ovvero: e se Virgilio fosse stato ebreo?
Capitolo 1
L'arrivo di Tobia a Roma
a Io, Gesù
figlio di Sirach, figlio di Eleàzaro, di Gerusalemme, dopo aver condensato nel
mio primo libro
b una dottrina di scienza e di timor di Dio, riversandovi come pioggia la
sapienza dal cuore [Siracide 50,27],
c ora, abbandonate le meditazioni e le preghiere, ho
deciso di narrarvi la vera storia di Tobia, esule dalla città di Samaria, in cerca
di una terra per fondarvi una nuova città e portarvi la fede nel Dio degli
Eserciti,
d e far nascere così una stirpe nobile e coraggiosa e un impero che sarà temuto
e rispettato da tutti i popoli, come decretato dall'Onnipotente.
1 Io narro l'armi e l'uom che
primo venne, piacendo a Dio, dai monti d'Israele, profugo sulle spiagge della
Tracia:
2 lungamente sbalzato in terra e in mare per la tenace ira dell'implacabile
demone Asmodeo, ed anche a lungo travagliato in guerra,
3 fin che sul Bosforo una città innalzò e vi portò la legge di Mosè, donde la
stirpe Flavia e gli avi di Costantino e l'alte mura di Bisanzio.
4 O Sapienza di Dio, tu le cagioni or mi ricorda: per quale offesa al voler suo,
per qual corruccio il nostro Creatore
5 spinse un sì pio israelita ad affrontare tante vicende, a patir tanti affanni.
Con tanto grandi prove Iddio ci tempra? [Virgilio, Eneide
I,1-11]
6 Sette anni dopo la distruzione di Samaria ad opera di Sargon,
re degli Assiri [Sargon II, 721-705 a.C.], errando di terra in terra, i
profughi delle Dieci Tribù del Regno di Israele stavano veleggiando tra le isole
del Mare Occidentale, a bordo delle navi costruite con l'aiuto dei Fenici, quando li
avvistò l'implacabile Asmodeo [Tob 3,8].
7 Il demone, al colmo dell'ira, radunò tutte le potenze dei venti e dell'aria,
com'è nel potere degli spiriti maligni, e scatenò una terribile tempesta.
8 La flotta fenicia fu pesantemente danneggiata, e una delle navi colò a picco
con tutti i suoi sfortunati occupanti.
9 Con l'animo affranto dal dolore, Tobia, figlio di Tòbiel, figlio di Anàniel, figlio di Aduel, figlio di
Gàbael, della tribù di Nèftali [Tob 1,1], di
fronte al rischio dello sterminio di tutti i suoi compagni tra le acque del
mare, sospirò e pianse, poi recitò questa preghiera di lamento:
10 "Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è
misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo.
11 Ora, Signore, ricordati di me e guardami. Non punirmi per i miei peccati e
per gli errori miei e dei miei padri.
12 Violando i tuoi comandi, abbiamo peccato davanti a te. Tu hai lasciato che
ci spogliassero dei beni; ci hai abbandonati alla prigionia, alla morte e ad
essere la favola, lo scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le quali ci
hai dispersi.
13 Ora, nel trattarmi secondo le colpe mie e dei miei padri, veri sono tutti
i tuoi giudizi, perché non abbiamo osservato i tuoi decreti, camminando davanti
a te nella verità.
14 Agisci pure ora come meglio ti piace; dà ordine che venga presa la mia
vita, in modo che io sia tolto dalla terra e divenga terra, poiché per me è
preferibile la morte alla vita.
15 Per me infatti è meglio morire che vedermi davanti questa grande angoscia
e la morte di tutti i miei compagni che hanno sperato in me e in Te!"
[Tob 3,1-6]
16 La sua preghiera fu accolta davanti alla gloria di Dio; lo udì l'angelo Raffaele [Tob 3,17],
suo benigno protettore, che scese
dal più alto dei Cieli imbracciando la sua spada fiammeggiante.
17 Quando Asmodeo lo vide venire, fuggì nei deserti dell'Africa, e l'angelo
subito placò i venti e calmò le acque, come un uomo saggio placa una rissa.
18 La flotta fenicia riuscì così a gettare l'ancora sulle rive del Lazio,
nel paese di Thiras [Gen 10,2: le terre dei
Tirreni], presso l'estuario paludoso di un grande fiume e non lontano da
Roma, una nuova città che era ancora in costruzione. [Virgilio, Eneide
I,11-156]
19 Preoccupato per la sorte del suo protetto, Raffaele tornò sulle grandi acque
che sono sopra il Cielo ed intercedette a suo favore presso l'Onnipotente:
20 "O Tu che addensi i nembi e siedi sopra i Cherubini
[Salmo 99,1], qual sì grande delitto Tobia e i profughi ch'egli guida han
commesso contro il Tuo Nome, se dopo tanti lutti su la via de la Tracia a lor si
chiude tutta la terra e il mare?
21 Eppur Tu mi hai promesso che un dì, volgendo i secoli, i Bizantini nasceranno
da lor, dal rinnovato stipite di Nèftali, duci che sulla terra e che sul mare
domineranno in tutta signoria!
22 Qual pensiero, o Padre eterno mio, ora l'animo Ti muta? Ben da questo finora
ebbi conforto al tristo crollo del regno d'Osea, e compensavo ogni destino
avverso con la speranza di miglior futuro.
23 Qual limite, o Signore, Tu porrai ai lor travagli? Essi che, a differenza dei
lor compatrioti, sempre Ti onorarono sull'ara del gran Tempio di Salomone, per
l'odio d'un degli angeli caduti son cacciati dalla tracia contrada! Questo è
dunque il premio della pietà? Così lor rendi il regno?"
24 Così il Signore Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe lo rassicurò,
guardandolo sorridente con quel volto con cui serena i cieli e doma i mostri
dell'abisso:
25 "Non temer, Raffaele: per la gente di Tobia fermo e immutato resta
l'avvenire. Vedrai dell'alta Bisanzio l'alte mura alzarsi, e la stirpe di Tobia
padre e figlio dominare l'orbe dall'oriente all'occidente. Al regno suo
l'oceano, sarà confine alla sua fama il cielo!
26 Tempo verrà che, dopo la sconfitta di Asmodeo e di tutti i suoi nemici, il
casato di Tobia assoggetti perfino Assur e Babilonia, e che in
Ninive vinta regni [allude alla battaglia di Ninive
del 16 dicembre 627 d.C.].
27 E dal lignaggio di Nèftali uscirà un grande [Costantino
I] che diffonderà il mio culto in ogni contrada della terra: chiuse allor
saranno con ferro e con saldissimi serrami le terribili porte della Guerra, e il
nome di Bisanzio tutte le genti temeranno!"
28 Così Iddio degli Eserciti gli parlò, ed inviò quindi l'angelo Gabriele a Roma, con il
compito di predisporre i Romani ad una favorevole accoglienza di Tobia e dei suoi
compagni superstiti [Virgilio, Eneide I,157-304].
29 Nel frattempo Raffaele, assunte le sembianze di un giovane cacciatore, si manifestò
a Tobia che avanzava verso l'interno seguendo le rive del Tevere, e gli
spiegò le vicende della città.
30 "Essa fu fondata dai Troiani fuggiti dalla propria
terra insieme all'eroe Enea, figlio di Anchise, discendente di
Javan, dopo che i figli di Elisa [Gen 10,2: gli Elleni] avevano espugnato la città di Troia per impadronirsi delle
sue ricchezze.
31 I discendenti di Enea hanno governato la città di Alba per 300 anni,
fino a che Romolo, sconfitto il prozio ed usurpatore Amulio, non ha
deciso di fondare una nuova città e di darle il suo nome."
32 Allora Tobia figlio di Tòbiel, rincuorato, celebrò Dio e lo ringraziò per le
sue grandi opere[Tob 12,22]: "Benedite il Signore
che è giusto e date gloria al Re dei secoli! [Tob 13,7] Mi recherò fiducioso in quella città,
certo che sarò ben accolto, perchè anche i suoi abitanti, come me,
hanno patito infiniti dolori."
33 Una volta giunto a Roma, infatti, Tobia e i suoi compagni, tra cui c'era il
suo giovane figlio Tobia, ricevettero un'ottima accoglienza da parte di
Romolo e della sua sposa Ersilia [Livio, Ab Urbe
Condita Libri, I,11]:
34 "Sgombrate, o Israeliti, dal cuor ogni sospetto", li rassicurò colui che fu
allattato da una lupa in mezzo al bosco [Plutarco, Vita di
Romolo 4,2-4]: chi la crudeltà degli Assiri ignora, e quanto tanti popoli
dovettero soffrire a causa di essa? Ben nota è la violenza di Ninive tra gli
Italici e i Tirreni.
35 S'essi bruciaron la cittade vostra, qui potrete trovar sicuro asilo sino a
che riparato non avrete le navi vostre, e ripartire verso il lido tracio!"
36 Tobia padre allora scoppiò in pianto: "Dunque anche voi esaltate gli eroi e
condannate i prepotenti! O Dio d'Israele, io ti ringrazio! Le lacrime del
mondo anche qui toccano i cuori dei mortali!"
37 Romolo ed Ersilia piansero con lui, insieme ai loro figli Prima e
Auillio [Plutarco, Vita di Romolo 14,7-8], ed
ordinarono che venti buoi, cento capre, cento pecore grasse e cento agnelli
fossero portati alla foce del Tevere, dono ospitali per gli Ebrei là rimasti.
38 Tuttavia per opera di Sammaele [Libro di Enoch
6], che voleva vendicare l'affronto fatto da Raffaele a suo fratello
Asmodeo, la
regina Ersilia si innamorò perdutamente di Tobia il Giovane
[Virgilio, Eneide I,305-694.
39 Ignaro del fatto che Sammaele avesse toccato il cuore della sua sposa, Re
Romolo offrì un
grande banchetto nella sua reggia in onore dei suoi ospiti Ebrei, insieme a
tutti i Patrizi romani e sabini là riuniti, e libò alla loro salute, pregando i
suoi déi perchè fossero loro propizi.
40E frattanto la misera Ersilia prolungava in lungo conversar la notte, e
lungamente si inebriava d'amore guardando il giovane Tobia, che simile a un dio
le pareva;
41 E dei Re e delle Dodici Tribù d'Israele chiedeva, e con che forze era venuto
Salmanàssar, quanti cavalli avesse il suo successore Sargon e quanto
fosse valoroso il Re d'Israele Osea.
42 Ed alfine invitò Tobia il Vecchio: "Orsù, ospite, comincia fin dal
principio; narrami l'insidia assira, il crollo della vostra città, le tue
dolorose traversie, perché da sette anni ramingo te ne vai per tutte le terre e
per l'ondoso mare." [Eneide I,695-756]
Nathaniel Dance-Holland, Tobia davanti a Romolo ed Ersilia, Tate Gallery, 1766
Capitolo 2
La rovina di Samaria
1 Tacquero tutti, fissando in
volto il padre Tobia e pendendo dal suo labbro; dall'alto scranno egli prese a
dire così:
2 "Regina, tu mi chiedi di rinnovellare un dolore disperato, vuoi che dica in
quale modo gli Assiri hanno distrutto le ricchezze ed il regno d'Israele, degno
di pianto, e le tristissime cose che io vidi e di cui fui protagonista.
3 Chi tratterebbe il pianto, tali cose rammentando, fosse pure Cimmerio o
Elamita, o guerriero del feroce Sargon? E già l'umida notte giù
dal cielo va precipitando, le stelle ci invitano al sonno.
4 Ma se davvero hai a cuore di conoscere la mia storia e di ascoltare in breve
l'ultima sciagura di Tisbe e di Samaria, benché l'animo mio inorridisca al solo
ricordo, e rifugga dinanzi a tanto lutto, inizierò. [Eneide II,1-13]
5 Io sono nato a Tisbe, che sta a sud di Kades di Nèftali, nell'alta
Galilea, sopra Casor, verso occidente, a nord di Sefet
[Tobia 1,2].
6 Purtroppo, al tempo di Pekach re di Israele, venne Tiglat-Pilèzer
re di Assiria [Tiglatpileser III, 745-727 a.C.],
che occupò Ijjon, Abel-Bet-Maaca, Ianoach, Kedes, Cazor, Gàlaad e la Galilea e
tutto il territorio di Nèftali, deportandone la popolazione in Assiria
[2 Re 15,29].
7 Mio padre Tòbiel fuggì dunque a Samaria, capitale del Regno d'Israele,
ritenuta inespugnabile, con mia madre, con i miei fratelli e con me che ero
ancora un ragazzo. Là conobbi mia moglie Anna ed ebbi un figlio, che porta il
mio stesso nome, e che ora ti siede accanto.
8 Nell'anno decimosecondo di Acaz re di Giuda [732
a.C.] divenne re in Samaria su Israele Osea figlio di Ela, il quale regnò
nove anni, e fece ciò che è male agli occhi del Signore.
9 Contro di lui marciò Salmanàssar re d'Assiria [Salmanassar
V, 727-722 a.C.]; Osea divenne suo vassallo e gli pagò un tributo.
10 Poi però il re d'Assiria scoprì una congiura di Osea, che aveva inviato
messaggeri a So re d'Egitto [Osrorkon
IV] e non spediva più ogni anno il tributo al re d'Assiria, come faceva
prima. Perciò il re d'Assiria invase tutto il paese, andò in Samaria e l'assediò
per tre anni [2Re 17,1-5].
11 Noi Israeliti però resistevamo alle armare dell'impero più potente del mondo.
Sfinito dalla lunga guerra, e temendo di sentirsi deridere perchè una piccola
città gli resisteva, il generale Sargon organizzò un colpo di stato e depose ed
uccise Salmanàssar, quindi regnò al suo posto.
12 Visto che la violenza a nulla serviva, Sargon decise di ricorrere all'astuzia. Costruì un grande vitello di legno, enorme come una montagna, simile al
vitello d'oro che era stato posto da Re Geroboamo nel santuario di
Betel [1Re 12,29] e che la mia casa si è sempre guardata bene dal venerare,
anche se il popolo si prostrava davanti ad esso.
13 Tirati a sorte i suoi migliori eroi, li fece nascondere nel vitello di legno,
quindi finse di abbandonare l'assedio e fece nascondere le sue truppe nei boschi
intorno al Monte Garizim.
14 Il mattino dopo ci accorgemmo che gli Assiri avevano lasciato il campo, ed
uscimmo per festeggiare, levando lodi al nostro Dio. Scoperto il grande vitello
di legno, ci interrogavamo su quale potesse essere il suo significato.
15 Alcuni proponevano di portarlo in città, altri di darlo alle fiamme, altri di
distruggerlo per verificare se vi fosse qualche diavoleria nascosta all'interno.
16 A quel punto arrivò il profeta Michea di Morèset, il quale urlò: «
Quale follia vi acceca, o Israeliti? Credete davvero che gli Assiri abbiano
lasciato il campo, e per giunta vi abbiano lasciato un regalo? Così poco
conoscete il Re Salmanàssar?
17 E' forse stanca la pazienza del Signore, o questo è il suo modo di agire?
Non sono forse benefiche le sue parole per chi cammina con rettitudine?
[Michea 2,7]
18 O lì dentro si occultano degli Assiri, o è un modo per forzare le nostre
mura; in ogni caso, è una pericolosissima insidia! Non fidatevi, figli di
Israele, del vitello! Io temo gli Assiri anche quando portano doni! »
19 Scagliò quindi una lancia contro il vitello, le cui vuote viscere
rimbombarono cupamente. Oh, se Iddio non avesse reso stolte le nostre menti per
punirci per i nostri peccati nei Suoi confronti! Ora il Regno d'Israele
sussisterebbe ancora, e Samaria la grande torreggerebbe da sopra la sua collina!
20 Tuttavia, quando il profeta Michea stava per convincerci a distruggere il
vitello, alcuni pastori condussero là un prigioniero assiro che affermò di
essere scampato ad un sacrificio umano. Infatti il Generale Sargon voleva
sacrificarlo a Baal-Zebul per propiziare l'attacco finale alla città.
21 Egli però era riuscito a fuggire e si era nascosto nelle vicinanze. A suo
dire, una pestilenza aveva menato strage tra gli Assiri, ed il vitello era era
un'offerta al Dio d'Israele, erroneamente creduto di aspetto taurino, per
placare la furia del suo Angelo contro le truppe di Salmanàssar;
22 se lo avessimo distrutto, l'ira del Dio di Israele si sarebbe rivolta contro
di noi. Noi purtroppo gli credemmo, anche perchè un mostro venuto dallo Sheol
uscì da una caverna e divorò il profeta Michea, che ancora cercava di dissuaderci
dal commettere quell'errore, insieme ai suoi figli [Eneide II,14-233].
23 Tutti credemmo che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe avesse voluto
punire il profeta per essersi opposto al Suo volere, e ci affrettammo a
trasportare il cavallo dentro le mura di Samaria; quindi ci abbandonammo ai
festeggiamenti, per poi cedere stanchi al sonno.
24 Intanto, Salmanàssar marciava con le sue truppe contro di noi a tappe
forzate. Il soldato assiro da noi salvato, che era in realtà in combutta con i
suoi compatrioti, aperse una porta segreta sotto il vitello, e da essa fuoriuscì
il fior fiore delle truppe di Assur, le quali uccisero le sentinelle e apersero
le porte della città.
25 Io dormivo nella mia casa insieme a mio padre Tòbiel, a mia moglie
Anna e a mio figlio Tobia, quando improvvisamente mi apparve in sogno
Pekach figlio di Romelia, Re d'Israele che io conoscevo bene, e che nove
anni prima era stato deposto e ucciso da Osea per impadronirsi del suo trono
[2Re 15,30].
26 Era tutto coperto di sangue, di polvere e di ferite; oh quanto era cambiato
da quando lo avevo visto compiere prodezze in battaglia contro Aram e contro gli
Assiri! Egli mi avvertì:
27 « Fuggi, o figlio di Tòbiel! Scampa alle fiamme! I nemici sono in città,
Samaria precipita giù dalla sua collina! Non cercare più di combattere, ché
sarebbe vano. Io ti affido la missione di cercare una nuova patria e di
edificarvi una nuova città per le Dieci Tribù di Israele! » [Eneide II,234-297]
28 Mi svegliai di soprassalto, coperto di sudore, e udii il frastuono della
battaglia tutt'intorno alla mia casa: i guerrieri Assiri stavano mettendo
Samaria a ferro e fuoco, e la nostra amata capitale era già in preda alle
fiamme!
29 Subito radunai alcuni guerrieri e tentai di organizzare la difesa dalla
città: dopotutto è bello morire con le armi in pugno. Non potei però fare altro
che assistere impotente alla barbara uccisione di Re Osea e dei suoi figli per
mano del generale Sargon.
30 Mi tornò allora in mente l'anziano padre Tòbiel, che con la mia sposa Anna e
il mio figlioletto Tobia erano rimasi nella mia casa, alla mercè degli Assiri [Eneide II,298-634].
31 Corsi da loro, ormai solo perchè quasi tutti i miei compagni erano stati
trucidati, e pregai mio padre Tobièl di fuggire con me finché era in tempo, ma
egli non voleva venire e diceva: « Stanco io sono della mia vita! Darò libero
sfogo al mio lamento, parlerò nell'amarezza del mio cuore.
32 Dirò a Dio: Non condannarmi! Fammi sapere perché mi sei avversario. Perché
tu mi hai tratto dal seno materno? Fossi morto e nessun occhio m'avesse mai
visto Sarei come se non fossi mai esistito; dal ventre sarei stato portato alla
tomba!
33 E non son poca cosa i giorni della mia vita? Lasciami, sì ch'io possa
respirare un poco prima che me ne vada, senza ritornare, verso la terra delle
tenebre e dell'ombra di morte, terra di caligine e di disordine, dove la luce è
come le tenebre! » [Giobbe 10,1-2.18-22]
34 Mentre ancora cercavo di convincerlo, improvvisamente l'angelo Raffaele in
persona apparve alle spalle di mio figlio Tobia, tenendogli una mano sulla
spalla come ad indicare la necessità che egli sopravvivesse, e indicando con
l'altra la porta a sudovest che conduceva a Giaffa, l'unica via di fuga
possibile.
35 Raffaele si sottrasse quasi subito alla nostra vista, ma mio padre si
convinse a lasciare la sua città, ed allora io me lo caricai in spalla e fuggii
di corsa verso la porta sudorientale, con il figlio Tobia in una mano e la
moglie Anna che mi seguiva a pochi passi di distanza [Eneide II,635-720].
36 Quando raggiunsi la tomba di Re Omri, poco fuori le mura, dove si erano
radunati tutti coloro che erano riusciti a sfuggire alla cattura da parte degli
Assiri, ohi, me misero! Mi accorsi che solo mia moglie Anna mancava all'appello:
come potevo averla perduta?
37 Immagina, mia regina, chi non accusai tra gli uomini e i dèmoni dell'inferno!
E quale strazio più crudo poteva lacerarmi l'anima, in quella notte di tregenda?
Subito, benché sconsigliato dai compagni, tornai sui miei passi e rientrai in Samaria, ormai in mano ai nostri nemici.
38 Chiamai più volte il suo nome, guardando dappertutto, e probabilmente avrei
finito per cadere in mano agli Assiri, se non mi fosse apparso lo spettro di
Anna, evanescente e assai più grande di una figura umana, che mi si rivolse
queste parole dolenti:
39 « Oh, dolce marito mio, non cercare me che non sono più. Non verrò deportata
a Ninive, né sarò schiava dei nostri nemici a Calach o Assur: non sono riuscita
a star dietro al tuo passo di corsa, e alcuni guerrieri Assiri mi hanno
catturata e uccisa.
40 Ma non cercare vendetta: non gli uomini hanno distrutto il Regno d'Israele e
la sua gloria, bensì Iddio stesso. Questa tragedia avvenne perché noi Israeliti
abbiamo peccato contro il Signore nostro Dio, che ci ha fatti uscire dal paese
d'Egitto, liberandoci dal potere del Faraone.
41 Abbiamo seguito le pratiche delle popolazioni distrutte dal Signore
all'arrivo di noi Israeliti e quelle introdotte dai re di Israele che si erano
ribellati a Salomone figlio di Davide. Abbiamo proferito contro il Signore
nostro Dio cose ingiuste e abbiamo costruito altari agli déi stranieri in tutte
le nostre città.
42 Eppure il Signore, per mezzo di tutti i Suoi profeti e dei veggenti, aveva
ordinato a Israele e a Giuda: Convertitevi dalle vostre vie malvagie e
osservate i miei comandi e i miei decreti secondo ogni legge, che io ho imposta
ai vostri padri e che ho fatto dire a voi per mezzo dei miei servi, i profeti.
43 Ma noi non li ascoltammo, anzi indurimmo il nostro cuore come come a
Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove i nostri padri misero Dio alla prova
[Sal 95,8]. Abbiamo
eretto due vitelli d'oro a Dan e Betel, adorando loro in luogo
dell'unico Dio. [2 Re 17,7-9.13-16]
44 Ma il Signore nella sua bontà ha decretato che da Samaria esca un piccolo resto di Israele
e sopravviva, guidato da te e da nostro figlio. Lo zelo del Signore ha fatto
questo [2 Re 19,31].
45 Per questo, tu dovrai sopportare un lungo esilio e arare con navi fenicie
un'infinita onda di mari, fino a che non giungerai alla terra tracia, dove
fonderai un nuovo regno. Addio, e vigila su nostro figlio, cui Iddio prepara un
luminoso destino. » [Eneide II,721-794]
46 A me si drizzarono i capelli in capo e si strozzò la voce nella gola. Tentai
di abbracciare tre volte il fantasma, e per tre volte mi sfuggì dalle braccia come il vento lieve, per poi sparire per sempre nella notte come un sogno
fuggitivo.
47 Piangendo, feci ritorno ai miei compagni, che erano ormai tantissimi: un
popolo miserabile la cui unica speranza era l'esilio. Essi mi elessero loro capo
e si dissero pronti a seguirmi in ogni dove, giacché Dio e l'angelo Raffaele
erano con me.
48 Un'alba livida sorgeva e, persa ogni speranza di rivedere Samaria, mi caricai
il padre in spalla e condussi la mia gente lungo la via che portava al mare [Eneide II,795-804].
Raffaello, i due Tobia e Tòbiel fuggono da Samaria, Musei Vaticani
Capitolo 3
Le peregrinazioni di Tobia
1 Giungemmo infine a Giaffa,
che ancora non era caduta in mani assire, e cercammo ad organizzare una
spedizione alla ricerca di una nuova patria, giacché era escluso che Re Acaz
di Giuda [2 Re 16] ci offrisse asilo, dopo
due secoli di scisma politico e religioso [Eneide III,1-12].
2 Al principio dell'estate ci mettemmo in marcia, e seguendo la osta giungemmo
nella terra dei Filistei, con l'intenzione di chiedere aiuto al Re di
Gaza, la più potente città di quel popolo, che era alleato di Re Pekach nei
giorni felici della mia giovinezza.
3 Alcuni dei miei compagni anzi proponevano di stabilirci a Gaza in via
definitiva, anche se mia moglie Anna mi aveva profetizzato altrimenti. Decisi
dunque di offrire un sacrificio al Dio degli Eserciti su una collina, per
chiederGli di mandarmi un segno che mi indicasse cosa fare.
4 Tagliai alcuni rami di un albero di ricino che là cresceva, e mi accorsi con
raccapriccio che dai rami troncati stillavano gocce di sangue!
5 Ed insieme al sangue dai rami fuoriuscì una voce cavernosa: « Ohimé, Tobia,
perchè mi ferisci? Abbi pietà di un poveruomo seppellito!
6 Non contaminare le tue mani! Eppure siamo stati amici. Io sono Rezin re di
Aram [2 Re 16,5], e ci siamo conosciuti in
gioventù, quando con tuo padre sei venuto a Damasco per motivi di
commercio.
