Sulla scia delle ucronie ottocentesche, come la Repubblica Italiana del 1848 di Homer e Lunga vita a Federico III di Dorian Gray, mi è venuta in mente una variante che ho cercato di ricondurre a un unico avvenimento alternativo: la morte prematura di Garibaldi. Come conseguenza avremo, fino ai giorni nostri, due Italie più la Sicilia. Separati staremmo meglio? Un bel dilemma. Ecco intanto la mia Timeline:
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20-7-1860 (nella nostra Timeline)
Durante la battaglia di Milazzo, il capitano borbonico Giuliani si lanciò contro Garibaldi, rimasto appiedato dopo il ferimento del suo cavallo. Il colonnello Giuseppe Missori
abbatté col suo revolver il cavallo dell’ufficiale, consentendo a Garibaldi di finire il nemico con un colpo di sciabola.
Nel campo si sparse la voce che Garibaldi era stato fatto prigioniero.
Il generale Giacomo Medici gridò “Garibaldi è vittorioso in Milazzo!”.
Gli animi si reinfiammarono...
Alla fine i garibaldini conquistarono un ponte sulla strada verso l’istmo di
Milazzo.
La battaglia è vinta. Pochi giorni dopo i borbonici si ritirano in Calabria...
20-7-1860 (in una Timeline ucronica)
Durante la battaglia di Milazzo, il capitano borbonico Giuliani si lancia contro Garibaldi, rimasto appiedato dopo il ferimento del suo cavallo. Il colonnello Giuseppe Missori arriva con un attimo di ritardo e Garibaldi è mortalmente ferito.
Missori abbatte col suo revolver Giuliani e altri tre sodati borbonici, mentre il corpo di Garibaldi viene portato via di nascosto.
Nel campo si sparge la voce che Garibaldi è morto..
Il generale Giacomo Medici nega urlando: “Garibaldi è vittorioso in Milazzo!”
Gli animi si reinfiammano...
Alla fine i garibaldini conquistano un ponte sulla strada verso l’istmo di Milazzo,.
La battaglia è vinta. Pochi giorni dopo i borbonici si ritirano in Calabria.
Agosto 1860
Dopo la liberazione della Sicilia, un comunicato ufficiale del governo provvisorio siciliano annuncia che l’Eroe dei Due Mondi è morto in seguito alle ferite riportate.
In Sicilia si forma un triunvirato composto da Nino Bixio, Giacomo Medici , e Francesco Crispi.
L’invasione della Calabria è rimandata “sine die”.
Bixio e Medici (spinti da Cavour) vorrebbero un plebiscito per l’immediata annessione dell’isola al Piemonte. Crispi (unico Siciliano) vorrebbe l’indipendenza della Sicilia, e prende tempo, cercando l’appoggio degli inglesi…
A Napoli, re Franceschiello, che aveva concesso da poco la Costituzione, tira un sospiro di sollievo. L’esercito borbonico si ricompatta intorno al suo re, e alla regina Maria Sofia.
Il re riceve una inaspettata visita da Carlo Filangeri, suo ex primo ministro e dal lui licenziato per le sue idee riformiste, e la sua eccessiva amicizia con gli inglesi (si era opposto alla nazionalizzazione delle miniere di zolfo).
Filangieri riferisce al re che gli inglesi sono disponibili a lasciarlo sul trono dell’Italia meridinale, se rinuncia alla Sicilia , liberalizza il regno, e stringe un’alleanza con Vittorio Emanuele.
Finlageri torna primo ministro...
Ottobre 1860
In Sicilia un plebiscito proclama l’indipendenza della Sicilia. Il nuovo re della Sicilia è Filippo del Belgio, figlio cadetto di re Leopoldo, e cugino della regina Vittoria. (nella nostra TL gli è stata offerta la corona di Grecia, ma ha rifiutato).
Crispi, naturalmente, è primo ministro.
A Napoli Francesco cambia il suo titolo in re dell’Italia Meridionale.
A Torino Vittorio Emanuele è proclamato re dell’Italia Settentrionale. Cavour è messo da parte.
Le due Italie stringono un trattato d’alleanza. Una clausola segreta prevede la spartizione dello Stato Pontificio.
1866
Nella Terza Guerra d’Indipendenza gli italiani del nord sono sconfitti a Custoza. Gli italiani del sud (loro alleati) mandano la flotta contro l’Austria
sbaragliando gli austriaci nella acque dalmate (bastava un ammiraglio un po’ migliore di Persano!).
Il trattato di pace assegna il Veneto all’Italia del Nord, e alcune isole dalmate all’Italia del Sud.
In Sicilia Crispi, sostenuto dagli inglesi, non nasconde le sue mire sulla Tunisia. Truppe siciliane, per reazione all’affondamento di un peschereccio siciliano, occupano l’isola di
Gerba.
1870
Dopo la sconfitta di Napoleone III , moti rivoluzionari sapientemente organizzati da piemontesi e napoletani, “contringono” Italia Settentrionale” e Italia meridionale, a “venire in soccorso del papa”.
I piemontesi occupano Marche , Umbria, Viterbo e Civitavecchia.
I napoletani occupano Benevento, Frosinone, Rieti, Terracina e tutto il litorale del Lazio fino a Anzio.
Sotto il controllo del papa rimane solo Roma e gli immediati dintorni fino a Bracciano (confine con Italia del Nord ) e Velletri (confine con l’Italia del Sud).
Pio IX scomunica i re italiani, ma il resto d’Europa accetta il fatto compiuto.
1878
Dopo lunghi negoziati, il papa accetta la perdita dei territori occupati. In
cambio Re Umberto I e re Francesco II garantiscono l'indipendenza di quello che é
rimasto dello stato pontificio e firmano due Concordati in cui é ribadita la preminenza della Chiesa Cattolica nei regni italiani.
Nel congresso di Berlino, si discute il nuovo assetto dei Balcani. Re Francesco II ottiene un protettorato sull'Albania e il porto di Valona. Siciliani e
francesi, con la mediazione degli inglesi, si accordano per una spartizione della Tunisia.
1881
I francesi occupano la Tunisia, lasciando come enclave siciliana il porto di Sfax. I siciliani occupano le isole di Kerkenna e Gerba.
1894
Muore Re Francesco II, tra il compianto dei suoi sudditi dell'Italia meridionale che, durante il suo regno, ha avuto uno sviluppo economico senza precedenti. Non avendo avuto figli maschi, gli succede il fratello Alfonso (re Alfonso I dell'Italia meridionale).
1900- 1910
Re Umberto I muore assassinato. Gli succede il figlio Vittorio Emanuele III.
L'Italia settentrionale attraversa una grave crisi, politica e economica. Molti dalle campagne di Piemonte, Lombardia e Veneto emigrano nelle aree industriali
dell'Italia meridionale o in America. Come conseguenza dell'emigrazione
prevalentemente settentrionale, la pizza non sarà così diffusa nel mondo: al suo posto ci
sarà la piadina romagnola, al posto di spaghetti e maccheroni saranno diffusissimi tagliatelle e
tortellini, ed in giro per il mondo ci saranno ristoranti che propongono cassoela e polenta.
Ovviamente al posto della mafia siciliana verrà esportata la malavita milanese, la cosiddetta “Ligera”,
che in questa Timeline diverrà una vera e propria criminalità organizzata.
La situazione migliora dopo la salita al potere di Giovanni Giolitti che promuove un rilancio economico del Settentrione.
1911
Dopo l'occupazione francese del Marocco e inglese dell'Egitto, i Siciliani
ottengono il permesso di occupare la Tripolitania. Re Alfonso I dell'Italia meridionale, alleato di re Leopoldo I di Sicilia, occupa la
Cirenaica.
L'Italia settentrionale deve accontentarsi dell'Eritrea.
1914- 1917
L'Italia Settentrionale entra in guerra, a fianco di Francia e Inghilterra,
contro Germania e Austria.
Italia meridionale e Sicilia rimangono neutrali ma volontari del Sud (tra cui l'abruzzese Gabriele d'Annunzio), si arruolano nell'esercito italiano. Gli
industriali dell'Italia meridionale si arricchiscono vendendo armi al nord.
1918
Mentre gli italiani del nord sono asserragliati sul Piave, l'Italia meridionale
dichiara formalmente guerra all'Austria.
La marina borbonica trasporta un esercito italo-serbo in Albania. Dopo la vittoria italiana al Piave, navi napoletane occupano Fiume. Gabriele d'Annunzio
fonda la repubblica del Carnaro.
Il trattato di pace lascia insoddisfatti gli italiani del nord che ottengono solo Trentino-Alto Adige, Trieste e l'Istria. La repubblica del Carnaro
é riconosciuta come stato autonomo italo-croato, sotto la protezione dell'Italia
meridionale.
L'Italia meridionale si annette alcune isole dalmate e l'Albania meridionale, tra Valona e il confine greco.
1919-1922
Gravi disordini nelle campagne padane dovuti alla "vittoria mutilata" portano alla “marcia su Torino, guidata da Benito Mussolini. Re Vittorio Emanuele III é costretto ad abdicare e fugge in Svizzera.
1923
Benito Mussolini proclama la nuova Repubblica Sociale Italiana, con capitale Milano, assumendo il titolo di Duce. Mussolini propone una Confederazione Italiana agli altri stati italiani, con capitale Roma. Molto lo appoggiano al Sud, ma a Napoli prevale la lealtà alla monarchia borbonica.
1924-1938
La Repubblica Italiana si trasforma presto in una feroce dittatura. Gli esuli antifascisti si rifugiano a Napoli. Mussolini si allea a Hitler. Dopo l'annessione tedesca di Boemia e Moravia, Il duce occupa la repubblica del Carnaro.
1939-1940
Hitler invade la Polonia. Mussolini si schiera con Hitler contro la Francia. Il fronte italo-francese rimane bloccato fino alla vittoria tedesca a Nord. Hitler permette a Mussolini l'occupazione di Nizza e Corsica.
1941
Mentre Hitler invade la Russia, Mussolini attacca il regno dell'Italia
meridionale. L'esercito borbonico si ritira su una linea difensiva tra Pescara e
i fiume Garigliano.
Mussolini occupa anche Roma. Il Papa si dichiara prigioniero in Vaticano.
1942
Hitler manda in aiuto di Mussolini un esercito guidato dal generale Rommel. I
tedeschi invadono Iugoslavia e Albania e sbarcano in Puglia. L'esercito di Mussolini sfonda il fronte del Garigliano. Re Francesco III firma la resa
dell'Italia meridionale e fugge in Portogallo. L'intera penisola é annessa alla
Repubblica Sociale Italiana, con capitale Roma.
Il generale Graziani non accetta la resa di re Francesco III. Con l'aiuto della flotta inglese parte dell'esercito napoletano, accerchiato intorno al porto di
Gioia Tauro, riesce a imbarcarsi per la Sicilia, e da là in Cirenaica. Graziani
forma un governo provvisorio a Bengasi, riconosciuto da inglesi e americani e dai francesi del generale De Gaulle.
