I reattori nucleari

Torniamo ora al nostro grande Enrico Fermi. Già nel 1935 il gruppo dei ragazzi di via Panisperna si era reso conto che le sorgenti di radon e berillio erano molto deboli e che solo un acceleratore di particelle avrebbe permesso loro di continuare efficacemente i loro studi; e Fermi, intuendone l'importanza, voleva dotare il gruppo di una macchina di questo tipo. Nell'estate del 1935, Franco Rasetti fu inviato a visitare il Radiation Laboratory a Berkeley allo scopo di studiare le prestazioni del ciclotrone inventato da Ernest Lawrence (1901-1958). La produzione di neutroni del ciclotrone era dell'ordine di 1010 neutroni al secondo, e così nel novembre 1936 Fermi e Domenico Marotta, direttore dell'Istituto di Sanità Pubblica, presentarono la proposta per realizzare un acceleratore di quel tipo anche in Italia. Purtroppo il regime fascista aveva appena conquistato l'Etiopia e avviato un grande progetto di riarmo con l'obiettivo (illusorio, come si vide presto) di ricostituire l'Impero Romano, e tagliò drasticamente i fondi alla ricerca, respingendo la proposta di Fermi. Inoltre il 23 gennaio 1937 Orso Mario Corbino, il più grande sostenitore di Fermi, morì improvvisamente di polmonite a soli 60 anni, ed il grande fisico capì che non c'era futuro, in Italia, per la ricerca nucleare. A tutto ciò si aggiunse l'improvvisa scomparsa, avvenuta il 27 marzo 1938, di Ettore Majorana, definito da Fermi la mente più brillante del suo gruppo. Dopo essersi recato a Palermo ed aver annunciato di voler ritornare a Napoli dove insegnava fisica all'Università, il grande scienziato sparì nel nulla, e le ricerche, volute da Benito Mussolini in persona, non diedero alcun esito. Leonardo Sciascia (1921-1989), nel suo classico "La scomparsa di Majorana", avanza l'ipotesi che il genio siciliano avesse intuito come le ricerche sulla fissione portate avanti da Enrico Fermi conducessero diritte all'invenzione della bomba atomica e, non volendo prendere parte a quel mostruoso progetto, decise di sparire. L'ipotesi della polizia fascista che Majorana si fosse suicidato gettandosi in mare dal traghetto Palermo-Napoli è poco credibile, perchè le correnti avrebbero dovuto trascinare il suo corpo sulla costa; ed anche sua madre e le sue sorelle si rifiutarono di portare il lutto per lui, ritenendolo incapace di suicidarsi. Alcuni sono convinti che si sia dato alla vita monastica ritirandosi nella Certosa di Serra San Bruno, in Calabria, sotto falso nome, morendovi nel 1990. Secondo altri un barbone che viveva per le vie di Palermo, in grado di risolvere tutti i compiti di matematica dei ragazzi della città, era proprio Majorana. Secondo altri ancora, sarebbe riparato in Argentina o in Venezuela. In ogni caso, la sua scomparsa rappresenta uno dei "cold case" più scottanti della storia della scienza italiana.

Come se non bastasse, il Regio Decreto del 5 settembre 1938 promulgava in Italia le famigerate leggi razziali, volute da Mussolini per compiacere il suo nuovo alleato Adolf Hitler, e la moglie di Fermi, Laura Capon, era ebrea. Il grande scienziato decise così di accettare l'offerta che gli era stata fatta di andare ad insegnare negli Stati Uniti d'America. Il 10 novembre 1938, Enrico Fermi ricevette, all'età di soli trentasette anni, il premio Nobel per la Fisica. Dopo aver ricevuto il Premio a Stoccolma, fece rotta con tutta la famiglia verso gli Stati Uniti, dove andò ad insegnare alla Columbia University di New York; lì ricostituì attorno a sé un cenacolo di studenti simile ai ragazzi di via Panisperna. Anche la maggior parte di questi ultimi era ebrea, e così anch'essi lasciarono in massa l'Italia. Emilio Segré andò negli Stati Uniti d'America, Bruno Pontecorvo fuggì in Unione Sovietica, Franco Rasetti riparò in Canada, dove abbandonò la Fisica e si diede alla Paleontologia, sua passione giovanile (morirà a 100 anni nel 2001).