7 Quando Tiglat-Pilèzer re di Assiria occupò il mio regno, istigato da Acaz
re di Giuda [2 Re 16,7-9], io fuggii a Gaza con
buona parte del mio tesori, sperando che il re di quella città mi ospitasse con
i superstiti della mia gente.
8 Invece, desideroso di ingraziarsi gli Assiri e di impossessarsi del mio oro,
egli mi fece uccidere a tradimento e mi lasciò qui sulla collina. La vegetazione
e il Signore tuo Dio hanno avuto pietà di me. Fuggi da questa perfida contrada,
finché sei in tempo! »
9 Sbalordito, mi si rizzarono i capelli sul capo, e mi stracciai le vesti per il
dolore del crimine che era stato commesso ai danni del mio amico Rezin. O
maledetta fame di oro, a quali crimini tu non spingi i cuori degli uomini?
10 Subito ne disseppellii le ossa e le feci porre in una tomba scavata nella
roccia, con tutti gli onori. Condussi quindi la mia gente lontano dalla città di
Gaza e dal suo malvagio sovrano [Eneide III,13-68].
11 Mio padre Tòbiel convinse tutti noi ad affrontare un'aspra marcia nel deserto
per raggiungere Elcos, villaggio ai piedi del Monte Oreb dove si
era ritirato a vivere
il profeta Naum, nativo di Cafarnao [Kefar
Nahum, "Villaggio di Naum"] sul Mare di Galilea, dopo che la Galilea era
stata occupata dagli Assiri.
12 Naum infatti era il profeta vivente più rispettato, ed avrebbe potuto
indicarci dove cercare una nuova patria per i superstiti di Samaria. Egli ci
accolse nel suo villaggio sorto in una ridente oasi e profetizzò a me e a mio
padre:
13 « Un Dio geloso e vendicatore è il Signore, vendicatore e pieno di sdegno.
Il Signore si vendica degli avversari e serba rancore verso i nemici.
14 Il Signore è lento all'ira, ma grande in potenza e nulla lascia impunito.
Nell'uragano e nella tempesta è il suo cammino e le nubi sono la polvere dei
suoi passi.
15 Buono è il Signore, un asilo sicuro nel giorno dell'angoscia: conosce
quelli che confidano in lui quando l'inondazione avanza, stermina chi insorge
contro di lui e i suoi nemici insegue nelle tenebre. [Naum
1,2-3.7-8; Tob 14,4]
16 Orsù, figli di Nèftali, cercate
il vostro antico padre; colà la stirpe di Tòbiel dominerà su tutte le terre, e
i figli dei suoi figli, e i loro figli dopo di loro. »
17 Tutti ci rallegrammo di quel responso, ma in cuor nostro ci chiedemmo: « Chi
mai sarà il nostro antico padre cui allude il profeta? »
18 A questo punto prese la parola il mio glorioso padre Tòbiel: « Uditemi, o
Israeliti. Il nostro padre Nèftali, figlio di Giacobbe e di Bila, schiava
di sua moglie Rachele [Gen 30,8], scese in Egitto
al tempo della grande carestia insieme ai suoi fratelli, invitato dal Faraone
dietro impulso di suo fratello Giuseppe [Gen
47,5-12].
19 Il Faraone lo invitò a risiedere con i suoi fratelli nella terra di Gosen,
al confine tra il deserto e il paese d'Egitto, la parte migliore di quel paese
[Kesem era il 20° nomo dell'Egitto, nel Delta orientale].
Quando furono compiuti i suoi giorni, egli vi morì e vi fu sepolto.
20 Orsù, dunque, procediamo nel cammino indicatoci dal nostro Dio! Il nostro
antico padre è Nèftali, egli è sepolto in Gosen, e dunque è là che dobbiamo
tornare a vivere, dove già vivevano i nostri antenati nei tempi antichi, prima
di Mosè e di Giosuè,prima di Saul, Davide e Salomone.
21 So che avete timore di tornare là dove i nostri padri furono fatti schiavi,
ma l'Egitto si trova in momento difficile, dilaniato tra diversi Re che regnano
contemporaneamente da capitali diverse, e minacciato dalla potenza Assira.
22 I Re del paese non ci rifiuteranno quella regione, sapendo che potranno
contare su nuovi alleati per difendere i confini orientali del loro paese. » [Eneide III,69-123]
23 Così disse, e così ci convinse. Ringraziato il profeta Naum, ci mettemmo in
marcia seguendo a ritroso il cammino dell'esodo dall'Egitto, e dopo un mese
giungemmo nella terra di Gosen, che in effetti era quasi terra di nessuno,
poiché l'Egitto era dilaniato dalla guerra civile.
24 Il Re Tefnach [il Faraone Shepsesra Tefnakht,
della XXIV Dinastia], che regnava in Zoar [Sais],
ci cedette la terra di Gosen a patto che lo aiutassimo a difenderla, come aveva
previsto mio padre, giacché il suo trono era minacciato da sud dal re di
Nubia [dal faraone nubiano Piye, della XXV Dnastia].
25 Con gran gioia io mi accinsi a costruire una nuova città, e la chiamai
Tisbe, come la città di Israele in cui ero nato.
26 Tutto sembrava andare per il meglio, quando all'improvviso in Egitto scoppiò
una pestilenza, un ramo del Nilo si disseccò e ci fu grande carestia. Il re
Tefnach ci mandò a dire che evidentemente i suoi déi erano irritati con lui per
averci affidato una parte del suo regno, e che quindi eravamo invitati ad
andarcene.
27 Ci disperammo, ma a quel punto mi apparve in sogno lo stesso Nèftali, padre
dei miei padri, che mi disse con voce grave: « Figlio, tu e tuo padre avete
travisato completamente la profezia di Naum di Elcos.
28 Non in questa terra, dove i miei discendenti e vostri padri sono stati fatti
schiavi da re malvagi, ma verso un altro paese molto lontano da qui, dovete
indirizzare i vostri passi per erigere una città che sarà capitale di un impero.
Grandi prepara a grandi eroi le mura.
29 Il vostro antico padre cui alludeva Naum non era Nèftali, ma il suo antenato
Terach, padre di Abramo, l'amico di Dio [Giacomo
2,23; Corano IV,125]."
30 Ridestatomi, corsi da mio padre e dai miei fratelli, con il cuore colmo di
speranza narrai loro il mio sogno, e il saggio Tòbiel, che vide molte città e
conobbe l'indole di tante genti [Omero, Odissea I,3],
rifletté e poi ci spiegò:
31 "Purtroppo ho preso un nuovo abbaglio, dopo quello che ci aveva condotti
nella terra dei Filistei. Terach [Gen 11,26-27] in
effetti fu il padre di una moltitudine di popoli: oltre al popolo d'Israele, da
lui discendono le genti dell'alto Eufrate, gli Edomiti, i Moabiti e gli
Ammoniti.
32 Un figlio a lui omonimo, generatogli in tarda età da una schiava, quando già
Abramo aveva lasciato Carran diretto verso la Terra Promessa
[Gen 12,4], migrò verso nord e, superati fiumi e
montagne, raggiunse la sponda settentrionale dell'ondoso Mare d'Occidente.
33 Là egli fondò una nazione, che dal nome suo e di suo padre prese il nome di
Tracia. Ritengo dunque che l'oracolo del profeta Naum ci indicasse quella
terra come nostra meta, dal momento che i suoi abitanti sono nostri parenti,
così come lo sono gli Spartani [1 Mac 12,21]. »
34 « Ma dov'è la Tracia, terra che io non ho mai sentito nominare? », gli chiesi
io, ed egli: « Non vi sono mai stato, ma so che si trova all'estremo nord del
mondo conosciuto, di là dalle terre di Mesech e di Thubal
[Gen 10,2: i Moschi e i
Tibareni, popoli dell'Anatolia].
35 Credo pertanto che dovremo costruire una flotta di imbarcazioni per passare
il mare, perchè troppo lungo e pericoloso sarebbe il cammino via terra. »
36 Disse, e tutti approvammo il suo consiglio, decisi ad abbandonare quella che
credevamo la terra promessa. Siccome però nessuno di noi aveva mai navigato in
vita nostra, ci recammo nella città portuale di Sin
[Pelusio: Erodoto II,141; Ezechiele 30,15]
dove esisteva un fondaco dei Fenici, abili navigatori.
37 Essi odiavano gli Assiri quanto noi, e così, udendo che eravamo in fuga
davanti a loro, accettarono di buon grado di aiutarci a costruire delle navi
snelle e veloci, e di insegnarci come navigare sull'ondoso mare. Alcuni di essi
anzi si unirono a noi in qualità di timonieri, per assisterci durante la
navigazione.
38 E così, lasciato per sempre l'ostile Egitto, a piene vele navigammo l'ondoso
mare. Neppure i Fenici però sapevano dove esattamente fosse la Tracia, terra con
la quale non avevano mai commerciato [Eneide III,124-189].
39 E così, fu necessario compiere un lungo periplo di esplorazione delle coste
del Mare Occidentale, alla ricerca di qualcuno che fosse disposto ad indicarci
la rotta verso la meta delle nostre esplorazioni.
40 La prima tappa fu sull'isola di Creta, dove trovammo grandi armenti di
pecore e capre. Dopo averle catturate facilmente, innalzammo un altare al Dio di
Israele, compimmo sacrifici e ci accingemmo a preparare un banchetto.
41 Improvvisamente però fummo assaliti da un gruppo di donne assatanate, in
preda a una frenesia isterica, armate di bastoni su cui erano avvolti tralci di
vite. Esse distrussero il nostro altare e le nostre mense, e ci scacciarono di
là a colpi di bastone, cui io diedi ordine di non rispondere con le armi.
42 « Noi siamo le Baccanti, e adoriamo Dioniso, l'unico dio », ci
urlò furibonda quella che sembrava la più eminente tra loro, « ed io sono
Celeno, figlia di Taumante ed Elettra. Non vi basta, o
stranieri, sottrarci i nostri armenti? Volete anche impossessarvi della nostra
terra?
43 Voi siete diretti in Tracia, ma quando vi sarete giunti proverete una fame
così terribile, da essere costretti a divorare anche le vostre mense! » [Eneide III,190-267]
44 Terrorizzati da quel presagio, fuggimmo. La terribile Celeno e le sue
compagne però non sapevano che l'idolo da essi adorato celava in realtà Asmodeo
il Distruttore, uno dei più pericolosi demoni dell'abisso.
45 Infuriato perché era stato disturbato il rito orgiastico delle Baccanti in
sui onore, egli giurò che non si sarebbe dato pace fino a che non avesse
fatto affondare le nostre navi sul fondo del mare, ponendo fine alla stirpe di Nèftali.
Subito egli suscitò una tempesta che ci spinse lontano da quel paese guasto
[Inferno XIV, 94].
46 Approdammo così in un'isola chiamata Sicilia, dove ci accolse Osea figlio
di Beerì, anch'egli profugo dopo la distruzione del regno di Israele.
47 Per ordine del Signore, egli aveva sposato una prostituta, Gomer, figlia di
Diblàim, che gli aveva dato tre figli, chiamati Izreel, Lo'-ruhamah
[Non amata] e Lo'-‘ammî
[Non mio popolo]: nomi che incarnavano sia il
peccato di Israele, sia il rigetto del Signore nei suoi confronti
[Osea 1,2-8].
48 Fuggito anche lui, come Naum e come noi, di fronte all'avanzata degli Assiri,
si era imbarcato ad Akko [Giudici 1,31] su
una nave fenicia con la sua famiglia, ed aveva raggiunto la Sicilia dove, ai
piedi della grande montagna di fuoco [l'Etna],
aveva fondato con altri profughi e con alcuni coloni greci il villaggio di
Akis [Acireale], che gli ricordava quello della
città fenicia da cui era partito.
49 Osea ci invitò nella sua dimora, ed allora Gomer mi si avvicinò e piangendo
mi narrò del suo primo marito, un eroico guerriero di Israele caduto combattendo
valorosamente contro gli invasori, che menarono scempio del suo cadavere.
50 Al profeta Osea io chiesi lumi sul mio futuro, soprattutto alla luce della
drammatica profezia della baccante Celeno. Ed egli mi rispose:
51 « Non darti alla gioia, o Tobia, non far festa perchè ti è stata promessa una
nuova patria: la Tracia, che già prossima tu credi, per lungo e malagevole
cammino su vaste terre è ancor da te lontana. Persino i confini dello Sheol
dovrai varcare, prima di potervi mettere piede!
52 L'aia e il tino non vi nutriranno e il vino nuovo vi verrà a mancare. Non
farete più libazioni di vino al Signore, i vostri sacrifici non Gli saranno
graditi. Pane di lutto sarà il vostro pane, coloro che ne mangiano diventano
immondi. Sono venuti i giorni del castigo, sono giunti i giorni del rendiconto.
[Osea 9,1-4.7]
53 Tuttavia dice il Signore: come potrei abbandonarti, Tobia? Come
consegnarti ad altri, o Israele? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio
intimo freme di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira, non
distruggerò del tutto Efraim, perchè sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo
a te e non cederò alla mia ira. [Osea 11,8-9]
54 Quando dunque giungerai sul corso di un solingo
fiume, e vedrai sotto gli elci della riva giacere al suolo una grande capra
bianca con sette nati intorno alle sue poppe, come essa bianchi, quello sarà il
luogo per la tua città: la troverete pace sicura dai travagli vostri.
55 Chi è saggio interpreti queste cose, chi ha intelligenza le comprenda;
poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse mentre i
malvagi vi inciampano! » [Osea 14,10]
56 In parte rattristato e in parte confortato da questa profezia, perché sempre
minacciosi eppure densi di speranza erano i vaticini di Osea, ripresi il mare
con i miei compagni alla ricerca della sconosciuta Tracia [Eneide III,268-505].
57 Evitato un pericoloso stretto dietro consiglio di Osea, circumnavigai la
Sicilia verso occidente, per poi dirigermi, sempre seguendo la parola del
profeta, verso Cartagine, città fondata dai Fenici, che quindi avrebbe
dovuto offrirci un rifugio sicuro:
58 i Punici sono inoltre abilissimi nella navigazione, e avrebbero potuto
insegnarci in quale direzione dirigere le veloci prove in cerca della terra di Terach [Eneide III,506-681].
59 Ed infatti il Senato di Cartagine, che è l'unica città priva di un re tra le
tante che ho visitato, benevolmente ci accolse. Ma là, dopo tante avversità,
subii il lutto più grave: colà mio padre mi lasciò, quel Tòbiel che mi
era sempre di conforto nelle mie sventure.
60 Là stanco mi lasciasti, o dolce padre, sfinito dall'età e dalle fatiche
del viaggio, e scampato invano a tante traversie: né Naum né Celeno né Osea, che
pur tante prove mi predissero, mi avevano avvertito di sì grave perdita! E fu
questo sinora l'ultimo affanno, questa l'ultima meta della mia lunga via.
61 Infatti, dopo aver seppellito mio padre con tutti gli onori, i Punici mi
avvisarono che dovevo raggiungere la terra di Elisa
[la Grecia] se volevo trovare la Tracia a nord di essa, e per farlo avrei
dovuto tornare verso oriente, giacché troppo verso occidente ci eravamo spinti.
62 Di là partimmo, ma navigando verso la Sicilia ci sorprese in mare il perfido Asmodeo, e tentò di affondare le nostre navi. L'angelo Raffaele, mio patrono,
benevolmente tuttavia ci trasse a salvamento, e ci spinse verso il Lazio e verso
la tua città."
63 Così tra lor narrava il pio Tobia, mentre a lui solo tutti erano intenti.
Qui, concluso il racconto, egli si tacque [Eneide III,682-718].
Itinerario di Tobia padre e figlio da Samaria alla Tracia
Capitolo 4
La tragedia di Ersilia
1 Già l'aurora dileguava in cielo
le umide ombre notturne quando, ormai completamente persa nell'amore per il
giovane Tobia, Ersilia, regina di Roma, si rivolse all'amica e confidente
Tazia, figlia del re dei Sabini Tito Tazio e futura consorte del
secondo re di Roma, Numa Pompilio:
2 "Amica mia, quale ospite insolito è quello giunto tra di noi! Quanto gagliardo
è il suo aspetto! Da quale avverso destino, ahimè, fu travagliato! Quali guerre
le sue, narrateci da suo padre!
3 So di essere legata dai sacri vincoli del matrimonio al glorioso Romolo, re di
questa città, cui ho dato due figli. Ma io conosco i segni dell'antica fiamma
d'amore!
4 Mai pensavo che uno straniero avrebbe potuto farmi innamorare fino a questo
punto! Ma io non voglio tradire il re di Roma, nonostante egli mi abbia rapito a
viva forza quando ero ancora adolescente, durante il ratto delle donne Sabine!"
5 Così diceva, e fuor le eruppe il pianto. Tazia la consolò convincendola che
non doveva nulla a Romolo, che la aveva strappata a forza dalle mani di suo
padre, ed anzi facendole balenare l'idea di convincere il giovane Tobia ad
eliminare Romolo e a proclamarsi lui stesso nuovo re di Roma.
6 "Crede in un dio diverso dai nostri? Pazienza, il nostro Pantheon è così
affollato che può ben ospitarne uno in più, un Dio degli Eserciti che guidi i
Quiriti in guerra e li renda invincibile contro ogni nemico!" [Eneide
IV,1-55]
7 Allora Ersilia non ebbe più remore, e
lasciò che la passione amorosa per Tobia le bruciasse le membra: "Bruna sono ma
bella, o figlie di Roma. Non state a guardare che sono bruna, poiché mi ha
abbronzato il sole!" [Cantico dei Cantici 1,5-6]
8 Sola si doleva nella vuota casa e giaceva sul tricinio deserto, essendo Romolo
tutto preso dal predisporre nuove imprese belliche, e pur udiva l'assente e pur
lo vedeva.
9 In realtà era stato Sammaele, l'angelo caduto che da tempo spiava Tobia padre
e figlio, a tentare Tazia affinché convincesse Ersilia a tradire il matrimonio
contratto con Romolo e ad unirsi a Tobia;
10 egli infatti prevedeva che la stirpe di Tobia fosse desinata a fondare uno
degli imperi più potenti della terra, il cui scopo era quello di far trionfare
la Vera Fede in Dio sul paganesimo e sull'idolatria, e tentava di opporsi a
questo disegno divino [Eneide IV,56-128].
11 Per questo, combinò le nozze tra Ersilia e Tobia figlio. Mentre Tobia padre
con gli Israeliti abili alle armi seguiva Romolo in un assalto contro la città
di Fidene, per ringraziarlo della sua ospitalità,
12 Ersilia e Tobia il Govane partirono per partecipare a una battuta di caccia,
dietro richiesta delle stessa regina, perchè altrimenti il ragazzo avrebbe
preferito di gran lunga seguire suo padre e gli altri armati.
13 Ad un tratto li sorprese una violenta tempesta di grandine e di pioggia,
scatenata dallo stesso Sammaele. Tutti cercarono un riparo, e sia Tobia che
Ersilia trovarono riparo nella medesima grotta, ai piedi della famigerata
Rupe Tarpea.
14 Lì si consumò il matrimonio pagano: sfolgorò di lampi il cielo, testimonio
alle loro nozze, mentre tutti gli animali selvatici ululavano sinistramente,
segno di prossima sventura [Eneide IV,128-172].
15 Ma l'angelo Gabriele avvisò Raffaele delle trame ordite dal nemico Sammaele,
e così Raffaele protestò con il Signore Dio perchè nelle profondità degli Inferi
si cercava di strappare Tobia padre e figlio al loro destino di gloria.
16 Allora l'Onnipotente inviò Gabriele il messaggero a Tobia padre, al quale
disse: "Lascia le imprese belliche in terra straniera, o pio Tobia.
17 Non ti accorgi che tuo figlio è stato irretito da una donna straniera, e ha
accettato di sposarla con il rito degli incirconcisi di questa nazione?
18 Per di più, ora la donna è bigama, e trama di uccidere il marito per
sostituirlo sul trono con tuo figlio. Non ci vorrà molto perchè lo convinca ad
abbandonare il Signore tuo Dio e a venerare gli déi stranieri, i pali sacri, gli
abominevoli altari delle genti di Thiras [gli
Etruschi]!
19 Ricorda cosa accadde al regno d'Israele, quando i suoi re e i suoi abitanti
abbandonarono il culto del vero Dio per darsi ai Baal e alle prostitute sacre?
Vuoi che accada lo stesso alla tua stirpe?"
20 Ciò detto, volò via e fra le lievi aure svanì. Restò muto e sbigottito Tobia
ad udire queste parole, attonito di fronte al rimprovero che gli arrivava
dall'Onnipotente, gli si drizzarono i capelli in capo, e subito con i suoi
uomini fece ritorno a Roma, perchè Fidene era ormai caduta, ed egli lasciò a
Romolo il saccheggio [Eneide IV,173-278].
21 Subito incontrò il figlio e lo rimproverò per il peccato che aveva commesso:
"Guardati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione; prenditi una moglie dalla
stirpe dei tuoi padri e non una donna straniera, perché noi siamo figli di
profeti.
22 Ricordati di Noè, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, nostri padri fin da
principio. Essi sposarono tutti una donna della loro parentela e furono
benedetti nei loro figli, e la loro discendenza avrà in eredità la terra
[Tobia 4,12].
23 Perchè dunque ti sei congiunto con quella donna straniera, per di più già
sposa di Romolo, il re di questa città che così benignamente ci ha accolti,
senza temere alcun tradimento da parte nostra?
24 Non temere se abbiamo perso tutto nella caduta di Samaria e siamo diventati
poveri. Tu avrai una grande ricchezza se avrai il timor di Dio, se rifuggirai
da ogni peccato e farai ciò che piace al Signore Dio tuo!
[Tobia 4,21]"
25 Udendo quelle parole, il ragazzo fu preso da grande tristezza, si pentì di
quanto aveva fatto e disse a suo padre: "Riconosco la mia colpa, il mio
peccato mi sta sempre dinanzi.
26 Contro di Te, o mio Dio, contro Te solo ho peccato, quello che è male
ai tuoi occhi, io l'ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo
giudizio.
27 Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. 12 Crea in
me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.
28 Non respingermi dalla Tua presenza e non privarmi del Tuo santo spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso."
[Salmo 50,5.11-14]
29 Vistolo pentito, suo padre andò ad organizzare la partenza, mentre il giovane
andò da Ersilia, cercando le parole migliori per dirle addio senza spezzarle il
cuore [Eneide IV,279-295].
30 Ersilia tuttavia era stata informata da Sammaele stesso, sotto mentite
spoglie, che i due Tobia si preparavano alla partenza, e corse incontro al
ragazzo urlandogli disperata: "Dunque vuoi abbandonarmi di nascosto?
31 Non contento di aver disprezzato il fatto che sono disposta a lasciare un
trono pur di vivere con te, sei disposto ad affrontare le onde del mare in
inverno, pur di sfuggirmi? E non ti curi del fatto che, senza di te, Ersilia
morirà di una diperata morte?"
32 Le rispose Tobia: "Se il mio Signore mi avesse concesso di vivere dove
preferisco, io sarei ancora a Samaria, e la avrei ricostruita dalle fondamenta.
Ma Egli invia me e mio padre nella terra di Tracia, per fondare un regno dove si
innalzino sacrifici al Suo Nome, non ai tuoi vani déi fatti di legno e di
metallo.
33 Se a te, che sei Sabina, è cara l'arce di Roma e il suo dominio nel Lazio,
benché straniera, perchè non vuoi che nella terra di Tracia riposino infine gli
Israeliti? Anche a noi è concesso cercare un nuovo regno.
34 Infine, mi è proibito compiere adulterio con te, perchè lo vietano i
Comandamenti che Dio diede a Mosè sull'Oreb. Or cessa dunque di indurmi al
peccato: verso la Tracia, non per mia volontà, sono diretto!"
[Eneide IV,296-361]
35 A quel punto la regina, furibonda, sentì mutarsi in odio tutto l'amore
che aveva provato per lui e ruggì: "Sono dunque tutti pietosi come te, coloro
che seguono i Comandamenti di Mosè? Mi abbandoni perchè non adoro il tuo Dio,
quando ero disposta ad elevargli un tempio immenso?
36 E io ti raccolsi naufrago e mendicante! E ti offrii il regno di Roma, se solo
mi avessi sposato e avessi accettato di eliminare mio marito!
37 Vattene dunque lontano, cerca la Tracia e il tuo nuovo regno in mezzo ai
venti del mare. Ma, se Giove e Giunone e tutti gli déi sono giusti, troverai la
morte su aguzzi scogli, e il tuo spirito errerà insepolto nelle nebbie, tu che
hai respinto l'amore di una regina!
38 Spezzategli, o miei déi, i denti nella bocca; si dissolva come acqua che
si disperde, come erba calpestata inaridisca! Passi come lumaca che si
discioglie, come aborto di donna che non vede il sole!
[Salmo 58,6-9]"
39 Ciò detto, lo cacciò. Il figlio si riunì al padre, il quale aveva già preso
commiato da re Romolo, riferendogli il comando divino di cercare la terra
promessa, ed insieme si incamminarono verso la costa, onde riprendere il mare
appena possibile [Eneide IV,362-407].
40 Tazia, saputo da Ersilia quanto era accaduto, li rincorse ma il giovane Tobia
rimane impassibile di fronte alle sue richieste.
41 La regina di Roma, perseguitata dal dolore e dalle visioni maligne inviatele
da Sammaele, pensò di testimoniare il falso e di denunciare Tobia padre e figlio
a Romolo, dandogli a bere che era stata da loro violentata;
42 certo l'invincibile figlio di Rea Silvia si sarebbe scagliato in armi contro
i fedifraghi, menando strage degli Israeliti! Ma l'angelo Raffaele avvisò in
sogno Tobia padre delle intenzioni di Ersilia, ed egli levò subito l'ancora nel
cuore della notte, fuggendo sul mare [Eneide IV,408-583].
