IL VENTENNIO DELLE SCORRERIE

(1043 - 1066 aUc = 290 - 313 d.C.)


Il ventennio nero

E' inutile dire che, spesso, le popolazioni latine e celtiche percepiscono l'arrivo dei popoli trasferiti come delle vere e proprie scorrerie, ed in qualche caso, come nell'Italia meridionale, hanno luogo vere e proprie sollevazioni di popolo contro i nuovi venuti, percepiti come degli invasori. Ma, sotto il regno di Giunio Balbo II, si verificano anche invasioni barbariche nel vero senso della parola, sotto forma di scorrerie da parte di popoli non ancora romanizzati, attirati dalle ricchezze e dalla prosperità dell'Impero Romano. E le calamità connesse a queste invasioni barbariche si sommano alla tragedia delle pestilenze e delle guerre, coronando quello che fu definito dagli storici contemporanei "il ventennio nero".

Infatti, come sotto il regno di Antonino Pio erano calati in Europa gli Unni guidati da Rua, così negli anni della lontananza dell'Augusto da Roma si infiltrano nell'Impero, provenienti da est, delle popolazioni di stirpe uralo-altaica cui viene dato il nome di Ungari. Varcato il Volga a partire dal 290 d.C. (1043 aUc), essi approfittano dell'indebolimento dei latini causato dalle epidemie, e dell'incapacità dei Bulgari di opporsi efficacemente ad essi a causa delle sconfitte subite dagli augusti della dinastia Balbea, ed invadono la Venedia, relativamente risparmiata dal contagio, menando morte e disperazione là dove non avevano potuto giungere la peste ed il vaiolo. Da qui si spingono fino nella Germania meridionale e fin oltre il Danubio, nel nordest dell'Italia e nella Pannonia, creando teste di ponte stabili nell'attuale Ungheria. E così, una volta tornato a Roma e riprese in mano le redini dell'Europa, Giunio Balbo II deve affrontare anche questa minaccia se vuole rimettere ordine in un impero devastato e prossimo al tracollo economico e militare.

 

Il trionfo sugli Ungari

Egli decide di passare subito alle vie di fatto, arruolando un potente esercito composto di egiziani, siriani e persiani, tutti popoli risparmiati dalle pestilenze, ed affrontare con essi il nuovo nemico. Nonostante i popoli latini, celti e germanici guardino con sospetto anche a questi soldati orientali, dai tratti somatici mai visti prima, l'impresa conosce il successo grazie alla vittoria ottenuto nel 303 dall'Augusto nei pressi di Leopoli, città fondata da Valerio Balbo a nord della Dacia, ai margini della vasta pianura sarmatica. Ma che successo! L'imperatore mena strage tra gli Ungari, senza aver riguardi neppure per vecchi, donne e bambini, i quali vengono letteralmente sterminati in un bagno di sangue che non ha precedenti nella storia di Roma, e che non costituisce certo uno dei motivi più trascurabili per cui quello tra il 290 ed il 310 è chiamato il Ventennio Nero. Alla fine vengono risparmiate solo sei tribù al comando di Ferenc Khan, il quale accetta di sottomettersi a Roma. Allora Giuno decide di mostrare il suo volto più misericordioso, forse divorato dai rimorsi per l'orribile ecatombe cui i suoi soldati si sono abbandonati, ed offre loro una porzione di territorio fra il Danubio ed il Tibisco, inizialmente destinata agli Avari, ma da questi rifiutata perchè qui la pestilenza ha infierito più che in ogni altra parte d'Europa: una terra dove già gli Ungari avevano stabilito i loro quartier generali per le razzie nell'Europa meridionale. Il Khan ungaro accetta e si insedia nella città di Buda, già capitale di Rua; il territorio circostante viene riorganizzato e prende il nome di provincia di Ungaria. Gli Ungari si romanizzano rapidamente ed assumono usi e costumi dei vincitori, conservando solo la loro aspra lingua asiatica come retaggio delle origini guerriere.

 

Un drakkar, la snella nave da guerra vichingaIl flagello dei Normanni

Ma purtroppo i disastri non vengono mai da soli. Infatti alle epidemie si aggiunge una grave carestia sulle coste del Mar Mediterraneo, che soprattutto in Africa costituiscono il granaio dell'Impero, ed un disastroso terremoto che colpisce la Grecia e parte dell'Anatolia, abbattendo parzialmente il tempio di Diana ad Efeso; fatto, questo, che dai cristiani viene considerato come una severa condanna da parte del celeste del paganesimo di stato, oltre che della politica espansionistica e delle sanguinose spedizioni dell'Augusto contro gli Ungari. A ciò poi si aggiunge il flagello dei Normanni.

