio 1906, che segna un ulteriore avvicinamento politico della Gran Bretagna alla Francia e accentua l'isolamento politico della Germania, sostenuta solo dall'Austria-Ungheria. Il Marocco è praticamente consegnato in mani francesi, con l'assenso tacito di Italia e Impero Bizantino.

Siccome la Francia ha firmato la Duplice con la Russia e il Regno Unito è stretto alleato dell'Impero Bizantino, in conseguenza della Crisi di Tangeri si arriva il 31 agosto 1907 alla firma della Quadruplice Intesa, una vera e propria alleanza di mutuo soccorso in caso di guerra su larga scala tra Regno Unito, Terza Repubblica Francese, Impero Russo ed Impero Bizantino. In verità l'opinione pubblica bizantina è ancora assai contraria a un'alleanza con i nemici storici russi, ma dopo una visita a Costantinopoli dello Zar Nicola II, il Protospatario Bizantino Eleftherios Venizelos riesce ad ottenere la ratifica dell'alleanza da parte del Senato. A sua volta l'alleanza tra Bisanzio e San Pietroburgo spinge la Turchia a stringere un accordo difensivo con Berlino: nel 1909 la Triplice Alleanza diventa Quadruplice con l'adesione di Ankara. A questo punto l'Europa è effettivamente spaccata in due tra Alleanza ed Intesa.

Quanto ai paesi che preferiscono restare neutrali in questo sistema bipolare, il 26 ottobre 1905 viene sciolta consensualmente l'unione personale tra i Regni di Svezia e di Norvegia. Il Parlamento di Oslo offre la corona a Giorgio di Glücksburg, secondogenito del Basileus Giorgio I, in considerazione del fatto che suo nonno era il Re Cristiano IX di Danimarca, e dunque di nazionalità scandinava. Giorgio accetta, prende il nome di Haakon VII (un nome tradizionale usato dai sovrani norvegesi nel Medioevo) ed è incoronato nella Cattedrale di Trondheim il 22 giugno 1906.

Non si può a questo punto evitare di citare il fatto che nel luglio 1906 viene fondata la Hermes, la maggiore casa automobilistica dell'Impero Bizantino, attiva ancor oggi, che negli anni '50 e '60 darà un contributo fondamentale alla motorizzazione di massa del paese.

A questi anni risale l'arrivo a Costantinopoli di un'altra grande figura della cultura internazionale: l'irlandese James Joyce. Questi, che a Dublino svolge attività come giornalista, beve molto e una sera dell'ottobre 1904, rientrando a casa ubriaco, viene coinvolto in una rissa a Phoenix Park, durante la quale è salvato da Oliver Saint John Gogarty, un amico studente di medicina (che poi fornirà il prototipo per Buck Mulligan, uno dei protagonisti dell'"Ulisse"). Finita la convalescenza, per sfuggire alla polizia britannica che lo ricerca, Joyce e la moglie Nora Barnacle partono per l'esilio che li terrà lontani dall'Irlanda per la maggior parte della loro vita. Dopo varie disavventure a Zurigo e a Trieste, la coppia giunge a Costantinopoli, dove James insegna in una scuola superiore e porta a termine i racconti della raccolta "Gente di Dublino" e la seconda stesura di "Musica da camera". Dopo la nascita di Giorgio, il primogenito di Joyce e Nora, la famiglia ha bisogno di più soldi e con la scusa della nostalgia lo scrittore invita a Bisanzio suo fratello Stanislaus, che accetta, ma litigherà in continuazione con James perchè non gli piacciono le sue mani bucate né le sue abitudini di bevitore. Allora alla fine del 1906 Nora e Joyce si recano ad Atene, dove lo scrittore trova un posto da impiegato di banca, ma ben presto, delusi da quella città, ritornano a Costantinopoli.

Purtroppo il quotidiano "I Kathimerini" rifiuta l'offerta di Joyce di lavorare come suo inviato in Irlanda, e così lo scrittore, deluso, che già soffre di problemi di cuore, di irite e di incubi, contrae anche una febbre reumatica che lo debilita molto. Il 27 luglio 1907 lo risolleva la nascita della seconda figlia Lucia. A Costantinopoli Joyce tiene spesso lezioni private, durante le quali frequenta i figli dell'alta borghesia bizantina. Così egli conosce Kostis Palamas, il quale gli ispirerà la figura di Leopold Bloom, protagonista dell'"Ulisse" (esso sarà dunque un po' diverso da quello della nostra Timeline). Nell'agosto del 1908 James e Nora perdono il terzo figlio in seguito a un aborto; nello stesso periodo Joyce, che è anche apprezzato tenore, prende parte a una riuscita rappresentazione dell'opera « I maestri cantori di Norimberga » di Richard Wagner al Teatro dell'Opera di Costantinopoli. Nel 1909 Joyce ritorna brevemente a Dublino per aprire un cinema in città, ma in seguito al fallimento dell'impresa fa ritorno a Costantinopoli. Nonostante i ripetuti inviti di William Butler Yeats, egli non rimetterà più piede in Irlanda.

Nel 1914 escono in volume i racconti "Gente di Dublino" e Joyce inizia a lavorare all'"Ulisse" (compone a Bisanzio i primi tre capitoli) e al poemetto in prosa "Giacomo Joyce", l'unica sua opera interamente ambientata sul Corno d'Oro. Dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale alcuni amici nella borghesia bizantina lo aiutano a fuggire a Zurigo dove completa l'"Ulisse" e scrive "Finnegans' Wake", opere che gli permettono da qui in poi di dedicarsi unicamente alla scrittura, abbandonando l'insegnamento. Alla fine della Grande Guerra tornerà a Costantinopoli, ma la troverà molto cambiata e preferirà accettare l'invito di Ezra Pound e stabilirsi a Trieste. Avrebbe dovuto restarci una settimana, invece vi si fermerà per vent'anni. Durante la Seconda Guerra Mondiale farà ritorno a Zurigo e vi morirà per le conseguenze di un'operazione di ulcera duodenale il 13 gennaio 1941, a nemmeno 59 anni. Enorme sarà il suo influsso sulla letteratura, non solo bizantina ma addirittura mondiale.

Alla corte del Basileus Giorgio I lavora anche il grande storico Constantino Sàthas (1842-1914) autore di una monumentale "Storia dell'Impero da Costantino I a Giorgio I", che verrà tradotta in molte lingue.

In questo periodo avviene sul Corno d'Oro un altro fatto degno di nota: il furto della Gioconda dal Museo Imperiale, avvenuto nella notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, prima di un giorno di chiusura del museo. Della clamorosa sottrazione viene sospettato il pittore Teofilo Chatzimichaìl (1870-1934), che è arrestato e interrogato a lungo, perché ha dichiarato in pubblico di voler distruggere tutti i capolavori artistici di stile occidentale conservati nei musei bizantini per lasciarvi solo dipinti ispirati alla cultura tradizionale e popolare greca, della quale è il massimo rappresentante. Anche il famoso artista spagnolo Pablo Picasso, che si trova a Costantinopoli per studiare l'arte delle icone, viene fermato e interrogato a lungo per la sua fama di "ribelle", ma alla fine entrambi sono rilasciati (Picasso, offeso, se ne va subito e non tornerà più sul Bosforo). Si segue anche la pista di un furto su commissione, e i sospetti cadono sull'Impero Austro-Ungarico, nemico mortale di Bisanzio. I soprintendenti del Museo ritengono il quadro perso per sempre e al suo posto mettono il "Ritratto di Baldassarre Castiglione", opera di Raffaello.

Due anni dopo tuttavia uno sconosciuto tenta di piazzare la "Gioconda" sul mercato nero, contattando il poeta Gabriele d'Annunzio, il quale però avvisa subito la polizia italiana, che a sua volta mette in allarme quella bizantina, e così il capolavoro di Leonardo è recuperato e il ladro è arrestato. Si tratta di un ex dipendente del Museo Imperiale, Vincenzo Peruggia, originario di Dumenza presso Luino, convintosi che il dipinto appartenga all'Italia e che egli abbia la missione di riportarcelo (in realtà fu lo stesso Leonardo da Vinci a farne dono testamentario al Basileus Leone VII Comneno): per questo ha approfittato di una distrazione dei custodi per trafugare il dipinto ed uscire tranquillamente dal Museo con l'opera arrotolata sotto il cappotto, conservandola poi in una valigia sotto il letto di casa sua. Processato in Italia, sconterà una pena di un anno e quindici giorni di prigione. Approfittando del clima amichevole che regna nei rapporti tra l'Italia e l'Impero Bizantino, il dipinto recuperato viene esibito in tutta Italia, prima agli Uffizi a Firenze, poi all'ambasciata Bizantina di Palazzo Farnese a Roma, infine alla Galleria Borghese in occasione del Natale, prima del suo definitivo rientro a Bisanzio.

Un'altra "invenzione" occidentale approda nel frattempo sul Bosforo: il 5 settembre 1912 è fondata la Federazione Calcio dell'Impero Bizantino (POBA, Podosfairiki Omospondia tes Byzantinés Autokratorìas). Il primo Campionato Nazionale, detto Alpha Ethniki, vede la partecipazione di otto squadre ed è vinto dall'Aris di Tessalonica in finale contro l'Olympiakos di Costantinopoli per 3-2. Terzo arriva l'AEK (Athlitiki Enosis Konstantinoupoleos, "Unione Atletica di Costantinopoli"). L'esordio internazionale della Squadra Nazionale di Calcio non è invece dei migliori: il 7 aprile 1914 perde 4-1 allo Stadio Olimpico di Costantinopoli contro la Nazionale Italiana. I giocatori della Nazionale Bizantina vengono detti anche "i Biancooro" per via dei colori sociali della loro uniforme di gara.

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L'Europa scivola verso la catastrofe

Il governo Venizelos si segnala per altre riforme estremamente progressiste: una decisa revisione del sistema scolastico dell'Impero (l'istruzione elementare obbligatoria e gratuita è portata a cinque anni), un accordo con il Partito Socialista per alcune norme assistenziali (sono introdotte tra l'altro le prime pensioni di anzianità) e soprattutto la status della maggiore colonia d'oltremare. Infatti il 26 settembre 1907 la Nuova Attica ottiene la piena autonomia interna dall'Impero. La capitale definitiva è posta a Nicea, e Primo Ministro del nuovo stato è nominato il Liberale Giuseppe Vardas. Qui sotto potete vedere la bandiera della Nuova Attica adottata per l'occasione, con il vessillo imperiale in un angolo e le stelle della Croce del Sud ben in evidenza.

Bandiera della Nuova Attica 

Ma Eleftherios Venizelos si distingue anche per iniziative meno pacifiche: egli potenzia notevolmente l'esercito e la flotta, facendo costruire tra l'altro 11 nuove navi da battaglia. Nel 1909 egli invita a Costantinopoli Wilbur Wright affinché fornisca dimostrazioni delle caratteristiche del suo aeroplano, e di conseguenza a Santo Stefano (nella nostra Timeline Yesilköy), 24 km ad ovest di Costantinopoli, è fondata la prima scuola di volo militare; Santo Stefano diventa così il primo aeroporto bizantino, ed il primo brevetto di pilota è rilasciato nel settembre 1909 al tenente di vascello Manuele Katanzakis. Nasce così la flotta aerea da guerra bizantina; ancor oggi Santo Stefano è l'aeroporto di Costantinopoli, intitolato all'imperatore Giustiniano il Grande, 11° scalo in Europa per importanza (è apparso anche nel film "Agente 007 - Dalla Russia con amore").

Purtroppo questi sono anni caratterizzati da un nazionalismo sfrenato, logico sbocco degli ideali romantici di nazione, che condurrà purtroppo agli orrori del Fascismo e del Nazismo. L'Impero Bizantino non fa eccezione: anche qui prende piede, soprattutto in ambienti militari, la cosiddetta "Megali Idea" ("Grande Idea"), cioè il progetto ultranazionalista di riportare l'Impero Romano d'Oriente ai confini anatolici che aveva nel 1688, prima che il Sultano Karamanide Bedreddin V Ibrahim il Grande conquistasse Trebisonda e le coste anatoliche del Mar Nero e del Mediterraneo Orientale; o addirittura ai confini precedenti alla storica sconfitta di Manzicerta del 26 agosto 1071. Come vedremo, tale utopico progetto guiderà personaggi come Eleftherios Venizelos e il Mega Dux Giovanni Metaxas durante la Prima Guerra Mondiale, ma sarà abbandonata dopo il disastro militare conseguente alla Guerra Turco-Bizantina del 1923.

Intanto si notano le prime crepe all'interno della Quadruplice Alleanza. In Italia cresce un vasto movimento d'opinione che preme per denunciare l'alleanza con l'Austria ed attaccarla per conquistare Trieste e il suo entroterra; capofila di questa corrente di pensiero è il poeta Gabriele D'Annunzio, che nel 1908 intraprende una tournée trionfale nell'Impero Bizantino. D'altra parte in Austria l'erede al trono Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este e il feldmaresciallo Franz Conrad von Hötzendorf non si fanno remore ad affermare che l'Italia non è un paese alleato ma un pericoloso rivale, il quale alla prima occasione si rivolterà contro l'Impero, e che perciò andrebbe attaccata preventivamente. Come se non bastasse si va facendo sempre più virulenta la crisi fra Gran Bretagna e Francia da un lato e Germania dall'altro, come dimostra la Seconda Crisi Marocchina.

Il 9 febbraio 1909 è stato stipulato un trattato coloniale franco-tedesco, con il quale la Germania riconosce il Protettorato della Francia sul Marocco, e i francesi si impegnano a rispettare gli interessi economici tedeschi nella regione. Il finanziere Joseph Caillaux, divenuto Primo Ministro Francese nel marzo 1911, spera di servirsi dell’accordo del 1909 come punto di partenza per giungere ad una riconciliazione franco-tedesca a spese della Gran Bretagna: nel corso di negoziati segreti, Caillaux propone al Ministro degli Esteri tedesco Alfred von Kiderlen-Waechter la prospettiva di un generoso compenso alla Germania se questa lascerà mano libera alla Francia. Se il piano funziona, la Quadruplice Intesa muore sul nascere. D'altro canto in quello stesso periodo il Kaiser Guglielmo II visita Costantinopoli e chiede al Basileus Giorgio I se è disposto a lasciare che i francesi si impossessino impunemente del Marocco come loro colonia. Questi replica:

« L'ingordigia francese ha fatto sì che il Trattato di Algeciras non valga più: la miglior cosa da farsi è dimenticarsene. Del resto, i francesi in Marocco non stanno facendo niente di diverso da quello che gli inglesi hanno fatto in Egitto, o da quello che noi bizantini abbiamo fatto in Congo. Non ci rimane che riconoscere il fatto compiuto dell’occupazione, e venire ad accomodamenti con la Francia per ottenere garanzie commerciali nella regione. »

I fatti sembrano dar ragione all'Imperatore dei Romani: ignorando i colloqui segreti con i tedeschi, il 2 maggio 1911 i francesi entrano a Fez, la capitale marocchina. Ciò spinge il Cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg ad occupare il porto di Agadir per costringere Parigi a riprendere i negoziati. Il 1 luglio 1911 la cannoniera tedesca "Panther" entra nel porto di Agadir con un equipaggio di 125 uomini a bordo, e Alfred von Kiderlen-Waechter propone che, in cambio della rinuncia a ogni pretesa sul Marocco, l’intero Congo francese sia ceduto alla Prussia: apparve chiaro che il governo tedesco ha intenzione di porre le basi per un impero coloniale in Africa equatoriale, e che vuole indebolire la Quadruplice Intesa giungendo ad un accomodamento con la Francia che tagli fuori Londra. Subito il Cancelliere dello Scacchiere britannico David Lloyd George fa sapere che il Regno Unito si sente in dovere di combattere accanto alla Francia, e il Kaiser Guglielmo II ordina la mobilitazione delle truppe. Per tutto il mese di luglio il mondo intero trattiene il fiato, trovandosi pericolosamente sull'orlo di un conflitto devastante.

A questo punto si propone di nuovo come mediatore Maurizio Paleologo, inviato personale del Basileus Giorgio I, che si reca prima a Berlino, quindi a Roma, poi a Parigi e infine a Londra. Al Cancelliere Theobald von Bethmann-Hollweg il Paleologo fa capire che, se non ridimensionerà la richiesta del Congo francese, una cannoniera francese ed una inglese saranno inviate ad Agadir. Questo discorso manda Guglielmo II su tutte le furie: il Kaiser, impulsivo come al tempo della Crisi di Tangeri, pretende le scuse o sarà la guerra. Naturalmente il Cancelliere si mostra molto più accomodante e si convince che deve ridurre le sue pretese, preparandosi ad una dignitosa ritirata. Tornato a Costantinopoli, il Protovestiario fa sapere al Basileus che nessuno è realmente pronto a una guerra: né la flotta inglese, a corto di carbone perché le navi carboniere sono trattenute a Cardiff da uno sciopero di minatori; né l'Italia, che è tenuta impegnata in Libia dalla rivolta senussita; né la Russia, dove l'autorità dello Zar è stata duramente minata dalla Rivoluzione del 1905; né gli stessi tedeschi, dopo che un’ondata di panico in Borsa, provocata dal ritiro dei fondi britannici e francesi, ha mandato a picco il loro indice azionario. Allora Giorgio I prende coraggio e propone un accordo, che viene finalmente firmato il 4 novembre 1911, ponendo fine alla crisi. In base ad esso la Francia ha mano libera in Marocco, e in cambio cede alla Germania due territori dell'Africa Equatoriale, una lungo il fiume Congo e l’altra lungo il fiume Ubangi, entrambe utili al commercio. Solo allora la cannoniera Panther salpa da Agadir, e il mondo tira un sospiro di sollievo.

In realtà l’accordo negoziato dal Basileus non appaga né la Francia né la Germania. Sia il Primo Ministro francese Joseph Caillaux, sia il Ministro Tedesco delle Colonie Friedrich von Lindequist che ha negoziato per la Germania, sono costretto a dimettersi a causa dei feroci attacchi da parte dei nazionalisti. Ormai appare chiaro: la Germania vuole conquistare le colonie francesi e britanniche in Africa per ritagliarsi un grande impero coloniale e diventare così non solo la prima potenza militare dell'Europa, ma del mondo intero, mentre la Francia vuole indietro l'Alsazia e la Lorena, facendo pagare alla Prussia l'umiliazione che le ha inflitto nel 1870-71; ed ogni occasione è buona per realizzare questo detestabile disegno.

Ad andarci di mezzo, nel clima arroventato dei primi anni dieci, è proprio l'artefice dell'accordo che ha disinnescato la Crisi di Agadir. Infatti alle 17.15 circa del 18 marzo 1913 l'anarchico greco Alessandro Schinas spara alla schiena da una distanza di due passi al Basileus Giorgio I, mentre stava passeggiando per le vie di Tessalonica nei pressi della Torre Bianca. Colpito al cuore e ai polmoni, il Basileus arriva già morto nell'ospedale della città. Ha regnato in tutto per 45 anni, 11 mesi e 18 giorni. L'emozione in tutto l'Impero è vivissima; Schinas è immediatamente arrestato dalla Guardia Imperiale, che lo sottrae al linciaggio da parte della folla inferocita. Interrogato, l'anarchico dichiara di aver ucciso il Basileus perché era un tiranno che opprimeva il suo popolo: una giustificazione assai debole, visto l'ormai consolidato sistema parlamentare bizantino, il che fa pensare a molti che il regicida sia uno squilibrato, a differenza ad esempio di Gaetano Bresci che assassinò lucidamente Umberto I di Savoia per punirlo di aver fatto sparare sulla folla di Milano che chiedeva solo pane e giustizia sociale. Schinas si rifiuta di fare i nomi di eventuali complici, ed il 6 maggio egli muore, ufficialmente suicida, essendosi buttato da una finestra della gendarmeria di Tessalonica, ma vi sono fondati sospetti che egli sia stato gettato giù dai gendarmi per metterlo a tacere per sempre. Infatti i veri mandanti dell'assassinio del Basileus potrebbero essere gli ultranazionalisti francesi o prussiani (o, paradossalmente, entrambi!) che non gli hanno perdonato di aver scongiurato la resa dei conti fra Berlino e Parigi. In ogni caso a Giorgio I succede il figlio Costantino XVI, 45 anni (è nato il 2 agosto 1868), che ha sposato la Principessa Sofia di Prussia, nipote della Regina Vittoria e sorella dell'Imperatore di Germania Guglielmo II. Persona dal carattere rigido e autoritario, assai conservatrice (definirà il trucco femminile « una volgare maleducazione, che usano solo gli attori e le prostitute »), eserciterà una certa influenza sulle scelte politiche del marito. Essa gli ha dato sei figli:

1) Giorgio (nato il 20 luglio 1890), che gli succederà con il nome di Giorgio II;
2) Manuele (nato il 1 agosto 1893), che gli succederà con il nome di Manuele V;
3) Elena (2 maggio 1896 – 28 novembre 1982), che sposerà il Re di Romania Carlo II;
4) Giovanni (nato il 14 dicembre 1901) che gli succederà con il nome di
Giovanni XII I; 
5) Irene (13 febbraio 1904 – 15 aprile 1974), che sposerà il Re d'Albania Aimone I di Savoia-Aosta;
6) Caterina (4 maggio 1913 – 2 ottobre 2007), che sarà Badessa nel Monastero di Santo Stefano, l'unico monastero femminile delle Meteore.

A giudizio di molti storici, se Giorgio I fosse stato ancora in vita l'anno successivo, la storia d'Europa avrebbe potuto prendere una piega assai differente. Ma il nuovo Basileus non ha l'astuzia politica del padre, ed inoltre il Protospatario Venizelos non appare spaventato dalla prospettiva di una guerra su scala europea, se è vero che nomina Maurizio Paleologo Ambasciatore negli Stati Uniti d'America, ufficialmente come premio per l'eccellente lavoro fin qui svolto, ma in realtà per evitare che egli ficchi di nuovo il naso nelle faccende internazionali (come si suol dire, promoveatur ut amoveatur). A soffiare sul fuoco della crisi sono anche le nazioni balcaniche, che come si è detto sono rimaste tutte più o meno deluse dalla spartizione dei territori europei dell'Impero Bizantino nel 1866, e vorrebbero ripetere il gioco con un altro impero, quello di Austria-Ungheria, giudicato un gigante dai piedi d'argilla, che cadrà alla prima spallata. La sopravvalutazione di tutte le forze in gioco (quelle bizantine incluse) e la convinzione (ingiustificata) che la guerra sarà assai breve grazie all'uso di nuove tecnologie come l'aeroplano, il carro armato, i gas venefici e la radio, finiranno per scatenare una guerra terribile che non vedrà vincitori, ma solo vinti.

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La Grande Guerra

Come dice un proverbio bizantino, quando la legna è asciutta ed è tanta, la fatale scintilla non tarda mai ad arrivare. E questo fantasma si concretizza il 28 giugno 1914, festa di San Vito (storico patrono della Bosnia), durante una visita dell'erede al trono austriaco Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este e di sua moglie Sofia Chotek a Belgrado, dal 1866 facente parte dell'Impero. Alle 10.15 Nedeljko Čabrinović, esponente del movimento ultranazionalista bosniaco "Mlada Bosna" ("Giovane Bosnia"), lancia un candelotto di dinamite contro l'auto di Francesco Ferdinando, ma la manca, distruggendo invece l'auto che viene immediatamente dietro. Čabrinović inghiotte subito una pillola di cianuro. Il corteo cambia rapidamente percorso, ma per un puro caso (se mai il caso ha una parte qualsiasi nella storia umana) alle 10.45 esso passa vicino allo studente bosniaco diciannovenne Gavrilo Princip, anch'esso affiliato alla "Giovane Bosnia", che se ne stava andando, convinto che l'attentato fosse fallito. Princip esplode alcuni colpi di pistola semiautomatica M 1910 di fabbricazione belga ed uccide sul colpo sia l'Arciduca che sua moglie (in seguito dichiarerà che non era sua intenzione uccidere anche la donna). Princip non riesce a suicidarsi e viene arrestato (morirà in carcere il 28 aprile 1918). Francesco Ferdinando è stato colpito non solo in quanto rappresentante dell'Impero che occupa metà dei Balcani Occidentali, ma anche perchè propugna l'elevazione a regno di Slovenia, Croazia e Serbia settentrionale nell'ambito della monarchia asburgica, ostacolando così il sogno degli irredentisti bosniaci di riunire in un solo stato tutti gli Slavi del Sud.

L'assassinio dell'erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico e della moglie suscita vivissima emozione in tutta Europa, Impero Bizantino incluso, e inizialmente la posizione austriaca riscuote comprensione e simpatie. L'anziano imperatore Francesco Giuseppe, che ha già dovuto sopportare la fucilazione del fratello Massimiliano in Messico, il suicidio del figlio Rodolfo e l'assassinio della moglie Elisabetta da parte di un anarchico, pensa di sfruttare l'accaduto per regolare i conti una volta per tutte con i nazionalisti bosniaci, sostenuti apertamente dal governo di Travnik. Per questo, dopo essersi assicurato che l'alleato prussiano onorerà la sua alleanza militare, l'Austria-Ungheria invia una lettera formale al governo bosniaco nel quale esige che siano ufficiali di polizia asburgici a compiere le indagini in territorio della Bosnia-Erzegovina, volte non solo ad individuare i mandanti dell'attentato, ma anche a distruggere le organizzazioni terroristiche bosniache ad indirizzo panslavista. Naturalmente i bosniaci rifiutano indignati, ritenendo quella di Vienna un'inaccettabile intromissione negli affari interni del loro paese. Le cancellerie europee tendono a minimizzare l'escalation degli eventi, convinti che anche questa crisi, come quelle di Tangeri e di Agadir, finirà per essere disinnescata dalla diplomazia. Tuttavia non c'è più un Maurizio Paleologo a fare da mediatore, e il 26 luglio l'Austria-Ungheria lancia alla Bosnia un ultimatum ("Ultimatum di Luglio"): o Travnik accetterà tutte le richieste entro 48 ore, o sarà la guerra.

Il 28 luglio 1914, scaduto l'ultimatum, alcuni riservisti bosniaci trasportati su dei vaporetti lungo il fiume Sava, che segna il confine tra Bosnia ed Ungheria, finiscono in modo apparentemente accidentale sulla riva Austro-Ungarica del fiume, e i soldati asburgici sparano in aria come avvertimento. Questo incidente viene gonfiato dalla propaganda viennese e sfruttato dall'Austria-Ungheria per mobilitare il suo esercito e dichiarare guerra alla Bosnia. Immediatamente si mette in azione un fatale gioco di alleanze: il 29 luglio l'Impero russo, che detiene de facto il protettorato sulla Bosnia, dichiara guerra all'Austria ed avvia immediatamente la mobilitazione generale. Ma il Patto della Quadruplice Alleanza prevede che se uno dei paesi membri è attaccato da terzi, gli altri devono accorrere al più presto in sua difesa; di conseguenza il 31 luglio la Germania e la Turchia Karamanide dichiarano guerra alla Russia. A sorpresa invece l'Italia si proclama neutrale, sostenendo che l'Austria-Ungheria non è stata affatto attaccata dalla Russia, ma è stata Vienna a compiere la prima mossa dichiarando guerra alla Serbia. Ciò conferma i timori di prussiani ed austroungarici circa un probabile tradimento dell'Italia, pronta a passare nello schieramento avverso. Invece il 1 agosto scatta il trattato della Quadruplice Intesa: la Francia e l'Impero Bizantino dichiarano guerra alla Germania, all'Austria-Ungheria e alla Turchia: Venizelos vuole ad ogni costo la guerra, nonostante la contrarietà del Basileus Costantino XVI. Anche la Nuova Attica è costretta a dichiarare guerra agli Imperi Centrali, avendolo fatto la madrepatria. La Grande Guerra ha avuto fatalmente inizio.

Il piano dei generali tedeschi è in sé semplice: attaccare il più velocemente possibile la Francia in modo da cogliere impreparato l'esercito transalpino, costringendo Parigi alla resa entro sei settimane, per concentrare poi tutte le forze contro l'esercito russo, che, secondo le previsioni dovrebbe impiegare mesi per la mobilitazione (il cosiddetto piano Schlieffen, dal nome del suo ideatore). Ma la Francia ha schierato da tempo ingenti forze al confine con la Prussia, e così per mettere in atto questo piano l'unica possibilità è quella di aggirare le difese francesi passando attraverso il Belgio, che si è dichiarato neutrale. E così, il 4 agosto 1914 le 7 armate tedesche schierate sul fronte occidentale passano le Ardenne violando la neutralità del Belgio. All'ambasciatore bizantino, che protesta violentemente per questo atto di forza, il Cancelliere prussiano risponde con una frase consegnata alla storia:

« I Trattati sono solo dei pezzi di carta! »

A questo punto però il Regno Unito, che Berlino sperava restasse neutrale, dichiara a sua volta guerra alla Germania perché si era fatto garante della neutralità del Belgio, e si era impegnato a difenderne con le armi l'integrità territoriale. Lo Stato Maggiore Tedesco tuttavia giudica le forze di terra inglesi troppo esigue per ribaltare le sorti della guerra (della Gran Bretagna teme più che altro la potentissima flotta) e prosegue le sue manovre di aggiramento delle armate francesi schierate sul confine tedesco.

La manovra ha inizialmente successo: i tedeschi dilagano nel nordest della Francia e puntano senza ostacoli verso Parigi, arrivando fino a 40 km da essa, tanto che il 2 settembre il governo della Terza Repubblica abbandona la capitale in tutta fretta per trasferirsi a Bordeaux. Ma la Germania ha sbagliato i suoi calcoli: con un'energia inaspettata Londra ha richiamato alle armi ben 330.000 soldati, che vanno a costituire la British Expeditionary Force, inviata al più presto a sostegno dei Francesi, ed anche l'Impero Bizantino invia 50.000 uomini sul Fronte Occidentale, onorando il trattato della Quadruplice Intesa. Grazie agli aiuti inviati da Londra e da Costantinopoli, il 12 settembre il Maresciallo di Francia Ferdinand Foch riesce a fermare l'avanzata tedesca sulla Marna, impedendo la conquista di Parigi. Svanisce così l'illusione di una Blitzkrieg ("guerra lampo"), e l'esercito prussiano si ritrova costretti a combattere una logorante guerra di posizione lungo un fronte di più di 750 chilometri. I soldati sono obbligati a vivere dentro anguste e malsane trincee, difese da filo spinato e cavalli di Frisia, e spesso lontane da quelle nemiche non più di qualche decina di metri; sporgersi anche solo di pochi centimetri dalla trincea significa beccarsi in testa il proiettile di un cecchino, e gli assalti ordinati dagli ufficiali costano migliaia di morti (spesso falciati da una nuova micidiale arma, la mitragliatrice) per spostare la linea del fronte avanti o indietro di pochi metri. Ma i pochi metri conquistati oggi a prezzo di cinquemila morti vengono persi l'indomani a prezzo di diecimila, tanto che tanti soldati preferiscono spararsi con i propri fucili quando gli ufficiali danno l'ordine di uscire in massa dalle trincee per correre incontro ai mitragliatori nemici. Il rancio è pessimo e ben presto nelle trincee dilagano le infezioni e le epidemie, senza che la situazione di stallo possa essere sbloccata, sprofondando l'Europa in un baratro di orrore che segnerà indelebilmente più di una generazione.

Sul fronte orientale le cose non vanno meglio: la Russia mobilita più velocemente del previsto, e due armate zariste invadono la Prussia Orientale, obbligando i tedeschi a spostare verso oriente i rinforzi previsti per il fronte occidentale: anche per colpa di questa diversione di forze fallisce il piano di prendere rapidamente Parigi. L'Ottava Armata Tedesca al comando del leggendario generale Paul von Hindenburg tuttavia il 14 settembre 1914 sconfigge duramente i Russi nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi Masuri, facendo fallire a sua volta il piano russo di puntare direttamente su Berlino dalla Polonia. Intanto in Africa le forze britanniche e francesi attaccano e occupano ad una ad una tutte le colonie tedesche, mentre i Giapponesi fanno altrettanto nel Pacifico. L'8 agosto 1914, dunque pochi giorni dopo l'inizio della prima guerra mondiale, i Francesi e i Bizantini hanno già invaso il Togo, e le esigue truppe tedesche che presidiano la colonia sono state costrette alla resa il 26 agosto. La popolazione locale ha accolto di buon grado i franco-bizantini, dato che ha sempre mal tollerato l'amministrazione tedesca, la quale ha sempre portato avanti una politica di mero sfruttamento. Nel 1916 la colonia è spartita fra Francia e Impero Romano, e questa suddivisione amministrativa verrà confermata da un mandato della Società delle Nazioni dopo la fine della guerra. Nel dicembre del 1956 la parte bizantina del Togo, a ovest, voterà a favore dell'unificazione con la Costa d'Oro, andando a far parte della nazione del Ghana; delle tre etnie del paese, solo l'etnia Ewè sarà assolutamente contraria a tale spartizione (le altre due sono i Mina e i Guin).

Sul fronte balcanico, il 5 agosto 1914 il Montenegro e la Romania, entrambi protettorati russi, dichiarano guerra all'Austria-Ungheria e alla Germania, mentre la Bulgaria risponde aprendo immediatamente le ostilità contro Romania, Bosnia ed Impero Ottomano (nella nostra Timeline entrò in guerra solo il 5 ottobre 1915): anch'essa è sotto protettorato russo, ma il Primo Ministro Vasil Radoslavov e il Re Ferdinando I di Sassonia-Coburgo-Gotha intendono liberarsi dalla soggezione a San Pietroburgo, e per questo si schierano con Vienna, che promette loro gran parte dei territori europei dell'Impero Bizantino. La Bulgaria attacca immediatamente l'Impero Bizantino e il 30 agosto mette l'assedio alla città di Adrianopoli, validamente difesa da Giorgio Tsolakoglu, mentre un'armata inviata per catturare Skopje (sotto sovranità bosniaca) è sgominata da una colonna formata da soldati di etnia albanese guidati da Nikollë Bojaxhiu, che passerà alla storia essendo il padre di Madre Teresa di Calcutta.

D'altro canto l'Impero Romano è attaccato anche dal Sultanato Karamanide, che travolge le difese bizantine e riesce ad occupare Efeso; i Turchi aprono anche un fronte caucasico contro la Russia, invadendo la Georgia con la loro Terza Armata, forte di circa 120.000 uomini e guidata da Enver Pascià. A questa si oppone l'Armata Russa del Caucaso, forte di circa 100.000 uomini, comandata dal generale Nikolaj Nikolaevič Judenič. Teatro della campagna del Caucaso è un territorio montuoso in cui le vie di comunicazioni sono quasi inesistenti e le condizioni ambientali per i soldati estremamente difficili, soprattutto durante i periodi invernali. La battaglia di Sarikamis, combattuta dal 22 dicembre 1914 al 17 gennaio 1915, si rivela però una disfatta per i Turchi, che devono richiamare soldati dal fronte greco; in tal modo il generale bizantino Giovanni Metaxas, appena nominato Mega Dux da Venizelos, riesce a riprendere Efeso, mentre i Francesi dalla Siria attaccano il Sultanato Karamanide catturando la città di Tarso, patria di San Paolo. I Turchi si vendicano contro gli Armeni, loro sudditi ma ritenuti una quinta colonna al servizio dei russi: i Giovani Turchi si rendono responsabili dell'arresto e della deportazione di più 1.200.000 persone, costrette alle "marce della morte", centinaia di migliaia delle quali periscono per fame, malattia o sfinimento. Queste marce della morte sono organizzate con la supervisione di ufficiali dell'esercito tedesco, e si possono considerare la "prova generale" delle future deportazioni degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale; un crimine contro l'umanità (in lingua armena "Medz Yeghern", "il Grande Crimine") che la maggior parte dei Turchi ancor oggi si rifiuta di riconoscere. 

Se i Russi hanno la meglio sui Turchi, altrettanto non si può dire contro gli Imperi Centrali. Inizialmente il piano di invasione della Galizia austriaca è coronato da successo, ma l'organizzazione militare ed economica russa, ancora assai arretrata, si rivela ben presto insufficiente davanti ai modernissimi eserciti alleati di Germania ed Austria-Ungheria. Nella primavera del 1915 i russi sono respinti in Galizia, e in maggio gli Imperi Centrali sfondano il confine russo-prussiano in Polonia, espugnando Varsavia il 5 agosto e costringendo i russi alla "Grande Ritirata" dalla Galizia (17 agosto-14 settembre 1915). La Germania mostra tutta la sua potenza militare conquistando la Polonia, la Lituania e gran parte della Lettonia, minacciando la stessa San Pietroburgo.

Contemporaneamente le forze armate austro-ungariche passano all'attacco anche nei Balcani, invadendo Bosnia e Romania. Dopo aver respinto tre tentativi di invasione austriaci dall'agosto al dicembre del 1914, la Bosnia cede all'urto di un contingente di 500.000 uomini, formato da tedeschi, austriaci, ungheresi e bulgari, e guidato da feldmaresciallo August von Mackensen. L'offensiva degli Imperi Centrali, lanciata in Erzegovina il 6 ottobre 1915, frantuma la resistenza dei 250.000 bosniaci in un feroce scontro nella valle del fiume Narenta; lo Stari Most ("Vecchio Ponte") di Mostar, fatto costruire dai Bizantini nel XVII secolo, viene abbattuto a cannonate. Volte in rotta, le truppe bosniache tentano di raggiungere il nord della Grecia, dove una forza franco-britannica di 200.000 uomini è sbarcata a Tessalonica il 5 ottobre, per tentare di unirsi all'esercito bosniaco. Le truppe degli Imperi Centrali avanzano, ma incontrano la fortissima resistenza delle popolazioni civili, datesi alla macchia sulle montagne, che rallenta l'avanzata dei vincitori: nella cittadina di Pirot, in Serbia, le colonne dell'esercito bulgaro vengono seriamente impegnate da una moltitudine di ragazzi e donne, armati solo di coltelli e rudimentali bombe molotov. La ritirata dell'esercito bosniaco si trasforma in un'ecatombe: 70.000 tra soldati bosniaci e prigionieri di guerra al seguito sono falcidiati dalle malattie e dagli stenti. Solo in 27.000 giungono a Tessalonica, molti dei quali in condizioni disperate per la denutrizione, il tifo e il colera. Le popolazioni bizantine tentano ogni mezzo per salvare le loro vite, fino all'alimentazione con latte e brodo di gallina, dopo che la distribuzione del normale rancio ha causato centinaia di morti per l'atrofia dell'apparato digerente dovuta al lungo digiuno.

Sul Fronte Occidentale, il 14 settembre 1914 il Kaiser rimuove il generale Helmuth Johann Ludwig von Moltke e nominato il ministro della guerra prussiano Erich von Falkenhayn nuovo capo di stato maggiore. Questi avvia la cosiddetta "corsa al mare", cioè il tentativo di prendere il controllo dei porti sul canale della Manica di Calais e Boulogne-sur-Mer, onde ostacolare il rifornimento delle truppe britanniche in Francia, allontanare la minaccia della Royal Navy e permettere invece alla Marina Imperiale Tedesca di offrire un valido contributo alle operazioni militari nella zona costiera del fronte. Per riuscirci, spezzando la situazione di stallo che dura da mesi, il 22 aprile 1915, durante la seconda battaglia di Ypres, i tedeschi impiegarono per la prima volta gas venefici a base di cloro, in violazione della Convenzione dell'Aia del 1899. Le truppe algerine colpite dal gas subiscono gravissime perdite e i sopravvissuti si ritirano, aprendo così un breccia di 6 chilometri nella linea alleata che consente ai tedeschi di conquistare Bois-de-Cuisinères. La breccia viene chiusa solo dopo il successivo intervento delle truppe canadesi, alleate di quello britannico.

E l'Italia? Ben presto il paese si spacca tra interventisti e neutralisti. I primi sostengono che l'esercito austroungarico è impegnato su troppi fronti per resistere a un attacco italiano, e che la guerra durerebbe solo poche settimane, costringendo facilmente Vienna a cedere Trieste e Bolzano (stessa illusione dei prussiani), dunque bisogna cogliere l'occasione per attaccare; i secondi invece ritengono l'esercito italiano impreparato a una guerra di proporzioni mondiali, che il paese ha tutto da guadagnare dalla neutralità e che si può costringere l'Austria a cedere quei territori barattandoli con la neutralità. I cattolici (che si stanno organizzando proprio in questi anni in partito politico) e i socialisti spingono per la neutralità, mentre i nazionalisti e i repubblicani di ispirazione mazziniana premono per entrare in guerra. Tra i più accesi interventisti si segnalano il poeta Gabriele D'Annunzio e l'ex socialista Benito Mussolini, espulso dal partito per le sue prese di posizione favorevoli all'intervento. Sfortunatamente sia il Re Vittorio Emanuele III sia il Primo Ministro Antonio Salandra sono fautori dell'intervento, anche se la maggioranza del parlamento è contraria all'entrata in guerra. Ad ogni modo il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino avvia ben presto trattative con entrambi gli schieramenti per capire cosa potrebbe ottenere l'Italia dagli uni e dagli altri. L'Austria si dichiara non disposta a cedere né Bolzano, a maggioranza tedesca, né Trieste, il maggior porto dell'Impero; al massimo offre all'Italia colonie tolte alla Francia dopo un'eventuale vittoria; invece francesi ed inglesi si dicono favorevoli a cedere all'Italia tutti i territori rivendicati, più compensazioni coloniali. E così il 26 aprile 1915 il governo Salandra si accorda con l'Intesa mediante il Patto di Londra, firmato da Sidney Sonnino all'insaputa del parlamento italiano. Il 3 maggio l'Italia denuncia la Triplice Alleanza, mentre si registrano gravi disordini di piazza: i Nazionalisti manifestano in piazza per l'entrata in guerra, mentre i neutralisti a loro volta sfilano rumorosamente contro di essa, e i due gruppi arrivano allo scontro fisico. Il 13 maggio Salandra presenta al Re le sue dimissioni, ma il Re le respinge e il 24 maggio l'Italia dichiara guerra all'Austria-Ungheria, precipitando in un abisso di morte e distruzione per colpa di una minoranza di facinorosi. Tutti capiscono ben presto che la guerra non sarà la passeggiata che è stata descritta dagli interventisti, che l'Austria combatterà fino alla morte lungo più di 750 chilometri di fronte: anche qui, dopo un'iniziale avanzata italiana (sono conquistate Grado, Aquileia, Monfalcone e Laives), gli austro-ungarici scavano trincee obbligando gli avversari a fare altrettanto, e così si arriva a una guerra di posizione simile a quella che si sta svolgendo sul fronte occidentale: quelle trincee saranno la tomba di migliaia e migliaia di italiani.

Il comando delle forze armate italiane viene affidato al generale Luigi Cadorna, figlio di un eroe della Guerra di Crimea e del Risorgimento. Nei primi mesi di guerra l'Italia sferra quattro offensive contro gli austro-ungarici ad est, le prime quattro offensive sull'Isonzo, con l'obiettivo di prendere il Carso in direzione di Lubiana, ma esse non sortiscono alcun risultato degno di nota, se non decine di migliaia di morti inutili. Invece le truppe ungheresi invadono ed occupano in breve tempo la Dalmazia, costringendo la marina italiana a sgomberare e a trasferirsi sull'altra riva dell'Adriatico: una sconfitta che i nazionalisti digeriscono assai male. Anche l'Albania viene attaccata dalle forze austro-tedesche che hanno invaso la Bosnia, il porto di Scutari cade, il Re d'Albania sposta la corte e il governo a Valona sotto la protezione dell'Esercito Italiano, e solo a caro prezzo le truppe italoalbanesi riescono a fermare i nemici, tagliando in due il Paese delle Aquile con le solite, terribili trincee. Il 12 aprile 1916 gli italiani attaccano sull'Adamello, combattendo a oltre 3000 metri d'altitudine; tra il 15 e il 31 maggio gli austriaci rispondono lanciando sugli altipiani la "Strafexpedition" (spedizione punitiva) contro l'Italia, allo scopo di conquistare Trento, raggiungere la pianura veneta e prendere alle spalle le armate schierate in Carnia e sull'Isonzo. Dopo sanguinosissimi combattimenti l'attacco fallisce, grazie al valore dei soldati italiani. Il 9 agosto 1916 Gorizia è conquistata dagli italiani, dopo che sono state finalmente prese le terribili alture del Sabotino, di Oslavia e del Podgora (il primo giorno della battaglia cade Enrico Toti, che combatteva pur essendo privo di una gamba).

Il 21 novembre 1916 muore a 86 anni l'Imperatore d'Austria e re d'Ungheria Francesco Giuseppe d'Asburgo, sul trono da 68 anni e ultimo Sacro Romano Imperatore (quindi ultimo Imperatore d'Occidente della storia). Gli succede il nipote Carlo I. Questi lancia all'Intesa un'offerta di pace, ma essa cade nel vuoto perchè i capi di stato maggiore di tutte le potenze coinvolte sono certi della battaglia finale. Anche Papa Benedetto XV e il Patriarca di Costantinopoli Germano V lanciano appelli per porre fine all'"inutile strage", ma nessuno dà loro retta, in un'ubriacatura collettiva nella quale i morti si contano ormai a milioni.

Una trincea sul Fronte Bizantino

Una trincea sul Fronte Bizantino

Sul Fronte Balcanico, l'Impero Bizantino prosegue la guerra tra alterne fortune. Nel gennaio 1916 il Mega Dux Giovanni Metaxas sfonda il fronte turco presso Eskisehir e marcia verso la capitale nemica Ankara, ma i Bulgari a loro volta vincono la Battaglia di Xanthe, nella Tracia Occidentale, e riescono a raggiungere il Mar Egeo, tagliando letteralmente in due l'Impero. Metaxas è allora costretto a lasciare il Catapano Alessandro Papagos a combattere in Asia Minore e a spostarsi nei territori europei per difendere la capitale Bisanzio. Il Protospatario Eleftherios Venizelos è costretto a invocare l'aiuto britannico, ed allora il Primo Lord dell'Ammiragliato Winston Churchil invia 200.000 soldati che sbarcano a Gallipoli sui Dardanelli per dare manforte agli alleati bizantini. Sul Fronte Orientale gli Imperi Centrali stanno avendo decisamente la meglio: Bielorussia ed Ucraina sono state invase dagli austrotedeschi; ovunque in Russia dilagano le ribellioni contro il potere zarista; la Romania, la Bosnia e il Montenegro sono state quasi completamente conquistate; e l'Impero Bizantino appare in gravi difficoltà, dopo che anche Cipro è stata assaltata dalla marina turca (in gran parte di fabbricazione prussiana) e difesa valorosamente dall'ammiraglio Paolo Kountouriotis. Il Basileus Costantino XVI, che ha sempre nutrito simpatie per gli Imperi Centrali (Turchia esclusa, si intende), decide allora di tentare un colpo di stato monarchico: il 25 aprile 1917 dimissiona Venizelos e lo sostituisce con il suo Protovestiario Alessandro Zaimis, che chiede l'armistizio agli Imperi Centrali, ventilando addirittura la possibilità di cambiare schieramento e combattere il resto della guerra accanto alla Germania. Il Parlamento però non gradisce il fatto di essere stato esautorato dal Re, ed i rappresentanti dei maggiori partiti e dei sindacati scatenano manifestazioni di piazza. Decisivo è l'intervento del Mega Dux Metaxas, che si schiera contro il sovrano: l'11 giugno l'esercito fa irruzione nel palazzo di Blacherne, arresta il Basileus e lo costringe all'abdicazione. L'ex sovrano rifiuta di rinchiudersi in un monastero, secondo la vecchia tradizione bizantina, e parte per l'esilio in Svizzera; al suo posto il Parlamento proclama Basileus il figlio Giorgio II, 26 anni, che subito richiama Venizelos ed ordina di proseguire la guerra a fianco dell'Intesa, per riconquistare tutti i territori perduti. Il nuovo sovrano, a differenza di suo padre che preferiva restare chiuso dentro le Mura Teodosiane, comincia a visitare tutti i fronti di guerra, e per questo verrà ricordato come « il Basileus soldato ».

Il 1917 è un anno cruciale per la Grande Guerra. Tanto per cominciare, esso è segnato dall'ingresso in guerra degli Stati Uniti a fianco dell'Intesa. La Germania ha infatti intensificato la guerra sottomarina contro gli inglesi per cercare di spezzare l'assoluto dominio britannico sui mari, sancito dal nulla di fatto con cui si è conclusa la battaglia navale dello Jütland (1 giugno 1916): dal 1 febbraio 1917 ogni nave diretta ai porti dell'Intesa viene considerata un bersaglio da parte degli U-boot tedeschi, danneggiando in maniera gravissima il commercio americano con l'Europa. Ma soprattutto gli USA hanno prestato ingentissime somme agli stati dell'Intesa per sostenere il loro sforzo bellico e, se vince la Germania, non le riavranno indietro mai più. E così il Presidente Woodrow Wilson, che si è fatto rieleggere per un secondo mandato con la promessa di tenere fuori l'America dalle beghe europee, cerca invece un pretesto per intervenire nel conflitto. Questo gli è offerto dal cosiddetto Telegramma Zimmermann, con il quale i tedeschi offrivano al Messico tutti i territori perduti nel 1848 a favore degli Stati Uniti, se entrerà in guerra al loro fianco: intercettato dagli inglesi, esso è fatto pervenire al governo statunitense, che il 6 aprile 1917 dichiara guerra alla Germania. L'esercito americano, sotto il comando de generale John Joseph Pershing detto "Black Jack", è già stato mobilitato nel 1916 per dare la caccia al rivoluzionario messicano Pancho Villa, il che rende le manovre americane più veloci.