Robert Oppenheimer sulla copertina di "Time" dell'8 novembre 1948

Robert Oppenheimer sulla copertina di "Time" dell'8 novembre 1948

Intanto, era ormai chiaro che la reazione di fissione nucleare, sviluppando una grandissima quantità di energia rispetto alle reazioni chimiche, poteva essere usata per mettere a punto un ordigno di inaudita potenza. E siccome a scoprire la fissione erano stati due scienziati tedeschi, era ritenuto altissimo il rischio che se ne dotasse per primo Adolf Hitler, utilizzandola per vincere la Seconda Guerra Mondiale, che intanto era scoppiata il 1 settembre 1939. Per questo, Enrico Fermi e il suo collega ungherese Leo Szilard (1898-1964), lui pure ebreo fuggito dall'Europa che si trovava sotto il tallone nazista, convinsero Albert Einstein a scrivere una celebre lettera al Presidente USA Franklin Delano Roosevelt per convincerlo ad intraprendere ricerche nucleari e a realizzare una bomba atomica prima che ci riuscisse la Germania (dopo aver visto gli effetti di tale ordigno, Einstein non si perdonò mai quella lettera e divenne un convinto pacifista). E così fu avviato il Progetto Manhattan, con a capo Robert Oppenheimer (1904-1967), il cui primo passo era la costruzione di una pila atomica, cioè di un reattore in cui realizzare la fissione nucleare controllata. Tale pila fu realizzata nella palestra di un college di Chicago e divenne operativa per la prima volta il 2 dicembre 1942. La notizia fu data con una celeberrima frase in codice: « Il navigatore italiano è approdato nel Nuovo Mondo, e gli indigeni sono amichevoli! » Era iniziata l'era atomica.

Vediamo come Fermi e i suoi collaboratori ottennero questo fondamentale risultato. Se il rapporto K tra il numero dei neutroni prodotti dalle fissioni e il numero dei neutroni che hanno innescato quelle fissioni è pari ad uno, il numero complessivo di neutroni resta costante, il reattore funziona correttamente e si dice che è critico (termine questo, in ingegneria nucleare, privo di connotazioni negative). Se K > 1, il numero di neutroni aumenta e si rischia che la fissione diventi incontrollata; si parla allora di reattore sovracritico. Se K < 1, il reattore è sottocritico, e si spegne progressivamente. In un reattore commerciale K non deve mai superare il valore 1,005, altrimenti si rischia un incidente nucleare.

Come si è detto, i neutroni ottenuti dalla fissione sono veloci, mentre quelli necessari per dare vita ad altre fissioni devono essere termici. Come fare? Nel nocciolo (in inglese "core") di un reattore, oltre al fissile, deve essere presente un materiale detto moderatore, contro i cui atomi i neutroni devono urtare in modo anelastico, perdendo energia per attrito, così da ridursi da veloci a termici. Il moderatore non può essere costituito da atomi leggeri, altrimenti gli urti sarebbero elastici, e i neutroni non perderebbero energia; deve per forza essere costituito da atomi più pesanti dei neutroni, come ci insegna la conservazione della quantità di moto applicata agli urti. Ma gli atomi del moderatore devono anche assorbire pochissimi neutroni, altrimenti K < 1 e non ne restano abbastanza per innescare la reazione a catena. Si dice in gergo che devono avere bassa sezione d'urto di cattura neutronica; la sezione d'urto misura la capacità di una particella di assorbirne un'altra, rappresenta l'area che un proiettile deve colpire per produrre una certa reazione e si misura in barn (1 barn è pari a 10–24 m2, cioè a 100 Fermi quadrati). La sezione d'urto di cattura neutronica dell'uranio è all'incirca pari proprio a 1 barn. Lo stesso discorso deve valere per il refrigeratore, cioè il fluido deputato a portare via il calore dal nocciolo del reattore, una volta che la reazione a catena si è innescata (e che poi, mandato in turbina, farà girare l'alternatore per produrre corrente elettrica): se assorbe troppi neutroni, non lo si può usare. Al contrario, per lo spegnimento d'emergenza del reattore si può ricorrere ad un veleno neutronico, cioè una sostanza con altissima sezione d'urto di cattura neutronica, che si "pappa" tutti i neutroni interrompendo la reazione. Allo scopo si usano barre di cadmio, lasciate cadere per gravità dentro il nocciolo (le cosiddette "barre di controllo", usate per regolare la reazione di fissione), oppure iniezioni di acido borico, dato che il cadmio e il boro sono due tipici vekeni neutronici.