Il generale Rommel é richiamato da Hitler e mandato sul fronte Russo.
Graziani ottiene da inglesi e americani l'appoggio per uno sbarco a Salerno.
1943-1944
La popolazione di Napoli insorge contro i tedeschi
(Quattro Giornate di Napoli). Il generale Graziani entra trionfalmente in città. Re Alfonso
é dichiarato decaduto dal trono. Graziani si autonomina reggente dell'Italia Meridionale e
incarica Benedetto Croce di formare un nuovo governo.
Gli Italiani del Sud avanzano, con inglesi e americani, fino a Roma, Firenze e alla
Linea Gotica.
1945
Nella Repubblica Sociale Italiana vaste zone sono occupate da partigiani
comunisti. Palmiro Togliatti riesce a convincere Stalin a inviare alcune divisioni, attraverso Ungheria, Austria e Slovenia fino a Trieste e Milano. Dopo
la cacciata dai tedeschi, Palmiro Togliatti forma il governo della Repubblica Popolare
di Italia Settentrionale, subito riconosciuto dai Russi.
Gli anglo-americani arrivano per primi a Berlino. Ai Russi, che hanno occupato anche l'Austria,
é concessa solo l'occupazione di Berlino Est e del Brandeburgo orientale, in cui i Russi proclamano la Repubblica Democratica dell'Oder.
1946
La Repubblica Popolare di Italia Settentrionale, che aderisce al patto di Varsavia,
é riconosciuta solo dagli stati comunisti. Milano rimane divisa tra Milano Nord
e Milano Sud (dalla Galleria fino all'aeroporto di Linate) sotto l'occupazione italo-anglo-americana. La capitale dell'Italia Settentrionale
é spostata a Mantova.
A sud un referendum sancisce l'unione di Italia centrale, Sardegna e Italia meridionale alla nuova Repubblica Federale Italiana, con capitale Napoli. Roma
é restituita al papa.
Enrico de Nicola é il primo Presidente della Repubblica Federale Italiana. La nuova costituzione repubblicana, di tipo semi-presidenziale, conferisce ampi
poteri al Capo dello Stato.
1947-1962
La Repubblica Federale Italiana, aiutata dal Piano Marshall, conosce un miracolo
economico senza precedenti. La Repubblica Popolare Italia Settentrionale cambia il suo nome in Repubblica Popolare di Padania.
La Padania stenta a riprendersi, anche per la continua emigrazione di profughi da Nord a Sud. A Milano
é costruito un gran muro che divide in due la città.
Russi e padani bloccano tutte le strade verso Milano Sud, ma gli americani organizzano un ponte aereo. Kennedy, visitando Milano Sud, grida:
"Mi sun de Milan!"
1962
La Francia concede l'indipendenza a Marocco, Algeria, e Tunisia.
La Tripolitania é unita alla Tunisia, ad eccezione delle isole di Gerba e Kerkenna, che restano siciliane.
La Cirenaica é ceduta all'Egitto. Resta italiana la città di Bengasi con uno statuto di porto franco. I pozzi petroliferi del deserto libico sono ceduti
all'Egitto, ma restano gestiti dall'ENI di Enrico Mattei.
Amintore Fanfani é eletto presidente della Repubblica Federale Italiana. Primo ministro
é Aldo Moro.
Mario Scelba é primo ministro del regno di Sicilia.
1968
La Padania partecipa, insieme a Russia, Repubblica Democratica Tedesca, Ungheria e Bulgaria, all'invasione della Jugoslavia. Tito é fucilato a Belgrado. Dalla Jugoslavia si staccano Slovenia e Croazia. I padani ottengono la restituzione di Trieste e di parte dell'Istria.
1973
Sotto la presidenza di Andreotti, la Repubblica Federale Italiana rafforza i legami con l'Egitto e i paesi arabi, scampando alla crisi energetica dopo la guerra del Kippur. Un nuovo gasdotto unisce l'Africa alla Sicilia.
1980
Italia Federale e Sicilia entrano, insieme a Inghilterra, Danimarca e Irlanda
nell'Unione Europea.
Achille Occhetto, segretario del Partito Comunista della Padania, comincia ad
affrancarsi da Mosca.
Giulio Andreotti é presidente della Repubblica Federale Italiana. Primo ministro
é Ciriaco De Mita.
Bettino Craxi é primo ministro del regno di Sicilia.
Gli enti petroliferi di Italia e Sicilia si uniscono nella SISP (Società Italo
Sicula Petroli), che diventa la più importante società petrolifera dell'Africa
Settentrionale.
1985-1989
Con la salita al potere di Gorbachov in Unione Sovietica, il comunismo europeo
entra in crisi.
Gorbachov accetta la riunificazione di Berlino e l'unione del Brandeburgo orientale alla Germania Federale. Cadono i regimi comunisti di Polonia,
Ungheria, Cecoslovacchia, e Austria.
Resta aperta la questione di Milano Sud, per l'opposizione del governo comunista
padano a ogni apertura del muro di Milano.
A Sud é inaugurato il nuovo ponte sullo stretto di Messina.
Iniziano negoziati per una Confederazione Italiana dalla Padania alla Sicilia. Sarà mai possibile?
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Questo è il commento in proposito di Enrico Pellerito:
Riguardo al questa tua ultima fatica, avrei un paio di questioni da sottoporti, fermo restando che tutto l'impianto dello sviluppo degli avvenimenti mi sembra più che plausibile:
- la capitale "nordista" che resta a Torino;
- l'invasione dell'Italia da parte dell'Armata Rossa;
per quanto riguarda il primo punto, è verosimile che la mancata conquista del Meridione renda inutile l'avvicinamento a Roma, in considerazione della piega che prendono gli avvenimenti e considerando che un atto di forza rischierebbe una contemporanea azione francese e meridionale, o, dopo Sedan, meridionale e (perchè no?) austriaca; perciò niente cambiamenti, anche perchè uno spostamento a Milano porterebbe la capitale strategicamente esposta verso Est e la potenza di Vienna che non è da sottovalutare in questa Timeline dove l'Italia sabauda è meno consistente.
Diversa cosa mi sembra nei confronti del secondo punto.
E qui ti prego di credermi, non è assolutamente mia intenzione criticarti ma piuttosto esserti di apporto in funzione contributiva.
Sull'ipotetica riuscita di un'avanzata sovietica nel Settentrione durante il secondo conflitto mondiale, abbiamo espresso in molti pareri differenti. Io resto legato a certi elementi (imprescindibili mi permetto di definirli) di carattere geografico e militare, cioè alla ragionevole possibilità di sviluppo di una campagna militare in un detto territorio ed a tutti gli ostacoli (umani e ambientali) verosimilmente concretizzabili e sostenibili nel quadro ipotizzato.
Non voglio, però, impelagarmi e nel contempo annoiare, entrando nei dettagli di un possibile sviluppo alternativo dell'avanzata dell'Armata Rossa dall'Ucraina verso ovest; tengo comunque a precisare che la "distrazione" di forze sovietiche verso l'Italia non avrebbe mai potuto causare il rallentamento della pressione verso Berlino.
Si trattava di un obiettivo di primaria importanza e Stalin avrebbe rischiato una più lenta avanzata nei Balcani, nelle pianure ungheresi e nei Sudeti (con il rischio delle controffensive tedesco-ungheresi che pure ci furono) a patto che in Germania non si perdesse neanche un minuto di tempo per avanzare.
E per fare ciò era importante mantenere un "peso" militare di assoluta importanza nei confronti della Wehrmacht.
Beninteso, era importante che la fronte d'avanzata dell'Armata Rossa fosse la più unita e aderente, oltre che sincrona, sul territorio che si andava conquistando; importanti erano i Balcani, i Carpazi, la valle del Danubio, ma raggiungere Vienna (che sarebbe caduta il 13 aprile 1945) e non Berlino (che viene invece conquistata dagli Alleati occidentali) mi pare proprio improponibile.
Tant'è che l'unico sprint verso occidente, lasciando "indietro" i fronti a sud della catena dei Carpazi, fu fatto nel gennaio del 1945 in Polonia e in Germania, puntando sulla capitale tedesca.
Se allora diamo per scontato che i Sovietici non raggiungono Berlino per la fine del conflitto, è altamente probabile che in quel periodo la fronte orientale sia grosso modo fissabile non oltre il meridiano di Varsavia; da qui è evidente che ben difficilmente sia possibile ipotizzare un'avanzata (quasi trionfale) più a sud, avente come meta Breslavia, Praga, Vienna, con rush finale a Milano, per non parlare dei Balcani, che rappresentano uno dei pochi riusciti disegni strategici di Hitler, il quale concepì, insieme ai suoi generali, una ritirata manovrata in tutta l'area interessata molto ben organizzata e, nonostante possa apparire paradossale, aggressiva.
Volendo fare salva la creazione di un Nord in mano alle forze di sinistra con l'appoggio dell'Armata Rossa, fermo restando che, secondo me, ben difficilmente Berlino non viene espugnata dai soldati di Stalin, servono più elementi da inserire nella vicenda; si potrebbe ipotizzare la caduta prematura dell'Ungheria (ma è una mia vecchia ucronia e non voglio influenzare il tuo lavoro).
Altra possibilità è un crollo del fronte balcanico ed una notevole accelerata in direzione dell'Italia piuttosto che dell'Ungheria da parte delle forze sovietiche impegnata in quell'area.
Resta il fatto che si sconvolge un poco tutto il discorso su detto riguardo i vari passi da compiere, secondo la logica strategica, per raggiungere la vittoria contro i Tedeschi, ma è già più concepibile, specie se si aggiunge un cedimento delle forze germaniche e repubblichine lungo la zona orientale italiana.
Ma se Hitler è stato capace di concepire piani perfetti (pochi), era anche capace di perdere campagne per un puntiglio (come a Stalingrado).
Invece di ordinare un ripiegamento generale e organizzato, l'ex caporale austriaco impone di resistere e di non cedere neanche un palmo di terreno in Grecia e Jugoslavia, così che le sue forze si logorano in maniera sequenziale, anzi, esponenziale (ma rapida), soggette pure ai morsi dei partigiani titini e greci.
Con questo non dico che la Jugoslavia viene conquistata nello stesso tempo che ci ha messo l'Asse nel 1941 (all'epoca hanno giocato vari fattori che tre anni dopo non saranno più presenti), ma si può ritenere realistica l'accelerata di cui sopra.
Prima si verifica una tale complesso di eventi, prima i Sovietici raggiungeranno e completeranno la conquista della Valle Padana, mentre si dovrebbe dare per scontato un più lento progresso delle forze anglo-americane oltre gli Appennini, mentre di avanzare dalle Alpi francesi verso Torino e Genova neanche a parlarne.
