La gravità quantistica a loop  

Tra i vari tentativi di quantizzare la gravitazione, una delle teorie che ha avuto più seguito negli anni Duemila, la cosiddetta Gravità Quantistica a Loop (LQG). Essa è stata ideata nel 1986 dal fisico indiano Abhay Ashtekar (1949–) della Pennsylvania State University, e poi rielaborata nel 1990 dall'italiano Carlo Rovelli (1956–) dell'Université d'Aix-Marseille e dallo statunitense Lee Smolin (1955–) dell'Università di Waterloo in Canada. Questi ultimi si sono detti: per conciliare la teoria che spiega la gravitazione su larga scala, cioè la Relatività Generale, con la Meccanica Quantistica che disciplina il comportamento delle particelle suibatomiche, forse non c'è bisogno di quantizzare la gravità: basta quantizzare l'ambiente in cui essa opera. Infatti le equazioni su cui si basa la LQG conservano gli aspetti fondamentali della Relatività Generale, come ad esempio l'invarianza per trasformazioni di coordinate, ma portano le caratteristiche della meccanica quantistica alle loro estreme conseguenze, arrivando a quantizzare persino lo spazio e il tempo. Non quindi la materia, l'energia o i campi: la stessa tessitura dello spazio-tempo alla scala di Planck. Lo spazio-tempo insomma, da continuo si trasforma in una sorta di rèticolo di dimensioni infinitesimali, come un muro composto da mattoni; in questo caso i mattoni sono il quanto spaziale, delle dimensioni della lunghezza di Planck, e il quanto temporale, dell'ordine del tempo di Planck. Spazio e tempo appaiono perciò come una sorta di "puzzle" fatto di tasselli piccolissimi, ed un cerchio non potrebbe assolutamente avere un contorno regolare, ma seguirebbe il profilo dei tasselli che lo compongono, apparendo un cerchio perfetto solo da lontano. Gli stessi tasselli infatti costituiscono ciò che noi chiamiamo "spazio" e "tempo".

Ne consegue che, a livello della scala di Planck, il movimento avviene necessariamente a scatti, potendo ogni cosa avanzare nello spazio e nel tempo solo di un "quanto" per volta. I nostri sensi ci ingannano, facendoci percepire un flusso continuo perchè la lunghezza e il tempo di Planck sono al di là della capacità di risoluzione dei nostri sensi e del nostro cervello. In realtà però lo scorrere del tempo assomiglia piuttosto ad un film: i suoi fotogrammi si susseguono al ritmo di 24 al secondo, ma noi non ce ne accorgiamo e abbiamo l'illusione di un movimento continuo. « Il tempo non scorre come l'acqua di un fiume, ma come il ticchettio di un orologio », ha dichiarato Lee Smolin, il già citato coautore della teoria, « con rintocchi dell'ordine del tempo di Planck ».

Il punto di forza della Gravità Quantistica a Loop consiste nella semplicità con cui descrive fenomeni in cui la gravità è particolarmente intensa, e la struttura discreta diventa dominante. Le equazioni differenziali della Relatività Generale si trasformano infatti in Equazioni alle Differenze Finite, analoghe a quelle utilizzate nella Scienza delle Costruzioni per descrivere gli sforzi dentro muri e strutture edilizie, e risolubili per mezzo di supercomputer. I risultati emersi da queste equazioni sono sorprendenti: la gravità è da sempre considerata una forza attrattiva, ma le equazioni alle differenze finite suggeriscono invece che nelle condizioni di altissima densità ed energia che caratterizzano una singolarità, la gravità si trasformi in una forza repulsiva. L'esempio classico è quello di una spugna porosa (lo spazio-tempo) imbevuta di acqua (massa ed energia): essa può raccogliere fino ad una certa quantità di acqua ma, arrivata al limite, oltre a non raccoglierne più la respinge. Allora la singolarità del Big Bang aveva sì una densità elevatissima, tale da confinare nello spazio di un protone la massa di migliaia di galassie, ma essa era pur sempre una densità finita, mai infinita. Arrivati al limite di porosità energetica dello spazio, la gravità è divenuta repulsiva innescando il Big Bang e accelerando l'espansione dell'universo.