Trovare i materiali adatti non è facile, perchè di solito i nuclei più pesanti sono anche quelli che più facilmente assorbono i neutroni. Il più semplice tra i moderatori possibili è la grafite: il carbonio ha una piccolissima sezione d'urto di cattura neutronica, ed inoltre ha una massa 12 volte superiore a quella del neutrone, cosicché bastano pochi urti per ridurre un neutrone da veloce a termico. Dato che il carbonio assorbe pochissimi neutroni, è possibile usare direttamente l'uranio naturale. Infatti la miscela naturale dell'uranio disgraziatamente contiene solo lo 0,72 % di uranio-235, che è fissile, e ben il 99,28 % di uranio-238, che purtroppo non dà luogo a fissioni con neutroni termici. Tutto risolto? No. Perchè se è vero che è possibile realizzare un nocciolo di reattore fatto di barre di uranio circondate da mattonelle di grafite esagonali (onde disporle nello spazio nel modo più razionale), questo reattore non può essere raffreddato ad acqua, perchè ad alta temperatura grafite ed acqua sono tecnologicamente incompatibili. L'unica possibilità consiste nel raffreddarlo con anidride carbonica, un gas contenente anch'esso carbonio che aiuta a moderare i neutroni). Certo, l'anidride carbonica riscaldata dalla reazione non viene mandata direttamente in turbina, ma in uno scambiatore di calore, dove passa nei tubi in contatto termico con acqua controcorrente, che così bolle, entra in una turbina a vapore ed aziona l'alternatore. L'impianto così costruito è abbastanza complesso, comprendendo un circuito primario ad anidride carbonica che attraversa nocciolo e scambiatore di calore, e un circuito secondario ad acqua che attraversa scambiatore di calore e turbina a vapore (gli scambiatori di calore sono enormi e sono difficili da costruire e da sottoporre a manutenzione). Tuttavia il fluido del primario, che ha attraversato il nocciolo ed è diventato a sua volta radioattivo, non entra mai direttamente in turbina e non rischia quindi di contaminare l'ambiente esterno.

Siccome il combustibile usato per questo tipo di reattore è costituito da pastiglie di ossido di uranio (UO2) inserite dentro una guaina di ossido di magnesio a formare una barra lunga e sottile (le barre sono poi riunite in fasci), si parla di reattore MAGNOX. I primi reattori commerciali messi in funzione nel Regno Unito al principio degli anni cinquanta erano tutti di questo tipo; anche la centrale elettronucleare di Latina, costruita nella frazione di Borgo Sabotino del Comune di Latina ed entrata in funzione il 1 giugno 1963, aveva un unico reattore di questo tipo, da 200 MW di potenza elettrica netti. Il fatto di essere moderato a gas rende però questo tipo di impianti poco efficiente. Inoltre esso funziona ad alta temperatura, e questo fa sì che l'uranio-238 entri in collisione con i neutroni veloci generando un nuovo isotopo, uranio-239, il quale decade beta meno con un tempo di dimezzamento di soli 23 minuti in nettunio-239, e questo a sua volta decade beta meno con un tempo di dimezzamento di 2,36 giorni nel famigerato plutonio-239. Questo è un fissile migliore dell'uranio-235, che può essere estratto dal reattore ed utilizzato per realizzare ordigni nucleari, come quello che esplose su Nagasaki. Si dice perciò che il Magnox è un reattore plutonigeno. Questo spiega perchè molti paesi hanno cercato di adottare tale tecnologia per dotarsi di armi nucleari.

La centrale elettronucleare di Latina

La centrale elettronucleare di Latina

Proprio a causa di tutti questi problemi, la filiera Magnox fu cancellata e sostituita con gli AGR ("Advanced Gas Reactor", cioè "reattore a gas avanzato"), che rappresentano un perfezionamento dei Magnox. Il progetto è originario del Regno Unito, dove è adoperato dalle centrali "Nuclear Electric" e "Scottish Nuclear". Il refrigerante è sempre anidride carbonica, che arriva fino a 650°C, ma anziché uranio naturale adopera uranio arricchito al 3 %, del quale Londra dispone in abbondanza (a differenza di molti altri paesi, ancora fermi al Magnox). Stavolta le guaine sono di acciaio, non di ossido di magnesio, e la potenza che si ricava da un AGR è di 660 MW con un rendimento termico del 40 %. Un ulteriore perfezionamento è rappresentato dai progettati reattori HTGR ("High Temperature Gas Reactor", cioè "reattore a gas ad alta temperatura"). In essi non si utilizzerebbero barre, come in tutti gli altri reattori, ma sferule di uranio arricchito, portate addirittura fino a 1000°C, tanto da passare quasi allo stato fluido. Le altissime temperature permetterebbero non solo di produrre direttamente energia elettrica, ma anche di ottenere idrogeno da usare poi per futuribili automobili che rimpiazzerebbero quelle a benzina e gasolio: è quella che viene chiamata la "civiltà dell'idrogeno", e che potrebbe diventare realtà nella seconda metà del XXI secolo.