Insomma, tutta una serie di "se" che devono coesistere per ottenere il quadro da te delineato, compreso il muro di Milano, che può benissimo coesistere con quello di Berlino.
Trovo invece assolutamente coerente l'invasione della Jugoslavia e l'eliminazione dell'eresia titina nel nuovo contesto geostrategico, stante la mera distanza geografica tra Tito e l'occidente europeo.
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Francesco gli risponde:
Per quanto riguarda la capitale a Milano, nella mia TL Mussolini pone la capitale della Repubblica Sociale Italiana solo nel 1923, dopo avere cacciato il re (ci pensò seriamente anche nella nostra TL) Il cambiamento di capitale è dovuto soprattutto per spezzare l'antico legame di Torino con i Savoia.
Sull'avanzata dei russi nel 1945 fino a Milano (arrivando secondi a Berlino) devo ammettere che ho forzato un po' gli avvenimenti, per arrivare alla Padania comunista e al muro di Milano.
Bisognerebbe supporre che Togliatti riesca a ottenere una insurrezione generale nel nord Italia, coordinandosi anche con i comunisti ungheresi. In tal caso Stalin potrebbe spostare un paio di divisioni a sud est, per sfruttare la situazione, anche tenendo conto che i tedeschi hanno concentrato la maggior parte delle loro forze sul fronte polacco.
Il successo dei russi in Ungheria e Italia spaventerebbe gli anglo-americani che affretterebbero l'avanzata su Berlino (invece di rallentarla, come dicono che abbiano fatto nella nostra TL).
Nel dopoguerra Berlino resta divisa in due ma l'occupazione russa è limitata alla sola striscia di Germania tra Berlino est e il confine polacco (Repubblica dell'Oder). In compenso i russi occuperanno l'intera Austria e avranno un importante alleato nella Padania comunista...
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Ed Enrico replica:
D'accordo, ma per ottenere la rivoluzione comunista di cui parli un solo paio di divisioni non bastano; ci vuole qualcosa di ben più robusto, perlomeno l'equivalente di un'intera armata sovietica; dato che la coperta è sempre troppo corta (anche per l'URSS) da qualche parte devono pur prenderle queste truppe, depauperando qualche altra area, con conseguente minor pressione sulla stessa.
Non vedo proprio quale altro tratto dell'intero fronte orientale sarebbe stato militarmente logico indebolire. Sta di fatto che la logica militare non è per niente "civile" nella linearità e che distanze geografiche, effetti climatici, difficoltà orografiche (oltre alla resistenza nemica che può far tesoro degli anzidetti elementi) hanno sempre un loro peso nel'incidenza di un'avanzata. A mio modesto giudizio, se accade qualcosa sul fronte orientale tale da permettere un'avanzata sovietica fino a Milano, essa deve concretizzarsi nel crollo di tutta l'impalcatura difensiva tedesca in Ungheria (e non basterebbe un'insurrezione comunista in questo paese, anche coordinata con una similare azione in alta Italia).
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Questo invece è il suggerimento di Falecius:
Mi aspetterei che anche Ascoli andasse all'Italia del Sud (eventualmente al posto di Rieti, che appartiene idrograficamente all'Umbria). Per il resto molto bello.
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Ed Enrica S. aggiunge:
Buona l'idea di una Sicilia indipendente. E se invece l'isola diventasse parte della Corona Britannica? Quali i PoD necessari per arrivarci?
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Enrico Pellerito suggerisce:
Il PoD relativo all'esistenza ucronica di queste belle immagini può essere la decisione alleata di mantenere l'occupazione della Sicilia anche dopo il riconoscimento del Regno d'Italia quale cobelligerante; motivazione giuridica e diplomatica potrà essere il ripianamento dei danni di guerra causati dagli Italiani durante il periodo dell'alleanza con la Germania. Si potrebbe però far risalire l'occupazione britannica anche all'indomani della conclusione delle guerre napoleoniche, sebbene a Londra nessuno era entusiasta di avere a che fare con un'altra isola cattolica oltre già all'Irlanda.
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E Paolo Maltagliati rilancia:
Non posso che replicare con questa bandiera dell’Unincorporated Organized Territory of Sicily/ Territorio Organizzato non Incorporato di Sicilia:
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Passiamo ora ad un'altra idea di Enrico Pellerito:
Molti di noi hanno scritto riguardo possibili sviluppi alternativi dell'impresa dei Mille. Una debacle garibaldina (o garibaldese o garibaldesca a seconda della posizione di ognuno) in Sicilia, personalmente la vedo tanto più probabile e plausibile quanto prima essa si verifichi.
Dopo la caduta di Palermo, le possibilità di mantenere il dominio sull'isola divennero sempre meno consistenti per i borbonici, ma una sconfitta a carico di Garibaldi non avrebbe potuto verificarsi ed essere veramente fatale, se non in presenza dell'eliminazione dello stesso, venendo egli ucciso o preso prigioniero.
Diverso è il discorso di un'eventuale impedimento dell'avanzata nel continente (Francesco Dessolis ha delineato un quadro ucronico al riguardo).
I momenti che possono quindi, a mio avviso, considerarsi critici sono quello dello sbarco a Marsala e quello successivo dello scontro a Calatafimi.
Nella prima eventualità le navi borboniche trovarono difficoltoso intervenire, data la presenza di due cannoniere britanniche che sembra abbiano, di fatto, protetto gli scafi garibaldini; ma anche il ritardo nell'avvistamento delle navi "piemontesi" avrebbe un che di strano: il vapore armato Capri, comandato dal capitano Marino Caracciolo, non venne da questi manovrato al meglio per intercettare il Piemonte ed il Lombardo, permettendo lo sbarco.
Un primo esempio di tradimento da parte di un ufficiale duosiciliano "comprato"?
Se impedire lo sbarco è obiettivamente difficoltoso, stante lo scenario, gli avvenimenti successivi a Calatafimi avrebbero consentito la possibilità di un diverso finale; anche qui, comunque, avrebbe pesato il tradimento del brigadiere Landi, responsabile militare per contrastare l'invasione.
Landi sarebbe stato, infatti, "comprato" attraverso la famosa fede di credito di quattordicimila ducati, poi rivelatasi falsa e pari a soli... 14 ducati.
dDuck ha fatto riferimento ad un esito diverso dello scontro di Calatafimi e io mi aggiungo a lui ideando un possibile sviluppo di quella che, a tutti gli effetti, fu poco più di una scaramuccia.
Prima di trascriverla, puntualizzo il fatto che, secondo me, la conquista da parte del Regno di Sardegna del territorio del Regno delle Due Sicilie sarebbe stata soltanto rimandata, al massimo di qualche anno, in quanto, "sic rebus stantibus", non vedo possibilità concrete per la dinastia borbonica di conservare il trono, a meno che non fossero entrati in gioco pesanti fattori a suo favore.
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Calatafimi, 15 maggio 1860
Si udivano ancora degli spari, sporadici a dire il vero, quasi che dopo il violento infuriare di poco prima ora fosse giunta una fase calante, ne più ne meno come il prossimo crepuscolo avrebbe portato il declino del giorno.
Il giorno 15 del mese di maggio dell'anno del Signore 1860.
Gli spari provenivano dalla parte di Vita ed era facile immaginare che gruppi di garibaldesi, una volta sbandatisi, avessero cercato di fuggire anche verso quella direzione ed era altrettanto facile immaginare che adesso non fossero i soldati regolari ad essere impegnati negli scontri.
Una parte degli insorti locali che si era unita a Garibaldi, aveva cambiato bandiera non appena intuito che le cose stavano volgendo al peggio.
Non c'era nulla di nuovo in questo fatto; il maggiore Michele Sforza ricordava di quando, partecipando in appoggio alla gendarmeria ad operazioni di rastrellamento per cercare di snidare malavitosi datisi alla macchia, trovava occasionali alleati in componenti di bande di briganti avverse a chi, in quel momento, fosse ricercato.
La corsa a dare aiuto al vincitore non appena questo si palesasse in maniera chiara e senza che vi potessero essere dubbi al riguardo, né, tantomeno, possibili rovesci di campo.
Il primo tenente Amodio gli si avvicinò e, scattato sugli attenti, lo informò che Sua Eccellenza il brigadiere Landi stava per raggiungerli.
Cercando, per quanto possibile, di spolverarsi l'uniforme, Sforza si diresse verso il versante orientale di Pianto Romano; sulla strada per Calatafimi una nuvola di polvere avvolgeva la carrozza del signor brigadiere e la sua scorta, costituita da un manipolo di cacciatori a cavallo.
Francesco Landi, sebbene ormai prossimo alla pensione, aveva 67 anni compiuti, era stato promosso al livello di generale di brigata da poche settimane; gli acciacchi gli impedivano di muoversi a cavallo, quindi era costretto ad usare la carrozza per i suoi spostamenti anche sulla linea di battaglia.
Sforza non pensava che il suo superiore sarebbe sceso dalla carrozza, invece il brigadiere ordinò urlando che lo facessero subito scendere.
"Io vi faccio processare per insubordinazione, Sforza!" Landi sembrava in preda alle furie.
"Chi vi ha detto che potevate procedere all'attacco? Senza neanche degnarvi di farmelo sapere. Gli ordini che ho emanato erano chiari o no? Dovevate limitarvi ad una ricognizione."
Ufficiali e soldati presenti guardavano esterrefatti. Solo l'aiutante di campo di Landi e i cacciatori destinati alla carrozza e alla scorta avevano sentito le sue urla durante il tragitto.
"Quando dico una cosa, quella deve essere! Gli ordini sono ordini! 'O sango 'nfamo 'e chi v'è mmuorto!" Un improvviso eccesso di tosse interruppe le offese rivolte ad alta voce al maggiore Sforza.
Questi era rimasto attonito; sapeva di non aver totalmente osservato la disposizione ricevuta al mattino, eppure non comprendeva il perché di tanto clamore, specie dopo che le fila dei garibaldesi erano state sbaragliate dall'azione dei suoi uomini.
"Eccellenza, io ho rispettato i vostri ordini, ma pensavo di avere di fronte solo degli insorti e ho attaccato ritenendo di poterli disperdere. Quando ho compreso che si trattava proprio della colonna dei garibaldesi, la piega che hanno preso gli eventi ha di fatto scatenato una battaglia…"
"Ma quale piega" Landi aveva ritrovato la forza di urlare "di che piega andate parlando? Quale battaglia? Chiamate battaglia questo misero scontro. Quattru srazzuni che non sono manco soldati."
* * *
Era ben ridicolo che un ufficiale quale Landi parlasse di battaglie, dato che durante tutta la sua carriera, ottenuta solo attraverso promozioni per anzianità, non aveva mai partecipato ad alcuno scontro.
Straccioni!
Aveva definito così il nemico.