All'entrata in guerra degli USA (che trascinano con sé altri paesi americani tra cui Brasile e Cuba) si contrappone il fatto che il 12 marzo in Russia scoppia la "Rivoluzione di Febbraio": lo zar Nicola II è costretto ad abdicare, e il leader dei Menscevichi Aleksandr Fëdorovic Kerenskij proclama la Repubblica. Ma commette un errore: dichiara che la guerra contro la Germania continuerà. Invece il popolo è stremato dal conflitto ed appoggia i Bolscevichi guidati da Lenin. Questi rientra in Russia su un treno tedesco e il 7 novembre fa scoppiare la Rivoluzione d'Ottobre (così detta per via del Calendario Giuliano ancora in uso in Russia); dopo aver preso il potere con la forza, per avere mano libera in patria negozia con i prussiani l'umiliante Pace di Brest-Litovsk, in base alla quale la Russia è costretta a cedere Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia alla Germania e l'indipendenza a Bielorussia e Ucrania (Lenin spera che queste terre gli verranno restituite dopo la vittoria dell'Intesa, ma rimarrà deluso). Il ritiro della Russia dalla guerra consente di spostare ingenti forze sui fronti occidentale e meridionale. Quattro successive offensive tedesche in Francia portano le truppe degli Imperi Centrali più vicine a Parigi, mentre le truppe prussiane inviate come rinforzi alla Bulgaria sconfiggono il generale Leonida Paraskevopulo e riescono ad arrivare a 50 Km da Tessalonica, massima avanzata nemica nel territorio dell'Impero Bizantino. I più devastanti effetti dello sganciamento sovietico dalla guerra si vedono però sul fronte italiano: il 24 ottobre 1917 tedeschi ed austro-ungarici ingaggiano la dodicesima battaglia dell'Isonzo e riescono a sfondare le linee italiane fra Tolmino e Caporetto. La ritirata italiana si trasforma in una rotta, tanto che gli Austriaci sperano di entrare a Venezia e a Milano, ma la loro avanzata è infine fermata sul Piave. Il generale Cadorna è destituito per incapacità e sostituito da Armando Diaz, mentre soldati americani (tra cui lo scrittore Ernest Hemingway) accorrono in Italia e nell'Impero Bizantino per tamponare le falle ed aiutare gli eserciti di queste due nazioni. Il maggiore Harry Truman combatte valorosamente nella regione di Tessalonica; nel 1945 diverrà presidente degli Stati Uniti ed ordinerà il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

In Italia e nell'Impero Bizantino si diffonde una certa sfiducia nella vittoria finale, che solo a fatica la propaganda bellica riesce a contenere. Aumentano inoltre, sotto la spinta del successo dei Bolscevichi in Russia, le agitazioni sociali che domandano a gran voce la fine della guerra. Ormai però gli Imperi Centrali hanno quasi esaurito tutto il loro potenziale bellico, mentre la maggior parte del mondo si trova in guerra contro di loro, ed il blocco navale imposto dall'Intesa impedisce loro ogni tipo di rifornimento. Il 21 marzo 1918 la Germania lancia una grossa offensiva, nota come "Operazione Michael", che prevede l'utilizzo di incursori addestrati ad infiltrarsi nelle trincee e catturarle, ma l'iniziativa tedesca si ferma a causa di problemi logistici. Anche gli austro-ungarici operano una violenta offensiva sul fronte bizantino, nel tentativo di sfondare la linea del fronte e di giungere fino alla capitale Costantinopoli, chiudendo definitivamente la partita con l'Impero Romano, suo eterno rivale; ma, in quella che poi sarà definita la Battaglia del Solstizio, i bizantini non solo sanno resistere alla potente offensiva, ma anzi infliggono pesantissime perdite agli austro-ungarici, che vedono così sfumare l'ultima occasione di vittoria, peraltro in un quadro di gravissima difficoltà interna economica e sociale, dovuta al protrarsi dell'interminabile conflitto.

Il primo stato dell'ex Quadruplice Alleanza ad arrendersi è la Turchia, dopo che il 15 luglio il Mega Dux Giovanni Metaxas è giunto fino a 15 Km da Ankara, mentre i Francesi dalla Siria hanno conquistato il Kurdistan e gli Inglesi hanno invaso l'Anatolia meridionale; anche la città di Trebisonda si solleva in armi sotto la guida del Metropolita Chrysanthus di Atene. il Sultano Karamanide Maometto V è costretto a chiedere l'armistizio e ad abdicare a favore del fratello minore Maometto VI per salvare il proprio paese. Un'altra grande impresa la ha segnata il 10 giugno il capitano di corvetta Georgios Hatzianestis, che con altri sommozzatori mina la grande corazzata tedesca Santo Stefano, al largo dell'isola di Cefalonia, e manda così a picco l'orgoglio della marina austroungarica.

Il 18 luglio 1918, nella battaglia di Château-Thierry, le forze francesi, supportate dagli statunitensi e da un corpo di spedizione bizantino, passano all'offensiva e pongono fine all'iniziativa tedesca che minacciava Parigi. Dal canto suo l'esercito britannico, usando un gran numero di carri armati, attacca Amiens l'8 agosto causando tale sorpresa e confusione che il comandante in capo tedesco, generale Ludendorff, lo definisce « il giorno più nero dell'esercito tedesco ». Vengono usati per la prima volta anche i carri armati americani, guidati dal tenente colonnello George Smith Patton. Quando Metaxas sa dell'impresa, decide che anche l'armata imperiale bizantina si doterà di carri armati.

Ormai siamo alle ultime battute dell'interminabile conflitto. Il 24 ottobre 1918 l'esercito bizantino, supportato da tre divisioni francesi, due inglesi ed un reggimento americano, iniziò una violentissima offensiva che vede scontrarsi 55 divisioni bizantine contro 60 austro-tedesche. Il Mega Dux Metaxas ha studiato bene il piano: a differenza di quanto si aspettano i nemici non vi saranno attacchi frontali, ma un colpo concentrato su un unico punto per spezzare il fronte. Il punto prescelto è la cittadina macedone di Serrès, ai piedi dei Monti Rodopi a circa 24 km a nord est del fiume Strimone, dove la Quinta e la Sesta Armata austriaca si congiungono: si tratta quindi di un punto nevralgico per i collegamenti. L'offensiva inizia con una manovra diversiva: la Quarta Armata Bizantina inizia un attacco sul Monte Kerkini, a nord-est del Lago di Doiranis, attirandosi contro la maggioranza delle forze asburgiche, le quali credono che questo sia l'attacco principale e continuano a contrastarlo con tutte le forze. Un errore fatale: nella notte tra il 28 e il 29 il grosso delle armate imperiali passa all'attacco sulla linea del fiume Strimone, nonostante esso sia in piena per le piogge autunnali sulle montagne della Bulgaria. Le prime ore sono terribili, con una corrente fortissima e sotto il tiro dell'artiglieria nemica, ma dopo immani perdite umane l'Ottava Armata supera il fiume ed avanzare, la Decima e la Dodicesima si allargarono ai suoi lati per coprire l'avanzata, e finalmente il fronte nemico si spezza. Interi reparti austroungarici abbandonano le linee, e la ritirata si trasforma in una rotta; il 30 ottobre l'esercito bizantino entra a Kavalla, liberando la Tracia e ricongiungendosi con i rinforzi che provengono da Costantinopoli.

Dietro l'onda dell'entusiasmo per la vittoria bizantina, e di fronte alla demoralizzazione delle truppe austriache, anche gli italiani attaccano, avendo la meglio prima in Albania, dove riprendono Scutari ed invadono il Montenegro, e poi anche sul fronte veneto, che sfondano presso Vittorio Veneto passando il Piave. Il 4 novembre l'Austria capitola e l'imperatore Carlo d'Asburgo abdica, rifugiandosi a Budapest, dove la popolazione ungherese, benché sconfitta, lo acclama Re Apostolico d'Ungheria; per questo Austria e Ungheria firmano due armistizi separati. La guerra prosegue sul fronte balcanico, ma il 2 novembre Metaxas è entrato trionfalmente ad Adrianopoli e il 4 novembre è preso lo strategico porto bulgaro di Burgas. Anche i Romeni attaccano da nord e i Bosniaci da ovest. Di fronte al rischio dell'assedio della capitale Sofia, lo Zar Ferdinando I di Bulgaria è costretto a sua volta ad arrendersi e a firmare l'armistizio, abdicando a favore del figlio Boris III per salvare la dinastia. Metaxas invia al Basileus Giorgio II un telegramma che annuncia la vittoria:

« Con l'aiuto di Dio e di Sant'Andrea, la guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto la mia guida, l'Esercito Imperiale, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 1 agosto 1914 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta per 50 mesi, è alfine vinta: si canti un Alleluia di ringraziamento in Santa Sofia! »

Dopo il crollo di tutti i suoi alleati, pur ancora sostanzialmente imbattuta e saldamente attestata in territorio francese, la Germania si rende conto che si aprirà un nuovo fronte a sud, e l'11 novembre chiede l'armistizio, ritirandosi entro i propri confini. Il Kaiser Guglielmo II, terrorizzato dall'idea di fare la fine dello Zar di Russia Nicola II, fucilato dai Bolscevichi, abdica e fugge nei neutrali Paesi Bassi, dove passerà il resto della sua vita, mentre i socialdemocratici Philipp Scheidemann e Friedrich Ebert proclamano la Repubblica di Germania, che sarà detta Repubblica di Weimar dal luogo dove è stata ratificata la sua Costituzione. Così scrive di quel giorno il grande poeta bizantino Kostis Palamas, testimone oculare dei fatti:

« Ci fu un attimo di silenzio e di attesa, poi si udì uno strano mormorio, che gli osservatori in posizione molto arretrata rispetto al fronte paragonarono al soffio di una brezza leggera. Erano gli uomini che esultavano dal Vosgi fino al mare! »

La Grande Guerra è finita. Ha coinvolto 32 nazioni del mondo e segnato negativamente una generazione. Secondo le cifre ufficiali gli Imperi Centrali lamentano 3.386.200 morti, 8.388.448 feriti e 3.649.829 tra dispersi e prigionieri (1.200.000 sono i morti austriaci e ungheresi, 1.773.700 quelli tedeschi, 325.000 quelli turchi e 87.500 quelli bulgari); gli Alleati dell'Intesa invece hanno avuto non meno di 5.492.115 morti, 13.431.104 feriti e 4.121.090 tra dispersi e prigionieri. 908.371 sono i morti del Regno Unito e delle sue colonie (Canada, Australia, India, Sudafrica), 1.357.800 quelli francesi, 650.000 quelli italiani, 335.706 quelli rumeni, 45.000 quelli bosniaci, 126.000 quelli degli Stati Uniti, addirittura 1.700.000 quelli russi, cui vanno aggiunte le vittime della guerra civile tra "Rossi" e "Bianchi". L'Impero Bizantino ha perso 345.000 uomini, conta 600.000 feriti e 500.000 tra dispersi e prigionieri, su un totale di 4.000.000 di mobilitati. La guerra si lascia dietro uno strascico incredibile di lutti e di rovine, ma anche l'epidemia di influenza spagnola, che a causa delle pessime condizioni igieniche dilaga in tutta l'Europa mietendo più vittime della Grande Guerra (si parla addirittura di 50 milioni di morti). Nell'Impero Bizantino essa miete ufficialmente 81.000 vittime, più 8.573 in Nuova Attica. In onore dei caduti della Grande Guerra, il Basileus Giorgio II fa costruire a Costantinopoli la nuova, grande Basilica di San Michele Arcangelo, nella quale è tumulato anche il Milite Ignoto.

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Non una pace, ma una tregua di vent'anni

La conferenza di pace si apre il 18 gennaio 1919 a Parigi, sotto la presidenza del Primo Ministro Francese Georges Clemenceau. Ad essa partecipano tra gli altri il Primo Ministro dell'Impero Britannico David Lloyd George, il Primo Ministro Italiano Vittorio Emanuele Orlando, il Presidente degli Stati Uniti d'America Woodrow Wilson, il Protospatario dell'Impero Bizantino Eleftherios Venizelos e il Primo Ministro Bosniaco Nikola Pašić. Il Trattato di Versailles (28 giugno 1919), stipulato con la Germania, impone a quest'ultima di cedere l'Alsazia e la Lorena alla Francia, lo Schleswig Settentrionale alla Danimarca e la Mazovia alla ricostituita Polonia, di ridurre a soli 100.000 uomini le forze armate, le toglie tutte le colonie e richiede ben 133 miliardi di marchi oro di riparazioni di guerra. Il pagamento di queste riparazioni sarà dilazionato nell'arco di ben settant'anni da Stati Uniti e Impero Bizantino, ma Francia e Regno Unito pretenderanno fino all'ultimo marco, nel tentativo di distruggere l'economia tedesca e di impedirle di rinascere come grande potenza. Così facendo però provocheranno in Germania un'inflazione spaventosa e un disastro economico, il quale sarà tra le conseguenze del crollo della Repubblica di Weimar, dell'ascesa di Hitler e in definitiva dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Inutilmente il Protospatario Eleftherios Venizelos e il Maresciallo di Francia Ferdinand Foch cercano di convincere gli altri delegati a non umiliare la Germania: Clemenceau è irremovibile, convinto così facendo di fare della Francia la nuova grande potenza europea, tanto che Venizelos commenterà, con notevole lucidità e lungimiranza politica:

« Quella che abbiamo firmato non è una pace. È una tregua di vent'anni! »

Ancora più duro è il Trattato di Saint-Germain-en-Laye, firmato il 10 settembre 1919 con l'Austria. L'Impero Asburgico cessa di esistere, assieme all'unione tra Austria ed Ungheria, e Wilson preme per imporre il principio « uno stato per ogni popolo ». In tal modo la Boemia e la Moravia si separano dall'Austria e si uniscono alla Slovacchia e alla Rutenia, perse dall'Ungheria, onde formare la nuova Repubblica di Cecoslovacchia, con capitale Praga. Slovenia, Croazia e Serbia del Nord sono unite alla Bosnia e al Montenegro per formare il nuovo Regno dei Bosniaci, dei Macedoni e degli Sloveni, con capitale Travnik, che il 3 ottobre 1929 prenderà la nuova denominazione di Regno di Jugoslavia, sotto la corona di Pietro I Petrović. Il Tirolo Meridionale con Bolzano, Gorizia e Trieste con il suo entroterra (ma non la città di Fiume, richiesta inutilmente da Vittorio Emanuele Orlando) sono cedute all'Italia; le regioni d'Italia salgono così a ventuno, essendosi aggiunti l'Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia (scorporato dal Veneto), entrambe a statuto speciale. Cracovia si unisce alla nuova Repubblica di Polonia. Del glorioso Impero d'Austria resta solo un piccolo territorio arroccato tra i monti e senza sbocco al mare, che forma la Repubblica di Austria con capitale Vienna. L'esercito è ridotto a 30.000 uomini ed è fatto divieto all'Austria di unirsi alla Germania, come alcuni hanno ventilato all'indomani della sconfitta.

Il Trattato di Trianon, firmato il 4 giugno 1920 con l'Ungheria, è anch'esso estremamente punitivo. L'Ungheria è considerata corresponsabile della guerra e ridotta a un terzo del suo territorio storico. La Slovacchia, come detto, va a formare parte della Jugoslavia, mentre la Croazia confluisce nella Jugoslavia; Transilvania e Banato sono annesse alla Romania, nonostante l'alta percentuale di magiari che vi abita; il Burgenland si unisce all'Austria. Inoltre gli Alleati vorrebbero espellere Carlo d'Asburgo dal paese e addirittura processarlo, ma stavolta Eleftherios Venizelos alza la voce, agitando il rischio di un colpo di stato di stampo comunista in Ungheria, e così alla fine, a differenza della nostra Timeline, Carlo resta Re d'Ungheria con il nome di Carlo IV. Il potere effettivo è però nelle mani dell'ammiraglio Miklós Horthy, nominato Primo Ministro da Carlo IV, il quale instaura un'autocrazia personale.

Il Trattato di Neuilly-sur-Seine, firmato il 27 novembre 1919 con la Bulgaria, riguarda direttamente l'Impero Bizantino, perchè Sofia è costretta a cedere a Costantinopoli vari territori di confine, raggiungendo quasi esattamente i confini attuali. Deve inoltre cedere Strumica e Basilegrad alla Jugoslavia, e la Dobrugia Meridionale alla Romania. Quest'ultima, approfittando del fatto che in Russia è in corso una sanguinosissima guerra civile tra "Bianchi" e "Rossi", acquista anche la Bessarabia, trasformandosi così in uno stato enorme. L'esercito bulgaro è ridotto a 20.000 uomini e deve pagare più di 100 milioni di dracme oro di riparazioni all'Impero Bizantino.

Infine, il Trattato di Sèvres del 10 agosto 1920 regola i conti con la Turchia. Essa è drasticamente ridotta ad un piccolo stato dell'interno dell'Anatolia, mentre l'Impero Bizantino si vede ripristinato il confine anteriore al 1866 e tutta la costa del Mar Nero fino a Trebisonda. Vengono inoltre istituiti due nuovi stati indipendenti nell'Oriente del Sultanato: la Repubblica Democratica di Armenia, fortemente voluta dal Presidente USA Wilson, e la Repubblica del Kurdistan. Il Genocidio Armeno è duramente condannato su iniziativa di Venizelos. La costa mediterranea dell'Anatolia è spartita tra Italia e Francia; l'esercito karamanide viene ridotto a 20.000 unità, e il nuovo stato turco non può avere più una forza aerea né una navale. Il Trattato è firmato dal Sultano Karamanide Maometto VI, ma viene fortemente contestato dai Nazionalisti Turchi, guidati da Mustafà Kemal. Essi dichiarano deposto il Sultano e stabiliscono un governo separatista nell'antica capitale Karaman, chiamando i Turchi alla riscossa nazionale contro l'invasione bizantina, italiana e francese. Venizelos però sottovaluta ampiamente questo movimento, ritenendo di poterlo schiacciare in qualsiasi momento.

Intanto, al tavolo di Parigi Vittorio Emanuele Orlando agita il Patto di Londra, in base al quale anche Fiume e il suo retroterra dovrebbero essere annessi all'Italia, ma Wilson non vuol sentir parlare di trattative segrete e dichiara che quelle terre devono essere assegnate al nuovo regno jugoslavo, essendo abitate in maggioranza da croati. Orlando pesta i piedi, contatta tutte le delegazioni straniere (persino quella uruguayana) cercando appoggi, e condisce il tutto con abbondanti lacrime, tanto che Venizelos, il quale soffre di prostata, commenta sospirando:

« Ah, se potessi io pisciare quanto lui piange! »

Alla fine, se ne va sbattendo la porta rumorosamente, ma com'è logico il Parlamento Italiano e il Re Vittorio Emanuele III lo costringono a tornarci. A quel punto, Orlando scopre che gli alleati si sono spartiti tutte le colonie tedesche, ignorando le promesse fatte all'Italia nel Patto di Londra: la Nuova Guinea e il Tanganica sono assegnati al Regno Unito; la Namibia al Sudafrica; il Camerun e il Togo orientale alla Francia; il Togo occidentale, il Ruanda e l'Urundi all'Impero Bizantino; la Micronesia e la concessione cinese di Tsingtao al Giappone. Nonostante l'appoggio diplomatico di Venizelos, alla fine l'Italia si ritrova senza acquisti coloniali e senza la città di Fiume, assegnata alla Jugoslavia; e Wilson vorrebbe addirittura organizzare un referendum in Dalmazia per fare in modo che essa sia annessa alla Jugoslavia. La Penisola ha pagato un prezzo altissimo in morti, feriti, mutilati di guerra e distruzioni, contraendo un debito enorme (finirà di pagarlo addirittura solo negli anni '70!) per ottenere solo poco più di quanto avrebbe ottenuto restando neutrale. La profonda delusione per il mancato rispetto del Patto di Londra genera il pericoloso mito della "vittoria mutilata": l'Italia ha vinto la guerra sul campo, ma gli Alleati rapaci ed ingordi le hanno scippato la vittoria al tavolo delle trattative. Tale delusione costituirà il più fertile humus per la crescita del Nazionalismo.

Lo si vede già il 12 settembre 1919, quando una forza volontaria irregolare di 2500 reduci italiani guidati dal poeta Gabriele d'Annunzio, occupa la città di Fiume proclamando la Reggenza del Carnaro e chiedendo l'annessione all'Italia. A sorpresa Lenin riconosce la Reggenza, che a sua volta è il primo governo al mondo a riconoscere l'Unione Sovietica. Il 12 novembre 1920 Italia e Jugoslavia firmano il Trattato di Rapallo in cui si impegnano a costituire lo Stato libero di Fiume, ma D'Annunzio rifiuta il trattato e continua a chiedere l'annessione all'Italia. Di conseguenza il 25 dicembre 1920 l'esercito italiano è costretto ad attaccare Fiume e a scacciare i Legionari del Vate. Solo con il Trattato di Roma del 27 gennaio 1924, grazie alla decisiva mediazione bizantina, verrà sancito il passaggio della città all'Italia, mentre l'entroterra e Porto Baross passeranno alla Jugoslavia. In ogni caso la profonda crisi economica e politica che investe l'Italia nel dopoguerra porterà a gravissime tensioni sociali che sfoceranno prima nel "Biennio Rosso" e poi nel Fascismo.

Se Atene piange, come si usa dire, Sparta di certo non ride. Infatti le due potenze che sembrano uscite vincitrici dal conflitto, Francia e Regno Unito, hanno vinto le più importanti battaglie solo grazie all'intervento decisivo dei cittadini delle colonie: senza gli africani e gli indocinesi, difficilmente i francesi avrebbero vonto battaglie come quella del Crinale di Vimy, e la stessa cosa vale per gli inglesi, che hanno dovuto appoggiarsi in maniera determinante ai militari canadesi, australiani, indiani e sudafricani. Molti di questi soldati, tornati alle loro case, si vedono ancora trattati come cittadini di seconda classe, e cominciano a dare vita a movimenti indipendentisti. La Grande Guerra segna perciò ad un tempo l'apogeo e l'inizio della fine del colonialismo europeo.

Alla luce di tutto questo, i veri vincitori della guerra sono gli Stati Uniti d'America, che hanno lamentato un numero relativamente esiguo di vittime in rapporto alla totalità della popolazione e, se non hanno avuto vantaggi territoriali, è però vero che hanno giocato un ruolo decisivo in campo economico e finanziario. Ciò porta a una sorta di "dipendenza" economica nei confronti degli Stati Uniti da parte di un'Europa allo sfascio, che in una assurda guerra di proporzioni devastanti ha perso un'intera generazione di uomini, e si avvia a perdere il predominio mondiale di cui gode da secoli, proprio a vantaggio di USA, Unione Sovietica e Giappone. Non altrettanto fortunata è la gestione politica del successo: l'idealista Presidente Woodrow Wilson cerca di imporre il principio di nazionalità, che come abbiamo visto scontenta tutti, vincitori e vinti, ed inoltre promuove la nascita di una "Società delle Nazioni", con sede a Ginevra, il cui scopo sarà quello di dirimere le contese internazionali in sede diplomatica, senza più far ricorso a guerre. Al progetto aderiscono in modo entusiastico Regno Unito, Francia, Italia ed Impero Bizantino, ma gli Stati Uniti d'America non ratificheranno mai l'adesione alla Società: al suo ritorno in patria Wilson è colpito da ictus cerebrale, ed il suo successore, il Repubblicano Warren Harding, sceglie una politica isolazionistica, sancendo la sostanziale impreparazione degli Stati Uniti a giocare un ruolo di grande potenza mondiale. L'isolazionismo sembra dare i suoi frutti economici (si parlerà dei "Ruggenti Anni Venti"), ma il Crollo della Borsa di Wall Street nel 1929 rappresenterà per tutti gli americani un risveglio tremendamente brusco. Anche la Società delle Nazioni risulterà un fallimento, non avendo esercito proprio (e quindi non avendo mezzi per imporre le proprie decisioni, tranne le sanzioni economiche, facilmente aggirabili), e rappresentando in sostanza gli interessi egoistici di Gran Bretagna e Francia.

Per quanto riguarda specificatamente l'Impero Bizantino, a questo punto rimasto l'ultimo impero superstite in Europa, il finanziamento della guerra ha avuto un enorme costo economico. Da grande investitore oltremare, il governo di Costantinopoli si ritrova ad essere uno dei principali debitori, con il pagamento degli interessi che costituisce circa il 40% di tutte le spese statali. L'inflazione raddoppia tra il 1914 ed il 1920, mentre il valore della dracma crolla, ed anche qui si apre una stagione di grandi agitazioni sociali e di scioperi generali. Dal canto suo la Nuova Attica ed il Congo (come le suddette colonie inglesi e francesi) cominciano a manifestare insofferenza nei confronti dell'umiliante subordinazione alla Corona Bizantina. A tutto ciò si aggiunge l'incipiente dramma della Guerra Turco-Bizantina. Eppure, nonostante tutto questo, nell'Impero si cerca di ritornare alla normalità quotidiana, anche attraverso le manifestazioni sportive. Il 5 agosto 1920 prende il via la prima edizione del Giro dell'Impero, grande corsa ciclistica a tappe sul modello del Tour de France e del Giro d'Italia. La prima edizione prevede un percorso di 1928 Km con partenza da Smirne, passaggio in Europa a Gallipoli, e successivamente Giannina, Missolungi, Delfi, Atene, Larissa, Tessalonica, Alessandropoli e Costantinopoli, dove l'arrivo avviene nella maestosa cornice dell'Ippodromo. La prima edizione è vinta dall'italiano Ottavio Bottecchia davanti al belga Philippe Thys.

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Una scimmia provoca la disfatta dell'Impero

Il 1920 tuttavia è un anno drammatico per l'Impero. Il 2 ottobre il giovane Basileus Giorgio II sta passeggiando nei giardini del Palazzo del Boukoleon, quando vede uno dei suoi cani preferiti assaliti da due delle scimmie che vivono libere nel giardino. Subito accorre per difenderlo con un bastone, ma le due scimmie lo mordono in più punti. I due animali sono abbattuti, ma le ferite si infettano e l'Imperatore muore di setticemia il 25 ottobre a soli 30 anni. Il cordoglio in tutto l'Impero è grandissimo, ma non mancano le dietrologie. Infatti alcuni puntano il dito contro i Giovani Turchi, che avrebbero organizzato un attentato davvero ben congegnato per eliminare il giovane Basileus che è divenuto simbolo della loro sconfitta. Siccome poi i Conservatori Unionisti chiedono a gran voce il ritorno dall'esilio svizzero di Costantino XVI e il suo reinsediamento sul trono, Venizelos accusa proprio il deposto Basileus di aver ordinato l'eliminazione del suo stesso figlio, facendo in modo che venisse assalito di proposito da due animali malati. Venizelos propone di incoronare Basileus il fratello minore di Giorgio, Manuele, ma quest'ultimo rifiuta di salire al trono finché suo padre è vivo: teme forse di fare la stessa fine del fratello? In ogni caso, il Presidente del Senato Imperiale, l'Unionista Demetrio Gounaris, per sbloccare la situazione chiede che si sciolga il Parlamento e si vada a elezioni anticipate. Queste, tenutesi il 180 novembre, assumono il significato di un plebiscito per decidere tra Venizelos e Costantino. A vincere è il Partito Unionista di Demetrio Gounaris, che diventa il nuovo Protospatario ed invita ufficialmente Costantino XVI a tornare dall'esilio. Questi rientra ed è nuovamente incoronato Basileus il 19 dicembre 1920. Non sopportando di vedere il suo più acerrimo nemico restaurato sul trono, Venizelos va in esilio a Londra.

Chi pensa che questo fatto rappresenti l'inizio della pacificazione nazionale e di un periodo più tranquillo per l'Impero deve subito ricredersi. Tanto per cominciare, gli Alleati sono furiosi perchè il cognato del Kaiser che voleva entrare in guerra a favore della Germania è stato restaurato sul trono, e l'Impero Bizantino si ritrova isolato sulla scena internazionale. In secondo luogo, la disfatta elettorale di Venizelos conduce all'allontanamento dal loro comando di tutti i suoi sostenitori all'interno delle forze armate; i veterani della Prima Guerra Mondiale come Giovanni Metaxas, cui va il merito di aver sconfitto i Karamanidi, sono tutti congedati, e nuovo Mega Dux è nominato il generale Anastasio Papoulas, molto vicino a Costantino XVI, ma militarmente assai inesperto.

Naturalmente Mustafà Kemal decide di cogliere l'occasione per riprendere le armi e scacciare i bizantini dal suolo turco. Subito dimostra cosa sa fare annientando una divisione bizantina presso Eskisehir. Costantino XVI ordina ad Anastasio Papoulas di lavare l'onta e dare una lezione a Kemal, e così il nuovo Mega Dux avanza in Anatolia ma subisce un durissimo scacco nella prima battaglia di Inonu, l'11 gennaio 1921. Di fatto questo scontro legittima i rivoluzionari turchi e scredita del tutto ciò che rimane del Sultanato; esso inoltre induce gli Alleati a proporre un emendamento al Trattato di Sèvres, riducendo i vantaggi territoriali di Italia, Francia e Bisanzio. Gli Italiani, i Francesi e i Britannici firmano il nuovo accorso, ma il governo Gounaris rifiuta di accettare le nuove decisioni e, persuaso di conservare ancora il vantaggio strategico e di poter negoziare una pace più favorevole, ordina di lanciare un secondo attacco il 27 marzo: è la seconda battaglia di Inonu, che ha lo stesso esito della prima. I Francesi e gli Italiani capiscono subito chi è il più forte e si affrettano a firmare trattati di pace con i Rivoluzionari Turchi, cedendo loro i territori nel sud dell'Anatolia che avevano inizialmente occupato; anche Alessandretta e Tarso sono occupate dai Turchi. Per di più, le due nazioni mediterranee accettano di vendere armi ai loro antichi avversari per contrastare il governo bizantino, ormai considerato niente più che un cliente del Regno Unito. Gli Italiani utilizzano la loro base di Antalya per aiutare i Giovani Turchi e fornire loro informazioni riguardanti le forze bizantine, mentre i Francesi costruiscono una fabbrica di munizioni ad Adana per approvvigionare l'esercito kemalista. Quest'ultimo infine riceve significativi aiuti dalla Russia sovietica, che non ha perdonato ai Bizantini di essere intervenuti nella guerra civile a favore dei Bianchi, ed ora sta vincendo il conflitto. Durante il conflitto l'Impero Romano invece non riceve alcun sostegno esterno, neppure da parte del Regno Unito che non vuole scontentare i Francesi. A questo punto le sorti del conflitto sono decise.

Naturalmente Papoulas non vuole rinunciare alla lotta e dal 27 giugno al 20 luglio 1921 affronta gli eterni nemici turchi nella battaglia di Sinope, nella quale l'esercito greco, considerevolmente rinforzato, ha la meglio sulle truppe turche comandante da Ismet Inönü, luogotenente di Mustafà Kemal. L'esercito turco riesce però ad evitare l'accerchiamento e organizza una ritirata strategica a est del fiume Halys. I Bizantini, il cui morale vacillante è rinvigorito dalla vittoria, sono ormai alle porte di Ankara. Convinti di essere sul punto di travolgere la Turchia, i Greci sono entusiasti, e a Costantinopoli il Basileus lancia il grido di guerra «Ad Angora! » (antico nome greco della capitale karamanide), invitando alcuni ufficiali britannici ad assistere ad Ankara a un pranzo celebrativo della vittoria. Per i Giovani Turchi la situazione è talmente critica che alcuni in Europa pensino addirittura alla possibilità che la nazione turca scompaia dalla storia, riassorbita dall'Impero Bizantino, tornato ai fasti di Giustiniano, di Eraclio e di Basilio II.

A questo punto però Mustafà Kemal prende in mano personalmente le sorti dell'esercito; l'offensiva bizantina è accolta da una resistenza feroce che culmina nei 21 giorni della battaglia della Sakarya, dal 23 agosto al 13 settembre 1921. La difesa turca si posiziona sulle alture, e i soldati imperiali devono prenderle d'assalto una a una. Dopo vari scontri di esito alterno, il confronto decisivo si ha quando l'esercito bizantino tenta di prendere Haymana, situata 72 km a sud di Ankara. La ferocia di questa battaglia costringe i Bizantini alla ritirata per carenza di munizioni. Da parte turca la gioia è immensa, mentre a Bisanzio lo scacco è bruciante. Demetrio Gounaris chiede aiuto agli Alleati, ma questi ormai sono convinti che il Trattato di Sèvres non è più proponibile e che deve essere rivisto, ed evacuano le truppe francesi e italiane ancora presenti in Anatolia, indebolendo ulteriormente la posizione bizantina. Subito dopo propongono un armistizio ai due belligeranti, ma Mustafà Kemal ha capito che gode ormai di un notevole vantaggio strategico, e rifiuta ogni accordo fintanto che i Bizantini tengono ancora la costa del Mar Nero, e intensifica i suoi sforzi per riorganizzare le forze armate turche prima dell'offensiva finale. Dopo la sconfitta di Haymana, il Mega Dux dovrebbe ritirarsi verso una linea difensiva più arretrata, ma Costantino XVI ordina di impadronirsi di Ankara ad ogni costo, nonostante la netta opposizione degli Alleati.

I Rivoluzionari Turchi decidono che è arrivato il momento di lanciare il contrattacco decisivo, oggi noto come "Buyuk Taaruz" (in turco "Grande Offensiva"). Il 26 agosto 1922 cade Ordu, e il 30 agosto è ripresa Trebisonda. L'esercito bizantino subisce una sconfitta decisiva nella battaglia di Dumlupinar: la metà dei soldati imperiali cade o è fatta prigioniera, tra i quali i generali greci Nicola Trikoupis e Alessandro Dionis. Proprio mentre è prigioniero, Trikoupis apprende ironicamente che è stato nominato Mega Dux al posto di Papoulas, essendo evidentemente il governo di Bisanzio piuttosto disinformato.

Il 1 settembre Mustafà Kemal lancia un famoso proclama ai suoi uomini: « Soldati, il vostro primo obiettivo è il Mar Nero. Avanti! » A questo punto Costantinopoli chiede ai Britannici di organizzare una tregua che preservi quanto meno la presenza greca a Sinope, ma il 6 settembre cadono le città di Samsun e di Bafra, e Merzifon segue la stessa sorte il giorno dopo. Quanto a Amasya, è conquistata l'8 settembre. In Grecia il governo Gounaris rassegna le dimissioni, Pietro Protopapadakis diventa il nuovo Protospatario proprio il 9 settembre, il giorno in cui la cavalleria turca entra a Sinope. L'espulsione dell'esercito bizantino dalla costa dell'Anatolia sul Mar Nero è completata entro il 14 settembre. Le forze di Mustafà Kemal marciano addirittura in direzione della Bitinia, minacciando Nicea e Calcedonia. Il governo britannico decide di aiutare gli alleati bizantini a resistere all'avanzata turca, e chiede ai Francesi e agli Italiani di fare altrettanto, ma questi ultimi sono ben lieti di veder ridimensionata la presenza inglese nel Mediterraneo Orientale, e così lasciano i Romani e i Britannici da soli di fronte ai Turchi. Il 24 settembre le truppe di Kemal si presentano davanti alle mura di Calcedonia ed ignorano la richiesta britannica di arretrare, ma il generale inglese Charles Harington, comandante delle forze inglesi presenti a Costantinopoli, impedisce ai suoi uomini di sparare sui Turchi e mette in guardia il suo governo dall'avviarsi verso un'insensata avventura. La flotta greca abbandona infine le coste del Mar Nero che ancora presidiava, ed Harington costringe Protopapadakis ad accettare di ridiscutere il Trattato di Sèvres. Solo a questa condizione Mustafà Kemal acconsente ad aprire i negoziati di pace.

Intanto i cristiani ortodossi e gli armeni fuggono in massa dalle città riconquistate dai Turchi, i primi in direzione di Costantinopoli, i secondi verso la nuova Repubblica d'Armenia, sotto protettorato anglofrancese e perciò inattaccabile dai Turchi e dai Sovietici. Cosciente del danno d'immagine che deriverebbe ai Giovani Turchi da un nuovo genocidio di cristiani, Mustafà Kemal pubblica un proclama in cui minaccia di morte tutti coloro che molesteranno i non-turchi. Ma Nureddin İbrahim Konyar, il comandante delle forze turche nel distretto di Sinope, ignora gli ordini di Kemal ed ordina il massacro di Greci ed Armeni, mentre le proprietà dei cristiani sono saccheggiate. Il metropolita ortodosso Crisostomo di Smirne, che ha rifiutato di fuggire con le truppe bizantine, è linciato sulla pubblica piazza, e la Chiesa Ortodossa lo proclamerà Santo in quanto martire. Una gran parte della città di Sinope è devastata da un incendio, le cui cause non sono mai state chiarite. Secondo lo storico britannico Arnold Joseph Toynbee, giornalista a Costantinopoli all'epoca dei fatti, ad appiccare l'incendio è stato l'esercito turco, poiché solo i quartieri greci e armeni sono andati in fiamme, mentre i Turchi sostengono che sono stati i Bizantini ad applicare la politica della "terra bruciata", essendo andati distrutti anche dei depositi di merci che i Turchi avrebbero interesse a conservare intatti.

L'11 ottobre 1922 è firmato l'Armistizio di Apamea, cui fa seguito il Trattato di Losanna. Esso ridisegna i confini tra l'Impero Bizantino e il nuovo stato turco, riportandoli praticamente alla situazione precedente alla Grande Guerra: un duro scacco per Bisanzio, che ha sprecato decine di migliaia di giovani vite nella Prima Guerra Mondiale e nel Conflitto Turco-Bizantino per ottenere ampliamenti territoriali piuttosto insignificanti; unico guadagno di otto anni di guerra è un debito pubblico devastante, cui l'antico Impero Romano d'Oriente potrà far fronte solo grazie all'aiuto di britannici e statunitensi, dei quali rischia così di diventare poco più di una colonia. Il principale fattore della disfatta dell'Impero è stato la perdita dei suoi sostenitori fra gli Alleati dopo il ritorno di Costantino XVI dall'esilio, anche perchè, dopo un conflitto devastante come quello del '14-'18, nessuno in Europa ha più voglia di impegnarsi in ulteriori confronti armati per far applicare il Trattato di Sèvres. Riconoscendo l'ascesa militare e politica della Rivoluzione Turca, i Paesi dell'Intesa preferiscono firmare accordi separati con Mustafà Kemal e abbandonare le loro rivendicazioni sull'Anatolia; e David Lloyd George non fa eccezione, pur avendo fin qui sempre sostenuto i Bizantini. E così, il 1 novembre 1922 Kemal abolisce il Sultanato Karamanide, che durava da oltre 500 anni: il 17 novembre Maometto VI lascia Ankara e si imbarca ad Antalya su di una nave da guerra italiana; passerà gli ultimi anni della sua vita sulla riviera ligure, e morirà il 16 maggio 1926 nella Villa delle Magnolie a Sanremo. Il 29 ottobre 1923 Mustafà Kemal proclama la nascita della Repubblica di Turchia sulle ceneri del Sultanato Karamanide, e ne è subito eletto primo Presidente, instaurando un vero e proprio regime autocratico. Qui sotto ne potete vedere la bandiera, con la mezzaluna e la Stella di Salomone.

La tragedia nazionale bizantina è aggravata dal fenomeno dello scambio di popolazioni civili tra Impero e Turchia: mezzo milione di Greci abbandona definitivamente la costa anatolica del Mar Nero, sulla quale viveva da oltre duemila anni, e quasi altrettanti Turchi emigra dalle province bizantine sulla costa asiatica dell'Egeo verso la madrepatria. La maggioranza dei Greci sfollati viene insediata in Attica e in Macedonia, regioni fin qui relativamente spopolate. Come scriverà lo storico Norman Naimark, « i Turchi hanno approfittato della loro avanzata verso l'Egeo per svuotare l'Anatolia settentrionale dei suoi abitanti greci. Gli eserciti turchi hanno largamente realizzato i loro obiettivi bruciando e distruggendo le dimore e i beni dei Greci ».

Il popolo bizantino percepisce tutto ciò come una vera e propria tragedia nazionale, una sorta di riedizione della disfatta del 1866. Tutti, dagli umili bottegai ai Soloni della politica, puntano il dito contro gli errori strategici e contro la cattiva concezione dei piani d'invasione del territorio turco, messi in atto sia dai militari che dai vertici della politica. « Abbiamo avanzato in territorio turco senza chiari obiettivi strategici, e la sola strategia seguita dal Mega Dux è consistita nel dare un colpo fatale ai rivoluzionari turchi per obbligarli ad accettare il Trattato di Sèvres », accusa Venizelos dall'esilio londinese. Sotto la spinta del furore popolare, Giovanni Metaxas ritorna Mega Dux, ed anche Protopapadakis è costretto a dare le dimissioni, sostituito da Nicola Triantaphyllakos solo per il tempo necessario ad indire nuove elezioni politiche anticipate. È lo stesso Triantaphyllakos a chiedere al Basileus Costantino XVI di abdicare per la seconda volta, poiché tutti in patria lo accusano di essere il vero responsabile della trasformazione di una luminosa vittoria in un disastro nazionale, tanto che, riferendosi alla morte di suo figlio Giorgio II, il grande storico bizantino Nicola Oikonomides (1934-2000) affermerà:

« Per la prima volta nella millenaria storia dell'Impero, il morso di una scimmia è costato 200.000 morti! »

Nonostante le resistenze, il Basileus è costretto a prendere atto che in patria nessuno lo vuole più: infine egli butta la spugna il 27 settembre 1922 e va in esilio a Palermo, dove muore poco dopo, l'11 gennaio 1923. Gli succede il secondogenito Manuele V, 30 anni, che ha sposato la principessa Elisabetta di Hohenzollern - Sigmaringen (12 ottobre 1894 – 14 novembre 1956), figlia del Re di Romania Ferdinando I. Molti sospettano che Costantino XVI sia stato avvelenato per non cedere alla tentazione di rientrare in patria un'altra volta e combinare nuovi disastri. Le elezioni riportano al potere il Partito Liberale, ed Eleftherios Venizelos, che è ritornato dall'esilio dopo la cacciata di Costantino, è nuovamente eletto Protospatario. Il Partito Unionista praticamente scompare dalla scena politica, ed al suo posto ascendono il Partito Popolare (LAK, Laiko Komma), conservatore e vicino alla Chiesa Ortodossa, e il Partito Socialista. Anche il Mega Dux Giovanni Metaxas decide di scendere in politica, fondando il Partito dei Liberi Pensatori (Kòmma ton Eleftherofrònon).

Nonostante le proteste da parte della Chiesa Ortodossa, una delle prime misure adottate dal nuovo Senato Imperiale è l'adozione del Calendario Gregoriano, in sostituzione del tradizionale Calendario Bizantino in uso da quasi 16 secoli, per avvicinare maggiormente l'Impero all'Europa. L'anno non inizia più il 1 settembre ma il 1 gennaio; vengono soppressi 13 giorni, e a mercoledì 15 febbraio segue immediatamente giovedì 1 marzo 1923. Inoltre si comincia a contare gli anni dalla Nascita di Cristo, non più dall'ipotetica data della Creazione del Mondo (fissata al 1 settembre 5509 a.C.), per cui l'anno 7441 è sostituito dal 1923 (questa cronologia era però già largamente in uso nell'Impero anche prima della ratifica da parte del Senato). Viene bocciata invece a larga maggioranza la proposta di adottare l'alfabeto latino per allinearsi alle nazioni dell'Europa Occidentale.

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Dai "Ruggenti Anni Venti" al Crac del 1929

L'Impero sembra proprio non trovare pace in questo tormentato Novecento: si è appena risolta la crisi con la Turchia, e subito rischia di aprirsene una con l'Italia. Nell'ottobre precedente infatti Vittorio Emanuele III ha affidato il compito di formare il nuovo governo a un certo Benito Mussolini, il quale porta avanti fin da subito una politica nazionalistica con ambizioni di grande potenza. Il 27 agosto 1923 un contingente di Bersaglieri agli ordini del Generale Enrico Tellini, incaricata di fissare con precisione i confini tra l'Impero e l'Albania, viene trucidata a Zepi, località tra il cinquantatreesimo ed il cinquantaquattresimo chilometro lungo la strada tra Giannina e Kakavia. Probabilmente i responsabili del massacro sono elementi nazionalisti dell'esercito bizantino che non hanno digerito l'appoggio dato dagli italiani a Mustafà Kemal. Naturalmente Mussolini va su tutte le furie ed il 29 agosto invia un ultimatum all'Impero, pretendendo 50 milioni di lire come risarcimento, le scuse ufficiali e l'esecuzione degli assassini. Il Mega Dux Giovanni Metaxas mena il can per l'aia ed infine dichiara di non essere riuscito ad identificare i colpevoli (ma in realtà probabilmente li ha coperti). La reazione italiana è rabbiosa: il 31 agosto la marina italiana bombarda e occupa l'isola di Corfù, uccidendo almeno 15 civili innocenti. Subito Venizelos si appella alla Società delle Nazioni, che il 3 settembre condanna l'occupazione italiana; Mussolini minaccia allora l'uscita dell'Italia dalla Società. La marina britannica dal canto suo si schiera immediatamente in difesa del territorio bizantino, e il Ministro della Guerra, generale Armando Diaz, fa sapere a Mussolini che la nostra flotta non è in grado di opporsi a quella di Sua Maestà. E così il 27 settembre il futuro Duce decide di ritirare le truppe che occupano l'isola di Corfù, accettando il risarcimento in denaro offerto da Venizelos. È l'inizio di un ventennio di difficili rapporti tra l'Italia Fascista, che si appresta a diventare una dittatura, e l'Impero Bizantino, aggravato dal fatto che Mussolini considera il suo regime, e non il governo di Costantinopoli, l'unico degno erede dell'Impero Romano. Solo per breve tempo si ha un riavvicinamento tra Roma e Costantinopoli, allorché il 23 settembre 1928 Mussolini e Venizelos firmano un effimero trattato di amicizia romano-bizantina, in chiara funzione anti-jugoslava; con grande disinvoltura, infatti, il 25 marzo 1937 il Duce firmerà un trattato di amicizia italo-jugoslava, in chiara funzione anti-bizantina.

Un altro grave incidente fa salire la tensione fra l'Impero e uno dei suoi bellicosi vicini: si tratta della cosiddetta "Guerra del Cane Randagio", una breve invasione della Bulgaria da parte delle truppe bizantine nei pressi della città di confine di Petrič, a causa di problemi delle minoranze che provocano molte gravi controversie tra l'Impero e le nazioni circostanti nei convulsi anni successivi alla Prima Guerra Mondiale. Il 22 ottobre 1925 un soldato imperiale corre dietro al suo cane, che gli è sfuggito ed ha involontariamente attraversato il confine con la Bulgaria, di recente fissato con il Trattato di Neuilly-sur-Seine. Una delle guardie di confine bulgare spara al soldato greco ferendolo. Visto il clima politico tesissimo di questi anni (i Bulgari hanno parteggiato apertamente per Mustafà Kemal), l'escalation appare inevitabile: il generale greco Teodoro Pangalos, Strategos del Mega Dux Metaxas, manda immediatamente i suoi soldati contro il confine bulgaro, cercando di occupare la città di Petrič, ed invia allo Zar Boris III un ultimatum nel quale esige la punizione dei soldati bulgari che hanno sparato contro i bizantini, le scuse ufficiali da parte del governo e sei milioni di dracme come riparazione per le famiglie delle vittime. Subito la Bulgaria si appella alla Società delle Nazioni per risolvere la controversia, mentre alcuni veterani della Grande Guerra organizzano bande armate di difesa intorno a Petrič, impedendo ai Bizantini di entrare in città. Nonostante Venizelos assicuri gli Alleati che non pretenderà vantaggi territoriali, la Società delle Nazioni condanna l'invasione bizantina e chiede il ritiro di Pangalos e un risarcimento in denaro per la Bulgaria; alla fine Costantinopoli è costretta a richiamare le sue truppe, a silurare Pangalos e a pagare una multa di 45.000 sterline, ma Venizelos lamenta la disparità di trattamento rispetto all'incidente di Corfù del 1923, e l'odio tra Bizantini e Bulgari provocherà un lungo strascico di sangue durante la Seconda Guerra Mondiale. Venizelos che ha già subito un tentativo di assassinio a Lione il 12 agosto 1920, di ritorno dalla Conferenza di Pace di Parigi, ne subirà un altro il 6 giugno 1929, da parte di presunti sicari bulgari.

Per fortuna non ci sono solo eventi luttuosi: nel gennaio 1925 giunge a Costantinopoli il celeberrimo fisico Albert Einstein, simbolo stesso della scienza moderna e delle sue conquiste, che tiene un ciclo di conferenze dedicate alla Teoria della Relatività Generale presso l'Accademia Imperiale. A Bisanzio si forma così una scuola di Fisica che sarà rinomata e culminerà nel 1969 nel Premio Nobel di Giorgio Gkiolvas. Nel 1929 si tiene a Bisanzio la prima edizione di Miss Costantinopoli, concorso di bellezza giunto fino ai nostri giorni; la prima Miss Costantinopoli è Aspasia Karatja, mentre l'edizione 2010 è stata vinta da Anna Prelevic, di origini bosniache. Nel 1931 inoltre l'Impero guadagna una nuova colonia: l'isolotto disabitato di Clipperton, posto nell'Oceano Pacifico 1280 Km ad ovest delle coste messicane, così chiamato perchè a sbarcarvi per primo nel 1711 sarebbe stato il pirata britannico John Clipperton, diventa oggetto di una disputa territoriale tra Stati Uniti d'America, Messico, Francia e Bisanzio. Alla fine la Società delle Nazioni, cui le parti in causa si sono rivolte per dirimere la questione, assegna l'isola al governo di Costantinopoli, che è stato il primo nell'ottocento a stabilirvi una base per lo sfruttamento dei depositi di guano. L'atollo è ribattezzato Isola della Passione e vi è installata una stazione meteorologica, ma esso non avrà mai una popolazione stabile. Essa tuttavia avrà un'importanza fondamentale, perchè in seguito all'adozione della convenzione internazionale sul diritto del mare nel 1982, l'isolotto conferirà all'Impero il diritto di controllo e di esportazione su una zona marittima di 435.612 km quadrati.

Gli anni Venti del XX secolo sono anni di grande crescita economica per l'Impero: la Prima Guerra Mondiale e la Guerra Turco-Bizantina hanno lasciato dietro di loro un grande strascico di distruzioni, e la necessità della ricostruzione porta con sé un piccolo boom, segnato dalla nascita di nuove industrie e dall'espansione dei commerci. Aumenta notevolmente il tonnellaggio complessivo della flotta mercantile bizantina, ed emergono dal nulla le figure di grandi armatori, capofila dei quali è Aristotele Onassis (15 gennaio 1906 – 15 marzo 1975), nativo di Smirne e divenuto console bizantino a Buenos Aires; qui egli rileva alcune navi da un'azienda canadese in bancarotta per soli 120.000 dollari, e dà inizio a una fortunata carriera che lo porterà a possedere una delle flotte più grandi del mondo, comprendente numerose navi petroliere, a fondare a compagnia aerea Byzantine Airways e a costruire la Byzantine Tower di New York. Sposando Athina Maria Livanos, figlia dell'armatore Stavros Livanos, riuscirà a mettere insieme un vero e proprio impero economico. Durante la Seconda guerra mondiale fornirà le sue navi agli Alleati a prezzi altissimi, divenendo uno degli uomini più ricchi e potenti del pianeta, tanto da attirarsi l'odio dell'FBI che lo accuserà di frode ai danni degli USA. Per tutti i bizantini, e non solo, Onassis diventa il simbolo del self made man che è riuscito a superare il trauma del doppio disastro causato dalla Grande Guerra e dalla disfatta di Sinope, ed incarna perciò la speranza della rinascita dell'intero popolo greco. Quando morirà il 15 maggio 1975, la sua fortuna sarà stimata in circa 500 milioni di dollari dell'epoca, ed essa comprenderà tra l'altro il "Christina O", considerato uno degli yacht più belli del mondo, e persino un'isola personale chiamata Skorpios, ad est dell'isola di Leucade. Altri grandi armatori greci che mettono insieme fortune colossali partendo da zero sono Gianni Latsis (14 settembre 1910 – 17 settembre 2003) e Vardis Vardinoyannis (13 luglio 1933 – vivente).

