Fin dalle prime esperienze di scattering α, in cui cioè si inviano particelle alfa contro un bersaglio, come quelle eseguite da Rutherford per dimostrare l'esistenza del nucleo atomico, si trovò che il raggio R del nucleo cresce al crescere del numero di massa A, e precisamente secondo la legge:
dove r0 = 1,36 x 10–13 cm. Siccome le dimensioni dei nuclei sono tutte di quest'ordine di grandezza, per misurarne il raggio occorre usare il sottomultiplo del metro chiamato femtometro, e pari a 10–15 m = 10–13 cm. Il suo simbolo è fm. Siccome però "femtometro" è difficile da pronunciare, alla sigla fm è stato associato il nome di Fermi, e perciò anche noi designeremo con questo nome l'unità di misura delle distanze nucleari, pari ad un milionesimo di miliardesimo di metro. La formula sopra scritta fa pensare ad un nucleo essenzialmente sferico perchè, se M è la massa di una sfera di densità ρ, vale la relazione:
Da cui si ricava proprio:
Quanto invece alla massa del nucleo, è logico pensare che essa sia pari alla somma delle masse dei nucleoni (protoni e neutroni) che lo compongono... e invece no! La massa di un nucleo è sempre leggermente minore della somma delle masse dei suoi componenti! Ricordando il principio relativistico di equivalenza tra la massa e l'energia, questa differenza, detta difetto di massa, viene interpretata come l'energia di legame, cioè l'energia necessaria per disintegrare il nucleo, ovvero l'energia che il nucleo fornisce quando si forma per aggregazione dei nucleoni. Infatti, se l'energia del nucleo legato non fosse minore della somma delle energie dei suoi componenti, semplicemente non potrebbe formarsi, perchè la Natura evolve sempre verso lo stato di energia minima:
Sia Δm il difetto di massa. Allora l'energia di legame EL è data dalla formula:
Esempio 1: Il nucleo di elio-4, formato da due protoni e due neutroni, ha massa:
mHe = 6,645 x 10–27 kg
Protone e neutrone invece separatamente hanno massa:
mp = 1,6726 x 10–27
kg
mn = 1,6749 x
10–27 kg
Quindi la somma delle masse delle particelle che costituiscono il nucleo di elio-4 è:
mtot = 2 mp + 2 mn = 2 x 1,6726 x 10–27 kg + 2 + 1,6749 x 10–27 kg = 6,695 x 10–27 kg
Di conseguenza il difetto di massa vale:
Δm = mtot – mHe = 6,695 x 10–27 kg – 6,645 x 10–27 kg = 5,0 x 10–29 kg
e ad esso corrisponde un'energia di legame pari a:
EL = 5,0 x 10–29 kg x ( 3 x 108 m/s)2 = 4,5 x 10–12 J
Siccome l'energia delle particelle è misurata in elettronVolt (eV), equivalente ad 1,6 x 10–19 J, tale energia di legame vale 2,81 x 107 J, cioè ben 28 MeV (MegaelettronVolt). Se volete, provate voi a calcolare con i dati forniti qui sopra l'energia di legame di un nucleo di berillio-8, formato da 4 protoni e 4 neutroni (Z = 4, A = 8); troverete il valore di 54,8 MeV. L'energia di legame dei nuclei è sempre dell'ordine delle decine di MeV, molto minore dunque dell'energia a riposo di un protone (mp x c2), pari a 931 MeV.
In generale, dette mp ed mn le masse rispettivamente del protone e del neutrone, detto Z il numero atomico del nucleo (cioè il numero dei suoi protoni) ed A il suo numero di massa (cioè il numero dei suoi nucleoni), l'energia di legame di tale nucleo vale:
Si osservi che il nucleo di elio-4 sopra considerato ha 4 nucleoni, per cui la sua energia di legame per nucleone vale 28 MeV / 4 nuc = 7 MeV/nuc. Invece il nucleo di berillio-8 è formato da 8 nucleoni, per cui la sua energia di legame per nucleone vale 54,8 MeV / 8 nuc = 6,85 MeV/nuc. Dunque anche questa nuova grandezza EL / A è caratteristica di ogni nucleo, e vale la pena di insistere su questo concetto.