In effetti, sin dal primo istante che aveva osservato lo schieramento avversario sul prospiciente colle di Pietralunga, il maggiore Sforza ne aveva avuto un impressione non proprio lusinghiera: sembravano un'accozzaglia di elementi totalmente scevri da qualsiasi regola di carattere militare, formale o sostanziale che essa fosse; alcuni di essi indossavano delle camice rosse, per il resto vi era una mescolanza di colori che ben poco aveva di marziale e che significava l'utilizzo di abiti borghesi da parte di quegli uomini.
Si era però ricreduto al momento che li aveva visti ben reagire alle scariche di fucileria e ai tiri dell'artiglieria.
Sforza, però, riteneva che una certa superiorità dei suoi soldati, non fosse altro per l'addestramento appreso, doveva esserci rispetto gli uomini che stavano sul colle opposto a quello dove era attestato.
Lo sviluppo dello scontro avrebbe finito per dare ragione a lui.
Dopo un paio di ore in cui le due parti erano rimaste in attesa scambiandosi tiri di cannone e di fucili alla lunga distanza, Sforza, nonostante gli ordini, aveva deciso di attaccare per disperdere quelli che pensava fossero solo un manipolo di insorti.
Al contrario questi erano rimasti saldi ed erano pure riusciti a fermare i cacciatori dell'8° battaglione, i quali, andati all'assalto lungo un pendio scoperto della collina di Pietralunga, erano stati fatti a segno dal fuoco di un gruppetto di nemici, sicuramente tiratori esperti; a questo punto i garibaldesi si erano lanciati al contrattacco urlando viva l'Italia e viva Garibaldi mentre i cacciatori ripiegavano ordinatamente verso il primo degli erti gradoni che conformavano il colle di Pianto Romano.
Sebbene disorientato dall'improvviso evolversi della situazione e compreso che stava affrontando gli avventurieri sbarcati a Marsala quattro giorni prima, il maggiore borbonico aveva immediatamente rinforzato i cacciatori attestatisi sul primo gradone, mandando avanti i fanti del 10° reggimento di linea "Abruzzo" e i carabinieri, truppe che erano rimaste in riserva sulla sommità di Pianto Romano. Sforza sapeva anche, però, che la struttura delle terrazze realizzate lungo il colle avrebbe offerto un buon riparo a chi tentava di arrampicarsi verso la cima, dato che i numerosi angoli morti impedivano ai suoi soldati di poter bersagliare con efficacia i nemici impegnati nella scalata.
Lo scontro proseguì, con i garibaldini che approfittarono proprio delle sporgenze per restare al riparo e sparare sui soldati posti sul ciglio superiore, riuscendo a colpirne parecchi alla testa.
Dopo tre violenti tentativi, i regi erano stati scacciati dal primo gradone e si erano riorganizzati sul secondo, dove quasi subito era giunto un nuovo assalto portato da una cinquantina di arditi, fortemente galvanizzati dal fatto che era lo stesso generale Garibaldi, l'Eroe dei due mondi in persona, a guidarli.
* * *
"Ad ogni modo, ormai quello che è fatto è fatto! Parlate e fatemi un primo sommario rapporto. Poi esigo che mi mettiate tutto per iscritto. Tutto, capite?" Landi sembrava quasi dispiaciuto per come fossero andate le cose.
Più in basso, vicini al fondovalle, lontani dall'ira del brigadiere e dallo stupore di coloro che lo ascoltavano, alcuni cacciatori erano di guardia ad uno dei tanti cadaveri.
Sapevano che si trattava del generale nemico, il famoso Garibaldi, il nizzardo che aveva combattuto nelle Americhe tanto tempo prima; poi nel '48 a Roma e solo l'anno prima aveva sconfitto gli Austriaci in Lombardia.
L'uomo giaceva per terra, in una posa che solo la serietà della morte impediva di definire goffa.
"Chiddu faciva scantare puru u riavulu" disse uno dei cacciatori, a metà fra l'ammirazione per chi sapeva essere un uomo coraggioso e l'orgoglio per aver partecipato alla sua sconfitta.
Nel momento in cui stava guidando l'attacco alla testa degli arditi, Garibaldi era stato colpito da una fucilata che lo aveva attinto alla parte anteriore destra del capo. Il sangue fuoriuscito aveva inondato il volto e la barba, lasciando però poche tracce sui capelli. Sebbene poco riconoscibile, la successiva identificazione era stata possibile grazie alla testimonianza di alcuni prigionieri, fra i quali un ufficiale garibaldese, che era rimasto sotto il suo cavallo colpito a morte e solo per questo si era convinto ad arrendersi. Aveva riconosciuto il suo condottiero, mostrando dolore e fierezza insieme e prima di venire allontanato aveva urlato che era doveroso obbligo per l'esercito del Re rendere onore a colui che era al contempo eroe, patriota, generale.
Gli arditi avevano compreso ciò che era accaduto al loro comandante, anche perché facevano a lui scudo con i loro stessi corpi e più di uno si era presa una fucilata in vece sua. Per alcuni, la caduta del generale era stato sprone a proseguire la lotta, onde vendicare il fatto, per altri era sembrato un evento catastrofico, come se senza di lui non fosse più possibile proseguire nella lotta.
Eppure pochi secondi prima stavano attaccando; invece, tranne coloro che si erano nuovamente lanciati all'assalto infiammati dalla voglia di vendicare il loro comandante caduto, negli altri l'incertezza era rimasta, producendo l'arresto dell'azione.
Fatale quell'attimo d'incertezza, perché i regi avevano sfruttato la brevissima pausa che si era creata al centro del loro schieramento, ordinando gli ufficiali un subitaneo assalto al grido di viva il Re.
Non era stata questione di sconforto o demoralizzazione; nessuno fra coloro che stavano combattendo tra le fila degli uomini venuti dall'Alta Italia era un codardo; a nessuno difettava coraggio, voglia di battersi, spirito di sacrificio, ma non tutti erano veterani, nonostante la presenza tra le loro fila di reduci di molte guerre e di non pochi soldati sabaudi, inviati segretamente al seguito di Garibaldi.
E in quel frangente l'esperienza, grazie alla quale si riusciva a mantenere disciplina e coesione durante le difficoltà, era più che necessaria.
Nonostante le urla di incoraggiamento e gli ordini degli ufficiali, altre grida si erano levate tra i garibaldini: "Il generale è caduto".
Alla destra, l'assalto dei garibaldini era stato appena contenuto da ordinate scariche di fucileria, ma poi anche lì giunsero le urla nefaste e si ripeté quella sorta di blocco, altra brevissima pausa, utilizzata immediatamente dai soldati borbonici per contrattaccare alla baionetta.
E si vide la differenza tra un esercito disciplinato ed abituato a manovrare, rispetto ad una schiera, certamente di guerrieri, però non tutti avezzi ad essere organizzati.
Per primi a cedere fra le fila dei garibaldini furono alcuni di quei giovani che, sino ad un attimo prima, si erano mostrati incoscienti nella furia della lotta, andando verso il nemico e sfidandone le pallottole. Peraltro, in virtù di quella loro incoscienza, più degli altri avrebbero potuto lanciarsi in avanti per vendicare chi li aveva sin lì guidati.
Qualcuno cominciò ad indietreggiare e quasi a volersi discolpare iniziò ad urlare "Ritirata, ritirata, il generale Garibaldi è morto!" poi altri si girarono ed iniziarono a correre ma non verso il primo gradone, bensì direttamente verso la collina di Pietralunga, da dove erano discesi; fra questi vi era chi pensava, in buona fede, di ripiegare per opporre al nemico una nuova barriera, ma in realtà si era incrinata la tenuta di tutto lo schieramento e nulla più potevano gli ordini urlati da Bixio, da Cairoli, da Bassini, da Anfossi e dagli altri ufficiali.
Ora in molti correvano lungo la piana della vallata, uno spazio ampio che li esponeva al tiro nemico, sia dei precisi fucili rigati sia dei cannoni schierati sul monte.
Ed era stata la rotta… e la fine, sotto il terrificante fuoco delle ultime pallottole dei cacciatori, dei carabinieri e dei fanti borbonici, che ormai stavano svuotando le giberne.
I nostri complimenti a Enrico!
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Dario Faule osserva:
Condivido i tuoi dubbi sulla possibilità che la morte di Garibaldi cambiasse veramente il corso della storia; sn però dell'idea che l'unificazione dell'Italia debba essere inquadrata nel contesto strategico e geopolitico "globale" dell'epoca, un po' come, 100 anni dopo, le guerre di Corea e VietNam vanno inquadrate nel contesto della Guerra Fredda.
Forse il vero POD poteva essere un intervento "esterno", ad esempio l'Impero Britannico che decide di affidarsi, per tutelare i propri interessi nel Mediterraneo, ai Borboni anzichè ai Savoia; insomma, un po' come l'inizio di TL191 di Turtledove, con l'ambasciatore inglese che dice a Lincoln di lasciar stare la Confederazione: potremmo immaginare la stessa scena a Torino, con l'ambasciatore di sua Maestà che "consiglia" a Cavour di non andare a impicciarsi degli affari del Sud Italia...
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Ed Enrico gli risponde:
Riguardo il fallimento dell'impresa dei Mille, il "caso" avrebbe potuto , in questo caso (chiedo scusa per il gioco di parole) influire sull'esito della battaglia e, quindi, su quella dell'intera spedizione, ma concordo con il fatto che il contesto nel quale si muovevano gli interessi convergenti di Torino, Londra e, in parte, Parigi, vedevano alla fine i Savoia dominare su tutta l'Italia.
Come ho già detto, credo che l'unificazione, in presenza di una conclusione negativa della spedizione garibaldina, sarebbe stata solo rinviata.
Stavolta l'invasione sarebbe giunta da Nord e una volta perduta Napoli, re Francesco sarebbe scappato in Sicilia, la quale sarebbe rimasta sotto il suo dominio, scossa in continuazione da rivolte se non avesse ricevuto chissà quali privilegi, per un periodo non certo lungo.
Non appena si fosse costituita un'efficiente flotta "piemontese" in grado di attrezzare un'operazione anfibia di vasta portata, i giorni del Borbone sarebbero stati contati.
Una vignetta ucronica di Giovanni Mosca (1908-1983), padre del noto Maurizio Mosca, tratta dal suo libro "Storia d'Italia in 200 vignette", edito da Rizzoli nell'ottobre 1975
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Non basta. A William Riker è venuta in mente un'altra idea per conservare la tripartizione della penisola in atto ai primi del 1860:
Il 16 agosto 1853 la quindicenne Elisabetta di Wittelsbach, una dei dieci figli del duca Max di Baviera e di Ludovica, a sua volta figlia del re Massimiliano I di Baviera, è raffreddata e non accompagna la madre e la sorella Elena al castello di Ischl, dove la madre dell'imperatore d'Austria, l'arciduchessa Sofia (sorella di Ludovica), vuole far fidanzare Elena con suo figlio. Di conseguenza, niente colpo di fulmine: il 24 aprile 1854 Francesco Giuseppe d'Asburgo-Lorena non sposa Elisabetta ma Elena, com'era nei piani originari dell'imperatrice madre. Ma allora l'Ausgleich non avverrà, perchè Elena non ama l'Ungheria quanto la sorella Elisabetta, e la conflittualità all'interno dell'impero asburgico sarà anche maggiore.
