Quanto detto nel paragrafo 3.2 può suggerire un'idea. Osserviamo che, se l'aeromodello einsteiniano dell'esempio precedente fosse abbastanza grande da montare un altro modellino, in grado di staccarsi da esso (nella medesima direzione di moto) quando esso é già in volo, e se il modellino figlio volasse anch'esso alla solita velocità di 240.000 Km/s, rispetto al treno di Einstein si muoverebbe anch'esso a 292.683 Km / s, come già determinato in un esempio precedente, ma rispetto alle rotaie del treno avrebbe una velocità di:
Se, come una bambola russa che al proprio interno ne ha una identica e più piccola, questo velocissimo modellino potesse farne partire a sua volta un altro a 240.000 Km / s, le velocità si comporrebbero ulteriormente, e l'ultimo nato si muoverebbe, rispetto all'osservatore assoluto, a 299.908 Km / s, a soli 90 Km al secondo dall'irraggiungibile c!
Ragioniamoci un po' su. Se esistesse un astronave che viaggia a 299.178 Km / s, per farla accelerare solo di un altro metro al secondo occorrerebbe più carburante di quanto né é occorso per farla arrivare fino a quell'incredibile velocità, e l'aumento di 730 Km / s (cioè dello 0,25 %) porterebbe ad un'incredibile dispendio di energia e ad un aumento della massa da 13 a 40 volte rispetto alla massa iniziale (cioè del 300 %!), come vedremo nel paragrafo 4.1. Invece, facendo partire dall'astronave una navetta con velocità relativa confrontabile a quella assoluta della nave madre, l'impresa é compiuta non solo senza aumentare la massa, ma addirittura diminuendola (perché la navicella ha lasciato il precedente stadio, e la sua massa é decisamente minore di quella del vettore da cui é stata sganciata)!
Quanti stadi occorrono? Facciamone una stima grossolana. Supponiamo di avere una tecnologia in grado di progettare motori (a fissione nucleare, a fusione, ad annichilazione...) in grado di raggiungere la metà della velocità della luce. Montiamo allora, in stadi successivi, delle navette in grado di staccarsi l'una dall'altra con velocità relativa (c/2). Il primo stadio si muoverà ovviamente a c/2 (rispetto al suolo). Il secondo avrà una velocità relativa al suolo pari a (4c/5), data dalla (3.5). Il terzo avrà una velocità di (13c/14), il quarto di (40c/41), e così via. Abbiamo così una successione del tipo:
se invece la nostra tecnologia ci mette a disposizione motori che giungono al massimo a (c/3), i successivi stadi si muoveranno con velocità successive:
Si fa notare che (3c/5) = 240.000 Km / s, onde il treno di Einstein é realizzabile già con una tecnologia in grado di progettare motori da 100.000 Km / s. Se parto da (c/4), trovo una successione analoga. Le chiameremo successioni di Lorentz.
Ragioniamoci su un momento. Se io voglio raggiungere perlomeno i 275.000 Km / s, partendo da (c/2) mi bastano tre stadi, partendo da (c/3) me ne servono perlomeno cinque. Se invece voglio arrivare a 290.000 Km / s, partendo da (c/2) ci vogliono quattro stadi, da (c/3) me ne servono sei. Se poi parto da velocità sempre più basse, il numero di stadi necessari cresce vertiginosamente. A partire da un razzo che si muove ad 11 Km / s (velocità di fuga dalla gravità terrestre) sarebbero necessarie migliaia e migliaia di stadi!
Ciò é dovuto al fatto che le successioni di Lorentz convergono sempre a c, ma tanto più rapidamente quanto maggiore é il primo termine. Queste successioni mostrano un esempio di DEFINIZIONE PER INDUZIONE: non si fornisce cioè la legge che permette di trovare direttamente il valore dell'n-esimo termine, ma si assegna il primo termine e la legge che lega l'n-esimo all'(n+1)-esimo, così da poterli trovare tutti. É chiaro allora che a governare la rapidità con cui la successione converge é proprio l'entità del primo termine. Se questo vale c, tutti i termini valgono c, e quindi la successione e già al suo limite quando già siamo al primo termine.
Nel grafico soprastante sono stati riportati i valori delle velocità dei vari stadi della nostra astronave-bambola russa a partire da velocità iniziali di (c/2), (c/3) e (c/4). Come si vede, la convergenza é rapidissima se il primo stadio é molto veloce, come é stato discusso.
