SOTTO LA DINASTIA BALBEA

(984 - 1054 aUc = 231 - 301 d.C.)


L'Età Balbea

Abbagliato dagli incredibili successi da lui colti in un ventennio di fortunate spedizioni militari, Caio Vero Svetonio comincia a preparare piani per attaccare l'Etiopia e l'India, giungendo là dove persino Alessandro il Macedone aveva dovuto fermarsi, ma la morte lo coglie a Roma nel 231 d.C. (984 aUc). Gli succede Valerio Balbo, il quale come sappiamo è miglior statista che conquistatore, e con lui la fase dell'espansione conosce una fase di arresto. Egli infatti sa che l'Impero si è espanso troppo rapidamente in terre semisconosciute fino a pochi anni prima, e che lo stato romano necessita radicali riforme e ristrutturazioni, se non vuole cedere sotto il peso della sua stessa vastità, estendendosi ormai dalla Spagna alla Persia, dallo Jutland all'Arabia Felice, dalle steppe della Russia fino ai deserti dell'Africa settentrionale.

E così, durante il suo lunghissimo regno ( 231 - 282 d.C, ; 984 - 1035 aUc ), Valerio Balbo provvede ad investire nell'economia romana le ingentissime ricchezze dei remoti regni appena conquistati e visita personalmente più volte quelle terre, organizzandovi l'amministrazione romana facendo uso di funzionari locali. Resosi conto che romanizzarle completamente è praticamente impossibile, lascia convivere culti e tradizioni locali accanto a quelli della romanità imposta dall'alto; tra l'altro, pone momentaneamente fine alle persecuzioni contro Cristiani ed Ebrei, tollerando i loro culti purchè non turbino l'ordine pubblico. Sul piano della politica estera, egli conclude trattati di pace vantaggiosi con i bellicosi vicini (il regno dei Bulgari e dei Venedi a nord, l'impero Kushano ad est, l'Etiopia a sud), assicurando all'Europa un cinquantennio di pace che non conosceva più dai tempi di Ottaviano Augusto. Nonostante potenzi l'esercito, portando il numero delle legioni addirittura a cinquanta, e schieri poderose truppe a difese dei nuovi confini, le uniche guerre da lui combattute sono quelle contro l'Ivernia, la cui conquista è definitivamente portata a termine nel 246; l'anno dopo, a Valerio Balbo tocca l'onore di festeggiare il millennio dalla fondazione di Roma. Valerio manda inoltre esploratori a nord che raggiungono ed annettono all'Impero le isole Shetland, le Faer Oer e poi l'Islanda (275), popolata da alcune centinaia di coloni ed organizzata in provincia con il nome di Thule. Valerio Balbo manda poi ambascerie alla corte dei maragià indiani e dell'imperatore cinese, deciso ad allacciare relazioni commerciali con ogni angolo del globo.

Il lungo periodo di pace di cui il mondo gode sotto il regno di Valerio, oggi noto come l'Aetas Balbaea, porta con sé il rifiorire non solo dei commerci e delle opere pubbliche, ma anche e soprattutto delle lettere e delle arti; lo stesso Augusto è un grande viaggiatore, visita personalmente tutto l'Impero spingendosi fino ad Axum, nella vicina Etiopia che egli si fa amica ed alleata, ed è amante delle lettere, tanto da lasciarci un dettagliato diario delle sue visite d'ispezione, dalla caccia dei leoni in Mauretania fino alle escursioni sui monti Tatra innevati dal freddo del nord; gli si attribuisce anche un'opera storica sulle conquiste operate da Caio Vero Svetonio ed una raccolta di poesie d'amore.

