IL CURATO AGNELLI E IL CULTO DI SANT'AGNELLO

(da "La Nona Campana", febbraio 2007)


Nell'estate 2004 un emissario del Comitato promotore "Fiera di Primavera" di Paderno Dugnano, dopo la scoperta di una malconcia tela raffigurante sant'Agnello bisognosa di restauro, si rivolse all'archivio parrocchiale di Lonate per avere notizie sul sacerdote Arcangelo Agnelli, parroco di Dugnano nativo di Lonate. Dall'archivio lonatese emersero poche testimonianze essenziali che vennero subito segnalate al Comitato di Paderno, più o meno in questi termini sintetici.

« Il sacerdote Arcangelo Agnelli, curato di Paderno, aveva fatto testamento presso il notaio Andrea Forni in data 22 marzo 1667, testamento di cui non resta copia nell'archivio parrocchiale di Lonate. Aveva lasciato ad un suo erede di nome Francesco l'impegno, per quanto concerne Lonate, di fare cantare messa ogni anno nella chiesa di San Nazaro il 14 dicembre in onore di sant'Agnello. Le efemeridi dei legati attestano fino all'anno 1788 che a Lonate si cantava messa al 14 dicembre in San Nazaro: negli ultimi anni, a dire il vero, non e indicato il luogo della celebrazione. La chiesa dl San Nazaro, antichissima, fu chiusa al culto per un decreto governativo del 1783 quand'era "in stato rovinoso" : Per l'Ottocento, forse anche a causa degli stravolgimenti introdotti dall'imperatore Giuseppe d'Austria e da Napoleone, non si trovano più cenni sull'adempimento del legato Agnelli. »

A fine settembre 2005 il parroco di Paderno, don Gabriele Sala, trasmise a Lonate due fotografie della tela - prima e dopo il restauro -, ed anche, a sorpresa, la trascrizione del lungo e complesso testamento del sacerdote Agnelli fatta a fine Ottocento dal parroco Appiani di Dugnano, trascrizione trapuntata di errori che ne rendono difficile la lettura in molti passaggi. Ora che si e ottenuta dall'Archivio di Stato di Milano una copia dell'abbreviatura originale del notaio Fomei (questo il cognome esatto), il testamento risulta assai meglio comprensibile nelle linee generali e nelle clausole applicative. Ne sintetizziamo il contenuto in modo da arricchire la scheda biografica del sacerdote lonatese.

Sant'Agnello, parrocchia di Paderno Dugnano

Nel testamento, dettato al notaio in Milano con presenza di pronotai e testimoni, Arcangelo Agnelli si dichiarava nativo di Lonate Pozzolo e menzionava due fratelli: Giovanni Ambrogio e Giovanni Paolo. Ricordava che, dopo essere stato curato di Dugnano, lo era di Paderno dove aveva fatto costruire nella chiesa parrocchiale (intitolata alla Natività della Madonna) il sepolcro dei curati in cui voleva essere sepolto, e la cappella di sant'Agnello, da lui fatta decorare e dotata di calice d'argento, pianeta, tunicelle, camici e moschetto bianco.

Teneva impegnate 4.500 lire imperiali presso l'oste Sioli di Dugnano e una somma superiore alle 9.000 lire sul Banco di Sant'Ambrogio. Nominando suo erede universale Francesco Agnelli figlio di Giovanni Ambrogio, gli faceva obbligo di redigere l'inventario dei suoi denari e crediti, e di onorare di conseguenza le sue volontà testamentarie. Lasciava 100 lire imperiali alla domestica e 50 a ciascuna delle due figlie di lei; 6 scudi (pari ciascuno a 6 lire imperiali) al nipote Giovanni Paolo (figlio di Giovanni Ambrogio) che viveva a Mozzate; tonache e libri a un altro Giovanni Paolo Agnelli che era curato di Ello, e 4 scudi a Giovanni fratello di detto curato.

Destinava 13.500 lire imperiali all'altare di sant'Agnello in Paderno, ove voleva che si celebrasse messa quotidiana da un cappellano eletto dal curato locale. Disponeva un aiuto finanziario (10 scudi l'anno per la scuola e 35 per la retta di seminario) a favore di un parente che aspirasse al sacerdozio. Istituiva doti di 100 lire per ragazze lonatesi del suo parentado, purché povere, timorate di Dio, assidue ai serramenti e alla dottrina cristiana.