Da notare che nell'ex Unione Sovietica si tentò di produrre reattori alimentati ad uranio naturale, moderati a grafite e raffreddati ad acqua, nonostante - come si è detto sopra - questi due materiali siano sostanzialmente incompatibili tra di loro ad alta temperatura. Sono i cosiddetti reattori RBMK (dal russo "Reaktor Bolšoj Moščnosti Kanalnyj", cioè "reattore di grande potenza a canali"), molto pericolosi perchè alle basse potenze possono verificarsi oscillazioni intorno alla criticità. Il 26 aprile 1986 il reattore numero quattro della centrale di Černobyl' (al confine tra Ucraina e Bielorussia), guarda caso un RBMK, fu teatro di uno dei peggiori incidenti nucleari della storia dell'uomo. Nel corso di un test, il personale (non adeguatamente preparato a quel lavoro) disattivò volontariamente ed incoscientemente i dispositivi di sicurezza, portando a un brusco e incontrollato aumento della potenza e quindi della temperatura del nocciolo del reattore, che divenne rapidamente sovracritico. Le bare di cadmio avrebbero dovuto cadere automaticamente, ma il calore le fece piegare ed esse non entrarono. Il calore crebbe a tal punto da determinare la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno, a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell'idrogeno e della grafite incandescente con l'aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, che provocò lo scoperchiamento del reattore: una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì da esso e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole e rendendo necessaria l'evacuazione di oltre 330.000 persone. Per di più l'URSS non rivelò nulla di quanto era accaduto; i paesi della Comunità Economica Europea si resero conto che era accaduto qualcosa perché le nubi radioattive raggiunsero ben presto l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia: il latte delle mucche finlandesi, ad esempio, conteneva iodio-131, che è un tipico prodotto di fissione. Michail Gorbačëv prese spunto da questo incidente per giustificare la propria politica, nota come "perestrojka" ("rinnovamento") e basata sulla "glasnost" ("trasparenza"). Questa politica finì per portare, nel 1991, al crollo definitivo dell'Unione Sovietica. In Occidente invece l'incidente di Chernobyl causò un'ondata di panico ed un'alzata di scudi contro l'energia nucleare, che portò a chiudere tutte le centrali nucleari in Italia, nonostante esse fossero molto più sicure dei pericolosi RBMK sovietici, peraltro molti dei quali, alla faccia degli ambientalisti nostrani, sono ancora in attività!

Il nocciolo di una centrale nucleare, con le barre d'uranio in vista

Il nocciolo di una centrale nucleare, con le barre d'uranio in vista

Ci sono alternative, all'anidride carbonica? Certamente: l'acqua, che poi è stato il primo moderatore ideato da Fermi in persona. Anch'essa infatti ha una bassa sezione d'urto di cattura neutronica. Il vantaggio dell'acqua inoltre consiste nel fatto che è liquida a temperatura ambiente, e può essere usata come refrigeratore, oltre che come moderatore. Essa però assorbe molti più neutroni della grafite, e quindi i casi sono due:

1) per usare uranio naturale bisogno far ricorso all'acqua pesante, così detta perchè al posto del protio contiene il deuterio, isotopo più pesante che costituisce lo 0,015 % della miscela naturale dell'idrogeno. Esso assorbe meno neutroni del protio, dunque è possibile usare uranio naturale, meno costoso. I reattori ad uranio naturale raffreddati e moderati ad acqua pesante sono stati sviluppati inizialmente dal Canada, e per questo prendono il nome di CANDU ("Canadian Deuterium Uranium"), anche se il nome scientifico è HWR ("Heavy Water Reactors", cioè "Reattori ad Acqua Pesante"). I minori costi per il mancato arricchimento dell'uranio sono compensati dalla necessità di produrre l'acqua pesante adatta al funzionamento del reattore, ma un reattore CANDU non ha bisogno di scambiatori di calore e di circuito secondario, dato che l'acqua pesante bolle dentro il reattore, evapora e può andare direttamente in una turbina a vapore. Gli scienziati tedeschi che durante la Seconda Guerra Mondiale avevano cercato di realizzare la bomba atomica per conto del Terzo Reich avevano battuto questa strada, cercando di realizzare un HWR per produrre materiale fissile, ma il 16 febbraio 1943 i partigiani norvegesi guidati da Max Manus e Gunnar Sønsteby fecero saltare per aria l'impianto di produzione dell'acqua pesante Norsk Hydro a Vemork, nella Contea di Telemark, ostacolando così il programma nucleare tedesco (il cosiddetto "raid del Telemark": ad esso fu dedicato il film "Gli eroi di Telemark" del 1965, diretto da Anthony Mann).