43 Quando ne fu informata, la regina decise di porre fine alla propria vita.
Ordinò a Tazia di preparare una pira con sopra tutti gli oggetti che le
ricordavano Tobia il giovane, afferrò la spada di suo marito Romolo, con
la quale egli aveva ucciso suo fratello Remo, e lanciò queste maledizioni:
44 "O déi, se necessario è pur che il maledetto Tobia giunga a una terra e
tocchi alfine un porto, se questo esigono i Fati, sia: ma, una volta giuntovi,
con assidua guerra un popolo nemico lo affligga, ed egli veda i suoi amici
miseramente morti.
45 O Romani, siate per sempre ostili alla futura gente di Bisanzio e alla loro
religione [allude allo scisma tra le chiese di Roma e
di Costantinopoli]. Non stringete giammai amicizia con essa, ed anzi cercate in tutti i
modi di mettere a ferro e fuoco la loro città [si
riferisce al sacco di Costantinopoli del 9-13 aprile 1204]. Questo imploro: sian l'onde
all'onde ostili, e ostili i lidi ai lidi, e l'armi all'armi!"
46 Ciò detto, salì di corsa sulla pira ardente e si trafisse con la spada di Romolo.
Tazia e le ancelle si stracciarono le vesti e cercarono di salire esse pure in
cima alla pira, ma Romolo egli altri uomini le trattennero, per evitare che
perissero anch'esse tra le fiamme.
47 L'infelice Ersilia si dibatteva tra gli spasimi dell'agonia, ma l'angelo
Raffaele ebbe pietà di lei, e le recise il capello sul suo capo che teneva
avvinta l'anima al corpo. Allora le sfuggì il calore dalle membra, e l'ombra
sulle ali dei venti discese finalmente allo Sheol [Eneide IV,584-705].
Biblioteca Apostolica Vaticana, la morte di Ersilia, codice miniato del secolo V
Capitolo 5
La sosta a
Cartagine
1
Voltandosi indietro sul ponte della sua nave, Tobia padre e figlio videro il fumo della
pira di Ersilia e compresero chiaramente cosa era accaduto. Tuttavia il dovere
di obbedire a tutte le profezie ricevute fu più forte della nostalgia per i
dolci colli di Roma, e la flotta israelita si diresse verso sud lungo la costa.
2 Ma
il cielo era denso di oscure nubi minacciose, presagio di un terribile
temporale. Malachia, il timoniere della nave di Tobia, si spaventò e temette che la
flotta fosse scagliata contro gli scogli [Eneide V,1-41].
3 Accorgendosi che la tempesta stava riportando le navi verso le coste africane,
Tobia padre decise di approdarvi. I fenici e gli ebrei
gettarono così così l'ancora nel porto di Cartagine, dove il Senato lietamente li accolse e offrì
l'aiuto punico per riparare le navi danneggiate.
4
L'indomani, Tobia parlò ai compagni per informarli che era trascorso un anno
dalla morte di suo padre Tòbiel, ed intendeva commemorarne la memoria con grandi
sacrifici a Dio Onnipotente, con un banchetto e con giochi funebri, come si
usava a Cartagine, mettendo in palio
splendidi premi.
5 Dopo aver comprato un paio di buoi per ogni nave, li sacrificò su un altare
presso la tomba del padre, scavta nella roccia secondo l'uso ebraico, quindi si
rivolse al padre:
6 "O Signore, dal profondo io grido a te: Signore, ascolta il mio grido,
siano le tue orecchie attente al mio grido di aiuto!
7 Se tieni conto delle nostre colpe, Signore, chi potrà continuare ad
esistere? Ma presso di te è il perdono, perché tu sia temuto da tutti i
popoli.
8 Io aspetto il Signore, l'anima mia Lo aspetta; io spero nella Sua parola.
L'anima mia anela al Signore più che le guardie non anelano al mattino.
9 O piccolo mio resto d'Israele, spera nel Signore, poiché presso il Signore
è la misericordia, e la redenzione abbonda presso di Lui. Egli redimerà me e
tutti voi da tutte le nostre colpe [Salmo 130,1-8].
10 E io grido anche a te, amato padre. Grido a voi, o ossa scampate invano a
tanti perigli! Ahimé, non mi fu concesso di cercare con te la tracia terra e i
profetati stretti. Riposa in pace, e veglia per sempre su di me!" [Eneide
V,42-113]
11 Ed ecco, piovve dal cielo il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la
legna, le pietre e la cenere, prosciugando perfino gli otri di vino offerti al
Signore. A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: "Il Signore è
Dio! Il Signore è Dio!" [1 Re 18,38-39]
12 Sbalordito, il giovane Tobia immolò subito due pecore, invocando il Signore
perchè nella nuova patria gli facesse trovare una moglie timorata di Dio che lo
amasse come se stessa. E la sua preghiera fu esaudita.
13 Terminati i sacrifici, iniziarono i giochi in onore di Tòbiel, cui
parteciparono sia Ebrei che Cartaginesi. Tobia pose al centro dell'arena, ben in vista, i
premi per i vincitori: tripodi, corone, palme, armi, vesti
di porpora e di bisso, talenti d'oro e d'argento.
14 Egli annunciò che nessuno se ne sarebbe andato senza regali, ma tutti,
indistintamente, avrebbero ricevuto due giavellotti di ferro dolce ed un'ascia
bipenne decorata.
15 Nella prima gara, una regata, due navi degli Israeliti sfidarono due navi
cartaginesi, e a sorpresa vinse la nave dell'Ebreo Giona, che aveva
promesso un toro in sacrificio al Signore, se avesse prevalso sui più quotati
avversari. I premi per lui furono una veste di porpora e una giovane in sposa.
16 La seconda competizione fu una gara di corsa su una piana erbosa. Vi
parteciparono per gli Ebrei gli inseparabili amici Ieu figlio di Giòsafat
e Ionadab figlio di Recàb [2 Re 10,15],
mentre per i Cartaginesi gareggiarono i velocissimi fratelli Fileni
[Sallustio, Bellum Iugurthinum 79], e per i Numidi
gareggiò il loro futuro re Gala [Tito Livio, Ab
Urbe Condita Libri, XXIV, 48].
17 Ieu si portò subito al comando, inseguito dai due fratelli Fileni, ma, quando
mancava poco al traguardo, scivolò sul sangue dei giovenchi immolati.
18 Per impedire la vittoria ai fratelli cartaginesi, si rialzò proprio davanti a loro, che scivolarono a
loro volta, e così vinse il suo amico Ionadab. Siccome però i fratelli Fileni
protestarono vivacemente e rischiava di nascerne una zuffa, Tobia premiò tutti i
concorrenti per il loro vigore fisico.
19 In particolare Ionadab ebbe in premio la pelle di un enorme leone africano,
che da allora indossò come un mantello.
20 Nella disciplina successiva si batterono i pugili, e si esibì anche il
giovane Tobia, che sconfisse inaspettatamente il possente pugile cartaginese
Et-Bàal
[1 Re 16,31; Eneide
V,114-603].
21 Mentre però era in corso la gara con l'arco, Asmodeo decise di approfittare
dei giochi per gettare lo scompiglio nella flotta Israelita.
22 Il demone salì sulla terra dall'abisso e assunse l'aspetto della
profetessa Culda, moglie di Sallùm, figlio di Tikva, figlio di Carcas
[2 Re 22,14], e parlò in questo modo alle donne
d'Israele:
23 "O misere, che l'armi assire non trassero a morir nelle battaglie sotto le
mura di Tisbe e Samaria, a quale scempio vi serbò la sorte? Sono sette anni
ormai che girovaghiamo, e nel mare infinito e in preda all'onde cerchiamo la
fuggente tracia terra, che forse neppure esiste!
24 Questa terra di Cartagine invece sicuramente esiste, ed è ospitale, ospitale
è il suo Senato. Chi ci vieta dunque d'alzare mura e di dare cittadini a una
città? Non vi sarà più patria col nome d'Israele? Avanti, dunque! Incendiamo le
navi maledette e restiamo qui per sempre!"
25 Così dicendo, afferrò un tizzone acceso e lo scagliò contro la prima nave.
Subito la imitarono le donne d'Israele, invasate da sacro furore, e ben decise a
porre fine alle loro peregrinazioni.
26 Ma Ionadab scorse il fumo che si alzava dalla flotta, ed informò il giovane
Tobia, che raggiunse rapido le donne, rimproverandole aspramente: "Pazze! Voi
date fuoco alla speranza vostra!"
27 Suo padre e gli altri Ebrei sopraggiunsero
altrettanto a un di presso, e le donne per timore di una severa punizione fuggirono e
si nascosero in un vicino boschetto.
28 Ma le fiamme
divampavano e l'acqua versata per spegnerle non riesce a domarle. Il figlio di
Tòbiel allora si rivolse direttamente al Signore suo Dio:
29 "Mio Signore, se ancora non odi tutti i figli d'Israele, se come un tempo
ancor pietoso ascolti i pianti umani, togli il poco che abbiamo alla rovina!
30 Ho annunziato la Tua giustizia nella grande assemblea; vedi, non tengo
chiuse le labbra, Signore, Tu lo sai.
31 Non ho nascosto la Tua giustizia in fondo al cuore, la Tua fedeltà e la
Tua salvezza ho proclamato. Non ho nascosto la Tua grazia e la tua fedeltà alla
grande assemblea.
32 Non rifiutarmi, Signore, la Tua misericordia, la Tua fedeltà e la Tua
grazia mi proteggano sempre, poiché mi circondano mali senza numero, le mie
colpe mi opprimono e non posso più vedere. Sono più dei capelli del mio capo, il
mio cuore viene meno.
33 Degnati, Signore, di salvare la nostra flotta; accorri, Signore, in mio
aiuto! Io sono povero e infelice, ma di me ha cura il Signore. Tu, mio aiuto e
mia liberazione, mio Dio, non tardare!" [Salmo
39,10-14.18]
34 Subito una tempesta con violenti scrosci di pioggia
pose fine all'incendio estinguendo ogni fiamma, e così si salvarono quindici imbarcazioni su diciannove [Eneide
V,604-699].
35
Dopo questi avvenimenti il vecchio Tobia, veduto ciò che erano disposte a fare
le donne israelite pur di porre fine alle peregrinazioni, fu assalito dal
dubbio: era meglio stabilirsi a Cartagine o continuare a cercare la Tracia?
36 A quel punto però la profetessa Culda, quella vera stavolta, lo spronò
a perseguire, nonostante tante sofferenze, il volere di Dio, lasciando là i
compagni e le compagne stanche del lungo errare e desiderose di una patria
sicura.
37 Tobia accettò e fondò. per gli Israeliti che volevano restare in Africa, la
città di Utica [dall'ebraico ˁatiq, "Antica"]
in contrapposizione alla nuova città che egli intendeva fondare in terra di
Tracia [Polibio, Storie, 14,10,6].
38 Alcuni cartaginesi desiderosi di avventure decisero però di unirsi alla
ciurma di Tobia alla ricerca dell'ubertosa terra di Tracia, e così il numero
degli uomini al seguito del figlio di Tòbiel restò inalterato [Eneide
V,700-720].
39 Durante la notte Tòbiel stesso apparve in sogno a suo figlio, lo invitò a
sottomettersi al volere dell'Onnipotente e gli ordinò di recarsi in un luogo che
gli sarebbe stato indicato, da dove avrebbe potuto scendere nello Sheol ed
incontrarlo di nuovo di persona.
40 "Allor tutta saprai la tua progenie, saprai quale Città ti si destina e lungo
quale rotta dovrai navigare per raggiungerla. Declina a mezzo il corso l'umida
notte, e già crudel mi sfiora la luce dell'aurora." E svanì come fumo all'aure
lievi [Eneide V,721-745].
41 Destatosi e profondamente scosso da quel sogno, Tobia attese che i venti
fossero favorevoli, offerse nuovi olocausti al Signore, ed infine tolse
l'ancora, dirigendosi verso occidente, lungo la direzione indicatagli dai
cartaginesi.
42 Intanto Raffaele si presentò davanti al trono di Dio, che mille
migliaia servivano e diecimila miriadi assistevano
[Daniele 7,10], e si disse preoccupato per l'implacabile ira di Asmodeo,
che così crudelmente perseguitava il suo diletto Tobia.
43 E l'Antico di Giorni gli rispose: "Sperdi i timori. Ei giungerà sicuro
come tu chiedi al lido ch'egli brama. Uno solo di loro andrà perduto, e invan lo
cercherà, nel mar profondo. Come tributo lo richiede lo Sheol, per permettere a
Tobia di scendere tra i suoi antri."
44 Per rassicurare Tobia, Iddio mandò un branco di delfini che nuotavano
tutt'intorno alla sua nave, e l'eroe israelita ne fu confortato. Tutti insieme
tesarono le scotte, imbrogliavano questa e quella vela, e qua e là volgevano i
pennoni [Eneide V,746-826].
45
Giunta però la notte, mentre i marinai si apprestavano a dormire, solo l'abile
nocchiero Malachia restò sveglio, dato che con difficoltà si doveva
circumnavigare un capo montuoso fino ad allora senza nome.
46 Tuttavia, vinto dal sonno, egli scivolò e cadde in mare.
Invano chiamò i compagni addormentati, mentre la nave continuava a seguire la
corrente.
47
Avvistosi che la sua nave sbandava e si avvicinava troppo agli scogli, il
giovane Tobia scoprì con sommo dispiacere che il timoniere era sparito, e
piangendolo a lungo prese egli stesso in mano la barra del timone.
48 "O Malachia, troppo nel sereno del pelago e del cielo hai confidato, e nudo
or giacerai su ignote arene!"
49 Suo padre Tobia diede a quel capo il nome del perduto Malachia, ed è per
questo che ancor oggi gli abitanti del luogo lo chiamano Capo Malea
[Odissea IX,80; Eneide V,827-871].
Giochi in onore di Tòbiel, da un manoscritto miniato del XV secolo
Capitolo 6
La discesa allo
Sheol
1
Tobia e i suoi compagni sbarcarono alfine nella terra dell'Attica, dove
abitavano i discendenti di Elisa, figlio di Iavan, figlio di Iafet
[gli Elleni: Gen 10,1-3],
e gettarono l'ancora nel porto del Pireo, che è a occidente del Monte
Imetto [Eneide VI,1-13].
2 Là infatti i Cartaginesi avevano indicato agli Ebrei di recarsi, se volevano
trovare l'ingresso per il Regno dei Morti. Ippomene, re di Atene eletto
per dieci anni, li accolse benevolmente, ed indicò loro la strada per recarsi a
Colono, villaggio poco a nord della città.
3 Là infatti Edipo, re di Tebe, era disceso negli Inferi scomparendo in
un abisso, ed infatti nessuna tomba portava inciso il suo nome
[Sofocle, Edipo a Colono].
4 Tobia padre con il figlio ed alcuni amici raggiunsero un boschetto, nel quale
si apriva un profondo abisso, del quale non era possibile vedere il fondo: tale
doveva apparire l'abisso primordiale, prima che Iddio vi edificasse sopra
l'universo! [Gen 1,2; Eneide
VI,14-41]
5 Allora Tobia con i suoi compagni offrì ricchi sacrifici in olocausto al
Signore, e pregò ad alta voce: "Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi
verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra.
6 Egli non permetterà che il mio piede vacilli; Colui che mi protegge non si
addormenterà, Colui che protegge Israele non cederà al sonno.
7 Il Signore è colui che mi protegge, il Signore è la mia ombra; Egli sta
alla mia destra. Il Signore mi preserverà da ogni male, quando esco e quando
entro, ora e sempre. [Salmo 121,1-8]
8 Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra, non posso
vacillare. Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio
corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nello Sheol, né
lascerai che il Tuo servo veda la corruzione.
9 Mi indicherai il sentiero per risalire alla Vita, gioia piena nella Tua
presenza, dolcezza senza fine alla tua destra." [Salmo
15,8-11]
10 A quel punto si udirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse di
terremoto [Ap 8,5]. Il re Ippomene, che aveva
accompagnato fin là gli Ebrei, fu preso da grande spavento e fuggì terrorizzato
lungi da quel luogo spaventoso.
11 Anche i compagni di Tobia avrebbero voluto fuggire, ma il figlio di Tòbiel
ordinò loro di restare là fino al suo ritorno. Suo figlio avrebbe voluto
seguirlo tra le Ombre di Morte, ma il genitore glielo impedì, perchè quel fiero
viaggio era permesso a lui solo [Eneide VI,42-267].
12 Così, mentre suo figlio e gli amici gemevano temendo di non vederlo più,
Tobia si avviò coraggiosamente verso l'abisso dove un dì era sparito re Edipo.
Ed ecco, tra le nebbie gli venne incontro Azrael, l'Angelo della Morte,
dagli occhi di civetta e dall'aspetto spaventoso
[Apocalisse di Pietro; Corano XXXII,11].
13 A Tobia si rizzarono tutti i capelli in capo, e gli si ghiacciarono le
membra, ma il truce apportatore della morte gli si rivolse con voce
inaspettatamente benevola:
14 "Non vengo per rapire per sempre la tua anima, o figlio di Tòbiel. Vengo per
condurti, corruttibile ancora, ad immortale secolo, e ciò sensibilmente
[Dante, Inferno II,14-15], e poi ricondurti alla
tua gente.
15 Così vuole Iddio Onnipotente, che anche della Morte è il Signore, pensando a
l'alto effetto ch'uscir deve di te. Ma guardati dalla baldanza e
dall'imprudenza!
16 Agevole è la via per discendere nello Sheol, perché la porta di Azrael è
aperta notte e dì; ma far ritorno, ma uscirne fuori all'aure della Vita, ardua
impresa è questa! Solo a Gedeone, figlio di Ioas, l'Abiezerita, fu
concesso sinora tale privilegio! [2
Omero 15-16].
17 Ma se hai tanto amore e tanta brama di varcare due volte la soglia di ferro
dello Sheol, una adesso e una dopo la morte, allora seguimi. Io ti indicherò i
passi da seguire per discendere nel cieco mondo; non deviare dal giusto cammino,
o sarai perduto per sempre. Io sarò primo, e tu sarai secondo."
[Dante, Inf. IV,15]
18 Tobia, in preda alla paura come chi va al supplizio, lo seguì, finché non
mise i piedi sui gradini di bronzo inconcusso che conducevano nel cuore di
quell'abisso.
19 Cominciò a discenderli, ed oscuri nella notte solitaria Azrael e lui
scendevano. Là davanti al vestibolo, alla soglia delle gole dello Sheol, i lor
giacigli hanno tutti i démoni dell'Abisso che adducono i mali a noi
uomini.
20 Là sono i Rimorsi vindici ed il Pianto, i pallidi Morbi
e la triste Vecchiezza, e la Paura, e la Fame persuaditrice
di delitti, ed il Bisogno obbrobrioso, il Dolore con le disoneste
Passioni; e di fronte a loro ecco la mortifera Guerra, il pazzo
demone della Discordia e suo fratello, la Vendetta.
21 Là apre i rami un immenso e foltissimo olmo, sotto le cui foglie smorte sono
appesi i demoni dei Sogni menzogneri, che turbano le notti e i giorni dei
mortali [Eneide VI,268-336].
22 La via qui parte che conduce all'acque dei fiumi maledetti dello Sheol. Ed
ecco, arrivati in fondo alla scala dell'Abisso, dopo una discesa che a Tobia
parve lunga giorni e giorni, davanti a loro ribolliva un fiume fangoso e
salmastro, che sembrava alimentato da tutte le paludi del mondo.
23 Sulla sua riva si affollavano i Rephaim [Is
26,14; Salmo 88,11; Prov 9,18], cioè le ombre dei morti, desiderose di
passare dall'altra parte: madri, mariti, magnanimi eroi, bimbi, tenere
fanciulle, una moltitudine immensa che accorreva verso la riva delle Acque di
Morte [Epopea di Gilgamesh 11].
24 Quante nei boschi al primo gel d'autunno si distaccano foglie e a terra
cadono, o quanti giù dal mar verso la riva fan ressa uccelli, quando il freddo
inverno oltre il mar li sospinge a terre apriche, tutti pregavan d'esser primi
al passo di là dal fiume, e protendean le mani desiderosi dell'opposta sponda.
25 Ed ecco un vecchio bianco per antico pelo venire a noi su una barca
maledetta, orrido di terribile squallore; gran barba incolta gli biancheggia il
mento, bruciano come fiamma le pupille; sordido dalle spalle con un nodo pende
il mantello, sporco di fuliggine.
26 "Egli è Caino", rivelò Azrael a Tobia, "il primogenito di Adamo che,
per aver ucciso suo fratello Abele, ed aver così impedito che da lui
discendessero intere famiglie di popoli, fu condannato da Dio ad essere
fuggiasco sulla terra [Gen 4,12] e poi a
traghettare le anime nello Sheol al di là delle Acque di Morte."
27 Caino, il primo omicida, tentò di opporsi alla salita di Tobia sulla sua
barca: "Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti!" [Dante, Inferno III,91-93]
Ma Azrael lo rimproverò:
28 "Non ti crucciare, Caino. Tobia figlio di Tòbiel, della tribù di Nèftali, per
la pietà famoso e per il valore, discende alle profonde ombre dello Sheol con il
consenso del Signore della Vita e della Morte, per rivedere lo spirito del
padre.
29 E se il pensier di tanto filiale amore pur non ti commuove, sarai costretto
ad obbedire ai comandi di Colui che puote ciò ch'Egli vuole!"
30 Allor fu queta l'anima iraconda, che ancor portava il segno della sua
condanna [Gen 4,15], e lasciò salire Tobia sulla
sua barca. Gemette al peso la chiglia intrecciata di giunchi, ma incolume al di
là della corrente maledetta essa sbarcò il pio Tobia insieme all'angelo [Eneide
VI,337-416].
31 Balzò Tobia sulla riva, e di corsa si allontanò dal lido delle irremeabili
onde, E subito, sul primo limitare, udì un gran vagire e il pianto delle anime
dei pargoli innocenti che l'ultimo giorno al seno materno ed al consorzio della
dolce vita rapì e sommerse in un'acerba morte.
32 E là vide Nimrod, il primo ad esercitare potestà regale sugli uomini,
che fu valente nella caccia davanti al Signore [Gen
10,8-12]: assiso sul trono, per volere divino esercitava la funzione di
giudice dello Sheol e distribuiva ad ogni spirito il destino eterno ch'egli
aveva meritato in vita.
33 E là, nei Campi del Pianto, Tobia vide venirgli incontro l'anima del
nocchiero Malachia, morto anzitempo senza aver commesso colpa, come tutti
coloro che erano costretti a dimorare nel vestibolo cupo dello Sheol.
34 I due piansero insieme a lungo, mentre lo sfortunato timoniere rimpiangeva la
luce del sole e la brezza gioconda discesa dal Monte Hermon.
35 "Cessa di temere che i decreti di Dio non possano essere piegati dalle
preghiere dell'uomo pio", lo rassicurò l'eroe di Tisbe. "Pregherò il
misericordioso Dio del Cielo affinché tu possa lasciare i Campi del Pianto e
trovare la pace dello Sheol."
36 L'anima in pena se ne andò consolata, e l'angelo Azrael guidò Tobia in quella
regione del vestibolo dello Sheol dove sono gli spiriti di coloro che si diedero
la morte con le proprie mani: oh, come adesso vorrebbero patire dura fatica e
povertà sotto la luce del sole!
37 Tra questi c'erano re Saul, che si gettò sulla sua spada per evitare
di essere catturato e dileggiato dai Filistei [1 Sam 31,4];
38 e c'era anche Achitòfel il Ghilonita, che si impiccò in casa sua
perchè l'usurpatore Assalonne non aveva ascoltato i suoi consigli riguardo alla
guerra contro re Davide [2 Sam 17,23].
39 Ed ecco, fresca ancor della ferita, nella penombra errava la sabina
Ersilia. Come l'eroe israelita la vide, proruppe in pianto ed esclamò: "Or
dunque vero, infelice Ersilia, era l'annunzio che ti eri uccisa! E noi fummo
dunque, ahimé, la causa della tua sciagura!
40 Per i Cieli di Dio, io qui ti giuro che mio figlio partì da me dietro
imperioso comando divino. Fermati, non sottrarti agli occhi miei!"
41 Così tentava Tobia di intenerire l'ombra corrucciata, che tuttavia rifiutò
di guardarlo negli occhi e di rivolgergli la parola, e sparì nelle
tenebre come scompare un sasso lasciato cadere in acque limacciose [Eneide
VI,417-476].
42 "O figlio di Tòbiel, siamo giunti al luogo dove la strada in due sentier si
parte", gli disse Azrael con voce graffiante: "va quel di sinistra al luogo
chiamato Abaddon [Giobbe 26,6; Salmo 88,11],
dove si castigano gli empi, e quel di destra ai campi d'asfodelo, ove riposano i
giusti."
43 Allora Tobia guardò verso sinistra, e vide un cratere profondissimo, nel
quale si agitavano fiamme e precipitavano fiumi di lava incandescente. S'udivan
là singulti, aspre sferzate, stridio di ferro, traino di catene.
44 "Che specie di gente è là? E che pianto è questo che sì alto suona?" domandò
Tobia, pallido di terrore come un morto. Ed Azrael gli rispose:
45 "Nell'abisso di Abaddon giacciono con i demoni i dannati che ai comandi di
Dio non obbediron. Là, nel più profondo imo travolta, è la razza dei Nephilim
[Gen 6,1-4], nati dall'unione tra i Figli di Dio e
le figlie degli uomini, una stirpe insolente i cui peccati causarono il diluvio
universale.