Disponeva - eccoci al punto - che a Lonate, nella chiesa di San Nazaro, si cantasse ogni anno messa nel giorno di sant'Agnello con l'intervento dei due curati del borgo e di tutti i cappellani, con 8 candele accese di 9 once l'una. Disponeva che all'estinguersi della linea maschile dei discendenti, la sua casa di Lonate, abitata dall'erede Francesco, passasse in proprietà alla locale Scuola della Carità, perché i frutti dell'affitto giovassero ai poveri.

Dalla foto ricevuta (allegata a questo articolo) sembra che la tela di Paderno sia stata decurtata a destra, dove la figura di un angelo appare tagliata. Nel quadro il santo, vestito di talare, mantello e cappuccio scuri, regge la croce con la mano destra, un libro nella sinistra. A reggere il pastorale è invece L'angelo di sinistra. Con il nome di Agnello si conoscono due santi, entrambi del secolo VI: l'uno, più famoso, che fu teologo e vescovo di Ravenna; l'altro, abate di un monastero presso Napoli, che é festeggiato al 14 dicembre. Gli elementi del quadro si attagliano al secondo. Da notare ai piedi del santo, a sinistra, lo stemma famigliare del testatore: un ovale che contiene nel campo inferiore un agnello passante sopra strisce verticali bianche e nere, nel cameo superiore una bandiera rossa crociata di giallo.

Lo stemma di famiglia Agnelli

Della famiglia Agnelli si conoscono varie figure attive in seguito sulla scena di Lonate: nel 1732 un Giovanni Francesco vicecurato, nel 1736 un Giovanni Battista fu Arcangelo fra i reggenti della comunità, nel 1751 un Carlo che abitava in contrada Monte ed era proprietario di 50 pertiche di terra, nel 1805 un Carlo Ambrogio sacerdote benestante che si fece acquirente del soppresso monastero di San Michele, nel 1833-57 un Giacomo falegname capace di grandi realizzazioni per la chiesa parrocchiale (cassa e cantoria dell'organo, sottoposta bussola, due pulpiti, serramenti al battistero), nell'anno 1885 un altro Giacomo capomastro che esegui a Gallarate su disegno Borgomaneri la facciata del santuario della Madonna in Campagna.

A Lonate il cognome Agnelli e attestato soltanto dal 1574, anno in cui, secondo lo stato delle anime compilato dal parroco Setticelli, vivevano in contrada Borgo in una casa di proprietà Gennari tre fratelli Agnelli, figli di Francesco: Giovanni (calzolaio), Girolamo, Caterina, rispettivamente di 24, 20 e 13 anni.

Nel testamento del 1667 il sacerdote Arcangelo Agnelli si dichiara figlio di Giovanni Angelo e dichiara già morti i fratelli Giovanni Ambrogio e Giovanni Paolo. Menziona i nipoti Francesco (l'erede) e Giovanni Paolo (vivente a Mozzate), figli di Giovanni Ambrogio. Menziona come discendenti del fratello Giovanni Paolo un nipote Girolamo e i pronipoti, figli di lui, Giovani Paolo (il curato di Ello), Giovanni e Francesco. Nonostante il ripetersi degli stessi nomi nel parentado Agnelli con rischio di confusione, l'archivio parrocchiale di Lonate fornisce riscontri soddisfacenti, anche se non tutti i riscontri desiderabili, sia perché la serie dei registri anagrafici non é completa, sia perché alcune annate a registro appaiono lacunose. Non si trova l'atto di nascita di Arcangelo, futuro curato di Paderno, ma c'e l'atto di matrimonio dei suoi genitori, Giovanni Angelo Agnelli e Margherita Motella, datato 4 febbraio 1576, ove si legge che Giovanni Angelo era calzolaio, di Gallarate ma abitante a Lonate: data la rarità del cognome e della professione, dobbiamo ritenerlo coincidente con il Giovanni dello stato delle anime del 1574. In data 14 febbraio 1582 é registrato il matrimonio del fratello Girolamo, che - segnalazione importante - é detto figlio di messer Francesco di Gallarate, il quale Girolamo sposava Maddalena Spezzi. Questo Girolamo deve ritenersi il padre di Giovanni Paolo, che risulta già morto nel 1621, anno in cui il figlio Girolamo (recante come d'uso il nome del nonno) sposava Margherita Rossini di Ferno, dalla quale avrà poi Giovanni Paolo (futuro curato di Ello) e Giovanni, mentre Francesco gli nascerà dalla seconda moglie, Franceschina Bertoni pure di Ferno, sposata nel 1637.