Dal canto suo, l'irrequieta Elisabetta respinge la corte di Carlo Ludovico, fratello di Francesco Giuseppe, e comincia a viaggiare per l'Europa. Si reca così in vacanza a Capri, dove conosce l'erede al trono delle Due Sicilie Francesco di Borbone. I due si innamorano perdutamente e si sposano. Elisabetta, detta Sissi dai suoi sudditi italiani, si fa tanto amare dai napoletani e soprattutto dai siciliani che, quando Garibaldi tenterà la sua spedizione nel 1860, essi si schiereranno con i Borboni e non con lui, segnando la sua sconfitta. Sissi tuttavia convince il marito a lasciare libero il prigioniero Garibaldi, e persino questi, pur considerando i Borboni suoi nemici mortali, resta colpito dalla personalità della regina bavarese, tanto da affermare: "Lei è l'unico uomo in quella famiglia!"
Sempre dietro consiglio di Sissi, nelle Due Sicilie viene concessa una Costituzione che adotta uno statuto federale, assicurando ampia autonomia a Palermo: l'equivalente dell'Ausgleich tra Napoli e Sicilia. Perciò permane la tripartizione della penisola tra Savoia, Papato e Borboni.
Bisogna però tenere conto del fatto che, individuando nella popolare Sissi il vero ostacolo all'unificazione italiana, qualche irriducibile garibaldino come Francesco Crispi attenti alla vita della regina di Napoli, anticipando di molto il folle gesto di Luigi Luccheni...
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Così fa notare Falecius:
Interessante, quest'ucronia. Mi viene in mente quindi che l'equivalente dell'Ausgleich sarebbe tra Napoli e Sicilia.
Ma le conseguenze principali sarebbero per l'Austria e l'Europa, perchè dopo l'Ausgleich sono stati due ungheresi a reggere la politica estera della Monarchia. Senza Andrassy, ci sarebbe una Triplice Alleanza?
Senza l'Ausgleich, è addirittura possibile che Vienna appoggi Parigi nel 1870; con importanti conseguenze, quale che sia l'esito del conflitto (la Prussia potrebbe comunque vincere).
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William Riker coglie la palla al balzo:
Non ci avevo pensato, ma hai ragione. Potrebbe esistere una Quadruplice Alleanza tra Francia, Austria, Turchia e Regno di Napoli contro una Quadruplice Intesa tra Inghilterra, Regno di Sardegna, Impero di Germania e Russia. Neutrali, la Spagna e lo Stato Pontificio.
Ciò implica una Prima Guerra Mondiale completamente diversa, se vince l'Intesa ci sarà probabilmente l'unificazione italiana, Roma esclusa. Con la Germania nell'Intesa, potrebbe non essere necessario l'intervento USA. Ma come sistemare in questo quadro le guerre coloniali? Forse la Grande Guerra scoppierà a Fashoda.
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Tocca ora al geniale *Bhrg'howidhHô(n-) commentare con la solita forma interlineare:
William Riker:
(...) l'Ausgleich non avverrà, perchè Elena non ama l'Ungheria quanto la sorella Elisabetta, e la conflittualità all'interno dell'impero asburgico sarà anche maggiore.
*Bhrg'howidhHô(n-):
Mi interessa sapere con quali possibili esiti (Ducati storici; Confederazione a tre / quattro / cinque / sei; secessione; sfogo imperialistico).
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William Riker:
(...) dietro consiglio di Sissi, nelle Due Sicilie viene concessa una Costituzione che adotta uno statuto federale, assicurando ampia autonomia a Palermo. Perciò permane la tripartizione della penisola tra Savoia, Papato e Borboni.
*Bhrg'howidhHô(n-):
Benissimo per i Borboni; il Papato invece come rimane (integralmente / senza le Legazioni / solo Lazio) e grazie a chi?
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Phalaecîus:
Mi viene in mente quindi che l'equivalente dell'Ausgleich sarebbe tra Napoli e Sicilia.
*Bhrg'howidhHô(n-):
Effettivamente una simmetrizzazione perfetta.
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Phalaecîus:
Ma le conseguenze principali sarebbero per l'Austria e l'Europa, perché che dopo l'Ausgleich saranno due ungheresi a reggere la politica estera della Monarchia. Senza Andrassy, ci sarebbe una Triplice Alleanza?
*Bhrg'howidhHô(n-):
Dedurrei i risultati dai seguenti punti fermi:
- rivalità tra gli Imperi Britannico e Russo in tutta l'Asia
- totale assenza di motivi di collisione tra Francia e Russia
- possibile compatibilità di obiettivi tra Austria e Russia in Europa Sudorientale
- per contro, latenti aspirazioni panslavistiche della Russia in Austria e Germania
- espansionismo prussiano verso il Baltico e la Polonia russa
- possibile compatibilità tra Austria e Impero Britannico
- possibile convergenza di obiettivi tra gli Imperi Britannico e Tedesco
- rancori austriaci verso Prussiani e Sabaudi
- aspirazioni egemoniche francesi, tedesche e austriache in Europa (le prime due incompatibili sempre, la prima e la terza incompatibili in Italia)
- vincoli Sabaudi verso la Francia
- verosimile aspirazione sabauda alla conquista di Napoli e della Sicilia
- protezione austriaca dei Borboni di Napoli
- desiderio britannico di controllo della Sicilia
- rivalità coloniale anglo-francese
Ne conseguono:
- Alleanza franco-russa
- inclusione dell'Austria in caso di Alleanza franco-russa antiturca
- conseguente Alleanza anglo-prusso-turca in funzione (rispettivamente) anti-franco-austro-russa
- inclusione dei Savoia a scopo anti-asburgo-borbonico
- quindi due schieramenti, uno franco-russo-austro-borbonico, l'altro, per reazione, anglo-sabaudo-prusso-turco;
oppure (sempre a partire dall'Alleanza franco-russa):
- Blocco anglo-prussiano in funzione anti-franco-russa
- prevalenza di orientamenti panslavisti antiaustriaci in Russia
- mantenimento dei vincoli filofrancesi dei Savoia a scopo anti-asburgo-borbonico
- conseguente riavvicinamento austro-prussiano
- in tal caso due schieramenti, uno franco-russo-sabaudo, l'altro anglo-prusso-austro-borbonico, verosimilmente esteso all'Impero Ottomano (con ridirezionamento in Italia degli obiettivi austriaci)
La variabile principale è data dalla priorità scelta dalla Russia (antiturca e panortodossa nel primo caso, panslava nel secondo).
È notevole che in nessuno dei due casi ci sia posto per la Triplice!
(...Dove ho sbagliato?)
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Phalaecîus:
Senza l'Ausgleich, è addirittura possibile che Vienna appoggi Parigi nel 1870; con importanti conseguenze, quale che sia l'esito del conflitto (la Prussia potrebbe comunque vincere).
*Bhrg'howidhHô(n-):
Certo; addirittura mi pare che Bhrig (il List-Owner) sia convinto della sconfitta prussiana (ma - so che mi perdonerà la riesumazione di questa antica ascia di guerra - è forse un po' troppo desideroso della sconfitta prussiana)
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William Riker:
Potrebbe esistere una Quadruplice Alleanza tra Francia, Austria, Turchia e Regno di Napoli contro una Quadruplice Intesa tra Inghilterra, Regno di Sardegna, Impero di Germania e Russia. Neutrali, la Spagna e lo Stato Pontificio.
*Bhrg'howidhHô(n-):
Ohibò, è una costellazione diversa rispetto al risultato dei calcoli fatti sopra (in effetti non parte dal presupposto che l'alleanza franco-russa sia il perno del sistema).
Vediamo di ricavarne gli obiettivi:
- anzitutto l'imperialismo russo non ha dilemmi: può mirare all'Austria e alla Turchia (ottimo risultato);
- la Germania è costretta ad adottare una programma groszdeutsch (di fatto l'annessione dell'Austria tedesca e forse il protettorato su un'Ungheria ridotta, mentre tutto il resto dei dominî Asburgici - Slavo e Rumeni - andrebbe alla Russia);
- nei confronti della Francia, la Germania potrebbe aspirare a ulteriori annessioni e anche intraprendere una rivalità coloniale (pur di non toccare gli interessi Britannici);
- ai Savoia sarebbero riservati: il recupero di Nizza e Savoia, i territorî romanzi (non romeni) degli Asburgo e Napoli (forse non addirittura la Sicilia e nemmeno la Corsica, interessanti - sia pur in forme discrete - per l'Impero Britannico);
- l'imperialismo inglese, bloccato nei confronti della Russia, tenderebbe a impadronirsi del Vicino Oriente ottomano, onde collegare l'India all'Africa, l'unico settore in cui la neutralizzazione della Francia garantirebbe un'espansione pressoché illimitata.
Nella Quadruplice Alleanza:
- il Regno di Sardegna - con le annessioni del 1859-1860 (tranne Sicilia e Napoli, ovviamente; forse senza alcun territorio Pontificio?) e del 1866 - sarebbe riservato alla Francia, insieme all'espansione coloniale in Africa;
- l'Austria dovrebbe riprendere l'egemonia sulla Germania e oltre a ciò potrebbe proporre una restaurazione della Polonia (addirittura nei confini di prima delle Spartizioni) inclusa nella Monarchia (purché, appunto, con la Galizia e se possibile la Slesia), eventualmente in forma di Ausgleich;
- l'Impero Ottomano potrebbe aspirare al recupero del controllo sull'Egitto, se possibile anche sui territorî ceduti ai Russi nei conflitti precedenti; in ogni caso dovrebbe ricevere garanzie definitive nel settore balcanico (e danubiano?).
Non vedo prospettive (per esempio, coloniali?) per i Borboni di Napoli, se non la pura conservazione.
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William Riker:
Ciò implica una Prima Guerra Mondiale completamente diversa, se vince l'Intesa ci sarà probabilmente l'unificazione italiana, Roma esclusa.
*Bhrg'howidhHô(n-):
Nizza, Savoia, Trento, Trieste, Istria, Dalmazia, Montenegro, Albania; Tunisia, Algeria? Non Sicilia né Corsica (né tantomeno Malta); nemmeno la Libia?
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William Riker:
Con la Germania nell'Intesa, potrebbe non essere necessario l'intervento USA.