Abbiamo così scoperto l'unico modo ragionevole per avvicinarci alla velocità della luce. Naturalmente, questo a patto di saper raggiungere velocità che rappresentino una frazione apprezzabile di c, altrimenti é tutto inutile. Ma é possibile?
La fantascienza può sbizzarrirsi come vuole, la scienza un po' meno. Oggi si pensa che velocità già di 10.000 Km / s potrebbero essere raggiunte con un razzo che, anziché sfruttare la combustione di idrogeno liquido, venga spinto dall'energia liberata dalla fissione di elementi pesanti. In altre parole, un missile del genere dovrebbe trasportare sì e no centomila bombe atomiche stile Hiroshima; la loro esplosione successiva sarebbe in grado di portare il razzo a tale velocità che la stella più vicina, Alfa Centauri, potrebbe venir raggiunta in circa 130 anni. Un progetto fantascientifico? Pare proprio di sì, tenendo conto che il propellente nucleare esalerebbe nello spazio pericolose scorie radioattive, e che quindi la partenza dovrebbe avvenire già a distanza di sicurezza dalla Madre Terra; secondo alcuni, almeno dall'orbita di Giove, nella quale il razzo dovrebbe essere costruito, sfruttando basi permanenti sui satelliti Medicei, basi che al giorno d'oggi rappresentano pura fantascienza
C'é chi, per aggirare il problema, si é spinto ancora più in là, immaginando un razzo spinto non da bombe atomiche, bensì da bombe H, che sfrutti cioè la fusione dell'idrogeno in elio per produrre l'energia necessaria. Secondo i conti di qualche appassionato, con un razzo del genere si potrebbe arrivare a tali velocità che il viaggio da qui alla costellazione del Centauro durerebbe non più di 40 anni: su tempi "umani", dunque, e tali da non rendere più tanto assurda l'idea dell'astronave a più stadi che sfrutti le successioni di Lorentz.
Inoltre, mentre é difficilissimo procurarsi il plutonio per bombe a fissione, la fusione nucleare come tutti sanno sfrutta isotopi dell'idrogeno, e si dà il caso che questo sia diffuso, sotto forma di nubi rarefatte, nello spazio interstellare. Viene dunque l'idea che si può evitare di portarsi dietro riserve ciclopiche di combustibile, quando lo si può raccogliere direttamente per strada, per esempio con un paraboloide che lo convoglia in un reattore opportuno.
Purtroppo i problemi non mancano. Anzitutto, l'idrogeno nello spazio c'é, ma é molto rarefatto, e perciò occorrerebbe un paraboloide gigantesco, largo magari centinaia di migliaia di Km (vedi figura). Inoltre, un mostro del genere in volo a velocità altissima nello spazio incontrerebbe un ostacolo insormontabile proprio a cagione di quell'idrogeno che doveva raccogliere. Allo scopo, ripensiamo a quanto detto a proposito dei sistemi in moto relativo: se un razzo in volo a velocità prossima a quella della luce incontra sul suo cammino un atomo d'idrogeno, é come se il razzo fosse fermo e l'atomo gli venisse incontro alla velocità della luce o poco meno; e questo equivale ad un raggio cosmico. Per funzionare, l'astronave dovrebbe attraversare una regione di spazio con sufficiente densità atomica, come una nube, e allora sarebbe bombardata da una pioggia terribile di raggi cosmici che la arroventerebbero e la renderebbero ben presto radioattiva; o, se anche si riuscisse a produrre uno scudo efficiente per quest'astronave, il paraboloide sarebbe ben presto bucherellato come un colabrodo, rendendo impossibile utilizzarlo ulteriormente. Troppi problemi, decisamente.
C'é chi ha pensato a missili ancora più "fantascientifici": quelli ad annichilazione, per esempio, come impareremo nel paragrafo 4.3 (ma si dirà quali difficoltà presentano), o gli ipotetici "motori quantici" di cui parla lo scrittore A.C. Clarke nel romanzo "Voci di Terra Lontana", motori che dovrebbero sfruttare l'energia del mare di elettroni e positroni virtuali che, secondo la teoria dei quanti, riempirebbe il vuoto (come l'etere dei bei tempi andati: nihil sub Sole novum!). Ma qui siamo proprio a livello di fantascienza, e finché vogliamo parlare seriamente di fisica, qualunque essa sia, in quel terreno non dobbiamo sconfinare mai!
Terminata l'unità 3, non ci resta che misurarci con gli esercizi per verificare se è il caso di passare all'unità 4, al termine della quale queste ultime affermazioni potranno essere meglio comprese nell'ambito dei problemi della dinamica relativistica.