Quando nacque Arcangelo, il curato di Paderno? Quando nacquero, se nacquero a Lonate, i fratelli Giovanni Ambrogio e Giovanni Paolo? Negli anni a registrazione lacunosa o a registrazione non pervenuta, cioè fra il 1576 e il 1597. Probabilmente l'età di Arcangelo é deducibile senza problemi dal registro dei morti di Paderno.

Noi invece indoviniamo facilmente il perché della scelta della chiesa di San Nazaro per la messa annuale. La casa dove gli Agnelli abitavano nel 1574 e dove, secondo il sistema antico, Giovanni Angelo visse anche con moglie e figli, era la prima sul lato occidentale della contrada Borgo; stava, dunque, in faccia alla chiesa di San Nazaro. Perciò a questa chiesa Arcangelo era legato dalla fanciullezza.

Non conosciamo le vicende della cappellania di Sant'Agnello in Paderno, per il cui buon funzionamento il testatore si raccomandava alla locale Scuola del SS. Sacramento, che forse era tutt'uno con la fabbriceria. Per quanto riguarda la messa cantata in San Nazaro di Lonate, dall'archivio parrocchiale si apprende che l'erede Francesco Agnelli non fu sollecito nel farla celebrare. Per questo alla Pasqua del 1670, due anni dopo la morte del testatore, i due curati del borgo, Pietro Celio e Pietro Castiglioni, gli negarono i sacramenti. Francesco si appellò ai superiori diocesani, i quali delegarono a risolvere la pendenza il vicario foraneo, Giovanni Pietro Rasini. Costui, visto il testamento, riunite e conciliate le parti, registrò in data 13 giugno 1670 la promessa di Francesco di dare ogni anno ai due curati per la messa di sant'Agnello in San Nazaro lire 9 imperiali, importo non comprensivo delle spese per la cera e per tanti cappellani quanti i curati volessero invitare. Per tale messa, morto Francesco, gli eredi Agnelli pagarono ogni anno lire 5 e mezzo a ciascuno dei due parroci; quanto ai cappellani, negli anni 1750-60 ne intervenivano ogni volta una decina. Va segnalato che negli ultimi lustri del Settecento era la Scuola della Carità a farsi carico della celebrazione annuale.


QUANTI SACERDOTI A LONATE NEL 1707!

(da "La Nona Campana", agosto-settembre 2013)

 

È noto che in passato era più numeroso di quanto non sia oggi il clero presente nelle singole comunità, soprattutto in quelle più ricche di benefici, ossia di prebende. Diversamente dai religiosi (frati), il clero non faceva voto di povertà. Anzi, nessuno veniva ordinato sacerdote se non poteva appoggiarsi ad una prebenda già esistente, talora vecchia di secoli: prebenda parrocchiale se formata da una comunità, prebenda familiare se da privati. La prebenda era in genere costituita da beni materiali (generalmente terreni), dai quali l'investito pro tempore poteva trarre di che vivere: soprattutto cereali e vino, che in parte consumava personalmente, in parte vendeva. L'investito non poteva invece vendere i beni immobili della prebenda, che dovevano rimanere a disposizione dei successori. Alla famiglia che aveva istituito una prebenda rimaneva normalmente il diritto di scegliere l'investito, anche se la sua nomina formale era del vescovo, al quale competevano comunque elezione e nomina per le prebende parrocchiali. A ogni prebenda corrispondevano degli obblighi: chi godeva della prebenda parrocchiale era tenuto a celebrare riti e sacramenti a profitto della comunità, chi godeva di benefici di patronato familiare era tenuto a celebrare messe a suffragio dei fondatori del beneficio.