La conseguenza è incredibile. Il nostro universo potrebbe non essere partito da zero, ma derivare da un universo precedente collassato dalla gravità attrattiva che, arrivata alla soglia massima di energia dello spazio-tempo, si è trasformata in gravità repulsiva, espandendo lo spazio fino alle dimensioni attuali. Addirittura, se tutto ciò fosse vero, sarebbe possibile immaginare innumerevoli contrazioni e repulsioni, dovute all'alternarsi tra gravità attrattiva e gravità repulsiva, dando vita a un cosmo che continua a gonfiarsi, a ricontrarsi e a gonfiarsi di nuovo, come una palla che rimbalza sul pavimento! Per questo Smolin e collaboratori piuttosto che di Big Bang preferiscono parlare di Big Bounce ("grande rimbalzo")! La cosmologia basata sul concetto di Big Bounce prende il nome di cosmologia ciclica conforme.

Copertina di "Le Scienze" del dicembre 2008 dedicata all'ipotesi del Big Bounce

Copertina di "Le Scienze" del dicembre 2008, numero dedicato all'ipotesi del Big Bounce

La teoria ha un indubbio fascino, ed è basata su un formalismo matematico rigoroso, ma... come dimostrarla, se nessun microscopio ci può permettere di giungere a "vedere" gli atomi di spazio-tempo, né presumibilmente sarà mai possibile costruirne uno adeguato? Per via indiretta, ovviamente. Se lo spazio vuoto ha davvero una struttura granulare, esso si dovrebbe comportare, per certi aspetti, come un mezzo materiale, ad esempio per quel che riguarda la luce. Tutti sanno che la luce bianca entrata in un prisma si scompone nei diversi colori perchè l'indice di rifrazione dipende dalla frequenza: un fenomeno che è dovuto proprio alla struttura atomica del prisma. Secondo la Gravità Quantistica a Loop, qualcosa del genere dovrebbe accadere anche nel vuoto, ma non riguarderebbe la luce, bensì un'onda elettromagnetica con una frequenza assai maggiore e una lunghezza d'onda assai più piccola: i raggi gamma. Ora, il cosmo è spesso squassato da improvvise e violentissime esplosioni note come GRB (Gamma Ray Burst, esplosioni di raggi gamma), si pensa causate dalla collisione di due stelle a neutroni o di due buchi neri: se la teoria dello spazio-tempo quantizzato fosse vera, i raggi gamma con determinate frequenze raggiungerebbero i nostri strumenti un po' prima di altri; in altre parole, la loro velocità potrebbe dipendere dalla loro energia.

I primi risultati sperimentali non sono molto incoraggianti. Il 10 maggio 2009 i sensori del Fermi Gamma-ray Space Telescope della NASA hanno analizzato i fotoni del GRB 090510, rivelando che, dopo una corsa durata 7,3 miliardi di anni, due fotoni gamma sono arrivati a tiro del sensore distanziati di appena nove decimi di secondo, nonostante uno dei due possedesse un milione di volte più energia dell'altro. Per quanto nella fisica delle particelle anche una discrepanza minima possa nascondere differenze molto significative, una differenza di nove decimi di secondo accumulata in un viaggio durato oltre sette miliardi di anni è talmente piccola da essere verosimilmente dovuta a specifici fenomeni avvenuti durante il processo di generazione del GRB, piuttosto cha alla granularità dello spazio-tempo. « Con uno scarto di una parte su 100 milioni di miliardi, i due fotoni hanno viaggiato alla stessa velocità: questa misurazione scarta le teorie sulla gravità che prevedono un cambiamento della velocità della luce in dipendenza dall'energia », ha dichiarato in modo perentorio Peter Michelson della Stanford University, che ha eseguito la suddetta misurazione. I sostenitori della Gravità Quantistica a Loop però non si arrendono, e sperano che future misurazioni forniscano piuttosto risultati in accordo con le loro previsioni.