L'incredibile crescita della marina mercantile bizantina la porta a rivolgersi a nuovi mercati, tra cui la Cina, l'Egitto e il Sudafrica (questi due hanno appena conseguito l'indipendenza, e diverranno stretti alleati dell'Impero). Il 1 dicembre 1927 una nave bizantina diretta in Nuova Attica attracca nella disabitata Isola Bouvet, uno dei luoghi più sperduti del pianeta, posta tra l'Africa australe e la costa antartica, e la rivendica a nome del Basileus Manuele V. L'Isola Bouvet, così chiamata perchè è stata scoperta il 1 gennaio 1739 dal francese Jean Baptiste Charles Bouvet de Lozier, viene ufficialmente annessa all'Impero Bizantino il 27 febbraio 1930, insieme alle acque circostanti. L'acquisto territoriale di questo scoglio dimenticato da Dio, quasi interamente coperto da ghiacciai e privo di porti di approdi (sono possibili solo ancoraggi al largo), è in realtà importantissimo per il governo di Costantinopoli, in quanto gli permetterà di rivendicare diritti sul continente antartico, del quale Bouvet è considerata parte. Approfittando del fatto che il 26 gennaio 1853 l'americano Mercator Cooper (1803-1872), navigando per conto della Marina Bizantina, è sbarcato nel Continente Antartico in quella che lui ha battezzato Terra di Andrea V, nel 1933 Bisanzio rivendicherà la porzione di continente antartico compresa fra 75° e 90° di longitudine Ovest; rivendicazione che sarà congelata il 1 dicembre 1959 in seguito alla firma a Washington del Trattato Antartico.

Se i "Ruggenti Anni Venti" rappresentano un periodo di stabilità e di prosperità per l'Impero, tutto ciò ha bruscamente fine il 29 ottobre 1929 (passato alla storia come il "Martedì Nero"), quando crolla la Borsa Valori di Wall Street, a causa di una bolla speculativa che in poche ore manda in fumo qualcosa come 30 miliardi di dollari, dieci volte più del budget annuale del governo federale degli Stati Uniti. Il crollo della principale piazza borsistica mondiale genera un micidiale effetto domino che in breve tempo investe sia nei paesi industrializzati, sia in quelli esportatori di materie prime, e le maggiori economie del pianeta sono duramente colpite. Il commercio internazionale diminuisce considerevolmente, e ciò penalizza la grande flotta mercantile bizantina; l'Impero Romano d'Oriente è uno di quelli che più risente in Europa del crac d'oltreoceano, giacché la sua industria è basata su quella pesante, dopo la conversione dovuta alla Prima Guerra Mondiale, e su quella edilizia, che in tutto il mondo subisce un brusco stop. Le aree agricole e rurali, ancora molto vaste nell'Impero Bizantino, sono tra le più colpite, in conseguenza di un crollo dei prezzi compreso fra il 40 e il 60 %; i redditi delle persone fisiche, il gettito fiscale, i prezzi e i profitti subiscono un brusco tracollo. La caduta della borsa di Costantinopoli colpisce soprattutto quel ceto di media borghesia che nel corso degli anni Venti ha sostenuto la domanda di beni di consumo durevole e ha investito i propri risparmi in borsa; la sua uscita dal mercato indebolisce proprio le industrie produttrici di beni di consumo durevole, come le industrie siderurgiche. Queste industrie cessano di commissionare materiali a quelle operanti negli stessi settori, le quali devono ridurre il personale e ridurre i salari, provocando una contrazione anche nei settori dei beni di consumo, come quello agricolo. La situazione è aggravata dalla stretta interconnessione che lega il settore industriale a quello bancario: appena si diffonde la notizia del crollo, esplode un'ondata di panico devastante tra i piccoli risparmiatori, i quali si precipitano nelle banche nel tentativo di salvare il proprio denaro; ma il ritiro del denaro dal mercato causa una crisi di liquidità di ampie dimensioni e il fallimento di molte banche, che trascinano nella crisi le industrie nelle quali hanno investito. Molte di queste sono costrette a chiudere i battenti, e i licenziamenti operati dalle aziende in crisi bloccando quasi completamente l'economia bizantina: la produzione industriale scende di quasi il 50 % tra il 1929 e il 1932, aprendo una stagione di proteste sociali, di diffusa povertà, di inflazione e di svalutazione della dracma. Tale periodo infausto verrà ricordato con il nome di Grande Depressione.

Secondo molti economisti la crisi nell'Impero è stata aggravata dall'eccessivo interventismo statale nell'economia voluto da Eleftherios Venizelos, che infatti è additato dai più come il principale responsabile della povertà e della disoccupazione, e dopo tanti anni sulla breccia è costretto a dimettersi e a lasciare la vita politica; morirà in esilio a Parigi il 18 marzo 1936, a 71 anni, ed in seguito il suo corpo sarà sepolto ad Akrotiri, sull'isola di Creta. Le elezioni legislative del 1931 vedono la netta sconfitta del Partito Liberale ed una forte avanzata del Partito Socialista BYSOK, il cui leader Avraam Benaroya (1887–1979), appartenente a una famiglia di Ebrei Sefarditi di Tessalonica, diventa il nuovo Protospatario dell'Impero, il primo non di religione ortodossa, ed avvia una politica di riforme radicali. Sua, tanto per cominciare, la decisione di abrogare totalmente la pena di morte entro i confini dell'Impero in tempo di pace (essa sarà definitivamente cancellata anche dal codice militare nel 1973). Naturalmente Benaroya si impegna con forza per cercare di far uscire il paese dalla Grande Depressione: con lui lo Stato prende a svolgere funzioni imprenditoriali, ricorrendo alla spesa pubblica come elemento strutturale della dinamica economica nazionale, ma anche previdenziali, mediante l'avvio di misure legislative di sicurezza sociale. Una politica analoga è attuata in Italia con la fondazione dell'IRI. In Germania, invece, la crisi provoca milioni di disoccupati e fornisce l'occasione al Nazismo per ascendere al potere, con tutte le conseguenze funeste che ne deriveranno. Il Giappone trova un metodo originale per riprendersi: continuare la sua politica di espansione imperialistica, occupando la Manciuria, la città di Shanghai e altre province della Cina. Nel complesso, anche se assisteremo ad un accenno di ripresa a partire dal 1933, la crisi non potrà dirsi completamente superata se non dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, in seguito all'enorme impulso dell'economia di guerra; e certo il fattaccio del 1929 può essere annoverato tra le cause di quel nuovo, devastante conflitto totale.

Questi sono anni di instabilità e di insicurezza per il glorioso erede dell'Impero Romano: il 1 marzo 1933 i filo-Venizelisti tentano un colpo di stato antisocialista, facilmente stroncato dalla polizia. Un secondo colpo di stato contro il "Protospatario Rosso" Benaroya fallisce nel marzo 1935; il leader dei golpisti Nicola Plastiras, arrestato, afferma di aver cercato di impedire che Bisanzio diventasse una provincia dell'Unione Sovietica (la quale per i Bizantini resta il nemico pubblico numero uno). Tutto ciò provoca un giro di vite contro i superstiti sostenitori di Venizelos, che sono arrestati o costretti all'esilio. Come se non bastasse, ci si mette la natura a rendere difficoltosa la vita dell'Impero in questi bollenti anni Trenta: il 26 settembre 1932 il villaggio di Ierissos, nella penisola Calcidica, è spazzato via da un violentissimo terremoto che miete non meno di 161 vittime; il 23 aprile 1933 anche l'isola di Coo, nel Dodecaneso, posta dirimpetto alla città asiatica di Alicarnasso, è colpita da un terremoto nel quale muoiono più di 200 persone.

Dal mondo intanto arrivano notizie funeste: cavalcando la tigre della crisi, il Nazionalsocialismo di Adolf Hitler ha preso il potere in Germania, instaurando una dittatura barbara basata sul mito della razza e sulla convinzione che la Germania abbia ricevuto da Dio il mandato di dominare il mondo. Anche nell'Impero Bizantino il Nazismo trova seguaci e l'ex ufficiale dell'esercito Giorgio Mercouris nel dicembre 1932 fonda il Partito Nazional-Socialista Bizantino (BESK, Byzantine Ethniko Sosialistiko Komma), che adotta i simboli del Führer (saluto romano, squadrismo paramilitare...) e comincia una sistematica persecuzione degli Ebrei: lo stesso Protospatario Benaroya è fatto oggetto di un tentativo di assassinio. Il razzismo e l'antisemitismo sono però sostanzialmente estranei al genoma bizantino (non dimentichiamo che nei secoli esso ha accolto Ebrei da tutt'Europa), e queste frange violente restano per lo più isolate e sono sgominate dalla polizia. Una volta sciolto il BESK, i suoi affiliati danno vita ad altre formazioni filonaziste di estrema destra come l'Unione Nazionale Imperiale, la Pace di ferro e il Tridente. Nel 1936 Mercouris riesce a rifondare il partito, ispirandosi stavolta al corporativismo fascista italiano, finanziato dal Ministro degli Esteri e genero di Mussolini, Galeazzo Ciano.

Le cose si mettono male anche in Italia, governata con pugno di ferro da Mussolini, che ha iniziato a predicare la vocazione imperialista dell'Italia, volta a rifondare un impero mediterraneo guidato da Roma. Sfruttando l'incidente di frontiera di Ual Ual, il 2 ottobre 1935 il Duce decide di procedere all'invasione dell'Abissinia, al triplice scopo di creare un'Africa Orientale Italiana ricongiungendo l'Eritrea alla Somalia, di annettere un paese militarmente debole e ricco di risorse naturali, e di cancellare l'umiliante ricordo della batosta subita ad Adua nel 1896. L'esercito italiano incontra una fiera resistenza, ma alla fine le difese etiopi sono travolte, facendo un uso massiccio anche di gas asfissianti proibiti dalla convenzioni internazionali, e il 5 maggio 1936 le truppe del Generale Pietro Badoglio entrano in Addis Abeba, da cui il Negus Hailè Selassiè è già fuggito. Mussolini annuncia trionfalmente la conquista della nuova colonia, e Re Vittorio Emanuele III è incoronato anche Imperatore d'Etiopia, ma Francia, Gran Bretagna ed Impero Bizantino, vale a dire le principali nazioni europee membri della Società delle Nazioni, non gradiscono l'aggressione ingiustificata ai danni del paese africano ed impongono sanzioni economiche all'Italia. ciò provoca l'uscita dell'Italia dalla Società, l'inizio della stagione dell'Autarchia e il fatale avvicinamento tra Mussolini ed Hitler. Intanto Costantinopoli, che come ricordate ha sempre avuto storici legami con la nazione etiope, comincia a finanziare sottobanco la feroce guerriglia abissina ai danni degli occupanti italiani, alla quale Rodolfo Graziani risponde con fucilazioni sommarie, iprite e veri e propri crimini di guerra, come la distruzione del convento copto di Debrà Libanos, che vede la morte di 2000 tra monaci, diaconi, novizi e pellegrini in visita alla città santa. Quanto all'Albania, il 4 luglio 1931 è morto il Re Emanuele I di Savoia-Aosta e gli è succeduto il figlio Aimone I, 31 anni (è nato il 9 marzo 1900), che ha sposato Irene, quinta figlia del Basileus Costantino XVI, ma è poco più di un fantoccio nelle mani dei Fascisti italiani. In Ungheria poi Re Carlo IV d'Asburgo è morto il 1 aprile 1922 a nemmeno 34 anni, in odore di santità, e gli è successo il figlio Ottone I, di soli 10 anni, sotto la reggenza del Primo Ministro Miklós Horthy, che di fatto governa come un dittatore anche dopo che Ottone I ha raggiunto la maggiore età nel 1930.

Per dei mostri che prendono il potere assoluto in Europa, c'è però almeno un futuro Santo che si erge per contrastarli. Infatti il 1 gennaio 1935, nell'ambito della sua politica concordataria, che lo ha portato tra l'altro a firmare con l'Italia Fascista i Patti Lateranensi, Papa Pio XI contatta il Protospatario Bizantino Avraam Benaroya, al quale le questioni religiose fregano meno di zero. Tuttavia, per fare un dispetto alla Chiesa Ortodossa che lo ha osteggiato durante la campagna elettorale perchè ebreo, dopo aver ottenuto il parere favorevole del Basileus Manuele V (anche lui più interessato agli studi di archeologia greca che agli affari religiosi), accetta di allacciare regolari relazioni diplomatiche con la Santa Sede. E lo sapete chi è il primo Nunzio Apostolico nell'Impero Bizantino dopo secoli? Un certo Angelo Roncalli, nato a Sotto il Monte in provincia di Bergamo, Vescovo Titolare di Areopoli, già Visitatore Apostolico in Bulgaria; di lui risentiremo ampiamente parlare.

Il 18 dicembre 1931, nell'ambito del suo viaggio di tre mesi in Europa (compiuto per discutere a Londra la possibilità di elaborare una nuova Costituzione per l'India), soggiorna per tre giorni a Costantinopoli anche il Mahatma Gandhi. Questo grande protagonista dei nostri tempi incontra il Protospatario Avraam Benaroya, il Basileus Manuele V e il Patriarca di Costantinopoli Fozio II; visitando la Grande Basilica di Santa Sofia, dove la sua attenzione viene colpita, più che dai grandi mosaici sfavillanti d'oro, dal Crocifisso scolpito da Michelangelo Buonarroti e posto in una delle cappelle laterali: esso rappresenta un Gesù magrissimo, dimesso e sofferente, ben diverso dal Pantokrator tipico dell'iconografia bizantina, trionfante ed inflessibile. Davanti ad esso la Grande Anima indugia per parecchi minuti, esclamando infine: « Qui non si può fare a meno di commuoversi fino alle lacrime. »

Parliamo anche di cose più piacevoli che hanno luogo in questi tormentati anni Trenta: le manifestazioni sportive. Dal 13 luglio al 30 luglio 1930 si gioca in Uruguay la Prima Edizione del Campionato Mondiale di Calcio. La maggior parte delle nazioni europee dà forfait perchè giudica troppo costosa la trasferta in Sudamerica (l'Uruguay è stato scelto perchè Campione Olimpico in carica): il torneo è perciò orfano di squadre fortissime come quelle di Italia, Austria, Germania, Cecoslovacchia Inghilterra e Scozia. Solamente grazie all'intervento della FIFA, che promette di pagare le spese del viaggio, quattro nazionali del Vecchio Continente accettano di prendere parte all'evento: Belgio, Francia, Jugoslavia ed Impero Bizantino (nella nostra Timeline al posto di quest'ultimo c'era la Romania). La squadra bizantina è inclusa nel girone C insieme ai padroni di casa dell'Uruguay e al Perù. Il 14 luglio 1930 allo Stadio Pocitos di Montevideo, in un clima rigido (è in corso l'inverno australe), l'Impero Bizantino batte 3-1 il Perù (segnano al 1' Antonio Tsolinas, al 35' Diomede Symeonidis, al 75' il peruviano Luis de Souza Ferreira e all'85 Niceforo Vikelidis), ma il 21 luglio successivo allo Stadio del Centenario è surclassato per 4-0 dal forte Uruguay con gol di Pablo Dorado al 7', Héctor Scarone al 26', Peregrino Anselmo al 31' e Pedro Cea al 35'. Siccome l'Uruguay ha battuto anche il Perù 1-0, sono i padroni di casa a qualificarsi per le semifinali, e il 30 luglio batteranno in finale l'Argentina per 4-2 (qui sotto: uniformi di gara e logo della Federazione Calcio Bizantina).

La successiva edizione del Campionato del Mondo si svolge in Italia dal 27 maggio al 10 giugno 1934. Partecipano in tutto 16 squadre, tra cui ancora l'Impero Bizantino (sempre al posto della Romania nella nostra Timeline), ma non i campioni del mondo dell'Uruguay, che così restituiscono lo sgarbo italiano di quattro anni prima. Stavolta il torneo è ad eliminazione diretta. Al primo turno il 27 maggio la Nazionale Bizantina si scontra con la fortissima Cecoslovacchia allo Stadio Littorio di Trieste; al 10' segnano per primi i Bizantini con Leonida Adrianopulo, che milita nell'Olympiakos, ma la nazionale cecoslovacca ribalta il risultato con i gol di Antonin Puc al 49' e di Oldrich Nejedlý al 67', e gli Imperiali sono fuori dal torneo. La Cecoslovacchia arriverà in finale dove sarà battuta per 2-1 dai padroni di casa dell'Italia. In conseguenza del K.O., il commissario tecnico Costantino Negrepontis è costretto a dimettersi. La terza edizione dei Campionati si svolge in Francia dal 4 al 19 giugno 1938 e vede la partecipazione di 15 squadre (l'Austria si è ritirata perchè annessa al Terzo Reich), con l'Impero Bizantino ancora al posto della Romania. Il 5 giugno allo stadio Chapou di Tolosa la Nazionale Imperiale affronta quella di Cuba, battendola per 3-1 (segnano al 3' Lefteris Makris, al 29' il cubano Tomás Fernández, al 51' Cleante Vikelidis e al 53' Antonio Migiakis) e così si qualifica per i quarti di finale, ma il 12 giugno allo Stade du Fort Carré di Antibes si scontra con la compagine svedese, che le rifila un umiliante 5-0 (segnano Tore Keller al 9', Gustav Wetterström al 32' e al 44', ancora Keller all'80' e Arne Nyberg all'84'). In seguito la Svezia arriverà quarta nel torneo vinto per la seconda volta dagli Azzurri d'Italia. Anche in questo caso la pesante debacle costa il posto al coach Costantino Konstantaras. Le edizioni del campionato del mondo del 1942 e del 1946 non saranno giocate a causa della Seconda Guerra Mondiale.

Naturalmente non c'è solo il calcio. Nel 1932 è stata fondata la Nazionale Bizantina di Pallacanestro, che esordisce nel Campionato Europeo del 1935 in Svizzera arrivando quinta dietro i campioni della Lettonia, la Spagna, la Cecoslovacchia e la Svizzera (l'Italia è solo ottava). Il 10 giugno 1935 poi si disputa una leggendaria corsa automobilistica, la Adrianopoli-Costantinopoli, su strade a volte al limite della praticabilità per le moderne autovetture. Favoritissimo per la vittoria finale è il pilota tedesco Manfred von Brauchitsch sulla potentissima Mercedes, orgoglio del Terzo Reich, che resta in testa per quasi tutta la gara. A sorpresa però, quando già sono in vista le Mura Teodosiane, un'automobile rossa fiammante tenta un sorpasso impossibile in curva, sembra prossima a sbandare, quando come per miracolo ritorna in pista, supera la Mercedes dell'attonito tedesco e vola verso la vittoria, dandogli oltre trenta secondi di distacco. Quell'uomo è Tazio Nuvolari, asso degli assi del volante, battezzato da Gabriele d'Annunzio "il Mantovano Volante", che a bordo di una Alfa Romeo 8C-2300, sulla carta assai inferiore alle auto germaniche, ha stracciato per l'ennesima volta tutti gli avversari. Quella di Costantinopoli non è certo la minore delle imprese di Nuvolari, e gli consente di uscire dalla storia per entrare di diritto nella leggenda delle quattro ruote.

Spostandoci nel campo della letteratura, il 29 aprile 1933, giorno del suo settantesimo compleanno, muore Costantino Kavafis (1863-1933), uno dei maggiori poeti bizantini di tutti i tempi, misconosciuto in vita e scoperto solo dopo la morte. Celeberrima la sua poesia "Itaca" del 1911, che riflette sul mito di Odisseo in chiave moderna. Secondo Kavafis non bisogna avere fretta di giungere a destinazione, alla propria "Itaca", ma bisogna approfittare del viaggio, e quindi della vita, per esplorare il mondo, crescere intellettualmente e non aver paura dei nostri nemici, perché essi albergano principalmente dentro di noi:

« Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni o i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere:
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi o Lestrigoni no certo,
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro. »

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Scoppia il Secondo Conflitto Mondiale

Il 12 aprile 1936 il Partito Socialista perde le elezioni generali, a causa delle misure impopolari cui è stato costretto per ridurre gli effetti della crisi del 1929; il voto popolare conferisce la maggioranza assoluta dei seggi del Senato Imperiale a un cartello di destra formato dal Partito Liberale, dal Partito Popolare, da varie formazioni nazionaliste più o meno ispirate al Fascismo italiano (tra qui quella di Giorgio Mercouris) e dal Partito dei Liberi Pensatori dell'ex Mega Dux Giovanni Metaxas, cui il Basileus Manuele V conferisce l'incarico di formare il nuovo governo. Subito Metaxas fa approvare dal Senato una serie di leggi (dette "Leggi del 4 agosto", dalla loro data di entrata in vigore) che gli conferiscono pieni poteri per stroncare « i nemici dell'Impero prezzolati da potenze straniere » (come li chiama lui), emargina tutti gli esponenti dell'amministrazione precedente e stabilisce un gabinetto di crisi per mettere fine ai crescenti disordini e per ristabilire l'ordine sociale. Il consolidato sistema parlamentare bizantino gli impedisce di dare vita a un'autocrazia (come nella nostra Timeline), ma nel generale quadro del declino delle democrazie europee, Metaxas si trova certamente in buona compagnia, ed infatti egli invia, come detto sopra, un corpo di spedizione a sostegno dei Falangisti nella Guerra Civile Spagnola.

In Spagna poi scoppia una vera e propria civile tra il Governo Repubblicano di Sinistra e i Nazionalisti di Destra, dopo l'"Alzamiento" del generale Francisco Franco Bahamonde il 17 luglio 1936. La guerra si concluderà solo il 1 aprile 1939 con la vittoria di Franco, dopo atrocità inenarrabili compiute da entrambe le parti in lotta. Anche l'Impero Bizantino è spaccato da questo conflitto: i Nazionalisti di Metaxas e i Filofascisti di Mercouris, come hanno fatto l'Italia Fascista e la Germania Nazista, inviano un contingente di 20.000 uomini a sostegno dei Falangisti al comando di Teodoro Pangalos, già cupo protagonista della "Guerra del Cane Randagio", mentre i Socialisti e i Comunisti inviano almeno 6.000 uomini inquadrati nelle Brigate Internazionali a combattere a fianco dei Repubblicani. Il già citato storico bizantino Nicola Oikonomides vede nel poderoso riarmo della Germania nazista, nella brutalità della guerra d'aggressione italiana all'Etiopia e della Guerra Civile Spagnola i prodromi della Seconda Guerra Mondiale, poiché proprio in Spagna e in Abissinia i regimi nazifascisti sperimentano le nuove tecniche di conquista e di annientamento fisico delle popolazioni occupate che poi diverranno orrenda normalità nel Secondo Conflitto Mondiale.

La politica estera hitleriana infatti si fa via via sempre più aggressiva: ignorando le clausole del trattato di Versailles, nel corso di pochi anni il dittatore austriaco riarma l'esercito, il 7 marzo 1936 rimilitarizzata la zona di confine con la Francia, il 12 marzo 1938 con l'assenso di Mussolini il Terzo Reich annette l'Austria (Anschluss) e, dopo la Conferenza di Monaco, il 1 ottobre 1938 incorpora anche la regione dei Sudeti. Nonostante a Monaco Hitler abbia solennemente dichiarato che non avanzerà altre pretese territoriali, il 13 marzo 1939 egli procede allo smantellamento della Cecoslovacchia, creando il Protettorato di Boemia e Moravia e lo stato fantoccio della Slovacchia. Regno Unito e Francia assistono senza muovere un dito all'espansione del Reich, tentando in ogni modo di preservare la pace in Europa; dal canto suo Giovanni Metaxas osserva i successi hitleriani con un misto di ammirazione e preoccupazione. Ammirazione perchè, da militare consumato, considera Mussolini e Hitler degli strateghi che stanno facendo grandi le loro nazioni, e preoccupazione perchè sa che l'Impero Romano potrebbe diventare una delle prossime prede dei due tiranni. Dopo la conquista dell'Etiopia, Mussolini non fa mistero di voler rifondare l'Impero Romano, e per riuscirci deve anzitutto annettere ciò che dell'Impero Romano sopravvive senza soluzione di continuità fin dai tempi di Costantino il Grande, e cioè Bisanzio. Per questo ordina la mobilitazione dell'esercito e stipula trattati di amicizia con la Jugoslavia e con la Romania.

Nell'estate 1939 l'arroganza di Hitler arriva a pretendere la città di Danzica e il "corridoio polacco" per unire la Prussia Orientale alla madrepatria. Regno Unito e Francia rispondono stringendo un trattato di alleanza con Varsavia e dichiarando che, se l'autocrate nazista aggredirà la Polonia, sarà la guerra. Sollecitato da Hitler, Mussolini risponde che l'Italia non è pronta per un conflitto su larga scala e non lo sarà prima del 1942; dal canto suo anche Metaxas, che è sempre stato stretto alleato dei britannici, fornisce a Londra la stessa risposta, quando gli viene chiesto se è disposto ad aderire ad una coalizione antitedesca. A sorpresa però, il 23 agosto 1939, la Germania stipula un patto di non aggressione con il suo peggior nemico, l'Unione Sovietica di Stalin, le cui clausole segrete prevedono la spartizione della Polonia. Sentendosi forte dell'appoggio francese e britannico, la Polonia respinge l'ultimatum della Germania, e così il 1 settembre 1939 la Wehrmacht dà inizio all'invasione, prendendo a pretesto il cosiddetto incidente di Gleiwitz. Il 3 settembre Francia e Regno Unito dichiarano guerra alla Germania, dando ufficialmente il via al peggiore conflitto della storia dell'uomo.

Il 6 ottobre 1939 Hitler propone una Conferenza di Pace a Gran Bretagna e Francia, nel tentativo di far accettare il fatto compiuto dell'invasione della Polonia e per discutere del nuovo ordine geopolitico europeo. Britannici e francesi rifiutano sdegnati, dopo aver assistito al massacro dei civili polacchi ad opera dei tedeschi; ma allo stesso tempo non iniziano alcuna offensiva terrestre contro la Germania: la dimostrazione di forza della Wehrmacht in Polonia ha impressionato gli osservatori militari di tutto il mondo, e quindi Francia e Gran Bretagna si concentrano soprattutto sul rafforzamento delle difese nazionali. E così, il periodo che va dal settembre 1939 al maggio 1940 viene soprannominato "la guerra morta". I francesi si sentono al sicuro dietro la linea Maginot, una grande fortificazione da essi approntata dopo aver assistito al prepotente riarmo tedesco, e non provano neppure a forzare la linea Sigfrido, il corrispondente nazista della Maginot. La guerra infuria invece sul mare e nei cieli. La posizione neutrale assunta da Italia ed Impero Bizantino giova molto a questi due paesi, dato che essi possono continuare a commerciare liberamente con entrambe le parti in causa.

Ai primi del 1940 i britannici progettano di stabilire basi militari in Scandinavia per aprire un secondo fronte contro la Germania, lontano dalla Francia, ma la Wehrmacht è più veloce e il 9 aprile 1940 mette in atto l'Operazione Weserübung, invadendo la Danimarca in un solo giorno e successivamente anche la Norvegia con oltre 100.000 soldati e 1.000 aerei; il paese nordico è occupato nel giro di due mesi, seppure con rilevanti perdite di navi da guerra a causa delle artiglierie pesanti della difesa costiera norvegese. La Svezia mantiene invece la sua neutralità per tutto il resto della guerra.

Il 10 maggio 1940, a sorpresa, la Wehrmacht sferra un attacco in profondità verso ovest utilizzando la tattica militare della "Blitzkrieg" o "guerra lampo" (che era fallita nel Primo Conflitto Mondiale): oltre 2.500 carri armati divisi in 7 Panzerdivision, al comando del generale von Kleist,  travolgono i Paesi Bassi e il Belgio e da qui, passando per la Foresta delle Ardenne (considerata dagli alleati impenetrabile per le forze corazzate) e aggirando completamente la linea Maginot, penetrano in Francia impadronendosi in poche settimane dell'intero paese. Si tratta di una straordinaria dimostrazione di potenza militare, che Mussolini osserva con crescente ammirazione e Metaxas con crescente preoccupazione. Il 20 maggio il formidabile cuneo corazzato della Wehrmacht raggiunge la Manica ad Abbeville e chiude in trappola quasi 600.000 soldati franco-inglesi, completamente accerchiati con le spalle al mare e con l'unica speranza di imbarcarsi con l'aiuto delle flotte inglesi e francesi sotto gli attacchi martellanti della Luftwaffe. Il 26 maggio il Primo Ministro Britannico Winston Churchill ordina al corpo di spedizione inglese di ripiegare senza indugio verso il porto di Dunkerque. L'armata alleata sembra sul punto di venire completamente distrutta, quando un improvviso ordine di Hitler del 24 maggio ferma l'avanzata dei panzer e di proseguire solo con la fanteria. Secondo alcuni a provocare l'ordine del Führer è stato il suo favorito Hermann Göring, capo della Luftwaffe, il quale vuole dimostrare a Hitler che le forze aeree sono sufficienti per impedire l'evacuazione; secondo altri il dittatore vuole risparmiare agli inglesi un'umiliante disfatta in modo da averli come alleati nella campagna militare che egli giudica prioritaria, l'attacco all'URSS per ritagliare un "Liebensraum" ("spazio vitale") alla nazione tedesca.

In ogni caso, grazie all'insperato altolà tedesco le forze anglo-francesi riescono a trarsi in salvo attraversando la Manica con ogni mezzo a disposizione, dai pescherecci alle vasche da bagno, grazie all'eroica resistenza dei reparti di retroguardia e all'efficace intervento della RAF britannica: non a caso si parla del "miracolo di Dunkerque". Le truppe evacuate saranno fondamentali per il prosieguo della guerra, e questo sarà il primo degli errori che costerà ad Hitler la sconfitta finale. Comunque Belgio, Olanda, Lussemburgo (quest'ultimo annesso al Reich) ed infine anche la Francia sono costrette alla resa. A questo punto Benito Mussolini è convinto che Hitler stia per vincere la guerra e non vuole restare escluso dalla spartizione della torta; sebbene sconsigliato dal Re, dal genero Galeazzo Ciano e da quanti anche nel Partito Fascista che l'Italia non potrà mantenere a lungo le colonie scendendo in guerra contro Londra, che controlla Gibilterra e Suez, il 10 giugno il Duce dichiara guerra agli Alleati, sostenendo di "aver bisogno di mille morti da gettare sul tavolo della pace". L'attacco italiano contro le Alpi Occidentali Francesi è considerato da tutti, Metaxas incluso, una "pugnalata alla schiena". Eppure, nonostante la rotta generale dell'esercito francese di fronte ai tedeschi, le truppe italiane non riescono a sfondare le linee nemiche, dimostrando scarsa organizzazione, arretratezza tattica ed assoluta impreparazione ad affrontare un conflitto europeo. Mussolini sogna di occupare metà Francia e la Corsica, ma il Führer lo mette rapidamente al suo posto: la Francia sarà occupata esclusivamente dai tedeschi, e l'Italia non avrà una briciola dell'impero coloniale africano francese, che rimane sotto il controllo del regime collaborazionista insediato da Hitler a Vichy. Quest'ultimo controlla il 40 % del territorio nazionale, il resto si trova sotto occupazione militare nazista. Il generale Charles de Gaulle invece si rifugia a Londra dove lancia un appello alla resistenza nazionale contro gli invasori; subito in Francia comincia una feroce guerriglia da parte della Resistenza antinazista, i cosiddetti "Maquis".

Poiché la Gran Bretagna rifiuta ostinatamente di arrendersi, Hitler pensa di invaderla con una gigantesca operazione di sbarco navale detta in codice Operazione Seelöwe ("leone marino"), e per questo il 10 luglio 1940 la Luftwaffe tedesca inizia  una serie infinita di incursioni diurne e notturne non solo contro obiettivi strategici, ma anche contro obiettivi civili, allo scopo di demoralizzare la popolazione e costringere il governo Churchill ad arrendersi ("Battaglia d'Inghilterra"). La città di Coventry viene spazzata via dalla faccia della terra (da qui il termine di "coventrizzazione"). Ma i britannici hanno un vantaggio tattico, costituito dal radar, e così riescono ad abbattere un numero sempre crescente di aerei da guerra, finché il 31 ottobre 1940 Hitler si rende conto che l'invasione della Gran Bretagna non è più realizzabile nell'anno in corso, e rinvia l'operazione Leone Marino a tempo indeterminato: una grande vittoria per il morale degli Alleati, che negherà alla Germania l'unica concreta possibilità di vincere la Seconda Guerra Mondiale. È a questo punto che Benito Mussolini decide di avviare una sua "guerra parallela".

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La conquista nazista dell'Impero Bizantino

Il Duce è decisamente stufo di essere tenuto ai margini della guerra dal suo potente alleato, e decide di ottenere autonomamente un grande successo militare da contrapporre ai trionfi di Hitler. Verso quale obiettivo possono essere dirette le armate italiane? La logica geopolitica dice: verso l'Impero Bizantino. Quest'ultimo è tradizionalmente e storicamente legato alla Gran Bretagna, e dunque, nonostante le assicurazioni di Giovanni Metaxas (che di Mussolini è un grande estimatore) di voler rimanere neutrale per evitare di ripetere i disastri della Prima Guerra Mondiale e della Guerra Turco-Bizantina, da un momento all'altro potrebbe offrire perlomeno i suoi porti alla flotta alleata, costituendo una grave spina nel fianco per l'Italia Fascista. Inoltre, secondo i comandi militari italiani, conquistare una base come la Grecia, le sue isole e la costa asiatica dell'Anatolia contribuirebbe a rafforzare notevolmente la presenza italiana nel Mediterraneo orientale; infine, Mussolini è suggestionato dal nome stesso dell'Impero Romano d'Oriente, il quale una volta conquistato gli permetterebbe di vantarsi di aver effettivamente restaurato la grandezza dell'antica romanità. A tutto ciò va aggiunto il fatto che suo genero (e Ministro degli Esteri) Galeazzo Ciano gli ha assicurato che l'invasione sarà favorita dalla corruzione della dirigenza politica bizantina, la quale al momento giusto si schiererà con gli italiani scacciando il Basileus di origini tedesche. Il Duce perciò si autoconvince che l'ormai decadente Impero Bizantino si arrenderà senza combattere e accoglierà a braccia aperte i militari italiani, per cui gli basteranno 100.000 uomini per arrivare a Costantinopoli e sfilare su un cavallo bianco tra due ali di folla osannante verso l'Augustaion. Ben presto però i sogni di grandezza del Duce si tramuteranno in incubi.

Il Casus Belli sfruttato da Mussolini è la questione della Ciamuria, la regione costiera dell'Epiro bizantino che trae il suo nome dal fiume Cam, abitata in parte da albanesi e da sempre rivendicata dal governo di Tirana. L'11 agosto 1940 il ministro degli esteri Galeazzo Ciano convoca a Roma il generale Sebastiano Visconti Prasca, comandante delle truppe italiane di stanza in Albania, e gli ordina di tenersi pronto perchè il Duce intende occupare la Ciamuria, del tutto all'insaputa dello Stato Maggiore dell'Esercito. Nel frattempo la stampa italiana inizia a dedicare articoli alla figura di Daut Hoggia, un ciamuriota ricercato nell'Impero Bizantino per una lunga serie di delitti, che è stato trovato ucciso pochi mesi prima, e lo presenta come un eroico patriota che lottava per l'indipendenza della Ciamuria dalla Grecia. Ma non basta: il 15 agosto 1940, mentre nella rada della piccola isola di Tino nelle Cicladi sta iniziando una tradizionale e popolarissima celebrazione dedicata all'Assunzione di Maria al Cielo, il sommergibile italiano "Delfino" lancia tre siluri, affondando il vecchio incrociatore posamine bizantino "Elle", che partecipa alla parata sul mare in rappresentanza del Governo Imperiale, provocando un morto e molti feriti. Metaxas accusa l'Italia di aver aggredito proditoriamente un paese neutrale, ma non scende in guerra, come pure il Duce sperava. L'11 ottobre la situazione precipita: Mussolini è informato che le truppe tedesche stanno per entrare in Romania e, furente per non essere stato consultato da Hitler, che pure gli aveva raccomandato di non programmare alcun intervento nei Balcani a sua insaputa, decide di dare il via al piano per l'occupazione dell'Epiro, ricambiando lo sgarbo e non informando gli alleati nazisti. I generali Pietro Badoglio fanno presente al Dittatore che l'Impero non resterà certo con le mani in mano, che l'esercito bizantino conosce perfettamente il territorio ed è rifornito dagli inglesi, e che per sperare di aver ragione dei Romei occorrerà impiegare almeno venti divisioni, per il cui trasferimento in Albania saranno necessari almeno tre mesi.

Ma il 15 ottobre 1940 a Palazzo Venezia, nel corso di una riunione segreta alla quale partecipano Mussolini, Ciano, Badoglio, Roatta, Visconti Prasca e il generale albanese Lekë Zog, luogotenente del re Aimone I d'Albania, il Duce decide che l'attacco inizierà il 28 ottobre; stavolta Badoglio e Roatta non avanzano più alcuna obiezione. Alle 6 del mattino del 28 ottobre l'ambasciatore italiano a Costantinopoli, Emanuele Grazzi, si presenta nella villa di Scutari dove risiede Metaxas, per presentargli il testo un ultimatum italiano, nel quale si intima al governo imperiale di consentire alle forze italiane di occupare, a garanzia della neutralità bizantina e per tutta la durata del conflitto con la Gran Bretagna, alcuni punti strategici in territorio bizantino. Il termine ultimo per l'accettazione delle richieste italiane sono le 9 del mattino, e dunque, anche se Metaxas volesse accettarle, cosa di cui ci permettiamo di dubitare, non avrebbe il tempo materiale per avvertire il Basileus e il consiglio dei ministri e per impartire gli ordini a tutte le guarnigioni di frontiera. Terminato di leggere l'ultimatum, Metaxas esclama: « Allora è la guerra! ». Poco dopo mezzogiorno Italia ed Albania dichiarano guerra all'Impero Bizantino, e le truppe italiane di stanza in Albania varcano il confine, avanzando su un fronte di 150 km dal monte Grammos al mare, e respingendo le truppe bizantine poste a presidio della zona subito a ridosso del confine. Le Divisioni Ferrara e Centauro muovono verso Kalpaki, mentre il Raggruppamento Litorale avanza alla loro destra lungo la costa, assicurando poi una testa di ponte oltre il fiume Kalamas. L'avanzata progredisce lentamente a causa delle pessime condizioni ambientali (è una mattina piovosa), con i carri L3 in grave difficoltà sulle colline e sulle piste invase dal fango. Il maltempo impedisce all'aviazione di dare il suo contributo, le condizioni avverse del mare rendono impossibile il previsto sbarco a Corfù, ed inoltre la leadership italiana è incerta e divisa da rivalità personali.

Soldati nazisti impegnati nell'invasione dell'Impero Bizantino

Soldati nazisti impegnati nell'invasione dell'Impero Bizantino

Comunque il 1 novembre, dopo quattro giorni di combattimenti, gli italiani conquistano Konitsa e raggiungono la principale linea fortificata bizantina ma, nonostante i ripetuti attacchi, gli italiani non riescono a spezzare le difese imperiali nella Battaglia di Elaia-Kalamas. Ma la peggior minaccia per lo schieramento difensivo bizantino viene dall'avanzata dei circa 10.000 uomini della 3ª Divisione Alpina "Julia" sulle montagne del Pindo in direzione di Metsovo, una posizione strategica la cui conquista permetterebbe di separare le forze bizantine dell'Epiro da quelle di stanza in Macedonia; allora il Mega Dux Bizantino invia in rinforzo al settore il Secondo Corpo d'Armata. Gli italiani, dopo aver percorso 40 chilometri di terreno montuoso sotto un tempo inclemente, il 2 novembre riescono d entrare a Vovousa, 30 km a nord di Metsovo, ma è ormai chiaro che non hanno abbastanza forze e rifornimenti per proseguire l'avanzata dopo l'arrivo delle riserve imperiali. Anzi, i successivi contrattacchi bizantini portano alla riconquista di diversi villaggi, tra cui Vovousa, e per poco non riescono ad accerchiare la Julia. I nostri Alpini combattono valorosamente in condizioni meteo terribili e sotto la pressione costante della divisione di cavalleria imperiale guidata dallo Strategos Giorgio Stanota, ma l'8 novembre il generale Mario Girotti, comandante della divisione Alpina, è costretto a ripiegare con le proprie truppe in direzione di Konitsa, attraverso i monti Smólikas. Dopo violentissimi combattimenti, il 10 novembre gli alpini ce la fanno a completare la ritirata, sottraendosi così all'accerchiamento, ma la zona di confine è completamente liberata della presenza italiana, ponendo fine alla cosiddetta Battaglia del Pindo con una completa vittoria imperiale. Quanto alle truppe albanesi che dovevano appoggiare l'attacco italiano, esse si distinguono solo per gli sbandamenti, i passaggi di interi reparti al nemico con la conseguente cessione di interi settori di fronte, e per l'altissimo numero di diserzioni Anche i piani per gli attacchi navali alle isole greche vengono definitivamente cancellati: è chiaro che l'invasione italiana è fallita. Si succedono le manifestazioni di giubilo in tutto l'Impero, e il Basileus Manuele V ordina di celebrare una liturgia solenne di ringraziamento nella Basilica di Santa Sofia.

L'inattesa resistenza bizantina coglie il Comando Supremo Italiano di sorpresa: Mussolini è furioso per la dura sconfitta che ha dovuto incassare da parte di quello che lui chiama « un esercito di omosessuali », e subito sostituisce il generale Sebastiano Visconti Prasca con il generale Ubaldo Soddu, già Viceministro della Guerra e Vicecapo di Stato Maggiore Generale. Nel Gabinetto di Guerra del 10 novembre 1940, il Maresciallo Pietro Badoglio è insolitamente polemico, sostenendo che non può essere addebitata alcuna colpa allo stato maggiore dell'esercito, dato che sin dal 14 ottobre lui aveva fatto presente i tempi e i modi necessari per portare a compimento l'intervento con sicurezza, senza essere ascoltato. Mussolini non replica, ma nei giorni successivi Badoglio è fatto oggetto di aspre critiche da parte del gerarca Roberto Farinacci sul quotidiano "Regime Fascista": in dittatura, chi osa criticare il Capo ha sempre torto. Il Maresciallo è costretto a fare le dimissioni dalla carica di Capo di Stato Maggiore Generale, che ricopriva ininterrottamente da oltre quindici anni, ed è sostituito dal generale Ugo Cavallero.

A questo punto Metaxas e i vertici dell'armata imperiale decidono di dare una lezione agli italiani conquistando l'Albania, un territorio che la maggior parte dei cittadini dell'Impero considera storicamente parte integrante di esso. Il 14 novembre il Mega Dux Alessandro Papagos, forte di una superiorità di 250.000 uomini contro circa 150.000 italiani, lancia la sua controffensiva in direzione di Coriza, sfonda le difese italiane e il 22 conquista la città. Il Comando Italiano, conscio della gravità della situazione, ordina alle proprie truppe di ripiegare e attestarsi lungo una nuova linea difensiva, allo scopo di accorciare il fronte per permettere di raggruppare i pochi reparti disponibili in modo e contenere l'offensiva bizantina. Mussolini però è ancora convinto della superiorità italiana, tanto da pronunciare la famosa frase:

« Dissi che avremmo spezzato le reni all'Impero d'Abissinia. Ora, con la stessa certezza assoluta, vi dico che spezzeremo le reni a quest'altro Impero. »

Il 4 dicembre però il generale Soddu si dichiara pessimista sulle possibilità italiane di contenere l'offensiva bizantina, e propone di cercare una soluzione politica per la guerra in corso, che non escluda nemmeno la cessione dell'Albania a Costantinopoli. Mussolini reagisce con la sua solita roboante prosopopea:

« Piuttosto che chiedere l'armistizio ai Bizantini, parto subito per l'Albania e mi faccio uccidere sul posto! »

I Bizantini però avanzano inesorabilmente nell'Epiro, e dopo duri combattimenti conquistano il porto di Santi Quaranta e le cittadine di Pogradec, Argirocastro e Himara, occupando praticamente l'intera Albania meridionale. Il 24 dicembre l'esercito imperiale riesce anche ad impadronirsi del passo di Klisura, uno snodo di grande importanza strategica. Il 29 gennaio 1941 Giovanni Metaxas muore improvvisamente, e nella carica di Protospatario gli succede Alessandro Korizis. Intanto i britannici decidono di accorrere in aiuto dell'Impero Bizantino, loro tradizionale alleato, ed approntano un contingente di 56.000 uomini a rinforzo delle truppe imperiali, mentre la Royal Air Force dispone già di basi nell'Impero. A questo punto Korizis ordina di puntare su Valona, ed allora Mussolini è costretto ad umiliarsi a chiedere aiuto ad Hitler, riconoscendo che il suo tentativo di iniziare una guerra di conquista parallela a quella della Germania è andato male e gli ha provocato una significativa perdita di prestigio e di consenso interno e internazionale.

Inizialmente Hitler sembra fare orecchio di mercante: già impegnato fin dall'autunno 1940 ad organizzare un grande sistema di alleanze in vista della progettata invasione dell'Unione Sovietica, è stato molto contrariato dall'intervento italiano contro l'Impero Bizantino, poiché per salvare la faccia al suo alleato sarà costretto ad intervenire in forze, cacciare gli inglesi dal continente per la seconda volta e rafforzare il fianco meridionale dello schieramento dell'Asse contro l'URSS, fin qui garantito dalla neutralità bizantina e dalla simpatia di Metaxas nei confronti di Italia e Germania. Dal canto loro i Bizantini, nonostante i successi ottenuti, si trovano in una situazione piuttosto pericolosa, avendo dislocato 15 delle loro 21 Divisioni sul fronte albanese, lasciando così pressoché sguarnita la linea fortificata posta a difesa del confine con la Bulgaria, zona da cui effettivamente partirà l'attacco tedesco. In previsione di quest'ultimo, i britannici e alcuni politici greci sollecitano l'arretramento dell'esercito dalle posizioni tenute in Albania, in modo da concentrare le truppe per contrastare in maniera più efficace l'offensiva nazista, ma in Korizis l'orgoglio nazionale prevale sulle leggi della logica militare, e il Protospatario si rifiuta di abbandonare le posizioni così duramente conquistate.

Intanto il 25 marzo il Principe Paolo, Reggente del Regno di Jugoslavia, decide di aderire all'Asse. Questo annuncio solleva nel paese un'ondata di proteste, e il 27 marzo un colpo di stato guidato dal generale Dušan Simović defenestra Paolo e pone sul trono suo nipote Pietro II. Il nuovo governo non rinnova l'accordo con le potenze dell'Asse, e Hitler decide l'invasione della Jugoslavia e poi di Costantinopoli, la cosiddetta Operazione Marita. Ciò costringe il tiranno nazista a posticipare la data di inizio della già pianificata Operazione Barbarossa contro l'URSS dalla metà di maggio alla fine di giugno, perdendo del tempo prezioso che sarà determinante per le sorti della guerra. Il 6 aprile la Wehrmacht invade la Jugoslavia con una nuova marcia travolgente, contro la quale nulla possono le armate degli Slavi del Sud. Lo stesso giorno la 12ª armata tedesca, preceduta dal fuoco di sbarramento dell'artiglieria ed accompagnata dalle incursioni dei bombardieri in picchiata Stuka, supera le frontiere della Bulgaria e dà inizio all'invasione dell'Impero Bizantino.

L'avanzata si sviluppa lungo due direttrici principali: ad ovest il grosso delle forze corazzate avanzerà superando Skopje, allo scopo di attraversare il confine bizantino nei pressi di Florina, mentre la 2ª divisione corazzata, comandata dal generale Rudolf Veiel, dovrà muoversi in direzione di Strumica per dirigersi verso Tessalonica. Il XVIII corpo di montagna è poi incaricato di oltrepassare la cosiddetta linea Metaxas, una barriera fortificata lunga circa 150 chilometri lungo il confine bulgaro, presidiata dalle unità della 2ª Armata Imperiale, comandata dal Generale Costantino Bakopulo, mentre altri reparti di fanteria tedesca, integrati da truppe bulgare, avranno il compito di occupare Xanthi e Komotini, la Macedonia orientale, la Tracia, Taso, Samotracia e le altre isole del mar Egeo. Le prime unità ad avanzare verso la linea Metaxas sono la 5ª e la 6ª divisione di montagna, comandate rispettivamente dal generale Julius Ringel e dal generale Ferdinand Schörner; la sera del 7 aprile la prima riesce ad aprirvi dei varchi, nonostante i tentativi di contrattacco da parte dei reparti bizantini, dirigendosi poi verso oriente, mentre la seconda, valicando il passo di Rupel, ad una altitudine di oltre 2.500 metri, scende a valle e raggiunge la ferrovia che porta a Tessalonica. La linea Metaxas, che termina nel punto di confine tra la Bulgaria e la Jugoslavia, è sfondata sul lato est dalle due divisioni di fanteria del XXX corpo, comandato dal generale Otto Hartmann, la 50ª, comandata dal generale Karl-Adolf Hollidt, e la 16ª, comandata dal generale Sigfrid Henrici, e sul lato ovest dalla 2ª divisione corazzata e dalla 72ª divisione di fanteria, comandata dal generale Philipp Müller-Gebhard che, oltrepassando il passo di Strumica, si dirigono verso il confine jugoslavo-bizantino, il quale è attraversato incontrando pochissima resistenza. La velocità dei panzer tedeschi consente all'unità corazzata tedesca di giungere alle spalle della 2ª armata greca, che, dopo la rapida occupazione di Tessalonica, avvenuta il 9 aprile, si arrende senza condizioni. Contemporaneamente all'attacco contro la linea Metaxas, il XV corpo corazzato, comandato dal generale Georg Stumme, avanza attraverso la Jugoslavia, conquistando il 7 aprile la città di Skopje, e dirigendosi verso Monastir che viene raggiunta il giorno 10, proseguendo verso Prilep e Bitolj, nei pressi del confine con l'Impero Bizantino, attraversato il giorno successivo.