Per Lonate, luogo in passato di ricchezza non trascurabile, disponiamo di vari elenchi di sacerdoti residenti o aventi titolo per risiedere. Presentiamo l'elenco incluso negli atti della visita compiuta nel 1707 da monsignor Mario Corradi, delegato arcivescovile per la "regione prima" cui apparteneva la pieve di Gallarate: un elenco di ben 16 sacerdoti, reperito a Milano nell'archivio storico diocesano. Allora Lonate aveva due parroci, ancora i tre monasteri, ancora le chiese di san Nazaro (nel sito dell'odierna piazza Mazzini) e di san Pietro (oggi via Oberdan), varie cappellanie, al punto che a fruirne erano anche sacerdoti di altre diocesi. Ricordiamo che allora gli altari della chiesa di sant'Ambrogio erano cosi intitolati: san Bartolomeo, san Pietro Martire, san Giuseppe, del Rosario, sant'Antonio di Padova (già Madonna della Rosa), Spirito Santo.

Ed ecco l'elenco dei sacerdoti, che nell'originale è in latino.

1) Giuseppe Antonio Gasparoli, di anni 46, provvisto del beneficio parrocchiale nel 1681 a seguito rinuncia di Pietro Castiglioni, abita nella casa parrocchiale che consiste in 3 locali a piano terra, più cucina cantina stalla cascina, e in 4 locali superiori, più orto. Trae reddito da pertiche 60 di campi aratori e altrettanta brughiera, dalla "primizia" pari a 20 moggia di mistura (1 moggio = 150 kg) e a forfettarie lire 12 in luogo del vino. Aggiunge redditi straordinari per lire 300, che divide a metà con l'altro parroco porzionario.

2) Camillo Canetta, di anni 56, parroco dal 1699, abita nella casa parrocchiale composta di un locale inferiore, cucina, cantina, stalla, cascina, orto e da 4 locali superiori. Ha in casa come domestica Caterina Resegatti di anni 61 con facoltà arcivescovile del 1701, confermata nel 1707. Trae reddito da pertiche 110 di aratorio e dalla primizia nella stessa quantità del collega, con il quale esercita la cura delle anime a settimane alterne.

3) Carlo Scipione Scaranpino, della diocesi di Sarzana, di anni 71, celebra nella chiesa di Sant'Agata delle monache con facoltà avuta da Milano. I parroci lo dicono ottimo sacerdote.

4) Carlo Ferro, della diocesi di Piacenza, di anni 41, celebra nella chiesa delle monache di santa Maria.

5) Tomaso Bicchierai, della diocesi di Sarzana, di anni 56, celebra nella chiesa di san Michele con facoltà della Curia Arcivescovile del 1702, confermata nel 1707. Ha come domestica Angela Mazzucchelli, con facoltà del 1700 confermata nel 1707.

6) Carlo Ambrogio Bottarini, della diocesi di Milano, di anni 37, ordinato al titolo di cappellania perpetua nella parrocchia di san Protaso "ad monacos" di Milano, ma ora celebra a Lonate nell'oratorio dei santi Nazaro e Celso soddisfacendo al legato di messa quotidiana istituito da Michele Negri, con facoltà della cancelleria diocesana del 1704, confermata nel 1706. Secondo una nota allegata, riferita al cappellano predecessore Tranquillo Negri, quel beneficio è di giuspatronato Bossi, e consiste in una casa di 4 locali con annessi orto cortile e in 300 pertiche di terreni, compresi la brughiera e il bosco.

7) Pietro Antonio Bossi, della diocesi di Milano, di anni 38, ordinato al titolo di patrimonio, celebra nella parrocchiale e in altri oratori di Lonate, soddisfacendo a vari legati, con facoltà della cancelleria arcivescovile di Milano del 1701, confermata nel 1706.

8) Carlo Giuseppe Piantanida, di anni 43, ordinato al titolo della cappellania perpetua di San Bartolomeo della città di Milano, ora con facoltà della cancelleria arcivescovile del 1701, confermata nel 1707, celebra a Lonate in parte per legati, in parte per offerte; celebra in particolare la messa "in aurora" nell'oratorio di san Pietro.

9) Francesco Luini, titolare della cappellania di san Bartolomeo nella chiesa parrocchiale di Lonate.

10) Giuseppe Gaetano Imbonati, titolare, assente. Dal 1704 in qua non ha assolto all'obbligo della messa quotidiana per 400 messe e diversi annuali. Ha ordine di portare al visitatore il suo "stato personale".

11) Felice Cilio, titolare, assente.

12) Giuseppe Zavattoni, titolare all'altare di San Giuseppe.

13) Carlo Giuseppe Beretta, titolare all'altare della Beata Vergine della Rosa, assente. Ha l'ordine di portare lo stato personale al visitatore.