La Gravità Quantistica a Loop inoltre presenta un'altra difficoltà. Se infatti consideriamo la Relatività Ristretta, ci dobbiamo aspettare un fenomeno peculiare noto come contrazione delle lunghezze. Secondo uno dei principi della Relatività di Einstein, la cosiddetta Invarianza di Lorentz, in opportune condizioni di moto un osservatore misurerebbe lunghezze anche più corte della lunghezza di Planck, che tuttavia è un limite assoluto. Di conseguenza, uno spazio-tempo granulare alle scale di Planck sarebbe inconciliabile con l'invarianza di Lorentz. A meno di non rinunciare a un altro cardine della fisica: il Principio di Località. Questa via è stata battuta nel 2016 da alcuni ricercatori italiani: Stefano Liberati della SISSA di Trieste, Francesco Marin e Francesco Marino del LENS di Firenze e Antonello Ortolan dell'INFN di Padova. Infatti, secondo il Principio di Località, due eventi nello spazio-tempo possono essere legati da un rapporto di causa-effetto solo se sono connessi da una catena causale di eventi che si propaga con una velocità minore o uguale alla velocità della luce nel vuoto, un limite assoluto per qualunque corpo e qualunque segnale. Ciò significa che la fisica in un certo punto dello spazio-tempo può essere influenzata anche da punti molto distanti, non solo da quelli nelle vicinanze. Non si viola la causalità e non si presuppongono informazioni che viaggiano più veloce della luce, ma si introduce la necessità di conoscere la struttura globale per sapere che cosa accade nel locale. L'obiettivo ora è individuare il limite che segna il confine tra lo spazio-tempo continuo e quello granulare, e di conseguenza tra la fisica locale e quella non-locale. Al LENS si sta costruendo un oscillatore armonico quantistico, un chip di silicio di pochi microgrammi che, portato a temperature vicine allo zero assoluto, viene illuminato da un laser ed entra in oscillazione armonica: il modello teorico di Liberati e colleghi prevede infatti la possibilità di testare gli effetti non locali su oggetti quantistici con massa non trascurabile. Osservando l'effetto, gli scienziati italiani confermerebbero la presenza degli effetti non-locali, salvando la Relatività Ristretta e aprendo le porte a una nuova fisica. Solo il tempo ci dirà se essi se sono sulla strada giusta.

Sir Roger Penrose (8 agosto 1931 – vivente)

Sir Roger Penrose (8 agosto 1931 – vivente)

Tra i partigiani del Big Bounce vi sono Sir Roger Penrose (1931–) dell'Università di Oxford e Vahe Gurzadyan (1955–) dell'Università Statale di Yerevan, in Armenia. Essi hanno studiato per anni la radiazione cosmica di fondo di cui abbiamo parlato in una precedente lezione; come spiegano in un articolo sul sito arXiv, i due studiosi sostengono di aver scoperto la presenza di una serie di "cerchi concentrici" all'interno della radiazione di fondo, entro i quali la variazione di temperatura è molto inferiore al previsto; secondo i loro calcoli, alcuni dei cerchi più ampi potrebbero essersi formati prima del Big Bang, in seguito allo scontro di buchi neri supermassicci proprio al termine della contrazione dell'universo precedente al nostro. Alcuni però ritengono che questi "cerchi concentrici", simili a quelli provocati da un sasso gettato nell'acqua, siano solo un'illusione dovuta agli strumenti utilizzati (i satelliti WMAP e BOOMERanG98), o che potrebbero comunque essere spiegati anche da altri modelli di universo. Per chi è interessato, Penrose ha presentato la Cosmologia Ciclica Conforme nel suo saggio "Dal Big Bang all'eternità" (in originale "Cycles of Time", 2010). Nel 2020 Roger Penrose ha vinto il Premio Nobel per la Fisica, ma « per la scoperta che la formazione dei buchi neri è una robusta previsione della teoria della relatività generale », come recita la motivazione ufficiale, che niente dunque ha a che vedere con la Cosmologia Ciclica Conforme (il Comitato Nobel si è sempre distinto per non aver mai compreso veramente il lavoro degli scienziati che premiava, come dimostra il caso Einstein).

Val la pena di citare anche il lavoro di Ivan Agullo e colleghi della Pennsylvania State University, i quali lavorano da molto tempo sulle condizioni dell'universo prima che si innescasse l'inflazione cosmica (la cosiddetta fase preinflazionaria): condizioni che, come abbiamo visto nei dettagli, necessitano giocoforza di una descrizione quantistica della gravità per poter essere individuate correttamente. Orbene, le fluttuazioni quantistiche all'origine delle attuali disomogeneità dell'universo si sono verificate entro un volume di Planck, ovvero in un cubo con lato pari alla lunghezza di Planck, e lo stato del vuoto in tale volume previsto dalla LQG differisce leggermente da quello della teoria classica dell'inflazione. Proprio questo aspetto dunque potrebbe rappresentare una "firma caratteristica" della Gravità Quantistica a Loop, che in un prossimo futuro potrebbe essere verificata sperimentalmente mediante le osservazioni cosmologiche, grazie a strumenti sempre più efficaci che gli scienziati stanno mettendo a punto.