Esempio di pregevole artigianato dei VenediLa minaccia dei Venedi

Mentre però Valerio Balbo prosegue nella sua opera di consolidamento dei confini orientali, ritorna in auge l'interesse per il nord dell'Europa. Ovviamente la civiltà grecoromana ritiene i Germani e gli Slavi dei barbari cui devono essere imposti con la forza gli stili di vita tipici delle civiltà avanzate, mentre i popoli orientali, con le loro magnifiche teocrazie, le loro religioni esotiche, i loro millenari palazzi rappresentano un modello cui ogni patrizio alla moda deve confrontarsi ed adeguarsi; nella sua visita al regno dei Venedi nell'estate del 256, invece, Valerio ha compreso che la federazione che tanto filo da torcere ha dato ai suoi predecessori è ormai in via di dissoluzione a causa dell'eterogeneità dei popoli che la compongono: Venedi, Aestii, Gauti e Bulgari, i quattro principali gruppi etnici della federazione, lottano apertamente fra di loro per conseguire la preminenza, e pare che i Bulgari del Volga riescano ad ottenere la preminenza sui Venedi, indebolendo il fianco sud del regno. A ciò si aggiunga il fatto che la federazione ospita anche genti di stirpe non slava, come i Longobardi e i Burgundi, di stirpe germanica, fuggiti al di là dell'Oder ai tempi di Marco Aurelio per sottrarsi alla dominazione romana dopo la morte di Rua; e la loro presenza non fa altro che rendere ancor meno coeso lo stato barbarico.

Più che ad una sua conquista militare, tuttavia, l'imperatore pacifico (Pacificus Augustus fu il nome attribuito a Valerio dagli storici a lui contemporanei) pensa di ridurlo ad uno stato vassallo, onde evitare a Roma il gravoso onere di contrastare la guerriglia cui sicuramente quei popoli darebbero vita nelle steppe dell'Europa orientale. Non altrettanto però la pensano i suoi successori della dinastia balbea che ha preso il posto di quella dei Veri-Svetonii.

 

I due cugini condottieri

Essendo il figlio di Balbo morto prima del padre, alla morte di questi sale al trono il nipote Giunio Balbo, detto il Maggiore per distinguerlo dal cugino che regnerà dopo di lui. Questi è cresciuto nell'esercito e non vede l'ora di mettere a frutto le doti militari apprese dai migliori maestri d'armi del tempo; tanto più che è uno sfegatato ammiratore di Lucio Vero e di Caio Vero Svetonio, ed aspira ad emularne le gesta per iscrivere il suo nome nell'albo degli eroi di Roma. Tutto questo, unitamente all'incoscienza giovanile ed alla mancanza di scrupoli di chi è cresciuto abituato a vedere soddisfatta ogni propria richiesta, costituisce una miscela esplosiva che non tarda certo ad esplodere. Approfittando dello sconfinamento di alcuni gruppi di Aestii oltre l'Oder, e contando sulle divisioni intestine del regno slavo, un tempo così minaccioso quando era unito sotto capi forti e carismatici, egli passa il fiume con ben tre legioni, ed in soli due mesi porta il confine prima sulla Vistola e poi sul fiume Rudon, oggi chiamato Niemen, e sull'alto corso del Boristene (oggi Dniepr). Qui però egli si scontra con i Bulgari, giunti dalle loro sedi naturali sull'alto Volga a dare manforte agli alleati meridionali. Dopo aver subito due gravi sconfitte, Giunio Balbo Maggiore deve ritirarsi ed attestarsi sulla Vistola, ma i suoi avversari non ne approfittano; nell'inverno del 287 d.C. (1040 aUc) egli riceve rinforzi provenienti dalla Britannia e dalla Spagna, guidati dal cugino Giunio Balbo Minore, e con essi si sposta in Sarmazia dove gli Aestii ed i Gauti hanno tentato di invadere l'Impero e di aprirsi la strada fino a Roma, li batte e li ricaccia oltre la vecchia frontiera. I due cugini danno vita ad una manovra a tenaglia che schiaccia i Venedi in una morsa, anche grazie all'aiuto dei Finni, stanziati nell'attuale Finlandia meridionale, che si alleano con i Romani in odio alla feroce dominazione cui i Venedi li hanno sottoposti. Solo l'arrivo del terribile inverno del 288 salva il regno venedico dalla fine.