46 E là vi è la gente di Sodoma, che fu travolta dalla pioggia di zolfo e
fuoco mandata da Dio [Gen 19,1-28]. Vi è
imprigionato per sempre il Faraone che voleva impedire a Mosè e al
popolo di Israele di lasciare l'Egitto: pende su di lui un masso ch'è già presso
a cader, par già che cada.
47 Sono là Iefte che sacrificò sua figlia [Gdc
11,30-39], il profeta Balaam che
avrebbe voluto maledire Israele ma Iddio per bocca di un'anima glielo impedì
[Num 22,28], e
l'empia regina Gezabele che voleva annientare il culto di YHWH in
Israele, e per questo fu divorata dai cani [2 Re 9,36].
48 E là rinchiusi soffrono il castigo quelli che in vita odiarono i fratelli,
maltrattarono il padre, ordiron frodi contro gli amici, e il lungo stuol di
quelli che soli si covarono i tesori senza partirli con poveri e vedove. Se
cento lingue e cento bocche avessi e una voce di ferro, io non potrei tutti
ridire delle pene i tipi." [Eneide VI,477-627]
49 Si allontanaron da quel pozzo maledetto e giunsero alfin sui prati
d'asfodelo, dove attendono la risurrezione dell'Ultimo Giorno gli incolpevoli, i
perseguitati, coloro che per tutta la vita obbedirono ai Comandamenti
dell'Onnipotente.
50 Qui era lo stuol di quelli che feriti cadder pugnando per la patria terra o
per sconfiggere i nemici d'Israele, i sacerdoti d'illibata vita, i profeti che
diedero responsi veritieri, e quelli che con arpe e cetre ingentilirono l'umana
vita, e i Santi che bene oprarono nel mondo e lasciaron di sé lunga memoria.
51 Qui Tobia vide Abramo, nel cui seno egli consolava i poverelli ed i
perseguitati [Apocalisse di Sofonia 9,2; Quarto
Libro dei Maccabei 13,17; Luca 16,19-31].
Qui vide Isacco, Giacobbe e i dodici figli di questi. E
vide Mosè e Giosuè, vide il forte Sansone e la saggia
Debora, vide re Davide con suo figlio Salomone e con l'amico
Gionata, sfortunato figlio di re Saul.
52 E vide i re giusti di Giuda ed Israele, sino all'infelice Osea; e vide
i profeti Samuele, Natan, Elia, Eliseo ed Amos.
Tutti cantavano inni a Dio ed attendevano con fede l'avvento del Messia che li
avrebbe liberati dallo Sheol e la risurrezione finale dei corpi.
53 Tobia vide venirgli incontro l'ombra di un grande, con corona d'oro sul capo
e con i paramenti sacerdotali indosso. Egli gli disse: "Io sono Melchisedec,
re di Salem e Sacerdote del Dio Altissimo [Gen
14,18; Salmo 110,4]. Seguimi, Tobia: tuo padre Tòbiel ti attende e mi ha
mandato per condurti a lui." [Eneide VI,628-679]
54 Tobia si affrettò ad obbedire, e seguendolo ritrovò finalmente il suo caro
padre, che lo attendeva sotto un albero di cedro colossale germinato sui prati
d'asfodelo. D'impeto Tòbiel gli tese ambe le braccia ed esclamò piangendo:
"Eccoti, finalmente!
55 O tanto atteso, l'amore tuo di figlio ha vinto le asperità di un cammino dì
alto e silvestro! Oh, quante terre, quanti mari hai corsi, quanti cimenti hai
superati prima di giunger qui! Come temetti che fatale ti fosse il regno di
Roma!"
56 Tobia accorse incontro al caro padre perduto, e per tre volte tentò di
cingergli il collo, ma inutilmente: l'ombra sfuggì l'amplesso, pari a vento
lieve e simile ad un sogno fuggitivo.
57 " Qua giù non v'è il mio corpo, che a Cartagine riposa", gli spiegò il padre,
conducendolo verso un gruppo di ombre radunate intorno all'immenso tronco nodoso
dell'albero eterno, che con i rami pareva in grado di sorreggere la terra. "Qui
riposano le essenze vitali dei mortali, dopo che si sono separate dai corpi
mortali a causa del peccato di Adamo.
58 Quando il Messia avrà scontato quel peccato, noi tutti potremo risorgere a
vita nuova, ed allora vi sarà un cielo nuovo e una terra nuova, e il mare non
vi sarà più; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché
le cose di prima sono passate." [Ap 21,1.4]
59 Tobia allora domandò: "Quando avverrà questo?" Ma il padre rispose:
"Bada che nessuno ti inganni [Mt 24,4]. Molte
cose dovranno accadere prima che i tempi siano compiuti, e la tua stirpe con la
sua gloria sarà protagonista di quegli eventi."
60 Suo figlio obiettò sconsolato: "Siamo un piccolo resto di profughi, ed ora è
Ninive a dominare vittoriosa il mondo..." Ma l'ombra di suo padre fu investita
dallo Spirito del Signore e profetò:
61 "O re di Ninive, contro di te ecco il decreto del Signore: nessuna
discendenza porterà il tuo nome, dal tempio dei tuoi déi farò sparire le statue
scolpite e quelle fuse, farò del tuo sepolcro un'ignominia!
[Naum 1,14]
62 Guai alla città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine, che non
cessa di depredare! Sibilo di frusta, fracasso di ruote, scalpitio di cavalli,
cigolio di carri, avalieri incalzanti, lampeggiare di spade, scintillare di
lance, feriti in quantità, cumuli di morti, cadaveri senza fine!
63 Allora chiunque ti vedrà, fuggirà da te e dirà: « Ninive è distrutta! »
Chi la compiangerà? Il fuoco ti divorerà, ti sterminerà la spada!
[Naum 3,1-3.7.15; allude alla
distruzione di Ninive nel 612 a.C.]
64 Tu intanto però avrai già trovato una nuova patria per la nostra gente, nella
terra di Tracia che ormai non è lontana: la raggiungerai navigando in
direzione delle Orse. Tuttavia, per fondare una nuova città dovrai affrontare
ancora odi e guerre, l'opposizione del perfido Asmodeo e la rivalità di un
nuovo Sargon che cercherà di distruggere le tue mura [Eneide
VI,680-751].
65 Quando però ci sarai riuscito, la tua città avrà un'importanza strategica
senza pari, e i tuoi discendenti usciti da tale città avranno l'impero del
mondo!
66 Guarda le ombre che sono con me attorno al tronco immane del cedro che
cresce nel mezzo dello Sheol: sono le immagini di alcuni dei tuoi discendenti,
che ancora devono nascere, ma che il Signore Dio mi ha permesso di mostrarti,
per farti conoscere la gloria della tua stirpe!
67 Tra di loro vi sono Filippo, re di Macedonia, e suo figlio
Alessandro, che conquisterà il mondo intero, sottometterà Ninive e
Babilonia e Tebe e Persepoli e tutte le città del mondo, fino
a penetrare nei confini dell'India leggendaria: e sono i due forti che
vedi a te più vicini.
68 Poi, quando i discendenti di Romolo saranno subentrati alla loro progenie ed
avranno conquistato tutte le rive del Mare Occidentale, un altro dei tuoi
discendenti, Flavio Costantino, sposterà la capitale del mondo da Roma
alla città che tu avrai fondato.
69 Costantino è il guerriero in armatura che vedi presso il tronco dell'albero,
e avrà questo nome perchè sarà costante nella fede e nella volontà di rafforzare
il suo impero su tutte le terre.
70 Sarà grazie a lui e a suo figlio Costanzo che la fede nel Dio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe si diffonderà in ogni terra, dall'estremo
oriente all'estremo occidente. E la tua città, che riceverà il nuovo nome di
Costantinopoli, governerà su infinite province per secoli, e avrà ragione di
ogni nemico.
71 Altri trarranno statue dal bronzo, e col compasso presagiranno il sorgere
degli astri. Tu con l'impero reggere le genti devi, Costantino, è l'arte tua:
dettare norme alla pace, esser clemente ai vinti e debellare i popoli superbi!
72 Costantinopoli sarà per sempre la Città dei Re, e il suo sarà un regno
eterno. Davanti a te stanno le ombre di alcuni dei suoi sovrani più grandi:
Giustiniano, Eraclio, Basilio [II
Bulgaroctono], Alessio [I Comneno],
Michele [VIII Paleologo]. Più sono lontani
da te, più sono remoti nel futuro."
73 "E chi è, padre, quell'ombra lontana lontana, di nobilissimo aspetto, ma a
cui fosca notte gli cinge il capo d'ombra luttuosa?"
74 "Non mi chiedere di lui, o figlio: egli morrà da eroe nell'assedio fatale
alla Città dei Cesari. Misero giovinetto, se tu vincerai l'aspro destino, tu
sarai Costantino [XI Paleologo]. Oh,
ch'io gigli ti lanci a piene mani e purpurei fiori, o strenuo difensore della
Fede, e che con essi renda onore al tuo coraggio!" [Eneide
VI,752-887]
75 Vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del
mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati,
nessun vivente si salverebbe; ma, grazie alle preghiere degi Giusti, quei giorni
saranno abbreviati [Mt 24,21-22].
76 E' distrutta la Città dei Re, è chiuso l'ingresso di ogni casa. Per le
strade si lamentano, perché non c'è vino; ogni gioia è scomparsa, se ne è andata
la letizia dal paese. Nella città è rimasta la desolazione; la porta è stata
abbattuta, fatta a pezzi. Perché così accadrà nel centro della terra.
[Is 24,10-13. Allude alla
caduta di Costantinopoli il 29 maggio 1453]
77 Terrore, fossa e laccio ti sovrastano, o abitante della terra. Chi fugge
al grido di terrore cadrà nella fossa, chi risale dalla fossa sarà preso nel
laccio. Le cateratte del cielo si aprono e si scuotono le fondamenta della
terra.
78 A pezzi andrà la terra, in frantumi si ridurrà il mondo, barcollerà la
terra come un ubriaco, vacillerà come una tenda; peserà su di essa la sua
iniquità, cadrà e non si rialzerà. In quel giorno il Signore punirà lassù
l'esercito dei demoni e quggiù i re della terra.
79 Arrossirà la luna, impallidirà il sole, perché il Signore degli Eserciti
regna sul monte Sion e in Gerusalemme, e davanti ai Suoi anziani sarà
glorificato! [Is 24,17-23]
80 Allora di nuovo vivranno i tuoi morti, risorgeranno i loro cadaveri. Si
sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella polvere, perché la tua
rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre
[Is 26,19]."
81 A questo punto, l'Angelo della Morte sollecitò Tobia: era giunto il momento
di ritornare nella terra degli uomini.
82 Tòbiel si accomiatò dal figlio, ammonendolo a mettere tutto ciò che
aveva visto per iscritto in un libro. Sospinto da Azrael, e fiero che tanti eroi
e tanta gloria dovessero uscire dai suoi lombi, Tobia attraversò la porta
d'avorio da cui i sogni ingannevoli escono ogni sera per turbare i sonni dei
viventi.
83 E dopo ripida scalata, rieccolo a Colono, dove rivide il figlio e la
sua gente, si accomiatò dagli ospitali ateniesi, si rimise in mare e puntò
decisamente la prua verso settentrione, verso la terra ed il futuro che lo
attendevano [Eneide VI,887-901].
Jan Brueghel il Vecchio, la discesa di Tobia allo Sheol, 1630, Metropolitan Museum of Art, New York
Capitolo 7
La Tracia in armi
1 Durante il viaggio dall'Attica verso
nord, morì Ada, l'anziana e amatissima nutrice del giovane Tobia, e suo
padre, dopo averla pianta a lungo, diede il suo nome al monte alle cui sacre
pendici essa fu sepolta; ed è per questo che ancora oggi lo si chiama Monte
Athos [nella penisola Calcidica; Eneide VII,1-7].
2 Anche tu, generosa nutrice, desti fama immortale ai lidi su cui un dì Bisanzio
avrebbe dominato! Partita di là, seguendo i consigli del re di Atene, la flotta
israelita superò l'sola di Lemno, le cui donne avevano sterminato tutti i
maschi dell'isola tranne uno;
3 successivamente doppiò Tenedo, davanti alla quale sorgeva Troia, per
poi imboccare lo stretto dei Dardanelli., così detto da Darda,
quinto figlio di Zerach, figlio di Giuda figlio d'Israele e di sua
nuora Tamar [2 Cr 2,3-6]; Darda venne
infatti ad abitare quelle regioni e fondò Troia [Dardano:
Iliade XX,319].
4 Varcato quello che i figli di Elisa chiamano l'Ellesponto, attraversò un
mare interno chiamato Propontide [il mar di Marmara]
e alfine, stanco di tanto errare, ordinò di fermarsi e di gettare
l'ancora su un ameno promontorio ricco di selve e di canti d'uccelli
[Eneide VII,8-36].
5 Stanchi e affamati, gli Ebrei scesero a terra e posero le lor vivande su
focacce di frumento; come fu consumato ogni cibo, la fame li spinse a divorare
le focacce stesse. "Perbacco, noi mangiamo anche le nostre mense!" esclamò il
giovane Tobia, e ne rise.
6 Ma il padre suo si rese conto che avevano così realizzato la profezia della
Baccante Celeno [cfr. 3,43 qui sopra],
e ringraziò Dio per averlo alfine condotto alla terra che Iddio gli aveva
promesso in cambio della nativa Tisbe e dell'alta Samaria!
[Eneide VII,37-147]
7 O Sapienza di Dio, or narrerò le genti che in quel tempo abitavano i Balcani, e
quali motivi portarono allo scatenarsi di una furibonda guerra tra loro e i
nuovi venuti della casa d'Israele.
8 Ispirami a dir le orribili battaglie, le schiere e i re che Asmodeo trasse a
morire, l'esercito dei Traci e tutta la regione sollevata in armi. Più vasti eventi
stimolano il mio racconto, e a un'altissima impresa ora mi accingo.
9 Tobia padre decise di inviare un ambasciatore al re di quella regione,
che dimorava nella città di Perinto [oggi Silivri,
nella Turchia europea]. Si trattava di Raguele
[Tob 3,7], figlio di Strimone
[Esiodo, Teogonia 339], discendente dell'ebreo
Terach, fratello minore di Abramo.
10 Raguele, che adorava lui pure Iddio Altissimo, ed era a conoscenza delle sue
lontane origini ebraiche, accolse benevolmente l'emissario di Tobia, perchè suo
padre Strimone gli aveva profetizzato che l'unione di un giovane straniero con
sua figlia Sara avrebbe generato una stirpe eroica e gloriosa.
11 Per questo motivo il re aveva in precedenza rifiutato di concedere Sara in
moglie al giovane re dei Traci Reso [Omero, Iliade
X,435], figlio di Eioneo, noto per il suo ardore guerriero e la sua prestanza fisica.
12 "Compia il Signore Dio il nostro proposito e i decreti eterni", proclamò
felice re Raguele: "Israeliti, avrete ciò che chiedete, io non disdegno i doni
vostri. Fino a che Raguele vivrà, non vi mancherà l'ubertosità delle nostre
campagne!" Ed invitò Tobia padre e figlio a raggiungerlo a Perinto
[Eneide VII,148-285].
13 Ma il demone Asmodeo, che furibondo sempre si aggirava sulla terra per
suscitare discordie, vide di lontano Tobia e la sua gente che già avevano
lasciato le navi e stavano costruendo la palizzata di un accampamento stabile, e
montò su tutte le furie:
14 "Razza odiosa! Ebrei così avversi ai miei prediletti! Perchè non sono morti
tutti sulle coste di Israele? Perchè non furono arsi quando Samaria fu arsa?
Attraverso le mischie, in mezzo alle fiamme han sempre trovato una via di fuga!
15 Ed ora sulle coste dell'agognata Tracia stanno sicuri, senza più timore né
del mar, né di me! Ma se la mia potenza da sola non basta, non avrò timore di
chiedere l'aiuto di un'altra creatura dell'Abisso!
16 Tu avrai per dote, o maledetta Sara, sangue tracio ed israelita, e la Guerra
sarà tua testimone di nozze!"
17 Ciò detto, evocò dall'abisso Azazel [Lev 16,8;
1 Enoch 8,1], il demone della vendetta, che tutti
in Cielo hanno in odio, e lo inviò a Edna [Tob 7,2], sposa di Raguele e madre di
Sara, che subito cominciò ad opporsi alle nozze tra sua figlia e il giovane
Tobia:
18 "Perchè dare tua figlia in sposa a uno sconosciuto?" si lamentò ella con
Raguele. "Se vuoi un genero straniero, ogni terra diversa dal nostro regno è per
noi straniera, e puoi compiere la profezia di tuo padre anche dando Sara in sposa
al giovane Reso!" [Eneide VII,286-375]
19 Visto però che Raguele non intendeva rimangiarsi la parola data agli
ambasciatori israeliti, ormai folle a causa del veleno che Azazel le aveva
instillato in cuore, si mise ad aggirarsi furibonda per la città, come una
seguace del cantore Orfeo che in Tracia era nato
[allusione ai riti orfici].
20 Ella alzò forsennata una fiaccola accesa e, intorno intorno rigirando
sanguigni occhi, inneggiava alle nozze di Reso e della figlia, e con le altre
donne di Perinto si mise a celebrare un'orgia, facendo ciò che è male agli occhi
del Signore [Eneide VII,376-405].
21 Intanto Azazel raggiunse Reso nella sua capitale Salmidesso
[oggi Kırklareli], la città dei vigneti, prese
le sembianze di un'anziana sacerdotessa e in tale aspetto sorse dinanzi al
giovane e gli disse:
22 "Reso, vorrai che tanto tuo travaglio sia stato vano, e che il tuo scettro
vada ai profughi israeliti? Raguele ti rifiuta le nozze e quella dote che col
sangue chiedesti. Uno straniero come erede del regno ora è chiamato!
23 Animo! Fai sì che i Traci s'armino e caccino gli stranieri dalla terra di
Dioniso e di Orfeo! Dai fuoco alle lor navi! Anche Raguele, se non accetta di
celebrare le tue nozze con Sara, conosca alfine quanto vale Reso in guerra!"
24 Preso da gran furore, forsennato le armi richiese: inferociva in lui voglia
di ferro e scellerata frenesia di guerra! I suoi armigeri si eccitavano a
vicenda alle battaglie, e tutti li spingeva quel suo raro splendor di
giovinezza, e la regal sua stirpe, e la sua destra dalle illustri imprese
[Eneide VII,406-474].
25 Ottenuto questo risultato, Azazel spinse oltre la propria azione
provocatrice. Infatti il giovane Tobia era partito per una battuta di caccia nei
boschi, e il demone aizzò i suoi cani contro un cerbiatto che era stato
addomesticato da una principessa di Perinto.
26 Tobia figlio lo ferì con una freccia, ed esso tornò piangendo e perdendo
sangue dalla sua padrona. Questa si mise a piangere e ad urlare, ed Azazel,
soffiando nel suo corno infernale, radunò tutti i contadini traci e li eccitò
alla vendetta contro il cacciatore forestiero.
27 Al suono di quel corno, anche gli Israeliti uscirono in armi per difendere
Tobia il giovane, e una freccia di Nèftali uccise il figlio del pastore delle
greggi di re Raguele. E, con lui, caddero nella mischia molti altri prodi di
entrambe le parti.
28 Azazel avrebbe voluto fare di peggio, ma Asmodeo lo rimandò nell'Abisso,
temendo la reazione del suo arcinemico, l'angelo Raffaele. "Ormai la guerra
divampa e in tutti è accesa la discordia", disse: "che diventino amici e
stringano alleanze, or che gli Ebrei ho macchiato di sangue tracio!"
[Eneide VII,475-571]
29 Pastori e guerrieri traci irruppero a Perinto, e li guidava Reso in persona:
insieme alle donne assatanate circondarono la reggia di Raguele e invocavano a
gran voce la guerra contro gli intrusi venuti dal mare. Raguele tuttavia
resistette:
30 "Le profezie parlano chiaro, o Reso, e il Signore Dio degli Eserciti non
mente! Tu sconterai con il sangue questa colpa: ti attende, o Reso, un lugubre
destino!"
31 Ciò detto, si rinchiuse nella reggia, rifiutandosi di dichiarare guerra ai
suoi ospiti. Lo stesso Reso, accecato dai demoni dell'Abisso, chiamò tutti alle
armi contro i due Tobia; e la Tracia, or or tranquilla e in pace, era ormai in
fiamme; in brama delle armi si era mutato l'amore per i campi!
32 Dovunque si foggiano bronzee corazze e lisce gambiere; tutto qui s'è volto
ogni vanto di vomeri e di falci, ogni amore di aratri; e le fornaci dan tempre
nuove alle paterne spade.
33 Questi con gran furia dà di piglio all'elmo, e quegli aggioga i fervidi
cavalli; altri veste lo scudo e la lorica intessuta di fili d'oro e cinge al
fianco la spada di inconcusso ferro [Eneide VII,572-640].
34 Unì le proprie truppe a quelle di Reso il violento Perdicca
[Erodoto, Storie V,22,1], Re di Macedonia
che disprezzava Dio e i Suoi profeti.
35 Accanto a lui cavalcava suo figlio Argeo
[Eusebio, Chronicon, 87], gran cavaliere e gran cacciatore: nessuno,
tranne Reso, era più bello di lui.
36 Da Sparta arrivò il re Alcamene [Erodoto,
Storie, VII, 204.], che sullo scudo esibiva l'idra dalle cento teste, e
guidava i suoi vittoriosi corridori armati di acuti pugnali, giavellotti e daghe
ben tornite.
37 Alcamene infatti aveva deciso di unire le sue truppe a quelle di Reso, quando
aveva saputo che erano stati gli ateniesi ad insegnare agli Israeliti la rotta
per raggiungere la boscosa Tracia.
38 Per lo stesso motivo venne a combattere in Tracia il Re di Tebe
Xanto [Pausania, Periegesi della Grecia IX,5,16].
Lo seguiva una lunga e ben armata schiera, discesa dalle asperità della Beozia
rugiadose di ruscelli. Gli incirconcisi di Grecia lo dicevano figlio di Vulcano.
39 Anche Adoneo, Re dell'Epiro [Pausania,
Periegesi della Grecia I,17,4], domatore di cavalli, che gli
incirconcisi dicevano figlio del loro dio Poseidone, mosse all'armi i suoi
guerrieri, da tempo oziosi e disusi alla guerra, al solo scopo di tenerli in
allenamento contro un nemico valoroso.
40 Seguivano Toante re di Corinto [Pausania,
Periegesi della Grecia II,4,3], con i suoi carri da guerra, Ciso
Re di Argo [Pausania, Periegesi della Grecia II,19,1-2] che sul suo cocchio accorreva alla guerra, e Bardylis re
degli Illiri [Diodoro Siculo, Bibliotheca Historica
15.13.1] con i suoi guerrieri dagli elmi di sughero e dalle affilate
picche.
41 Per ultima ecco la vergine guerriera Atalanta di Tegea
[Apollodoro, Biblioteca I,8.2], la più forte tra
tutti i condottieri elleni, che veniva dall'Arcadia
e guidava uno stuolo di cavalieri in folte schiere fulgide di acciaio. La
ammiravano i giovani traci vedendola avanzare, con la faretra sugli omeri e la
fibbia d'oro che raccoglieva in un nodo i suoi capelli
[Eneide VII,641-817].
Mappa della città di Bisanzio (Costantinopoli), XVI secolo
Capitolo 8
Sul Corno d'Oro
1 Così ardea tutta l'Ellenia. Di
fronte a sì grande spiegamento di forze da parte degli incirconcisi figli di
Javan, Tobia padre ondeggiava pensoso in gran tempesta, ed inquieto rivolgea la
mente or a questo consiglio ed ora quello;
2 così si scoraggiò, turbato in cuor da quella trista guerra, e pensò perfino di
lasciar la tracia terra, e cercare una nuova patria in terra ancor più remota,
dove nemmeno Asmodeo poteva ritrovarlo e continuare la sua persecuzione, fosse
pur tra i fiordi degli Arimaspi [Plinio il Vecchio,
Historia naturalis 4.88].
3 Raffaele, sentendosi autorizzato a fare ciò dalle rassicurazioni
fornitegli dall'Antico di Giorni [cfr.
5,43 qui sopra], decise allora di intervenire in prima persona. Una
notte, mentre su ogni terra tutti giacevan stanchi in placido sopore, Tobia il
giovane passeggiava solitario sulle rive del fiume Ebro
[il fiume Evros o Marica].
4 Ad un tratto si trovò davanti l'angelo Raffaele in persona, non sospettando
minimamente che fosse un angelo di Dio; fece un passo indietro, spaventato
all'idea di trovarsi così di fronte un nemico assetato di sangue, ma finse
sicurezza e gli chiese: "Di dove sei, o giovane?" [Tob
5,4]
5 Rispose: "Sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei fratelli di tuo
padre [Tob 5,13], fuggito da Tisbe quando fu presa
da re Tiglat-Pilèzer, e giunto qui in Tracia per via di terra, seguendo i
comandi dell'Onnipotente."
6 Gli rispose allora il giovane: "Sii benvenuto e in buona salute, o fratello!
Tu dunque sei mio parente, di bella e buona discendenza! Conoscevo Anania
e Natan, i due figli di Semeia il grande.
7 Venivano con me e mio padre a Gerusalemme, quando ero bambino, e là facevano
adorazione insieme con noi; non hanno abbandonato la retta via. I tuoi fratelli
sono brava gente; tu sei di buona radice: sii benvenuto!"
[Tob 5,14]
8 Riprese Raffaele: "O progenie di Nèftali, che preservi la radice di Giacobbe,
o aspettato nella terra dei Rodopi, è qui la tua meta sicura, qui sorgerà la tua
città: non venga a te e a tuo padre la tentazione di ripartire, come vorrebbe il
perfido Asmodeo!"