Ma non è finita. La Teoria della Relatività Ristretta di Albert Einstein, che ha rivoluzionato la Fisica all'inizio del Novecento, si basa su un postulato fondamentale: la velocità della luce nel vuoto è costante ed ha lo stesso valore in qualunque sistema di riferimento, cioè qualunque sia la velocità dell'osservatore che effettua la misura. Oggi nessun fisico sarebbe disposto a mettere in discussione questo fondamentale postulato della Fisica moderna, che ha ricevuto innumerevoli conferme sperimentali. Tuttavia, secondo alcune versioni della gravità quantistica, la velocità dei fotoni potrebbe variare in funzione della loro energia. Per verificare la possibile esistenza di questo effetto, e quindi la bontà delle ipotesi che prevedono uno "spazio-tempo schiumoso", un gruppo di ricerca guidato da Maria Grazia Bernardini (1979-) dell'Università di Montpellier, in collaborazione con l'Istituto nazionale di astrofisica (INAF), ha analizzato i già citati gamma-ray burst (o GRB), brevi ma potentissime emissioni cosmiche di radiazioni elettromagnetiche dovute alla fusione di stelle di neutroni o di buchi neri. Infatti la struttura caotica dello spazio tempo al livello della scala di Planck, dieci miliardi di miliardi di volte più piccola del diametro di un protone, potrebbe alterare il moto dei fotoni fino a cambiarne la velocità. Per accumulare un ritardo di un millesimo di secondo circa, sarebbe però necessario che i fotoni viaggino per miliardi di anni. Ciò significa che, per poter osservare un effetto di questo tipo, gli astrofisici devono osservare una sorgente molto luminosa, distante da noi vari miliardi di anni luce e in grado di emettere fotoni ad alta energia. Utilizzando i GRB corti, che hanno energie di alcune centinaia di KeV, e sottraendo l'effetto intrinseco dovuto al ritardo di emissione, Bernardini e collaboratori non hanno potuto né convalidare né escludere le previsioni delle teorie della gravità quantistica, ma hanno stabilito un nuovo limite sull'energia oltre la quale gli effetti di gravità quantistica diventano importanti. Gli occhi dei ricercatori sono puntati su una nuova generazione di osservatori, sia a Terra sia nello spazio, che entreranno in funzione nei prossimi anni; in particolare sul Cherenkov Telescope Array, un progetto internazionale per l'osservazione da Terra di raggi gamma di altissima energia, e sulla rete di microsatelliti HERMES, un progetto che vede coinvolte diverse sezioni INAF, università italiane e centri di ricerca europei e statunitensi.

Chiudiamo con una scoperta dalla portata davvero dirompente. Come abbiamo visto, Stephen Hawking scoprì che i buchi neri hanno un'entropia, e quindi una temperatura, e dunque possono "evaporare"; egli però si chiese se anche un intero universo può comportarsi come un buco nero e, in caso di risposta affermativa, se esistono più universi come esistono più buchi neri. Con l'aiuto del fisico britannico Gary William Gibbons (1946-), egli immaginò di mettere in rotazione uno degli universi più semplici che si possano immaginare, quello che non contiene altro che l'energia oscura incorporata nello spazio stesso. Questo universo vuoto e in espansione, chiamato "spazio-tempo di de Sitter", ha un orizzonte, oltre il quale lo spazio si espande così rapidamente che nessun segnale proveniente da lì potrà mai raggiungere un osservatore al centro dello spazio. Nel 1977 Hawking e Gibbons calcolarono che, come un buco nero, anche un universo di de Sitter ha un'entropia. Ma il nostro universo non è vuoto: è pieno di luce, di galassie e di materia oscura. La luce ha guidato una rapida espansione dello spazio durante la giovinezza dell'universo, poi l'attrazione gravitazionale della materia ha rallentato le cose durante l'adolescenza cosmica. Ora sembra che l'energia oscura abbia preso il sopravvento, guidando un'espansione rapida. Il calcolo in questione è molto più complicato di quello effettuato da Hawking e Gibbons, ma nel 2022 Neil Turok dell'Università di Edimburgo e Latham Boyle del Perimeter Institute for Theoretical Physics a Waterloo in Canada sono riusciti a costruire una soluzione esplicita di questo tipo di universo. Innanzitutto hanno notato che l'aggiunta di radiazioni allo spazio-tempo di de Sitter non comprometteva la semplicità delle soluzioni di Hawking e Gibbons. In seguito hanno scoperto che la loro tecnica resisteva anche all'inclusione della materia. La curva che descrive la storia dell'espansione di questo universo più complicato rientrava ancora in un particolare gruppo di funzioni facili da gestire, e il mondo della termodinamica rimaneva accessibile. Infine, lavorando su un insieme più realistico di universi, hanno ottenuto un'equazione generale per l'entropia cosmica. E dalla loro equazione dell'entropia, Boyle e Turok hanno tratto una conclusione assolutamente non convenzionale sulla natura del nostro universo: essi ritengono infatti che l'equazione realizzi un censimento di tutte le storie cosmiche concepibili. Proprio come l'entropia di una stanza conta tutti i modi in cui le molecole dell'aria possono essere disposte per una determinata temperatura, essi sospettano che la loro entropia conti tutti i modi in cui si potrebbero mettere insieme gli atomi dello spazio-tempo per dar vita ad un universo con una determinata storia complessiva, curvatura e densità di energia oscura. Insomma, Boyle e Turok hanno messo insieme un'equazione che « conta gli universi ». Orbene, questo loro straordinario "censimento degli universi" rivelerebbe che la stragrande maggioranza degli universi è riconducibile a un unico tipo: un universo sostanzialmente simile al nostro, senza curvatura apprezzabile e dotato di energia oscura. Gli universi più esotici, al contrario, sarebbero estremamente rari. In altre parole, la semplicità del nostro universo sarebbe qualcosa di prevedibile, non una rarità. Per usare un paragone semplice, il nostro universo è così com'è per lo stesso motivo per cui un gas si diffonde uniformemente in una stanza, o il calore passa spontaneamente da un corpo più cado a uno più freddo: opzioni più strane sono concepibili, ma estremamente improbabili.