2) per usare acqua ordinaria, molto meno difficile da reperire dell'acqua pesante, occorre disporre di una maggior quantità di fissile, e ciò si ottiene arricchendo l'uranio con tecniche opportune, in modo da aumentare la percentuale di uranio-235 fino al 3 %. Un reattore ad uranio arricchito moderato e raffreddato ad acqua naturale prende il nome di LWR ("Light Water Reactors", cioè "reattori ad Acqua Leggera"). I reattori nucleari a fissione generalmente usati negli Stati Uniti e nel resto del mondo per la generazione di energia elettrica sono per lo più di questo tipo, ma non è alla portata di tutti perchè arricchire l'uranio è un processo lungo e costoso. Ci sono vari sistemi per l'arricchimento: i più comuni sono la diffusione gassosa, metodo ideato da Enrico Fermi e dagli altri scienziati del Progetto Manhattan, e le ultracentrifughe: i questo caso delle centrifughe che girano velocissime (anche 10.000 giri al minuto!) fanno sì che i nuclei di uranio-238, più pesanti, vengano spinti all'esterno dalla forza centrifuga, mentre al centro la miscela si arricchisce lentamente in uranio-235. Questa strada è quella usata dagli iraniani per arricchire l'uranio che essi dicono di voler usare in centrali LWR, ma gli USA e Israele sospettano che essi vogliano usarlo per preparare ordigni atomici, e da qui è nato un lungo contenzioso internazionale, cui Barack Obama stava cercando di porre fine, ma che si è aggravato di nuovo dopo l'elezione di Donald Trump alla Presidenza americana. In ogni caso, l'arricchimento dell'uranio comporta la produzione, come sottoprodotto, di uranio impoverito, contenente solo lo 0,3 % di uranio-235. Questo materiale è inutilizzabile nelle centrali nucleari; avendo però una densità altissima, i militari hanno avuto la bella idea di usarlo, in lega con il titanio e il molibdeno, per realizzare gli involucri di ordigni bellici convenzionali. Questi ordigni sono stati largamente utilizzati nella Guerra del Kosovo del 1999, e infatti molti reduci di quel conflitto hanno manifestato sintomi di malattie come il linfoma di Hodgkin o la leucemia (la cosiddetta "Sindrome dei Balcani"), che secondo molti sono dovuti proprio all'inalazione di polvere di uranio impoverito.

I reattori LWR si distinguono ulteriormente in due tipologie costruttive. La prima è costituita dai reattori BWR ("Boiling Water Reactor", cioè "Reattore ad Acqua Bollente"): in essi, come si vede qui sopra, l'acqua passa attraverso il nocciolo e, a causa del calore sviluppato dal nucleo, bolle producendo vapore, che può essere inviato direttamente in turbina. Si tratta di un reattore costruttivamente semplice, dato che, come il CANDU, è privo di scambiatori di calore e di secondario; è stato sviluppato dall'americana General Electric, fondata nel 1892 ed erede della Edison Electric Light Company, fondata nel 1878 da Thomas Alva Edison. Un reattore di questo tipo ha però parecchi problemi. Anzitutto, non può essere assolutamente montato su navi o sottomarini, perchè gli scossoni renderebbero instabile il reattore ad acqua bollente. Inoltre c'è il rischio che il vapore, venuto a diretto contatto con le barre d'uranio arricchito, trascini via da esse pericolosissimi prodotti di fissione, che poi potrebbero disperdersi nell'ambiente attraverso le turbine. Nel mondo comunque sono stati realizzati molti esemplari di BWR: erano di questo tipo, in Italia, la Centrale elettronucleare Garigliano, situata nel Comune di Sessa Aurunca (CE) e avente un unico reattore da 160 MW elettrici, prima centrale nucleare in Italia, entrata in funzione il 1 giugno 1964 e chiusa il 1 marzo 1982, e la Centrale elettronucleare di Caorso, situata nel comune di Caorso (PC) e avente un unico reattore da 860 MW elettrici, entrata in funzione il 1 dicembre 1981.