9 Rispose Tobia il giovane: "Come potrò restare, se tutte le città e i popoli
della Grecia, dell'Illiria e della Tracia si sollevano in armi contro me e
contro mio padre per ricacciarci da dove siamo venuti?"
10 Continuò Raffaele: "Non temere le minacce di guerra, o prediletto
dell'Onnipotente: se Iddio è con te, chi sarà contro di te? Or con brevi parole
io ti insegnerò come tu possa sbaragliare tutti i tuoi nemici: ascoltami bene.
11 Discese da Terach, figlio di Terach e fratello di Abramo, il saggio Gabael
figlio di Gabri [Tob 1,14], il quale fondò
una città sull'estuario cui diede il nome di Corno d'Oro, il quale sbocca
sullo stretto chiamato Bosforo, cioè "guado della giovenca".
12 Infatti, quando Gabael vi giunse, volle sacrificare due giovenche a Dio
Altissimo, ma una di esse gli fuggì e si salvò attraversando a nuoto lo stretto
che separa l'Europa dall'Asia. Gabael capì che Iddio si accontentava di una sola
in sacrificio, e lasciò libera l'altra. Su uno dei sette colli fra l'estuario e
il mare fondò una città.
13 Egli è amico ed alleato di Raguele, e sempre combatté contro Reso e i suoi
sodali; prendilo come alleato nella tua guerra, egli te ne procurerà molti
altri. Io stesso ti condurrò laggiù. Non temere; partiremo sani e sani
ritorneremo, perché la strada è sicura." [Tob 5,16]
14 Subito Tobia lo condusse da suo padre e gli riferì le parole di Azaria. Egli
fu molto lieto di sapere che un suo parente li aveva preceduti lì, e che avrebbe
potuto procurare loro dei validi alleati, e gli disse:
15 "Ti do una dramma al giorno, oltre quello che occorre a te e a mio figlio
insieme; fai dunque il viaggio con mio figlio, e poi ti darò ancora di più». Gli
rispose l'angelo: "Per la vita del Signore e per la mia stessa vita
[2 Re 2,4], farò il viaggio con lui."
16 Tobia aggiunse: "Sia con te la benedizione, o fratello!" Si rivolse poi al
figlio e gli disse: "Figlio, prepara quanto occorre per il viaggio e parti con
questo tuo fratello. Dio, che è nei cieli, vi conservi sani fin là e vi
restituisca a me sani e salvi; il suo angelo vi accompagni con la sua
protezione, o figliuolo!" [Tob 5,15-17;
Eneide VIII,1-96]
17 Il giovane partì insieme con l'angelo, e camminarono insieme finché li
sorprese la prima sera; allora si fermarono a passare la notte sulla riva di un
torrente. Il giovane Tobia scese nel fiume per lavarsi i piedi, quand'ecco un
grosso pesce balzò dall'acqua e tentò di mordere il piede del ragazzo, che si
mise a gridare.
18 Ma l'angelo gli disse: !Afferra il pesce e non lasciarlo fuggire!" Il ragazzo
riuscì ad afferrare il pesce e a tirarlo a riva.
19 Gli disse allora l'angelo: "Aprilo e togline il fiele, il cuore e il fegato;
mettili in disparte e getta via invece gli intestini. Il fiele, il cuore e il
fegato possono essere utili medicamenti."
20 Il ragazzo squartò il pesce, ne tolse il fiele, il cuore e il fegato, arrostì
una porzione del pesce e la mangiò; l'altra parte la mise in serbo dopo averla
salata.
21 Allora il ragazzo rivolse all'angelo questa domanda: "Azaria, fratello mio,
che rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e nel fiele del pesce?"
22 Gli rispose: "Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza
di una persona, uomo o donna, invasata dal demonio o da uno spirito cattivo e
cesserà in essa ogni possessione e non ne resterà più traccia alcuna. Il fiele
invece serve per spalmarlo su ogni tipo di ferita; si soffia su quella ferita,
ed essa subito guarisce."
23 Poi tutti e due insieme ripresero il viaggio, finché non giunsero sulle rive
del Corno d'Oro. [Tob 6,1-9] Già il sole
fiammeggiava alto nel cielo, quando lontana scorsero una rocca e una cinta di
mura e sparse case, non lungi dal fiume:
24 la potenza bizantina ora le innalza fino alle stelle, giacché là sorge il
Palazzo delle Blacherne, ma in quei dì lontani erano il regno povero di
Gabael.
25 Celebrava il discendente di Terach in quel giorno un solenne sacrificio al
Dio degli Dei, e suo figlio Gabri, cui aveva dato lo stesso nome di suo
padre, gli era a fianco ed effondeva incensi, mentre fumava il sangue tiepido
sull'ara.
26 Quando li vide, il giovane Gabri andò loro incontro, chiedendo loro chi
fossero, e il giovane Tobia gli replicò: "Armi israelitiche tu vedi ai nostri
fianchi, ostili a Reso ed ai suoi Traci dalle picche di ferro. Cerchiamo Gabael,
per domandargli un'alleanza d'armi."
27 Fu stupito Gabri a udire sì gran nome, e l'invitò qual ospite nel suo piccolo
regno. E mentre salivano sul colle, tra gli elci che sorgevano sulle sue pendici
- mirabile portento! - Tobia trovò con immensa gioia una grande capra bianca con
sette nati intorno alle sue poppe, come essa bianchi! [cfr.
3,54 qui sopra]
28 Comprese così che la profezia di Osea si era compiuta, e nessun nemico
avrebbe potuto prevalere su di lui: lì egli avrebbe fondato le mura
dell'illustre Bisanzio [da "Byzas", "capra" in lingua tracia].
29 Giunto davanti a Gabael, con amichevole parola gli si rivolse il giovane
Tobia: "O re, d'uno stesso sangue siamo usciti io e te, giacché dalla progenie
di Sem, Arpacsàd, Selach ed Eber entrambi
discendiamo [Gen 11,10-26].
30 Fidando in questo, io non ti volli prima con astuzia tentare o con messaggi:
me stesso a rischio posi, e qui supplice vengo alle tue soglie.
31 Aspra guerra mi muovono i Traci e gli Elleni, i medesimi che a te fan guerra.
Se ci respingeranno, nulla impedirà all'empio Reso ed a suoi incirconcisi
d'unificare tutto il paese e per signoreggiare ambi i suoi mari. Da me ricevi, a
me prometti fede: armi abbiamo e spiriti gagliardi e una provata gioventù
guerriera!"
32 Gabael pianse e lo benedisse: "Figlio ottimo di un uomo ottimo, giusto e
largo di elemosine, conceda il Signore la benedizione del cielo a te, a tua
moglie e a tutta la tua discendenza. Sia benedetto Dio, poiché ha messo sul mio
cammino un pio israelita come te [Tob 9,6].
33 Ecco, è congiunta teco la destra al patto che tu chiedi: le forze mie vi
fornirò, e vi spiegherò dove trovare altri validi alleati contro la protervia di
Reso e dei suoi alleati Greci. Ma prima partecipa con il tuo amico al mio
sacrificio, e poi siedi con me e con mio figlio alla mia mensa."
[Eneide VIII,97-279]
34 Così fecero. Azaria e Tobia trascorsero la notte con lui, e il mattino
seguente ripartirono, e Gabael e Gabri li accompagnarono fino al punto in cui il
fiume sboccava nel Bosforo. In tal modo Tobia attraversò tutti e sette i colli
su cui sarebbe sorta la futura Costantinopoli.
35 Lì sarebbe sorto il Foro di Teodosio, e là il Foro di suo figlio
Arcadio; là il porto con la sua cinta muraria di protezione, e più ad
oriente il Foro del Bue, la Basilica dei Santi Apostoli, l'acquedotto
di Valente e le mura di Settimio Severo.
36 Oltre quelle, il Foro di Costantino, e il colossale ippodromo
con l'obelisco di Teodosio al centro; quindi le immense basiliche di
Santa Irene e di Santa Sofia, fino al luogo dove sarebbe sorto il
Gran Palazzo della Magnaura, all'estremità della penisola
[Eneide VIII,280-368].
37 Giunti sulla riva del mare, Gabael spiegò a Tobia: "Più di quattrocento
cavalieri non potrò darti, perchè il mio regno è piccolo. Ma qui vive un
barcaiolo che facilmente, dietro compenso, ti potrà condurre dall'altra parte
del Bosforo, sulla riva asiatica.
38 Di là si stende il potente Regno di Frigia, abitato dai discendenti di
Mesech [i Mushki delle iscrizioni assire:
Gen 10,2]. La loro capitale è Gordio [oggi
Yassıhüyük], e il loro re è Mida [Erodoto,
Storie I,14].
39 Mida, famoso per la sua cupidigia d'oro, ha sempre rivaleggiato con i Greci e con i
Traci per il possesso della costa del Mar Egeo, e si è spesso battuto contro gli
Assiri. Sarà ben lieto di aiutare te, che sei minacciato da tutti i suoi nemici.
40 Egli ti darà truppe in abbondanza, e carri da guerra, e navi per trasportarle
di qua dal Bosforo, poiché non brama altro che di dare una lezione a Reso e ai
suoi alleati. E tu al loro comando sarai duce dei Frigi e degli Israeliti.
41 Compagno io ti darò mio figlio Gabri, questa speranza mia, questa mia gioia,
affinché tu e tuo padre gli siate maestri nell'arte della guerra, ed egli impari
come ci si batte per difender la causa del Signore"
42 Gabael pianse nell'accomiatarsi dal figlio, poi quest'ultimo con Azaria e
Tobia attraversarono il Bosforo e, procuratisi dei cavalli in un villaggio i cui
abitanti erano amici di Gabael, cavalcarono fino a Gordio, sul fiume
Sangone, e gli zoccoli percotevano la terra in un quadruplo rimbombo di
galoppo.
43 Quando vi giunsero, Re Mida li accolse in amicizia, ascoltò la loro storia e,
quando gli balenò alla mente la possibilità di racimolare un grande bottino in
oro durante quella campagna militare, accettò di buon grado di fornire loro
uomini in armi e vettovagliamenti.
43 Nel frattempo Gabriele fu mandato da Dio, sotto forma umana, presso il popolo
dei Tibareni, detti anche Calibi, discendenti di Tubalcain,
padre di tutti i fabbri e di tutti gli artefici di ogni sorta di strumenti di
bronzo e di ferro [Gen 4,22].
44 Essi vivevano ad oriente dei Frigi, erano abilissimi nell'arte di forgiare i
metalli, ed accettarono di obbedire al comando divino di fabbricare
un'invincibile armatura completa in acciaio temprato, elettro ed oro per il
giovane Tobia, affinché lo usasse in combattimento contro i Traci.
45 Più veloce del vento, il messaggero celeste portò l'armatura a colui cui era
destinata e la depositò accanto al suo giaciglio mentre dormiva la notte,
gradito ospite di Re Mida nella città di Gordio [Eneide
VIII,369-607].
46 Quando si destò, egli si meravigliò, vedendo il temibile elmo crestato, la
mortifera spada lampeggiante, la grande lorica di temprato acciaio tutta
corrusca di baglior vermigli, le gambiere levigate d'oro fino, l'asta, e
soprattutto dello scudo tutta l'inenarrabile fattura.
47 "Te li manda di certo l'Onnipotente", gli disse Raffaele, che ben conosceva
da Chi era venuto quel dono. "Fanne buon uso in battaglia contro i nemici del
Dio degli Eserciti. E mira bene le decorazioni dello scudo, perchè in essa sono
scolpite le straordinarie vicende della tua discendenza!"
48 Vi era infatti raffigurato il suo discendente Filippo
[II] di Macedonia, vittorioso sui Greci
coalizzatisi contro di lui nella
Battaglia di Cheronea [2 agosto 338 a.C.: Diodoro
Siculo, Bibliotheca Historica XVI,85].
49 E accanto si vedeva suo figlio Alessandro [III]
il Grande, che umiliava la potenza degli Assiri e dei Persiani nella
Battaglia di Gaugamela [1º ottobre 331 a.C.:
1 Mac 1,1; Diodoro
Siculo B.H. XVII,53], vendicando così la distruzione della città di
Samaria ad opera di Sargon.
50 Subito dopo, ecco Costantino il Grande trionfare su Massenzio
al Ponte Milvio [28 ottobre 312: Zosimo, Storia
nuova II,15,2 ], e quindi trasferire solennemente la capitale del suo
impero da Roma proprio a Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli.
51 La quinta scena mostrava Attila, il re di Gog e Magog
[Ap 20,8],
detto il Flagello di Dio, assediare inutilmente Costantinopoli
[447: Callinico, Vita di Sant'Ippazio], per poi
essere costretto a levare il campo in seguito a una pestilenza inviata da Dio
che colpiva le sue truppe [2 Re 19,35].
52 Nella fascia opposta dell'ovale dello scudo erano scolpite scene di pii riti
nella grande Basilica di Santa Sofia, dedicata alla Sapienza di Dio che
aveva creato il mondo; l'empio imperatore Foca
[ucciso il 5 ottobre 610: Teofane Confessore, Cronaca, 6099] punito nello
Sheol; e il mare in tempesta intorno al Bosforo.
53 E in mezzo al mare era rappresentato il fallito attacco degli Arabi a
Costantinopoli [674: Teofane Confessore, Cronaca, 6167]
, che avrebbe consentito all'impero di Bisanzio di resistere per secoli, e di
tramandare la sua eredità per tutti i millenni a venire.
54 Infine, dalla parte opposta era raffigurato il trionfo di Costantino il
Grande dopo la vittoria definitiva su tutti i suoi nemici grazie al favore
accordatogli dall'Onnipossente: le vie di Bisanzio fremevano di gioia, di
clamor, di giochi; cori di madri in ogni dove, e la pace che scendeva
sull'universo.
55 E qui i Tibareni avevano istoriato i Daci, i discinti Africani,
i Geloni saettanti [popolo scitico], i
Dai selvaggi [nomadi del Caspio], i Persiani:
qui le acque dell'Eufrate e il maestoso Danubio e l'Arasse
che non sopportava ponti sul suo corso impetuoso.
56 Qual di pennel fu maestro o di stile che ritraesse l'ombre e i tratti ch'ivi
mirar farieno uno ingegno sottile? Morti li morti, e i vivi parean vivi: non
vide mei di lui chi vide il vero! [Dante, Purgatorio XII,64-68]
57 Sullo scudo donatogli da Dio queste scene ammirava il giovane Tobia; benché
ignaro di quelle imprese, per lui di là da venire, egli se ne compiacque e,
fiero, si provò sull'omero la gloria dei suoi nipoti e il lor destino
[Eneide VIII,608-731].
Filippino Lippi, Tobia e l'angelo, 1482
Capitolo 9
Ieu e Ionadab
1
Mentre il giovane Tobia si trovava a Gordio, ospite di re Mida, Azazel sotto
sembianze umane corse ad avvisare
Reso "Ti è data una grande occasione di battaglia e di gloria: il figlio
del tuo nemico ha lasciato il suo accampamento e si è recato nella lontana terra
di Frigia, dove raduna schiere per combatterti.
2 Che aspetti? E' il momento di rompere gli indugi e di assaltare l'accampamento
degli Israeliti!" Ciò detto, sparì nel nulla come un sogno fuggitivo.
3 Reso credette di aver parlato con Orfeo, suo mitologico antenato, e decise di
muovere le sue truppe da Salmidesso per sferrare un attacco contro
l'accampamento dei figli di Nèftali [Eneide IX,1-24].
4 Questi videro addensarsi una torbida nube polverosa ed oscurarsi tutta la
pianura. Subito Tobia padre urlò: "All'armi, all'armi! Ecco il nemico!"
5 Tutti rientrarono di corsa entro la palizzata; il figlio di Tòbiel ordinò di
evitare di venire in armi con i Traci in campo aperto, ma di tenersi al riparo
dietro le mura, perchè troppa era la sproporzione di forze.
6 Reso tentò inutilmente di abbattere la palizzata, ma gli Ebrei, spronati
dall'angelo Gabriele, riuscirono a resistere.
7 Reso, furibondo, cercò allora di bruciare
le loro navi, ma all'improvviso le vide immergersi in mare, e con grande stupore vide
riemergere al loro posto dei delfini, che subito nuotarono verso il largo. Comprese allora che non
era il momento
di attaccare gli Ebrei, giacché il loro Dio era al loro fianco.
8 Diede invece
ordine di porre l'assedio al campo israelita a quattordici giovani condottieri del
suo esercito e al re di Sparta Alcamene.
9 Gli Ebrei si prepararono a sostenere un lungo assedio, e Tobia padre pregò il
Signore Onnipotente affinché il figlio e il suo amico Azaria potessero tornare
il più presto possibile con i sospirati rinforzi [Eneide
IX,25-175].
10 La notte successiva, gli inseparabili amici Ieu e Ionadab si
offrirono volontari per cercare di raggiungere Tobia il giovane attraversando le linee nemiche.
Tobia padre tentò di dissuaderli ma, di fronte alla loro determinazione, fu
costretto a lasciarli tentare.
11 "In ogni circostanza benedite il Signore", li esortò Tobia prima della
partenza, "e domandate che vi sia guida nelle vostre vie e che i vostri
sentieri e i vostri desideri giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede
la saggezza, ma è il Signore che elargisce ogni bene.
12 Il Signore esalta o umilia chi vuole fino nella regione sotterranea. O
figli, conservate nella mente i comandamenti di Dio, non lasciate che si
cancellino dal vostro cuore." [Tob 4,19;
Eneide IX,176-313]
13 Scavalcata la palizzata nell'oscurità più completa, i due giovani entrarono nel campo
dei Traci, che trovarono tutti addormentati, e ne fecero strage.
14 Ieu, armato di spada corta, colpì un alleato molto caro a Reso,
il giovane re di Corinto Toante, sorpreso a russare fra i tappeti ammucchiati a
mo' di pagliericcio, e tre suoi servi, tutti adolescenti, approfittando
dell'abbondante gozzoviglia alla quale si erano dati dopo aver allegramente
giocato a dadi.
15 Ionadab non fu da meno: l'auriga di re Toante, svegliatosi
improvvisamente, tentò di fuggire, ma fu inseguito e anch'egli ucciso da Ionadab
[Eneide IX,314-366].
16 Usciti dall'accampamento trace, purtroppo, Ieu e Ionadab vennero intercettati da
trecento cavalieri illiri guidati dal loro re Bardylis, perchè questi vide
balenare la pallida luce lunare sull'elmo di Ionadab. Subito Bardylis ordinò
loro di fermarsi, e i due Ebrei si affrettarono a nascondersi nella boscaglia.
17 Ionadab, appesantito dal bottino che aveva raccolto, restò indietro , smarrì
la strada e restò separato dal suo amico.
18 Quest'ultimo se ne accorse e gemette: "Infelice Ionadab, dove mai ti ho
lasciato? Dove cercarti ripercorrendo il tortuoso calle della selva ingannevole?
19 Ben presto udì un frastuono: ingannato dal luogo sconosciuto e dalla notte, Ionadab era stato scovato e catturato dagli Illiri, e invano tentava mille vie
di scampo.
20 Che fare? Con quali forze e con quali armi togliere loro di mano il suo caro
amico? O cacciarsi a morire a morire tra i nemici e tra i copi cercare una morte
gloriosa?
21 Brandì allora un giavellotto e, dopo aver invocato Iddio e l'angelo Raffaele,
lo tirò uccidendo uno degli Illiri. Bardylis, furibondo, cercò inutilmente con
gli occhi nella notte l'assassino di uno dei suoi uomini, e non riuscendoci
gridò a Ionadab:
22 "Ma tu, frattanto, col tuo caldo sangue, pagherai per lui!" Ciò detto,
trafisse il proprio prigioniero, la cui anima discese gemendo allo Sheol.
23 Vedendo ciò, schiumante di rabbia, Ieu balzò fuori dal suo nascondiglio e si
avventò nel folto, cercando Bardylis per vendicare il proprio amico. Rinunciò
così a salvarsi per morire gloriosamente accanto a lui.
24 Sopra gli si addensarono i nemici chi di qua, chi di là, per ricacciarlo; ma
pur egli incalzava, roteando la fulminea spada come un angelo vendicatore, e alfin la immerse nella gola del sire degli Illiri.
25 Trafitto egli pure da innumerevoli picche, si gettò sul corpo
dell'inseparabile amico, ed ivi infine nella morte serena riposò.
26 Fortunati ambedue! Se alcun valore ha questo mio libro, o Ieu, o Ionadab,
nessun giorno vi sottrarrà alla memoria dei posteri, finché i discendenti di
Tobia terranno salda l'arce sul Corno d'Oro, e finché durerà l'impero di
Bisanzio! [Eneide IX,367-458]
27 Reso, infuriato per l'incursione notturna compiuta da Ieu e Ionadab e per la
morte del suo alleato Bardylis, fece infilzare le teste dei due giovani ebrei su
due picche ben in vista, e all'alba attaccò nuovamente
il campo degli Ebrei [Eneide IX,459-502].
28 Tobia padre, benché non più giovane, si rese autore di un grande atto d'eroismo
trafiggendo mortalmente il cognato di Reso. Questi, furibondo, abbatté la
palizzata, entrò nel campo nemico e menò strage di Israeliti.
29 Si dispersero trepidi gli Ebrei per lo spavento, e se egli avesse pensato di
infrangere i serrami delle porte e far entrare i suoi dentro le mura, quello
sarebbe stato l'ultimo giorno sia della guerra che delle tribù di Israele!
30 Ma furibonda avidità di strage allora lo scagliò contro i nemici, e gli
infondeva Asmodeo animo e forze.
31 Tobia padre allora incoraggiò gli Israeliti con parole di fuoco: "Dove
fuggite? Dove correte? Quali altre mura, quale altro campo avete? Un uomo solo è
da ogni parte chiuso dentro gli argini vostri, o compatrioti.
32 Avrà dunque menato impunemente tanta strage nel campo? Avrà allo Sheol
precipitato tanto fior d'eroi?
33 Non avete pietà, non arrossite, codardi, per la patria sventurata, per il Dio
di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, e per Tobia mio figlio?
34 Date al Signore, o figli di Israele, date al Signore onore e gloria! Date
al Signore la gloria dovuta al Suo nome, Lui che tuona sulle acque, spezza i
cedri del Libano e fa saltellare i monti come vitelli!
[Salmo 28,1-3.5-6]"
35 Da questi detti rincuorati e accesi, gli Ebrei assalirono Reso e gli si
opposero fermi in densa schiera; circondato dalle lance, il sovrano trace fu costretto a tuffarsi in un torrente per mettersi in
salvo, venendo infine riportato dalla corrente ai suoi compagni
[Eneide IX,503-818].
36 Visto che le cose sembravano mettersi bene per i Traci, in previsione delle
nozze con Reso, nella città di Perinto la regina Edna affidò sua figlia
Sara alla custodia di un fedele armigero, che avrebbe dovuto proteggerla
giorno e notte, dormendo persino in un angolo della sua stanza.
37 Tuttavia Asmodeo, il cattivo demonio, si era invaghito della ragazza, e
sarebbe stato disposto a cederla solo al suo fedelissimo Reso. Perciò durante la
notte assaltò l'uomo e lo uccise in modo tremendo.
38 Raguele e Edna si chiesero chi potesse aver commesso quel misfatto, essendo
tutte le porte e le finestre chiuse, e la giovane Sara incapace di uccidere un
guerriero nel pieno delle forze. Assegnarono perciò a Sara altri sei gendarmi,
ma tutti furono uccisi uno dopo l'altro dal demonio [Tob
3,8].
39 Raguele cominciò a sospettare che dietro quei crudeli assassini ci fosse
l'opera di uno spirito maligno, ma anche del Signore Dio che non voleva si desse
Sara in sposa al brutale re di Salmidesso, mentre sua moglie si ostinava a
negare l'evidenza, attribuendo i delitti ad assassini ebrei.
40 Intanto però a Perinto e in tutta la Tracia e la Grecia cominciò a
diffondersi la diceria che Sara fosse maledetta, e nessuno potesse prenderla in
sposa, perchè era stata promessa in moglie a uno straniero circonciso.
41 Un giorno Sara arrivò ad essere fatta oggetto di insulti da parte di una
serva di suo padre: "Sei proprio tu che uccidi gli uomini che dovrebbero
vegliare su di te! Vattene via dunque dalla terra di Tracia, giaci con i
circoncisi, e che da te non abbiamo mai a vedere né figlio né figlia!"
42 In quel giorno ella soffrì molto, pianse e salì nella stanza del padre con
l'intenzione di impiccarsi. Ma tornando a riflettere pensava: "Che non
abbiano ad insultare mio padre e non gli dicano: « La sola figlia che avevi, a
te assai cara, si è impiccata per le sue sventure! » Così farei precipitare la
vecchiaia di mio padre con angoscia negli inferi!"
43 Allora stese le mani verso la finestra e pregò: "Benedetto sei tu, Dio
misericordioso, e benedetto è il Tuo nome nei secoli. Ti benedicano tutte le tue
opere per sempre. Ora a Te alzo la faccia e gli occhi: deh, comanda che io sia
tolta dalla terra, perché non abbia a sentire più insulti!
44 Tu sai, Signore, che io sono pura da ogni disonestà con uomo e che non ho
disonorato il mio nome, né quello di mio padre nella terra di Tracia. Io sono
l'unica figlia di mio padre. Egli non ha altri figli che possano ereditare, né
un fratello vicino, né un parente, per il quale io possa serbarmi come sposa.
45 Ormai per tutti sono maledetta, e nessuno mai mi vorrà come sposa: perché
dovrei vivere ancora? Se Tu non vuoi che io muoia, guardami con benevolenza: che
io non senta più insulti, e il cattivo demone che mi perseguita sia spacciato
per sempre dalla Tua potenza guaritrice!"