Beninteso, l'equazione di Boyle e Turok non ci dice quale teoria quantistica della gravità e quale modello cosmologico può rendere comuni o rari certi universi, né spiega come sia nato il nostro universo, ma solo quali tipi di universi sarebbero preferiti ad altri, e questo non ci permette di costruire una teoria completa della cosmologia, il sogno nel cassetto di ogni astrofisico. In effetti, l'entropia come noi la definiamo misura... la nostra ignoranza. Per un gas fatto di molecole, per esempio, i fisici conoscono la temperatura, cioè la velocità media delle particelle, ma non quello che ogni particella sta facendo; l'entropia del gas riflette solo il numero di opzioni possibili, non i particolari di ciascuna. Allo stesso modo, molti teorici ritengono che l'entropia di un buco nero descriva l'ignoranza delle cose che vi sono cadute dentro: tutti i modi di organizzare internamente gli elementi costitutivi del buco nero in modo che corrispondano al suo aspetto esteriore. Gli elementi costitutivi incogniti potrebbero includere le particelle chiamate gravitoni, oppure le stringhe. Nell'aprile 2022 altri due fisici teorici hanno cercato di definire l'entropia cosmologica su basi matematiche più solide. Ted Jacobson, fisico all'Università del Maryland e famoso per aver derivato la teoria della gravità di Einstein dalla termodinamica dei buchi neri, e la sua assistente Batoul Banihashemi hanno definito esplicitamente l'entropia di un universo di de Sitter (vuoto e in espansione) adottando il punto di vista di un osservatore al centro di esso. La loro tecnica prevede l'aggiunta di una superficie fittizia tra l'osservatore centrale e l'orizzonte, per poi rimpicciolire la superficie fino a raggiungere l'osservatore centrale e scomparire, e ha permesso di dimostrare che, come avevano calcolato Hawking e Gibbons per i buchi neri, l'entropia degli universi dipende dell'area dell'orizzonte. Per un universo realistico pieno di materia e radiazioni, invece, sarà necessaria una definizione matematica più esplicita dell'entropia per uno spazio più complicato di quello di de Sitter. Alla fine del XIX secolo una comprensione precisa dell'entropia in termini di disposizioni microscopiche delle molecole (cioè di microstati, come dicono i fisici) ha contribuito a confermare l'esistenza degli atomi, e quindi a dare vita a una nuova Fisica. Oggi, la speranza è che una definizione più precisa dell'entropia cosmologica ci porti ad una comprensione simile di come gli « atomi di spazio e di tempo » si uniscono per dare vita all'universo che ci circonda, spiegando per via teorica la geometria su larga scala dell'universo e permettendoci finalmente di costruire una teoria microscopica della gravità quantistica. Ci auguriamo vivamente che sia così.