È noto che la frequenza di un segnale acustico emesso da una sorgente dipende dal moto relativo fra il ricevitore e la sorgente di onde. Infatti, la frequenza apparente f' percepita da un ricevitore che si muove con velocità u verso una sorgente ferma che emette un suono di frequenza f0 è data da:
dove v è la velocità del suono nel mezzo. Questo fenomeno è detto effetto Doppler dal nome del suo scopritore, Christian Johann Doppler (1803-1853), e ci spiega perché il fischio della sirena di un'autopattuglia dei carabinieri ci appare più acuto se essa si muove verso di noi, più grave se si sta allontanando.
Allo stesso modo, la frequenza apparente f'' percepita da un ricevitore fermo quando la sorgente che emette un suono di frequenza fo si muove verso di esso con velocità u è data da:
Dividendo membro a membro le due espressioni di f' e f" si ottiene:
Da questa relazione si deduce dunque che, se si ammette l'esistenza di un mezzo immobile (l'aria) entro il quale un'onda si propaga con velocità costante, è possibile distinguere il caso in cui la sorgente si muove e il ricevitore è fermo dal caso in cui il ricevitore si muove e la sorgente è ferma.
Perciò, se potessimo applicare lo stesso tipo di ragionamento che ci ha condotti alle formule (3.6) e (3.7) al caso della luce, cioè se potessimo ammettere l'esistenza di un etere immobile entro il quale le onde luminose si propagano con velocità costante, giungeremmo a invalidare il principio di relatività di Einstein in quanto, almeno in questo fenomeno, avremmo la possibilità di stabilire chi sta fermo e chi si muove rispetto al mezzo.
Si può dimostrare invece che le formule (3.6) e (3.7) non sono corrette nel caso in cui l'onda viaggiante sia quella luminosa. In tale caso, infatti, la frequenza apparente f' dell'onda luminosa ricevuta da un osservatore che si avvicina alla sorgente che la emette, è identica alla frequenza apparente f" dell'onda luminosa ricevuta dall'osservatore quando la sorgente che la emette si avvicina a esso. Per f' e f" vale infatti la relazione seguente:
Nel caso in cui il ricevitore e la sorgente si allontanano, la frequenza apparente risulta invece data da:
Tenendo presente che λ = c / f , si può passare dalle formule precedenti, in funzione della frequenza f, alle corrispondenti formule che esprimono la lunghezza d'onda apparente in funzione della lunghezza d'onda reale. Nel caso della sorgente e del ricevitore in allontanamento reciproco, si ha per esempio:
Applicando la (3.8) per esempio ad una galassia che si sta allontanando dalla Terra alla velocità di 300 km/s, si trova che la variazione relativa Δλ / λ della lunghezza d'onda emessa dalla stella risulta, per un osservatore terrestre, uguale a + 0,001. Il primo ad applicare l'effetto Doppler alla luce oltre che al suono fu Armand Fizeau (1819-1896), lo stesso che misurò per primo la velocità della luce su distanze terrestri.
In ciò consiste il cosiddetto fenomeno del red shift (= spostamento verso il rosso): se analizziamo gli spettri della luce proveniente da stelle e galassie lontane, scopriamo che le righe spettrali sono tutte spostate verso il rosso, cioè verso lunghezze d'onda maggiori e frequenze minori. Questo significa che la... "sirena cosmica" di ogni galassia si sta allontanando da noi; se si stesse avvicinando, osserveremmo uno spostamento delle righe verso il violetto. Insomma, le galassie si stanno tutte allontanando dalla nostra, cioè l'universo è in espansione, come confermò Edwin Hubble (1889-1953), confermando una congettura dell'abate belga Georges Henri Lemaître (1894-1966).
Nella figura seguente, apparentemente ben poco significativa, sono visibili due spettri della luce della stella Arturo, ripresa a sei mesi di distanza l'uno dall'altro: il 1 luglio 1939 (a) ed il 19 gennaio 1940 (b). Nel primo caso il red shift corrisponde ad una velocità relativa alla terra di + 18 Km/s, nel secondo ad una velocità di – 32 Km/s. La differenza di velocità nei due casi è dovuta interamente al moto orbitale del nostro pianeta, che ogni sei mesi cambia direzione lungo la propria orbita intorno al sole. In (a) terra ed Arturo si allontanavano, in (b) si avvicinavano. Sono fotografie come questa che hanno fatto la storia dell'astrofisica.
La figura seguente (da Hermann Bondi, Sguardi sull'universo, [ 5 ] ) mostra come cambiano gli spettri di emissione in funzione del moto della sorgente (una galassia) rispetto all'osservatore.
Hubble scoprì che più le galassie sono distanti, più si allontanano velocemente; formulò cioè quindi la legge che oggi porta il suo nome, la quale afferma che il rapporto tra la distanza della galassia e la sua velocità di recessione è costante:
dove v è la velocità e d è la distanza; la costante H è chiamata costante di Hubble. Essa fu dedotta dai seguenti dati sperimentali, (cliccate qui se volete sapere chi li ha ricavati) che mostrano una chiara proporzionalità diretta tra v e d:
Per chi vuole approfondire quest'argomento, che interessa anche il programma di Geografia Astronomica, rimando alla lettura tratta dal bestseller di Steven Weinberg, "I primi tre minuti", [ 9 ]. Nel prossimo paragrafo, invece, vi presenterò un'idea da me elaborata quando ero ancora studente, e mi accostavo per la prima volta a questo ostica ma affascinante argomento, un'idea che forse potrebbe davvero permettere agli uomini, un giorno, di avvicinarsi alla fatidica soglia della velocità della luce...