46 In quel medesimo momento la preghiera di Sara fu accolta davanti alla gloria
di Dio [Tob 3,7.9-16]. Come scrisse infatti Re
Salomone, il Signore è lontano dagli empi, ma Egli ascolta sempre la
preghiera dei giusti! [Prov 15,29]
La principessa Sara, interpretata da Olga Karlatos, e Tobia il Giovane, interpretato da Giulio Brogi, nello sceneggiato televisivo "Tobia" trasmesso su Rai1 dal 19 dicembre 1971 al 30 gennaio 1972 |
Capitolo
10
La battaglia sul
lido
1 Nel frattempo i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore, e anche Asmodeo andò in mezzo a loro [Giobbe 1,6-7].
Il Signore chiese loro:
2 "Perché in Tracia avete causato tutto questo? Avevo ben vietato che vi fosse
contesa tra i Traci, i Greci e il popolo d'Israele! Qual timore vi trasse a
prender l'armi e a muovere battaglie?"
3 Gli rispose Gabriele: "O Padre, eterna Potestà dei cieli e della terra, non
vedi come i Traci hanno assalito i Tuoi prediletti, e l'incirconciso Reso, gonfio
d'ira, infuria con il favore dell'Abisso?
4 La palizzata è stata sfondata, i fossati ondeggiano di sangue e lungi è
l'ignaro Tobia figlio, speranza di Nèftali. Nuovi Assiri insorgono contro la
nuova Samaria, violando i Tuoi decreti, e io avrei dovuto restare a guardare
senza fare nulla?
5 Se non vi è nuova patria che l'assassino Asmodeo possa concedere ai figli
d'Israele, se Tobia padre sarò ricacciato per mari ignoti con la sua gente per
Tuo volere, sia pure.
6 Ma salva almeno Tobia figlio! Oh, che valse ai figli di Abramo intraprendere
sì periglioso viaggio, fuggiti salvi dagli incendi assiri? Non era meglio
restare almeno in Giudea?
7 Rendi, o eterno Padre, un villaggio su una collina agli infelici, perché le
perdute tribù d'Israele, orfane del loro Regno, possano almeno trovare un po' di
pace, se non l'antica gloria!"
8 Allor con furibonda ira Asmodeo riprese: "Quale dei figli di Dio costrinse i
due Tobia a cercare la guerra ed a gettarsi sul re Raguele? Sono stato forse io
a scacciarlo da Samaria? Non fu la soverchiante potenza degli Assiri?
9 Se Reso vuol essere sovrano legittimo della sua terra, la boscosa Tracia, non
ne ha forse il diritto? O i due Tobia devon scacciare i Traci dalla loro patria,
per poterne ottenere una nuova?
10 Raffaele, mio e tuo fratello, ha potuto sottrarre i due Tobia dalle mani degli Assiri e far
mutare le loro navi in delfini; io non potrò forse aiutare i miei beniamini, i
re di Grecia e d'Illiria, che come loro dio mi venerano sotto il nome di Zeus,
« il dio che risplende »?
11 L'Onnipotente assegnò agli Ebrei la Terra di Canaan, e già da essa guidati da
Giosuè hanno scacciato i miei protetti cananei; tornino dunque lì, e vi
ricostruiscano una novella Samaria, anziché far guerra ad altri per sottrar loro
terre, donne e averi!"
12 Tacquero tutti i figli di Dio, in attesa che il Signore parlasse; e quando lo
fece, tutto l'universo restò zitto ed immobile ad ascoltarLo:
13 "Poiché dunque non è possibile che si accordino tra loro Traci e Ebrei,
poiché infinita è la discordia vostra, poiché a te, Asmodeo, non bastano le
guerre che i Bulgari muoveranno un dì a Bisanzio [Teofane
Confessore, Cronaca 6319],
14 sappiate che, qualunque azione voi tentiate ancora sul campo di battaglia,
sarà la mia Sapienza,
che è uscita dalla bocca dell'Altissimo e ha ricoperto come nube la terra
[Siracide 24,3], e non altri, a decidere chi dei
due popoli avrà il sopravvento l'uno sull'altro!"
[Eneide X,1-117]
15 Intanto la battaglia infuriava intorno all'accampamento israelita. E già
Tobia cominciava a pensare che quel giorno avrebbero avuto fine le sue speranze
di ricostruire una nuova Samaria in terra di Tracia;
16 quando all'improvviso uno dei suoi uomini urlò: "All'orizzonte, il mare
brulica di navi! Forse giungono da lungi altri rinforzi per Reso e i suoi
alleati?"
17 "Se è così, davvero Dio ci ha abbandonati", si disperò l'anziano Tobia; e,
nonostante l'età già avanzata, impugnò egli stesso la spada e si slanciò verso
la breccia nella palizzata, deciso a cercare una morte gloriosa come Ieu e
Ionadab.
18 Giunto in vista del mare, tuttavia, si arrestò di colpo. Aveva visto infatti
una delle navi urtare con la prora il lido strimonio
[trace], e da essa balzare giù suo figlio Tobia, che alzava con la
sinistra uno scudo fiammeggiante, mai visto prima di allora!
19 Sotto il sole brillavano come diamante le sue armi, come brilla, nel biondo
oro incastonata, una gemma per fregio al collo o al capo; scendevan sul collo
candido i capelli chiusi in un cerchio di flessibile oro!
20 Un gran clamore lanciarono gli Ebrei dal loro campo verso le stelle; una
speranza nuova riaccese il furore, e a piene mani scagliaron dardi
[Eneide X,118-275].
21 Insieme a Tobia figlio, saltarono giù dalla nave il suo compagno di viaggio
Azaria, armato di una lunghissima spada che alla luce del giorno sembrava
risplendere come se fosse fatta di sole;
22 saltò giù Gabri figlio di Gabael, ricoperto delle armi del padre e del
prezioso balteo d'oro ereditato dal suo antenato Terach;
23 e saltarono giù legioni di soldati frigi guidati da Litierse
[Scolii di Teocrito, Idilli 10.41], figlio di re Mida ben deciso a
infliggere una sonora sconfitta soprattutto ai suoi nemici delle città greche.
24 Con loro c'erano anche cinquecento uomini inviati da Candaule, Re di
Lidia alleato di Mida [Erodoto, Storie I,8.2],
trecento guidati da Cromio, condottiero venuto dalla Misia
[Omero, Iliade II,858], e trecento guerrieri del
popolo trace dei Brigi, imparentati con i Frigi [Erodoto, Storie
VII,73].
25 Arrivarono in Tracia anche tremila opliti ateniesi inviati da
re Ippomene, colui che aveva accolto Tobia padre e gli aveva indicato per
che via discendere allo Sheol: saputo che i suoi amici erano in difficoltà,
anche a causa dei suoi nemici spartani e tebani, egli non aveva esitato a
mandare loro rinforzi, che furono accolti a braccia aperte.
26 Vennero con loro anche mille opliti dalla città di Megara, presso
l'istmo di Corinto. Cento opliti giunsero invece dalla città di Bergula
[oggi Lüleburgaz], a metà strada fra Salmidesso e
Perinto, tradizionalmente ostili a Reso, e cento dalla città di Troia.
27 Prima della battaglia, Tobia figlio pregò il Signore delle battaglie: "A
Te si stringe l'anima mia e la forza della Tua destra mi sostiene.
28 Ma quelli che attentano alla mia vita scenderanno nel profondo della
terra, saranno dati in potere alla spada, diverranno preda di sciacalli. Il Tuo
servo gioirà in Dio, si glorierà chi giura per lui.
[Salmo 63,9-12a]
29 Dio li colpirà con le Sue frecce: all'improvviso essi saranno feriti, la
loro stessa spada li farà cadere; chiunque, al vederli, scuoterà il capo.
30 Allora tutti saranno presi da timore, annunzieranno le opere di Dio e
capiranno ciò che Egli ha fatto. Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in Lui
la sua speranza, i retti di cuore ne trarranno gloria!
[Salmo 64,8-11]"
31 Non disperò l'ardimentoso Reso di prontamente irrompere sul lido e cacciar
dalla terra i sopraggiunti: "Agli audaci è propizio il Signore!" E così,
a furia spinse contro gli Ebrei tutte le sue schiere, e contro loro si piantò
sul lido.
32 A quel punto però lo Spirito del Signore investì Tobia figlio
[Giudici 15,14] che, inarrestabile, si slanciò
contro i nemici protetto dalle armi forgiate dai figli di Tubalcain, e ne menò
strage.
33 Impossibile nominare tutti i fortissimi guerrieri traci e greci che caddero
quel giorno per mano del giovane Tobia: come fan battaglia discordi per il vasto
etere i venti quando hanno pari l'impeto e il vigore, non altrimenti urtavansi
tra loro le schiere trace e quelle d'Israele.
34 Quando il giovane Tobia si allontanò finalmente dal combattimento per
riprendere fiato, l'imberbe Gabri figlio di Gabael prese il suo posto alla guida
delle armate della Tribù di Nèftali, e menò strage di alcuni giovani guerrieri, tra cui i due valorosi
figli gemelli del re Xanto di Tebe.
35 Asmodeo assunse allora l'aspetto della sorella di Reso e lo spronò a muovere
contro il giovane Gabri e ad ucciderlo, allo scopo di arrecare dolore a Tobia,
di cui egli era diventato grande amico.
36 Quando vide il possente Reso venirgli incontro, Gabri esclamò: "Dunque avrò
grandissima gloria sia che abbatta un guerriero valoroso come te, sia che abbia
da te una morte illustre in battaglia: pronto ad entrambe le sorti è mio padre Gabael. O Signore, guida la mia mano!"
37 Ciò detto, con tutta la sua forza avventò l'asta e ferì Reso di striscio al
fianco destro. Infuriato, il re dei Traci scagliò a sua volta la lancia dalla
ferrata acuta punta, urlando: "Vedi se il ferro mio penetra meglio!"
38 Con fulmineo colpo l'acuta punta attraversò lo scudo di Gabri, e gli trapassò
la lorica e il gagliardo petto. Egli invano si svelse il duro ferro dalla
ferita: per la stessa via fuoriuscì la sua anima, che discese gemendo nello Sheol.
39 Reso sprezzante, Reso gli strappò il balteo di solido oro e se lo mise intorno ai
fianchi, quindi urlò ai compagni di Gabri: "Quale meritava, cioè morto, io rendo
Gabri a suo figlio. Lo seppellisca pure con tutti gli onori: non poco gli parrà
d'aver pagato l'amicizia con i due Tobia!" [Eneide
X,276-509]
40 Azaria stesso corse a dare la notizia della morte di Gabri al giovane Tobia,
il quale si stracciò le vesti e pianse di dolore, avendo davanti agli occhi la
grande familiarità con cui suo padre Gabael lo aveva ospitato e soccorso.
41 Subito però la sua disperazione si mutò in furore guerresco, ed egli,
irriconoscibile persino agli occhi di suo padre, menando colpi all'impazzata con
le armi dei Tibareni si aprì la via a forza tra le serrate schiere dei traci,
cercando Reso per vendicare immantinente la morte dell'amico [Eneide
X,510-605].
42 Tra gli altri cadde il sacerdote Zalmosside [Erodoto,
Storie IV,93-94], indovino di corte di Reso, che dopo la sua morte
sarebbe stato venerato come un dio dal suo popolo.
43 Tobia figlio combatteva con la furia di uno dei Nephilim, i giganti che
popolavano la Terra prima che Noè salisse sull'arca [Gen
6,4]: le schiere dei Traci fuggivano terrorizzate di fronte alla
carneficina.
44 Terrorizzati da quella furia umana, i guerrieri di Reso furono costretti ad allentare l'assedio al campo degli Israeliti, che finalmente poterono
intervenire in forze al fianco di Tobia figlio; belle prove vennero offerte
anche da Azaria, che abbatté parecchi tra i nemici di Israele.
45 Temendo per la sorte del suo prediletto Reso, tuttavia, Asmodeo riuscì a
sottrarlo per il momento allo scontro diretto con il suo nemico, mandandogli
incontro un vano fantasma fatto d'aria con le sembianze proprio del giovane
Tobia.
46 Reso lo inseguì, credendo si trattasse del campione di Nèftali, e tentò
inutilmente di abbatterlo; l'ombra salì su una nave dell'isola di Eubea,
là ormeggiata e sparì. Quando anche Reso fu a bordo, per ordine di Asmodeo il
capitano della nave salpò l'ancora e partì alla volta di Salmidesso.
47 Reso inutilmente gli chiese di far ritorno al campo di battaglia sul lido,
temendo di passare per codardo agli occhi dei due Tobia e dei suoi stessi
soldati: troppo imperioso era l'ordine di Asmodeo, che i marinai euboici
credevano venuto da una divinità benigna [Eneide
X,606-688].
48 Intanto il tiranno Perdicca, re di Macedonia [cfr.
7,34 qui sopra], stava facendo a sua volta strage di Ebrei, ed allora
Tobia il giovane, persa l'occasione di vendicare subito il povero Gabri, si
volse contro di lui e lo ferì con la lancia all'inguine.
49 Subito dopo si gettò su suo figlio Argeo,
accorso in sua difesa, e gli piantò la spada nel petto. Toccato dal gesto eroico
del giovane, tuttavia, non infierì sul suo corpo ma lo fece adagiare sul suo stesso scudo
restituendolo al padre perchè fosse seppellito [Eneide
X,689-832].
50 Greci e Macedoni sono infatti convinti che gli spiriti dei loro morti non
possano riposare nell'Oltretomba, fintanto che i loro corpi non sono stati
cremati e seppelliti con tutti gli onori.
51 Tuttavia Perdicca, che aveva in dispregio tutti gli déi, inveì contro gli
Ebrei per la morte del figlio, bestemmiando a gran voce il Dio d'Israele, e
volle a tutti i costi affrontare a duello il discendente di Nèftali, benché
gravemente ferito.
52 Azaria uccise il cavallo del re macedone con un colpo di lancia, e Perdicca
stramazzò al suolo. Tobia gli trafisse la gola con la spada, prima che egli
potesse scagliare nuove bestemmie contro il Dio degli Eserciti
[Eneide X,833-908].
Jacques Sablet, il re Reso uccide Gabri, Galleria Nazionale di Parma, 1778
Capitolo
11
La morte di
Atalanta
1 Sorse dal mare un'alba rossa come
sangue; Tobia padre offrì un paio di giovenchi bianchi in sacrificio a Dio per
la vittoria ottenuta su Perdicca, ed ordinò di seppellire i morti con tutti gli
onori.
2 Egli pregò: "Ritorna, anima mia, alla tua pace, poiché il Signore ti ha
beneficato; Egli mi ha sottratto dalla morte, ha liberato i miei occhi dalle
lacrime, ha preservato i miei piedi dalla caduta.
3 Camminerò alla presenza del Signore sulla terra dei viventi. Adempirò i
miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo. Preziosa agli occhi del
Signore è la morte dei Suoi fedeli." [Salmo
117,7-9.14]
4 Raggiunse quindi la casa in cui giaceva composta la salma del giovane Gabri,
pianta da suo figlio Tobia e dalle donne d'Israele. e vide il suo volto delicato
candido come la neve e il petto squarciato dalla lancia di Reso.
5 Allora proruppe in lacrime: "Ahimé, il volere divino, o misero fanciullo, ti
ha tolto a noi quando più il favore dell'Altissimo arrideva alle nostre armi,
vietandoti di vedere la nostra nuova città alzarsi sulla collina.
6 Non questo, partendo, mio figlio a tuo padre Gabael promise, quando lo abbracciava e
gli
augurava di fondare una potente stirpe regale!
7 E forse egli, lusingato ancora dalla vana speranza, offre sacrifici a Dio per
impetrare il suo ritorno, mentre noi piangiamo il corpo del fanciullo che non
deve più nulla al suo destino, avendogli già pagato il tributo supremo!"
8 Ordinò quindi ad Azaria, che ormai amava come figlio suo, di riportare il corpo di
Gabri nella sua città sul Corno d'Oro per le solenni
esequie [Eneide XI,1-99].
9 Da Perinto intanto giunse una delegazione di re Raguele, che chiedeva una
tregua agli Ebrei per raccogliere e seppellire i suoi morti, e il pio Tobia
padre accolse benignamente la giusta preghiera:
10 "Quale indegna sorte vi travolse, o Traci, in tanto terribile guerra, dopo
che sdegnaste l'amicizia nostra? Pace mi domandate per i morti che la guerra vi
tolse? Anche ai vivi io concederla vorrei!
11 Non venni qui come conquistatore, come novello Sennacherib
[2 Re 18,13], ma solo perchè tutti i profeti di
Israele ci assegnavano questa nuova dimora dopo la caduta di Samaria. Ruppe il
re vostro gli ospitali accordi, ed all'armi di Reso si affidò.
12 Era ben meglio che solo l'empio Reso qui incontrasse l'Angelo della Morte,
ch'io ebbi la ventura di vedere in faccia, e di rimanere vivo! E invece con uno
stratagemma egli si sottrasse al braccio di mio figlio. Ora partite, e portate
pure con voi i vostri infelici caduti: possano riposare in pace."
13 Ei disse; e quelli tacquero stupiti e fra lor si guardarono nel volto. Allora
Driante, fratello di Tereo [Apollodoro.
Bibliotheca 1.8.2] e grande rivale di Reso, lodò Tobia per la sua
magnanimità e si schierò apertamente dalla sua parte:
14 "O eroe d'Israele grande per fama e per la tua pietà, con che lodi io posso
eguagliarti ai miei déi? Dovrò prima ammirar la tua giustizia o l'opra in
guerra? Ecco, rechiamo grati a Perinto queste tue parole.
15 E, se il Signore Dio d'Israele ce ne indicherà il modo, te faremo congiunto a
re Raguele. Altre alleanze si ricerchi Reso! A noi sia grato erigere la mole
delle tue mura, e trasportare sopra gli omeri nostri le loro pietre!"
16 Tobia e Driante si strinsero le destre, e dodici giorni pattuirono di tregua,
durante i quali Traci ed Ebrei senza ricevere offesa gli uni dagli altri si
aggirarono insieme per i colli e per le selve [Eneide XI,100-138].
17 Intanto Azaria riportò il corpo di Gabri da suo padre Gabael, e quando lo vide
non valse forza alcuna a trattenere il re, che corse incontro al corteo funebre,
sul deposto feretro si gettò sopra l'amato figlio, e gemendo a sé lo strinse.
18 "Oh, se dietro le ebraiche armi alleate mi avesse abbattuto un'asta del
feroce Reso!" gemette con fatica: "Non voi, figli di Giacobbe, io accuso o il
nostro patto, e non le destre ospitalmente unite: questo il Signore Dio nella
mia vecchiaia mi riserbava, sopravvivere a mio figlio!
19 Se un'acerba morte attendeva Gabri, or mi sia di consolazione almeno il fatto
ch'egli cadde uccidendo i Traci di Salmidesso a mille a mille, mentre apriva
agli Ebrei il Corno d'Oro!
20 Vai dunque, prode Azaria, e riferisci al giovane Tobia che se io pur trascino
ancora questa mia vita, odiosa or che Gabri è spento, ne è causa la sua destra:
essa deve mio figlio vendicare, alla sua gloria soltanto questo manca. Non per la mia
vita chiedo tal gioia, né potrei; ma voglio recarla nello Sheol al mio
figliuolo!
21 Ora, o Azaria, simile a un dio, ti faccio sapere che ho messo da parte in
gioventù dieci talenti d'argento [Tob 4,20],
quando trattavo affari per conto di re Eioneo, padre di Reso
[Omero, Iliade X,435]. Ecco, io li invio a Tobia
figlio, affinché gli servano da dote per sposare Sara, figlio di Raguele!
22 Ora non ho più figli: io Tobia il giovane adotterò come figlio, e suoi
saranno i sette colli che guardano sul Corno d'Oro, perchè vi costruisca la sua
città che un giorno dominerà su tutta la Tracia e su tutto il mondo, da mare a
mare e dal Bosforo fino ai confini della Terra!"
23 Gabael andò subito a prendere i sacchetti, ancora con i loro sigilli, e li
contò in presenza di Azaria; poi li fece caricare sui cavalli
[Tob 9,5], e partirono insieme di buon mattino,
perché il padre di Gabri intendeva assistere alla sconfitta di Reso e alle nozze
di Tobia [Eneide XI,139-181].
24 Intanto, come se presagisse la fine imminente, Reso inviò ambasciatori a
Tudgammi, Re di Gomer [Gen 10,2:
i Cimmeri] che aveva sconfitto sia i Lidi che gli
Assiri, chiedendogli di intervenire in battaglia al suo fianco contro gli Ebrei.
25 Il Re delle steppe tuttavia rispose loro: "O Traci, qual destino vi spinse a
muover guerra a un popolo che, sebbene sconfitto dagli Assiri, cerca una nuova
patria con la protezione dell'Onnipotente?
26 Il Faraone d'Egitto si oppose all'ebreo Mosè, e il fior fiore delle sue
truppe fu travolto dalle acque del mare, quando Iddio stesso diede battaglia per
il popolo che si era scelto.
27 Infiniti popoli: Amaleciti, Edomiti, Filistei, Ammoniti, Moabiti, Aramei,
alcuni della mia stessa stirpe, si opposero in armi a Giosuè, ai Giudici, ai re
d'Israele, e tutti subirono lutti, sconfitte ed un destino atroce.
28 Non traetemi a simili battaglie: non intendo inimicarmi il Dio di Noè, di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che è Dio degli déi e Signore dei signori.
29 Codesti doni che mi offrite, portateli a Tobia. In alleanza, con qualunque
patto, congiungete le destre ed evitate che l'armi più si scontrino con l'armi.
Il Signore del Cielo vi assista, o Traci, e vi conceda la Sua misericordia e la
Sua pace [Tob 7,12]."
30 Quando i messi tornarono dalla terra di Scizia e riferirono le parole di
Tudgammi, l'assemblea dei duci alleati contro gli Ebrei mormorò di stupore,
giacché il sovrano di Gomer era considerato uno dei guerrieri più forti in
battaglia di tutta la terra, e se rifiutava di incrociare le armi con un pugno
di Israeliti, certo lo faceva a ragion veduta.
31 Re Raguele allora si alzò e proclamò: "Fratelli, avete udito: noi combattiamo
un'insensata guerra contro gli eletti dell'Onnipossente, eroi che non si fiaccan
per battaglia alcuna, che non cessan dal ferro anche se vinti.
32 Ben vedete: esigua è la speranza, il giovane Tobia mena strage in guerra dei
nostri figli, e se ancora ci opponiamo a lui, non si fermerà finché non avrà
conquistato l'intera Tracia, espellendo da essa tutti noi.
33 Non accuso nessuno: fu, quant'esser potea, sommo il valore; tutto con le sue
forze il regno ha combattuto. Ma contro il Dio degli Eserciti non potrà sperare
di ottenere alcuna vittoria, perchè nessuno può sconfiggere Colui che spande sul
mondo la luce e scava canali agli acquazzoni! [Giobbe
38,24-25]
34: Udite: il territorio che circonda Perinto lungo la riva del mare è mio
retaggio, ed io non ho figli maschi che mi succedano sul trono. Tobia il giovane sposi mia figlia
Sara, sia lui il mio legittimo erede, e la sua gente si insedi finalmente sulla
costa. Stipuliamo dunque con gli
Ebrei equa alleanza, e compagni prendiamoli nel regno! Il favore di Dio sarà con
noi."
35 Sorse dopo di lui Driante a parlare, si mostrò favorevole alla proposta di
Raguele e inveì contro Reso, accusandolo prima di aver condotto al macello tanto
fior d'eroi della Tracia, e poi di essere fuggito codardamente dal campo di
battaglia.
36 "Se gloria agogni", urlò rivolto a Reso, "se hai qualche forza ancora in
corpo e se la dote regale hai tanto a cuore, osa ed esponi il petto contro il
nemico, affronta Tobia figlio in singolar tenzone: orsù, guardalo in faccia,
egli ti chiama!"
37 A quei detti avvampò l'ira di Reso, respinse le accuse di Driante e accusò
lui di viltà, ricordando le proprie grandi imprese e implorando re Raguele di
continuare la guerra e di dare Sara a lui in sposa:
38 "Tobia chiana me solo? Ebbene, io voglio ch'egli mi chiami! Se quel
circonciso accetterà di misurarsi in battaglia con me, io gli andrò incontro
arditamente, anche se egli fosse Achille redivivo ed indossasse armi che il dio
Efesto forgiò con le sue mani!" [Eneide XI,182-446]
39 Mentre l'assemblea dei Greci e dei Traci era divisa tra le due proposte,
Tobia figlio mosse dal campo d'Israele con le sue schiere e con gli alleati
ateniesi, frigi e troiani.
40 Grande fu di tutti il turbamento, e Reso colse l'occasione propizia per
gridare all'armi e per incitare tutti i presenti alla resistenza contro
l'invasore. E così, con gran gioia di Asmodeo, la battaglia si riaccese
furibonda.
41 In aiuto
delle forze di Reso intervenne la cavalleria degli Arcadi guidata dalla
guerriera Atalanta, figlia di Scheneo, figlio di Atamante.
Si narra che suo padre desiderasse un maschio, ed alla nascita di Atalanta,
com'era costume in questi casi tra gli Elleni, la abbandonò sul monte Pelio.
42 Il Signore Dio tuttavia proteggeva la piccola, ed allora inviò un'orsa, che
se ne prese cura allattandola e allevandola. Qualche tempo dopo Atalanta fu
trovata da un gruppo di cacciatori che la adottarono e la crebbero come figlia
loro [Apollodoro, Biblioteca 3.9.2].
43 La sua propensione per la guerra si manifestò presto, quando affrontò e
uccise con l'arco i fratelli Ileo e Reco, i quali avevano tentato
di violentarla. Avendo ucciso il mostruoso cinghiale che minacciava la
città di Calidone [Igino, Fabulae 172], fu
infine riconosciuta da suo padre e fatta condottiera dell'esercito dell'Arcadia.