Il 12 aprile le truppe tedesche e bulgare giungono in vista delle Mura Teodosiane. A questo punto la corte imperiale, il Governo e il Senato fuggono, insediandosi ad Efeso, mentre il Generale Sepp Dietrich entra trionfalmente nella capitale: egli è il primo a prendere Costantinopoli, che nei millenni ha resistito agli Arabi, ai Bulgari, ai Veneziani e ai Turchi. Il popolo accoglie i tedeschi con il più grande disprezzo, osservando in silenzio i panzer che sfilano davanti ai monumenti simbolo della romanità e le svastiche issate sul palazzo delle Blacherne. I nazisti, che com'è noto sono incredibilmente superstiziosi, cercano di impadronirsi del Mandylion di Edessa, ma di fronte ai primi segnali di pericolo esso è stato messo in salvo nel Monastero di Stavronikita, sul Monte Athos, murato dietro un altare. L'impressione suscitata dalla caduta della capitale nella nazione bizantina è comunque enorme, e cominciano ad organizzarsi i primi nuclei di Resistenza. Il 13 aprile la 9ª divisione corazzata tedesca avanza in direzione di Atene e, per tentare di contrastarne l'avanzata, il generale britannico Henry Maitland Wilson predispone a sud di Tolemaide una trappola per i carri tedeschi: fa saltare un ponte al di sopra di un canale profondo che rende intransitabile il passaggio ai mezzi corazzati, ma lo stratagemma si rivela vano poiché i panzer riescono ad attraversare un terreno paludoso, che tutti consideravano impraticabile, e supportati dalla Luftwaffe attaccano i carri Alleati, distruggendone 32 e proseguendo nell'avanzata. La situazione induce Wilson a ripiegare ulteriormente e il Mega Dux Papagos a suggerirne l'evacuazione dalla Grecia. Il 14 aprile la 9ª divisione corazzata tedesca conquista la città di Kozani, stabilendo una testa di ponte a sud del fiume Aliakmon, ma la resistenza dei reparti di retroguardia della 2ª divisione neozelandese riesce a contenerne l'avanzata, ed il generale Stumme è costretto ad ordinare alla 5ª divisione corazzata, comandata dal generale Gustav Fehn, appena giunta dalla Jugoslavia, di dirigersi ad ovest, verso Grevena, per aggirare il passaggio tenacemente tenuto dalle truppe del generale Freyberg. Per via del terreno difficilmente percorribile dai mezzi corazzati, la divisione impiega quattro giorni per raggiungerla, consentendo alle truppe di Wilson di proseguire il ripiegamento dell'ala ovest del suo schieramento verso le Termopili.

Il 15 aprile, sotto la spinta dei panzer e dei reparti di fanteria che aggirano le posizioni difensive, i soldati neoatticani, che combattono a fianco dei bizantini, sono costretti a ripiegare verso la gola del fiume Peneo, che rappresenta l'ultimo ostacolo naturale di fronte alle Termopili. Il 16 aprile la 2ª divisione corazzata attacca superando il fiume, raggiungendo Larissa e infliggendo gravi perdite al nemico, mentre, al centro del fronte, la 5ª divisione corazzata occupa Trikala, chiudendo in una morsa le forze di retroguardia Alleate che stanno proteggendo la ritirata del grosso del contingente, impedendogli di congiungersi con la linea difensiva predisposta da Wilson sul passo delle Termopili. Intanto gli italiani approfittano delle vittorie tedesche: il 14 aprile i reparti italiani riprendono Coriza, il 19 aprile raggiungono le coste del Lago di Prespa e il 22 aprile conquistano il ponte di Perati. La Jugoslavia si arrende il 17 aprile, mentre i reparti motorizzati della SS Leibstandarte Adolf Hitler conquistano il Passo di Metsovo. Il 19 aprile i tedeschi prendono anche Giannina, completando così l'accerchiamento delle due armate bizantine schierate contro gli Italiani. Consapevole di quanto sia disperata la situazione, il 20 aprile lo Strategos Giorgio Tsolakoglu, in accordo con diversi altri alti ufficiali ma senza l'autorizzazione di Korizis, offre la resa alla Germania rappresentata dal Generale Sepp Dietrich, cercando così di evitare di arrendersi agli italiani. I termini della resa appaiono decisamente vantaggiosi: i soldati bizantini non saranno presi prigionieri, e gli ufficiali potranno mantenere il loro armamento personale. Questi accordi vengono però disconosciuti dal Comandante in Capo delle truppe tedesche nei Balcani, Feldmaresciallo Wilhelm List, che il 21 impone un altro arrogante armistizio, in cui ordina che i bizantini vengano trattati come prigionieri di guerra. Mussolini, però, infuriato per questo atto unilaterale, non ne accetta i termini e protesta con Hitler, ottenendo che la cerimonia sia ripetuta il 23 aprile alla presenza dei rappresentanti italiani.

Il giorno 21 il XVIII corpo d'armata raggiunge Volos, per proseguire rapidamente verso Lamia, a nordovest delle Termopili. L'attacco in forze contro queste ultime sfonda le ultime difese Alleate, consentendo una rapida avanzata nazista verso sud, e le residue forze di Wilson ripiegano sempre più verso sud; le truppe anglobizantine si imbarcano nel Pireo e negli altri porti del Peloponneso (Rafina, Megara, Nauplio, Kalamai). Il 27 aprile la 2ª e la 5ª divisione corazzata tedesca fanno il loro ingresso ad Atene, innalzando la bandiera tedesca sull'Acropoli. Il giorno successivo i reparti della 7ª divisione paracadutisti prendono Smirne e dilagano anche nella parte asiatica dell'Impero. Le isole del mar Egeo cadono una dopo l'altra in mano alle forze dell'Asse, e di fronte al rullo compressore nazista il Basileus e il Governo sono costretti ad abbandonare anche Efeso per rifugiarsi a Creta. Il 3 maggio un'imponente parata italotedesca lungo la Mese, la grande "via centrale" di Costantinopoli, celebra la vittoria delle potenze dell'Asse, ma i bizantini sanno bene che gli italiani sono arrivati fin lì solo sulla punta delle baionette germaniche. Inoltre Hitler spera che il presidente turco Ismet Inönü, succeduto nel 1937 a Mustafà Kemal alla guida della Turchia, impressionato dall'avanzata tedesca scenda in guerra a fianco dell'Asse, ma i Turchi se ne guardano bene dal farsi coinvolgere nel conflitto europeo, e gli eventi futuri daranno loro ampiamente ragione.

Spartizione dell'Impero Bizantino fra le potenze dell'Asse

Ormai il glorioso Impero Romano è ridotto all'isola di Creta, ma il 20 maggio scatta l'Operazione Merkur: circa 3.000 paracadutisti della 7ª divisione, comandata dal generale Wilhelm Süssmann, preceduti da un intenso bombardamento aereo, vengono lanciati sull'isola per occupare rapidamente i punti strategici, seguiti da una seconda ondata di 6.000 uomini, quindi arrivano la Regia Marina Italiana e la Marina del Reich. Abbandonata l'isola, Manuele V e Alessandro Korizis trovano rifugio ad Alessandria d'Egitto, sotto protezione britannica, dove viene formato un governo in esilio. Subito il Basileus lancia un proclama a tutti i suoi sudditi: disobbedire all'oppressore e combatterlo con ogni arma a disposizione, in modo da permettere la restaurazione dell'Impero sui sette colli di Costantinopoli. Intanto le forze dell'Asse si spartiscono l'Impero appena conquistato. Mussolini fa solennemente incoronare Vittorio Emanuele III Basileus e proclama la riunificazione dopo 1465 anni dell'Impero d'Oriente con quello d'Occidente, ma ha una brutta sorpresa: Hitler infatti occupa militarmente tutta la Tracia Orientale e la capitale Costantinopoli, oltre all'intera porzione asiatica dell'Impero, alla Macedonia centrale e orientale con l'importante porto di Tessalonica, alle isole dell'Egeo Settentrionale e ai due terzi dell'isola di Creta. Agli italiani è lasciata la quasi totalità della Grecia continentale con la città di Atene, le Isole Ionie, il Dodecaneso e la parte orientale di Creta, mentre la Bulgaria ottiene la Tracia occidentale ed il sospirato accesso al Mar Egeo. Mussolini deve digerire l'ennesima umiliazione da parte del suo alleato coi baffetti, avendo "conquistato" (si fa per dire) un Impero privo della sua capitale e delle più ricche città asiatiche. A Costantinopoli è invece insediato un governo militare collaborazionista, sottoposto come il Regime Francese di Vichy al ferreo controllo della Germania, e guidato dallo Strategos Giorgio Tsolakoglu, subito additato da tutti i bizantini come traditore della patria.

Naturalmente i movimenti clandestini di Resistenza cominciano subito ad operare contro gli occupanti: già la notte del 30 maggio 1941, dunque prima della fine della battaglia di Creta, due studenti universitari, Apostolos Santas e Manolis Glezos, scalano le Mura Teodosiane e buttano giù la bandiera con la svastica issata sulla Porta d'Oro dalle autorità di occupazione. Ma i primi veri atti di guerriglia si verificano nella Tracia occupata dai Bulgari, che avviano immediatamente una politica di bulgarizzazione su vasta scala, provocando la reazione della popolazione greca. Nella notte tra il 28 e 29 settembre 1941 la città di Drama, nella Macedonia orientale, si rivolta in massa, provocando la reazione dell'esercito bulgaro, che massacra più di tremila persone: decisamente un buon sistema per farsi accettare dalle popolazione locale. Proprio qui fanno la loro prima apparizione i gruppi armati noti come Andarti ("guerriglieri"), che martelleranno gli occupanti con attentati e sabotaggi, ai quali i nazifascisti risponderanno con rastrellamenti e massacri.

I movimenti antifascisti sono organizzati in diversi gruppi a seconda delle ideologie prevalenti: monarchici, liberali, socialisti, comunisti. Il principale gruppo di resistenza armata è l'EAM ("Ethniko Apeleftherotiko Metopo, "Fronte di Liberazione Nazionale"), di ispirazione comunista, fondato da Aris Velouchiotis: si tratta di uno dei più potenti movimenti di resistenza in Europa, con oltre 1.800.000 iscritti. Il secondo gruppo per ordine di importanza è l'EBS ("Ethnikos Byzantinos Syndesmos", "Lega Nazionale Bizantina"), di ispirazione venizelista e quindi liberale, guidato da un ex ufficiale dell'esercito imperiale, il colonnello Napoleone Zervas. Nel febbraio 1942 verrà fondata la BLAS ("Byzantinos Laikos Apeleftherotikos Stratos", "Esercito Popolare Bizantino di Liberazione"), organizzazione controllata dal Partito Comunista locale, che combatterà prevalentemente nella porzione asiatica dell'Impero, occupata dai tedeschi. Da notare che fin qui il Partito Comunista Bizantino (KKB) nelle consultazioni elettorali non ha mai superato il 10 % dei voti. La radicalità e la brutalità dello scontro in atto tuttavia favoriscono i gruppi più estremistici, a danno dei moderati.

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Costantinopoli sotto il tallone nazista

L'occupazione dell'Impero Bizantino da parte delle forze dell'Asse rappresenta uno dei periodi più bui della gloriosa storia della Nazione Romea. Gli eserciti occupanti infatti mettono in atto una politica di pura razzia, confiscando tutte le risorse del paese, ed in particolare le derrate alimentari necessarie per sostenere l'invasione dell'URSS, che inizia ufficialmente il 22 giugno 1941. La popolazione civile, già esacerbata dalla legge marziale imposta da italiani e tedeschi, si ritrova spesso priva dei mezzi di sussistenza minimi: è la cosiddetta "Grande Carestia" dell'inverno 1941-42, che miete fino a 30.000 morti. La fame dilaga tra tutti gli strati della popolazione, favorendo la borsa nera, il contrabbando attraverso la frontiera con la Turchia e provocando reazioni rabbiose contro le truppe occupanti. Dal 23 al 28 ottobre 1941 si ribellano gli abitanti dei villaggi di Mesovouno, Cleisto, Kidonia e Ambelofito, contro le quali i nazisti replicano con fucilazioni di massa. Il 26 gennaio 1942 a Costantinopoli ha luogo una gigantesca manifestazione di 6.000 mutilati di guerra; il 17 marzo una seconda protesta di ex combattenti ed invalidi è duramente repressa dalla Feldgendarmerie. Gli italiani non sono certo da meno in barba alla loro fama di occupanti "buoni" (rispetto ai tedeschi): nella porzione dell'Impero annessa all'Italia si registrano confische di case e beni nei villaggi, arresti, fucilazioni e deportazioni nei campi di concentramento organizzati nelle vicinanze di Larissa, Hadari e Corinto. Nel 1946 il Ministero Bizantino della Previdenza Sociale, nel censire i danni di guerra, calcolerà che 400 villaggi hanno subito distruzioni parziali o totali, 200 dei quali per opera dei soli italiani. Le truppe italiane, in linea con le direttive del Comando della XI Armata, eseguono vaste operazioni di rastrellamento: una di queste viene compiuta nella zona del monte Parnaso e si conclude con 430 persone internate in campo di concentramento e due paesi completamente sgomberati dalle popolazioni civili. E non basta: gli antifascisti bizantini segnalano stupri di massa messi in atto dai nostri soldati, e il fatto che migliaia di donne vengono reclutate nei bordelli per soddisfare soldati e ufficiali italiani, solo perché non sanno più come sfamare i loro figli. Per questo molte di esse alla fine del conflitto verranno arrestate dai partigiani come "collaborazioniste" ed esposte al pubblico ludibrio (si usa tagliare loro i capelli e dipingere loro la testa di rosso, prima di portarle in giro su camion scoperte per campagne e città). Il comando tedesco in Macedonia arriva a protestare con gli italiani per il ripetersi delle violenze contro i civili, e il capo della polizia di Elassona, Nicola Bavaris, scrive una lettera di denuncia alla Croce rossa internazionale, nella quale punta il dito contro gli ufficiali italiani:

« Vi vantate di essere il Paese più civile d'Europa, ma crimini come questi non sono mai stati commessi neppure dai barbari di Tamerlano! »

Naturalmente questo atto di coraggio gli costa caro: è arrestato, torturato e deportato in Italia. Più gli occupanti si inferociscono, anche a causa degli scacchi militari subiti dall'Asse sul fronte africano e su quello libico, e più le attività del BLAS si intensificano: gli uomini trovati con le armi in pugno durante i rastrellamenti vengono fucilati sul posto, mentre i prigionieri sono deportati nei campi di concentramento ed usati per eseguire rappresaglie successive ad azioni partigiane, in una tragica gara a chi miete più vittime innocenti. Se non bastano le mitragliatrici, si ricorre anche a massicci bombardamenti aerei. Il 25 novembre 1942 lo strategico ponte di Gorgopotami è fatto saltare per aria in un'azione comune tra i partigiani greci e i sabotatori inglesi (la cosiddetta "Operazione Harling"), in modo da interrompere il trasporto di munizioni tedesche attraverso il territorio bizantino per rifornire l'Afrika Korps di Rommel (è questa è una delle cause della sconfitta della Volpe del Deserto). L'inverno 1942-1943 fa registrare una sempre maggiore partecipazione popolare alle aperte manifestazioni di protesta contro le truppe nazifasciste e contro le condizioni di estrema povertà in cui versa l'Impero: il 22 dicembre 1942 uno sciopero operaio organizzato a Costantinopoli nella zona dell'Augustaion contro la fame e la brutalità dell'occupazione convoglia nelle strade della capitale bizantina decine di migliaia di manifestanti, tra cui numerosi studenti, donne e impiegati; le proteste sfociarono in duri scontri con i militari italiani, durante i quali rimasero uccisi gli studenti Mitsos Konstantinidis e Filis Gheorghiou. Il Comando del III Corpo di Armata italiano nel febbraio 1943, operante nei settori di Kastoria, Trikala, Lamia e Tebe-Aliartos, afferma di avere ucciso circa 120 di quelli che chiama « banditi », oltre ad aver internato 113 civili considerati fiancheggiatori della guerriglia.

Uno degli episodi peggiori ha luogo il 16 febbraio 1943 a Domenikon, un piccolo villaggio della Tessaglia centrale, dove un attacco partigiano provoca la morte di 9 soldati italiani. Cesare Benelli, generale della 24ª Divisione di fanteria "Pinerolo", ordina ai suoi uomini di circondare il villaggio e rastrellare la popolazione, catturando più di 150 uomini dai 14 agli 80 anni. Nel cuore della notte essi vengono tutti fucilati. Questo fattaccio rappresenta uno dei più efferati crimini di guerra commessi dall'Italia durante la Seconda Guerra Mondiale: secondo la storica Lidia Santarelli l'episodio è il primo di una serie di brutali repressioni nella primavera-estate 1943, conseguenti ad una circolare del generale Carlo Geloso, comandante delle forze italiane di occupazione, in cui si ordina di adottare l'iniquo principio della responsabilità collettiva: se un partigiano bizantino uccide un italiano o un tedesco, la colpa ricade anche sui bambini dei villaggi vicini, con tutte le spaventose conseguenze che ne derivano. Solo il 16 febbraio 2009 l'Italia chiederà scusa per questo eccidio all'Impero Bizantino, tramite il suo ambasciatore a Costantinopoli.

Il 27 febbraio 1943 muore il grande poeta bizantino Kostis Palamas, ed il suo funerale diventa un'occasione per sfidare pubblicamente le autorità di occupazione: una grande manifestazione popolare si dirige verso la sede del governo collaborazionista bizantino, situato nell'Eptapyrgion, la fortezza con sette torri fatta edificare da Giovanni I Zimiscè, e ne devasta i locali. La folla entra a contatto con le compagnie di SS a presidio dell'edificio, che fanno fuoco sui manifestanti, provocando la morte di decine di persone. Intanto si affaccia anche sull'Impero Romano lo spettro della "Soluzione Finale" ("Endlösung"): nel marzo 1943 i tedeschi iniziano deportazioni di massa degli ebrei di Costantinopoli, Tessalonica e Atene, che come sappiamo sono sede di alcune tra le maggiori comunità ebraiche d'Europa. Molti di essi finiranno ad Auschwitz, ed entro la fine della guerra circa 60.000 bizantini saranno eliminati per il solo fatto di essere ebrei. Il tentativo nazista di sterminare tutti gli ebrei dell'Impero tuttavia fallisce grazie all'abnegazione del Patriarca di Costantinopoli Beniamino I (molti ebrei sono nascosti nei conventi, travestiti da monaci e suore ortodossi), dei movimenti di Resistenza e della stessa popolazione bizantina, che fa a gara a nascondere ebrei nelle loro case, nonostante il rischio di arresto e di deportazione. Uno dei maggiori atti di coraggio è però quello messo in opera da Angelo Roncalli, Nunzio Apostolico presso l'Impero Bizantino, rimasto a Costantinopoli anche dopo l'occupazione da parte dei tedeschi con la scusa di "assicurare la cura d'anime ai fedeli cattolici". Nel luglio 1943 Roncalli organizza un convoglio stracarico di famiglie ebree con l'intento di metterle in salvo nella neutrale Turchia, ma il Governatore Militare di Costantinopoli, Feldmaresciallo Wilhelm List, ha mangiato la foglia e blocca il treno alla frontiera con la Turchia, sotto un sole cocente, impedendo a chiunque di rifornire gli ebrei di viveri e acqua, nella speranza di prenderli per fame e per sete. A questo punto Roncalli ha uno straordinario colpo di genio: contatta Franz Von Papen, già Vicecancelliere di Hitler ed ora caduto in disgrazia ed inviato come Ambasciatore in Turchia, facendogli intendere che, se aiuterà quegli ebrei, gli Alleati potrebbero tenerne conto quando, alla fine del conflitto, vorranno regolare i conti con i gerarchi del regime nazista. Von Papen, adirato con Hitler per essere stato messo da parte e desideroso di salvarsi almeno la vita, accetta e fa pervenire a Monsignor Roncalli centinaia di visti falsi. In tal modo il Feldmaresciallo List si trova tra le mani la richiesta da parte turca di lasciar partire il convoglio, perchè si tratta di « fedeli cristiani in pellegrinaggio presso i luoghi di San Paolo di Tarso »! Il gerarca ha capito che si tratta di un colpo gobbo dell'intelligente prelato, ma per non creare un incidente diplomatico con la Turchia e con il Vaticano è costretto a lasciar partire il treno. E così centinaia e centinaia di ebrei si mettono in salvo in Turchia, raggiungendo poi destinazioni sicure sotto il controllo degli Alleati. Per questo atto di coraggio alla fine della guerra Angelo Roncalli sarà insignito dallo Stato d'Israele del titolo di « Giusto delle Nazioni », e sarà premiato da Papa Pio XII che lo nominerà Nunzio a Parigi e lo creerà Cardinale; quanto a Franz Von Papen, tradotto al Processo di Norimberga, sarà assolto proprio grazie alla decisiva testimonianza di Monsignor Roncalli.

Intanto, per l'Italia le cose si mettono male. Dopo l'Africa Orientale, andata perduta già nel 1941, nel maggio 1943 l'Asse deve evacuare anche il Nordafrica, e così l'impero coloniale italiano non esiste più. Dopo la Conferenza di Casablanca gli Alleati decidono di usare il Nordafrica come trampolino di lancio per l'invasione della Sicilia, la cosiddetta "Operazione Husky". Questo sbarco è preceduto dalla cosiddetta "Operazione Mincemeat": un cadavere con uniforme britannica è fatto ripescare dai nazisti al largo di Creta, con addosso documenti secondo i quali è imminente uno sbarco alleato nel Peloponneso, per liberare l'Impero Bizantino. L'operazione, per quanto bizzarra, ha il successo sperato: i tedeschi credono ai falsi documenti di "William Martin" (questo il nome inventato dagli inglesi ed apposto sul tesserino del falso ufficiale, il cui corpo era in realtà quello di un giovane morto di polmonite) e rafforzano le difese in Grecia, consentendo così agli Alleati di sbarcare comodamente a Gela e a Licata il 10 luglio 1943.

Nonostante le roboanti promesse di Mussolini di ributtare a mare gli invasori, i siciliani accolgono gli angloamericani come dei liberatori, e il 19 luglio anche Roma viene pesantemente bombardata. A questo punto una congiura interna al Partito Fascista mette in minoranza Mussolini, che il 25 luglio viene destituito dal re Vittorio Emanuele III e sostituito con il maresciallo Pietro Badoglio; il regime fascista si dissolve in poche ore senza opporre resistenza, tra il giubilo della popolazione. Badoglio dichiara di voler continuare la guerra accanto all'alleato germanico, ma intanto prende accordi segreti con gli Alleati e il 3 settembre firma l'Armistizio di Cassibile. Esso viene reso pubblico l'8 settembre, ma Hitler si aspettava quella mossa e subito le truppe tedesche del feldmaresciallo Albert Kesselring occupano tutto il centronord della penisola, inclusa Roma, e bloccano lo sbarco alleato a Salerno, per poi attestarsi sulla cosiddetta Linea Gustav. Il Re Vittorio Emanuele III e l'erede al trono Umberto fuggono codardamente a Brindisi, sotto protezione americana, lasciando il paese allo sbando: l'esercito si sfascia e i nazisti restano padroni assoluti di gran parte del Bel Paese. Mussolini è liberato il 12 settembre dai tedeschi con un colpo di mano, e Hitler decide di insediarlo a capo di un governo fantoccio (la cosiddetta Repubblica di Salò), mentre si organizza la Resistenza armata contro l'occupante. La situazione dell'Italia è tragica, trasformata in campo di battaglia, occupata dai tedeschi a nord e dagli alleati a sud, preda dei bombardamenti continui e ridotta in completa miseria. Le zone di occupazione italiane in Jugoslavia e nell'Impero Bizantino sono anch'esse conquistate dai nazisti, che si abbandonano a ferocissime rappresaglie contro i "traditori": il 13 settembre ben 5.000 militari italiani di stanza a Cefalonia rifiutano di arrendersi e sono tutti passati per le armi dai nazisti. Questi ultimi mettono in atto un'occupazione dell'intero territorio bizantino ancora più dura di quella italiana: dopo che 77 soldati tedeschi sono stati uccisi dai Partigiani, il 13 dicembre 1943 la 117a Divisione Jäger  circonda la cittadina di Kalavrita, nel Peloponneso, e massacra tutta la popolazione maschile, cioè più di 1200 persone, bruciando anche il monastero di Agia Lavra. Oggi sul luogo esiste un Memoriale.

Purtroppo, così come nella vicina Jugoslavia, mentre ancora i tedeschi occupano l'Impero, scoppia una resa dei conti tra il BLAS comunista e le formazioni minori di Resistenza, di tendenze cristiane, liberali e monarchiche. Per porre fine agli scontri all'interno del fronte antifascista sono costretti ad intervenire la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l'URSS, ma la tensione nel paese rimane alta, mentre continuano le rappresaglie dei tedeschi: il 10 giugno 1944 e quello del "Massacro di Distomo", in cui 218 civili sono uccisi, e il paese è saccheggiato e bruciato. Il BLAM, sentendosi ormai maggioritario nel paese, il 10 marzo 1944 costituisce un governo provvisorio sulle montagne del Pindo, che non è riconosciuto da nessuno: Regno Unito e Stati Uniti sostengono il Governo in Esilio ad Alessandria d'Egitto, mentre Stalin aspetta la spartizione ufficiale dell'Europa per decidere dove piazzare i suoi satelliti comunisti. Tra l'altro viene violato dopo secoli il divieto alle donne di entrare nella Repubblica Monastica del Sacro Monte Athos: un gruppo di partigiani comunisti, tra cui alcune donne, si rifugia sulle montagne della penisola per sfuggire ai tedeschi.

Frattanto l'Armata Rossa è passata al contrattacco e ha cominciato la riconquista del territorio nazionale: il 18 febbraio 1944 le truppe che Hitler ha ostinatamente lasciato nella testa di ponte di Kanev sul Dniepr vengono accerchiate e distrutte nella terribile battaglia invernale della sacca di Korsun-Sevcenkovskij. Questo disastro militare tedesco facilitò la successiva avanzata generale di tutto lo schieramento meridionale sovietico, dopodichè il maresciallo Zhukov manovra in profondità verso i Balcani. Dopo la battaglia tra carri armati di Kamenetzk-Podolsk l'Ucraina è persa e i sovietici liberano Odessa penetrando in Romania e in Polonia orientale. A costo di incredibili sacrifici e spaventose perdite (oltre 700.000 morti da gennaio a giugno), l'esercito tedesco è dissanguato (l'Asse subisce quasi un milione di perdite umane durante l'inverno 1943-44, e a questo punto nella Conferenza di Teheran Americani e Britannici decidono che è l'ora di aprire anche un fronte occidentale per dare l'assalto alla "Fortezza Europa". Il 6 giugno 1944 inizia la gigantesca "Operazione Overlord", meglio nota come Sbarco in Normandia: oltre due milioni di soldati sbarcano sulle coste settentrionali della Francia tra Caen e Cherbourg, e il 25 agosto Charles de Gaulle alla teste delle forze francesi e americane entra trionfalmente a Parigi. Il 4 giugno gli Alleati sono entrati a Roma, liberando l'Italia centrale, mentre quella settentrionale resta in mano a nazifascisti, ed in essa infuria la Resistenza.

Sul fronte orientale, approfittando del cedimento tedesco ad ovest, il 20 agosto 1944 le forze sovietiche a sud dei Carpazi sferrano una tremenda offensiva chiedendo una manovra a tenaglia attorno a tutto lo schieramento tedesco-rumeno: dopo la perdita di altri 200.000 soldati tedeschi nella Battaglia di Iasi, la via per i carri armati sovietici è sgombra. Le alleanze della Germania nazista cadono giù come birilli: il 23 agosto la Romania denuncia l'alleanza con Hitler e le colonne sovietiche dilagano senza incontrare resistenza, entrando a Bucarest il 31 agosto; il 9 settembre la Bulgaria passa al fianco degli Alleati e apre le porte all'Armata Rossa. Solo l'Ungheria rimane alleata dei tedeschi dopo il colpo di stato filonazista di Szalasi del 15 ottobre. Le residue forze tedesche ripiegano attraverso i Carpazi e iniziano finalmente ad abbandonare la Grecia e la Jugoslavia: Costantinopoli è liberata il 12 ottobre 1944 dalle forze di sbarco angloamericane, dodici ore dopo è liberata Atene, mentre la capitale jugoslava Travnik è liberata il 14 ottobre dai carri armati sovietici provenienti dalla Bulgaria, insieme alle truppe di Tito, leader dei comunisti jugoslavi. Le truppe tedesche rimaste imbottigliate nella parte asiatica dell'Impero, che non hanno fatto in tempo ad essere evacuate, raggiungono la frontiera e chiedono asilo alla Turchia, ma il governo di Ankara le respinge e le consegna agli Alleati, i quali le internano in campi di concentramento e le rimpatrieranno alla fine del conflitto. Il Basileus Manuele V torna dall'esilio, accolto trionfalmente dalla popolazione in festa (sarà ricordato come Manuele V Andrico, "il Coraggioso"), e i britannici, che ritengono da sempre di avere una sorta di "protettorato" sull'Impero Bizantino, insediano a Bisanzio un governo di unità nazionale comprendente anche 6 ministri comunisti, presieduto dal socialista Giorgio Papandreu.

La liberazione di Costantinopoli dagli occupanti nazisti

La liberazione di Costantinopoli dagli occupanti nazisti

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La Guerra Civile Bizantina

Il governo di unità nazionale però ha vita brevissima: Papandreu accoglie solo in parte le richieste dei comunisti, che pretendono un referendum (come quelli che si terranno in Italia e in Belgio) per decidere se mantenere la monarchia o proclamare la repubblica, mentre il nuovo Protospatario non ha nessuna intenzione di mettere in discussione l'istituzione monarchica, non solo per via della lunga tradizione imperiale bizantina, ma soprattutto perchè nei paesi dove i comunisti hanno rovesciato le monarchie legittime (Bulgaria, Romania, Ungheria) si sono immediatamente insediate dittature comuniste strettamente controllate da Mosca. Di conseguenza i ministri comunisti in carica si dimettono per protesta e indicono per il 3 dicembre una manifestazione per chiedere le dimissioni di Papandreu. La manifestazione in un primo momento viene autorizzata, poi vietata dal Ministero dell'Interno quando ormai è troppo tardi. I cortei rifiutano di sciogliersi, e diventa inevitabile lo scontro con la polizia: è il cosiddetto "Fattaccio di Dicembre". Quando i manifestanti cominciano a tirare pietre, le truppe britanniche perdono la testa ed aprono il fuoco sulla folla, uccidendo 28 persone (ma per i comunisti sono 500) e ferendone qualche centinaio. L'ufficiale inglese W. Bydford-Jones, testimone oculare dei fatti, descriverà così l'accaduto:

« L'età dei partecipanti alla dimostrazione variava dai 10-12 anni fino ai 60 e oltre. Mi colpì soprattutto un gran numero di ragazzi tra i 18 e i 30 anni. Non vi era nulla di ostile o di minaccioso nella manifestazione. (...) Quel che successe dopo fu fantasticamente irreale come gli avvenimenti in un film. Il gruppo di polizia al di sopra di me svuotò i caricatori direttamente sulla moltitudine: uomini, donne, bambini, che ancora alcuni momenti prima ci avevano lanciato richiami, erano sfilati pieni di vita e di sfida, avevano riso, avevano sventolato le loro e le nostre bandiere, caddero a terra. Sangue colò dalle ferite alla testa e dai corpi sul selciato e sulle bandiere che essi portavano. »

Preoccupato dal degenerare degli eventi in un paese chiave per la sicurezza europea, Winston Churchill si reca personalmente ad Atene il 25 dicembre ed offre la sua mediazione. Naturalmente il Basileus Manuele V respinge le richieste dei comunisti e nomina nuovo Protospatario il generale Alessandro Papagos, già Mega Dux prima dell'occupazione nazista e poi esponente di spicco dell'EBS, gruppo partigiano di ispirazione liberale, che nutre forti antipatie per il BLAS. La situazione però resta tesissima fino al febbraio del 1945, quando il governo greco raggiunge un nuovo accordo con il BLAS. In base ad esso le formazioni partigiane dovranno consegnare le armi (41.500 fucili, 2.015 mitragliatrici, 163 mortai e 32 pezzi di artiglieria) e saranno escluse dalla partecipazione al governo, mentre potranno partecipare individualmente gli ex militanti. In cambio, come avverrà anche in Italia per iniziativa di Palmiro Togliatti, sarà concessa un'amnistia per i reati politici con l'esplicita esclusione dei "reati comuni", verranno epurati tutti i collaborazionisti all'interno della polizia, ed infine si terranno elezioni politiche sotto supervisione internazionale; in questi accordi non si cita la scelta fra monarchia e repubblica, che invece per molti comunisti è ancora irrinunciabile. Dal 4 all'11 febbraio 1945 si tiene nell'Impero l'importantissima Conferenza di Nicea (nella nostra Timeline di Yalta in Crimea), alla quale partecipano l'inglese Winston Churchill, l'americano Franklin Delano Roosevelt e il sovietico Jozif Stalin, i quali ridisegnano l'ordine europeo e mondiale nel dopoguerra.

Nonostante le vive proteste dei partigiani comunisti, presto iniziano processi per "reati comuni" anche nei loro confronti, e ciò non contribuisce certo a raffreddare gli animi. Una parte dei partigiani comunisti decide di tornare a nascondersi sulle montagne, stavolta per combattere gli inglesi e i monarchici; si susseguono senza sosta nell'Impero gli scontri armati tra comunisti e anticomunisti, ed entrambi ne approfittano per portare a compimento odiose vendette personali. In un anno, da qui alla data delle elezioni, secondo stime ufficiali si contano 1.289 persone uccise, 6.671 ferite gravemente e 84.931 arrestate. Il 16 giugno 1945 il fondatore stesso del BLAS, Aris Velouchiotis, viene ucciso in un'imboscata sulle montagne del Pindo. Intanto la guerra ha fine anche nel resto d'Europa: il 25 aprile 1945 insorge il Nord Italia e Mussolini è ucciso mentre cerca di trovare rifugio in Svizzera, mentre il 2 maggio Hitler si suicida nel bunker sotto la Cancelleria di Berlino, proprio mentre i sovietici fanno irruzione in città, e il suo successore Karl Dönitz offre la resa senza condizioni. La Germania è completamente distrutta e suddivisa in zone di occupazione. Nel Pacifico invece la Seconda Guerra Mondiale si concluderà nel Pacifico solo dopo lo sganciamento di due ordigni nucleari sul Giappone. Il 24 ottobre 1945 a New York è fondata l'Organizzazione delle Nazioni Unite, di cui l'Impero Bizantino è uno dei 50 membri fondatori.

Nella Conferenza di Pace di Parigi l'Italia riceve un trattamento relativamente mite rispetto alla Germania, ma perde tutte le colonie e deve cedere alla nuova Jugoslavia di Tito l'Istria, il Carso triestino, Fiume e tutta la Dalmazia; gli italiani sono scacciati da queste terre con le buone o con le cattive (più spesso con le cattive): una ferita ancora aperta nella coscienza storica italiana. Trieste è proclamata Territorio Libero; esso sarà spartito tra Italia e Jugoslavia nel 1954. La Jugoslavia di Tito diventa una Repubblica Federale composta da otto repubbliche: Slovenia (con capitale Lubiana), Croazia (con capitale Zagabria), Bosnia (con capitale Travnik, che è anche capitale federale), Serbia (con capitale belgrado, include la Vojvodina), Montenegro (con capitale Titograd), Repubblica di Dubrovnik (con capitale Dubrovnik, l'italiana Ragusa), Kosovo (con capitale Pristina) e Macedonia (con capitale Skopje). Da notare che in questa Timeline la Serbia non è la repubblica dominante, sostituita dalla Bosnia, e quindi il Kosovo ha maggiore autonomia. Inoltre Dubrovnik viene restaurata come repubblica federata autonoma, soprattutto per fare uno sgarbo alla Croazia (l'odio tra croati e bosniaci ha radici ataviche).

La Bulgaria, alleata della Germania nelle operazioni militari nei Balcani, deve cedere alcuni territori di confine all'Impero Bizantino, ma in cambio ottiene la Dobrugia meridionale dalla Romania. In Albania il leader comunista Enver Hoxha costringe alla fuga in Argentina il Re Aimone I di Savoia ed instaura una delle più cupe dittature del pianeta. La Seconda Guerra Mondiale segna anche il definitivo tramonto delle potenze europee (Gran Bretagna, Francia, Germania) a favore delle due nuove superpotenze, Stati Uniti ed Unione Sovietica, che sono le effettive vincitrici del conflitto. Come stabilito nella Conferenza di Nicea, l'Europa viene divisa in due sfere di influenza, una americana ed una sovietica. In Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Jugoslavia ed Albania si instaurano regimi comunisti satelliti di Mosca e, secondo la definizione di Churchill, una cortina di ferro divide in due il Continente. Siccome l'Europa è completamente distrutta da sei anni di combattimenti, il Segretario di Stato statunitense George Marshall elabora il cosiddetto Piano di Recupero Economico (meglio noto come piano Marshall), con il quale il Congresso degli Stati Uniti offre prestiti per un totale di 17 miliardi di dollari per la ricostruzione dell'Europa, ma tutti i paesi finiti nell'orbita sovietica sono costretti a rifiutare il Piano. All'Impero Bizantino vanno in tutto 396 milioni di dollari (i comunisti bizantini tentano inutilmente di boicottare il Piano).

Il 31 marzo 1946 si tengono le prime elezioni bizantine del Dopoguerra, le prime a cui sono ammesse anche le donne, ma l'Unione Sovietica rifiuta di partecipare alla commissione di controllo, mentre i comunisti decidono di non presentarsi alle elezioni e di boicottarle. Le elezioni vedono la vittoria del Partito Popolare di Costantino Tsaldaris con il 45,12 % dei consensi, davanti al Partito Socialista di Giorgio Papandreu con il 29,28 % e al Partito Liberale di Temistocle Sophoulis con il 14,39 %, ma l'astensionismo raggiunge il 40 %, e non mancano le denunce di brogli. Naturalmente il Partito Comunista Bizantino si rifiuta di riconoscere l'esito elettorale e il mantenimento dell'istituzione monarchica, chiedendo invece a gran voce l'instaurazione di un regime monopartitico sul modello di quelli che hanno preso forma in tutta l'Europa Orientale. Il leader comunista Marco Vafiadis riorganizza il BLAS come Esercito Democratico Bizantino (DBS, Dimokratikos Byzantinos Stratos), che comprende più di 50.000 combattenti e un'estesa rete di simpatizzanti nelle aree rurali e montuose, proclama la Repubblica Popolare Ellenica con capitale Atene (città industriale dove i comunisti sono molto forti) ed ottiene il sostegno dei regimi comunisti dei paesi vicini: Bulgaria, Jugoslavia ed Albania. Il pronunciamento di Vafiadis ha anche una componente etnica: circa un terzo dei combattenti comunisti sono macedoni di lingua slava, e tale situazione complica ulteriormente lo scontro. Naturalmente Costantino Tsaldaris, divenuto nel frattempo Protospatario, non ci sta, denuncia bulgari, jugoslavi e albanesi come aggressori stranieri, ed invia subito Alessandro Papagos, nominato nuovamente Mega Dux, a reprimere la ribellione. Scoppia così la Guerra Civile Bizantina.

Il governo comunista, che si segnala subito per la chiusura delle chiese ortodosse o la loro trasformazione in stalle o magazzini, controlla militarmente il 70 % del territorio europeo dell'Impero, da Evros al Peloponneso, oltre alla maggior parte delle isole; il suo quartier generale militare si trova nel porto del Pireo, appoggiato da un secondo sul monte Vitsi, vicino al confine con la Jugoslavia. Invece il governo monarchico controlla praticamente la totalità della parte asiatica, le pianure della Tessaglia e di Tessalonica e le isole Ionie, e può contare sull'appoggio militare di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia ed Italia; il governo inglese in particolare invia subito una delle brigate della divisione indiana a Volos per proteggere la città, in mano agli anticomunisti. Naturalmente in Francia e in Italia i partiti comunisti estromessi dai rispettivi governi assumono un atteggiamento favorevole agli insorti ed inscenano grandi proteste di piazza; volontari comunisti affluiscono in Grecia anche da Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Romania, e su tutto pesa l'atteggiamento di Stalin, che anche dopo gli accordi di Nicea non ha smobilitato l'esercito e mantiene circa 200 divisioni attive in Europa orientale, una parte delle quali nelle regioni adiacenti ai paesi occidentali. L'Impero Bizantino costituisce uno degli snodi chiave del nuovo ordine europeo disegnato a Nicea, e più di uno in Occidente pensa che il dittatore sovietico voglia approfittare della Guerra Civile Bizantina per ampliare la fetta di Europa sotto il suo controllo, acquisendo almeno la parte meridionale della penisola balcanica. Non a caso Winston Churchill, pur non essendo più al governo, in un discorso tenuto all'assemblea generale dell'ONU denuncia quello che egli definisce « il nuovo tentativo da parte dell'Unione Sovietica di soffocare le libertà in Europa ». L'intervento della Jugoslavia e dell'Albania a favore dei ribelli e dei britannici a fianco degli imperiali rischia perciò di far precipitare l'Europa, appena uscita da una guerra disastrosa e già duramente provata, in un nuovo conflitto totale.

Come se non bastasse, l'inverno 1946-1947 si rivela terribile dal punto di vista climatico, e la situazione alimentare in Grecia si presenta ancora più grave di quanto era stata negli anni di guerra. Nell'intento di impedire i rifornimenti al nemico, il governo imperiale decide il trasferimento di interi villaggi in zone ritenute più sicure, mentre nelle zone controllate dai comunisti si segnalano numerosi episodi di prevaricazione e di violenza. Alessandro Papagos lancia subito diversi attacchi contro le regioni controllate dai comunisti, ma senza grande successo, in quanto i guerriglieri si ritirano senza subire gravi perdite nelle valli da essi controllate. Nel febbraio del 1947 il governo britannico presieduto da Clement Attlee annuncia che a causa della grave situazione finanziaria in cui versa la Gran Bretagna dopo il conflitto, non è più in grado di assistere economicamente la Grecia. L'annuncio viene accolto dagli anticomunisti come un colpo al cuore, perchè invece Stalin continua a foraggiare le truppe di Vafiadis; allora Costantino Tsaldaris si reca personalmente a Washington e incontra il Presidente Americano Harry Truman alla Casa Bianca, convincendolo che, senza un nuovo intervento statunitense nel paese che rimpiazzi i britannici, la penisola ellenica piomberà sotto un regime non diverso da quello degli altri paesi dell'Est, e Stalin riuscirà dove hanno fallito i Veneziani e i Turchi. Gli statunitensi non possono permettere che Stalin conquisti un ulteriore bastione nel Mediterraneo, ed iniziano ad inviare cospicui approvvigionamenti militari, che si riveleranno decisivi per vincere il conflitto. L'incontro Truman-Tsaldaris sancisce di fatto la fine del protettorato britannico sull'Impero Bizantino, che dura da più di due secoli, e il passaggio di Costantinopoli nella sfera d'influenza americana.

Il 1 aprile 1947 un ulteriore evento tragico scuote l'Impero: muore il Basileus Manuele V, presumibilmente a causa di un improvviso attacco cardiaco, anche se c'è chi punta il dito contro qualche complotto comunista. Siccome non ha avuto figli, gli succede il fratello Giovanni XIII, 45 anni, già associato al trono come Co-Imperatore fin dal 1939. Il 9 gennaio 1938 Giovanni ha sposato Maria Francesca Anna Romana di Savoia (26 dicembre 1914 – 7 dicembre 2001), ultimogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della Regina Elena, e sorella del "Re di Maggio" Umberto II. Questa gli ha dato tre figli, tutti destinati a cingere la corona:

1) Sofia (2 novembre 1938 – vivente), che il 14 maggio 1962 sposerà a Costantinopoli Juan Carlos di Borbone (5 gennaio 1938 – vivente), e il 22 novembre 1975 diverrà Regina di Spagna dopo la caduta del Regime di Francisco Franco;
2) Costantino (2 giugno 1940 – vivente), che gli succederà con il nome di Costantino XVII, tuttora sul trono;
3) Irene (11 maggio 1942 – vivente), che il 29 agosto 1968 nella cattedrale di Oslo sposerà il suo lontano cugino Harald V di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg (21 febbraio 1937 – vivente), e il 17 gennaio 1991 diverrà Regina di Norvegia.

Giovanni XIII lancia subito un appello « a tutti gli amanti della libertà » affinché corrano a difendere l'integrità dell'Impero Bizantino, minacciato « dal colonialismo imperialista ed ateo del Satana sovietico ». Si moltiplicano nei paesi europei e in America le raccolte di denaro e di generi di conforto a favore del legittimo governo imperiale, i grandi leader politici ammoniscono Stalin affinché rispetti gli accordi presi a Nicea (fa sentire la sua voce anche Papa Pio XII, che ha appena scomunicato i comunisti), ed in tal modo l'esercito imperiale ritrova nuovo slancio per combattere la sua battaglia, ora che da difesa della propria terra si è trasformata in difesa ideologica della democrazia; al contrario i comunisti, sopravvalutando le proprie forze ed il proprio controllo del territorio, iniziano una nuova strategia che si rivelerà infruttuosa.

Il 10 dicembre 1947 circa 1.200 militanti comunisti vengono uccisi in battaglia mentre tentano di conquistare la strategica città di Konitsa, vicino al confine con l'Albania. Ma una delle maggiori battaglie combattute nei tre anni di guerra civile ha luogo sui monti Grammos il 16 giugno 1948 quando, nell'ambito dell'Operazione Koronis, 100.000 soldati governativi attaccano 12.000 combattenti del DBS asserragliati sulle montagne. Dopo due mesi di duri combattimenti, il 21 agosto, i comunisti riescono a rompere l'accerchiamento e a ricongiungersi a Vitsi con i rinforzi jugoslavi, evitando così di finire massacrati. Poco dopo tuttavia il DBS subisce una disastrosa sconfitta in Attica, che gli costa la perdita della capitale Atene, un evento di fondamentale importanza per il morale delle truppe imperiali.

Uno degli aspetti più controversi del conflitto è rappresentato dalla cosiddetta "paidomazoma", cioè l'evacuazione forzata di circa 30.000 bambini, figli di anticomunisti, ma non solo, dai territori greci controllati dal DBS in "campi di rieducazione socialista" situati nei paesi comunisti vicini (Bulgaria, Cecoslovacchia, Romania e Ungheria). Una Commissione Speciale istituita dalle Nazioni Unite (la Guerra Civile Bizantina è una delle prime questioni affrontate dalla neonata organizzazione) arriva alla conclusione che "alcuni bambini sono stati forzatamente trasferiti", in contrasto con la versione del Partito comunista Ellenico, il quale sostiene che l'evacuazione dalle zone di guerra è avvenuta esclusivamente su richiesta dei genitori. Numerose risoluzioni dell'Assemblea generale ONU chiedono che i bambini vengano rimpatriati immediatamente, ma la maggior parte di loro farà ritorno nell'Impero Bizantino solamente nel 1990, alla caduta del comunismo, cioè più di 40 anni dopo; di alcune migliaia di loro si perderanno definitivamente le tracce e non faranno mai più ritorno in patria.

Sul fronte opposto, circa 25.000 bambini, per lo più figli di guerriglieri del DBS, vengono trasferiti in 30 villaggi chiamati "Città dei bambini" nella parte asiatica del paese, gestiti dalla Chiesa Ortodossa sotto la diretta supervisione della vedova di Manuele V, Elisabetta di Hohenzollern - Sigmaringen; la maggioranza di loro sarà successivamente data in adozione a famiglie americane, e solo negli anni duemila alcuni di loro sono riusciti a recuperare notizie sulla propria famiglia d'origine. Entrambi gli schieramenti perciò si scambiano accuse di sequestro di persona e di indottrinamento politico.

La svolta nella lunga guerra avviene nell'estate del 1948, quando gran parte dell'esercito comunista viene bloccato nel Peloponneso, dove la Terza Divisione, che non riesce a ricevere munizioni dal quartier generale né a catturare i depositi dell'esercito imperiale, viene completamente annientata: la maggioranza dei suoi 20 000 effettivi resta uccisa in combattimento. In seguito a questa pesante sconfitta, il DBS è costretto a ritirarsi sulle montagne del Pindo e in alcune isole, perdendo in tal modo il controllo di una porzione di territorio vasta e di notevole importanza politica ed economica. Nei mesi successivi, nonostante l'invio di nuovi rifornimenti e di pezzi d'artiglieria da parte dei regimi comunisti circonvicini, i tentativi di contrattacco non hanno successo.

La motivazione principale della sconfitta comunista, però, è più politica che militare. Infatti la rottura fra Stalin e Tito porta nel gennaio 1949 alla destituzione dell'eroico comandante Marco Vafiadis, alleato di Tito e perciò impacchettato e spedito in URSS dove viene posto agli arresti domiciliari; al suo posto è messo Nicola Zachariadis, stalinista di ferro. Il DBS è così indebolito da una lotta interna per l'epurazione degli elementi titoisti, il che non contribuisce certo a sollevarne il morale. Inutile dire che la Jugoslavia di Tito cessa immediatamente di far affluire i suoi cospicui aiuti al Partito Comunista Ellenico, che nella diatriba interna al mondo comunista si è schierato con Mosca, mentre il governo sovietico è assai più avaro in fatto di aiuti logistici. Lo stesso Stalin del resto si è reso conto di non poter ottenere l'annessione di Atene alla sua sfera d'influenza senza sconvolgere in modo irrimediabile i delicati equilibri dell'era della Guerra Fredda: ora sia Washington che Mosca dispongono dell'arma atomica, e un conflitto nucleare tra le due superpotenze porterebbe inevitabilmente all'estinzione della razza umana. Inoltre, dopo il fallimento della proposta britannica di creare uno stato tedesco unito ma neutrale e smilitarizzato, Stalin si appresta a fondare nella sua zona d'occupazione la Repubblica Democratica Tedesca, per far da contraltare alla Repubblica Federale Tedesca eretta dagli Alleati Occidentali e affidata al cattolico Konrad Adenauer, e il dittatore sovietico ha bisogno del riconoscimento internazionale per riuscirci. E così, il DBS è abbandonato al suo destino dal suo principale alleato. Privo di armi e di mezzi e della possibilità di usufruire dei rifornimenti attraverso i confini jugoslavi, il destino del Partito Comunista è ormai segnato.