*Bhrg'howidhHô(n-):
Avrebbero due prospettive:
1) Formare la Greater Britain (col Commonwealth) e la Teutonic Connection (con la Germania) sognate da Joseph Chamberlain e spostare la Frontiera Occidentale in Cina (Th. Roosevelt)
2) oppure intervenire con la Quadruplice Alleanza in funzione teoricamente antirussa (Cina e Russia erano i "dispotismi orientali" nemici dell'Umanità Nuova Americana), in realtà per subentrare all'Impero Britannico (unico obiettivo degno di essere anteposto all'unificazione definitiva delle Americhe).
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William Riker:
Ma come sistemare in questo quadro le guerre coloniali? Forse la Grande Guerra scoppierà a Fashoda.
*Bhrg'howidhHô(n-):
Heheh, mi ricorda qualcosa...
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Segue la risposta di William Riker, che adotta lui pure lo stile interlineare:
*Bhrg'howidhHô(n-):
A proposito dell'Austria, mi interessa sapere con quali possibili esiti...
William Riker:
Possibile concorrenza con l'Inghilterra in Africa, con il supporto francese. Ferreo mantenimento dell'assolutismo all'interno.
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*Bhrg'howidhHô(n-):
Il Papato come rimane (integralmente /senza le Legazioni / solo Lazio) e grazie a chi?
Wiliam Riker:
Direi Lazio, Umbria e Marche. Sotto protettorato austriaco, subentrato alla Francia dopo Sedan.
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*Bhrg'howidhHô(n-):
È notevole che in nessuno dei due casi ci sia posto per la Triplice! (...Dove ho sbagliato?)
William Riker:
Da nessuna parte. È una ricostruzione che non fa una grinza.
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*Bhrg'howidhHô(n-):
Non vedo prospettive (per esempio, coloniali?) per i Borboni di Napoli, se non la pura conservazione.
William Riker:
Perchè no? Eritrea e Somalia napoletane. Ma forse a Francesco II interessa la Sardegna.
In ogni caso in questa Timeline la vedo dura in vista di una possibile unità d'Italia. Oh, se il nostro paese fosse rimasto sempre unito come la Francia...
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Ed ecco ancora il contributo di *Bhrg'howidhHô(n-):
L'intervento americano a fianco della Quadruplice Alleanza altera in modo decisivo gli equilibri e si entra in una nuova ucronia (ormai Sissi ha esaurito le conseguenze possibili delle proprie scelte).
L'Austria ha avuto a fine Ottocento un'aspirazione coloniale (assolutamente non ufficiale) decisamente ambiziosa, l'Egitto (ma sarebbe proponibile in questo contesto di Alleanza con l'Impero Ottomano?)
L'Eritrea era ancora nella sfera di interessi turchi; le ambizioni borboniche dovrebbero assestarsi più a Sud (a parte la Sardegna, eccellente obiettivo).
Il Protettorato austriaco sul Papato si spingerebbe fino a una Restaurazione pontificia in Romagna, a Bologna e a Ferrara (accanto naturalmente a quella asbrugico-estense-borbonico-lorenese rispettivamente nel Lombardo Veneto, Modena-Reggio, Parma-Piacenza e Toscana)? Mi sembrerebbe comunque ancora insufficiente; il confine lombardo-piemontese dovrebbe tornare almeno ai confini dell'epoca spagnola e ci sarebbe anche la questione sospesa della Restaurazione della Repubblica di Genova (all'epoca c'erano ancora spazî di manovra).
L'unificazione italica è un'altra ucronia ancora; oserei affermare che l'ultima occasione è verso l'843 (ma la condizione è l'unità romanza - per una serie di motivi, che possiamo discutere, bisogna aggiungere l'esclusione della Romanità Orientale - e i veri punti critici sono la tradizione della Gallia o delle Gallie e l'autonomia delle "Spagne").
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Con il relativo intervento di Dario Faule:
Queste ipotesi sono molto intriganti, stavo pensando anch'io qualcosa del genere ma anticipando la morte di Garibaldi al 1848, durante la fuga da Roma.
Personalmente immaginavo una Prima Guerra Mondiale come nella OTL, ma solo con l'Italia del Nord, che io chiamerei Regno Unito di Sardegna e Italia del Nord; poi Mussolini marcia su Torino e si schiera con la Germania nella 2aGM, ma anzichè la Grecia invade la "Magna Grecia", da sempre alleata degli Inglesi, e già che è per strada pure Roma... Con i bersaglieri che entrano a Porta Pia il XX settembre del.. 1940!
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Ora, una puntualizzazione di Enrico Pellerito:
Leggendo quanto è stato fin qui scritto sul Risorgimento, da siciliano, mi sento quasi in dovere di dire la mia. Il Risorgimento è indubbiamente una pagina di Storia nazionale, ma proprio perchè la Nazione che ne è sorta è quella che ha trionfato su tutte le altre possibili.
La comunanza di una parte degli scopi di coloro che erano soggetti a regimi diversi da quello sabaudo e ciò che quest'ultimo regno si proponeva ha fatto si che il Risorgimento fosse sentito come un qualcosa che unisse tutti gli abitanti della penisola (e delle isole). A conti fatti, cosa sarebbe cambiato per un contadino della Puglia o della Sicilia essere governato da qualcuno che era stato a sua volta nominato da un re Savoia o da un re Borbone?
Diversa la cosa al momento in cui, quegli stessi contadini, avessero potuto esprimere, con il loro voto, la scelta della persona che li avrebbe governato.
Il Regno delle Due Sicilie era marcio dentro per cui fu facile corrompere la classe politica e militare (se non in toto per buona parte)?
Possiamo essere d'accordo, ma questo dimostra che siamo in presenza di personaggi facilmente corruttibili, che ritenevano utile un cambio di padrone e che non erano affatto ben visti dal popolo duosiciliano o, nel caso degli ufficiali, dagli stessi soldati che avrebbero dovuto guidare contro i garibaldini (cito il caso del generale Briganti, fucilato a Mileto dagli uomini del 15° reggimento Messapia). Sulla forza "industriale" e la capacità economica del Regno duosiciliano ci sarebbe da dire parecchio: hai voglia di vantare la costruzione della prima ferrovia in tutta Italia; un conto è questo, ben altro è poi incrementare i chilometri di strada ferrata, come invece fatto in Piemonte e in Lombardia.
Se è vero che i primi Italiani ad emigrare erano Piemontesi, Liguri, Lombardi e Veneti (non sempre per motivi politici, ma in buona parte perchè alla ricerca di lavoro) i sudditi del Regno delle Due Sicilie non erano usi ad emigrare perchè, anche se vivevano nella povertà, il lavoro lo trovavano, limitandosi ad emigrare da una regione all'altra a seconda dei periodi produttivi propri dell'agricoltura stagionale. Ciò non significava che se la passassero meglio di coloro che vivevano a nord del Gran Sasso o degli Appennini; tutt'altro. Che un complotto massonico, strumentale a ben più ampi disegni geopolitici-strategici, esistesse, non mi sembra che possa considerarsi roba dell'altro mondo.
Senza voler tirare in ballo le solite ipotesi complottistiche di vertici transnazionali trasversali, l'interesse che i Borboni cessassero di regnare era comune a più di un governo e di un establishment economico.
Tutto questo, chiaramente, è solo il mio pensiero, parzialmente riportato per non tediare troppo chi avrà avuto la pazienza di leggermi.
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Questo è il commento di Never75:
Concordo con gran parte delle tue affermazioni. Mi limito solo a precisare che, se il Regno delle Due Sicilie non era poi il Paradiso in Terra come molti anti-risorgimentali affermano ancor oggi (aveva senza dubbio i suoi difetti), però non era nemmeno "il Male assoluto" come, viceversa, la propaganda risorgimentale (ed inglese, aggiungerei), fascista e post-fascista continuò ad affermare fino a qualche anno fa, senza peraltro essere contraddetta da nessuno.
Sta di fatto (e questo è perfettamente verificabile) che le condizioni medie degli ex-abitanti del Regno delle Due Sicilie con l'Unità peggiorarono anziché migliorare. Il cosiddetto "brigantaggio" ne è forse l'aspetto più visibile e quantificabile. Un altro è l'emigrazione. Pure la diffusione delle Mafie (colluse col "nuovo regime" dei Savoia) è un altro ancora. Il problema è che tanto i governi della Destra Storica quanto quelli della Sinistra hanno subordinato il Sud al Nord, in tutti gli aspetti. E questo lo dico da Settentrionale.
Al Sud non è stato costruito (quasi) nulla dall'Unità ad oggi, tranne qualche "cattedrale nel deserto", tutto è andato per potenziare le fabbriche del Nord. Creando, del resto, anche qui enormi squilibri e mal distribuzione della ricchezza.
Sul fatto su come mai il Sud sia stato annesso in modo (relativamente) facile c'è da dire che (Brigantaggio a parte) nel Regno delle Due Sicilie non esisteva un esercito professionale (tranne gli ufficiali, di solito reclutati tra i figli cadetti delle famiglie nobiliari) ma erano quasi tutti mercenari stranieri, e quindi pronti a tradire.
Inoltre, a differenza dei Savoia, il Regno delle Due Sicilie non vantò mai, dalla sua istituzione, grandi guerre combattute contro le altre nazioni vicine. Anzi! Visse sempre in pace cogli altri Stati e le uniche guerre combattute davvero (contro Napoleone) furono essenzialmente difensive. Ciò, inevitabilmente, ha portato ad avere un esercito male equipaggiato e pochissimo attrezzato per combattere guerre "serie".
In ultima analisi, non dimentichiamo l'apporto fondamentale della flotta inglese. La quale, non solo scortò le navi dei Mille fino al porto di Marsala (e questo ormai è un fatto assodato e riconosciuto da tutti), ma pure a Gaeta fece la sua parte. Senza questo fondamentale "aiutino" nemmeno le eccelse capacità strategiche di Garibaldi e dei suoi volontari sarebbero bastate...
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Ancora Enrico Pellerito aggiunge:
Trovo interessante e condivido pienamente quanto da te esposto. Mi permetto solo di puntualizzare un aspetto, quello relativo alla composizione delle forze armate del Regno delle Due Sicilie. All'epoca il servizio militare era obbligatorio per tutti i maschi del Regno ad eccezione dei Siciliani, ai quali era però consentito arruolarsi.
L'esercito, comunque, non era, come hai giustamente scritto, "attrezzato" per condurre una guerra del tipo di quelle che ormai si combattevano nel mondo di allora. Legato ancora a principi "napoleonici", lo Stato Maggiore borbonico riteneva ancora di dover combattere in maniera cavalleresca; si dovette ricredere di fronte alla spregiudicatezza che verrà mostrata dall'esercito sabaudo.