Per ovviare alla difficoltà dei BWR, la Westing House (dal 2006 CBS Corporation) mise a punto una nuova filiera, quella dei PWR ("Pressurized Water Reactor", cioè "Reattore ad Acqua Pressurizzata"). In essi, come si vede nello schema qui sopra, l'acqua che circola nel reattore si trova ad alta pressione, oltre le 150 atmosfere, e non bolle; essa passa in uno scambiatore di calore, simile a quello del Magnox, in controcorrente ad acqua non pressurizzata che bolle, senza mai miscelarsi con essa. Si tratta di reattori costruttivamente molto complessi, ma anche molto stabili ed affidabili. La maggior parte dei reattori oggi funzionanti nel mondo sono di tipo PWR; tale era anche la centrale elettronucleare Enrico Fermi di Trino (VC), avente un unico reattore da 260 MW elettrici, diventato operativo il 1 gennaio 1965. Montava un reattore PWR anche l'USS Nautilus SSN-571, il primo sottomarino nucleare del mondo, varato il 21 gennaio 1954, che nello scacchiere della guerra fredda fornì un vantaggio enorme agli Stati Uniti rispetto alla marina militare sovietica, sfruttando la lunga autonomia in immersione che la propulsione nucleare consente. Nel luglio del 1957 il Nautilus compì il primo viaggio al di sotto della calotta polare artica, ed il 3 agosto 1958 transitò in immersione per il Polo Nord, stabilendo un primato storico. Impossibile non nominare anche la USS Enterprise CVN-65, la prima portaerei nucleare del mondo, varata il 24 settembre 1960, che tra l'altro il 20 febbraio 1962 recuperò l'astronauta John Glenn, primo astronauta americano in orbita intorno alla Terra. Si noti che il BWR è più semplice costruttivamente ma presenta i rischi legati all'inquinamento, mentre il PWR è più complesso, ma anche più sicuro.

Ecco uno specchietto delle principali tipologie costruttive fin qui viste:

Tipo combustibile moderatore refrigeratore
Magnox U naturale grafite CO2
CANDU U naturale acqua pesante acqua pesante
BWR U arricchito H2O H2O
PWR U arricchito H2O in pressione H2O in pressione

Ma non è finita. Le riserve di uranio sono situate per lo più in paesi politicamente instabili, come il Congo, ed inoltre i reattori fin qui analizzati utilizzano solo una piccolissima percentuale dell'uranio naturale, quello 0,72 % di uranio-235 di cui abbiamo parlato sopra. Per questo, negli anni sessanta e settanta fra gli scienziati cominciò a diffondersi la paura che le riserve di fissile sulla Terra si sarebbero esaurite ben presto, così come quelle di petrolio. Oggi sappiamo che questa paura è largamente infondata, sia perchè si continuano a scoprire nuovi giacimenti, sia perchè il petrolio e l'uranio che ieri non era conveniente estrarre, lo diverranno domani quando i giacimenti attualmente in uso si saranno esauriti. Negli anni sessanta tuttavia gli ingegneri nucleari cominciarono a domandarsi come sfruttare l'immane quantità di uranio-238 presente in natura, 140 volte più abbondante dell'uranio-235 fissile, e che fino ad allora nessuno era riuscito a sfruttare. Nacque così l'dea degli LMFBR ("Liquid-Metal  Fast-Breeder Reactor", cioè "Reattore Autofertilizzante Veloce a Metallo Liquido"), noti più semplicemente come reattori veloci. Tali reattori infatti sono sostanzialmente privi di moderatore. In tal modo non si possono realizzare fissioni con l'uranio-235; tuttavia si è visto che, in seguito a collisioni con neutroni veloci, i nuclei di uranio-239, attraverso successive reazioni nucleari, possono dar vita a plutonio-239, un fissile potentissimo, che può produrre una quantità straordinaria di energia. Per questo si dice che l'uranio-238 non è fissile, ma è fertile. In pratica questi reattori producono più combustibile di quanto ne consumano, e per questo sono detti autofertilizzanti. Siccome però i neutroni in questi reattori non possono essere moderati, non si può usare acqua o anidride carbonica per raffreddarli; in essi la funzione di refrigerante è svolta da un metallo allo stato liquido, e precisamente dal sodio, che a temperatura ambiente è solido, ma è liquido alla temperatura di funzionamento del reattore. Ciò richiede però la progettazione di pompe apposite e complicatissime da realizzare. Il sodio entra poi in scambiatori di calore che fanno bollire l'acqua contenuta in un circuito secondario. Il primo reattore veloce commerciale fu il Superphénix sul fiume Rodano presso Creys-Malville, nel comune di Creys-Mépieu (Francia), a circa 60 km dal confine svizzero e a 100 km dal confine italiano, che entrò in funzione nel 1984 dopo ben dieci anni di lavori. Purtroppo, se è vero che il sodio liquido ha un calore specifico molto alto e quindi è un liquido ad alta efficienza di trasferimento del calore, è anche vero che è chimicamente molto reattivo a contatto con l'acqua; se perciò a causa di perdita entra in contatto con l'umidità dell'aria o con l'acqua degli scambiatori di calore, avvengono vere e proprie esplosioni. Il Superphénix infatti era continuamente afflitto da incendi. Si rivelò inoltre costosissimo, e fu definitivamente chiuso nel 1997, quando ci si era ormai resi conto che le miniere d'uranio non erano affatto prossime all'esaurimento. Oggi i reattori veloci esistenti al mondo sono solo reattori di ricerca.