In seguito alla nuova controffensiva del Mega Dux Alessandro Papagos, l'esercito comunista subisce gravi perdite e non è più in grado di affrontare l'armata imperiale in battaglie campali, e così tutte le sue unità sono costrette a ritirarsi  in Albania, mentre chi può fugge nei paesi dell'Europa orientale; il comando generale del DBS viene trasferito a Tashkent, in Uzbekistan (una delle repubbliche sovietiche dell'Asia centrale), dove rimarrà fino al 1952, quando sarà sciolto definitivamente. Il 16 ottobre 1949 Zachariadis annuncia il cessate il fuoco e lascia il paese, mettendo così definitivamente fine alla Guerra Civile. Nei tre anni di guerra si sono contati circa 120.000 morti e un gran numero di profughi; molte migliaia di ex combattenti sono avviate al confino nelle isole. La guerra inoltre, oltre a rallentare la ripresa dell'economia già disastrata, lascia una profonda divisione ideologica nella popolazione, che esacerberà gli animi fino al presente. Il Protospatario Costantino Tsaldaris emana un editto con il quale pone fuorilegge il Partito Comunista; gli ultimi esponenti di quest'area politica rimasti in patria danno vita alla Coalizione della Sinistra Radicale (SYRIA, "Synaspismós Rizospastikís Aristerás"), che raccoglierà non più del 5 % dei voti totali. Solo nel 1989 un emendamento alla Costituzione permetterà la ricostituzione del Partito Comunista, quando il Socialismo Reale sarà sulla via del tramonto in tutti i paesi, ed allora i veterani del DBS superstiti potranno finalmente rientrare in patria.

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Il "Boom economico" degli anni cinquanta

Il 4 aprile 1949 il governo Tsaldaris ha preso un'importante decisione: l'Impero Bizantino è stato uno dei 13 paesi firmatari del Trattato Atlantico (in ordine alfabetico essi sono Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Impero Bizantino, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti d'America), che ha dato vita alla NATO (in greco OBS, Organismòs Boreioatlantikou Sumfònou). In tal modo l'Impero ha compiuto una precisa scelta di campo nel contesto della Guerra Fredda; anche qui dilaga la psicosi da guerra atomica, e molti cominciano a scavarsi rifugi antiatomici sotto casa propria. Inoltre il cosiddetto Maccartismo raggiunge anche Costantinopoli: tra la fine della Guerra Civile e l'inizio degli anni Sessanta vengono condotte diverse inchieste politico-giudiziarie volte a colpire qualunque possibile "influenza comunista" non solo negli apparati dello stato, ma persino nei comportamenti dei singoli individui. Tali inchieste, condotte spesso in palese contrasto con i principi costituzionali e giuridici dell'Impero, colpiscono molti cittadini, in molti casi soltanto sulla base di un semplice sospetto. Per esempio il grande attore inglese Charles Chaplin, creatore del celeberrimo personaggio di Charlot, è dichiarato "persona sgradita sul sacro suolo imperiale" dopo essere stato colpito da analogo provvedimento negli Stati Uniti d'America, solo perchè alcuni suoi celebratissimi lungometraggi, tra i quali "Tempi Moderni" e "La Febbre dell'Oro", affrontano sacrosante problematiche sociali. La fobia del "Rosso" in questi anni raggiungerà livelli tali che Costantinopoli non si opporrà all'ingresso nella NATO del suo eterno nemico, la Turchia, che aderirà all'organizzazione il 18 febbraio 1952 insieme alla Repubblica d'Armenia, portando i paesi membri a 15. Il 9 maggio 1955 aderirà anche la Repubblica Federale Tedesca; l'URSS di Kruscev (succeduto a Stalin nel 1953) considererà quest'ultima adesione una minaccia alla propria sicurezza interna e reagirà fondando il Patto di Varsavia, composto da Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Repubblica Democratica Tedesca, Romania, Ungheria ed Unione Sovietica. La frattura dell'Europa in due blocchi ideologicamente e militarmente contrapposti tocca il suo culmine.

Secondo la logica dei blocchi contrapposti, l'Impero Bizantino partecipa alla Guerra di Corea a fianco degli Americani, inviando un totale di 3.263 effettivi; 394 saranno i morti totali alla fine della guerra. A questo punto, dopo il Secondo Conflitto Mondiale e la Guerra Civile, la popolazione è arcistufa della guerra: nelle elezioni legislative del 1951 il Partito Popolare resta il primo partito ma diminuisce notevolmente i propri consensi, e così Costantino Tsaldaris è costretto a lasciare il posto al suo rivale all'interno del partito, Costantino Karamanlis, già Ministro dei Lavori Pubblici nel governo precedente, il quale diventa nuovo Protospatario. Egli rivincerà anche le elezioni del 1956, governando l'Impero in coalizione con i Liberali e con alcune formazioni di destra per tutta la durata degli anni cinquanta, e dai compagni di partito sarà chiamato "l'Etnarca".

La cosiddetta "Era Karamanlis" è caratterizzata da un fenomeno socio-economico noto come "Boom degli anni Cinquanta". Grazie ai consistenti aiuti da parte del Piano Marshall e alla nuova amicizia con gli Stati Uniti d'America, i cittadini dell'Impero mettono mano alla ricostruzione, aiutati dal fatto che il paese gode storicamente di una posizione strategica fra l'Europa Occidentale, la Penisola Balcanica, l'Europa Centrale e il Vicino Oriente, e dal fatto che l'escalation della Guerra di Corea con il suo fabbisogno di metallo ed altre materie lavorate rappresenta uno stimolo alla crescita dell'industria pesante bizantina. Altre condizioni favorevoli alla ripresa sono l'incremento vertiginoso del commercio internazionale e il conseguente scambio di manufatti che lo accompagna, la fine del tradizionale protezionismo economico voluta da Karamanlis, la realizzazione di una moderna industria siderurgica, la disponibilità di nuove fonti di energia e soprattutto il basso costo della mano d'opera. Tutto ciò porta ad una crescita economica spettacolare, destinata a durare sino alla crisi petrolifera del 1973, e a trasformare l'antico Impero Romano d'Oriente in una delle nazioni più sviluppate dell'intero pianeta. Nei quattro anni tra il 1957 ed il 1960 i tassi di incremento del reddito raggiungono valori da primato, rispettivamente il 6,4, il 5,8, il 6,8 e il 6,1 %. Il settore industriale, nel solo triennio 1957-1960, registra un incremento medio della produzione del 31,4 %, con punte del 66,8 % nel settore delle fibre tessili artificiali e addirittura dell' 83 % in quello della meccanica di precisione. L'incredibile decollo dell'industria e del terziario avviene naturalmente a scapito del settore agricolo. La scarsa fertilità della poca terra disponibile e la polverizzazione della proprietà fondiaria, causata dalla riforma agraria del dopoguerra che espropria i latifondisti e suddivide la proprietà terriera in lotti troppo piccoli, accelera l'imponente movimento migratorio interno già iniziato nella seconda metà dell'Ottocento: nel quadriennio 1956-1960, il flusso migratorio dalle regioni asiatiche dell'impero verso Costantinopoli e verso i grandi centri industriali della Grecia raggiunse il totale di 600.000 persone.

Un altro dei mutamenti più rilevanti degli anni del Boom economico consiste nella profonda trasformazione della struttura della tradizionale società bizantina, a partire dallo stile di vita e dei costumi, dovuta al deciso aumento del tenore di vita delle famiglie. Uno degli indicatori dell'avvento della società del benessere è la motorizzazione di massa: le Hermes 90, utilitarie dal prezzo relativamente contenuto, ma anche le Fiat 500 italiane e le Volkswagen tedesche cominciano a diffondersi sulle strade dell'Impero. Nasce l'abitudine della "gita foris portas" domenicale, ma anche i grandi spostamenti di massa in occasione delle feste ortodosse o delle ferie estive, quando gli emigranti tornano al paese d'origine per trascorrervi alcuni giorni con i parenti. Ciò dà notevole impulso alla costruzione di strade e autostrade. La prima grande autostrada ad essere terminata è la Via Egnatia (detta anche A1), che congiunge il porto di Igoumenitsa sul Mar Ionio alla capitale Costantinopoli, passando per Giannina, Kozani, Tessalonica, Kavalla e Alessandropoli, inaugurata nel 1958; del 1960 sono la A2, che congiunge Efeso a Scutari via Smirne, Prusa e Nicea, e la A3, che congiunge Tessalonica ad Atene via Larissa, Lamia e Livadia.

Naturalmente nessuno strumento ha un ruolo così rilevante nel mutamento della società bizantina quanto la televisione, che comincia ad entrare prima nei bar e poi in tutte le case nel 1955. Non solo essa fa sì che le famiglie restino in casa la sera anziché riunirsi in luoghi pubblici, ma impone nuovi stili di vita e nuovi modelli di comportamento. In particolare i lungometraggi statunitensi propongono stili di vita ben diversi da quelli tradizionali, basati sulla morigeratezza dei costumi, sull'indissolubilità del matrimonio, su una certa sottomissione della donna all'uomo e sul ruolo preminente della Chiesa Ortodossa. L'alzarsi dei salari porta nelle case bizantine anche i primi elettrodomestici, come le lavatrici e i frigoriferi, la cui produzione è delegata soprattutto ad imprese bizantine di piccole e medie dimensioni.

Il rapido sviluppo dell'industria in tutte le nazioni uscite devastate dalla Guerra Mondiale spinge a coordinare le loro politiche economiche. Per questo il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman lancia la proposta di istituire la Comunità Economica del Carbone e dell'Acciaio o CECA (in greco EKAK, "Europaiki Koinoteta Antraka kai Kaluva"). Ad essa aderiscono Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia ed Impero Bizantino. In particolare Karamanlis ritiene (a ragione) che la CECA rinvigorirà l'economia nazionale, che si trova in una situazione disastrosa, e reinserirà l'Impero nelle politiche economiche internazionali. Il trattato, firmato il 18 aprile 1951 ed entrato in vigore il 23 luglio 1952, instaura un mercato comune del carbone e dell'acciaio, sopprimendo i diritti di dogana e le restrizioni quantitative che frenano la libera circolazione di queste merci, mentre il principio di libera concorrenza permette il mantenimento dei più bassi prezzi possibili, pur garantendo agli stati il controllo sugli approvvigionamenti. Si tratta del primo organismo europeo sovranazionale, e come tale nell'Impero è avversato dall'estrema Destra, che lo ritiene un'abdicazione della sovranità nazionale. Il Senato Imperiale comunque ratifica l'adesione alla CECA il 10 agosto 1951.

Il 29 settembre 1954 i sette paesi firmatari della CECA più Svizzera, Regno Unito, Danimarca, Svezia e Norvegia fondano il CERN o Centro Europeo delle Ricerche Nucleari (in greco EOPE, "Europaikos Organismos Purinikon Ereunon"), destinato a diventare il più grande laboratorio al mondo di Fisica delle Particelle. La sua sede è posta alla periferia ovest della città di Ginevra, al confine tra Svizzera e Francia. Scopo principale del CERN sarà quello di fornire ai ricercatori gli strumenti necessari per la ricerca in fisica delle alte energie, come i giganteschi acceleratori di particelle, che costano cifre astronomiche, e nessun paese singolarmente potrebbe permettersi. Grazie al CERN verranno condotti studi fondamentali nel campo della Fisica delle Alte Energie, che porteranno tra l'altro alla scoperta della corrente neutra nel 1973 nella camera a bolle detta "Gargamelle", alla scoperta dei Bosoni W e Z che mediano la forza elettrodebole (nel 1983 Carlo Rubbia e Simon van der Meer riceveranno il Premio Nobel per la Fisica per questa scoperta) e all'invenzione della camera proporzionale a multifili, per la quale Georges Charpak vincerà il premio Nobel per la Fisica nel 1992.

Il successo della CECA e del CERN è tale da spingere i sette membri fondatori ("Europa dei Sette") ad un'integrazione più stretta delle rispettive economie. Si arriva così il 25 marzo 1957 alla firma del Trattato di Roma, il quale istituisce l'EURATOM (in greco EKAE, "Europaiki Koinoteta Atomikes Energheias"), il cui scopo è quello di coordinare i programmi di ricerca degli stati membri relativi all'energia nucleare ed assicurare un suo uso pacifico, e soprattutto la Comunità Economica Europea o CEE (in greco EOK, "Europaiki Oikonomiki Koinoteta"), che ha nei suoi obiettivi l'unione economica dei suoi membri, il libero movimento dei beni, dei servizi, dei lavoratori e dei capitali, l'abolizione dei cartelli e lo sviluppo di politiche congiunte e reciproche nel campo del lavoro dello stato sociale, dell'agricoltura, dei trasporti, del commercio estero. La speranza dei sette membri fondatori è quella di giungere in futuro a una vera unione politica. La sede della Comunità Europea è posta a Bruxelles.

Gli anni cinquanta sono anni di grande prosperità anche per la Nuova Attica (la nostra Nuova Zelanda), ormai completamente autonoma, che ha aderito alla SEATO, l'equivalente della NATO nel Sudest asiatico. Proprio in questi anni, tuttavia, cominciano a manifestarsi alcune pressanti questioni sociali: i Maori infatti si trasferiscono nelle città in cerca di lavoro, e così riprendono coscienza di sé come popolo e iniziano a protestare per il mancato rispetto del Trattato di Waitangi. Per questo nel 1965 verrà istituito un tribunale per indagare sulle possibili violazioni del Trattato. Nel frattempo i tradizionali legami economici con l'Impero Bizantino cominciano ad allentarsi, a favore di un progressivo avvicinamento agli Stati Uniti d'America. Oggi la Nuova Attica si colloca al primo posto nel mondo su vari argomenti come l'istruzione, la libertà economica e la mancanza di corruzione, e le sue città sono classificate tra le più vivibili al mondo.

Ma non sono tutte rose e fiori. Il 26 luglio 1952 un colpo di stato militare in Egitto depone Re Faruq I, colpevole di essere di origini turche ed alleato della Gran Bretagna, ed instaura una repubblica, che in realtà è un regime militare ostile agli Occidentali, il cui obiettivo è il panarabismo. Il 7 settembre 1955 un violento pogrom scuote la città di Alessandria d'Egitto, dove si trova una consistente comunità bizantina: nei disordini 16 cittadini imperiali sono uccisi dalla folla per il sostegno dato da Costantinopoli allo stato d'Israele. Come ritorsione, nell'ottobre 1956 l'Impero Bizantino decide di partecipare accanto a Francia, Gran Bretagna ed Israele all'invasione del Sinai per opporsi alla nazionalizzazione del Canale di Suez voluta dall'uomo forte egiziano Gamal Abd al-Nasser. Il 29 ottobre Israele invade improvvisamente la Striscia di Gaza e la penisola del Sinai, e a questo punto Regno Unito, Francia e Impero Bizantino si offrono di occupare l'area onde separare le parti in lotta. Naturalmente Nasser rifiuta l'offerta, essendo alleato dell'Unione Sovietica, e questo fatto fornisce alle potenze europee un pretesto per un'invasione congiunta allo scopo di rovesciare il regime nasseriano. Per appoggiare l'invasione, numerose forze aeree sono state concentrate a Cipro, in territorio imperiale, mentre le portaerei britanniche "Ocean" e "Theseus" fanno da basi per il primo assalto elitrasportato della storia. Gli Alleati prendono Port Said, ma incontrano una fortissima resistenza, e in più l'Unione Sovietica minaccia di intervenire in difesa dell'Egitto, scatenando un conflitto nucleare. Di conseguenza il presidente americano Eisenhower costringe israeliani, britannici, francesi e bizantini a dichiarare il cessate il fuoco e a ritirarsi. Per Costantinopoli (così come per Londra e Parigi) si tratta di un grave danno d'immagine, e perciò il Ministro Bizantino della Difesa Giorgio Rallis è costretto a dare le dimissioni. Di solito questo evento viene considerato rappresentativo della fine del colonialismo europeo.

Questo periodo è segnato anche da nuove tragedie che colpiscono l'Impero. Il 10 gennaio 1950 il vulcano dell'isola di Thera entra in eruzione per la quarta volta in questo secolo, costringendo all'evacuazione dell'isola e alla fuga delle popolazioni costiere verso l'interno, per paura di uno tsunami. Nell'agosto del 1953 una serie di terremoti devasta le isole di Cefalonia e Zante, causando 476 morti; il primo paese ad inviare aiuti è lo stato di Israele, di recente fondazione. E non basta: il 9 luglio 1956 l'ennesimo terremoto colpisce Thera e le isole vicine, provocando uno tsunami che investe tutto l'Egeo e causa numerose vittime e notevoli danni.

Per fortuna non ci sono solo questi eventi luttuosi. Ha grande successo la cantante bizantina Melina Mercouri (vero nome Maria Amalia Merkouris, 1920-1994), che debutta nel 1949 interpretando un brano di Manos Hadjidakis e Nicola Gatsos, contenuto nella produzione bizantina di "Un tram chiamato Desiderio" di Tennessee Williams (di lei sentiremo riparlare più avanti). Durante gli anni Cinquanta è attivo Nicola Kazantzakis (1883-1957), uno dei maggiori scrittori bizantini contemporanei. La maggior parte delle sue opere sono però composte lontano dalla patria, perchè durante la Guerra Civile egli ha parteggiato per i Comunisti e, dopo la loro sconfitta, ha dovuto andare in esilio ad Antibes, in Francia. Tra le sue opere più famose vi sono i romanzi "Zorba il Bizantino" (1946), "Cristo di nuovo in croce" (1948), "Capitan Michele" (1950), "L'ultima tentazione di Cristo" (1951) e "Il poverello di Dio" (1956). Le sue opere vengono poste all'indice sia dalla Chiesa Ortodossa che da quella Cattolica, essendo considerate blasfeme. Esse però conoscono fortunate trasposizioni cinematografiche: "Colui che deve morire", tratto da "Cristo di nuovo in croce" e diretto nel 1957 da Jules Dassins, "Zorba il Bizantino", diretto nel 1964 da Michele Cacoyannis e "L'ultima tentazione di Cristo", diretto nel 1988 da Martin Scorsese. Il più celebre di questi film è proprio "Zorba il Bizantino", nel quale l'attore messicano Anthony Quinn dà vita ad una delle sue migliori e più famose interpretazioni, quella di un cretese ottimista che sa sempre trovare l'aspetto positivo in tutte le cose, sconfitte incluse. Il film è diretto dal regista cipriota Michele Cacoyannis (1922-vivente), colui che ha lanciato Irene Papas; esso contribuisce a lanciare in tutto il mondo il "Sirtaki" (detto anche "ballo di Zorba"), ormai diventato un ballo tradizionale bizantino, sulla musica di Mikis Theodorakis (1925-vivente), il massimo compositore bizantino moderno.

Tra i personaggi del mondo dello spettacolo che sfondano negli anni Cinquanta nell'Impero Bizantino c'è Irene Lelekou (1926-vivente), meglio nota come Irene Papas in seguito al suo matrimonio con il regista Alkis Papas, rivelata dal film "La città morta" al Festival di Cannes del 1952. Tra i film da lei girati in patria ci sono "Elettra" (1962), "Le Troiane" (1970), "Ifigenia" (1977), "Il leone del deserto" (1982). Lavora pure in Italia, partecipando a celebri sceneggiati per la televisione come "L'Odissea" (1968) e "Mosè" (1974). Questi sono anche gli anni d'oro di Maria Kalogheropulo, meglio nota con il nome d'arte di Maria Callas (1923-1977), una tra le maggiori soprano di tutti i tempi, dotata di una voce particolare di incredibile estensione, tanto da cantare anche come mezzosoprano; i ruoli indissolubilmente legati al suo nome sono la "Norma" di Vincenzo Bellini (celeberrima la sua "Casta Diva") e la "Medea" di Luigi Cherubini. Molto chiacchierata la sua relazione con l'armatore Aristotele Onassis, assai maggiore di lei, mentre la sua morte prematura a soli 54 anni ha scatenato varie dietrologie, tutte assolutamente infondate. Impossibile non citare pure il regista Costantino Costa-Gavras (1933-vivente), che in questa Timeline lavora in patria e realizza capolavori come "Z - L'orgia del potere" (1969), in cui affronta il tema del governo autoritario di Giovanni Metaxas.

Una grande impresa viene messa a segno da Alessio Ilarione (20 luglio 1919 – 11 gennaio 2008), esploratore nativo della Nuova Attica, che il 29 maggio 1953, insieme allo sherpa Tenzing Norgay, è il primo uomo della storia a conquistare la vetta dell'Everest, il tetto del mondo. Per questo straordinario successo, il Basileus Giovanni XIII gli conferisce il titolo onorifico di Protovestiario e lo insignisce del Cavalierato dell'Ordine di Santa Sofia, una delle massime onorificenze dell'Impero Bizantino.

E lo sport? Tanto per cominciare, l'Impero Bizantino ha ottenuto un ottimo terzo posto al Campionato Europeo di Basket disputatosi dal dal 15 al 22 maggio 1949 in Egitto. Inoltre il 18 gennaio 1953 si corre la prima edizione del Gran Premio dell'Impero Bizantino di Formula Uno sul Circuito di Costantinopoli. La corsa vede la vittoria di Alberto Ascari su Ferrari 500 F2 (poi Campione del Mondo), seguito dal compagno di squadra Luigi Villoresi e da Josè Froilàn Gonzàles su Maserati. La gara è purtroppo funestata dall'incidente occorso a Nino Farina su Ferrari che, uscito di pista al trentunesimo giro, provoca la morte di 13 spettatori. Il Gran Premio si corre tuttora, dopo un'interruzione fra il 1969 e il 1976. Il record di vittorie spetta all'asso tedesco Michael Schumacher con sei vittorie, seguito da Alain Prost con quattro; per 11 volte ha trionfato la scuderia Ferrari, per 8 la McLaren. Anche il record delle pole position (7) spetta a Michael Schumacher, seguito da Ayrton Senna con 4; il fuoriclasse tedesco detiene pure il record di podi (12) e di giri veloci (7). L'ultima edizione di questa gara si è corsa il 15 maggio 2011 ed ha visto la vittoria dell'australiano Mark Webber su Red Bull in 1 ora, 35' e 44",101, seguito dallo spagnolo Fernando Alonso su Ferrari (poi vincitore del Titolo Mondiale), staccato di 24",065. Il vincitore è stato premiato dal Principe Ereditario Giovanni in persona.

Per quanto riguarda la Nazionale Bizantina di Calcio, essa non ha partecipato al Campionato Mondiale del 1950 in Brasile, poi vinto dall'Uruguay, perchè la Federazione ha ritenuto troppo dispendiosa la trasferta in Sudamerica mentre era in corso la ricostruzione seguita alla Seconda Guerra Mondiale e alla Guerra Civile. Invece i Biancooro Bizantini partecipano al Campionato Mondiale del 1954 in Svizzera, dove sono inclusi nel Gruppo B con Germania Ovest, Corea del Sud e la fortissima Ungheria. Il 17 giugno al Wankdorfstadion di Berna l'Undici di Bisanzio subisce un pesante 4-1 dalla Germania Ovest: al 2' segna per primo Demetrio Kokkinakis, illudendo i bizantini, ma ben presto i tedeschi capovolgono il risultato con le marcature di Hans Schäfer al 14', di Bernhard Klodt al 52', di Ottman Walter al 60' e di Max Morlock all'84'. Il 20 giugno allo stadio Charmilles di Ginevra gli Imperiali si rifanno con un perentorio 7-0 all'esordiente Corea del Sud (segnano Ilias Papageorgiou al 10' e al 30', Thanasis Bembis al 24', Bambis Kouikouridis al 37', al 64' e al 70', e Demetrio Kokkinakis al 76'); ma il 23 giugno nello stesso stadio la Grande Ungheria seppellisce di reti il nostro Impero con un inequivocabile 10-1, che la dice lunga sui valori in campo. Per i campionissimi ungheresi segnano Ferenc Puskás al 12' e all'89', Mihály Lantos al 18', Sándor Kocsis al 24', al 36' e al 50', Zoltán Czibor al 59' e al 62' e Péter Palotás al 75' e all'83', mentre il gol della bandiera per i bizantini è segnato da Bambis Kouikouridis al 67'. E così i nostri eroi fanno rientro subito a Costantinopoli. Anche l'Italia torna a casa al primo turno, umiliata dai padroni di casa della Svizzera.

Passando invece al Campionato Mondiale del 1958, tenutosi in Svezia, l'Impero Bizantino si qualifica proprio a spese dell'Italia: Il 15 gennaio 1958 ad Atene gli Azzurri subiscono una sconfitta per 2-1 (segnano Kostas Nestoridis al 13', Ilias Yfantis al 28' e Dino da Costa al 53') che li estromette dalla fase finale proprio a vantaggio degli Imperiali. Questi ultimi sono inclusi nel Gruppo 1 insieme ad Argentina, Cecoslovacchia e Germania Ovest: decisamente un "girone di ferro". L'8 giugno all'Örjans Vall di Halmstad gli Imperiali in divisa bianca e oro sconfiggono la Cecoslovacchia con una rete al 21' di Vaggelis Panakis, ma l'11 giugno nello stesso stadio perdono 3-1 con la forte Argentina (alla rete iniziale di al 4' replicano Omar Oreste Corbatta al 37', Norberto Menéndez al 56’ e Ludovico Avio al 60'). Tuttavia nello scontro decisivo i bizantini pareggiano 2-2 con la Germania Ovest, campione del mondo in carica (Kostas Nestoridis segna al 18' e al 60', cui rispondono le reti di Helmut Rahn al 20' e di Uwe Seeler al 78'), e così l'Argentina, che ha perso sia con la Cecoslovacchia che con la Germania, è estromessa al primo turno e sono proprio i Bizantini a passare ai quarti. Qui però essi sono fermati dalla Francia che li sconfigge per 4-0 (segnano Maryan Wisnieski al 22', il capocannoniere Just Fontaine al 55' e al 63', e Roger Piantoni al 68') e alla fine arriverà terza, dietro a Brasile e Svezia.

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Splendori e miserie degli anni Sessanta

Gli anni Sessanta si aprono all'insegna della decolonizzazione. Uno dei primi stati africani a diventare indipendente, grazie all'opera di Costantino Karamanlis, è proprio la Costa d'Oro Bizantina. Già nel 1925 la popolazione nera è stata ammessa alla vita politica, ma ha cominciato ad avere una rappresentanza maggioritaria solo a partire dal 1948. Allora Costantino Nwia-Kofi Ngonloma ( 1909-1972), meglio noto come Kwame N'Krumah e detto anche Osagyefo, "il Redentore", viene incaricato dal Ministero delle Colonie di dar vita a un progetto di Costituzione, che entra in vigore il 1 gennaio 1951. Seguono l'elezione di un Senato della Colonia e l'annessione del Togoland; dopo un referendum dall'esito plebiscitario, il 6 marzo 1957 la Costa d'Oro diventa pienamente indipendente ed assume il nome di Ghana. Stretti comunque restano i rapporti con Costantinopoli, e il greco rimane lingua ufficiale di quest'angolo d'Africa Nera, accanto ad almeno 47 idiomi locali.

Ma il vero "Anno dell'Africa" è considerato il 1960: ben 17 paesi diventano indipendenti  e ottengono un seggio alle Nazioni Unite. Tra questi c'è il Congo Bizantino, che grazie all'opera dei vari governi succedutisi a Costantinopoli non si trova nella situazione pietosa in cui versava nella nostra Timeline sotto il Belgio. Il 30 giugno 1960 il paese viene proclamato indipendente dal Basileus Giovanni XIII, recatosi di persona a Georgopoli. A differenza di quanto avvenuto nella nostra Timeline, il Congo diventa una Repubblica Federale, quindi più attento alle numerose particolarità delle sue singole regioni, guidata da Manuele Lumumba. Nonostante questo, forti spinte autonomistiche emergono nella ricchissima regione meridionale del Katanga, che sotto la guida di Mosè Ciombè tenta la secessione armata. Di conseguenza l'Impero Bizantino manda le truppe a proteggere i propri connazionali ancora nella regione (ed anche i propri interessi economici, ovviamente), mentre Lumumba commette l'errore di invocare l'aiuto dell'Unione Sovietica per far rientrare la secessione. Né Costantinopoli né Washington possono permettere che Mosca allarghi la propria sfera d'influenza in Africa, e così favoriscono un pronunciamento militare da parte del generale Giustino Mobutu, Strategos dell'esercito congolese, il quale arresta e fa giustiziare Lumumba, riprende il controllo del Katanga con la forza delle armi ed instaura una dittatura alleata dell'Occidente che durerà sino al 1995. Mobutu decide di "africanizzare" il paese, tagliando i ponti col periodo coloniale, e così dà al paese il nuovo nome di Zaire (dal nome di un antico regno africano; solo nel 1995 tornerà al nome di Repubblica Federale del Congo). La capitale Georgopoli è ribattezzata Kinshasa, e la città di Santa Sofia diventa Lumumbashi. Egli stesso cambia nome in Mobutu Sese Seko Ngbendu Wa Zabanga (letteralmente "Mobutu il guerriero che passa di vittoria in vittoria senza che nessuno possa fermarlo": crepi la modestia!) Il greco è sostituito dallo swahili come lingua ufficiale (ma in tutto il paese si contano almeno 200 lingue diverse). I due mandati fiduciari bizantini in Africa, il Ruanda e il Burundi, diventano indipendenti il 1 luglio 1962, ma la loro sarà una storia di continue tensioni e guerre interetniche, che sfoceranno nei massacri del 1994.

Quanto alla Somalia Bizantina, solo il 25 giugno 1977 diventerà indipendente da Costantinopoli, che accetta di lasciarla solo con grande riluttanza, controllando una posizione chiave per l'accesso al Mar Rosso. Il Nuovo Epiro in Sudamerica diverrà invece indipendente il 25 novembre 1975 con il nome di Sòurinam, dal nome di una popolazione locale, e conserverà il greco come lingua ufficiale. La concessione cinese di Tientsin è stata incorporata nel 1949 dalla Repubblica Popolare Cinese di Mao, mentre la città bizantina di Madras sulla costa sudorientale dell'India è ceduta all'Unione Indiana il 2 ottobre 1959, in cambio di uno status speciale per la città, in considerazione della sua particolare storia coloniale. La Nuova Attica è a tutt'oggi legata all'Impero perchè il suo sovrano è il Basileus dei Romani, rappresentato da un Protosevasto (cioè da un Governatore Generale), ma a parte questo lo stato è completamente indipendente. Restano tuttora sotto controllo bizantino solo alcune isole delle Antille, l'Isola del Passione nel Pacifico e l'Isola di Bouvet nel Mare Antartico, amministrate dal Ministero della Marina (le rivendicazioni sull'Antartide sono invece congelate dal 1959).

Il Protospatario Bizantino Giorgio Papandreu

Il Protospatario Bizantino Giorgio Papandreu

Il 19 febbraio 1961 le elezioni legislative danno la maggioranza dei seggi del Senato Imperiale al BYSOK, e così il suo anziano leader Giorgio Papandreu, già capo del governo nell'immediato dopoguerra, diventa il nuovo Protospatario, ma sfugge per poco a un attentato dinamitardo ordito dall'estrema Destra per eliminarlo. Papandreu mette in atto un programma di ardite riforme economiche e sociali, che prevedono la lotta contro la corruzione, l'innalzamento dei salari ai dipendenti pubblici, la creazione di posti di lavoro per i giovani, l'introduzione di sussidi sanitari gratuiti, del divorzio, del diritto delle donne all'aborto, e infine l'abolizione della legge costituzionale per cui chi nasce nell'Impero è automaticamente inserito nelle liste battesimali della Chiesa Ortodossa, anche se di altra confessione religiosa. Naturalmente tutto ciò rende estremamente inviso l'esecutivo Papandreu alla Chiesa Ortodossa, per iniziativa della quale si succedono manifestazioni e sit-in. Due monaci ortodossi vengono arrestati a Smirne perchè accusati di incitare le folle dei fedeli a rovesciare con le armi il "governo ateo". Nel maggio 1963 comunque Giorgio Papandreu riceve a Costantinopoli la visita del Presidente USA John Fitzgerald Kennedy, che lo ringrazia per l'appoggio datogli durante la pericolosa Crisi dei Missili di Cuba dell'anno precedente. Dal gennaio al giugno 1961 inoltre l'Impero Bizantino esercita per la prima volta la Presidenza di Turno della Comunità Europea.

Mentre l'Impero si trova in questa preoccupante situazione interna, un fatto luttuoso sembra confermare le fosche previsioni degli osservatori circa il destino dell'ultimo Impero d'Europa: il 6 marzo 1964 si spegne a soli 62 anni il Basileus Giovanni XIII, a causa di un cancro allo stomaco. Come lascito testamentario egli cede al demanio imperiale la sua lussuosa residenza privata di Polidendri; in tal modo si pensa che egli abbia voluto rispondere a coloro che lo accusavano di eccessivo dispendio di denaro per il mantenimento della sua fastosa corte e per i continui viaggi all'estero (egli è stato il primo Basileus a recarsi in visita di stato in Turchia). Gli succede il figlio secondogenito Costantino XVII, di soli 23 anni, atletico e baldanzoso, assai versato negli sport: nel 1960 ha partecipato alle Olimpiadi di Roma, vincendo la medaglia d'oro nella vela. Il 18 settembre 1964 egli sposa Anna Maria Dagmar Ingrid di Danimarca (30 agosto 1946 – vivente), figlia di Re Federico IX di Danimarca e di Ingrid di Svezia: la nuova Basilissa ha appena 18 anni. La coppia imperiale avrà cinque figli:

1) Alessia (nata il 10 luglio 1965), che il 9 luglio 1999 sposerà l'architetto spagnolo Carlos Morales y Quintana, ed avrà tre figli: Enrichetta (nata il 24 febbraio 2002), Annamaria (nata il 15 maggio 2003) e Carlo (nato il 30 luglio 2005);
2) il Principe Ereditario Giovanni (nato il 20 maggio 1967), che il 4 novembre 1997 sposerà sua cugina Cristina di Borbone (nata il 13 giugno 1965), figlia terzogenita del Re di Spagna Juan Carlos;
3) Nicola (nato il 1 ottobre 1969), che il 19 giugno 2010 sposerà Vittoria di Svezia (nata il 14 luglio 1977), primogenita di Re Carlo Gustavo XVI di Svezia e destinata a salire al trono;
4) Teodora (nata il 9 giugno 1983), che creerà scandalo alla corte di Costantinopoli intraprendendo la carriera di attrice cinematografica;
5) Filippo (nato il 26 aprile 1986), che intraprenderà la carriera militare e combatterà in Afghanistan.

Prosegue nel frattempo il Boom economico. Il 27 dicembre 1962 entra in funzione a Trikala, in Tessaglia, la prima centrale nucleare dell'Impero Bizantino destinata a produrre potenza elettrica di rete. All'epoca dell'entrata in servizio si tratta del maggior reattore d'Europa con una potenza di 210 MW elettrici. Il reattore è di tipo Magnox a gas e grafite, viene alimentato con uranio naturale metallico, è raffreddato grazie alle acque del fiume Peneo e resterà in funzione per 25 anni, fino al momento della dismissione, il 26 novembre 1986, producendo in tutto circa 26 miliardi di kWh con un fattore di disponibilità medio del 76% e massimo del 96% (nel 1983).

Sul piano scientifico, l'Impero decide di avviare una propria politica spaziale, indipendente da quella degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica, sull'onda dell'entusiasmo per le imprese delle superpotenze. Già nel 1959 viene istituita, nell'ambito del Ministero Imperiale delle Scienze, una Commissione per le Ricerche Spaziali, e nel 1963 viene fondato l'Istituto Bizantino di Ricerche Spaziali. Il programma spaziale bizantino, partito in sordina e considerato da molti anche a Costantinopoli nient'altro che una perdita di tempo e danaro, conosce un primo grande successo il 3 marzo 1964 con il lancio del satellite artificiale Sant'Andrea 1, partito dalla base statunitense di Wallops Island in Virginia: l'Impero Bizantino diventa così il terzo paese del mondo, dopo URSS ed USA, a mettere in orbita un suo satellite artificiale. Poco dopo questo lancio, Bisanzio decide di dotarsi di una propria base di lancio a Santa Croce, sull'isola caraibica di Aruba: nasce così il Centro Spaziale Giovanni XIII, da cui partiranno negli anni successivi molti altri satelliti di fabbricazione bizantina.

In virtù di questi successi, l'Impero Romano comincia a giocare un ruolo chiave anche nella politica spaziale europea, che proprio in questi anni va prendendo forma, aderendo all'ELDO (European Launcher Development Organization, per la costruzione dei lanciatori europei) ed ESRO (European Space Research Organization, per la realizzazione di satelliti scientifici). Nel 1970 l'Istituto Bizantino di Ricerche Spaziali diventerà l'Agenzia Spaziale Bizantina (ASB), che nel 1975 sarà tra i Paesi fondatori dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), di cui l'Impero è tuttora il terzo paese contribuente dopo Francia e Germania.

Un altro grande risultato scientifico viene colto nel 1969, quando il fisico bizantino Giorgio Gkiolvas (1920-2003), docente presso il California Institute of Technology, riceve il Premio Nobel per la Fisica per aver messo a punto il Modello a Quark, che sistematizza tutte le particelle subnucleari conosciute (il termine "Quark" deriva da un verso del romanzo "Finnegans' Wake" di James Joyce, concepito proprio a Costantinopoli: « Three quarks for Muster Mark »).

In campo letterario, l'Impero Bizantino può vantare il Premio Nobel per la Letteratura vinto dal grande poeta Giorgio Seferis (1900-1971), che si ispira alla letteratura greca antica, a cominciare da Omero, evocato nella "Svolta", nella "Leggenda" (quasi una "Odissea in miniatura") e nella "Lettera sul Tordo", e da Erodoto, cui sono ispirate le "Memorie".

Ma anche in campo religioso il 1964 è un anno da incorniciare. Infatti il 6 gennaio, nella Basilica dela Natività di Gerusalemme, si incontrano per la prima volta il Patriarca di Costantinopoli Atenagora I (25 marzo 1886 – 7 luglio 1972) e Papa Paolo VI (26 settembre 1897 – 6 agosto 1978), che si abbracciano e decidono di rimuovere le reciproche scomuniche, lanciate dopo lo Scisma d'Oriente del 1054. Atenagora I ha già accettato di inviare osservatori al Concilio Vaticano II, ma ora decide di intensificare il dialogo con la Chiesa Cattolica firmando la Dichiarazione comune Cattolico-Ortodossa, documento che istituisce una Commissione Congiunta per il dialogo fra le due confessioni, eretta nel 1966 ed ancor oggi attiva. Si tratta di uno dei più straordinari passi verso l'ecumenismo messi in atto dal lungimirante Papa Paolo VI e dal coraggioso Patriarca di Costantinopoli, che così facendo deve combattere contro la fazione più reazionaria della sua stessa Chiesa.

Venendo a fatti più frivoli, dal 30 giugno al 4 luglio 1965 i famosi "Beatles" compiono una tournée nell'Impero Bizantino, esibendosi a Costantinopoli e ad Atene. Anche nell'Impero Romano d'Oriente si susseguono le scene di isteria collettiva che dovunque accompagnano le esibizioni degli "scarafaggi" di Liverpool, scandalizzando i bempensanti e la Chiesa.

Nel luglio 1965 un gruppo di dissidenti della coalizione di governo guidati da Costantino Mitsotakis è convinta dall'opposizione a votare contro il governo Papandreu, che in tal modo cade (questo evento passa alla storia come "Apostasia di Luglio"), ma le elezioni anticipate restituiscono la maggioranza a Papandreu, che può continuare la sua politica di riforme. Ma l'opposizione non si rassegna: il 21 aprile 1967 un gruppo di militari di estrema Destra guidati dal colonnello Giorgio Papadopulo tenta un colpo di stato militare per prendere il controllo dell'Impero; l'obiettivo è quello di abbattere il Basileus Costantino XVII e sostituirlo con lo stesso Papadopulo, che prenderebbe il nome di Giorgio III. Papandreu è arrestato e tradotto in carcere, ma Costantino XVII sfugge ai golpisti, lancia un messaggio radiofonico alla nazione e invoca l'aiuto degli altri paesi della NATO. Subito una portaerei britannica e due corvette italiane fanno rotta verso i porti dell'Impero, mentre la popolazione di Costantinopoli, di Atene, di Tessalonica, di Smirne e delle altre maggiori città dell'Impero scende in piazza e manifesta contro il putsch. Papadopulo ordina alle truppe di sparare contro la popolazione inerme, ma i comandanti si rifiutano di far eseguire l'ordine e i militari solidarizzano con la popolazione civile. Giorgio Papadopulo capisce che la partita è persa e cerca di fuggire, ma è arrestato all'aeroporto di Santo Stefano, mentre tenta di imbarcarsi per raggiungere lo Zaire. Con lui sono arrestati i suoi bracci destri, lo Strategos Stylianos Pattakos e il colonnello Nicola Makarezos, mentre il generale Giorgio Spantidakis si toglie la vita. La democrazia è ristabilita e Costantino XVII è acclamato come un eroe, mentre Papandreu è riconfermato Protospatario. Questi muore a 80 anni il 1 novembre 1968, alla guida del governo gli succede il suo Vice Agamennone Koutsogiorgas.

La seconda metà degli anni sessanta è turbata, oltre che dal fallito colpo di stato di "Giorgio III" Papadopulo, anche dal sostegno che l'Impero dà al Presidente Lyndon Johnson durante la famigerata Guerra del Vietnam. Costantinopoli non manda truppe in Estremo Oriente, ma affianca diplomaticamente gli USA ed invia medicinali ed altre forniture all'esercito americano. L'escalation della guerra trasforma ben presto il Vietnam del Sud in un inferno senza via d'uscita, e il nuovo Presidente americano Richard Nixon non sa che pesci pigliare per buttare via la patata bollente senza incassare un'umiliante sconfitta. Naturalmente anche nell'Impero Romano comincia a formarsi un vasto movimento d'opinione contro quella che verrà ricordata come "la Sporca Guerra". Le proteste cominciano in sordina dentro le università, dove dilaga un attivismo politico studentesco di sinistra senza precedenti, rinfocolato dal divieto per legge di ricostituire il Partito Comunista, ma la crescente opposizione alla guerra è da attribuire in parte anche all'ampio accesso alle informazioni sul conflitto grazie all'estesa copertura televisiva. Il 15 ottobre 1966 l'organizzazione studentesca autodefinitasi "Comitato di coordinamento nazionale per la fine della guerra in Vietnam" inscena la prima manifestazione pubblica all'Accademia di Costantinopoli.

In un paese già profondamente spaccato in due dopo la Guerra Civile e il suo strascico di rancori e di odi politici, la popolazione bizantina si divide nettamente sul problema della guerra. I sostenitori della guerra, soprattutto nella Destra Nazionalistica, sostengono la "Teoria del domino": se il Vietnam del Sud cederà alla guerriglia comunista, altre nazioni cadranno in successione sotto dittature sovietiche, come pezzi di un domino, e i comunisti potrebbero dare vita a una nuova insurrezione armata entro i confini dell'Impero. Gli oppositori, soprattutto a Sinistra, parlano invece di un conflitto imperialista e considerano i Vietcong dei patrioti in lotta per l'unità e la libertà del loro paese, mentre il governo del Vietnam del Sud manca di legittimazione politica e morale. Il Ministro del Lavoro Evangelos Iannopulo è uno dei pochi componenti del governo Papandreu a manifestare dubbi e timori sul coinvolgimento in Vietnam. Per lo più gli intellettuali si schierano contro il conflitto, e l'attrice Irene Papas è una delle più sfegatate attiviste contro il conflitto, tanto da essere costretta a lavorare per qualche tempo all'estero perché sgradita in patria (è in questo periodo che recita nello sceneggiato italiano "L'Odissea" nel ruolo di Penelope). Lo studente Nicola Kaklamanis arriva a darsi fuoco davanti al Palazzo di Dafne per protesta contro un conflitto che in nessun modo può essere vinto. Il crescente movimento pacifista allarma il governo bizantino, e vi è chi tenta di restringere le libertà personali proponendo una legislazione punitiva contro le presunte "attività antiimperiali", fortunatamente respinte dal Senato di Costantinopoli.

Tutto questo si salda con il famoso movimento di protesta politica noto come "il Sessantotto", dilagato in tutto il mondo in seguito al Concilio Vaticano II, all'assassinio di Ernesto Che Guevara in Bolivia e alla Rivoluzione Culturale in Cina. Entro i confini dell'Impero Romano questa protesta assume toni particolarmente violenti, e rischia di trasformarsi in rivolta contro lo stato. Essa nasce dal progetto del Ministro dell'Istruzione Gregorio Kassimatis, di razionalizzare le strutture scolastiche onde renderle più rispondenti alle esigenze dell'industria, il che significa favorire i settori tecnologicamente più avanzati, facendo pesare l'incremento della produttività sulla classe operaia. Il piano di riforma scolastica prevede, al termine degli studi secondari, una severa selezione da effettuarsi attraverso un esame di ammissione che ridurrà considerevolmente il numero degli studenti universitari e consentirà l'accesso agli studenti più dotati. In questo modo l'università corrisponderà meglio alle esigenze di alta qualificazione e specializzazione tecnica previste per i quadri dirigenziali. L'approvazione di questo piano, chiamato Piano Kassimatis, provoca un'immediata levata di studi da parte delle masse studentesche contro lo spirito tecnocratico del Piano Kassimatis. La protesta si allarga rapidamente, e il 22 marzo 1968 prende il via l'occupazione dell'Accademia di Costantinopoli da parte degli studenti, contrassegnata da scontri con la polizia. I gruppi comunisti, anarchici e di estrema sinistra predicano l'esistenza di un'unica condizione di oppressione che accomuna studenti e operai, e proclamano lo sciopero generale: si tratta di uno dei momenti più pericolosi per lo stato, perché alla protesta aderiscono milioni di lavoratori in tutto il paese. Tre mesi di agitazione mettono in crisi l'intero paese: tre mesi senza salario paralizzano tutte le attività produttive e commerciali dell'Impero. Il 17 novembre 1968 a Costantinopoli l'esercito carica la folla in corteo e si registrano decine di morti tra i manifestanti. Finalmente il 21 dicembre, con la mediazione del Patriarca Ortodosso Atenagora, vengono accolte quasi tutte le richieste dei sindacati e ritorna una calma apparente. Gli operai ottengono aumenti salariali, interventi nel sociale, pensioni, minori ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica, e gettano le basi di uno Statuto dei Lavoratori analogo a quello italiano, siglato poi nel 1970.

Ma la tempesta del Sessantotto lascia tremendi strascichi nel tessuto sociale bizantino. Vista l'impossibilità di ottenere le riforme radicali da essi volute (che giungono fino all'abbattimento dell'Impero e all'istituzione di un Regime Comunista satellite dell'URSS), alcuni esponenti dell'estrema sinistra e dell'anarchismo passano in clandestinità e danno vita a movimenti terroristici armati. Nel 1970 comincia le sue azioni terroristiche l'"Epanastatiké Organose Dekaefta Noémvre" (EODN, "Organizzazione Rivoluzionaria 17 Novembre"), l'equivalente locale delle Brigate Rosse, che fin dal nome intende reagire alla violenza poliziesca da parte dello stato con una martellante guerriglia. Il leader ed ideologo del gruppo è Demetrio Jotopulos, anziano reduce della Guerra Civile. Tra le sue vittime eccellenti ci saranno molti giudici e giornalisti, il capo della CIA a Costantinopoli, diversi ufficiali dell'esercito statunitense nelle basi ad esso concesse sul territorio Imperiale, mentre diversi attentati dinamitardi sono compiuti ai danni di caserme di polizia, banche ed uffici della Comunità Europea (l'unica Unione che i 17-Novembristi riconoscono è quella delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). All'inizio degli anni ottanta l'arresto dei principali leader, denunciati dai cosiddetti "Dissociati" dell'Organizzazione (i 17-Novembristi che hanno rinnegato la lotta armata), disinnescherà in parte la tensione, ma le azioni del Movimento continueranno sporadicamente fino ai giorni nostri.

Lo storico abbraccio tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora

Lo storico abbraccio tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora

Per fortuna non ci sono solo eventi luttuosi. Il 25 e 26 luglio 1967 Papa Paolo VI compie una storica Visita Pastorale a Costantinopoli, 913 anni dopo lo Scisma d'Oriente, dicendo Messa nella Chiesa Cattolica di Sant'Antonio, nel quartiere della via di Pera, ed incontrando al Fanar il Patriarca Atenagora, che il successivo 26 ottobre ricambia la visita recandosi a sua volta in Vaticano. I due massimi leader della Cristianità concordano sul fatto che tutti i Credenti in Cristo devono spendersi per la pace nel mondo, e che entrambe le Chiese, d'Oriente e d'Occidente, devono compiere un percorso comune per giungere a ristabilire la piena Unità dei Cristiani.