I reggimenti duosiciliani potevano esser considerati più adatti al controllo del territorio, alla contro insurrezione, al presidio contro eventuali ribellioni popolari; più o meno come gli eserciti dell'America Latina. La composizione era, principalmente, di leva, con la presenza dei mercenari, nella fattispecie quattro reggimenti di Svizzeri, dove, però, venivano anche inseriti uomini provenienti da altre zone di lingua germanica (come i Bavaresi).
Che questi mercenari non fossero totalmente fedeli fu evidente quando, il 7 luglio 1859, trecento di loro tentarono una rivolta, sanguinosamente sedata dai loro stessi commilitoni rimasti fedeli alla corona borbonica. Addosso ai ribelli, morti e/o prigionieri, ho letto, ma la fonte non mi ha mai convinto e fino ad oggi sono alla ricerca di notizie più certe, vennero trovate monete d'oro e dalle indagini si accertò che emissari "piemontesi" avevano sobillato questa rivolta. Fatto sta che i reggimenti svizzeri vennero sciolti, sia perchè Cavour faceva pressioni sul governo svizzero onde far rientrare quei mercenari e non consentire più arruolamenti nell'armata duosiciliana, sia per volontà di Carlo Filangieri, allora primo ministro a Napoli. Pochissimi mercenari restarono in servizio, sparpagliati tra i restanti reggimenti borbonici; a questo punto, la maggior parte dei soldati di carriera, ufficiali a parte, era rappresentata dai Siciliani.
Di fronte all'azione garibaldina (detta garibaldesca dai borbonici) la truppa, i sottufficiali e gli ufficiali di grado intermedio dimostrarono di voler combattere; come detto i soldati erano di leva (abruzzesi, calabresi, campani, lucani, molisani e pugliesi) che sentivano, nella maggior parte dei casi, il dovere di reagire e di restare fedeli al loro re.
Ben diversa la posizione di quasi tutti gli ufficiali superiori e dei generali che, al di là di coloro che vennero comprati, sia materialmente sia con lusinghe, promesse o minacce, ritenevano giunto il momento di voltare pagina.Nella mia famiglia conto due avi che erano ufficiali dell'armata duosiciliana: uno pensò bene di "passare al nemico" non opponendo resistenza e consegnandosi (venne ricambiato con il passaggio nei ruoli dell'Esercito Italiano mantenendo grado e prestigio e ottenendo quasi subito una promozione) l'altro, nonostante l'esempio e i consigli del cognato, preferì restare fedele al giuramento fatto e continuò a combattere fino a partecipare alla difesa di Gaeta. Tanto valga come aneddoto per avvalorare la situazione di quei tempi.
Non diversamente accadde nella marina borbonica, considerata la terza nel Mediterraneo dopo le squadre britannica e francese presenti in quel mare; anzi qui fu peggio, perchè la quasi totalità del corpo ufficiali era già stata "comprata".
Di conseguenza, per come tu hai ricordato, a parte che proprio le suddette flotte britannica e francese si adoperarono nel supportare la conquista del Regno delle Due Sicilie (scorta e protezione delle navi che trasportarono i garibaldini e venne anche dato ausilio alla marina sabauda nel blocco dei porti duosiciliani e nell'assedio di Gaeta), ben poco poterono fare, salvo rari episodi di ammutinamento, i marinai borbonici contro le mancate manovre che i loro ufficiali avrebbero dovuto far loro compiere contro i legni piemontesi.
Da questo vero e proprio tradimento, operato dal corpo degli ufficiali della flotta borbonica, deriva un'imprecazione napoletana: mannaggia 'a marina.
Poco, dunque, potevano fare, sia dal punto di vista tattico, per non parlare di quello strategico, semplici soldati, ancorché guidati da ufficiali inferiori. Non pochi di loro agirono, comunque, durante il periodo del "brigantaggio" dando filo da torcere ai "Piemontesi".
Tutto questo solo per esprimere notizie di cui sono venuto a conoscenza e che, spero, allarghino la visuale dei fatti, senza voler "polarizzare" le fazioni relativamente all'interpretazione politica degli avvenimenti.
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Francesco Dessolis puntualizza:
Avete rilevato che inglesi e francesi premevano contro il regno borbonico. Per gli inglesi sicuramente è vero. Tutti concordano che l' Inghilterra ha favorito l'unità d'Italia per avere nel mediterraneo uno stato abbastanza grande da contrapporsi alla Francia, ma non abbastanza da impensierire l'Impero britannico. Appunto per questo, però la Francia avrebbe dovuto appoggiare il regno borbonico.
Gli accordi tra Napoleone e Cavour non includevano il regno di Napoli. Napoleone sperava piuttosto di mettere sul trono di Napoli un nipote di Gioacchino Murat. L'impresa dei Mille lo prese di contropiede, e solo per paura della rivoluzione garibaldina, diede al suo assenso all'annessione al Piemonte con la storica frase: « FATE, MA FATE PRESTO! »
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Enrico Pellerito torna alla carica:
E credo che sia stata proprio questa situazione cui tu ti riferisci, a spingere Napoleone nel non avversare la spedizione. Certo, una volta conquistato il Meridione, Torino si sarebbe ritrovata con una serbatoio umano in grado di alimentare forze armate, almeno numericamente, più forti. Ma ciò non impensieriva eccessivamente Napoleone e il suo Stato Maggiore, ritenendo, a torto o a ragione, la potenza francese di gran lunga superiore a quella del regno sabaudo, benché ingrandito. Resta poi il fatto che una certa "impronta" francese su Torino era pur sempre presente.
Non parlo di sudditanza psicologica, ma una qualche tendenza ad avere più intesa che rivalità con i Francesi esisteva. Prova ne è, che nei piani che saranno sviluppati dagli ufficiali addetti alle operazioni nei successivi decenni, nonostante le alleanze strette dal Regno d'Italia, quelli relativi al contrasto con la Francia furono fatti praticamente per obbligo.
In più, aggiungerei che anche la Spagna pare abbia avuto la sua responsabilità nell'invasione del Regno delle Due Sicilie; perlomeno non intraprese alcuna azione politica al riguardo, mentre navi di quella marina erano presenti, insieme a quelle francesi e britanniche, nel porto di Napoli il 3 agosto 1860. E la cosa appare strana, considerando che la Spagna, oltre alla Russia (questa sì veramente amica di Napoli), appoggiava i Borboni.
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A questo proposito vale la pena di segnalare la nuova proposta ucronica di William Riker:
Quando il governo sabaudo dovette richiamare sul continente una parte delle forze che presidiavano la Sicilia per la guerra contro l'Austria, a Palermo scoppiò un'insurrezione in cui si mescolavano le più varie aspirazioni: cattolici arraggiati (così si dice in Siciliano) per la nazionalizzazione dei beni della Chiesa, confusi sogni di restaurazione borbonica, desideri autonomisti, aspirazioni sociali dei contadini i quali si erano accorti che "tutto era cambiato affinché non cambiasse nulla", l'ira dei disoccupati senza più niente, ideali risorgimentali dei repubblicani e dei garibaldini, e naturalmente una forte componente mafiosa. I ribelli, che secondo lo storico Denis Mack Smith erano almeno 18.000, svuotarono i magazzini, bruciarono gli uffici pubblici, svaligiarono i palazzi, fino a che la Regia Marina bombardò Palermo e 40.000 soldati al comando di Raffaele Cadorna ristabilirono l'ordine.
Ma che accade se la rivolta è più diffusa e riesce a scacciare i sabaudi dall'isola? E se invece l'Italia, impegnata nella repressione sanguinosa di una rivolta ancor più violenta, perde in modo ancor più rovinoso la guerra contro l'Austria, che rientra a Milano?
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Cui risponde immancabilmente il siciliano Enrico Pellerito:
Interessante. La prima ipotesi significherebbe un periodo di momentanea indipendenza siciliana, ma presto ci sarebbero correnti interne che premerebbero per "vendersi" al miglior offerente, e non mancherebbero i "compratori": cioè Francesco II di Borbone (invero con poche chances), l'Impero Britannico, la Spagna, la Francia, in teoria pure Vienna e la Sublime Porta potrebbero essere interessati.
Penso, però, che nessuno alla fine si esporrebbe troppo, mentre prima o poi gli Italiani tornerebbero e riprenderebbe la guerriglia, fatalmente destinata a cessare allorquando certi "ambienti" decidessero che è meglio fare i propri affari nell'ambito di una situazione più calma, niente militari per le strade e le campagne, ripristino del feudalesimo ottocentesco e garanzia del latifondo. E poco importa se questo implica una restaurazione sabauda.
Nel secondo caso dovrebbe intervenire la pressione diplomatica prussiana, che garantirebbe quanto promesso in sede di accordi già precedentemente presi nell'aprile 1866.
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Ed ecco cosa il nostro genio Bhrg'hros pensa invece a proposito di una mancata vittoria sabauda a Solferino:
Il generale austriaco Ferencz Gyulai, invece di adottare la tradizionale tattica attendista austriaca, ritiriamoci nel quadrilatero e qualcosa accadrà, decide di attaccare subito, prima dell'arrivo di Napoleone III. In questo caso, gli intrighi inglesi per una guerra franco-austriaca potrebbero essere evitati imponendo la cessione della Sicilia al Regno Unito. I buoni rapporti tra Francia ed Austria potrebbero sviluppare uno scenario del 1866 in cui la Prussia è costretta a combattere contro Francesco Giuseppe e Napoleone III, rischiando uno stallo.
Oppure, a Solferino non piove e Francesco Giuseppe ha un giorno prima le informazioni sul movimento delle colonne piemontesi e francesi. Riesce a disporre meglio le sue truppe e le scariche dei fucili Lorenz fanno strage di nemici. A fine serata hanno vinto gli austriaci una sanguinosa battaglia. Un esito della battaglia di questo tipo, mostrando l'inutilità delle cariche di baionetta, avrebbe fatto sì che le guerre ottocentesche fossero combattute come se fossero la Prima Guerra Mondiale (o la guerra di secessione americana): intorno al 1870, le potenze laterali Francia e Russia intervengono allora nella disputa di quelle centrali.
Ipotesi a) Francia e Russia si alleano con l'Austria. Nonostante un possibile intervento inglese, la Prussia è sconfitta. Si ha la seguente spartizione dell'Europa:
La Francia ha compensazioni in Italia (Piemonte e Liguria) e sulla frontiera renana (Lussemburgo, Vallonia mentre le Fiandre sono annesse all'Olanda) e Prussia renana.
La Russia arriva sino ad Amburgo, avendo così uno sbocco sul Mare del Nord.
Il resto della Germania è incorporata nell'Impero Austriaco.
Ipotesi b) Francia e Russia si alleano con la Prussia, naturalmente l'Austria fa una brutta fine.
Spartizione dell'Europa:
Alla Francia tutto il nord Italia (regno di Sardegna continentale e Lombardo Veneto).
Alla Russia l'Austria Slava.
La Prussia, oltre ad unificare la Germania, annette l'Austria Tedesca.