44 Reso, ben lieto di avere al suo fianco un'alleata famosa come lei, le affidò
il primo urto con la temibile fanteria frigia, alleata degli Ebrei; Reso intanto
si sarebbe appostato nella boscaglia per cogliere il giovane Tobia di sorpresa
quando questi la avrebbe attraversata per raggiungere Perinto
[Eneide XI,447-596].
45 Come suo solito, Atalanta compì grandi prodezze in battaglia e ferì lo stesso
Litierse, figlio di re Mida. Benché ferito, l'erede al trono di Frigia rampognò i suoi
per essere fuggiti di fronte a una donna e uccise di sua mano Xanto re di
Tebe.
44 Tuttavia, nonostante il suo grande ardore guerriero, Atalanta non si accorse
che era furtivamente seguita dal giovane guerriero frigio Ancuro
[Plutarco, Parallela minora 5], adirato con lei
perchè un tempo aveva rifiutato la sua mano.
45 Ed ecco, alfine, colto il momento dell'agguato, le scagliò un giavellotto
alle spalle e la colpì a tradimento. Stramazzata a terra, ella ebbe appena il
tempo di ordinare ai suoi soldati di correre ad avvisare re Reso; poi l'Angelo
della Morte la prese, e la sua vita fuggì con un singulto irata all'ombre
[Eneide XI,597-835].
46 Un immenso tumulto allora ascese a ferire le stelle: or che caduta era
Atalanta, una tra le più forti guerriere in campo, si inasprì la battaglia e
tutte ad un tempo irruppero le forze degli Ebrei, degli Ateniesi, dei Frigi e
gli squadroni di Re Gabael.
47 Il vile Ancuro tuttavia non poté gloriarsi a lungo di aver abbattuto a
tradimento una delle più leggendarie eroine greche, giacché il demone Azazel
vendicò la vergine guerriera, che lo venerava in sembianze femminili sotto il
nome di Artemide, trapassando Ancuro con una delle proprie frecce
infuocate [Eneide XI,836-867].
48 La morte di Atalanta causò la rotta dei suoi guerrieri Arcadi; indi, turbati,
volsero in fuga i Lacedemoni, gli Illiri e infine il grosso dell'esercito
strimonio.
49 Non alcuno valse a trattenere o fronteggiare i figli d'Israele impetuosi che
spargean la morte, tra la disperazione delle donne di Tracia. Rapidi, i
guerrieri di Reso superstiti e i loro alleati corsero dentro le mura di Perinto,
che venne cinta d'assedio dalle truppe di Tobia e di Azaria, ormai padrone del
campo, mentre cupa discendeva la notte [Eneide XI,868-915].
Nicolò Dell’Abate, La morte di Atalanta, Bologna, Palazzo Poggi, 1552
Capitolo
12
Resa dei conti tra
Reso e Tobia
1 Poi che fiaccati nell'infausta guerra vide i Traci sconfitti, e gli sguardi
tutti vide in lui fissi a domandargli l'adempimento della sua promessa, Reso
implacabilmente arse, e fremette di magnanimo ardire.
2 Come un leone, se negli egizi campi i cacciatori gli han rotto il petto con
mortal ferita, soltanto allora alla battaglia insorge e, impavido squassando il
crin possente, spezza lo strale dell'assalitore e rugge dalla gola insanguinata,
tal si gonfiava e divampava in Reso la violenza.
3 Allora al re si volse e "Reso è pronto!" gli gridò fremendo. "I due codardi
Tobia lo sono altrettanto, o addurranno scuse per evitare il duello? Io scendo
in campo; tu, o Raguele, mio futuro suocero, formula gli accordi. Non vedo l'ora
di dimostrare ai Traci e agli Elleni che tua figlia Sara non reca con sé nessuna
maledizione da parte di uno spirito maligno!
4 O caccerò allo Sheol con questa mano il circonciso disertore di Samaria, e
regnerò dopo di te su tutta la terra del cantore Orfeo, o ch'egli vinti vi
opprima, e gli sia data Sara in sposa!"
5 E il re Raguele, con pacato cuore: "O magnanimo eroe, tu hai già il regno di
Salmidesso, ereditato da tuo padre Eioneo, e altre spose di stirpe non umile vi
sono in Grecia e nel regno strimonio.
6 Non ad alcuno dei Greci o dei Traci era concesso di sposare Sara, come
dimostra il demone che oggi la perseguita. Solo per amor tuo, sol per amore del
comune lignaggio e per i pianti della mia afflitta consorte, io ruppi tutti gli
impegni, tolsi a mio genero la sposa, empia guerra gli mossi.
7 E tu ben vedi, o Reso, quali sciagure e quanta guerra mi opprimono per ciò,
quanti travagli primo fra tutti sopportar tu devi! Perchè a morte vuoi andare?
S'io son già deciso, Reso caduto, d'imparentarmi con Tobia, perchè fin d'ora,
che Reso è sano e salvo, io termine non pongo alla contesa?
8 Vedi gli incerti eventi della guerra: abbia pietà del tuo genitore annoso,
mesto nella lontana tua natia Salmidesso!"
9 Non piegò questo dir l'ira di Reso: "Ottimo re, non preoccuparti per me:
lascia ch'io affronti la morte, pur di aver salvo l'onore! Vedrai che ce la
farò a sconfiggere quel codardo ebreo, e che nessun demone potrà togliermi le
nozze con tua figlia, dovessi duellare persino con le potenze oscure dello Sheol!"
10 Ma la regina Edna, atterrita all'idea di un duello tra l'amato Reso e
l'odiato Tobia, intervenne all'improvviso: "Reso, genero mio, non combattere con
il forestiero! Lo protegge di sicuro qualche spirito a noi avverso, sotto
mentite spoglie.
11 Qualunque sia la morte che ti attende da tal contesa, anche me, Reso attende:
non vedrò quell'intruso mio genero e signore!"
12 Le parole materne nelle sue stanze udì Sara, già prostrata dal dolore per la
maledizione che la perseguitava, e di pianto le si inondarono le infiammate
gote.
13 "Non con lacrime, o madre, te ne prego, non salutarmi con sì triste augurio
mentre scendo ai cimenti aspri di guerra", le rispose commosso il sire trace.
14 "Và dunque, o mio scudiero, e dì a Tobia che, non appena domani in ciel
rosseggi l'Aurora fuor de le braccia del suo dolce amico Titone
[Dante, Purgatorio IX,3], non spinga contro noi
l'armi di Nèftali: decideremo noi, col sangue nostro, tutta la guerra, e
duelleremo per avere Sara in sposa!" [Eneide XII,1-106]
15 Il mattino dopo sul campo innanzi a Perinto avanzarono da un lato Raguele e
Reso, dall'altro Tobia padre e figlio. Reso invocò a gran voce il dio della
guerra da cui diceva di discendere, invece Tobia figlio pregò con devozione:
16 "Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le
generazioni è il Tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i
secoli!
17 Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto
e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è
cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui
[Gen 2,18].
18 Ora non per lussuria io intendo prendere Sara come mia legittima sposa, ma
con retta intenzione, onde generare con lei una stirpe regale che intoni lodi al
Tuo Santo nome. Dègnati di aver misericordia di me e di lei, di farci
congiungere in matrimonio e di farci giungere insieme alla vecchiaia!" E suo
padre rispose: "Amen, amen!" [Tob 8,5-8]
19 Tobia padre aggiunse che, se suo figlio fosse caduto, gli Ebrei avrebbero
ripreso il mare in cerca di un'altra patria, ma se avesse prevalso, Ebrei e
Traci sarebbero diventati un solo popolo, e avrebbero edificato una nuova città
sul Corno d'Oro, dove gli aveva indicato l'Altissimo per bocca dei Suoi profeti [Eneide XII,107-215].
20 Il demone Asmodeo tuttavia decise di fare un estremo tentativo per salvare
Reso, assunse l'aspetto del re di Sparta Alcamene, si aggirò tra le
schiere dei Traci e urlò: "Non arrossite, o Greci e Traci, di esporre a rischio
per tanti forti la vita di uno solo? Pari non siami di numero e di forze?
21 Ecco, tutti son qui, i nostri nemici, dai Frigi agli Ateniesi agli Israeliti.
Se qui restiamo inoperosi seduti a terra, Reso morirà, noi perderem la patria e
saremo costretti a prosternarci davanti al Dio senza nome d'Israele!"
22 Più e più s'infiammava a questi detti l'animo dei guerrieri, un sussurro
corse tra le file, e tutti coloro che già speravano la pace, ora piangevano la
sorte misera di Reso, volean la guerra e annullar tutti gli accordi.
23 Adoneo, re dell'Epiro, scagliò per primo la lancia e ferì il giovane
Dracone, valoroso guerriero di Atene e futuro legislatore
[Aristotele, La Costituzione degli Ateniesi 4,3].
Rotta la tregua, infuriò di nuovo la battaglia, con gran costernazione di
Raguele e dei due Tobia.
24 Nel bel mezzo della mischia, il pio Tobia padre levò la testa inerme, alto
chiamando i suoi: "Dove correte? Perchè mai questo repentino furore? Frenate
l'ire! Sancito è già l'accordo e stabilite le norme. Solo a mio figlio spetta
duellare e rischiare la vita, onde risparmiare le vostre a tutti voi!"
25 Suo figlio si rese conto del pericolo corso dal padre e tentò di proteggerlo
con lo scudo dei Tibareni, ma una saetta stridula volando colpì il giovane eroe
ad una gamba, né mai si seppe da qual arco fu scoccata, giacché nessuno se ne
ascrisse il vanto.
26 Subito Azaria si caricò in spalla l'amico e lo portò fuori dal combattimento.
Reso, visto l'arcinemico abbandonare il campo ferito, arse di subita speranza
impetuosa, e cominciò a menare strage tra i nemici, con la forza che Asmodeo gli
infondeva [Eneide XII,216-382].
27 "Presto, fratello: taglia col ferro la ferita e strappa da esso il dardo
infranto", implorò subito il giovane Tobia. A questo punto Azaria, sotto le cui
spoglie si celava l'angelo Raffaele, stanco delle cattive opere di Asmodeo,
decise di prendere in mano la situazione e gli replicò:
28 "Ricordi, Tobia, il pesce che cercava di morderti in quel torrente?
[cfr. 8,17 qui sopra] Ti dissi
di conservarne il fiele, il cuore e il fegato; ebbene, è venuto il
momento di usarli. Ti prego di darmeli."
29 Il ragazzo obbedì, e subito Azaria spalmò il fiele sulla sua gamba ferita,
soffiandovi sopra. D'improvviso fuggì via dalle membra ogni dolore; si stagnò il
sangue al fondo della piaga, uscì la freccia senza sforzo, e rinnovate tornarono
al lor primo uso le forze.
30 Tobia esultò: "Benedetto Dio! Benedetto il suo grande nome! Benedetti
tutti i Suoi angeli santi! Benedetto il Suo grande nome su di noi e benedetti i
Suoi angeli per tutti i secoli. Perché Egli mi ha colpito, ma poi ha avuto pietà
di me!" [Tob 11,14]
31 "L'armi, presto, all'eroe!" gridò Azaria, e subito Tobia tornò alla
battaglia, abbattendo immediatamente Adoneo re dell'Epiro e ferendo
Alcamene di Sparta [Eneide XII,383-441].
32 "Asmodeo, a noi due!" fremette Raffaele il guaritore: tiratosi in disparte,
prese il fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace dell'incenso. L'odore
del sacrificio respinse il crudele demonio, che fuggì urlando nelle regioni
dell'Alto Egitto. Raffaele lo inseguì all'istante e in quel luogo lo incatenò
[Tob 8,2-3].
33 Quanto ad Azazel, il demone della vendetta, quando vide venirgli incontro
Raffaele con la sua spada fiammeggiante, egli fuggì terrorizzato come una pavida
fanciulla e sprofondò negli abissi dello Sheol. Così ad un tempo Tobia e Sara
vennero liberati da Raffaele dai loro più crudeli nemici.
34 Intanto Tobia figlio cercava Reso in mezzo alla battaglia, con l'intenzione
di chiudere i conti con lui una volta per tutte. L'angelo Gabriele, mandato da
Dio, gli ispirò in cuore il proposito di volgere con mossa rapida ogni sforzo
contro le mura dell'alta Perinto.
35 Subito allora egli chiamò i più forti tra i giovani di Nèftali: "Siate pronti
al mio cenno: Dio dà battaglia per noi. Nessuno indugi all'improvviso attacco.
36 Oggi distruggerò questa città che suscitò la guerra, come un giorno Giosuè
rase al suolo Gerico [Giosuè 6,1-21]: o dovrei
forse attendere che l'empio Reso si degni di raccogliere la sfida e voglia,
vinto, ancor rompere i patti?"
37 Tutti lanciarono l'urlo di battaglia e si diedero all'assalto della città con
gli alleati Ateniesi, Frigi e Troiani. Alcuni tra gli abitanti di Perinto
corsero sulle mura per l'estrema difesa, mentre i più anziani proponevano di
aprire le porte a Tobia e offrirgli la resa, onde evitare la totale distruzione
della città [Eneide XII,442-553].
38 Ciso, re di Argo e fedele alleato dei Traci, corse in soccorso
della città, ma Tobia fu investito dallo spirito del Signore e, sollevato un
pesante masso, glielo scagliò contro e lo sbalzò dal carro da guerra; lo
travolsero sotto le tirelle di cuoio i suoi cavalli, e lo lasciarono morto sul
campo di battaglia.
39 Tobia permise che gli Argolidi guerrieri raccogliessero il suo corpo
martoriato e lo portassero entro le mura della città. La notizia della morte di
Ciso si sparse tra tutti gli abitanti e giunse anche alle orecchie della regina
Edna, nelle sue stanze.
40 Ora questa, vedendo dalle finestre i nemici avanzare, invasi i muri, e da
nessuna parte gli squadroni di Reso opporsi a loro, equivocò le voci che sentiva
e credette che non Ciso, ma Reso stesso fosse caduto in battaglia per mano di
Tobia, e così si impiccò ad una trave.
41 Quando la vide pendere dal legno, Sara si disperò, si lacerò a furia il roseo
volto e, piangendo forte, dicea: "O regina, perché per ira hai voluto esser
nulla? Uccisa ti sei per non perdermi, e così or m'hai perduta! Io son essa che
lutto, madre, a la tua pria ch'a l'altrui rovina!" [Dante,
Purgatorio XVII,35-39]
42 Dal canto suo, re Raguele si stracciò le vesti, si coprì il capo canuto di
cenere e si accusò di non aver accolto e prontamente unito a sé nel regno come
genero proprio il prode Tobia [Eneide XII,554-613].
43 Saputa la notizia della morte di Edna, e il fatto che in Perinto tutti
accusavano lui, non l'Ebreo, per la morte della regina e la rovina del regno,
Reso decise di non sfuggire più al duello con il suo arcinemico:
44 "Volgerò dunque le spalle, e questa terra vedrà Reso codardo? È sì gran male
dunque il morire? Siate voi benigne, o ombre, se avverso mi è il Signore. Io
scenderò tra voi qual anima pura, ignara di vergogna e non indegno giammai dei
miei grandi avi!"
45 Si volse quindi al Cielo e pregò: "O Dio d'Israele, se è destino che io
perisca oggi stesso in questa campagna, e che i Traci e gli Ebrei si uniscano
con felici nozze, accordi e leggi, non volere che i miei Traci in Ebrei cambino
nome, né che i popoli mutino linguaggio e foggia di vestire! Samaria è caduta:
lascia che sia caduta anche nel nome!"
46 Gli apparve allora l'angelo Gabriele: "Dice il Signore degli Eserciti: placa
ormai, o Reso, l'inutile furore. Io ti concedo ciò che mi domandi: serberanno i
popoli strimonii il lor linguaggio e i costumi antichissimi, e un giorno non ci
saranno più Greci, Traci ed Ebrei, ma solamente Bizantini!"
47 Finalmente rincuorato, Reso ordinò alle sue truppe di fermarsi. Tobia figlio
fece altrettanto, la mischia si acquietò, cessò la guerra, e finalmente i due
campioni si ritrovarono faccia a faccia per il duello [Eneide XII,614-696].
48 Il nipote di Tòbiel gli gridò con iraconda voce: "Che indugi, Reso? Esiti
dunque ancora? Con l'aiuto dei démoni che adori, cambia forma in un animale
feroce, diventa invisibile, trasformati in un gigante di bronzo, sollevati in
volo fino alle stelle; ricorri pure a qualunque arte per sfuggirmi; tanto,
stavolta non mi sfuggirai!"
49 L'altro il capo scrollò: "Gli arroganti tuoi detti non mi spaventano, o
feroce circonciso, e neppure gli déi ostili!" Ciò detto, sollevò un pesantissimo
masso, che dodici uomini non sarebbero riusciti a smuovere di un piede, e lo
scagliò contro Tobia, ma l'angelo Raffaele ne deviò la traiettoria, ed esso lo
mancò.
50 Al contrario, il giovane Tobia colse con gli occhi il punto propizio in cui
colpire, librò l'asta fatale e la scagliò con l'impeto di tutta la persona. Come
il vento del sud volò la lancia che in punta avea la morte, squarciò lo scudo e
i lembi dello scudo, e nel ginocchio del re trace si confisse.
51 Cadde a terra colpito il grande Reso, piegato sul sinistro fianco. Forte i
Traci gemettero, e al clamore tutti d'intorno mugghiarono i monti, echeggiarono
a lungo l'ombrose selve.
52 Tobia sguainò la spada affilata da entrambe le parti e con essa mosse verso
lo sconfitto, ma si arrestò quando Reso si volse a lui supplice da terra con gli
occhi e lo implorò: "L'ho meritato, e non me ne dolgo. Usa pure il tuo diritto:
vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per
piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido
[Es 21,24-25].
53 Ma, se pure alcuna pietà di un padre misero ti tocca, ti prego: abbi pietà
del vecchio Eioneo e rendimi vivo a lui. Tu mi vincesti, e a te sconfitto
tendere le palme mi han visto tutti i Traci e tutti i Greci; Sara è tua; non
spingere più oltre il tuo furore."
54 Stette esitante il buon Tobia, e vide non lungi da sé Azaria, che lo guardava
come per ricordargli che anche l'odio deve avere un limite.
55 E già i suoi occhi e le parole di Reso cominciavano a raddolcirlo, e
considerava il fatto che graziare un assassino è segno di grande pietà; quando,
purtroppo per il re di Salmidesso, i suoi occhi caddero sul cinturone da lui
tolto al giovane Gabri dopo averlo spietatamente ucciso, e portato come trofeo
di guerra.
56 Quella spoglia ravvivò il suo crudele dolore, ed infuriò terribile nell'ira:
"Vestito delle spoglie del mio più caro amico, tu dunque dalle mani mi uscirai?
57 Ora è Gabri che ti colpisce, è Gabri purissimo giovanetto che ti immola, e
nell'empio tuo sangue il padre e il figlio han lor vendetta!"
58 Così dicendo, con ferocia immerse nel petto di Reso la spada dei Tibareni.
Allor le membra gelide si disciolsero, e con un singulto la vita fuggì irata
all'ombre dello Sheol [Eneide XII,697-952].
Giacomo del Po, Tobia uccide Reso, 1700, Los Angeles County Museum of Art
Capitolo
13
Fondazione di Bisanzio
1 Morto Reso, i suoi soldati gettarono le
armi e si dichiararono sconfitti secondo le regole pattuite da re Raguele prima
del duello. Il re di Sparta Alcamene, ferito a una spalla, poggiò un ginocchio a
terra davanti a Tobia il giovane e gli consegnò la propria spada: "La tua vita è
mia, disponine come più ti piace."
2 L'eroe di Nèftali subito gliela restituì: "Alzati, o re di Lacedemone. Solo al
Signore Onnipotente appartiene la vita di tutti noi. Ed io i miei nemici
preferisco toglierli di mezzo facendone dei buoni vicini, e magari degli
alleati."
3 Tobia alzò poi al cielo la spada dei Tibareni, e tutti gli Ebrei lo
acclamarono: "Tobia sia re! Tobia sia re! Benedetto sia il Dio altissimo, che
gli ha messo in mano tutti i suoi nemici!" [Gen 14,20]
4 Subito Tobia figlio diede ordine che il corpo di Reso venisse restituito
all'anziano padre Eioneo, e congedò tutti i soldati che avevano combattuto
contro di lui, affinchè tornassero alle loro case, disponendo un risarcimento in
oro e argento da parte dei vinti per poter ricostruire le mura di Perinto ed
edificare la nuova città che i profeti di Dio gli avevano preconizzato
[Maffeo Vegio, Supplementum Aeneidos 1-296].
5 L'eroe riabbracciò suo padre, si lavò, fece le abluzioni, poi disse a
Raffaele: "Fratello Azaria, domanda a Raguele che mi dia in moglie Sara."
6 Raguele gli venne incontro e disse al giovane: "Mangia, bevi e stai
allegro, poiché nessuno all'infuori di te, trionfatore su tutti i tuoi nemici,
ha il diritto di prendere mia figlia Sara, come del resto neppure io ho la
facoltà di darla ad un altro uomo all'infuori di te. Ti viene concessa da oggi
per sempre. Il Signore del cielo vi assista, figlio mio, e vi conceda la sua
misericordia e la sua pace.
7 Però, figlio, voglio dirti con franchezza la verità. L'ho data a sette
uomini per custodirla, scelti tra i migliori tra i nostri fratelli, e tutti sono
morti la notte stessa: un demonio certamente la perseguita."
8 Gli replicò Azaria: "Anche tu mangia e bevi, o re; il Signore ha provveduto ad
allontanare lo spirito maligno che la perseguitava." Gli disse di portare un
foglio e stese il documento di matrimonio, secondo il quale concedeva in moglie
a Tobia la propria figlia, in base al decreto della legge di Mosè.
9 Tutt'altro che rassicurato, Raguele chiamò la figlia Sara e, quando essa
venne, la prese per mano e la affidò a Tobia con queste parole: "Prendila;
secondo la legge e il decreto scritto nel libro di Mosè ti viene concessa in
moglie. Tienila sana e salva e sarai erede del mio regno. Il Dio del cielo vi
assista con la sua pace."
10 I servi andarono a preparare il letto della camera che era stata di Raguele
ed Edna, e vi condusse la figlia. Pianse per lei, poi si asciugò le lacrime e
disse: "Coraggio, figlia, il Signore del cielo cambi in gioia il tuo dolore."
E uscì. [Tob 7,9-12]
11 Ma Raguele chiamò i servi e andò con loro a scavare una fossa. Diceva
infatti: "Caso mai sia morto a causa del cattivo demonio, non abbiamo a
diventare oggetto di scherno e di ribrezzo davanti a tutte le genti della Grecia
e della Tracia."
12 Quando ebbero terminato di scavare la fossa, Raguele tornò in casa chiamò una
delle serve e le disse: "Vai a vedere se è vivo; così, se è morto, lo
seppelliremo senza che nessuno lo sappia." Mandò avanti la serva, accese la
lampada e aprì la porta; essa entrò e li trovò che dormivano insieme, immersi in
un sonno profondo.
13 La serva uscì e riferì al re che Tobia era vivo e che non gli era successo
nulla di male. Raguele benedisse allora il Dio del cielo: "Tu sei benedetto,
o Dio, con ogni pura benedizione. Ti benedicano per tutti i secoli!
14 Tu sei benedetto, perché mi hai rallegrato e non è avvenuto ciò che
temevo, ma ci hai trattato secondo la tua grande misericordia. Tu sei benedetto,
perché hai avuto compassione di due figli unici. Concedi loro, Signore, grazia e
salvezza e falli giungere fino al termine della loro vita in mezzo alla gioia e
alla grazia!" Allora ordinò ai servi di riempire la fossa prima che si
facesse giorno.
[Tob 8,10-17]
15 Quando si risvegliarono, Tobia padre si avvicinò a Sara e la benedisse:
"Sii la benvenuta nella casa di Nèftali, figlia mia! Benedetto sia Iddio, perché
ti ha condotta tra di noi! Benedetto sia tuo padre, benedetto mio figlio Tobia e
benedetta tu, o figlia! Entra nella casa che è tua in buona salute e benedizione
e gioia!"
16 In quel giorno ci fu grande gioia fra tutti gli abitanti di Perinto;
Raguele adottò ufficialmente Tobia il giovane come proprio erede, e i
festeggiamenti per le nozze di Tobia si prolungarono per nove giorni
[Tob 11,17-20;
Maffeo Vegio, Supplementum Aeneidos 297-535].
17
Quando furon terminate le feste nuziali, un messaggero venne dal Corno d'Oro per
annunziare a Tobia figlio che anche Gabael lo aveva adottato come suo figlio ed
erede, cosicché egli, da profugo che era, si ritrovò padrone di un vasto e ricco
regno.
18 "Resterei volentieri presso di te", disse Tobia a Raguele, "ma il profeta
Osea mi ha chiaramente indicato che avrei dovuto edificare una nuova città là
dove avessi visto giacere al suolo una grande capra bianca con sette nati
intorno alle sue poppe, come essa bianchi [cfr.
3,54 qui sopra].
19 Io la vidi presso il Corno d'Oro, quindi devo obbedire al Signore degli
Eserciti e trasferirmi là. Tu resterai re di Perinto finché vivrai, che il
Signore possa concederti lunghi giorni da vivere; poi, alla tua morte, io ti
succederò."
20 Raguele lo congedò e a lui poi rivolse questo saluto: "Stai sano, o
figlio, e fai buon viaggio! Il Signore del cielo assista te e Sara tua moglie e
possa io vedere i vostri figli prima di morire!" [Tob
10,11] Li baciò tutti e due e li congedò in buona salute.