Quanto allo Sport, vediamo che accade ai Mondiali di Calcio. All'edizione del 1962 in Cile l'Impero non partecipa. Nelle qualificazioni infatti è stato inserito nel Gruppo 3 con Germania Ovest ed Irlanda del Nord. Il 20 novembre 1960 allo Stadio Panatenaico di Atene l'Impero Bizantino subisce in casa sua un pesante 3-0 da parte dei tedeschi (segnano Gert Dörfel all'8', Albert Brülls al 31' ed Helmut Haller al 42'); il 3 maggio 1961 allo Stadio Olimpico di Costantinopoli la nazionale bizantina sconfigge 3-1 i Nordirlandesi (Andrea Papaemmanouil mette a segno una tripletta al 9′, 24' e 84′, James McIlroy accorcia le distanze all'85′), ma il 17 ottobre successivo a Belfast incassa un'umiliante 2-0 con una doppietta di Jimmy McLaughlin al 29′ e al 57′, e il 22 ottobre ad Augsburg è battuta dalla Repubblica Federale Tedesca per 2-1 (segnano Uwe Seeler al 5′ e al 27′ ed Andrea Papaemmanouil al 59′). Conclusione: il coach Cleante Maropulo è cacciato a furor di popolo e i bizantini guardano il Mondiale cileno in televisione. Vanno meglio le cose nel 1966, dove l'Impero riesce a qualificarsi nel Gruppo 1 europeo insieme al Belgio e ai danni di Israele e Lussemburgo (nella nostra Timeline al suo posto c'era la Bulgaria), Durante la Fase Finale in Inghilterra, l'Impero è inserito nel Gruppo 3 insieme a Brasile, Portogallo e Ungheria. Il 13 luglio 1966 all'Old Trafford di Manchester il Portogallo dà una lezione agli Imperiali battendoli 3-1 con goal di Josè Augusto al 2' e al 67, Mimis Papaioannou al 60' e Josè Torres al 90', ma due giorni dopo al Goodison Park di Liverpool i Bizantini si riscattano infliggendo un clamoroso 4-1 ai due volte campioni del mondo del Brasile (segnano Tostão al 14', Giorgio Sideris al 30' e al 46' e Mimis Papaioannou al 71' e all'85'). Il successivo 3-1 inflitto dagli Imperiali all'Ungheria il 20 luglio all'Old Trafford (vanno in rete Andrea Papaemmanouil al 4' e al 47', Ferenc Bene al 50' e Demetrio Papaioannou all'86') qualifica i Bizantini al secondo turno dietro i Portoghesi, ai danni di Brasiliani ed Ungheresi. Nei Quarti di Finale il 23 luglio al Roker Park di Sunderland i Bizantini superano l'URSS per 2-1 (con goal di Igor Cislengo al 5' e del solito Mimis Papaioannou al 57' e al 70'), ottenendo una storica qualificazione alle Semifinali. Il 25 luglio al Goodison Park di Liverpool i Biancooro sono sconfitti 2-1 dalla forte Germania Ovest (segnano Helmut Haller al 42', Franza Beckenbauer al 67' e Andrea Papaemmanouil all'88'), e il 28 luglio allo Stadio di Wembley perdono anche la Finale per il Terzo Posto contro il Portogallo (i marcatori sono Eusébio al 12' su rigore, Andrea Papaemmanouil al 43' ed Augusto Torres all'89’), ma il commissario tecnico Giorgio Magiras è comunque acclamato come un eroe al ritorno in patria per l'ottimo risultato ottenuto. Questo quarto posto resterà una delle migliori prestazioni bizantine di sempre ai Mondiali, proprio nell'edizione in cui l'Italia subisce una storica figuraccia, venendo sconfitta ed eliminata dalla sconosciuta Corea del Nord.

Non altrettanto bene va l'Impero ai Campionati Europei di Calcio. Nella prima edizione del 1960 i Biancooro sono eliminati al primo turno dalla Francia per 7-1 a Parigi e 1-1 in casa propria. Nell'edizione del 1964 superano il primo turno ai danni dell'Albania, battuta 4-0 in casa e 0-0 a Tirana, ma al secondo subiscono una nuova debacle perdendo 3-0 a Copenaghen con la Danimarca (inutile l'1-0 in casa nel ritorno). Nell'edizione del 1968 l'Impero è inserito nel Gruppo 3 di qualificazione dove arriva secondo dietro all'URSS (che si qualifica) e davanti ad Austria e Finlandia, e non riesce a ripetere la buona prova del Mondiale 1966.

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Gli anni Settanta tra terrorismo e crisi petrolifera

Le elezioni del 1970 vedono la sconfitta del BYSOK, che ha perso consensi a sinistra a causa del sostegno dato da quest'ultimo agli USA nella Guerra del Vietnam. La vittoria va a "Nuova Democrazia" (ND, "Nea Dimokratia"), formazione nata dalla fusione del Partito Popolare, del Partito Liberale e di altre formazioni minori di centrodestra; il suo leader Costantino Karamanlis torna Protospatario, e governerà ininterrottamente fino al 1980.

Karamanlis è subito costretto ad affrontare, oltre alla guerriglia scatenata dall'"Organizzazione Rivoluzionaria 17 Novembre", anche la terribile crisi energetica del 1973, dovuta all'improvvisa interruzione delle forniture di petrolio da parte delle nazioni dell'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) a causa dell'incandescente situazione mediorientale. Infatti il 6 ottobre 1973, giorno della festa ebraica dello Yom Kippur, l'esercito egiziano attacca Israele da sud mentre la Siria attacca da nord, per riconquistare le alture del Golan. Dopo lo smarrimento iniziale, Israele vince su entrambi i fronti, tanto da minacciare Il Cairo. La guerra termina dopo una ventina di giorni con la proclamazione di un cessate il fuoco tra le due parti, ma durante i combattimenti Egitto e Siria sono upportati dalla quasi totalità dei Paesi arabi antiamericani, mentre Israele è appoggiato dagli Stati Uniti e dai Paesi europei. Furiosi, i Paesi Arabi appartenenti all'OPEC bloccano le proprie esportazioni di petrolio verso questi paesi. Ciò causa l'innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in molti casi aumenta del triplo rispetto alle tariffe precedenti. Uno dei paesi più colpiti dal rincaro del prezzo del petrolio è proprio l'Impero Bizantino, che basa la sua industria sulle importazioni di petrolio, e così il Protospatario Karamanlis è costretto a varare drastici provvedimenti per diminuire il consumo di petrolio e per evitare gli sprechi: è il cosiddetto piano nazionale di "austerity economica", che per risparmiare energia impone il divieto di circolare in auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi, la riduzione dell'illuminazione stradale e commerciale, oltre alla costruzione di cinque nuove centrali nucleari e di quattro centrali eoliche per limitare l'uso del greggio.

In conseguenza della crisi energetica si diffonde nell'Impero Bizantino la consapevolezza della fragilità e della precarietà del sistema produttivo nazionale, le cui basi poggiano sui rifornimenti di energia da parte di una tra le zone più instabili del pianeta. E le conseguenze della crisi energetica non tardano a manifestarsi anche sul sistema industriale, che infatti non conoscerà più i tassi di crescita registrati nei decenni precedenti: è la fine brusca del cosiddetto "Boom" degli anni cinquanta e sessanta. Con la crisi energetica del 1973 cominciano ad entrare nel vocabolario comune nuove parole come "ecologia" e "risparmio energetico", simboli di un cambiamento della mentalità della società europea. Alla fine degli anni settanta viene anche fondato a Costantinopoli il piccolo partito dei Verdi.

Inoltre la crisi petrolifera spinge i paesi più industrializzati del mondo a coordinare le strategie politiche ed economiche; per questo dal 15 al novembre 1975 a Rambouillet, in Francia, si incontrano il Presidente USA Gerald Ford, il Primo Ministro del Regno Unito Harold Wilson, il Presidente Francese Valéry Giscard d'Estaing, il Cancelliere Tedesco Helmut Schmidt, il Primo Ministro Giapponese Takeo Miki, il Primo Ministro Italiano Aldo Moro e il Protospatario Bizantino Costantino Karamanlis: nasce così il G7, che programma un incontro all'anno per discutere su come affrontare  maggiori problemi dell'economia mondiale. Nel successivo summit a Portorico, dal 27 al 28 giugno 1976, partecipa anche il Primo Ministro Canadese Pierre Trudeau, oltre a Roy Jenkins in rappresentanza della Comunità Economica Europea; il G7 diventa così G8, e diverrà G10 nel 1998, con l'ammissione anche della Russia e della Repubblica Popolare Cinese. Il settimo vertice, tra il 20 e il 21 luglio 1981, si terrà a Volos, nell'Impero Bizantino. 

Se i paesi occidentali si attrezzano per resistere alla crisi petrolifera come possono, particolarmente gravi sono i contraccolpi di quest'ultima nell'Europa dell'Est, dove mancano i fondi per trasformare e modernizzare gli impianti industriali: in tal modo le nazioni ad economia socialista si avviano verso una lenta decadenza, che culminerà nel 1989.

Ma vi è un'altra ragione del declino e della fine del Socialismo Reale in Europa: il 16 ottobre 1978 l'Europa, spaccata in due dalla Cortina di Ferro e costretta a vivere sotto l'incubo dell'olocausto nucleare, viene investita dal ciclone Karol Wojtyla. Gli effetti di quest'elezione si vedono anche nell'Impero Bizantino: il nuovo Patriarca di Costantinopoli Demetrio I, succeduto ad Atenagora il 16 luglio 1972, chiede di incontrare al più presto il "Patriarca d'Occidente" (come lo chiama) per definire le strategie del dialogo cattolico-ortodosso. L'incontro si realizza già dal 28 al 29 novembre 1979, durante la Visita Pastorale di Giovanni Paolo II a Costantinopoli, Smirne ed Efeso. Il Papa visita la Casa di Maria ad Efeso, incontra il Basileus Costantino XVII e il Protosparatio Costantino Karamanlis, venera il Mandylion (esposto appositamente per lui) nella Basilica della Vergine Theotokos di Pharos, dice Messa nella Cattedrale dello Spirito Santo di Costantinopoli e firma con Demetrio I un'importantissima Dichiarazione Comune; nella Basilica di Santa Sofia i Patriarchi d'Oriente e d'Occidente recitano insieme in greco il Simbolo Niceno-Costantinopolitano della Chiesa nella sua formulazione originaria, cioè senza il "filioque" che tante dispute ha sollevato tra le due Chiese. Si registrano alcune manifestazioni di piazza dell'Estrema Destra contro Giovanni Paolo II, ma con scarso seguito popolare. Nel 1987 Demetrio I ricambierà la visita, venendo ricevuto in Vaticano dal Papa Polacco.

Dal 6 gennaio 1973 al 5 gennaio 1977 il bizantino Adamantios Androutsopulo ricopre la carica di Presidente della Commissione Europea, primo della sua nazione a ricevere questo prestigioso incarico. Un altro grandissimo evento europeo che coinvolge l'Impero ha luogo tra il 7 e il 10 giugno 1979: le prime elezioni per il Parlamento Europeo di Strasburgo. In esso 81 seggi toccano a Germania Ovest, Regno Unito, Francia e Italia, 42 all'Impero Bizantino, 25 ai Paesi Bassi, 24 al Belgio, 16 alla Danimarca, 15 all'Irlanda e 6 al Lussemburgo. Nel Primo Parlamento Europeo il principale gruppo è quello Socialista (cui aderisce anche il BYSOK) con 136 seggi, seguito dai Popolari (cui aderisce Nuova Democrazia) con 114, dai Democratici Europei (Conservatori) con 52, dai Comunisti con 41 e dai Liberali con 32. Primo presidente del Parlamento Europeo è la francese Simone Veil.

Purtroppo un evento molto meno fausto avviene il 22 settembre 1979: il portavoce dell'esercito bizantino, Vicegenerale Nicola Grillakis, annuncia in una conferenza stampa a Costantinopoli che l'Impero Bizantino ha fatto brillare il suo primo ordigno nucleare, in una località del deserto del Sahara messa a disposizione dietro compenso di forniture militari dal governo del Niger. Due giorni dopo l'Esercito Americano conferma che il Satellite 6911 Vela, messo in orbita dagli Stati Uniti proprio per rilevare eventuali esplosioni naturali, ha rilevato un lampo di raggi gamma presso le coordinate indicate da Grillakis, compatibile con gli effetti di un'esplosione atomica. In tal modo l'Impero Romano entra di diritto nel ristretto club delle potenze nucleari insieme a Stati Uniti d'America, Unione Sovietica, Repubblica Popolare Cinese, Regno Unito, Francia, India, Repubblica Sudafricana ed Israele. Tuttora il numero esatto delle testate nucleari depositate negli arsenali bizantini non è noto, ma si pensa che esso sia compreso tra le 20 e le 30 testate. Comunque, dietro pressioni dell'amministrazione Reagan, nel 1985 l'Impero Romano firma il Trattato di Non Proliferazione Nucleare.

Il 1979 vede anche la vittoria del Premio Nobel per la Letteratura da parte del poeta Odisseo Elytis (1911-1996), uno dei massimi rappresentanti del surrealismo nell'Impero Bizantino, apprezzato soprattutto per il vigore dello stile. Tre le sue più importanti poesie ricordiamo "Orientamenti" (1940) e "Sole, il primo" (1943). Avendo combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, si è ispirato ad essa per scrivere il poemetto epico "Canto eroico e funebre per un sottotenente caduto in Albania" (1945). 

Veniamo alle competizioni sportive di questi anni. Tanto per cominciare, l'Olympiakos di Costantinopoli è la prima squadra bizantina a conquistare la finale di una competizione europea per club, la Coppa dei Campioni edizione 1970-71, eliminando nei sedicesimi la lussemburghese Jeunesse d'Esch, negli ottavi la cecoslovacca Slovan Bratislava, nei quarti l'inglese Everton e in semifinale la jugoslava Stella Rossa di Travnik. Mercoledì 2 giugno 1971 nel mitico Stadio di Wembley, davanti a 69.693 spettatori paganti, si gioca la finale tra l'Olympiakos di Costantinopoli e il forte Ajax di Amsterdam; arbitra l'inglese Jack Taylor. Il sogno bizantino di portare a casa il massimo trofeo europeo per club si infrange purtroppo davanti al gol di Dick van Dijk al 5' e all'autorete di Anthimos Kapsis all'87'. L'Olympiakos arriverà in semifinale altre due volte, nel 1985 e nel 1996, ma senza mai riuscire a vincere l'ambito titolo..

Quanto alla Nazionale, ai Mondiali del 1970 in Messico l'Impero Bizantino non si qualifica, piazzandosi secondo dietro alla Romania e davanti a Svizzera e Portogallo nel Gruppo 1 di qualificazione. Ai successivi Mondiali del 1974 in Germania Ovest invece i Biancooro si qualificano nel Gruppo 7 dietro alla Spagna e davanti a Irlanda del Nord e Islanda. Nella Fase Finale sono inseriti nel Gruppo 2 con Brasile, Scozia e Zaire. Il 13 giugno 1974 al Waldstadion di Francoforte pareggiano 0-0 con il forte Brasile, ma il successivo 18 giugno al Parkstadion di Gelsenkirchen sotterrano per 9-0 i dilettanti dello Zaire (ex colonia bizantina): segnano Demetrio Domazos all'8', 30' e 81', Demetrio Papaioannou al 14', Giorgio Koudas al 18', Achille Aslanidis al 22' e al 61', Giorgio Delikaris al 35' e Antonio Antoniadis al 65'. Il 22 giugno ancora al Waldstadion gli Imperiali pareggiano 1-1 con la Scozia (ad Antonio Antoniadis all'81' risponde Joe Jordan all'88'), e così accedono alla seconda fase a gironi, inseriti nel Gruppo B con Germania Ovest, Polonia e Svezia. Purtroppo l'Impero perde sia il 26 giugno al Rheinstadion di Düsseldorf con i padroni di casa per 2-0 (gol di Paul Breitner al 39' e Gert Müller all'82'), sia il 30 giugno al Waldstadion con la Polonia per 2-1 (Kazimierz Deyna apre le marcature al 24', pareggia Demetrio Papaioannou al 43', Grzegorz Lato chiude il match al 62'). Inutile l'ultima vittoria per 2-1 contro la Svezia (a segnare sono Conny Torstensson al 25' e Demetrio Domazos al 29' e all'85'): in finale vanno Germania Ovest (che vincerà il titolo) e Polonia (che arriverà terza). Peggio vanno le cose al Mondiale del 1978: inserito nel Gruppo 9 di qualificazione con Ungheria ed Unione Sovietica, l'Impero arriva ultimo e deve dire addio ai sogni di gloria. Ma Costantinopoli si consola con l'assegnazione dell'organizzazione dei Mondiali del 1982 (era già stata sconfitta nel 1966 e nel 1974), la prima edizione a 24 squadre.

Venendo ai Campionati Europei, l'Impero Romano d'Oriente ottiene un buon risultato nell'edizione del 1972: inserito nel Gruppo 5, ottiene la qualificazione ai danni di Portogallo, Danimarca e Malta, quindi incontra proprio l'Italia negli spareggi. Il 29 aprile 1972 allo Stadio San Siro di Milano il punteggio non si sblocca dallo 0-0, ma nel ritorno allo Stadio Panatenaico di Atene l'Impero si impone per 2-1: segnano Costantino Davourlis al 23' e Costantino Aidiniou al 71', mentre "Rombo di Tuono" Gigi Riva segna il gol della bandiera all'86'. Dopo questo successo, per la prima volta l'Impero ottiene l'assegnazione della fase finale a 4 del Campionato Europeo nonostante il rischio di attentati dovuti all'Organizzazione 17 Novembre. Il 14 giugno 1972 però allo Stadio San Policarpo di Smirne i Biancooro sono superati in semifinale per 2-1 dalla Germania Ovest (Gerd Müller mette a segno una doppietta al 24' e al 71', Michele Criticopulo accorcia all'86'), squadra che poi vincerà il titolo superando 3-0 in finale l'Unione Sovietica. L'Impero Bizantino si consola con il terzo posto, ottenuto il 17 giugno allo Stadio Kaftanzoglio di Tessalonica battendo 2-1 l'Ungheria grazie ai gol di Demetrio Papaioannou al 24' e di Costantino Aidiniou al 28', mentre Lajos Ku segna al 53' su rigore.

Altrettanto bene non vanno le edizioni successive. Nelle qualificazioni per il Campionato Europeo del 1976 l'Impero è inserito nel Gruppo 6 insieme a Germania Ovest, Bulgaria e Irlanda, arriva secondo dietro alla Germania e si ferma qui. Invece in quelle per l'edizione del 1980, la prima a 8 squadre, a sorpresa l'Impero supera l'Unione Sovietica, l'Ungheria e la Finlandia. Inserito nel Gruppo A, l'11 giugno 1980 allo Stadio San Paolo di Napoli l'Impero Romano è sconfitto 1-0 dai Paesi Bassi con un gol di Kees Kist al 65' su rigore; il 14 giugno allo Stadio Olimpico di Roma incassa un duro 3-1 dalla Cecoslovacchia (i marcatori sono Antonin Panenka al 6', Nicola Anastopulo al 14', Ladislav Vizek al 26' e Zdenek Nehoda al 63'), e il 17 giugno allo Stadio Comunale di Torino pareggia 0-0 con la Germania Ovest (che poi vincerà il titolo), finendo così ultimo nel suo girone.

Passando alle Olimpiadi, purtroppo i giochi di Mosca del 1980 sono ricordati più che altro per il boicottaggio messo in atto dagli Stati Uniti d'America e da molti dei loro Alleati, in risposta all'invasione sovietica dell'Afghanistan nell'anno precedente. Tra gli altri non partecipano USA, Canada, Germania Ovest, Norvegia, Kenya, Cina, Giappone, Turchia e il blocco dei paesi arabi. Altri 16 paesi partecipano, ma sfilano sotto la bandiera dei loro comitati olimpici nazionali, e non schierano atleti provenienti da corpi militari; tra questi Italia, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Australia, Impero Bizantino e Nuova Attica. L'Impero Bizantino vince comunque una medaglia d'oro nella lotta greco-romana, categoria pesi piuma, con Stilianos Migiakis.

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Gli anni Ottanta

Le elezioni del 1980 vedono la sconfitta di Nuova Democrazia e consegnano la maggioranza dei seggi del Senato Imperiale al BYSOK; nuovo Protospatario è Andrea Papandreu (5 febbraio 1919 – 23 giugno 1996), figlio di Giorgio, che riprende la politica di riforme sociali del padre e prosegue la lotta al terrorismo di sinistra. Ministro della Cultura è la ex attrice e cantante Melina Mercouri (vero nome Maria Amalia Merkouris, 18 ottobre 1920 – 6 marzo 1994), il cui nonno Spiridione Merkouris è stato Sindaco di Costantinopoli per molti mandati; sua l'idea delle Capitali Europee della Cultura, un progetto volto a rafforzare i legami culturali all'interno dell'Unione Europea (nel 1986 Costantinopoli sarà la prima di queste Capitali). Vengono messi a segno arresti importanti contro l'Organizzazione 17 Novembre, e lo stesso Papandreu sfugge a un attentato: un'autobomba posta in una via dove egli deve passare con la sua scorta esplode in anticipo, causando quattro morti innocenti. Il 26 settembre 1989 l'organizzazione terroristica arriva ad assassinare Pavlos Bakoyannis, Sindaco di Costantinopoli ed esponente di spicco di Nuova Democrazia. Papandreu pensa che per disinnescare la miccia del terrorismo è necessario permettere la ricostituzione in patria del Partito Comunista, che viene riammesso alle consultazioni del 1985, vinte ancora dal BYSOK. C'è da dire che la società bizantina è ormai parecchio secolarizzata, i divorzi sono in aumento così come i matrimoni civili, e il consumismo dilaga, suscitando le ire dei tradizionalisti e portando voti alla Destra.

Il 1980 vede anche lo scoppio di un feroce conflitto tra la Siria, guidata con pugno di ferro dal dittatore Saddam Hussein, e l'Iran, appena divenuto una Repubblica Islamica dopo la cacciata dell'ultimo Shah Reza Pahlavi e la presa del potere da parte dell'Ayatollah Ruollah Khomeini. L'ambizioso scopo di Hussein è la conquista della Mesopotamia e dei suoi immensi campi petroliferi, approfittando del fatto che il regime teocratico persiano deve ancora stabilizzarsi. Gli Stati Uniti foraggiano la Siria, mentre l'URSS appoggia gli iraniani. Andrea Papandreu si propone come mediatore nel Conflitto Iran-Siria, cercando per ben tre volte senza successo una soluzione pacifica; il conflitto si trascinerà senza esito fino al 1988, provocando un milione di morti.

La terra non cessa di ballare entro i confini dell'Impero. Il 20 giugno 1978 un terremoto distruttivo colpisce la città di Tessalonica uccidendo 45 persone, subito affluiscono aiuti da ogni parte del mondo. Il 24 febbraio 1981 un altro sisma colpisce Atene e Corinto, causando 20 morti. Il 13 settembre 1986 il terremoto di Kalamata provoca gravi danni e uccide 20 persone.

Veniamo ora ad un evento storico: il primo Campionato Mondiale di Calcio organizzato dall'Impero Bizantino, che si svolge dal 13 giugno all'11 luglio 1982. Si tratta della prima edizione in cui le squadre vengono portate da 16 a 24, ed in essa vengono utilizzati ben sedici stadi: due a Costantinopoli ed uno ad Adrianopoli, Alessandropoli, Atene, Efeso, Corfù, Giannina, Hiraklion, Kavala, Larissa, Mistra, Nicosia, Pireo, Smirne e Tessalonica. L'Impero è qualificato di diritto come paese organizzatore e testa di serie del gruppo 5, mentre l'Italia, qualificatasi agevolmente, è testa di serie del gruppo 1; la Spagna è presente al posto dell'Irlanda del Nord della nostra Timeline. Il 16 giugno allo stadio Kaftanzoglio di Tessalonica l'Impero esordisce battendo 2-1 il modesto Honduras (al gol di Héctor Zelaya al 7' risponde Nitinos Kouis al 65' e all'86' su rigore); il 20 giugno nello stesso stadio perde 1-2 con la Spagna (al 10' segna Giorgio Kostikos, ma al 14' risponde Juanito su rigore e al 66' va in rete Enrique Sala). Tuttavia il 25 giugno, sempre nello stesso stadio, i Biancooro si riscattano battendo 1-0 i tradizionali rivali della Jugoslavia grazie a un gol al 47' di Giorgio Delikaris, e così passano il girone come primi con 4 punti, perchè la Spagna ha pareggiato 1-1 con l'Honduras e perso 0-1 con la Jugoslavia, che a sua volta ha pareggiato 2-2 con l'Honduras; ne segue che Spagna e Jugoslavia hanno 3 punti, ma passa la seconda per via del maggior numero di gol segnati, mentre l'Honduras ha solo 2 punti. Quanto all'Italia, nel Gruppo 1 racimola solo tre modesti pareggi (0-0 con la Polonia, 1-1 con il Perù e con il Camerun) e passa come seconda dietro alla Polonia solo perchè ha segnato un gol più degli africani. Nella seconda fase a gironi, l'Impero Romano è inserito nell'abbordabile Gruppo D con Francia ed Austria, mentre l'Italia si ritrova in un girone di ferro (il Gruppo C) con Brasile e Argentina, in cui è supersfavorita. Ogni pronostico è però ribaltato. Infatti, nonostante le buone prove della prima fase, il 1 luglio allo Stadio Olimpico di Costantinopoli i Biancooro ottengono solo uno scialbo pareggio 2-2 con l'Austria (al 27' illude Nitinos Kouis, ma Bruno Pezzey al 55' e Reinhold Hintermaier al 68' ribaltano il risultato, poi rimedia Giorgio Delikaris al 75'), e il 4 luglio nello stesso stadio incassano un pesante 3-0 dalla Francia con reti di Alain Giresse al 33' e di Dominique Rocheteau al 46' e al 68'. Passa alle semifinali la Francia, che ha regolato 1-0 anche l'Austria. Invece il 29 giugno allo Stadio Panatenaico di Atene l'Italia batte a sorpresa 2-1 l'Argentina di Maradona campione del mondo, poi superata 3-1 anche dal Brasile. A questo punto ai fortissimi Verdeoro (tra cui militano assi del calibro di Falcao, Zico, Socrates, Serginho e Junior) basterebbe un pareggio con l'Italia, ma il 5 luglio nello stesso stadio si scatena Paolo Rossi che con una tripletta supera 3-2 i sudamericani, e l'Italia approda in semifinale, dove batte anche la Polonia con altri due gol di Rossi. Gli Azzurri dominano 3-1 anche la finale con la Germania Ovest di Rummenigge, Hrubesch e Littbarski, e portano così a casa il loro terzo titolo mondiale, acclamati come degli eroi al ritorno in patria. Invece la Nazionale Bizantina è letteralmente fatta a pezzi dalla stampa nazionale, e il coach Alkis Panagoulias è costretto alle dimissioni; sotto processo finisce anche il portiere Nicola Sarganis, mai più riconvocato in Nazionale. Nelle strade delle principali città imperiali si registrano disordini, molti tifosi (in realtà militanti di estrema destra) sono arrestati per intemperanze ed atti di vandalismo, e la sciagurata partita con la Francia passa alla storia bizantina come il "Disastro Panatenaico" ("peggiore della Guerra di Troia per i Troiani", la definirà un giornale sportivo con un'iperbole). Né andrà meglio l'edizione del 1986: l'Impero non si qualifica nemmeno per la fase finale in Messico, giungendo terzo nel Gruppo 1 dietro a Polonia e Belgio, e davanti solo alla cenerentola Albania. Poca gloria anche nei Campionati Europei degli anni ottanta: nelle qualificazioni per l'edizione francese del 1984 i Bizantini arrivano terzi nel Gruppo 3 dietro a Danimarca (qualificata) e Inghilterra, e davanti a Ungheria e Lussemburgo; in quelle per l'edizione tedesca del 1988 fanno una figura migliore, ma arrivano solo secondi nel Gruppo 3 dietro ai Paesi Bassi (poi vincitori del titolo) e davanti a Ungheria, Polonia e Malta, e purtroppo in questi tornei si qualifica solo la prima classificata.

Il 14 giugno 1985 a Schengen, cittadina del Lussemburgo, viene scritta un'altra importante pagina di storia europea: Belgio, Francia, Impero Bizantino, Lussemburgo, Germania e Paesi Bassi firmano gli storici accordi (detti appunto di Schengen) che eliminano i controlli alle frontiere comuni e introdurre un regime di libera circolazione per i cittadini degli Stati firmatari, degli altri Stati membri della Comunità Europea o di paesi terzi. Successivamente aderiranno altri stati d'Europa: il 27 novembre 1990 l'Italia, il 25 giugno 1992 il Portogallo e la Spagna, il 28 aprile 1995, il 19 dicembre 1996 Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia e Islanda (nonostante queste ultime due non aderiscano all'Unione Europea), il 1 maggio 2004 (dopo la caduta del comunismo) Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Repubblica di Ragusa, Lituania, Lettonia, Estonia e Malta, il 5 giugno 2005 la Svizzera, il 28 febbraio 2008 il Liechtenstein, il novembre 2009 Romania e Bulgaria, il 1 gennaio 2011 l'Armenia.

Intanto qualcosa si muove in ciò che resta dell'Impero Coloniale Bizantino. Il 1 gennaio 1986 l'isola caraibica di Aruba decide con referendum di separarsi dalle altre Antille Bizantine, acquisendo uno status autonomo in vista dell'indipendenza, prevista per il 1996. Al contrario di molte altre isole dei Caraibi, infatti, Aruba (180 km², 71.218 abitanti al 2011) è un'isola di scarsi rilievi e di scarsa vegetazione, con un clima secco, e queste caratteristiche hanno favorito lo sviluppo del turismo. L'isola si è inoltre arricchita ospitando società offshore, e pensa dunque di essere pronta per fare da sola. Le altre cinque isole delle Antille Bizantine invece confermano la loro fedeltà all'Impero. Tuttavia nel seguito Aruba ci ripenserà, in seguito a difficoltà economiche ma soprattutto al rischio di diventare una delle capitali mondiali del riciclaggio di denaro sporco e nel 1994 la transizione verso l'indipendenza sarà interrotta. Aruba comunque continuerà a inviare una sua squadra separata ai Giochi Olimpici e alle altre competizioni sportive internazionali. 

Torniamo ora nella madrepatria. L'Editto Imperiale numero 1622 del 1 novembre 1986 riorganizza profondamente la struttura amministrativa dell'Impero Bizantino. Vengono infatti istituite 24 Periferie, unità territoriali analoghe alle Regioni italiane, in sostituzione delle vecchie Nomarchie. Ciascuna di esse ha a capo un Logoteta eletto direttamente dai cittadini ogni cinque anni. Ad esse vanno poi aggiunte la capitale, Costantinopoli, che ha un'amministrazione propria, e la Repubblica Monastica del Monte Athos, che gode di uno statuto speciale ed ha a capo il Patriarca di Costantinopoli. Ecco l'elenco delle nuove suddivisioni territoriali nell'ordine ufficiale:

1) Costantinopoli 14) Isole Ionie (Cefalonia)
2) Bitinia (Nicea) 15) Acarnania (Missolungi)
3) Misia (Prusia) 16) Etolia (Lamia)
4) Troade (Abido) 17) Eubea (Calcide)
5) Lidia (Filadelfia) 18) Attica (Atene)
6) Ionia (Smirne) 19) Elide (Patrasso)
7) Caria (Efeso) 20) Peloponneso (Mistra)
8) Tracia Orientale (Adrianopoli) 21) Egeo Settentrionale (Mitilene)
9)  Tracia Occidentale (Alessandropoli) 22) Egeo Meridionale (Ermopoli)
10) Macedonia Orientale (Tessalonica) 23) Dodecaneso (Rodi)
11) Macedonia Occidentale (Kozani) 24) Creta (Hiraklion)
12) Tessaglia (Larissa) 25) Cipro (Nicosia)
13) Epiro (Giannina) 26) Sacro Monte Athos (Karyes)

Dal 3 al 14 giugno 1987 si gioca nell'Impero Bizantino la fase finale del Campionato Europeo di Pallacanestro; a vincere sono proprio i bizantini, sconfiggendo per 103-101 l'URSS in una combattutissima finale. I Biancooro sono trascinati dal loro campione Nicola Georgalis, eletto miglior giocatore del torneo. Una seconda edizione dei Campionati Europei sarà organizzata dall'Impero Bizantino dal 21 luglio al 2 luglio 2005, ma sarà vinta dalla Jugoslavia, ed in essa i padroni di casa arriveranno quarti. Sempre nel 1987 inoltre Costantinopoli batte Atlanta, Toronto, Melbourne e Travnik nella gara per l'assegnazione dei Giochi della XXVI Olimpiade, detti i Giochi del Centenario, dato che si terranno a 100 anni esatti dalla prima edizione (in questa Timeline l'Impero Bizantino è più forte e più ricco della nostra Grecia, e le sue imprese possono imporsi sulla Coca Cola). Per questo il Protospatario Papandreu vara un imponente programma di lavori pubblici, in modo che l'Impero sia all'altezza dell'evento mondiale che deve ospitare.

Nel 1988 però la vita politica bizantina è scossa dal cosiddetto "Scandalo Koskotas". Giorgio Koskotas, nato in una famiglia povera ed emigrato negli USA con la famiglia all'età di 17 anni, una volta tornato in patria trova impiego presso la banca di Creta e dopo appena due anni ha già assunto la carica di consigliere amministrativo . Sotto la sua gestione la banca di Creta comincia ad espandersi con l'apertura di nuove agenzie sul territorio imperiale. Nel 1983 Giorgio Koskotas decide di entrare nel settore dei Mass Media acquistando la rivista "ENA" e fondando la casa editrice MultiMedia con sede in un sobborgo di Costantinopoli; l'anno successivo diventa proprietario di due testate storiche, "Bradini" e "Kathimerini" e fonda un nuovo quotidiano economico e una radio privata. Koskotas diventa così ricco da potersi permettere nel novembre 1987 di acquistare l'Olympiakos, famosa squadra di calcio della capitale. A questo punto gli altri editori, sentendo minacciata la sopravvivenza dei loro quotidiani dall'impero di Koskotas, cominciano ad attaccare il parvenu: il giornale "Ethnos" pubblica un eloquente articolo dal titolo "Koskotas il mafioso", ma è querelato e condannato dal tribunale al risarcimento dei danni. Ma il giornale "Eleftherotypia" pubblica a sua volta una "Lettera aperta al Protospatario Andrea Papandreu", che svela come l'ascesa di Koskotas sia stata favorita dallo stesso Papandreu mediante operazioni finanziarie tutt'altro che pulite. La magistratura è costretta a intervenire ma, anziché discolparsi, il 23 novembre 1988 Koskotas fugge negli Stati Uniti con il suo aereo privato. Qui è arrestato dall'FBI per vecchi reati di evasione fiscale. A questo punto decide di vuotare il sacco e concede un'intervista alla rivista "Time", in cui racconta con dovizia di particolari imbarazzanti come il danaro dai forzieri della banca di Creta passava nelle tasche dei membri del governo e dello stesso Papandreu (tra l'altro asserisce di aver distribuito enormi quantità di denaro in contanti ad alti esponenti del BYSOK, chiuso in confezioni di pannolini per neonati). Koskotas dichiara che il Protospatario Papandreu ha obbligato le aziende di Stato a trasferire i propri fondi presso la Banca di Creta a tassi più svantaggiosi di quelli di mercato, e dalla speculazione sulla differenza dei tassi ricavava i proventi per finanziare la stampa compiacente. Intanto l'inchiesta del Senato accerta che la Banca di Creta ha un buco mostruoso di 35 miliardi di dracme, e tutte le proprietà di Koskotas vengono vendute all'asta per colmare il buco; la squadra di calcio dell'Olympiakos, anch'essa indebitata fino al collo, viene acquisita dall'imprenditore Socrate Kokkalis. Andrea Papandreu rischia l'arresto, ma il Senato respinge la sua messa in stato d'accusa. Comunque l'anziano leader socialista esce da questa vicenda parecchio screditato.

Sul piano scientifico va segnalata l'entrata in funzione del LEP (Large Electron-Positron Collider), un acceleratore di elettroni e positroni di 27 chilometri di circonferenza, costruito in un tunnel sotterraneo presso Meyrin e Prevessin, al confine tra Svizzera e Francia, per opera del CERN, di cui l'Impero Bizantino è uno dei membri fondatori. Esso resterà in funzione fino al 2000 e permetterà di con accuratezza molte delle previsioni del Modello Standard delle Particelle, tra cui la massa dei bosoni Z e W e il numero dei neutrini leggeri.

L'8 novembre 1988 le Elezioni Presidenziali Statunitensi vedono contrapporsi George Herbert Bush, già vice di Ronald Reagan, e il Governatore del Massachusetts Michael Stanley Dukakis, 55 anni, di origini bizantine, come rivela il cognome. Sotto quest'ultimo il Massachusetts ha conosciuto una spettacolare crescita economica, e sotto l'onda della popolarità ha sconfitto tutti i rivali nelle Primarie del Partito Democratico. Tuttavia la sua natura introversa e riservata viene interpretata da parte dell'elettorato americano come una mancanza di passione, in chiaro contrasto con lo stereotipo generalmente attribuito ai bizantino-statunitensi. Inoltre la sua nettissima opposizione alla pena di morte gli costa la sconfitta: Dukakis ha il 45,6 % dei voti e 111 Grandi Elettori contro il 53,4 % e i 426 Grandi Elettori di Bush. « È sfumata un'occasione », commenta in proposito il Protospatario Bizantino Andrea Papandreu.

Intanto, l'avvento al potere in URSS di Michail Gorbachev apre le prime crepe nel mondo del Socialismo Reale. Ben presto l'intero Patto di Varsavia si dissolve, sotto la spinta dei movimenti popolari che chiedono libertà e democrazia. Il 9 novembre 1989 crolla il Muro di Berlino. simbolo stesso della divisione del mondo in due blocchi contrapposti; ben presto il sistema monopartitico comunista ha fine in Germania Est, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Jugoslavia ed Albania. Il Protospatario Andrea Papandreu si affretta a riconoscere i nuovi governi e in particolare a stabilire rapporti di buon vicinato con il nuovo corso bulgaro dopo la cacciata del dittatore comunista Todor Zhivkov, il più longevo tra i "monarchi" comunisti (ha governato il suo paese addirittura dal 4 marzo 1954 al 10 novembre 1989!) e storico avversario dell'Impero Bizantino: la sua fedeltà all'URSS era tale che con lui la Bulgaria è stata ribattezzata "la sedicesima delle quindici repubbliche socialiste sovietiche". Gli anni Novanta si aprono così sotto il segno della speranza in un mondo più pacifico e non più diviso tra opposti imperialismi.

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La Guerra di Siria e la Guerra nella Ex Jugoslavia

Proprio sotto la spinta della caduta del comunismo, oltre che della difficile congiuntura economica e dello Scandalo Koskotas, l'11 aprile 1990 si ha un nuovo cambio al vertice dell'Impero Bizantino: Nuova Democrazia vince le elezioni legislative e il suo segretario Costantino Mitsotakis diventa nuovo Protospatario. Questi manda suoi osservatori a monitorare le prime elezioni libere in Bulgaria dopo la caduta del comunismo, tenutesi il 10 giugno 1990, che vedono l'ascesa a Primo Ministro di Dimitar Iliev Popov, amico personale di Mitsotakis, primo leader non comunista della Bulgaria dal 1946.

L'inizio degli anni Novanta è segnato anche da una grande manifestazione sportiva, i Campionati Mondiali di Calcio che si giocano in Italia dall'8 giugno all'8 luglio. Nelle Qualificazioni l'Impero Bizantino arriva secondo nel Gruppo 3 dietro all'URSS e davanti a Turchia, Germania Est e Islanda, e si qualifica. Viene così inserito nel Gruppo A con Italia, Cecoslovacchia e Stati Uniti d'America. Il 9 giugno allo Stadio Olimpico di Roma l'Italia padrone di casa batte proprio l'Impero Bizantino con un gol al 78' di Salvatore Schillaci, ma il 15 giugno allo Stadio Artemio Franchi di Firenze i Biancooro si rifanno superando la Cecoslovacchia grazie ad un rigore di Costantino Mavridis al 30', e il 19 giugno nello stesso stadio battono anche gli Stati Uniti 2-1 (al 52' segna Tasos Mitropulo, al 65' Nicola Nioplias, all'85' accorcia Bruce Murray), e così si qualificano come secondi dietro all'Italia. Nella fase ad eliminazione diretta, il 23 giugno allo Stadio San Nicola di Bari l'Impero sconfigge 4-1 la sorpresa Costa Rica (per i Bizantini segnano Tasos Mitropulo al 12', al 63' e all'82' e Costantino Mavridis al 75', per i centramericani Rónald González al 55'): evidentemente San Nicola di Mira ha protetto l'Impero! Nei Quarti si trova di fronte la fortissima Germania Ovest, ma contro i futuri campioni del mondo fa una bella figura e cede solo a un rigore di Lothar Matthäus al 25'. L'Italia invece si classificherà terza.

Ma quest'anno si segnala anche per eventi assai meno fausti di un Mondiale di calcio. Infatti il 2 agosto il raīs siriano Saddam Hussein invade il vicino Libano, indebolito da una lunga guerra civile appena terminata, dichiarandolo parte integrante della Siria. Le ragioni dell'invasione sono duplici: Saddam vuole una prova di forza con gli Stati Uniti ed i loro alleati, come conseguenza della ambigua politica mediorientale portata avanti dal governo di Washington durante e dopo la Guerra Iran-Siria; inoltre egli vuole distrarre il suo popolo dai reali problemi del paese (povertà, disoccupazione, integralismo islamico), rivendicando l'appartenenza del al territorio siriano sulla scorta degli antichi confini tracciati dai Mamelucchi. Subito dopo ammassa truppe al confine con Israele, minacciando di invadere anche lo Stato Ebraico. A questo punto si muove il Presidente Americano George H. Bush, il quale annuncia che gli Stati Uniti intraprenderanno una missione "totalmente difensiva", chiamata operazione "Lebanese Shield" ("Scudo Siriano") per prevenire un attacco a Israele da parte dei siriani, e soprattutto per liberare il Libano dagli invasori. Per questo mette insieme una coalizione di 35 nazioni, nove delle quali forniscono navi, aerei e uomini da impiegare in un attacco di terra contro la Siria: Stati Uniti d'America, Regno Unito, Francia, Italia, Impero Bizantino, Egitto e Giordania. Quartier generale delle operazioni belliche degli Alleati è la città di Irbid, nel nord della Giordania. In particolare Costantinopoli invia in Giordania 1500 soldati al comando del Mega Dux Phaedon Gizikis, oltre a sette aerei Tornado da impiegare in bombardamenti aerei.

Papa Giovanni Paolo II e il Patriarca di Costantinopoli Demetrio I lanciano inutili appelli alla pace, tentando di convincere Saddam Hussein a ritirarsi spontaneamente dal Libano, ma il rais rifiuta con decisione. Scaduto l'ultimatum degli Alleati, alle 2.38 del 17 gennaio 1991 ha inizio l'operazione "Desert Storm" ("Tempesta nel Deserto"), la più potente azione militare alleata dal 1945 in poi. Ogni installazione militare e strategica siriana è fatta oggetto di pesanti bombardamenti, e su Damasco cade una vera e propria pioggia di fuoco, tanto che Saddam Hussein trasferisce il suo governo a Tadmur, anch'essa comunque pesantemente bombardata. Saddam tenta di sollevare le masse arabe contro l'"imperialismo dei colonialisti" e lancia missili Scud contro Israele, tentando di trascinarlo in guerra e di far esplodere la regione, ma Bush convince gli israeliani a non intervenire. Distrutta ogni installazione militare siriana, alle 04.00 del mattino del 24 febbraio 1991 la Sesta Divisione Leggera Bizantina, facente parte del XVIII Corpo d'Armata, è il primo a penetrare in Libano per molti chilometri, onde creare un muro difensivo contro un eventuale contrattacco siriano dal nord. Quest'azione segna l'avvio dell'offensiva di terra: carri armati alleati penetrano in Siria dalla Turchia, dal Kurdistan e dalla Giordania. Il 28 febbraio quasi tutto il Libano è ormai liberato. Il Generale Statunitense Norman Schwarzkopf e il Mega Dux Bizantino Phaedon Gizikis marciano a tappe forzate verso Tadmur per rovesciare definitivamente il regime di Saddam Hussein, ma il 3 marzo il Presidente Bush ordina il cessate il fuoco. Il regime di Saddam Hussein infatti gli fa troppo comodo, per costituire un bastione contro l'eventuale avanzata iraniana verso occidente. L'Impero Bizantino lamenta in tutto tre morti e una cinquantina di feriti. Saddam resta al potere, ma deve smilitarizzare le zone di confine con Libano, Turchia e Kurdistan, rinunciare ad armi di distruzione di massa (pare stia cercando di dotarsi dell'ordigno atomico) e consentire agli osservatori internazionali di visitare le installazioni militari siriane per accertarsi che gli impegni siano soddisfatti. Contro la Siria sono imposte sanzioni internazionali, per evitare che acquisti armi sottobanco. Inoltre i paesi arabi vicini (Libano, Giordania, Arabia Saudita) accettano di ospitare basi americane per sorvegliare da vicino il regime di Saddam, dopo che questi ha represso nel sangue il dissenso interno postbellico. Purtroppo lo sceicco saudita Osama Bin Laden, già veterano della guerriglia in Afghanistan contro i Sovietici, avendo visto i soldati americani ed europei sconfiggere facilmente un paese arabo e mantenere le loro truppe sul territorio di altri paesi arabi, decide di lanciare una Guerra Santa per liberare le terre islamiche dai "Crociati" e fonda Al Qaeda ("la Base"), una delle più pericolose organizzazioni terroristiche della storia, che giura vendetta contro gli USA e contro l'Impero Bizantino.

Come se la guerra non bastasse, il 5 febbraio 1991 è segnato dal peggior incidente aereo della millenaria storia bizantina: un Lockheed C-130H Hercules 748 si schianta contro il Monte Othrys, purtroppo muoiono tutte le 63 persone a bordo. C'è chi pensa a una vendetta del terrorismo islamico nei confronti del governo di Bisanzio per la sua partecipazione alla Guerra di Siria, ma prove convincenti in questo senso non sono mai state raccolte.

Sul piano religioso il 22 ottobre 1991, alla morte del Patriarca di Costantinopoli Demetrio I, gli succede il braccio destro Bartolomeo I (al secolo Demetrio Archontonis). Molto attento al dialogo ecumenico, questi incontrerà Giovanni Paolo II a Roma il 27 giugno 1995, in occasione del 40° anniversario del primo incontro a Roma tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora. È l'occasione per rilanciare un'azione comune di cooperazione tra le due Chiese di fronte alle sfide del mondo contemporaneo.

Intanto un altro importante evento sta per riguardare da vicino l'Impero Romano d'Oriente. Dopo aver tenuto dei Referendum in cui i rispettivi cittadini si sono espressi a larga maggioranza a favore della separazione da Travnik, il 25 giugno 1991 Slovenia e Croazia, le due repubbliche federate jugoslave più ricche e più vicine all'Occidente Europeo, dichiarano l'indipendenza dalla Jugoslavia. L'esercito federale jugoslavo reagisce molto male, invadendo le due repubbliche secessioniste. L'8 luglio, in seguito all'accordo di Brioni, le truppe federali si ritirano dalla Slovenia, ma continuano ad occupare il 30 % circa del territorio croato, dando inizio a una feroce guerra a un tiro di schioppo dai confini della CEE: la città croata di Vukovar è conquistata dai serbi dopo essere stata rasa al suolo dai bombardamenti. Inizialmente Costantino Mitsotakis non riconosce l'indipendenza di Slovenia e Croazia, nel timore che possa proclamarsi sovrana anche la Macedonia, la quale ha rivendicazioni territoriali sulla Macedonia bizantina, ma l'8 settembre 1991 dichiara l'indipendenza anche la Repubblica di Dubrovnik, che riprende l'antico nome di Repubblica di Ragusa (o di San Biagio), ed invoca l'aiuto degli italiani e dei bizantini contro i cannoneggiamenti di cui i bosniaci la fanno oggetto. A questo punto Mitsotakis è costretto a far buon viso a cattivo gioco: non può lasciare Ragusa unicamente in mani italiane, e siccome Roma ha già inviato due corvette in difesa del porto ragusano, è costretto ad intervenire, riconoscendo l'indipendenza non solo di Ragusa, ma anche di Lubiana e Zagabria.

La bandiera della Repubblica di Ragusa (o di San Biagio)

La bandiera della Repubblica di Ragusa (o di San Biagio)

I timori di Mitsotakis si fanno realtà l'8 ottobre 1991, quando anche la Macedonia e il Kosovo proclamano l'indipendenza. La prima prende la denominazione di "Republika Makedonija" ed adotta come bandiera la Stella di Vergina (o Stella argeade), una stella a 16 raggi ritenuta legata alla Dinastia di Alessandro Magno. L'Impero Bizantino protesta vivacemente perchè lo stesso simbolo, su campo blu anziché rosso, compare sulla bandiera di due sue Periferie; Costantino Mitsotakis arriva ad affermare: « Quel simbolo è bizantino e ci è stato rubato! » Il Senato Imperiale approva una risoluzione in cui si afferma che la Stella Argeade appartiene alla tradizione bizantina. Anche la minoranza albanese che vive in Macedonia sostiene di non identificarsi in un simbolo che rappresenta soltanto l'etnia macedone slava, e pertanto non è adatto ad uno stato multiculturale. Alla fine il governo di Skopje butta la spugna e nel 1995 decide di adottare come bandiera un simbolo diverso, un sole ad otto raggi scoperto su un manufatto dell'Età del Bronzo nell'antica regione della Peonia, utilizzato anche dalla minoranza degli Arumeni, sul quale l'Impero Bizantino non vanta alcun copyright. Resta però la disputa sul nome: secondo Mitsotakis anche il termine "Macedonia" fa parte dell'Impero Bizantino, e chiede a Skopje di cambiare il nome ufficiale in "Repubblica di Macedonia Slava" o in "Repubblica d'Illiria". Il Presidente Macedone Kiro Gligorov fa però orecchio da mercante. In conseguenza di questa disputa, molti stati ancor oggi riconoscono il paese balcanico con il nome di "Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia" (in greco PGDM, "Proin Ghiugoslaviki Demokratia tes Makedonias").

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La Stella di Vergina sulla bandiera della periferia di Macedonia orientale (a sinistra)
e sulla prima bandiera della Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (a destra)

Ma il peggio è ancora da venire. Il 15 ottobre 1991 anche la Serbia dichiara di volersi staccare dalla Bosnia, ma nel territorio serbo vive una nutrita minoranza di Bosniaci cattolici, i quali sono divisi dai serbi, oltre da una rivalità etnica le cui radici affondano nel Medioevo, anche dall'odio religioso. Il 9 gennaio 1992 i bosniaci dichiarano la Repubblica Bosniaca di Serbia, e come risposta i Serbi indicono un referendum per decidere sull'indipendenza. Nonostante l'opposizione dei bosniaci, il referendum si tiene dal 29 febbraio al 1 marzo 1992; vota il 63,7 % degli aventi diritto, ed il 92,7 % si dichiara a favore dell'indipendenza. Purtroppo il 1 marzo 1992 l'esercito bosniaco comincia a bombardare le principali città serbe: Kragujevac, Uzice e la stessa capitale serba, Belgrado, che viene cinta d'assedio, mentre la Repubblica Bosniaca di Serbia proclama l'annessione a Travnik ed anche la consistente minoranza ungherese della Vojvodina proclama l'indipendenza nel Nord. Tra stragi, massacri ed odiosi episodi di pulizia etnica, la guerra si trascinerà per ben tre anni, causando quasi 100.000 morti tra militari e civili. L'Europa guarda impotente alla carneficina, alimentata da odi secolari che si pensavano sopiti per sempre; Mitsotakis tenta di mantenersi neutrale nel conflitto, ma gran parte della Destra Ortodossa dell'Impero parteggia per i correligionari Serbi, mentre Stati Uniti, Germania ed Italia riforniscono i Croati e i Bosniaci. Le truppe bosniache occupano per breve tempo parte del territorio della Repubblica di Ragusa, ma l'arrivo di tre minacciose unità navali italiane e di una bizantina costringono l'esercito di Travnik a ritirarsi. Rinasce così sulle rive dell'Adriatico uno degli stati più antichi e gloriosi d'Europa, la cui superficie misura appena 145 chilometri quadrati, la cui lingua ufficiale è l'italiano; il capo di stato, che è anche capo del governo, riprende l'antico nome di Doge. Primo Doge della Repubblica è Furio Radin, 41 anni, già deputato presso il Parlamento Jugoslavo di Travnik.