Vorrei aggiungere a questa lezione sui reattori nucleari una nota che credo susciterà il vostro interesse. Il 2 giugno 1972 nell'impianto francese di produzione del combustibile nucleare di Pierrelatte fu rilevato che alcuni campioni di uranio proveniente dal giacimento di Oklo, nel Gabon (Africa equatoriale), conteneva solo lo 0,4 % di fissile, contro lo 0,72 % che dovrebbe esserci nella miscela naturale. Inizialmente si pensò che inavvertitamente del combustibile esausto fosse finito nell'impianto, ipotesi però subito scartata a causa dell'assenza della forte radioattività che in tal caso sarebbero stata presente a causa dei prodotti di fissione. Inoltre gli isotopi del neodimio e del rutenio dimostravano un'abbondanza isotopica molto più vicina a quella originata dalla fissione dell'uranio-235 rispetto a quella della miscela naturale. Un esame approfondito del fenomeno ha portato alla conclusione che si trattava delle conseguenze di un reattore nucleare "naturale", nel quale le reazioni di fissione si innescarono spontaneamente! Come è potuto avvenire questo straordinario fenomeno? Il fatto è che l'uranio-235 e l'uranio-238 hanno diverse emivite, e nell'Esempio 3 della lezione sulla legge del decadimento radioattivo abbiamo visto che due miliardi di anni fa la percentuale di uranio-235 (arricchimento) era superiore al 3 %, ossia all'incirca pari a quella dell'uranio arricchito per gli odierni reattori ad acqua. Nella figura sottostante è rappresentato in rosso l'arricchimento dell'uranio naturale in funzione del tempo; nell'intersezione con la linea verde l'arricchimento all'epoca dei reattori di Oklo, nell'intersezione con la linea tratteggiata in blu quello attuale:

Oggi la reazione di fissione nucleare non potrebbe mai innescarsi spontaneamente, perchè la percentuale di fissile è troppo bassa, e l'acqua assorbe troppi neutroni. Ma due miliardi di anni fa dove oggi c'è la miniera di Oklo vi era una palude, la cui acqua moderò i neutroni abbastanza per innescare la reazione di fissione nucleare: il calore provocava l'evaporazione dell'acqua che aveva assolto la funzione di moderatore, interrompendo la reazione che ripartiva solo in presenza di altra acqua. Si è calcolato che in quella palude hanno subito fissione nucleare circa 5 tonnellate di uranio-235, con una produzione di 6 tonnellate di prodotti di fissione e 2,5 tonnellate di plutonio, con un rilascio di energia di circa 108 MWh: è l'energia elettrica che un impianto da 1000 MW elettrici produce in oltre 11 anni di funzionamento! Probabilmente a Oklo entrarono in funzione ben 17 reattori nucleari naturali sotterranei che hanno lavorato per un tempo dell'ordine del milione di anni. Successivamente è stato scoperto un altro reattore nucleare naturale a Bangombe, sempre nel Gabon, a 35 Km da Oklo. Il fatto che questi reattori nucleari abbiano funzionato per tanto tempo prova che sia le radiazioni sia le scorie nucleari non hanno distrutto gli ecosistemi presenti in loco.

La miniera di Oklo (cliccare per ingrandire)

La miniera di Oklo (cliccare per ingrandire)