Si verifica che l'energia di legame cresce pressappoco proporzionalmente al crescere di A; infatti il berillio-8 ha il doppio dei neutroni dell'elio-4, ed ha anche un'energia di legame pressappoco doppia. Dunque, l'energia di legame per nucleone è grosso modo costante con A. Ma "grosso modo" non significa "esattamente". Infatti, ponendo in ascisse il numero di massa A e in ordinate l'energia di legame per nucleone dei nuclei conosciuti, si può osservare che effettivamente EL / A è poco variante rispetto ad A, però cresce vertiginosamente per i primi nuclei, i più leggeri, raggiungendo dei picchi in corrispondenza di alcuni particolari nuclei, come elio-4, berillio-8, carbonio-12, ossigeno-16, i quali hanno un EL / A nettamente più alto di quello dei nuclei circostanti. Poi si mantiene pressoché costante intorno agli 8 MeV/nuc; il massimo si ha in corrispondenza del ferro, quindi diminuisce lentamente al crescere di A:
Evidentemente questa diminuzione è dovuta all'aumentare della repulsione elettrostatica tra i protoni che costituiscono il nucleo, e che lo rendono progressivamente meno stabile. Come mai, allora, il nucleo può restare unito? Se i protoni sono tutti positivi, allora non dovrebbero respingersi e disgregare il nucleo?
Questa domanda se la posero anche i primi fautori dell'atomo nucleare, e in particolare il grandissimo fisico siciliano Ettore Majorana (1906-?), il quale concluse che deve esistere una terza forza, oltre all'interazione elettromagnetica e a quella gravitazionale, tale da vincere la repulsione coulombiana tra i protoni. Tale forza è chiamata forza nucleare forte e si esercita solo tra i nucleoni, cioè tra protoni e protoni, tra neutroni e neutroni, tra neutroni e protoni. Come la forza gravitazionale ha sede nella massa dei corpi e la forza elettromagnetica ha sede nella loro carica elettrica, così questa terza forza ha sede in una proprietà dei neutroni detta carica barionica. Tutte le particelle tra le quali si esercita la forza nucleare forte, e che sono dotate di carica barionica, sono detti barioni (dal greco "βαρύς", "pesante"); il protone e il neutrone sono i due barioni più diffusi nell'universo, ma sono barioni anche molte particelle esotiche come la lambda (Λ), la sigma (Σ), la csi (Ξ) e la omega (Ω). Vedremo che i barioni, insieme ai mesoni, formano la più ampia famiglia degli adroni, i quali rappresentano le particelle costituite da quark.
Le interazioni forti, però, a differenza delle altre due, sono caratterizzate da un raggio d'azione finito, e precisamente dell'ordine di un Fermi (10–15 m); se si ricordano la Legge di Newton e la Legge di Coulomb, è invece facile osservare che l'interazione gravitazionale e quella elettromagnetica vanno a zero soltanto all'infinito. Ciò implica che, al di fuori di un nucleo, un protone avverte solo la forza elettromagnetica, poiché la forza forte va rapidamente a zero, al di fuori del nucleo che lo ospita. L'andamento dell'interazione nucleare forte in funzione della distanza dal centro del nucleo è visibile qui sotto:
Come si vede, entro un certo intervallo, la forza è altamente attrattiva, mentre diventa rapidamente repulsiva al di sotto di una certa distanza, circa 0,2 fm. L'attrazione spiega la coesione nucleare, mentre quella repulsiva si può interpretare ammettendo che i protoni siano costituiti da un "nocciolo" il cui scopo è quello di impedire l'indefinita compenetrazione della materia, anche se questo aspetto della forza nucleare forte non è stato ancora completamente chiarito.
Quanto ai neutroni, la loro esistenza sembrerebbe superflua, essendo privi di carica elettrica. Essi però sono dotati di carica barionica; dunque, essi contribuiscono ad attrarre tra loro i protoni, ma non li respingono per via elettromagnetica, essendo privi di carica elettrica. Un protone infatti attrae per via dell'interazione forte solo i protoni più vicini, nel raggio di uno o due Fermi, ma non può nulla per attirare quelli più lontani, essendo la forza forte un'interazione a soglia, mentre invece li respinge per via coulombiana. Dunque, senza neutroni i nuclei più grossi dell'elio sarebbero difficili da realizzare. Invece, oltre ad attirare i protoni per via nucleare e a non respingerli per via elettrostatica, i neutroni allontanano tra loro i protoni, e si sa che la repulsione coulombiana diminuisce secondo il quadrato della distanza. Ciò spiega la presenza dei neutroni nei nuclei.
Nonostante questo, comunque, per Z > 82 non esistono più nuclei stabili, anche se esistono degli elementi, come il torio e l'uranio, con vite medie estremamente lunghe. Proseguendo ad aggregare nucleoni, infatti, se i protoni sono troppo numerosi la loro repulsione coulombiana supera l'attrazione dovuta alla forza forte, ed i nuclei diventano instabili. Ciò spiega la loro radioattività: più alto è A, più breve è il loro tempo di dimezzamento, come si è visto sopra. Nella regione dei grandi numeri atomici, la probabilità di decadimento dei nuclei aumenta a tal punto, che creare dei transuranici nuovi oltre a quelli finora realizzati, risulta sempre più difficile, così come risulta sempre più difficile costruire dei castelli di carte, mano a mano che il numero delle carte cresce, ed essi si fanno sempre più alti e complicati!