Dopo orrende carneficine di civili operate da entrambe le parti in guerra, duramente condannate dalla comunità internazionale, il Presidente USA Bill Clinton convince ungheresi e serbi a porre fine alla guerra tra di loro firmando il 18 marzo 1994 gli Accordi di Washington, con cui Serbia e Vojvodina fondano una nuova federazione paritaria. I Bosniaci tuttavia rifiutano ogni accordo con ungheresi e serbi, tanto che l'uomo forte bosniaco, il Presidente Bosniaco Slobodan Milosevic, è costretto ad interrompere ogni relazione con la Repubblica Bosniaca di Serbia, minacciando di abbandonarla al suo destino. Dal 6 al 25 luglio 1995 Ratko Mladic, comandante in capo delle forze di occupazione bosniache in Serbia, si macchia di un crimine orrendo nella cittadina di Zrenjanin, in Voivodina, facendo uccidere a sangue freddo 8.372 civili (incluse donne, vecchi e bambini) colpevoli solo di essere serbi. La svolta arriva nell'agosto 1995, quando le operazioni militari "Lampo" e "Tempesta" in poche settimane riportano sotto il controllo croato il territorio occupato dai bosniaci, grazie al determinante aiuto delle truppe della NATO. I bosniaci sono costretti ad arretrare, e il 30 agosto l'aviazione NATO lancia un devastante raid aereo contro le truppe di Travnik che assediano Belgrado, costringendole a togliere finalmente l'assedio. Per la prima volta i Bosniaci di Serbia si dicono pronti a trattare. E così il 21 novembre 1995, dopo tre settimane di negoziati, nella base militare USA di Dayton viene firmato l'accordo che pone fine alla guerra Serbo-Bosniaca. Oltre al Presidente USA Bill Clinton sono presenti il Primo Ministro Britannico John Major, il Presidente Francese Jacques Chirac, il Cancelliere Tedesco Helmut Kohl, il Primo Ministro Russo Viktor Chernomyrdin e il Protospatario Bizantino Andrea Papandreu; quest'ultimo ha infatti sconfitto Mitsotakis nelle elezioni legislative del 1995, tornando al governo dell'Impero con il suo BYSOK. La Serbia diventa una Repubblica Federale composta da un'unità territoriale serba ortodossa e da una bosniaca cattolica, mentre Travnik deve rinunciare all'idea di creare una "Grande Bosnia" e si accontenta di fondare una nuova Federazione Jugoslava, che però comprende solo la Bosnia storica e il Montenegro, dopo che anche la Repubblica di Ragusa ha visto riconosciuta la sua indipendenza dopo secoli di lotte. Il generale bosniaco Ratko Mladic, capo delle milizie bosniache in Serbia, è accusato dal Tribunale Internazionale dell'Aia di orrendi crimini contro l'umanità e contro di lui è spiccato un mandato di cattura internazionale; egli verrà finalmente acciuffarlo solo il 26 maggio 2011, in uno dei suoi santuari tra le Alpi Dinariche dove è rimasto nascosto per un quindicennio.

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La fine del Millennio tra monete uniche e disfatte calcistiche

Facciamo ora un passo indietro fino al 7 febbraio 1992, un giorno storico per l'Europa: vengono firmati infatti i Trattati di Tessalonica (di Maastricht nella nostra Timeline) con i quali la CEE si trasforma in Unione Europea (UE), si accelera il cammino verso l'unità politica, si rafforzano le istituzioni comunitarie, si sollecita il rafforzamento delle politiche economiche di sviluppo, proponendo un aumento sostanziale dei fondi strutturali per garantire uno sviluppo effettivo delle regioni meno avanzate, e si annuncia l'adozione entro dieci anni di una moneta unica. Ora l'UE conta 12 paesi membri, dopo l'adesione di Regno Unito, Irlanda e Danimarca nel 1973 e di Spagna e Portogallo nel 1986 (la Germania Est è entrata nella CEE nel 1990 quando si è unificata con la Germania Ovest); nel 1995 aderiranno Austria, Svezia e Finlandia, e ben presto tutti i paesi dell'Est usciti dal comunismo presentano domanda di adesione all'Unione Europea (per prima lo fa la Repubblica di Ragusa, che rappresenta una sorta di protettorato congiunto italo-bizantino).

La tecnologia informatica intanto fa passi da gigante, e molte società bizantine sono all'avanguardia in Europa per la produzione di Software. La capillare diffusione di Internet fa sì che all'Impero venga assegnato il TLD .bi (nella nostra Timeline questo è il TLD del Burundi, cui qui viene assegnato .bu). Ben presto l'Impero diventa una delle nazioni d'Europa con il maggior numero di utenti Internet ogni 1000 abitanti, e contemporaneamente si diffonde esponenzialmente anche l'uso di cellulari.

Il 6 marzo 1994 muore a New York, a causa di un cancro ai polmoni, l'attrice, cantante ed ex Ministro Bizantino della Cultura Melina Mercouri. La sua salma è traslata in patria, le vengono tributati funerali degli di un capo di stato, ed oggi riposa nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Il 20 novembre 1995 anche il Protospatario Andrea Papandreu, che ha 75 anni, viene ricoverato in ospedale a Costantinopoli per problemi renali e di cuore, che il 17 gennaio 1996 lo costringono a rassegnare le dimissioni nelle mani del Basileus; morirà il 23 giugno di questo stesso anno. Il Partito BYSOK indica allora come suo successore il suo braccio destro Costantino Simitis, 60 anni. Benché molto apprezzato in ambito europeo, Simitis è considerato in patria poco più di un tecnocrate privo del carisma del suo predecessore, tanto che i giornali gli hanno affibbiato il nomignolo dispregiativo di "Ragioniere di Bisanzio" (Byzantine Logistis"): egli è ritenuto abilissimo nel far quadrare i conti dell'Impero, ma assolutamente privo di polso in temi più squisitamente politici. Ad ogni modo Simitis abbandona la linea politica del suo predecessore e non esita a prendere misure fortemente impopolari per poter onorare gli accordi sottoscritti con gli altri paesi della UE ed entrare insieme a loro nella zona Euro fin dal 1999. La sua politica economica si basa sullo slogan "Eksynchronismos" ("modernizzazione"): egli avvia importanti riforme in tema di contratti lavorativi e di regime fiscale e porta avanti la realizzazione di grandi opere pubbliche come il ponte Rio-Antirion che unisce le due sponde del canale di Corinto poco fuori la città di Patrasso, il nuovo aeroporto di Atene dedicato ad Eleftherios Venizelos, tre nuove linee della metropolitana di Costantinopoli e la nuova autostrada che congiunge Costantinopoli con la capitale bulgara Sofia. Sotto il governo di Simitis inoltre si tengono, dal 19 luglio al 4 agosto 1996, i Giochi Olimpici del Centenario. A questa edizione prendono parte 10.625 atleti, 5.501 squadre e 201 paesi, e sono state assegnate medaglie in 28 sport diversi per un totale di 301. Per la prima volta dai Giochi della XXVI Olimpiade, partecipano tutte le nazioni dotate di un Comitato Olimpico, e l'edizione si rivela un grande successo.

Nella notte tra l'11 e il 12 aprile 1997, un furioso incendio devasta la Basilica della Vergine Theotokos di Pharos, nella quale è conservato il Mandylion di Edessa, una delle più preziose reliquie di tutta la Cristianità. Fortunatamente il Sacro Lino non è lambito dall’incendio poiché il 24 febbraio 1993, per consentire i lavori di restauro della Basilica, è stata provvisoriamente trasferita dietro all’altare maggiore, protetta da una teca di cristallo antiproiettile appositamente costruita. I pompieri decidono comunque di portare via il Mandylion onde evitare sia i rischi di crollo anche solo parziale della cupola della Basilica, sia i possibili danni provocati dall’acqua degli idranti usati per domare le fiamme. Un vigile del fuoco frantuma e colpi di mazza il vetro antisfondamento (le immagini del salvataggio fanno il giro del mondo) e il Lenzuolo è trasferito al Fanar, la residenza del Patriarca, dove alcuni membri della Commissione Internazionale per lo Studio del Mandylion, istituita da Atenagora nel 1970, confermano che la reliquia non ha subito alcun danno. Il Basileus proclama allora un giorno di festa per lo scampato pericolo; anche Papa Giovanni Paolo II definisce « miracoloso » il salvataggio del Mandylion. Da allora il Lino è conservato in posizione distesa all’interno di una teca a tenuta stagna, in assenza di aria e in presenza di un gas inerte. La teca è a sua volta protetta da un "sarcofago" realizzato con una struttura a più strati, in grado di fornire un'alta resistenza meccanica ed una valida protezione in caso di incendio.

Un altro evento riguardante l'Impero Bizantino ha risonanza planetaria, soprattutto sui tabloid. Il 4 novembre 1997 il Principe Ereditario Giovanni Porfirogenito sposa nella Basilica di Santa Sofia sua cugina Cristina di Borbone (nata il 13 giugno 1965), figlia terzogenita del Re di Spagna Juan Carlos di Borbone: per lo sfarzo e la sontuosità della cerimonia, seguita in diretta dai mass media di tutto il mondo, esse passano alla storia come le "Nozze del Secolo". Giovanni e Cristina avranno quattro figli:

1) Maria Olimpia (nata il 25 luglio 1996);
2) l'erede al trono Costantino (nato il 29 ottobre 1998);
3) Andrea (nato il 12 agosto 2000):
4) Manuele (nato il 17 settembre 2004).

Il 1 gennaio 1999, ultimo anno del Novecento, si apre con l'introduzione della nuova moneta europea nei mercati finanziari per tutte le forme di pagamento non fisiche (ad esempio i trasferimenti elettronici, i titoli di credito, eccetera), le valute degli stati partecipanti vengono bloccate ad un tasso di conversione prefissato. Ad aderire fin da subito alla Zona Euro sono 12 dei 15 paesi UE: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Impero Bizantino, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. La Dracma Bizantina è fissata al cambio di 3,40750 euro. La Repubblica di Ragusa, che ha adottato come valuta l'antico Ducato, decide di ancorare fin da subito quest'ultimo all'Euro in vista di una prossima adesione; tre giorni dopo fa lo stesso il Kosovo con la sua moneta nazionale, il Lek Kosovaro. Il Montenegro poi, che è ancora unito alla Bosnia nella Federazione Jugoslava, ultimo rimasuglio della Jugoslavia di Tito, decide di adottare unilateralmente l'Euro, così come prima adottava unilateralmente il Marco tedesco.

Come si è visto, l'Impero ce l'ha fatta ad aderire fin da subito all'Euro, ma ciò costa un caro prezzo. « Il Lupo perde il pelo ma non il vizio », commenta la maggior parte della stampa bizantina in seguito al crack della Borsa Valori di Costantinopoli il 17 settembre 1999, provocato da operazioni finanziarie ben poco legali per finanziare i Partiti ed ottenere fin da subito l'ingresso nella Zona Euro, oltre che da pratiche di Insider trading ai danni dei piccoli risparmiatori. Ne deriva uno scandalo in cui finiscono implicati lo stesso Protospatario Costantino Simitis e il suo ministro delle finanze Gianni Papantoniu, rei agli occhi dell'opinione pubblica di avere indotto i piccoli risparmiatori a investire in azioni quotate alla Borsa di Costantinopoli con le loro dichiarazioni mendaci sull'andamento trionfale dell'economia nazionale. Simitis sa difendersi solo ignorando le critiche e limitandosi ad imputare responsabilità ai piccoli risparmiatori: « Che stiano più attenti! », dichiara infatti con cinismo alla stampa. Tutto ciò gli costerà la rielezione.

Come se non bastasse, il 17 agosto un movimento tellurico interessa la città di Smirne, e poche settimane dopo, il 7 settembre 1999, l'Impero è colpito dal più devastante terremoto degli ultimi 20 anni: Atene è danneggiata gravemente e muoiono in totale 145 persone. I primi aiuti ad arrivare sono quelli dei Turchi, ed infatti si dice che l'evento inaugura la cosiddetta "diplomazia dei terremoti", avviando il disgelo turco-bizantino. Anche in questo caso però Costantino Simitis è criticato ed accusato di scarsa energia nell'affrontare la situazione drammatica vissuta dall'Impero.

Intanto, divampa nuovamente il conflitto nei Balcani Occidentali, praticamente fuori della porta di casa dei Bizantini. Infatti l'uomo forte del governo bosniaco, Slobodan Milosevic, che si sente forte dell'appoggio incondizionato datogli dalla Russia, afferma che la Repubblica del Kosovo (abitata da una maggioranza albanese e da minoranze serbe e bosniache) deve entrare a far parte della Federazione Jugoslava, essendo lì avvenuta la famosa Battaglia di Kosovo Polje, di cui abbiamo parlato in quel che precede, e che i Bosniaci considerano simbolo della loro riscossa nazionale. Di fronte al fermo rifiuto del Presidente Kosovaro Abraham Rugova, il 10 ottobre 1998 l'esercito jugoslavo attacca a sorpresa la piccola repubblica balcanica, non più grande dell'Abruzzo, che Italia ed Impero Bizantino considerano come proprio co-protettorato. Di conseguenza entrambe le nazioni richiedono l'aiuto NATO per far cessare il conflitto Nel frattempo l'esercito bosniaco ha preso la capitale Pristina, che viene praticamente rasa al suolo; replicando la politica già messa in atto in Serbia durante il conflitto dal 1992 al 1995, i bosniaci tentano di cacciare gli albanesi kosovari verso l'Albania e la Macedonia, provocando una catastrofe umanitaria. A questo punto si muove il Presidente USA Bill Clinton, che prima tenta una composizione diplomatica del conflitto, quindi ordina pesanti bombardamenti NATO su Travnik e sulle principali città bosniache (ma non su quelle del Montenegro). Alla fine Slobodan Milosevic è costretto a gettare la spugna e ad ordinare il ritiro delle sue truppe dal Kosovo l'11 giugno 1999. Siccome il Kosovo è stato completamente devastato dal conflitto, l'Unione Europea vara una campagna di aiuti alla quale l'Impero Bizantino dà un contributo rilevante. Quest'ulteriore sconfitta accelererà la fine del corrotto regime di Milosevic e di quanto rimane della vecchia Jugoslavia.

Purtroppo gli anni Novanta portano ben poca gloria al calcio bizantino. Cominciamo dal Campionato Europeo del 1992 in Svezia, per il quale l'Impero Romano manca la qualificazione giungendo terzo nel Gruppo 6 dietro a Paesi Bassi (qualificati) e Portogallo, e davanti a Finlandia e San Marino. Veniamo ora ai Campionati Mondiali del 1994. Alla guida dell'Impero Bizantino è richiamato Alkis Panagoulias, nonostante sia stato considerato responsabile del "Disastro Panatenaico" del 1982. La Nazionale Biancaoro è inserita nel Gruppo 5 di Qualificazione, e a sorpresa vince il suo girone davanti alla Russia (nazionale che ha sostituito in corsa l'URSS), all'Islanda, all'Ungheria e al Lussemburgo. Le fosche previsioni della vigilia (c'è chi considera Panagoulias addirittura uno "iettatore") sembrano fugate ma, durante la Fase Finale negli Stati Uniti, i Bizantini non ripetono la bella prova. Il 21 giugno 1994 al Foxboro Stadium di Foxborough (Massachusetts) subiscono una dura lezione dall'Argentina, perdendo per 4-0 (vanno in gol Gabriel Batistuta al 2', al 44' e all'89' su rigore, e Diego Armando Maradona al 60'). Il 26 giugno al Soldier Field di Chicago subiscono un secondo 4-0 da parte della Bulgaria (segnano Hristo Stoickov al 5' e al 55', in entrambi i casi su rigore, Jordan Leckov al 65' e Daniel Borimirov al 90'). Il 30 giugno, ancora a Foxborough, i bizantini subiscono il terzo KO, stavolta per 2-0 dalla Nigeria (segnano Finidi George al 45' e Daniel Amokachi al 90'), che è la prima squadra africana a qualificarsi come prima del suo girone. L'Impero Bizantino risulta così la peggior squadra della manifestazione, con 10 reti subite e nessuna segnata; subito un tabloid strilla: « Alkis Panagoulias è l'unico Mega Dux che ha condotto Costantinopoli a ben due disfatte! » E non va meglio nelle Qualificazioni per il Campionato Europeo del 1996: l'Impero, ora guidato da Costanino Polychroniou, arriva terzo nel Gruppo H dietro a Russia e Scozia e davanti a Finlandia, Isole Faer Oer e San Marino, e non riesce a qualificarsi per la fase finale in Inghilterra. Nonostante ciò, Polychroniou è riconfermato per le qualificazioni al Campionato Mondiale del 1998 in Francia. Ma nel Gruppo 1 l'Impero arriva solo terzo dietro a Danimarca e Croazia, e davanti a Jugoslavia e Slovenia: niente da fare anche stavolta. Va male persino alla Nazionale Under 21, che nel 1998 conquista la prima finale della sua storia nel Campionato Europeo di Categoria, tenutosi in Romania: dopo aver fatto sognare i suoi tifosi battendo 1-0 la Germania nei quarti e 3-0 i Paesi Bassi in semifinale, il 31 maggio 1998 l'Impero Bizantino si arrende per 1-0 alla forte Spagna. Stessa solfa anche per gli Europei in Belgio e Paesi Bassi del 2000: i Bizantini, ora guidati da Vassilis Daniill, nel Girone B arrivano secondi dietro alla Norvegia e davanti a Ucraina, Lettonia, Albania e Georgia, e si qualificano per gli spareggi, dove incontrano la Slovenia. Il 13 novembre 1999 allo Stadio Bezigrad di Lubiana i padroni di casa si impongono 2-1: dopo l'illusorio vantaggio di Marinos Ouzounidis al 33', gli slavi replicano con Zlatko Zahovic al 53' e Milenko Acimovic all'83'. Nel ritorno il 17 novembre allo Stadio Andrea III di Costantinopoli, Nicola Liberopulo segna al 68' il gol che qualificherebbe l'impero, ma al 78' Miran Pavlin pareggia su papera del portiere Ilias Atmatzidis, e così i Bizantini sono eliminati mentre la piccola Slovenia si qualifica per la prima volta agli Europei. Proprio al termine di questa lunga striscia di sconfitte, tuttavia, la Federazione Calcio Bizantina prende una decisione che segnerà la storia del calcio imperiale: viene ingaggiato come commissario tecnico il tedesco Otto Rehhagel, 62 anni, non particolarmente brillante come giocatore della Bundesliga, ma reduce da una brillante carriera come allenatore: la stampa tedesca lo ha ribattezzato "Torhagel" ("Tor" in tedesco significa "gol" e "Hagel" significa "grandinata"). Molti a Bisanzio disapprovano la scelta di un allenatore straniero ma, come vedremo, i risultati sul campo gli daranno ragione.

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L'Impero Bizantino muove guerra al Terrore

I nuovi scandali sono fatali a Costantino Simitis, che nel marzo 2000 perde le elezioni legislative; Costantino Karamanlis, leader di Nuova Democrazia, è il nuovo Protospatario. Karamanlis dichiara che le priorità del suo governo saranno l'istruzione, la politica economica, la politica agricola, l'abbassamento del livello di disoccupazione (pari al 11,2 %) e un'amministrazione statale più efficace e trasparente. La sua politica economica è incentrata sul taglio delle tasse, sugli incentivi agli investimenti e sulla deregolamentazione del mercato. Effettivamente il governo Karamanlis riuscirà a dimezzare il deficit di bilancio entro il 2005, portandolo al 2,6 %, ma non a mantenere tutte le altre promesse. Siccome il BYSOK lo accusa di falsificare i conti per far credere al popolo bizantino di aver compiuto miracoli economici, Karamanlis ribatte che la colpa è tutta del Partito Socialista, che ha creato un buco pazzesco nei conti per organizzare con gran sfarzo le Olimpiadi del 1996, e poi non si è preoccupato di cercare di colmarlo. I Socialisti contestano anche lo stanziamento di 210 milioni di euro per sostenere la connessione Internet a banda larga su tutto il territorio dell'Impero, regioni montuose incluse, definito « il più ambizioso programma di sviluppo della banda larga mai intrapreso da alcun paese UE »; per il BYSOK si tratta di spese non giustificate dal ritorno economico.

Il Protospatario Bizantino Costantino Karamanlis

Il Protospatario Bizantino Costantino Karamanlis

A dividere il mondo politico bizantino è anche la decisione di Karamanlis di dar vita a una riforma organica del sistema di Istruzione Superiore: il progetto incontra la forte opposizione della maggioranza della comunità accademica, ma anche di studenti e genitori. La riforma delle università greche poi portato a dimostrazioni su larga scala, con decine di migliaia di manifestanti e con l'occupazione di licei ed atenei. Anche in questo caso Nuova Democrazia accusa il BYSOK di aver aizzato le piazze contro di lui, e un deputato di Destra arriva a proporre una Commissione Senatoriale per "riscrivere i testi scolastici di storia" che, secondo lui, sono tutti scritti "dal punto di vista della Sinistra". La boutade suscita polemiche a non finire. A ciò si aggiunge l'appoggio dato da Karamanlis a George W. Bush, vincitore delle elezioni presidenziali americane nel novembre 2000 contro il candidato democratico Al Gore, sostenuto dai Socialisti, e a Silvio Berlusconi, vincitore delle elezioni politiche italiane nel maggio 2011.

Persino la religione è occasione di scontro tra opposti estremismi. Il 14 gennaio 2000, giorno di preghiera per l'Unità dei Cristiani, Giovanni Paolo II apre la Porta Santa del Grande Giubileo del 2000 nella Basilica romana di San Paolo Fuori le Mura insieme all'Arcivescovo di Canterbury , in rappresentanza dei Protestanti, e del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, in rappresentanza degli Ortodossi; il Patriarca è duramente criticato da Nuova Democrazia, alcuni Senatori della quale lo accusano di "riconoscere il Primato Petrino", mentre i Socialisti ne approfittano per sostenere la necessità di attribuire pari dignità anche ai cittadini cattolici e protestanti dell'Impero. Il 4 maggio 2001 poi Giovanni Paolo II ricambia la visita, recandosi ad Atene nel corso del suo Pellegrinaggio Giubilare sulle orme di San Paolo (nell'ambito dello stesso viaggio si reca anche in Siria e a Malta), dove incontra l'Arcivescovo di Atene Christos Cristodulo e il Patriarca Bartolomeo I, e parla davanti al Sacro Sinodo della Chiesa Ortodossa, ricordando il discorso di Paolo davanti all'Areopago di Atene. Anche in questo caso Nuova Democrazia critica i prelati ortodossi, e alcuni gruppi di estrema destra danno vita anche a manifestazioni di piazza contro il Papa, definito "eretico e scismatico", mentre i Socialisti ateniesi dicono che è il benvenuto. Alla fine il Basileus Costantino XVI è costretto ad intervenire ed alzare la voce affinché si abbassino i toni dello scontro politico e si smetta di interpretare ogni dibattito nell'aula del Senato come se fosse una guerra all'arma bianca.

Ben presto però ci pensano i drammatici eventi internazionali a mettere quasi tutti d'accordo nel Senato di Costantinopoli. L'11 settembre 2001 è infatti il giorno dei più devastanti attacchi terroristici della storia dell'uomo, quelli di Al Qaeda contro le Twin Towers di New York e il Pentagono di Washington. Nel disastro perdono la vita anche 33 americani di origine bizantina; tra l'altro, l'Impero è colpito direttamente da questi atroci attentati perchè la chiesa greco-ortodossa di San Nicola va completamente distrutta, sepolta dal crollo della Torre Sud. A questo punto sia Nuova Democrazia che il Partito Socialista si dicono solidali con gli Stati Uniti, e quando Costantino Karamanlis propone di inviare soldati e armamenti in Afghanistan a sostegno dell'Alleanza del Nord e contro i Talebani, che proteggono Osama Bin Laden, la stragrande maggioranza del Senato vota a favore; contrari sono solo i Comunisti, i Verdi, ed altri gruppi minori di Estrema Sinistra. L'Impero Bizantino partecipa così all'Operazione Enduring Freedom" ("Libertà Duratura") insieme a USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia, Danimarca, Turchia, Canada, Australia e Nuova Attica; in tutto giungono in Afghanistan 3.960 soldati bizantini, guidati dal Generale Nicola Douvas. Del resto l'opinione pubblica bizantina, fortemente scossa dal disastro, è in larga misura favorevole alla guerra: oltre il 70 % degli intervistati su questo tema afferma che la guerra è necessaria per la sicurezza dell'Impero, storico baluardo della Cristianità contro l'Islam. Il 12 novembre 2001 Kabul cade in mano delle milizie antitalebane, il 7 dicembre cade anche la città santa di Kandahar, e il 17 dicembre le forze della coalizione sferrano un attacco decisivo contro le montagne di Tora Bora, nelle cui grotte i Talebani si sono rintanati. Osama Bin Laden e il Mullah Omar, capo carismatico degli "Studenti" afghani, sfuggono però alla cattura grazie alla rete di complicità di cui godono nel vicino Pakistan, e la guerriglia talebana non cessa, costringendo i paesi occidentali (Impero incluso) a mantenere le loro truppe sul territorio.

Vediamo cosa sta succedendo intanto sul fronte jugoslavo. Il 24 settembre 2000 si tengono le elezioni presidenziali in Bosnia e Montenegro, e l'opposizione guidata da Vojislav Kostunica ottiene oltre il 50 % dei voti, ma il Comitato Federale per le Elezioni, controllato dal regime di Slobodan Milosevic, annuncia un secondo turno elettorale fra Kostunica e Milosevic, affermando che nessun candidato ha ottenuto la maggioranza. Il popolo bosniaco non accetta più i brogli elettorali del dittatore bosniaco, e scoppia la protesta di piazza, a partire dallo sciopero generale nelle industrie; essa raggiunge il culmine il 5 ottobre, quando migliaia di manifestanti da tutta la Bosnia affluiscono a Travnik. Questa sollevazione di piazza passerà alla storia con il nome di "Rivoluzione del Bulldozer", perchè l'operaio Ljubislav Dokic ha l'idea di usare la sua ruspa, attrezzata come un blindato, per buttare giù la porta del palazzo della RTB (Radio-Televizija Bosnije), da sempre simbolo e portavoce del potere di Milosevic. Durante la manifestazione muoiono due persone e si contano 65 feriti. Milosevic decide allora di buttare la spugna e di trincerarsi nella sua villa privata fuori la capitale, e Vojislav Koštunica si affaccia dal balcone del palazzo presidenziale gridando alla folla: « Ti saluto, libera Bosnia! » Il regime di Milosevic si disgrega rapidamente, e anche l'ultima dittatura nel cuore d'Europa cessa di esistere. Le elezioni parlamentari del gennaio 2001 vedono la vittoria del filoeuropeista Goran Dindic. Questi fa sì che il Parlamento Federale di Travnik raggiunga un accordo su una ristrutturazione della Federazione, che attenua i legami fra Bosnia e Montenegro: il 4 febbraio 2003 l'antica Federazione Jugoslava cessa di esistere anche nel nome, ed assume il nuovo nome di Bosnia-Montenegro (più esattamente "Drzavna zajednica Bosna i Crna Gora", cioè "Unione Statale di Bosnia e Montenegro"). Viene anche programmato un referendum per decidere il futuro della Federazione. Goran Dindic però viene assassinato a Travnik il 12 marzo 2003 da sicari inviati dalla criminalità organizzata; gli succede allora Adrian Terzic, che continua la sua opera e guida l'avvicinamento della Bosnia all'Unione Europea, cammino già intrapreso da Slovenia, Croazia, Kosovo e Macedonia. La vita politica del nuovo stato continua però ad essere turbata da attentati da parte dell'Estrema Destra Bosniaca e dalle mafie che spadroneggiano sul territorio, facendola in barba alla Polizia Federale.

Per fortuna lo sport viene a rasserenare gli animi in mezzo a tanto funeste notizie. Dal 31 maggio al 30 giugno 2002 si svolge il Campionato Mondiale di Calcio in Corea e Giappone. L'Impero Bizantino, guidato dal coach tedesco Otto Rehhagel, è stato inserito nel gruppo 4 delle qualificazioni, ed è giunto secondo dietro alla Svezia e davanti a Slovacchia, Macedonia, Moldavia ed Azerbaigian. Costretto agli spareggi, si è qualificato agevolmente battendo il 10 novembre l'Austria a Vienna per 1-0 (gol di Nicola Liberopulo al 60') e poi ancora per 5-0 a Costantinopoli (segnano Giorgio Karagounis al 21' e 31', Nicola Liberopulo al 45' e Angelo Charisteas al 69' e 85'). Nel Campionato Mondiale l'Impero è inserito nel Gruppo C con Brasile, Costa Rica e Cina. Il 3 giugno allo Stadio Munsu di Ulsan, in Corea del Sud, l'Impero Bizantino esordisce con una sconfitta onorevole per 2-1 contro i fortissimi brasiliani (va in rete per primo Giorgio Karagounis al 47', poi Ronaldo al 50' e Rivaldo su rigore all'87' ribaltano il risultato): un match che fa capire che l'Impero può andare lontano. Invece il 9 giugno allo stadio Munhak di Incheon i Bizantini ottengono solo un modesto pareggio 1-1 con la Costa Rica (ad Angelo Charisteas al 56' risponde Winston Parks all'86'); il 13 giugno allo Stadio Olimpico di Seoul però i Biancooro si impongono nettamente sui cinesi (Nicola Liberopulo segna una tripletta al 6', 9' e 85'), e si qualificano come secondi dietro al Brasile. Il 18 giugno allo Stadio Miyagi di Rifu devono incontrare i padroni di casa del Giappone (arbitra l'italiano Pierluigi Collina), ma nonostante l'indiavolato tifo dei giapponesi segna Giorgio Georgiadis al 12', e poi gli Imperiali resistono con successo all'assedio dei nipponici, ottenendo la qualificazione ai Quarti (l'Italia è invece sconfitta dalla Corea del Sud soprattutto a causa di un arbitraggio sfavorevole). Il 22 giugno allo Stadio Nagai di Osaka i Bizantini incontrano i Senegalesi, un'altra delle rivelazioni del torneo, ed hanno la meglio solo nel primo tempo supplementare grazie ad un golden goal di Giorgio Georgiadis al 94'. 36 anni dopo i mondiali in Inghilterra, l'Impero è di nuovo in semifinale, dove il 26 giugno a Saitama si trovano di nuovo davanti il Brasile. Ottengono un'altra sconfitta con l'onore delle armi, cedendo al 49' ad un gol del capocannoniere Ronaldo. Il 29 giugno a Daegu incontrano la Corea del Sud nella Finale per il Terzo Posto, e stavolta prevalgono 3-2 (segnano al 1' Nicola Liberopulo, al 9' Lee Young-Pyo, al 13' e al 32' Giorgio Georgiadis e al 93' Song Chong-Gug). Questo Terzo Posto rappresenta il miglior risultato di sempre dell'Impero Bizantino ai Mondiali di Calcio, e Otto Rehhagel è festeggiato in patria come un eroe e soprannominato "il Basileus" sia dalla Sinistra che dalla Destra, finalmente concordi su un punto. E dire che il più grande successo deve ancora arrivare, come vedremo tra poco!

Ma la concordia non dura a lungo sotto i cieli dell'Impero Bizantino, stavolta a causa dell'iniziativa, presa dal presidente americano George W. Bush, di finire il lavoro di suo padre, attaccando la Siria. Bush elabora infatti la teoria della "guerra preventiva", consistente nello sferrare il primo colpo senza attendere gli attacchi dei nemici. Nel discorso sullo stato dell'Unione del gennaio 2002, Bush lancia il concetto di "Asse del Male" formato dagli "stati canaglia" invariabilmente nemici degli Stati Uniti: Libia, Siria, Iran e Corea del Nord, che è necessario spazzar via per assicurare la pace nel mondo. Ma la Libia appare al momento debole e scarsamente pericolosa; l'Iran al contrario è troppo vasto, popoloso e potente per poterlo invadere; la Corea del Nord è protetta dalla Cina; e così, gli sforzi dell'amministrazione Bush si indirizzano proprio contro la Siria. Per giustificare l'attacco sul piano internazionale, Bush afferma che dal 1991 in poi il dittatore siriano Saddam Hussein ha lavorato sottobanco per dotarsi di armi di distruzione di massa, e continua a foraggiare il terrorismo internazionale, finanziando l'organizzazione di Bin Laden; allo scopo vengono presentate all'ONU delle prove che poi risulteranno false. Anche il Protospatario Costantino Karamanlis, appoggiato dal Basileus e dalla maggioranza del Senato Imperiale, decide di schierarsi in prima linea accanto agli Stati Uniti in quella che egli chiama « la lotta della civiltà contro la barbarie », trascinando così Bisanzio in una guerra che fondamentalmente non lo riguarda.

Le Organizzazioni Pacifiste di tutto il mondo (e nell'Impero Bizantino ve ne sono molte) sostengono invece che Washington intende solo posizionare un regime amico in un nodo chiave della polveriera mediorientale, e che, per quanto il regime di Saddam Hussein sia sanguinario, le vittime della guerra potrebbero essere molte di più di quelle della dittatura; anche Papa Giovanni Paolo II e il Patriarca Bartolomeo I si schierano con forza a favore della pace. I preparativi di guerra sono segnati da affollatissime manifestazioni di protesta in gran parte del mondo contro la "guerra ingiustificata": le strade di Londra, Parigi, Roma, Oslo, Rotterdam, Tokyo, Mosca sono attraversate da serpentoni umani vocianti e coloratissimi. Grandi proteste da parte di gruppi e organizzazioni contro la guerra scuotono anche le città dell'Impero: Costantinopoli, Adrianopoli, Smirne, Tessalonica, Atene, Nicosia, e da moltissimi balconi sventolano le bandiere arcobaleno della pace (vedi qui sotto). Un commentatore del quotidiano "Ta Nea" definisce l'opinione pubblica mondiale "l'unica superpotenza in grado di contrastare gli Stati Uniti", ma in effetti le proteste non riescono a scalfire né la determinazione dell'amministrazione statunitense (il cui elettorato è in maggioranza favorevole alla guerra) né la volontà del governo bizantino di appoggiare l'invasione a dispetto dell'opposizione da parte dell'opinione pubblica.

Parlando davanti al Senato il 22 dicembre 2002, Karamanlis dichiara che l'Impero parteciperà all'attacco contro la Siria con aerei e un contingente di circa 3.200 soldati, ma stavolta i Senatori del BYSOK non lo seguono e per protesta abbandonano l'aula, schierandosi a fianco dei pacifisti. Intanto, l'8 novembre 2002 Bush ha ottenuto l'approvazione unanime da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU della risoluzione 1441, che offre alla Siria un'"ultima possibilità di adempiere ai propri obblighi in materia di disarmo", e minacciava "serie conseguenze" in caso contrario; in realtà, la decisione di muovere guerra al regime di Damasco è già stata presa. Il capo degli Ispettori ONU Muhammad al-Baradei dichiara di non aver scoperto in Siria alcun programma atomico degno di nota, ma nemmeno questo serve a fermare Bush. Il "Presidente di Guerra" (come egli stesso si è definito) raduna attorno a sé quella che chiama la "Coalizione dei Volenterosi", formata dai paesi disposti ad appoggiarlo nella guerra, tra i quali Regno Unito, Impero Bizantino, Spagna, Italia, Polonia. Bolla invece come "vecchia Europa" i paesi come Francia, Germania e Russia che non intendono seguirlo in questa avventura. Il 20 marzo 2003, scaduto l'ultimatum, Bush dà il via ai bombardamenti contro la Siria, cui segue l'attacco da parte delle forze di terra, per lo più americane, britanniche e bizantine, che contano circa 260.000 uomini. Poiché il Kurdistan ha negato il transito delle forze di terra sul suo territorio, esso avviene dalla parte del Libano e del mare (Israele se ne sta fuori e si limita a presidiare le alture del Golan). Già la sera del 20 marzo le forze bizantine e i Marines occupano il porto di Latakia, impossessandosi del litorale, e puntano su Aleppo, che sarà presa il 6 aprile. Il grosso delle truppe americane e britanniche avanza dal Libano, prendendo facilmente la capitale Damasco; i siriani oppongono resistenza per alcuni giorni nei pressi di Homs, aiutati da una tempesta di sabbia (il cosiddetto "Mantello di Maometto" che proteggerebbe i paesi arabi), ma il 9 aprile cade Tadmur e le rimanenti difese siriane crollano: il 15 aprile cade anche la città natale di Saddam Hussein, al-Raqqa. Il Rais e i suoi principali gerarchi si danno alla macchia, e il 1 maggio sulla portaerei "Abraham Lincoln" il Presidente Bush dichiara che la guerra è vinta con il celebre «Mission Accomplished » (Missione Compiuta).

La missione però è tutt'altro che compiuta. A Damasco gli americani, i britannici e i bizantini insediano un governo loro favorevole, che però si rivela debole e dilaniato dalle rivalità tribali che il pugno di ferro di Saddam Hussein riusciva a tenere a freno. Ben presto Al Qaeda si insinua in Siria e comincia una dura guerriglia contro gli occupanti, guidata da Abu Mus'ab al-Zarqawi, luogotenente di Bin Laden. Gli attentati e gli attacchi contro le truppe della coalizione diventano uno stillicidio insostenibile, e a ciò si aggiunge la guerra scatenata dai Curdi (circa il 9 % della popolazione totale) che vorrebbero staccarsi dal governo di Damasco per unirsi alla Repubblica del Kurdistan. L'opposizione della coalizione a questo progetto vede lo scoppio di una vera e propria guerra civile. Le forze armate bizantine sono schierate nell'area del litorale, con quartier generale a Latakia, un'area relativamente tranquilla rispetto alle aree di Aleppo e Damasco, ma ciò non impedisce che il 12 novembre 2003 i soldati imperiali siano fatti oggetto di un gravissimo attacco suicida ad al-Haffah: un camion bomba è scagliato contro una caserma, i morti sono 23 dei quali 19 bizantini, tra militari e civili. L'evento ha una grande risonanza in patria, dove il BYSOK, i Comunisti e i Verdi chiedono a gran voce il ritiro delle truppe, definite "di occupazione", ma senza risultati. Nella primavera-estate del 2004 si registra un'escalation preoccupante: l'Esercito del Mahdi, formazione della resistenza antiamericana, porta i combattimenti anche nel settore bizantino. Sempre ad al-Haffah, il 6 aprile 2004 i soldati dell'Impero sono impegnati in uno scontro della durata di 5 ore per le vie della città, nel quale sono feriti in modo lieve undici fanti. A maggio e a settembre dello stesso anno, i bizantini sono coinvolti in altri due scontri militari, nel primo dei quali muore Callimaco Zoitakis, Primo Caporalmaggiore della Legione di Giannina, colpito da una scheggia di granata da mortaio. Come se non bastasse, inizia una lunga serie di rapimenti di stranieri. Un giornalista free-lance bizantino è rapito e assassinato nell'agosto 2004, mentre il 7 settembre 2004 due operatrici umanitarie di Atene, che lavorano a Damasco per conto di una ONLUS, vengono sequestrate e minacciate perchè accusate di "voler convertire i musulmani all'ortodossia". Ma le donne siriane scendono in piazza per manifestare ad alta voce a loro favore, cosa fin qui mai vista da quelle parti, e i guerriglieri islamici, riconosciuto l'abbaglio, si scusano e le liberano.

I tentativi di porre fine allo scontro attraverso un processo politico, ad esempio attraverso le elezioni del 2005, non hanno esito: dopo la vittoria alle urne, gli Arabi esacerbano ancor più il conflitto rifiutandosi di introdurre nella nuova Costituzione misure a favore dell'autonomia dei Curdi, e i governi che si succedono sono deboli ed incapaci di controllare persino i propri sostenitori. Gli scontri armati fra milizie filogovernative come ad al-Hasaka, contesa fra Arabi e Curdi) si succedono praticamente ogni giorno, accompagnati da episodi di odiosa pulizia etnica, che spingono migliaia di siriani a fuggire dalle proprie case; in particolare gli attacchi terroristici costringono all'esodo la comunità cristiana, e molti fedeli ortodossi sono ospitati dall'Impero Bizantino. La situazione è resa ancora più intricata dalle incursioni nel nord dell'esercito del Kurdistan, giustificate dagli attacchi terroristici ai danni dei Curdi, e dalle minacce di intervento da parte dell'Iran, a protezione della minoranza sciita.

I costi umani della guerra in corso sono altissimi: le perdite della coalizione fino al 31 dicembre 2007 ammontano a 4.188 morti ed oltre 28.000 feriti, l'Impero Bizantino accusa almeno 36 morti e 500 feriti, mentre per i siriani le stime oscillano tra i circa 30.000 morti di cui ha parlato George Bush e i circa 750.000 stimati dalle organizzazioni umanitarie. In ogni caso il forte coinvolgimento di Costantinopoli nella guerra avrà forti ripercussioni sulla politica interna dell'Impero, come vedremo tra poco.

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Gli attentati dell'11 marzo 2005

Il 1 maggio 2004 l'Unione Europea conosce il maggior allargamento dal momento della sua fondazione: in un colpo solo entrano Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Repubblica di Ragusa, Lituania, Lettonia, Estonia e Malta. Il 1 gennaio 2007 entreranno Romania e Bulgaria, mentre per il 2012 è previsto l'ingresso di Croazia ed Armenia. Hanno avanzato domanda di adesione anche Albania, Kosovo, Macedonia, Turchia, Georgia ed Islanda, ma per essi si prospettano tempi più lunghi.

Poco dopo fallisce un referendum, fortemente voluto dai Conservatori nella piccola Repubblica di Ragusa, per chiedere l'annessione all'Italia: gli indipendentisti hanno la meglio con l'84 % dei voti. Si tratta di una sconfitta per il Premier Italiano Silvio Berlusconi, che aveva sponsorizzato l'annessione, mentre l'Impero Bizantino e gli altri stati dei Balcani Occidentali si erano pronunciati per l'indipendenza della storica Repubblica (qui sotto se ne può vedere la cartina).

La squadra bizantina si qualifica inaspettatamente per l'Europeo 2004 senza bisogno di spareggi, vincendo il Gruppo 6 davanti a Spagna, Ucraina, Armenia e Repubblica di Ragusa, nonostante il girone fosse iniziato malissimo, perdendo 2-0 sia con gli spagnoli che con gli ucraini. A ribaltare la situazione viene un'insperata vittoria il 7 giugno 2003 in casa della Spagna, allo stadio La Romareda di Saragozza, con un gran gol di Stylianos Giannakopulo al 42', seguita l'11 giugno da una vittoria 1-0 in casa con l'Ucraina grazie a una rete di Angelo Charisteas all'86'. Nella Fase Finale in Portogallo l'Impero è inserito nel Gruppo A con i padroni di casa lusitani, la forte Spagna e la quotata Russia; i bookmakers lo danno 100 a 1 come vincitore della competizione. Nonostante questo, il 12 giugno nell'Estádio do Dragão di Porto, arbitro l'italiano Pierluigi Collina, i Biancooro sconfiggono sorprendentemente il Portogallo 2-1 nella gara d'apertura del torneo: al 7' segna Giorgio Karagounis, Angelo Basinas raddoppia al 51' su rigore, e solo al 90' l'idolo di casa Cristiano Ronaldo riesce ad accorciare le distanze. Il 16 giugno nell'Estádio do Bessa Século XXI di Porto i Bizantini pareggiano 1-1 con la Spagna (al gol al 28' di Fernando Morientes risponde Angelo Charisteas al 66'). Il 20 giugno all'Estádio do Algarve di Faro i nostri eroi perdono 1-2 con la Russia già eliminata (Dmitrij Kirishenko passa al 2', seguito da Dmitrij Bulykin al 17', poi segna Zisis Vryzas al 43'), ma passano ai quarti di finale come secondi dietro al Portogallo perchè la Spagna ha segnato meno reti. Il 25 giugno allo Stadio José Alvalade di Lisbona la squadra di Rehhagel si ritrova davanti la Francia, Campione d'Europa in carica, la quale sottovaluta l'avversario e gioca aspettando che i bizantini commettano degli errori, ed invece questi ultimi riescono a segnare al 65' grazie ad una punizione di Angelo Charisteas, stella del Werder Brema. In semifinale il 1 luglio all'Estádio do Dragão di Porto i Biancooro riescono ad estromettere dal torneo anche la forte Repubblica Ceca, ampiamente favorita alla vigilia, grazie ad un gran gol al 16' del primo tempo supplementare di Traiano Dellas, il quale milita nella Roma (in Italia è noto come "il Ciclope" per il suo fisico statuario). In tal modo l'Impero Bizantino conquista la prima finale della sua storia calcistica. Il 4 luglio, all'Estádio da Luz di Lisbona, davanti a 62.865 spettatori paganti, Portogallo e Impero Bizantino si ritrovano contro 22 giorni dopo la gara inaugurale del torneo (è la prima volta che la prima e l'ultima partita di un'edizione degli Europei coincidono). Anche questa volta la spuntano i greci, con una rete di Angelos Charisteas al 57', dopo una gara tattica e con poche occasioni. Non era mai accaduto che la squadra ospitante dell'Europeo venisse sconfitta, una volta arrivata in finale. Grande delusione per il Portogallo padrone di casa, per di più allenato dal brasiliano Luiz Felipe Scolari, coach del Brasile campione del mondo nel 2002; al contrario, per l'Impero Bizantino è il trionfo, e in patria esplodono i festeggiamenti per le strade. Otto Rehhagel si è ripetuto: dopo il Terzo Posto al Mondiale Nippocoreano, è diventato il primo allenatore straniero della storia a vincere il Campionato Europeo, e tutti nell'Impero lo considerano il principale artefice dell'inaspettato successo della squadra. Rehhagel ha adottato una tattica di gioco fortemente difensivistica, al limite dell'ostruzionismo, adoperando centrocampisti abili fisicamente per frenare gli avversari, e puntando su una difesa di massa per annullare gli attacchi avversari. Quando gli viene mossa l'accusa di un gioco noioso, replica: « Nessuno dovrebbe dimenticarsi che un allenatore adatta le tattiche alle caratteristiche dei giocatori che ha a disposizione! » (tra l'altro il suo periodo al Werder Brema è ricordato per lo spettacolare gioco offensivo espresso dalla squadra). Subito più di un club e di una federazione nazionale contatta Rehhagel; in particolare il commissario tecnico tedesco Rudi Völler si è dimesso da allenatore della Germania in seguito all'uscita al primo turno della sua squadra, e in patria molti guardano a Rehhagel come ad un serio candidato per la panchina della Nazionale del suo paese, ma il 10 luglio il "Basileus" rifiuta l'offerta, sostenendo di voler rispettare il contratto con la Federazione Bizantina.

Malgrado il successo all'Europeo del 2004, i Biancooro di Rehhagel non riescono a qualificarsi ai Campionati Mondiali in Germania 2006, classificandosi al quarto posto in un difficile girone di qualificazione, alle spalle di Ucraina, Turchia e Danimarca. Ciononostante Rehhagel rimane sulla panchina della Nazionale Bizantina e la conduce ad un'agevole qualificazione al campionato d'Europa 2008, vincendo il proprio girone con 31 punti davanti alla Turchia con 24, alla Norvegia con 23, alla Serbia con 13, alla Moldova con 12, all'Ungheria con 12 e a Malta con 5. L'Impero Romano, Campione d'Europa uscente, risulta la migliore squadra europea per rendimento nella fase di qualificazione, ma stavolta Rehhagel non riesce a ripetersi nella fase finale in Svizzera e Austria. Inserita nel Gruppo D, il 10 giugno 2008 allo Stadio Wals-Siezenheim di Salisburgo la Nazionale Bianaoro perde 2-0 con la Svezia (vanno in gol 67' Zlatan Ibrahimovic e al 72' Petter Hansson); nello stesso stadio il 14 giugno perde di misura anche con la Russia (al 33' segna Konstantin Zyrjanov, arbitra l'italiano Roberto Rosetti); e il 18 giugno nel Tivoli-Neu Stadion di Innsbruck è sconfitta 2-1 anche dalla Spagna, poi vincitrice del torneo (di Angelo Charisteas al, 42, di Rubén de la Red al 61' e di Daniel Güiza all'88' le marcature). I Campioni in carica vengono così eliminati al primo turno con zero punti, un solo gol fatto e cinque subiti. Malgrado il flop, Rehhagel è riconfermato ancora una volta sulla panchina della Nazionale Bizantina, cui promette un buon risultato al Mondiale sudafricano del 2010.

Decisamente meglio vanno in questo periodo le cose per la Nazionale Bizantina Under 17: nel Campionato Europeo di Categoria, giocatosi in Italia dal 3 al 14 maggio 2005, viene superata dai padroni di casa per 1-0 il 3 maggio a Pontedera, ma nello stesso stadio il 5 maggio si impone a sorpresa 3-2 sull'Inghilterra e l'8 maggio a Castelfranco di Sotto annienta addirittura la Bielorussia per 5-1. L'11 maggio a Cascina in semifinale i giovani Bizantini travolgono 3-1 la quotata Croazia, e in finale il 14 maggio a Pontedera trovano i Paesi Bassi, superandoli 2-0 e conquistando così il primo titolo continentale della loro storia. Ancora meglio fa la Nazionale Bizantina di Pallacanestro: nel Campionato Europeo giocato in Bosnia-Montenegro, il 25 settembre 2005 i Biancooro a Travnik sconfiggono la Germania per 78-62 e si aggiudicano il loro secondo Campionato Europeo, dopo quello del 1987.