Non è il caso di dilungarsi in questa sede sulla pericolosità dei reattori a fissione. In settant'anni di era atomica si sono verificati quattro grandi incidenti nucleari: a Windscale in Inghilterra il 7 ottobre 1957, a Three Mile Island in Pennsylvania il 29 marzo 1979, a Černobyl in Ucraina il 26 aprile 1986 e a Fukushima in Giappone l'11 marzo 2011. Quest'ultimo in particolare ebbe luogo nella centrale nucleare situata presso Naraha nella Prefettura di Fukushima, in Giappone, a seguito del terribile maremoto seguito al terremoto di Tōhoku che raggiunse una magnitudo 8,9 Richter. I gruppi elettrogeni di sicurezza alimentati da motori diesel vennero allagati perché erano posizionati troppo vicini al mare; questo causò l'interruzione della corrente elettrica ed il blocco dei principali sistemi di raffreddamento in tre reattori. Essi erano stati arrestati automaticamente al momento della scossa, ma il loro corretto spegnimento avrebbe richiesto la dissipazione del calore residuo di reazione per molti giorni; invece non si riuscì a riprenderne il controllo, e nei due giorni successivi i noccioli di tutti e tre i reattori fusero completamente, provocando la cosiddetta "Sindrome Cinese" (resa famosa dall'omonimo film del 1979 con Jane Fonda e Michael Douglas): si diceva negli anni sessanta che, in caso di un incidente ad una centrale nucleare con la completa fusione del nocciolo del reattore, niente sarebbe riuscito a fermarlo, fondendo fino alla base della centrale e oltre, perforando la crosta terrestre, in teoria fino alla Cina, posta agli antipodi degli USA. In realtà, nei disastri di Three Mile Island, Černobyl' e di Fukushima, il nocciolo fuso non perforò il pavimento degli edifici e si raccolse sul fondo del recipiente a pressione. L'incidente di Fukushima ebbe un'importanza capitale nello sfruttamento dell'energia nucleare: se la Francia ha mantenuto il suo programma nucleare, invece la Germania ha deciso di interrompere il funzionamento degli otto reattori nucleari più vecchi e di spegnere definitivamente i restanti nove tra il 2015 e il 2022, mentre la Svizzera ha scelto di non costruire più nuovi reattori. La Cina ha sospeso temporaneamente la costruzione degli impianti e ha imposto regole di sicurezza più severe, pur non rinunciando al piano nucleare nazionale, e la stessa cosa ha fatto negli USA il Presidente Barack Obama. Solo la Russia e l'India, dopo l'incidente di Fukushima, hanno ancora grandi piani di sviluppo del nucleare civile per sostenere il proprio sviluppo economico senza aumentare l'inquinamento atmosferico.

In ogni caso, i grandi incidenti nucleari con rilascio in atmosfera di grandi quantità di materiale radioattivo rappresentano eventi piuttosto isolati, mentre è un dato di fatto che le centrali a carbone e petrolio scaricano continuamente in atmosfera sostanze responsabili del riscaldamento climatico cui tutti siamo assistendo; anzi, siccome anche petrolio e carbone contengono piccole quantità di sostanze radioattive, i fumi di quelle centrali scaricano in atmosfera più sostanze radioattive di quante in effetti sfuggano da una centrale nucleare. Il vero pericolo però è un altro. Tutti i reattori nucleari a fissione presentano il grave problema delle scorie, cioè dei prodotti di fissione terribilmente radioattivi che restano nelle barre esauste dopo che sono state estratte dal nocciolo del reattore. Per di più si tratta di isotopi a vita lunghissima: tra i prodotti di fissione più comuni, lo zirconio-93 ha un tempo di dimezzamento di 1,53 milioni anni, il cesio-135 di 2,3 milioni di anni, il palladio-107 di 6,5 milioni di anni e lo iodio-129 addirittura di 15,7 milioni di anni! Nasce dunque il dilemma di dove conservarli per tempi così lunghi, in modo che non contaminino irreversibilmente la biosfera. Una possibilità è rappresentata dalle miniere di salgemma esaurite, adatte perchè lì l'acqua non arriva, altrimenti non vi si sarebbe depositato il sale. Un'altra possibilità è rappresentata dalle fosse oceaniche: un posto abbastanza sicuro, nonostante le apparenze, perchè laggiù l'acqua si muove pochissimo, e i movimenti tettonici potrebbero trascinare quei rifiuti pericolosi in strati geologici profondi (quando riemergeranno, milioni di anni dopo, la loro attività si sarà esaurita). Si tratta però di una scelta molto contestata dagli ambientalisti. Purtroppo, alcune società che gestiscono reattori hanno pensato di "vendere" tali scorie a paesi poverissimi del Terzo e Quarto Mondo, come la Somalia, che accetterebbero di trattenere questi pericolosissimi rifiuti sul loro territorio in cambio di denaro. Secondo molti la giornalista del TG3 Ilaria Alpi e il suo cameraman Miran Hrovatin furono assassinati a Mogadiscio il 20 marzo 1994 proprio perchè stavano indagando su un pericoloso traffico di rifiuti radioattivi. Il problema delle scorie resta tuttora insoluto, ed è per questo che alcuni scienziati hanno cercato di battere nuove vie, per assicurare l'approvvigionamento energetico a una civiltà affamata di tecnologia come la nostra. Una di queste vie è rappresentata dai reattori a fusione nucleare, dei quali parleremo tra poco.

Prima però ci resta da affrontare un altro spinoso argomento: quello degli ordigni nucleari, che ci permetterà di chiudere il racconto dell'avventura di Enrico Fermi.