14) Gaspare Piantanida, di anni 37, ordinato al titolo di patrimonio, celebra nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso ai legati di quella chiesa, con facoltà del 1692, confermata nel 1707.

15) Giovanni Stefano Bonalanza, titolare di beneficio con onere di messe in parte nella chiesa parrocchiale, in parte nell'oratorio dei santi Pietro e Paolo. Secondo l'allegato suo "stato personale" ha 32 anni, è nativo di Lonate e sacerdote dall'anno 1700, tiene complessivamente 250 pertiche di terreno aratorio e 16 di bosco che gli rendono annualmente 50 moggia di mistura, oltre alla "foglia" dei gelsi.

16) Francesco Repossi, di anni 60, nativo di Lonate, ordinato al titolo perpetuo della messa quotidiana all'altare della Beata Vergine del SS. Rosario lasciata da Antonio Repossi, tiene tuttora i beni di questa cappella che consistono in pertiche 90 di aratorio, 12 di prato, 10 di bosco e due case site nel borgo di Lonate.

Il qui citato Antonio Repossi, promotore di messe all'altare della Madonna, non deve passare inosservato. A lui, in quanto pubblico benefattore, Lonate ha dedicato una via: per testamento del 1681 egli destinò gli utili di diversi beni a vantaggio dei poveri del paese. Dopo il nome dei due parroci l'elenco del 1707 dà il nome delle dieci cascine appartenenti alla parrocchia di Lonate: Tornavento, Maggia, Molinelli, mulino di Gaggio, casa della Camera, cascina Ciappetta (poi chiamata Cassinetta), Castellana, mulino de Novo, Molinazzo, Gelata (non c'era ancora la Caldarona), per un totale di 2.000 anime di cui 1.200 "da comunione". Colloca Lonate a 4 miglia da Gallarate, 24 da Milano. Informa che il curato di Ferno era di diritto vice-parroco di Lonate, chiamato cioé a esercitare a Lonate la cura delle anime in caso di parrocchia vacante.

I nomi dei sacerdoti dell'elenco trovano conferma nell'archivio parrocchiale di Lonate in un "Libro dei legati" descrittivo delle funzioni e degli adempimenti annuali dal 1705 al 1750. In esso leggiamo, per esempio, che il 23 novembre 1705 all'ufficiatura annuale a carico delle monache di sant'Agata celebrata nella chiesa di san Nazaro erano presenti i sacerdoti Gasparoli, Canetti, "Scipione", Bicchierai, Bonalanza, Repossi, Zaro e Piantanida; che i medesimi, più Bossi e meno Piantanida, erano presenti il 14 dicembre del 1705 nella stessa chiesa di san Nazaro alla messa detta di sant'Agnello, fatta cantare dalla famiglia Agnelli. Da altri documenti, sappiamo che Giuseppe Gaetano Imbonati e Giovanni Stefano Bonalanza rimanevano cappellani a Lonate nel 1732.

Atto notarile del 1472

Atto notarile del 1472

Aggiungiamo che tutte le parrocchie tengono l'elenco dei parroci, spesso esposto in sacrestia, elenco più o meno lungo a seconda dell'antichità della parrocchia, in genere lacunoso nella prima parte se la parrocchia è di istituzione medievale. Tale è il caso di Lonate, parrocchia dal Duecento, già strutturata in due porzioni, segno della ricchezza e della (relativa) ampiezza del borgo: la porzione di San Nazario e la porzione di sant'Ambrogio. L'elenco (lo potete vedere a questa pagina) comprende una sessantina di nomi di parroci, anticamente detti rettori, con gli anni in cui tennero la carica. Le ricerche archivistiche degli ultimi anni hanno svelato, intrecciati a varie vicende, i nomi di quattro parroci da inserire nell'elenco: Stefanolo Piantanida per l'anno 1391, Pagano Piantanida intorno al 1440, Francesco Bodio per gli anni 1452-62, Luigi Portirelli per il 1803.

Il 2 dicembre 1391 Stefanolo Piantanida, rettore beneficiale delle chiese (si noti il plurale) di Lonate Pozzolo, omonimo di un altro curato precedente, agendo come procuratore (cioè in nome e per conto) del sacerdote Francesco de Curte, prese possesso di un canonicato nella chiesa di Arsago Seprio. In tale ruolo compì nella chiesa di Arsago davanti al prevosto e ai canonici locali gli atti simbolici previsti nel cerimoniale: maneggiare la tovaglia dell'altare, i catenacci della chiesa, la corda delle campane, occupare uno stallo in coro e un locale della canonica. Il racconto è opera del notaio Pietrobono Azzone.