Ipotesi c) La Francia si allea con l'Austria e la Prussia con la Russia.
Se vincono i Franco- austriaci, la Francia ottiene gli stessi vantaggi territoriali dell'ipotesi a, con l'Austria che si annette la Germania. In compenso, si creano una serie di stati cuscinetto in chiave anti-russa.
La Polonia, comprendente anche la Pomerania e la Lettonia, con a capo un principe Napoleonico. Inoltre viene rafforzata la Svezia con la cessione della Finlandia e dell'Estonia.
Se vincono i Russo Prussiani, le loro acquisizioni territoriali sono analoghe all'ipotesi b.
Al limite i Prussiani pretenderebbero in più la Lorena... Si crea un regno dell'Italia del Nord, comprendente anche la Corsica da affidare ai Savoia o a qualche dinasta tedesco disoccupato.
Ipotesi d) Ipotesi d Franco-Prussiani contro Austro-Russi.
Se Vincono i Franco-Prussiani, compensazioni francesi sul Reno (Lussemburgo e metà Belgio) e tutta l'Italia del Nord, Sardegna compresa.
La Prussia di fatto realizza gli obiettivi della pace di Brest- Litovsk nella nostra Timeline.
Se vincono gli austro-russi, la Russia arriva ad Amburgo, mentre l'Austria, oltre alla Germania si annette tutta l'Italia del Nord, Corsica compresa.
Possibili evoluzioni dei vari scenari?
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A questo punto Dans ha pensato di scrivere una sua cronologia nell'ipotesi di sconfitta francopiemontese nella II Guerra d'Indipendenza ed arresto di Garibaldi a Talamone:
1859: fallimento della 2° guerra d'indipendenza. Dopo l'occupazione di Biella il 7 maggio, il comandante dell'esercito asburgico Gyulai si rifiuta di ripiegare fino al Mincio, e occupa Torino, prima che l'esercito piemontese, riunito a Casale, e quello francese di Napoleone III possano riunirsi.[1]
Con il trattato di Magenta, l'Austria-Ungheria conferma il proprio dominio su Lombardia e Veneto.
Conseguenze: la Francia appare inaffidabile, l'Austria con i suoi protetti (Lombardo-Veneto e Toscana) troppo forte per essere sconfitta sul campo.
1860: Garibaldi è arrestato a Talamone su ordine del Granduca, Leopoldo II d'Asburgo-Lorena.
L'Italia rimane divisa negli Stati pre-unitari:
- Piemonte:
Vittorio Emanuele II 1849-1878
Umberto I 1878-1900
Vittorio Emanuele III 1900-...
- Toscana:
Leopoldo II 1824-1870
Ferdinando IV 1870-1908
Leopoldo III 1908-1918
- Stato Pontificio:
Pio IX 1846-1878
Leone XIII 1878-1903
Pio X 1903-1914
Benedetto XV 1914-1922
- Regno delle Due Sicilie:
Ferdinando II 1830-1859
Francesco II 1859-1894
L'impero ottomano mantiene la Libia e la Rumelia europea.
1864: guerra dello Schlewig-Holstein: l'Austria, forte della sua dominazione sull'Italia settentrionale, non sostiene la Prussia.
1866: guerra austro-prussiana: la battaglia di Sadowa si risolve in uno stallo; la Prussia diviene leader della Germania luterana (Norddeutscher Bund), l'Austria resta egemone di Baviera, Baden e Wurttemberg e mantiene piede in Italia tramite la Toscana e il Lombardo-Veneto.
1868: Crisi di successione spagnola. Disputa tra Francia e Prussia per la successione ad Isabella II di Spagna.
Interviene la mediazione
Austriaca
(no guerra franco-prussiana).
1873: Lega dei Tre Imperatori
1878: Congresso di Budapest [Berlino] sui Balcani
1884: Conferenza di Berlino sul Congo
1894: Crisi di successione di Napoli
I Savoia cercano di accreditarsi come successori al trono per vincoli di parentela (Francesco II era nipote di Vittorio Emanuele I per parte di madre), contro Alfonso, conte di Caserta, figlio di Ferdinando II (1841-1934)
Il Piemonte è supportato da Francia e Prussia, osteggiato da Austria, Spagna e Gran Bretagna.
Vittorio Emanuele II invia un corpo di spedizione a Napoli. Alfonso deve arrendersi. Il regno delle Due Sicilie è annesso al Regno di Sardegna.
E poi?
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[1] Già il 29 aprile l'esercito austriaco di Gyulai attraversò il Ticino nei pressi di Pavia ed invase il territorio piemontese, il 30 occupò Novara, Mortara e, più a nord, Gozzano, il 2 maggio Vercelli, il 7 Biella. L'azione non veniva ostacolata dall'esercito piemontese, accampato a sud fra Alessandria, Valenza e Casale. Gli austriaci arrivarono sino a 50 km da Torino.A questo punto, tuttavia, Gyulai invertì ordine di marcia e si ritirò oltre il Sesia e poi verso la Lombardia: un ordine espresso da Vienna, infatti, gli aveva suggerito che "il miglior teatro di operazioni è il Mincio", lì dove gli Austriaci avevano, appena 11 anni prima, domato l'avanzata piemontese e salvato i propri domini in Italia. Così facendo, tuttavia, gli austriaci rinunciavano a battere separatamente piemontesi e francesi, e consentivano il ricongiungimento dei due eserciti. Il comando austriaco, inoltre, operava una totale inversione strategica, che difficilmente può essere spiegata senza ipotizzare una certa confusione. Certamente non ne fu responsabile Gyulai, al quale, semmai, può essere rimproverata una certa debolezza nell'azione. (it:wiki - Seconda Guerra d'Indipendenza).
Un esito possibile di quest'ucronia è lo scambio tra Italia e Jugoslavia.
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Ed ora, un'idea di Toxon:
Sicuramente, agli occhi di molti membri della classe dirigente italiana dopo l'Unità, l'estensione a tutto il paese del pesante sistema di coscrizione militare piemontese doveva sembrare una scelta obbligata; è difficile però sfuggire all'impressione che sia stata un'azione sostanzialmente inutile (le nostre forze armate hanno rimediato un sacco di figuracce in quel periodo) e dannosa: basti pensare a quanto danneggiò la massa della popolazione e favorì l'esplosione del cosiddetto "brigantaggio". Ma se il neonato regno d'Italia decide di affidare la propria sicurezza a un esercito più piccolo? Sarà militarmente più debole, ma farà poi tanta differenza? In compenso, meno brigantaggio, meno povertà, e magari anche meno spese militari!
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Così gli risponde Basileus TFT:
Paradossalmente potrebbe anche essere più forte. Conta che il nostro esercito subito dopo l'unità, a parte la marina, era veramente messo male, senza dubbio il peggiore fra le varie Potenze. Si e no il 5% sarà stato armato ed equipaggiato modernamente, il resto beh quello che gli si poteva dare gli si dava. Con un esercito più piccolo, più motivato e meglio armato ci saremmo potuti risparmiare un sacco di brutte figure e mantenere salda l'economia del sud. Certo, per la WWI una leva di massa era obbligatoria.
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E dDuck aggiunge:
Avrebbero potuto farlo, ma serviva un altra politica estera. Niente colonie, niente Trento e Trieste o Corsica o altro. Politica di neutralità tra Intesa e Alleanza. Sviluppo economico interno. Il governo però doveva essere in grado di richiamare alla coscrizione in caso di crisi internazionali. Una politica decisamente "scandinava"! E' un po' dura perchè siamo in mezzo al Mediterraneo.
Se va bene: caso A. L'Italia resta neutrale per tutta la Prima guerra mondiale, ma introduce precauzionalmente la leva nel 1914. Nel 1920 a guerra in corso dichiara formalmente guerra a una sfinita Austria che resiste poco. Al trattato di pace ottiene Trento, ma non l'Alto Adige, Trieste e Gorizia e un pezzo di litorale istriano. Giolitti, che rimane ininterrottamente sulla breccia, ottiene il massimo con un numero esiguo di morti. Il fascismo non nasce e Mussolini è solo un capetto di un partito ininfluente. Hitler in Germania non ha un modello di riferimento e ha meno successo, non Sfonda e Weimar si protrae. L'Austria è meno umiliata. Evitabile la Seconda Guerra Mondiale.
Se va male: caso B. L'Austria pensa di attaccare l'Italia non ritenendola preparata al conflitto, per attaccare la Francia da sud. L'Italia, che ha allestito nel frattempo un esercito paragonabile a quello della HL, conduce la medesima guerra... ma ci si potrà vantare a Versailles di essere stati aggrediti.
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Allora Toxon ripiglia:
Scrivendo l'ucronia io avevo pensato soltanto al periodo subito dopo l'Unità, e non mi ero posto il problema delle conseguenze oltre il quindicennio della destra storica. Ovviamente, una volta che sono stati risolti i problemi più impellenti per quanto riguarda finanze e brigantaggio, potrebbe essere introdotto un sistema di coscrizione più pesante. Ma nel frattempo si sarà affermato un modello di esercito più piccolo ed efficiente, e la popolazione si sarà abituata a non essere richiamata; perciò secondo me si continuerà con questa politica, o perlomeno la si modificherà solo gradualmente. Quindi, anche in seguito, meno tasse e/o più servizi, meno influenza dell'esercito sulla politica, meno espansionismo (e nessuna colonia). Probabilmente anche una politica estera meno intraprendente, anche se non di completa neutralità: in fin dei conti, l'Italia ha comunque un esercito e degli interessi economici, mi sembra che potrebbero starci gli screzi con la Francia e l'avvicinamento con la Germania, magari senza la consacrazione della Triplice Alleanza. Nel 1914, per sicurezza, viene reintrodotta una leva obbligatoria, ma il paese è molto meno bellicoso che nella HL, e l'Italia resta neutrale.
Quanto all'idea di Basileus TFT, Non avevo pensato a questa possibilità, è molto interessante. Secondo te, nel 1866 un esercito italiano piccolo ed efficiente potrebbe sconfiggere l'Austria? E ciò potrebbe portare in seguito gli altri paesi europei a privilegiare gli eserciti di professionisti rispetto agli eserciti di coscritti? Ad ogni modo sono d'accordo con te sul fatto che, nel 1914, si renda necessaria la leva.
Quanto all'idea di dDuck, secondo me è più probabile lo scenario A. A meno che non abbiamo proprio una fama da pere cotte (conta poi che in questa ucronia le ultime sconfitte risalgono ad almeno mezzo secolo prima e l'Italia è più ricca e sviluppata) l'Austria non attaccherà, è già troppo impegnata nei Balcani e in Russia, se ha ancora uomini da impiegare aiuta i Turchi.
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Parte di queste discussioni è confluita nell'ucronia intitolata Ottocento Italiano, cui vi rimando. Se volete contribuire a queste discussioni, scriveteci a questo indirizzo.