21 Allora Tobia partì da Raguele in buona salute e lieto, benedicendo il Signore
del cielo e della terra, il re dell'universo, perché aveva dato buon esito al
suo lungo viaggio da Samaria fino alla Tracia, e alle terribili guerre che aveva
dovuto combattere al suo arrivo [Tob 10,13-14]. Suo
padre Tobia, l'amico Azaria e la quasi totalità della gente di Nèftali andarono
con loro.
22 Giunti sul Corno d'Oro, incontrarono nuovamente re Gabael, che li accolse in
pace e pianse con loro la morte di Gabri, il giovanetto eroe che morì per dare a
Tobia il suo regno [Dante, Paradiso VI,36].
23 Con un aratro Tobia tracciò sul colle più alto dei sette, davanti
all'insediamento di Gabael, il perimetro delle mura di una nuova città
[Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri I,7], sacrificò
a Dio onnipotente la capra bianca indicata dalla profezia di Osea, quindi la
battezzò Bisanzio.
24 Per popolarla, chiamò coloni dalla città di Megara, che erano venuti a
combattere al suo fianco [Erodoto, Storie IV,144].
Edificò un palazzo per sé e Sara, ed uno per suo padre Tobia, al quale affidò il
compito di sovrintendere alla costruzione della città [Maffeo
Vegio, Supplementum Aeneidos 536-592].
25 Quando il re Tobia si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato
tregua da tutti i suoi nemici all'intorno [2 Sam 7,1],
Tobia padre chiamò suo figlio e gli
disse: "Figlio mio, pensa a dare la ricompensa dovuta a colui che ti ha
accompagnato, che ha scacciato il demonio Asmodeo e che ti ha consegnato la
vittoria su tutti i re a noi ostili."
26 Gli rispose
Tobia: "Padre, quanto potrò dargli come premio? Anche se gli lasciassi la metà
dei beni che ho ereditato da Raguele e da Gabael, sarebbe troppo poco.
27 Egli mi ha condotto
sano e salvo sul Corno d'Oro, ha guarito me, mi ha guarito la moglie, ha cercato alleati per
noi e mi ha permesso di scoprire dove edificare questa nostra nuova Samaria! Quanto posso dargli come
giusto compenso?"
28 Tobia padre
rispose: "É giusto che egli riceva la metà di tutti i beni che hai ottenuto."
Suo figlio approvò, fece venire l'angelo e gli disse: "Prendi come tuo giusto
compenso la metà di
tutti i beni che grazie a te ho ereditato, e vai in pace."
29 Allora Raffaele li chiamò
tutti e due in disparte e disse loro: "Benedite Dio e proclamate davanti a tutti
i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il Suo nome.
Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non
trascurate di ringraziarLo. Infatti è bene tener nascosto il segreto del re, ma è
cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di Dio [Tob
12,1-7]!
30 Io vi voglio manifestare tutta la verità, senza nulla
nascondervi: sappiate dunque che, quando voi due fuggiste da Samaria in fiamme e
pregaste Iddio di concedervi una nuova patria in cambio di quella perduta, io presentavo l'attestato della vostra preghiera
davanti alla gloria del Signore.
31 Quando poi arrivaste in terra di Tracia e Asmodeo aizzò tutti i popoli
della regione contro di voi, Dio mi ha inviato per liberarvi dalle mani dei
vostri nemici e per scacciare il demone Asmodeo che perseguitava crudelmente voi
e Sara.
32 Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre
pronti ad entrare alla presenza della Maestà del Signore!"
33 Allora sia il padre che il figlio furono
assaliti dal terrore, si prostrarono con la faccia a terra ed ebbero
una grande paura.
34 Ma l'angelo disse loro: "Non temete; la pace sia con voi.
Benedite Dio per tutti i secoli. Quando ero con voi, io non stavo con voi
per mia iniziativa, ma per la volontà di Dio: Lui dovete benedire sempre, a Lui
cantate inni.
35 Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a Dio ogni giorno
della vostra vita, mentre io ritorno presso Colui che mi ha mandato. Scrivete in
un libro tutte
queste cose che vi sono accadute, e tutte quelle che devono ancora accadere." E salì
verso l'alto come fiamma che guizza.
36 Essi si rialzarono, ma
non poterono più vederlo. Allora andavano benedicendo e celebrando Dio e lo
ringraziavano per queste grandi opere, perché era loro apparso l'angelo di Dio
[Tob 12,12-22].
37 E Tobia padre intonò davanti a tutto il popolo: "Benedetto Dio che vive in
eterno, il Suo regno dura per tutti i secoli; Egli castiga e usa misericordia,
fa scendere negli abissi della terra, fa risalire dalla Grande Perdizione e
nulla sfugge alla Sua mano.
38 Lodatelo, figli d'Israele, davanti alle genti; Egli vi ha disperso in
mezzo ad esse per proclamare la Sua grandezza. Io gli do lode nel paese del mio
esilio e manifesto la Sua forza e grandezza a un popolo di peccatori.
39 Convertitevi, o peccatori, e operate la giustizia davanti a lui; chi sa
che non torni ad amarvi e vi usi misericordia?
40 Le porte di Bisanzio, nuova Gerusalemme, saranno costruite di zaffiro e di
smeraldo, e tutte le sue mura di pietre preziose. Le torri di Bisanzio si
costruiranno con l'oro, e i loro baluardi con oro finissimo. Le strade di
Bisanzio saranno lastricate con turchese e pietra di Ofir.
41 Le porte di Bisanzio risuoneranno di canti di esultanza, e in tutte le sue
case canteranno: « Alleluia! Benedetto il Dio d'Israele e benedetti coloro che
benedicono il Suo santo nome nei secoli dei secoli! »"
[Tob 13,2-3.8.17-18]
42 Tobia padre visse in pace fino all'età di centododici anni nella città di
Bisanzio; dopo l'edificazione della sua città, praticò l'elemosina e continuò
sempre a benedire Dio e a celebrare la Sua grandezza [Tob
14,2].
43 Ora, mentre il re Tobia suo figlio teneva un'assemblea, all’improvviso si
verificarono in cielo fenomeni straordinari e indescrivibili: la luce del sole
si offuscò, calò una notte agitata da terribili tuoni e scossa da ogni parte da
raffiche di vento e da pioggia scrosciante.
44 Allora la folla dei bizantini, che era accorsa numerosa, si disperse, mentre
i senatori si radunarono l’uno accanto all’altro. Quando la bufera cessò e tornò
la luce, il popolo si accorse con rimpianto che Tobia padre era sparito
[Plutarco, Vita di Romolo 27,4-8; Maffeo Vegio, Supplementum Aeneidos
593-630].
45 Suo figlio comprese allora che era stato preso dal Signore, come Enoch ed
Elia prima di lui, e il popolo disse che un giorno sarebbe ritornato per salvare
ancora la sua gente, allorché la città di Bisanzio fosse di nuovo minacciata da
soverchianti nemici.
46 Gli abitanti di Bisanzio che erano di religione pagana e non credevano nel
Dio d'Israele, dissero invece che egli era stato assunto tra gli déi
dell'Olimpo, dove sarebbe diventato il loro coppiere, e lo venerarono con il nome di
Ganimede [Dante, Purgatorio IX,22-24].
Alcuni di loro dissero di averlo avvistato in cielo nella costellazione dell'Acquario.
47 Tobia il giovane curò con onore il suocero nella sua vecchiaia e, quando egli
si ricongiunse ai suoi padri, lo seppellì a Perinto. Egli ereditò la corona e il
patrimonio di Raguele come ereditò quello di Gabael. Regnò stimato da tutti
fino all'età di centodiciassette anni [Tob 14,13-14].
48 Quando Tobia stava per morire, fece venire il figlio primogenito che aveva
avuto da Sara, e che aveva chiamato Gabri
come il compianto amico della sua gioventù, e gli disse:
49
"Figlio, ricordati di accogliere con benevolenza tutti i figli d'Israele
sfuggiti alla cattura da parte degli Assiri, perchè anch'io, tuo padre e tuo
nonno siamo stati profughi come loro.
50 Dì loro di portare via i loro figli e le loro figlie da Ninive, perché io
credo alla parola di Dio, che il Profeta Naum ha pronunziato su Ninive quando
ero un ragazzo. Tutto dovrà accadere, tutto si realizzerà sull'Assiria e su
Ninive, come hanno predetto i profeti d'Israele, che Dio ha inviati; non una
delle loro parole cadrà nel vuoto [Tob 14,3-4].
51 Tutti gli Israeliti che saranno scampati in quei giorni e si ricorderanno di
Dio con sincerità, si raduneranno e verranno a Gerusalemme e per sempre
abiteranno tranquilli il paese di Abramo, che sarà dato in loro possesso. Coloro
che amano Dio nella verità gioiranno; coloro invece che commettono il peccato e
l'ingiustizia spariranno da tutta la terra [Tob 14,7].
52 E poi, alla vigilia dell'arrivo del Messia annunciato dai Profeti, i
figli d'Israele abbandoneranno gli insegnamenti di Mosè e dei profeti, la loro
fede, il loro amore e la loro purezza. E ci saranno molte contese alla vigilia
del suo arrivo [Ascensione di Isaia 3,21-22].
53 E questi saranno i giorni del compimento del mondo. Discenderà Asmodeo,
il re di questo mondo, che lo ha governato da quando è nato; scenderà a
somiglianza di un uomo, di un re senza legge, l'uccisore di sua madre, e
perseguiterà la pianta che i profeti dell'Altissimo hanno piantato.
54 Verranno con lui tutti i poteri di questo mondo, ed essi lo ascolteranno in
tutto ciò che desidera. E alla sua parola il sole sorgerà di notte, ed egli farà
apparire la luna all'ora sesta. E tutto ciò che ha desiderato lo farà nel mondo:
farà e parlerà come il Messia e dirà: « Io sono Dio e prima di me non ce n'è
stato nessuno. »
55 E quasi tutti gli uomini crederanno in lui, e gli sacrificheranno e lo
serviranno dicendo: « Questo è Dio e all'infuori di lui non c'è altro! » Erigerà
la sua immagine davanti a sé in ogni città, e regnerà per tre anni e sei mesi
[la metà di sette anni, simbolo di eternità, e quindi
un'epoca destinata a concludersi prima o poi].
56 E dopo milleduecentosessanta giorni [Ap 11,3 e 12.6:
sempre tre anni e mezzo] il Signore verrà con i
Suoi angeli e con gli eserciti dei santi con la gloria del settimo cielo, e
trascinerà Asmodeo nell'Abaddon, l'abisso di fuoco sotto lo Sheol, insieme ai suoi eserciti.
57 E darà riposo ai pii che troverà in questo mondo, e a tutti coloro che a
causa della loro fede in Lui hanno esecrato Asmodeo e i suoi angeli. Allora la
voce del Signore rimprovererà con ira le cose del cielo e le cose della terra e
le montagne e le colline e le città e il deserto e le foreste e l'angelo del
sole e quello della luna, e tutte le cose in cui Asmodeo si è manifestato e ha
agito apertamente in questo mondo [Ascensione di Isaia
4,1-16].
58 Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli
uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I
saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno
insegnato la giustizia risplenderanno come le stelle per tutta l'eternità
[Dan 12,2-3].
59 Tutte queste cose, ecco, sono scritte nei Salmi di Davide, figlio di
Iesse, nei Proverbi di Salomone suo figlio, nelle parole di
Core, di Etan l'israelita, nelle parole di Asaf, nelle parole
del profeta Naum, del profeta Osea, di Amos, Isaia,
Michea,
Gioele, Giona, e nelle parole di Tobia mio padre
[Ascensione di Isaia 4,21-22].
60 Tali cose leggerete nei loro libri: vigilate nella Sapienza di Dio affinché
possiate ricevere le vostre vesti bianche e i vostri troni e le vostre corone di
gloria che sono riposte nel settimo cielo." [Ascensione di
Isaia 11,40]
61 Ciò detto, re Tobia spirò e fu pianto da tutti gli abitanti della città da
lui fondata. Il suo
primogenito Gabri lo seppellì e regnò al suo posto su
Bisanzio, su Perinto e sulle altre città della costa strimonia
[Tob 14,11].
62
Io, Gesù Ben Sirach, ho scritto questo. Beato chi mediterà queste cose; le fissi
bene nel cuore e diventerà saggio; se le metterà in pratica, sarà forte in
tutto, perché la luce del Signore è la sua strada
[Siracide 50,28-29].
Gesù Ben Sirach, miniatura di un codice seicentesco
Nota al testo
L'"Apocalisse di Tobia" fu
scritta da Giulio Firmico Materno, scrittore siciliano del quale si
conoscono scarsissime notizie biografiche, dietro richiesta dell'imperatore
romano Costanzo II (317-361 d.C.), figlio di Costantino I il Grande,
alla cui corte lavorò. Lo scopo di tale libro è non solo quello mettere in
guardia i suoi contemporanei dal vivere come se Cristo non dovesse tornare mai
più (la parusia era da lui data per imminente),ma soprattutto quello di
nobilitare la Dinastia Flavia attribuendo ad essa la parentela con Filippo II
di Macedonia e con Alessandro Magno, ed addirittura la discendenza da
uno dei più noti personaggi dell'Antico Testamento. L'opera di Firmico Materno è pseudoepigraficamente attribuita a
Gesù Ben Sirach, altro grande nome dell'Antico Testamento vissuto
all'epoca degli Asmonei ed autore del libro del Siracide; secondo alcuni
esegeti, tuttavia, il nucleo originario dell'opera andrebbe ascritto
effettivamente a Gesù Ben Sirach, e le sue "profezie"
(in realtà post factum, come quelle del Libro di Daniele) riguarderebbero solo la Bisanzio greca, Filippo II
e Alessandro Magno. Nell'intento di magnificare la dinastia costantiniana (al
centro dello scudo del giovane Tobia è raffigurato il trionfo di Costantino I il
Grande), Firmico Materno mise insieme il nucleo originario oggi perduto di Gesù
Ben Sirach, i singoli e sparsi racconti delle peregrinazioni delle Tribù Perdute
d'Israele dopo la distruzione del Regno settentrionale d'Israele nel 722 a.C. da
parte degli Assiri, la coincidenza cronologica tra tale distruzione, il regno di
Romolo nell'Urbe e la fondazione di Bisanzio ad opera di coloni dorici di Megara,
e soprattutto un personaggio veterotestamentario come Tobia dalle
caratteristiche già ben definite, a partire dalla sua sconfinata fiducia in Dio.
Da tutto questo Materno trasse un avvincente (e convincente) "mito di fondazione",
oltre a un'epica nazionale bizantina che allo stesso tempo legava la Nuova Roma
cristiana agli eventi dell'Antico Testamento, glorificava i valori romani
tradizionali come l'ardore in guerra e il rispetto per la Divinità, identificava
nel nascente Impero Bizantino l'erede delle famose Tribù Perdute d'Israele, e di
fatto legittimava la Dinastia Flavia (il cui fondatore Costanzo I Cloro era
essenzialmente un parvenu), dato che il suo avvento sarebbe stato addirittura
preconizzato mille anni prima dai Profeti dell'Antico Testamento, gli stessi che
avevano annunciato la nascita, morte e risurrezione di Gesù Cristo.
I tredici capitoli dell'Apocalisse di Tobia devono molto non solo all'Antico
Testamento, ma anche alla tradizione classica dei poemi omerici, ambendo a
fondere la letteratura ebraica con quella greco-romana. I primi sei capitoli
rinviano infatti all'Odissea (un favoloso ed avventuroso viaggio); i
capitoli dal settimo al dodicesimo si rifanno all'Iliade (la guerra);
solo il tredicesimo è squisitamente apocalittico, come recita il titolo
dell'opera. L'ordine delle vicende, rispetto ad Omero, viene tuttavia rovesciato
(l'avventura viene trattata prima della guerra), e sono evidenti le innovazioni
rispetto al modello omerico, ma anche rispetto a quello biblico. Il viaggio di
Odisseo era un viaggio di ritorno, quello di Tobia un viaggio di fondazione
proiettato verso l'ignoto; la guerra nell'Iliade era una guerra di distruzione,
quella di Tobia è rivolta alla costruzione di una nuova città e di una nuova
civiltà; l'Iliade si conclude con la disfatta troiana e il Secondo Libro dei Re
con la conquista sia di Samaria che di Gerusalemme da parte dei pagani, mentre
l'Apocalisse di Tobia termina con la vittoria dell'ebreo Tobia, della tribù di
Nèftali, che risarcisce il suo popolo della patria perduta.
L'Apocalisse di Tobia è basata su tutta una serie di sapienti
contrapposizioni, a partire da quella tra Tobia figlio che, guidato da Dio e
da Raffaele, si mostra sempre capace di ragionare con calma, mentre i suoi
principali avversari, la regina sabina Ersilia e il re trace Reso,
invasati dal demone Asmodeo, tendono ad agire abbandonandosi alle
emozioni senza ragionare. Altre evidenti contrapposizioni sono quella
dell'ineluttabile Volere Divino contro il libero arbitrio dei protagonisti, Roma
contro Bisanzio, la futura Chiesa Cattolica contro la futura Chiesa Ortodossa,
il Tobia simile ad Odisseo dei capitoli 1-6 contro quello simile ad Achille dei
capitoli 7-12.
Diversamente da quanto accade nell'Antico Testamento e nell'Iliade e
nell'Odissea di Omero, la linea temporale degli eventi narrati nell'Apocalisse di Tobia non
è chiara: l'autore non specifica neppure l'età
di Tobia figlio, che al momento della fuga da Samaria appare ancora come un
bambino o poco più, mentre nel capitolo 1 ha già un'età tale da far innamorare
perdutamente di sé la regina Ersilia; nel capitolo 8 appare di nuovo come un
adolescente che ha bisogno della guida di Azaria/Raffaele, mentre nel
capitolo
10 riappare come un uomo fatto e un abile guerriero, capace di abbattere in
battaglia nemici famosi e di guidare le armate del suo popolo alla vittoria sui
Greci e sui Traci, in una specie di "vendetta" della distruzione di Troia (tra i
suoi alleati non a caso vi sono anche dei Troiani). Alcuni esegeti suggeriscono
che questo uso "nebuloso" del tempo nell'Apocalisse di Tobia sia una precisa
scelta di Firmico Materno.
La presenza di chiari riferimenti alla storia dell'Impero Romano d'Oriente dopo
la separazione definitiva dall'Impero d'Occidente fino alla morte del
Basileus Costantino XI il 29 maggio 1453 (si pensa che Materno sia morto
nella seconda metà del IV secolo) fa pensare che il testo del libro a noi
pervenuto e qui presentato sia stato rimaneggiato nei secoli successivi alla
morte dell'Autore, e che le "profezie" sulla successiva storia dell'Impero
Bizantino sino inserzioni posteriori dovute a un intellettuale greco vissuto
dopo la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi, per rimarcare il valore di
quella città per tutti i cristiani e il suo ruolo storico di Seconda Roma. Il
nome di questo terzo autore (dopo Gesù Ben Sirach e Firmico Materno) resta
sfortunatamente a noi ignoto.
.
Questo è il commento in proposito di Annalyx:
Eroi, avventure, drammi, palpiti,
sentimenti, psicologie brillantemente rese, pathos, commozione... la vita intera
in tutte le sue molteplici sfaccettature. Stupefacente sotto tutti i punti di vista:
dall’impaginazione alla grafica, dallo stile narrativo alla maestria con cui
gestisci un così alto numero di parallelismi storico-letterari. Chissà come è
stata faticosa la fase della documentazione: ma è tanto coinvolgente…
Bravissimoooooooo!!!
.
aNoNimo ha poi suggerito:
La lettura di questo piccolo capolavoro mi ha fatto venire in mente il seguente passo tratto da uno dei libri di Massimo Polidoro: « Joseph Campbell (1904-1987), storico delle religioni e pioniere della mitologia comparata, è famoso, soprattutto, per avere ben formulato le diverse tappe del "viaggio dell'eroe" , presente in tutte le grandi storie, dai miti greci alle leggende britanniche, dal folklore al cinema e al romanzo moderni. Ne "L'eroe dai mille volti" (1949), Campbell sostiene che qualunque mito o leggenda incentrata su un eroe, da Ulisse a Perseo, da Davide a Osiride, fino a Frodo Baggins e Harry Potter, si basa su un archetipo che porta ogni racconto a condividere la stessa struttura. È un ciclo che va dalla "chiamata all'avventura" al superamento della prima soglia, dall'abbandono del mondo ordinario all'avvicinamento alla caverna, poi la prova centrale, la ricompensa, il ritorno e infine la rinascita. È lo schema che si ritrova tanto in Star Wars quanto in Robin Hood, tanto in Re Artù quanto in Indiana Jones, ne "I sette samurai", ne "Il silenzio degli innocenti", ne "il Fuggitivo", in "E.T." o ne "Il padrino"... » E, aggiungo io, lo si ritrova anche nella tua magistrale "Apocalisse di Tobia"!
.
Luigi Righi invece ci ha scritto:
Hai fatto, come sempre, un grande lavoro, sia con questo ultimo racconto che con gli altri della stessa serie, e mi meraviglia sempre la tua immensa conoscenza ed abbondanza di particolari, non solo di vicende, che riesci a mescolare cosi bene tra realtà e fantasia da rendere tutto credibile come fossero resoconti storici, ma anche nella ricerca e nell'utilizzo dei tanti, difficili e (per la maggioranza del genere umano) sconosciuti, nomi. C'è l'aiuto di Bhrghowidhon, naturalmente, ma anche per integrare il tutto ci vuole una grande capacità. Sei davvero un maestro di queste cose. E non solo di queste!
.
Paolo Maltagliati dal canto suo ha aggiunto:
Beh,
William, c'è da dire che con queste
tue crasi tra bibbia e mitologia greca stai superando te stesso e c'è ben poco
da commentare se non rimanere ammirati. È un'epopea fondativa straordinaria! La
straordinarietà è a 'doppio livello':
1) riesce a incastrarsi coerentemente con la storia del periodo (anzi, unendo
anelli di una catena geopolitica spesso concepiti isolati);
2) riesce a inserirsi perfettamente nel solco delle opere da cui è tratta,
unendole 'naturalmente'.
.
E Bhrghowidhon ha argomentato:
In effetti, la fase costantinopolitana della Storia di Bisanzio rappresenta, dal punto di vista linguistico (in particolare onomastico), una forte ebraicizzazione (anche nella Storia reale!): se si prendono in considerazione tutti i nomi dei Sovrani della Storia dell’Europa e del Mediterraneo (https://www.youtube.com/watch?v=IpKqCu6RcdI), quelli ebraici – pur molto vistosi, per ovvie ragioni, presso i Chazari – sono in assoluto più numerosi a Bisanzio (se si sommano tutti i Micheli, Giovanni, Manueli e Isacchi), con la Bulgaria nel periodo di massima influenza bizantina (Simeone e Samuele). Se uno non conoscesse quali lingue erano effettivamente parlate sul territorio, avrebbe l’impressione di un Impero che, da romano (Tiberio, Costante, Giustino, Romano &c.) diventa prima greco e poi sempre più ebraico...
Ho avuto anche un'altra idea. Una versione ucronica di questo splendido mito di fondazione potrebbe portare a far sì che Romani e Samaritani coincidano. Mi spiego: i Romani sarebbero Ebrei senza le Riforme di Esdra e Nehemia, come i Samaritani (oltre al fatto di venire da Samaria); dal punto di vista genealogico, sarebbero in buona parte Gentili assimilati a questo tipo di Ebraismo, come i Samaritani comprendevano molti non Israeliti assimilati. É molto affascinante il legame tra Roma e gli ebrei!
Uno dei portati del lavoro complicatissimo di documentazione è un gioiellino incastonato nella narrazione; mi permetto di segnalarlo io. Tukultī-apil-Ešarra III. ha storicamente voluto lasciar intendere di aver fatto uccidere Rəṣīn di ’Ārām; Ṭôḇiyyāh sta riferendo a Romolo una rivelazione (oppure una versione falsa e tendenziosa; un altro pregio della narrazione è che su questo punto sta lasciando in suspense i Lettori), dal momento che asserisce che in realtà Rəṣīn è riuscito a scamparla, si è rifugiato da *Ḥanūn(u) di Gaza (il quale a propria volta aveva fatto altrettanto, per essere poi invece reinsediato) e questi lo ha ucciso a tradimento (del resto comprensibilmente, visto che se Rəṣīn era sopravvissuto si trattava del principale ricercato dagli Assiri e Šarru-kīn II. non era certo incline alla clemenza, come poco dopo ha dimostrato nei confronti dello stesso *Ḥanūn...).
Come interpretare tutto ciò? A mio modestissimo parere, Ṭôḇiyyāh – che ha avuto tutto il tempo per elaborare la propria versione dei fatti – sta cercando, in un momento in cui *Ḥanūn(u) di Gaza è ancora vivo, ma verosimilmente verrà travolto da Šarru-kīn, di prevenire un’eventuale richiesta di asilo da parte del filisteo a Roma (che non sarebbe stata affatto da escludere, visto che solo 34 anni più tardi Gela è stata fondata col contributo di Coloni giunti da Creta, donde – almeno per gli Ebrei – erano originarî i Filistei); Ṭôḇiyyāh dunque non dimentica le fondamentali direttrici della geopolitica ebraica e in particolare di Israele (che con Gaza aveva un rapporto più stretto) e si premunisce di conseguenza (se dicendo la verità o deformandola resta, se non altro per il momento, a noi di capire)... È evidente che si tratta di un omaggio a Virgilio e all’episodio di Polidoro, ma il dettaglio antifilisteo di Tobia mi sembra che aggiunga un ulteriore valore narrativo e patetico.
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Se volete farmi sapere anche voi cosa ne pensate, scrivetemi a questo indirizzo.