Ma tale fine è solo rimandata. Nella primavera successiva i Romani penetrano in profondità nel territorio slavo ed infine riescono a ricongiungersi davanti a Bulgar, la capitale dei loro nemici. Nella battaglia decisiva presso questa città (6 aprile 289) i Bulgari vengono completamente sbaragliati, la loro capitale è messa a ferro e fuoco e chi non vuole sottomettersi è costretto a fuggire ad oriente oltre il Volga; anche Giunio Balbo Maggiore però perde la vita combattendo valorosamente. Il Minore è acclamato imperatore dalle truppe, e dopo che il Senato gli ha conferito la Tribunicia Potestas egli si gode il trionfo a Roma ed organizza tre nuove provincie: Aestia (capitale Varsavia), Venedia (capitale Riga) e Bulgaria (capitale Bulgar, ricostruita come città romana).

 

La peste ed i Germani in Europa

In realtà però c'è ben poco da trionfare, perché l'anno prima è scoppiata in Europa una tremenda pestilenza, cui si uniscono altre epidemie, dal vaiolo al colera, portate dalle navi provenienti dall'oriente. Per precauzione Giunio Balbo Minore si sposta in Egitto, trasferendo temporaneamente la sua residenza ad Alessandria, dove rimane per dodici anni. Quando egli torna a Roma, il 20 dicembre 301 (1054 aUc), constata con raccapriccio che la popolazione dell'Europa centrale e meridionale è diminuita dei due quinti. E' stato il peggior flagello che abbia mai colpito l'Europa, peggiore ancora delle orde di Rua.

L'Augusto decide allora di giocare una carta mai tentata prima: ripopolare le campagne e le città desolate con popoli barbari trasferiti, o meglio deportati per l'occasione. Per incentivarli a cambiare residenza, egli offre loro nuove terre meno fredde, più fertili e più ospitali. Ecco un breve elenco dei popoli che accettano il trasferimento (vedi la mappa per maggiori informazioni):

ALANI Spagna Betica (meridionale)
ANGLI Britannia
AVARI Bastarnia (Slovacchia)
BULGARI Tracia e Mesia orientale
BURGUNDI valle del Rodano
ERULI Pannonia e Norico (tra il Danubio e il mar Adriatico)
FRANCHI Gallia Celtica
GEPIDI Dacia
LITUANI Lituania
LONGOBARDI Italia centrosettentrionale
OSTROGOTI Macedonia, Anatolia, Campania ed Elvezia (Svizzera)
RUGI Boemia
SASSONI Germania settentrionale, Britannia orientale
SUEBI Galizia (nel nord della Spagna)
VISIGOTI Spagna ed Aquitania
VANDALI Africa settentrionale, Sicilia, Sardegna

Questo fatto provoca un radicale mutamento della fisionomia etnografica d'Europa. La parte centrale della Gallia Cisalpina attorno a Mediolanum (Milano) comincia ad essere chiamata Langobardia, da cui il nome attuale di Lombardia, così come la Britannia comincia ad essere chiamata Anglia, e la valle del Rodano prende il nome di Burgundia, da cui l'attuale Borgogna. I Franchi vedono ampliato il territorio già assegnato loro da Antonino Pio e Marco Aurelio, e cominciano a chiamare le Gallie con il nome di Francia. Stessa sorte tocca alla Tracia, dopo che vi furono insediati i Bulgari che si sono arresi al dominio di Roma: essa prende il nome popolare di Bulgaria, anche se i Bulgari più riottosi ed insofferenti continuano a vivere sull'alto Volga, cosicché nell'Impero coesistono due Bulgarie. I Venedi vengono lasciati nei loro territori perché giudicati inaffidabili; solo ad una parte di essi è concesso di spostarsi tra la Vistola e l'Oder, nel territorio abbandonato dai Longobardi; e poiché i loro campi coltivati sono chiamati "pole" in lingua slava, i Romani e i Germani li chiamano Polani, da cui il nome attuale di Polacchi (e di Polonia dato alla loro terra). Ma i trasferimenti di popoli sono dopotutto una delle preoccupazioni minori per uno dei Cesari più sfortunati della storia di Roma...


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