Un grande risultato scientifico viene raggiunto dall'Impero grazie alla Sonda Interplanetaria Cassini-Huygens, frutto di una collaborazione tra la NASA americana, l'ESA europea e l'Agenzia Spaziale Bizantina ASB. La sonda, intitolata a Gian Domenico Cassini che fu a lungo Astronomo di Corte a Bisanzio e studiò Saturno nei minimi dettagli, è partita dal poligono spaziale di Cape Canaveral il 15 ottobre 1997 grazie ad un vettore Titan IV a due stadi, e dopo sette anni di viaggio nel Sistema Solare, due flyby di Venere, uno della Terra ed uno di Giove, si inserisce nell'orbita di Saturno il 1 luglio 2004 e, dopo aver iniziato a studiare il pianeta gassoso ed i suoi satelliti, il 25 dicembre rilascia il modulo Huygens che il 14 gennaio 2005 penetra nella spessa atmosfera di Titano, il satellite di Saturno grande come un pianeta, raggiunge la superficie e vi scopre paludi di metano allo stato liquido. Occorreranno decenni per analizzare tutti i dati inviati a terra da questa sonda, ma è chiaro che la missione si è rivelata uno strepitoso successo. Essa dovrebbe concludersi nel 2008, ma vista la perfetta efficienza della sonda si pensa che essa potrà continuare a studiare il sistema saturniano almeno fino al 2017.

Sulla Terra sfortunatamente le cose non vanno altrettanto bene. Come se non bastassero le funeste notizie che arrivano dalla Siria e dall'Afghanistan, dove le rispettive guerriglie non cessano di martellare le truppe occidentali (bizantine incluse), una nuova serie di sciagure investe in questo primo scorcio di Terzo Millennio l'ultimo Impero d'Europa. L'11 settembre 2004 l'elicottero con a bordo Pietro VII, patriarca ortodosso di Alessandria, insieme ad altre 16 persone tra cui alcuni giornalisti e altri tre vescovi della Chiesa di Alessandria, si inabissa nel Mar Egeo, mentre è diretto verso la comunità monastica del Monte Athos: nessuno sopravvive. Probabilmente la causa del disastro è da ricondursi ad un'esplosione, ma le cause dell'incidente restano a tutt'oggi sconosciute. Il 14 agosto 2005 un Boeing 737 della compagnia di bandiera bizantina Helios, decollato da Larnaca sull'isola di Cipro, si schianta contro una collina nelle campagne a nord di Atene, dopo che si è temuto che esso precipitasse proprio sull'affollata metropoli bizantina; purtroppo muoiono tutte le 121 persone a bordo. Si tratta del peggior incidente aereo della storia bizantina. A partire dal 2006, inoltre, i boschi del Peloponneso, dell'Elide e dell'isola di Eubea cominciano ad essere devastati da spaventosi incendi, per lo più di origine dolosa per mettere in atto speculazioni edilizie. Ma il peggio è ancora da arrivare.

Infatti l'11 marzo 2005, due giorni prima delle elezioni legislative nelle quali Karamanlis è dato per vincente da tutti i pronostici, viene scritta una delle pagine più nere della millenaria storia bizantina. Dieci zaini zeppi di esplosivo ad alto potenziale saltano per aria nell'ora di punta, fra le 7.36 e le 7.40, a bordo di quattro treni regionali nelle stazioni ferroviarie di Costantinopoli. Questi spaventosi attacchi terroristici provocano la morte di 191 persone, di cui 177 uccise sul colpo, oltre a 2.057 feriti. In seguito agli attentati si scatena un forte contrasto tra Nuova Democrazia e il Partito Socialista BYSOK a proposito di chi sia il responsabile di essi: la Destra punta l'indice sui Comunisti Combattenti dell'Organizzazione 17 Novembre, mentre la Sinistra ritiene che il mandante sia Osama Bin Laden, come rappresaglia per la partecipazione bizantina alla Seconda Guerra di Siria. I due grandi partiti si accusano a vicenda di utilizzare scorrettamente la situazione a fini elettorali, date le imminenti elezioni del 13 marzo 2005. In questo clima di tensione si organizzano manifestazioni con larga partecipazione popolare di rifiuto del terrorismo, ma anche manifestazioni davanti alle sedi del partito di governo, Nuova Democrazia, che continuano nello stesso giorno delle votazioni. Sotto l'onda dell'emozione la Destra perde nettamente le elezioni, a favore del BYSOK, e il suo leader Giorgio Papandreu, figlio di Andrea, 52 anni, diventa nuovo Protospatario. Ma lo sconfitto Costantino Karamanlis non ci sta ed inizia una campagna di propaganda tesa a porre in discussione il risultato elettorale a lui sfavorevole, in quanto frutto della presunta manipolazione degli elettori svolta del BYSOK nei giorni successivi agli attentati. In ogni caso, come primo atto politico, Giorgio Papandreu ritira le truppe che l'Impero Bizantino manteneva in Siria a sostegno degli occupanti americani e britannici.

Sul piano religioso, l'8 aprile 2005 si svolgono a Roma le solenni esequie del grande Papa Giovanni Paolo II, spentosi il 2 aprile precedente dopo lunghe sofferenze, ma anche dopo aver guidato la Chiesa Cattolica come un Padre e un Maestro per 26 anni, 5 mesi e 17 giorni. Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e il Basileus Costantino XVII, con la consorte e con il Porfirogenito Giovanni, vogliono essere presenti al Rito Funebre. Bartolomeo I è anche uno dei primi ad inviare un messaggio di felicitazioni al Cardinale Joseph Ratzinger, subito dopo che questi è stato eletto nuovo Pontefice il 19 aprile 2005 con il nome di Benedetto XVI.

Il 21 maggio 2006 si tiene in Montenegro il programmato Referendum per l'autodeterminazione della piccola repubblica, ed in esso i favorevoli all'indipendenza prevalgono con il 55,5 % dei voti, una percentuale di pochissimo superiore alla soglia del 55 % concordata con l'Unione Europea per ritenere valido il referendum; l'indipendenza del Montenegro viene dunque decisa per soli 2300 voti. Dissolta la Federazione, Travnik proclama la Repubblica di Bosnia, dopo novant'anni di inutili tentativi di unione con i restanti paesi dei Balcani Occidentali. Sia Montenegro che Bosnia presentano, a breve distanza l'uno dall'altro, domanda di adesione all'Unione Europea.

Dal 28 novembre al 1 dicembre 2006 il nuovo Papa Benedetto XVI compie la sua prima Visita Pastorale nell'Impero Bizantino, accolto a braccia aperte dal Patriarca Bartolomeo I e dal Basileus Costantino XVII. Il Papa Teologo dice Messa nella Cattedrale Cattolica dello Spirito Santo a Costantinopoli, venera il Mandylion (esposto appositamente per lui) nella Basilica della Vergine Theotokos di Pharos, visita la Cattedrale Armena Apostolica dove incontra Sua Beatitudine il Patriarca Mesrob II Mutafyan, si reca alla Santa Casa di Maria ad Efeso, ma soprattutto celebra insieme a Bartolomeo I la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio al Fanar, in occasione della festa di Sant'Andrea Apostolo. Il 30 novembre il Patriarca d'Oriente e il Patriarca d'Occidente firmano un'importantissima Dichiarazione Comune, nella quale tra l'altro si legge:

« Abbiamo profondamente a cuore la pace in Medio Oriente, dove nostro Signore ha vissuto, ha sofferto, è morto ed è risorto, e dove vive, da tanti secoli, una moltitudine di fratelli cristiani. Desideriamo ardentemente che la pace sia ristabilita su quella terra, che si rafforzi la coesistenza cordiale tra le sue  diverse popolazioni, tra le Chiese e le diverse religioni che vi si trovano. A questo fine, incoraggiamo a stabilire rapporti più stretti tra i cristiani e un dialogo interreligioso autentico e leale, per combattere ogni forma di violenza e di discriminazione. Vi salutiamo tutti con le parole dell’Apostolo dei Gentili: "Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo (2 Cor 1,2)" »

In quest'occasione Bartolomeo I lancia a tutti i Patriarchi delle Chiese Ortodosse, di cui egli è il Primate, la proposta di riconoscere al Patriarca d'Occidente (cioè al Papa di Roma), successore di Simon Pietro, un "Primato nell'Amore", così come lo aveva Pietro fra gli Apostoli. Si mostrano favorevoli alla proposta la Chiesa Ortodossa Bulgara guidata dal Patriarca Maxim, quella Rumena guidata dal Patriarca Teoctist, quella Polacca guidata dal Patriarca Sawa Hrycuniak, quella Albanese guidata da Anastasio Yannulato, quella di Alessandria guidata da Teodoro II, quella di Antiochia guidata da Ignazio IV, quella Armena guidata da Karekin II, quella di Ucraina guidata dal Patriarca Filarete e quella di Gerusalemme guidata da Teofilo III; possibiliste ma attendiste si mostrano le Chiese Ortodosse di Estonia, Finlandia, Repubblica Ceca, Slovacchia, la Chiesa Copta guidata dal Papa Shenouda III e quella del Monte Sinai guidata dal Patriarca Damiano; decisamente contrarie sono invece la Chiesa Ortodossa Georgiana guidata da Ilia II, quella Serba guidata dal Patriarca Ireneo, e soprattutto quella di Mosca, guidata da Alessio II, ostilissima alla Chiesa di Roma e al suo "apostolato" in terra russa. Solo il tempo dirà se la proposta di Bartolomeo avrà seguito.

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La crisi economica colpisce anche l'Impero

È tempo di grandi lavori in quel di Costantinopoli. Il 15 ottobre 2007 il Basileus inaugura solennemente il nuovissimo tunnel ferroviario sotto il Bosforo, lungo 13,7 chilometri, detto Asiatic Tunnel; è inoltre in costruzione un nuovo Ponte sul Bosforo cinque Km più a nord del Ponte Giorgio I, la cui apertura al traffico è prevista per il 2013. Ma queste ed altre grandi opere dovranno presto venire ridimensionato o perlomeno dilazionate, a causa della difficile congiuntura economica di questi anni.

Purtroppo infatti l'anno 2008 vede una grave crisi economica investire tutto il pianeta a partire dalla la crisi dei subprime negli Stati Uniti d'America. Le banche e, soprattutto, le istituzioni finanziarie che hanno investito sui mutui subprime, sono le società che maggiormente risentono della crisi, e falliscono una dopo l'altra. L'incremento dei prezzi delle materie prime, a partire dal petrolio e dei cereali, oltre a minacciare un'ondata di carestie nel terzo mondo, causa l'aumento dei costi finale di produzione dei beni di consumo e provoca un'ondata generalizzata di ribassi nelle borse di tutti i continenti. A causa del fallimento di innumerevoli banche, il fenomeno si espande a macchia d'olio in Estremo Oriente e in Europa: le borse del vecchio continente accumulano perdite su perdite, e nel secondo trimestre del 2008, l'insieme delle economie dell'eurozona subisce una recessione dello 0,2 %, con sei mesi consecutivi di crescita economica negativa Tra i paesi più colpiti vi è l'Islanda, la cui fragile economia è messa in crisi dal fallimento quasi contemporaneo delle tre maggiori banche del paese e da una massiccia svalutazione della corona islandese: per cercare di risalire la china, il governo di Reykjavík è costretto a chiedere l'ammissione nell'Unione Europea. Il 7 ottobre 2008 il vertice Ecofin, organismo del Consiglio Europeo composto dai Ministri dell'Economia e della Finanza degli stati membri, per evitare che possa diffondersi una spirale di sfiducia tra i risparmiatori, stabilisce, che per un periodo iniziale di almeno un anno, vi sia una protezione garantita di ciascun deposito bancario personale di almeno 50.000 euro. Nell'Impero Bizantino tale garanzia è stata però elevata a 100.000 euro, e in Italia addirittura a 140.000 euro.

L'Impero Bizantino in questa Timeline è colpito meno pesantemente della Grecia nella nostra storia, per via della sua economia più solida e della minor diffusione della corruzione. La Alpha Bank, la seconda Banca dell'Impero per importanza con 450 succursali sul territorio nazionale, fondata nel 1839, è salvata dal fallimento grazie all'intervento massiccio del governo centrale, e per evitare un effetto domino il Ministro Bizantino dell'Economia Giorgio Papaconstantinou provvede ad una parziale nazionalizzazione degli istituti in crisi, nonostante le critiche dell'opposizione di Nuova Democrazia. Per l'agenzia di rating Moody's l'Impero non è tra i paesi più a rischio fra quelli colpiti dalla crisi, grazie soprattutto alla stabilità del suo sistema politico.

A rischiare grosso sono invece le economie di Irlanda, Danimarca, Portogallo, e soprattutto dell'Italia, il paese economicamente più fragile dell'Unione, a causa della forte disoccupazione, della corruzione dilagante e dell'instabilità politica seguita al ciclone di Tangentopoli. Per la prima volta dal 1993 l'economia italiana si ritrova in recessione, con la disoccupazione al 9,6 % (ancora più alta fra i giovani) e un debito pubblico al 113,4 %, che si stima diventerà del 120,8 % nel 2010,. Inoltre il Bel Paese risulta penultimo tra le nazioni dell'Unione Europea per indice di libertà economica, preceduta solamente dalla Polonia, e addirittura 81esima nel mondo; nel 2009 si tocca un incremento dei fallimenti delle aziende del 15 %. Nonostante tutto questo, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi continua ad assicurare agli italiani che il rischio di bancarotta del paese non sussiste, ed è solo una voce sparsa dalla Sinistra per danneggiare l'immagine del governo e sovvertire la volontà degli elettori (parole sue). Ma all'inizio del 2010, si scopre che il Governo Berlusconi, in carica dal 2001 dopo la riconferma elettorale del 2006, ha pagato le tasse di Goldman Sachs e di altre centinaia di banche (in tutto molti milioni di euro) sin dal 2001 per organizzare operazioni che nascondessero il livello reale di indebitamento, in modo che il governo italiano potesse spendere oltre le proprie possibilitàeffettive. Altri paesi come l'Irlanda hanno "addomesticato" le statistiche per obbedire alle linee guida dell'Unione monetaria, ma il caso italiano è considerato il peggiore.

A questo punto si diffondono le proteste contro il governo di Roma, ritenuto responsabile dell'intera Eurozona, ma Berlusconi dichiara che governerà fino alla scadenza naturale del mandato nel 2011, e che anzi si ripresenterà come capo della Coalizione di Destra (il Popolo delle Libertà). I sondaggi danno la popolarità del governo in caduta libera, ma la Lega Nord sostiene Berlusconi per poter ottenere il suo unico scopo, che è il Federalismo economico ("i soldi del Nord al Nord"), e il Silvio nazionale tiene duro nonostante alcune defezioni dalla sua maggioranza, la netta sconfitta alle Elezioni Amministrative della sua Coalizione e gli scandali sessuali che interessano la sua persona (quando si dice: piove sul bagnato). Particolarmente miope la volontà del Premier di negare ad ogni costo la crisi, come se essa fosse davvero solo un'invenzione dei "Comunisti". Il ruolo di corifeo della Realpolitik spetta invece al Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, il quale negozia con l'UE una serie di aiuti a favore dell'Italia, agitando lo spettro del "contagio italiano": un effetto domino che potrebbe investire tutte le economie dell'Eurozona. Per questo il 5 maggio 2010 i paesi dell'Euro decidono di sostenere l'Italia mediante un pacchetto di 110 miliardi di Euro di aiuti in 3 anni. L'unico voto contrario è proprio quello del Protospatario Giorgio Papandreu, il quale dichiara a muso duro:

« Perchè l'Impero Bizantino dovrebbe aiutare Silvio Berlusconi ad uscire da una situazione critica che lui sostiene non sussistere nemmeno? »

Queste dichiarazioni suscitano manifestazioni della Destra italiana davanti all'ambasciata e ai consolati bizantini, e il Leghista Mario Borghezio arriva a buttare nelle fogne delle forme di feta, il tipico formaggio bizantino di latte di pecora, molto apprezzato anche in Italia. Più diplomatico il Governatore della Banca Centrale Bizantina Nicola Garganas, che però avvisa i suoi colleghi europei:

« Nessun paese è immune al virus italiano! »

Questa dichiarazione porta immediatamente ad una crisi di fiducia e ad un aumento nel differenziale sui mercati obbligazionari relativi ai paesi più a rischio, individuati dalla Banca Centrale Europea in Portogallo, Irlanda, Gran Bretagna e Spagna (spregiativamente chiamati PIGS, "Maiali", dall'acronimo dei loro nomi). In Italia comincia a dilagare la sfiducia, il leader leghista Umberto Bossi teme che la rovinosa caduta del governo Berlusconi affossi il suo progetto federale, e girano voci che la Lega Nord voglia far cadere Berlusconi per sostituirlo con il potentissimo Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, fedelissimo del Partito Padano. Nervoso, Berlusconi comincia a pretendere che i telegiornali compiacenti (quelli delle Reti Mediaset di sua proprietà, ma anche TG1 e TG2) mandino in onda sue interviste a ripetizione, in cui rassicura gli italiani che la crisi è solo una montatura della Sinistra e che non c'è alcuna alternativa al suo governo. Pierluigi Bersani, leader del Partito Democratico (principale forza di opposizione), accusa il Presidente del Consiglio di "dittatura mediatica" ("peggiore che in Bielorussia", aggiunge) e di mentire agli italiani sapendo di mentire. Intanto però Giulio Tremonti è costretto dall'Europa, in cambio degli aiuti finanziari concessi, a varare un piano economico volto a ridurre il proprio debito pubblico attraverso tagli significativi della spesa. La Finanziaria 2010 risulta perciò onerosissima per le famiglie italiane; e, siccome il Silvio Nazionale ha giurato in TV che « non metterà le mani nelle tasche degli italiani », i principali settori a subire tagli sono proprio gli ultimi che avrebbero dovuto essere toccati, cioè Sanità e Istruzione. Migliaia di professori precari restano praticamente senza lavoro e cominciano a protestare rumorosamente. In generale la maggioranza dell'opinione pubblica italiana è contraria a tale finanziaria, e ciò porta a numerosi scontri nelle principali città italiane tra manifestanti e forze dell'ordine, in occasione della festività del Primo Maggio. Quella del 2010 passa così alla storia come la "Rovente Estate Italiana", tra manifestazioni di studenti e di disoccupati, contromanifestazioni leghiste a Pontida, proclami rassicuranti di Berlusconi (« Ho bisogno di governare per altri vent'anni per modellare l'Italia a mia immagine e somiglianza ») e crescente disaffezione degli italiani verso la "Casta" al potere.

Le misure anticrisi messe in atto nell'Impero Bizantino vengono invece considerate efficaci, se le elezioni politiche del 14 marzo 2010 vedono ancora vincitore Giorgio Papandreu, il cui partito BYSOK conquista il 43,92 % dei voti. Nuova Democrazia, ancora guidata da Costantino Karamanlis (chiamato da Berlusconi « il mio amico Costantino »), si ferma al 33,48 % dei voti, e i Comunisti di Aleka Papariga non superano il 7,54 %. Papandreu è così confermato a capo del governo per un'altra legislatura. L'appena riconfermato Protospatario coglie subito un grande successo diplomatico: dal 14 al 15 Maggio 2010 il Primo Ministro Turco Recep Tayyip Erdogan compie una storica visita di stato nell'Impero Bizantino, accompagnato da 10 ministri del suo governo. In quest'occasione vengono firmati 21 accordi di cooperazione tra i due paesi, un tempo storici nemici, e Papandreu si impegna a togliere il veto all'ingresso di Ankara a pieno titolo nell'Unione Europea (permane invece quello del Presidente Francese Nicholas Sarkozy e del Cancelliere Tedesco Angela Merkel).

Otto Rehhagel con la Coppa Henri Delaunay da lui vinta nel 2004

Otto Rehhagel con la Coppa Henri Delaunay da lui vinta nel 2004

La "Rovente Estate Italiana" è resa ancor più calda, nella penisola, dal fallimentare esito della Nazionale Azzurra Campione del Mondo al Campionato Mondiale di Calcio 2010. Il "Basileus" Otto Rehhagel riesce a portare la Nazionale Bizantina alla qualificazione al Mondiale Sudafricano grazie al secondo posto con 20 punti nel Gruppo 2, dietro alla Svizzera con 21 punti e davanti alla Lettonia con 17, a Israele con 16, al Lussemburgo con 5 e alla Moldova con 3. Essendo giunto secondo, l'Impero accede agli spareggi in cui deve affrontare l'Ucraina. Dopo lo 0-0 del 14 novembre 2009 allo Stadio Olimpico di Costantinopoli, nella gara di ritorno alla Donbass Arena di Donetsk l'Impero si impone per 1-0 con un gol al 31' di Demetrio Salpigidis, su passaggio di Giorgio Samaras, e ottiene il pass per il Mondiale Sudafricano, oltre al 12º posto nella Classifica Mondiale della FIFA. Rehhagel stavolta adotta una tattica basata sul predominio fisico, irrobustendo il centrocampo e la difesa. L'Italia allenata da Marcello Lippi invece ha vinto agevolmente un facile Gruppo 8 davanti a Irlanda, Bulgaria, Georgia, Montenegro e Andorra. In Sudafrica gli Imperiali sono inseriti nel Gruppo B con Argentina, Nigeria e Corea del Sud, e il 12 giugno 2010 si impongono nella prima partita contro la Corea del Sud al Nelson Mandela Bay Stadium di Port Elizabeth: segnano Antonio Petropulo al 7' e Demetrio Salpigidis al 52'. Il 17 giugno al Free State Stadium di Bloemfontein l'Impero supera 2-1 anche la Nigeria con gol di Kalu Uche al 16', Demetrio Salpigidis al 44' e Vasil Torosidis al 71'. Il 22 giugno al Peter Mokaba Stadium di Polokwane i Romei sono superati 2-0 dalla forte Argentina (segnano Martín Demichelis al 77' e Martín Palermo all'89'), e così passano il turno come secondi del loro Girone. Invece l'Italia va incontro a una storica figuraccia: dopo due modesti pareggi 1-1 con Paraguay e Nuova Zelanda, il 24 giugno all'Ellis Park Stadium di Johannesburg gli Azzurri perdono 3-2 contro la matricola Slovacchia, alla sua prima partecipazione a una fase finale mondiale, e tornano mestamente a casa come ultimi del loro girone, accolti da fischi e pomodori marci.

L'Undici di Rehhagel incontra negli Ottavi di Finale la Nazionale dell'Uruguay il 26 giugno ancora al Nelson Mandela Bay Stadium: il match finisce 2-1 per i bizantini. All'8' segna Theofanis Gekas, al 68' pareggia Luis Alberto Suárez Díaz, ma all'80' una seconda rete di Theofanis Gekas porta i bizantini ai quarti. Qui i nostri eroi incontrano la solida compagine africana del Ghana, ex colonia dell'Impero. All'FNB Stadium di Johannesburg, il 2 luglio, in pieno recupero del primo tempo segna il ghanese Sotiris Muntaris, ma al 55' Vasil Torosidis riporta l'incontro in parità. Dopo il vano assedio alla porta ghanese, durato per tutto il secondo tempo ed entrambi i tempi supplementari, si va ai calci di rigore, che terminano 4-3 per i bizantini dopo gli errori decisivi dal dischetto dei ghanesi Giovanni Mensais e Domestikos Addas. L'Impero accede così alle semifinali mondiali come ad Inghilterra 1966 e a Corea del Sud - Giappone 2002. Il 6 luglio al Green Point Stadium di Città del Capo, davanti a 62 479 spettatori paganti, gli Imperiali cedono 2-3 ai forti Paesi Bassi (che hanno eliminato i brasiliani) in una partita emozionante: vanno a segno per primi gli Orange con Giovanni Van Bronckhorst al 18', poi i bizantini pareggiano con Giorgio Samaras al 41', ancora i Paesi Bassi con Wesley Sneijder al 70' e Arjen Robben al 73', infine l'Impero accorcia al 92' con Antonio Petropulo. I Bizantini devono accontentarsi della finalina contro la Germania, il 10 luglio al Nelson Mandela Bay Stadium di Port Elizabeth. I teutonici partono subito all'attacco, trovando il gol al 19' con l'asso Thomas Müller, ma l'Impero risponde con Demetrio Salpigidis al 28' e addirittura si porta in vantaggio con Theofanis Gekas al 51'. A questo punto la Germania fa valere il suo orgoglio e segna al 56' con Marcell Jansen e all'82' con Sami Khedira. Purtroppo al 90' una punizione di Demetrio Salpigidis si stampa sulla traversa, e i Biancooro devono accontentarsi del Quarto Posto; un risultato comunque di tutto rispetto, ed infatti i giocatori sono accolti da festeggiamenti a base di "vuvuzelas" al loro ritorno in patria.

Nonostante tutto ciò, il 24 luglio 2010 Otto Rehhagel decide di lasciare la panchina della Nazionale Bizantina dopo nove anni ricchi di successi. Il presidente della Federazione Calcio Bizantina greca a questo annuncio afferma che « la nazionale e tutto lo sport bizantino sarà sempre grato e riconoscente verso Rehhagel, che ha cambiato la mentalità del calcio imperiale, permettendogli di entrare nella storia. » Alla guida della Nazionale gli subentra il portoghese Fernando Manuel Fernandes da Costa Santos.

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L'Impero Bizantino negli Anni Duemiladieci

Sul piano scientifico, gli anni Duemiladieci si aprono con l'accensione dell'LHC ("Large Adron Collider", in greco MEA, "Megalos Epitachintis Adronion"), il più potente acceleratore di particelle mai realizzato, a cui l'Impero Bizantino, nell'ambito del CERN, ha dato un contributo fondamentale. Attivato a pieno regime il 21 novembre 2009, esso ha preso il posto del LEP ed è contenuto nello stesso anello che ospitava quest'ultimo, a 100 metri di profondità media, e può accelerare protoni e ioni pesanti fino al 99,9999991% della velocità della luce, raggiungendo un'energia di 7 teraelettronvolt, mai finora raggiunti in alcun laboratorio. Si spera che esso potrà dare fondamentali contributi alla comprensione della Fisica delle Particelle, individuando il celebre Bosone di Higgs" (detto anche "la Particella di Dio"), che attribuisce la massa a tutte le altre particelle.

Vediamo ora i principali avvenimenti di questi anni che concernono l'Impero Romano d'Oriente. Il 31 marzo 2008 l'Ufficio Internazionale delle Esposizioni assegna alla città bizantina di Smirne l'organizzazione dell'Esposizione Universale del 2015, battendo la concorrenza della favorita Milano: un grave scacco per il Presidente del Consiglio Italiano Silvio Berlusconi, che aveva investito molto del suo prestigio su questo progetto. Lo slogan dell'Expo 2015 sarà « Nuovi itinerari verso un mondo migliore ». Il 30 maggio 2008 a Costantinopoli 111 nazioni approvano il trattato che mette al bando le cosiddette bombe a grappolo (cluster bomb).. Le estati del 2008, 2009 e 2010 vedono ancora, purtroppo, una nuova serie di violentissimi incendi devastare l'Attica, l'Elide e le Isole Ionie, a causa delle alte temperature, della siccità, ma anche dell'azione dei piromani. Il 4 aprile del 2009 si tiene a Rodi, nel Dodecaneso bizantino, il 21º summit della NATO, in cui viene celebrato il 60º anniversario dell'organizzazione. Il 22 agosto 2009 a Pangaio, presso Kavala, sono vinti 147,8 milioni di euro, la cifra più alta in assoluto della storia del Lotto Bizantino. Tale vincita è anche la seconda più alta a livello europeo e la quinta a livello mondiale, nonché il maggior premio al mondo vinto da una singola persona. Il 9 e 10 settembre una grave alluvione interessa la Tracia Orientale e colpisce anche alcuni sobborghi di Costantinopoli, mietendo in tutto 32 morti. Il 1 dicembre 2009 in tutta l'Unione Europea entra in vigore il Trattato di Lisbona, che ne riforma le istituzioni, e che comprende anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione. Il 25 dicembre 2009 un nigeriano cerca di far esplodere un ordigno in un volo da Costantinopoli a Detroit, ma viene malmenato e catturato dai suoi stessi compagni di viaggio; le indagini riveleranno che egli è legato ad Al Qaeda, evidentemente ancora intenzionata a "punire" l'Impero Bizantino anche ora che il governo ha cambiato colore. Il 15 febbraio il regime libico del Colonnello Muhammar al-Gheddafi chiude le frontiere ai residenti dell'Area Schengen, dopo che l'Impero Bizantino ha espulso un funzionario libico con l'accusa di spionaggio; il 27 marzo le frontiere saranno riaperte. Dal 23 aprile 2010, Atene è Capitale Mondiale del Libro per un anno. Il 24 luglio 2010 durante la Love Parade di Adrianopoli muoiono 21 persone a causa di una calca venutasi a creare in un tunnel. Il 26 novembre 2010, infine, la tredicenne Yara Kamporakis, promessa della ginnastica artistica, scompare nel nulla a Voufrades (Peloponneso occidentale), suo paese natale, mentre percorre poche centinaia di metri tra la palestra e casa sua; dopo infruttuose ricerche, il suo cadavere in avanzato stato di decomposizione sarà ritrovato in un campo a non molta distanza da casa il 26 febbraio 2011. Il fattaccio ha grande risonanza sulla stampa e sulle televisioni bizantine. Su chi la abbia uccisa e sul movente dell'omicidio il mistero resta assoluto.

Ma le date più importanti per l'Impero in questo periodo sono due. Il 5 settembre 2010 l'Organizzazione Terroristica 17 Novembre annuncia, attraverso un video diffuso via Internet, il cessate il fuoco dopo trent'anni di attentati. E il 10 ottobre 2010 il governo Papandreu decide la riorganizzazione di ciò che resta dell'Impero Coloniale Bizantino. Le Antille Bizantine sono dissolte; le isole di Aruba (32.748 abitanti, già autonoma), Curaçao (140.796 abitanti), Bonaire (13.389 abitanti), San Martino (35.000 abitanti) e l'accoppiata Sant'Eustachio-Saba (4.623 abitanti) sono elevate allo status di Periferie d'Oltremare, alla pari delle 26 periferie del territorio metropolitano; d'ora in poi non sarà più nominato per esse un governatore, ma esse stesse eleggeranno un loro Logoteta, ed eleggeranno anche un Senatore ciascuna che siederà nel Senato Imperiale. L'Isola del Passione nel Pacifico e l'Isola di Bouvet nel Mare Antartico restano invece sotto l'amministrazione del Ministero della Marina.

Il 1 gennaio 2011 poi vede aver luogo un altro evento assai rilevante: il Basileus Costantino XVII, che ha appena compiuto 70 anni, decide di associarsi al trono in qualità di Coimperatore il figlio Giovanni XIV, solennemente incoronato dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Sempre il 1 gennaio, l'Impero Bizantino assume per la decima volta nella sua storia la Presidenza di Turno del Consiglio dell'Unione Europea.

L'11 marzo 2011 un violentissimo terremoto con epicentro in mare, di magnitudo 9,1 della scala Richter, colpisce la costa nordorientale del Giappone; il sisma e le onde anomale conseguenti causano almeno 11.000 morti e oltre 17.000 dispersi, danneggiando in modo gravissimo tre dei quattro reattori della centrale nucleare di Fukushima. L'Impero Bizantino è uno tra i primi paesi del mondo ad inviare generi di conforto, cani addestrati per la ricerca di superstiti rimasti sepolti dalle macerie, nonché una squadra di tecnici nucleari per contribuire a risolvere l'incidente nucleare. Il 17 marzo ricorre invece il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, che Berlusconi sfrutta come uno spot elettorale. Giorgio Papandreu si rifiuta di partecipare alle cerimonie, in ragione degli attriti tra lui e il Primo Ministro Italiano, e in sua vece manda l'ambasciatore bizantino in Italia, Michele Cambanis, nonostante le proteste dell'opposizione rappresentata da Nuova Democrazia.

Il Protospatario Bizantino Giorgio Papandreu

Il Protospatario Bizantino Giorgio Papandreu

Il 10 e 11 aprile 2011 si tengono le elezioni politiche italiane in un vero e proprio clima da guerra civile, in cui Berlusconi e tutto il PDL con lui proclamano che se vincerà la Sinistra si instaurerà in Italia una dittatura stalinista, mentre le opposizioni accusano il Premier di voler trascinare a fondo l'Italia con lui proclamando "Muoia Sansone con tutti i Filistei!" Il Partito Democratico di Pierluigi Bersani, l'Italia dei Valori di Antonio di Pietro, Sinistra e Libertà di Nichi Vendola e l'UDC di Pierferdinando Casini candidano a Palazzo Chigi l'economista Mario Monti, già Commissario Europeo dal 1994 al 2004. Il Centrodestra patisce la disaffezione italiana nei confronti del berlusconismo, l'incapacità di quest'ultimo di reagire alla devastante crisi economica che sta trascinando a fondo la nazione, ed anche l'eccesso di personalismo del suo leader, che si autopresenta come un Unto del Signore; non giova al Silvio di Arcore il fatto di aver imbarcato nella sua coalizione anche l'Estrema Destra di Storace e movimenti xenofobi come Forza Nuova, nella speranza di rivincere. La Lega tiene ed anzi diventa il primo partito in alcune aree del Nord, ma il Popolo della Libertà subisce una dura sconfitta, e Mario Monti ottiene una larga maggioranza che lo porta trionfalmente a Palazzo Chigi. Il leader UDC Pierferdinando Casini diventa Ministro degli Interni, il leader democratico Pierluigi Bersani è nominato Ministro degli Esteri, il leader di Sinistra e Libertà Nichi Vendola è Ministro del Lavoro, il leader dell'Italia dei Valori Antonio di Pietro è Ministro della Giustizia, mentre il Ministero Chiave dell'Economia è affidato a Enrico Letta, che avrà il compito di affrontare la crisi con misure draconiane. Vicepremier e Ministro della Salute è per la prima volta una donna, Rosaria Bindi, mentre Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca Scientifica è Livia Turco. Il primo a congratularsi con Mario Monti per la vittoria elettorale e poi per la formazione del nuovo governo è proprio il Protospatario Giorgio Papandreu, il quale afferma:

« Inizia finalmente una stagione di rapporti più sereni fra la Prima e la seconda Roma! »

Intanto però si è aperto un nuovo, terribile fronte di guerra appena fuori dell'uscio di casa dell'Unione Europea. La cosiddetta "Primavera Araba", dopo aver provocato il crollo dei regimi decennali in Tunisia e in Egitto, e dopo aver messo seriamente in crisi quello yemenita e quello siriano, si estende alla Libia, guidata con pugno di ferro dal 1969 dal dittatore Muhammar al-Gheddafi, "la Guida della Rivoluzione", già alleato di ferro di Berlusconi e di Karamanlis. Gli scontri iniziano a Bengasi il 17 febbraio 2011; la capitale della Cirenaica si solleva e scaccia le truppe fedeli a Ggeddafi, instaurando un governo provvisorio. Ben presto l'insurrezione dilaga in tutto il paese e nella stessa Tripoli. Ma al-Gheddafi reagisce rabbiosamente, com'è sua caratteristica: urla davanti a una folla di sostenitori che « non lascerà mai il potere, perchè è il popolo libico che vuole che lo mantenga », quindi sguinzaglia le sue armate di mercenari contro gli insorti. Le città ribelli cadono l'una dopo l'altra e Sayf al-Islam, sanguinario figlio di al-Gheddafi che è stato destinato a succedergli, ordina di passare per le armi senza pietà tutti gli oppositori del regime. Di fronte al massacro si muove il Protospatario Giorgio Papandreu, il quale il 28 febbraio ottiene che l'Unione europea adotti dure sanzioni contro il regime di al-Gheddafi (in particolare un embargo sull'acquisto di armi), adottate poco dopo anche dal Presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama. Silvio Berlusconi però, alleato di ferro del regime libico, continua a rifornire al-Gheddafi di armi e tenta di bloccare ogni azione di condanna contro la dittatura libica (questa politica, fortemente impopolare, è una delle cause della sua sconfitta). Visto che questa mossa non ha effetto, Papamdreu convoca una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di cui l'Impero è membro permanente, durante il quale ottiene l'appoggio di Stati Uniti, Regno Unito e Francia per la creazione di una no-fly zone sopra i cieli della Libia, in modo da proteggere i civili libici dai bombardamenti indiscriminati ordinati dal crudele Sayf al-Islam. E siccome per far rispettare questa no-fly zone occorre l'uso della forza, la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza ONU chiede "un immediato cessate il fuoco", autorizza la comunità internazionale ad utilizzare tutti i mezzi necessari per proteggere i civili ed imporre un cessate il fuoco e e congela i beni di al-Gheddafi, dei suoi familiari e dei suoi gerarchi. La Russia si dice contraria ma non adopera il suo diritto di veto. La Portaerei Americana Enterprise, con l'appoggio della marina bizantina, si porta davanti alle coste libiche; il Ministro Italiano della Difesa Ignazio La Russa sostiene (anzi sbraita) che le basi italiane non saranno mai concesse per bombardare "un paese amico" (forse voleva dire un dittatore amico), ma Papandreu ha già messo a disposizione le sue, e così pure ha fatto la Germania Ovest. Mentre cresce l'opposizione internazione al regime di al-Gheddafi dopo i massacri da lui compiuti ai danni del suo stesso popolo, il  procuratore Luis Moreno-Ocampo della Corte Penale Internazionale dell'Aia annuncia l'apertura di una inchiesta per crimini contro l'umanità contro la Guida della Rivoluzione; ormai l'Italia resta praticamente l'unico paese di una certa rilevanza a sostenere il dittatore di Tripoli.

Il lancio di un missile Tomahawk verso la Libia da una fregata bizantina, nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2011, segna l'avvio delle operazioni armate occidentali contro la Libia (dette "Missione Odissea all'Alba"). In breve tempo la semplice missione di far rispettare la  si traduce in una serie di violentissimi attacchi contro tutte le installazioni armate del regime, a sostegno dei ribelli. Viene colpito ripetutamente anche il bunker in cui si è trincerato il dittatore libico, con l'evidente obiettivo di toglierlo di mezzo. L'Impero Bizantino è anche il primo stato a riconoscere il Consiglio Nazionale Libico di Bengasi come unico interlocutore del popolo della Libia, seguito in breve tempo da USA, Regno Unito, Francia e da molti paesi arabi. Dopo la vittoria elettorale, Mario Monti cambia del tutto linea d'azione, mette a disposizioni le basi italiane per gli attacchi contro l'ex amico, ora definito « un tiranno assetato di sangue », ed invia anche suoi aerei a pattugliare la no-fly-zone. I martellanti attacchi delle forze occidentali, l'avanzata dei ribelli e il fatto che anche Cina e Russia scaricano il regime di Muhammar al-Gheddafi portano al suo crollo definitivo il 25 agosto 2011, con la presa di Tripoli; lo stesso al-Gheddafi, dopo aver ostinatamente rifiutato la proposta di esilio dorato in un altro paese avanzata dall'Unione Africana, e dopo essersi asserragliato nella sua roccaforte di Sirte, viene catturato ed ucciso il 20 ottobre 2011. L'Impero Bizantino dichiara subito che aiuterà il nuovo governo, presieduto da Mustafa Abd al-Jalil, nella difficile opera di ricostruzione del paese.

E la Siria? Che ne è del conflitto scatenato da George W. Bush per completare l'opera di suo padre? Dopo un drammatico incremento della violenza fra l'inizio del 2006 e la metà del 2007, durante il quale le tattiche di guerriglia e terrorismo adottate dalla resistenza hanno spinto sempre più nel caos buona parte della Siria, a partire dal 2008 si è assistito ad un leggero miglioramento della situazione militare, per via dell'incremento delle truppe USA e della capacità del nuovo comandante americano, il generale David Petraeus, di spezzare l'unità della resistenza araba attraverso alleanze con le sue diverse componenti tribali. Ma lo stesso comando americano ammette che queste misure non sono sostenibili nel lungo periodo. La Siria è tuttora un paese fortemente destabilizzato, scosso da attentati e insurrezioni; sul suo territorio permangono numerose truppe straniere, anche se le truppe di guerra sono state ritirate dal nuovo presidente americano Barack Obama il 31 agosto 2010: il loro compito è stato dichiarato concluso e l'intervento bellico statunitense formalmente terminato. « Dopo avere pagato un prezzo enorme », ha dichiarato Obama, « occorre adesso voltare pagina, lasciando la gestione della sicurezza totalmente in mano all'esercito siriano ». La sensazione che stia per ripetersi la tragedia del Vietnam è però assai forte.

Il 29 aprile 2011 il Principe William, erede al trono del Regno Unito, sposa la borghese Kate Middleton nella Basilica di Westminster. Si stima che due miliardi di persone abbiano seguito l'evento via TV o via Internet. Alla cerimonia partecipano i due co-Basileus Costantino XVII e Giovanni XIV con le relative consorti. Il 3 maggio invece i paesi dell'Unione Europea trovano l'accordo su un nuovo piano di aiuti per l'Italia, come annuncia a Lussemburgo il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, dopo aver incontrato il nuovo premier italiano Mario Monti. Il versamento della nuova tranche di finanziamenti alla Penisola, per un totale di 12 miliardi di euro, è previsto per giugno, in seguito a ulteriori colloqui. « L'Italia ha fatto generali e significativi progressi in particolare nel risanamento dei conti pubblici », ha dichiarato Juncker, « ma non basta. È necessario che siano rinvigorite le riforme di bilancio allo scopo di ridurre il deficit e migliorare il clima per aprire la strada ad un recupero sostenibile dell'economia », In seguito il presidente dell'Eurogruppo ha aggiunto: « Prevedo che l'Eurogruppo concordi sulla concessione di nuovi fondi in base a precise condizioni, tra cui c'è quella di un accordo con il settore privato su base volontaria. Ho appreso con soddisfazione che l'Italia è pronta a creare un fondo per le privatizzazioni. In ogni caso mi aspetto una stabilizzazione dell'economia italiana entro la fine dell'anno. »

Sul piano sportivo, l'edizione 2010-2011 del Campionato Imperiale di Calcio è vinta il 3 aprile 2011 dall'Olympiakos di Costantinopoli con due giornate di anticipo: esso ha 73 punti davanti al Panathinaikos di Atene con 60 e all'AEK di Costantinopoli con 50. In tutto sinora l'Olympiakos ha vinto 38 titoli nazionali, contro i 25 del Panathinaikos, gli 11 dell'AEK di Costantinopoli e i 7 dell'Aris di Tessalonica. Capocannoniere è il francese di origini ivoriane Djibril Cissé del Panathinaikos con 20 reti. Quanto invece alle qualificazioni per il Campionato Europeo del 2012, che si terrà in Polonia ed Ucraina dall'8 giugno al 1 luglio 2012, l'Impero Bizantino si qualifica direttamente vincendo il Gruppo F con 24 punti (7 vittorie, 3 pareggi e nessuna sconfitta) davanti alla Croazia con 22 (che accede agli spareggi), ad Israele con 16, alla Lettonia con 11, alla Georgia con 10 e a Malta con un solo punto. Decisiva è la vittoria di Tbilisi l'11 ottobre 2011 per 2-1 contro la Georgia, in cui hanno segnato Davide Targamadze al 9’, Giorgio Fotakis al 79’ ed Angelo Charisteas all'85’ (arbitra l'italiano Daniele Orsato). Nella Fase Finale dell'Europeo, che si giocherà in Polonia ed Ucraina dall'8 giugno al 1 luglio 2012, l'Impero Bizantino riuscirà a superare il primo turno grazie al pareggio 1-1 con i padroni di casa della Polonia (gol di Robert Lewandowski al 17' e di Dimitris Salpingidis al 51'), alla sconfitta 2-1 con la Repubblica Ceca (reti di Petr Jiráček al 3', di Václav Pilar al 6' e di Theofanis Gekas al 53') e all'insperata vittoria 1-0 sulla temibile Russia (gran gol di Giorgos Karagounis al 48'), ma incapperà in una dura sconfitta 4-2 nei quarti contro la fortissima Germania (marcatori: Philipp Lahm al 39', Georgios Samaras al 55', Sami Khedira al 61', Miroslav Klose al 68', Marco Reus al 74' e Dimitris Salpingidis all'89' su rigore). Venendo al Campionato Bizantino di Basket, l'edizione 2010-2011 viene vinta per la 32esima volta dall'Olympiakos di Costantinopoli, in finale dei play-off contro il Panathinaikos di Atene.

Il 26 maggio 2011 è stato finalmente catturato anche il criminale di guerra bosniaco Ratko Mladic, macchiatosi di crimini orrendi, tra cui il massacro di 8.372 civili serbi in una volta sola nella cittadina di Zrenjanin, in Voivodina; la sua cattura era una delle condizioni poste dall'Unione Europea alla Bosnia per avviare negoziati di adesione. L'acquietarsi dei conflitti etnici nella Ex Jugoslavia, la morte di Osama Bin Laden avvenuta il 1 maggio in Pakistan ad opera di forze speciali americane, il cessate il fuoco proclamato dall'Organizzazione 17 Novembre, la caduta dei regimi autocratici sulla sponda sud del Mediterraneo, l'inizio di relazioni amichevoli con la Turchia e i primi segni di ripresa dopo la devastante crisi economica del 2008 lasciano sperare in un futuro sereno per l'Impero Bizantino e per tutto il continente europeo. Dio voglia che sia così!

Basileus

regno

dinastia

Basileus regno dinastia
Alessio I 1081-1118 Comneno Leone VII 1502-1522 Comneno
Giovanni II 1118-1143 Comneno Davide I 1522-1558 Comneno
Manuele I 1143-1180 Comneno Giovanni IX 1558-1569 Comneno
Alessio II 1180-1183 Comneno Manuele III 1569-1590 Comneno
Andronico I 1183-1185 Comneno Macario I 1574-1590 Tsaldaris
Isacco II 1185-1195 Angelo Davide II 1590-1603 Comneno
Alessio III 1195-1202 Angelo Costantino XIII 1603-1625 Comneno
Alessio IV 1202-1204 Angelo Giovanni X 1625-1671 Comneno
Alessio V 1204 Ducas Giovanni XI 1671-1688 Comneno
Costantino XI 1204-1205 Lascaris Andrea II 1688-1703 Cretese
Teodoro I 1205-1222 Lascaris Manuele IV 1703-1716 Cretese
Giovanni III 1222-1254 Vatatze Andrea III 1716-1765 Cretese
Teodoro II 1254-1258 Lascaris Costantino XIV 1756-1775 Cretese
Giovanni IV 1258-1261 Lascaris Giovanni XII 1775-1788 Cretese
Michele VIII 1261-1282 Paleologo Andrea IV 1788-1817 Cretese
Andronico II 1282-1332 Paleologo Costantino XV 1817-1827 Cretese
Michele IX 1295-1320 Paleologo Andrea V 1827-1867 Cretese
Andronico III 1332-1341 Paleologo Giorgio I 1867-1913 Danese
Giovanni V 1341-1391 Paleologo Costantino XVI 1913-1917 Danese
Giovanni VI 1347-1354 Cantacuzeno Giorgio II 1917-1920 Danese
Giovanni VII 1390-1391 Paleologo Costantino XVI 1920-1922 Danese
Andronico IV 1391-1406 Paleologo Manuele V 1922-1940 Danese
Manuele II 1406-1425 Paleologo Vittorio Emanuele 1940-1943 Savoia
Giovanni VIII 1425-1448 Paleologo Manuele V 1943-1957 Danese
Costantino XII 1448-1453 Paleologo Giovanni XIII 1939-1964 Danese
Tommaso I 1453-1465 Paleologo Costantino XVII 1964-oggi Danese
Andrea I 1465-1502 Paleologo Giovanni XIV 2011-oggi Danese

Gli Imperatori Romani d'Oriente dal 1081 ad oggi

Come ha scritto il nostro grande amico Bhrg'hros, il ruolo storico di Costantinopoli è stato anzitutto geopolitico (centro sia territoriale sia marittimo-commerciale del progettato Impero politico-religioso Romano con annessione della Persia), di fatto prevalentemente urbanistico (motore dell'ondata "mineralizzatrice" degli ambienti umani anatolici e balcanici), infine continuistico (conservatore della nazione romea di fronte al nuovo paradigma turco-islamico). Ci piace chiudere la storia di questa Timeline con una citazione dello scrittore italiano Edmondo De Amicis, il quale rievoca il suo viaggio a Costantinopoli nel 1875, sotto l'Impero del Basileus dei Romani Giorgio I di Glücksburg:

« L'emozione che provai entrando in Costantinopoli mi fece quasi dimenticare tutto quello che vidi in dieci giorni di navigazione dallo stretto di Messina all'imboccatura del Bosforo! »

Lunga vita a Costantinopoli, la Seconda Roma!

 

Nome

Partito

Mandato

Alexandros Ypsilanti I

Domestici

1822

Alexandros Mavrokordatos

Sacellari

1822-1827

Alexandros Ypsilanti II

Domestici

1827-1833

Andreas Metaxas I

Sacellari

1833-1836

Iohannes Kolettis

Sacellari

1836-1837

Andreas Metaxas II

Sacellari

1837-1840

Kitzos Tzavelas

Sacellari

1940-1842

Andreas Metaxas III

Sacellari

1842-1844

Georgios Kounturiotis

Sacellari

1844-1846

Andreas Metaxas IV

Sacellari

1846-1848

Kostantinos Kanaris

Domestici

1848-1866

Alexandros Komoundouros

Unionisti

1866-1881

Charilaos Trikoupis

Liberali

1881-1891

Georgios Theotokis

Unionisti

1891-1903

Eleftherios Venizelos I

Liberali

1903-1917

Alexandros Zaimis

Indipendente

1917

Eleftherios Venizelos II

Liberali

1917-1920

Demetrios Gounaris

Unionisti

1920-1922

Petros Protopapadakis

Unionisti

1922-1923

Nicholas Triantaphyllakos

Unionisti

1923

Eleftherios Venizelos III

Liberali

1923-1931

Avraam Benaroya

Socialisti

1931-1936

Iohannes Metaxas

Liberi Pensatori

1936-1941

Alexandros Korizis

Liberi Pensatori

1941-1944

Georgios Papandreu I

Socialisti

1944-1945

Alexandros Papagos

Indipendente

1945-1946

Kostantinos Tsaldaris

Popolari

1946-1951

Kostantinos Karamanlis I

Popolari

1951-1961

Georgios Papandreu II

Socialisti

1961-1968

Agamemnon Koutsogiorgas

Socialisti

1968-1970

Kostantinos Karamanlis II

Neo-Democratici

1970-1980

Andreas Papandreu I

Socialisti

1980-1990

Kostantinos Mitsotakis

Neo-Democratici

1990-1995

Andreas Papandreu II

Socialisti

1995-1996

Kostantinos Simitis

Socialisti

1996-2000

Kostas Karamanlis

Neo-Democratici

2000-2005

Georgi Papandreu

Socialisti

2005-in carica

Lista di Protospatari dell'Impero romano d'Oriente dal 1822 (grazie a Tommaso Mazzoni)

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