E', questo, un popolo di stirpe germanica stanziato nella Scandinavia e nella penisola dello Jutland; terre, queste, ai Romani note solo molto sommariamente. I Normanni sono divisi in due ceppi: i Variaghi, abitanti dell'attuale Svezia, dediti al commercio ed alla pastorizia, ed i più bellicosi Vichinghi, stanziati sulle coste delle attuali Norvegia e Danimarca, dediti preferibilmente alla pirateria.  A bordo dei loro drakkar, agili e rapidissimi vascelli da combattimento, essi compiono veloci scorrerie sulle coste settentrionali dell'Impero fin dal regno di Commodo, ma essi intensificano le loro scorribande contro i coloni romani dopo che Giunio Balbo Minore è riuscito ad annettere le coste meridionali del Mar Baltico fino alle terre dei Finni, alleandosi con questi ultimi, acerrimi nemici dei Normanni. Durante l'assenza dell'Augusto da Roma, le scorrerie dei popoli del Nord hanno raggiunto le isole britanniche, il Belgio le Gallie ed addirittura l'interno della Germania e delle terre degli slavi, poichè i drakkar sono in grado di risalire velocemente i fiumi. Dopo aver sistemato le cose con gli Ungari, perciò, nel 305 il nipote di Valerio Balbo mette in piedi una potente flotta nel porto di Burdigala (Bordeaux) e muove contro le basi dei Normanni nell'arcipelago Danese. Dopo aver ottenuto una vittoria davanti all'isola di Laeso, nel canale tra Jutland e Scandinavia, la flotta subisce però pesanti perdite a causa degli attacchi delle rapidissime navi da guerra dei Normanni, e deve ritirarsi nel porto di Amburgum per riparare i danni. Allora l'Augusto decide di ricorrere ad un'inedita alleanza tra Romani, Germani, Slavi e Finni per attaccare da più parti il nemico; fatte costruire navi da guerra simili a quelle vichinghe, utilizzando come modelli dei relitti ripescati dai bassi fondali, nella primavera del 307 egli riesce ad annientare la potente armata navale che il re vichingo Harald Bellachioma gli schiera dinanzi, e sbarca contemporaneamente in quattro punti diversi della penisola scandinava. I Variaghi sono i primi ad arrendersi: il loro capo Gustav Haslaksen, poi detto Gustavus Magnus, piega il ginocchio di fronte a Giunio Balbo II e gli concede la sua spada, e l'imperatore se lo fa amico risparmiando la vita a lui ed al suo popolo. Nel corso del quarto secolo d.C. i Variaghi vengono compensati per la loro fedeltà a Roma con l'assegnazione di ampie terre già dominate dagli slavi tra i fiumi Rudon e Tanais; sotto la guida del loro capo Rjurik essi fondano qui la loro capitale Kiebs (Kiev), si fondono con i Venedi e danno vita alla provincia di Russia. Piano piano essi cominceranno a conquistare l'entroterra, varcheranno i monti Rifei (Urali) e colonizzeranno una fascia di terra estesa addirittura fino all'Oceano Pacifico.

 

Anche i Vichinghi vengono sottomessi

Più ardua si rivela la lotta contro i Vichinghi, contro i quali Giunio Balbo deve lottare per altri cinque anni, fino al 312 d.C. (1065 aUc), quando ottiene una convincente vittoria nel fiordo di Bocnus (Bokna), la quale provoca la sottomissione di molti capitribù norvegesi. Una parte dei Vichinghi però rifiuta di arrendersi e parte con le sue navi verso una destinazione rimasta sempre sconosciuta (c'è chi ipotizza l'America), ne' di loro si saprà mai più nulla. Alla fine, Giunio Balbo annette al proprio impero le nuove provincie di Dania (capitale Hafnia, oggi Copenaghen), Norvegia (capitale Vichinghia, oggi Oslo) e Svetia (capitale Uppsala). Più tardi anche i Finni, divenuti fedeli alleati di Roma, verranno organizzati in provincia.

Una volta sottomessi, i Variaghi ed i Vichinghi divengono i migliori navigatori dell'Impero, e da qui in poi costituiscono il nerbo della marina mercantile e militare romana. Spinti dal loro spirito di avventura, essi non utilizzano più i loro velocissimi navigli per piombare sulle popolazioni inermi e per saccheggiarle, ma per esplorare nuove terre da colonizzare e nuove vie commerciali. E' a loro che si deve l'esplorazione dell'estremo nord del continente euroasiatico. Nel 337 i Vichinghi raggiungono capo Nord, l'anno successivo lo doppiano e mettono piede nella penisola di Cola, mentre nel 366 il prode condottiero Pell sbarca sulle coste del Mar Bianco e battezza quelle terre con il nome di Biarmalandia. In seguito le truppe imperiali formate da Finni che combattono sotto le insegne romane le raggiungono via terra, vi fondano la città di Templum Mavors e ne fanno una remota provincia, rinomata per la caccia ai cetacei ed alle foche, oltre che per il commercio di pelli (i cristiani daranno poi a quella città il nome di Archangelus). In seguito i Vichinghi colonizzano Thule, battezzandola con il nuovo nome di Islanda (terra del ghiaccio), e poi si spingono in Groenlandia; ma di questo riparleremo più avanti.

Giunio Balbo II muore nel 313, dopo una vita avventurosa trascorsa tra l'esilio dorato in Egitto e le guerre nelle lande nel Nordeuropa; gli succede il figlio che si chiama anch'egli Giunio Balbo, detto dagli annalisti Giulio Balbo III. Mentre però egli è ancora impegnato ad organizzare le conquiste del padre, un fatto nuovo e molto importante lo incoraggia a volgersi di nuovo all'Oriente, peraltro ritenuto ben più redditizio delle sterili coste ghiacciate della Scandinavia.


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