Nel 1451 la monaca Margherita Rossi morì di peste nel monastero lonatese di San Michele quand'era ancora denominato "domus" Gennari. Negli anni precedenti, al tempo della sua professione religiosa, fatta davanti al sacerdote Pagano Piantanida curato di Lonate, Margerita aveva fatto dono al monastero come dote spirituale di due campi e due prati che lei aveva ereditato dal padre. A ricordare quella donazione e quel parroco fu un testimone interpellato dal notaio Donato Gennari nel 1489.

Nel 1472 il notaio Stefanino Cane, impegnato a raccogliere notizie su un certo Pietro Tacchi nell'ambito di una causa riguardante quest'ultimo, interrogò anche Francesco Bodio, allora cappellano della cappella di santa Maria nella chiesa di San Nazaro, il quale gli dichiarò sotto giuramento di non avere elementi per affermare che Pietro Tacchi avesse mai amministrato l'eucaristia in paese, e che quel tale non godeva comunque di buona fama. Il cappellano legava la sua dichiarazione al fatto di essere stato personalmente curato di Lonate per dieci anni, eletto nel 1452 insieme con Giovanni da Borsano (già incluso nella lista dei curati di Lonate, che i notai ci danno vivo e attivo almeno fino all'anno 1478).

Luigi Portirelli, nativo di Lonate, fatti gli studi nel seminario di Brera, fu ordinato sacerdote nel 1797. Ebbe investitura di una cappellania in Duomo e contemporaneamente prestò servizio come aiuto cancelliere nella curia arcivescovile di Milano. Nel 1803, alla morte del curato Cagnoni, fu nominato curato porzionario di Lonate, ma in paese rimaera già presente nella lista, ma con il nome erroneo di Luigi Puricelli. A Portirelli successe Pietro Uboldi, che fu l'ultimo titolare della seconda porzione curata. Dal 1813 Lonate ebbe un solo curato.


I REPOSSI A LONATE

(da "La Nona Campana", novembre 2022)

Stemma della famiglia Repossi sopra il portale del loro palazzo a Somma Lombardo

Stemma della famiglia Repossi sopra il portale del loro palazzo a Somma Lombardo

 

A proposito di Don Francesco Repossi, cui si è accennato qui sopra, occorre segnalare che la famiglia Repossi è prosente nella storia di Lonate almeno dalla fine del Quattrocento fino ai primi anni del Settecento. In un atto di compravendita del 1489 steso dal notaio Donato Gennari compare già infatti come testimone un Giovanni Paolo Repossi abitante a Lonate.

I Repossi giunsero a Lonate da Somma Lombardo, dove appartenevano al gruppo ristretto delle famiglie di spicco locali. Sopra il portale della loro dimora storica sommese, poi passata ai Campana, rimane lo stemma di famiglia: un maiale al riposo sotto un albero, verosimilmente una quercia fornitrice di ghiande, di cui si sa che i porci sono ghiotti. È uno stemma parlante, cioè rappresentazione del dialetto parlato. Infatti anche le famiglie del patriziato parlavano in dialetto, e in dialetto rapós e ripós significano riposo, come testimonia il noto proverbio: al vör püsee un pü da ripós che na mica in dal gós ("fa meglio una buona dormita che mangiare una pagnotta").

A Lonate più di uno dei Repossi fu notaio: le loro carte consultabili nell'archivio dí stato di Milano possono fornirci moltissimi dati per la storia di Lonate. In particolare sono preziose le carte dei notai Giovanni Pietro (1555-1579), Giovanni fu Giovanni Michele (1634-1691) e Aronne Ambrogio (1677-1714). Del notaio Giovanni Repossi che lavorò per oltre cinquant'anni, l'archivio conserva ben trenta faldoni pieni di sue imbreviature, purtroppo scritte con una grafia di non agevole decifrazione. In questa "miniera" si scovano riferimenti molteplici a personaggi, enti, avvenimenti: per esempio, cenni ai danni prodotti dall'invasione franco-sabauda del 1636, i testamenti dei curati Comerio e Malvestiti e di tante altre persone dì quel tempo, suppellettile della chiesa parrocchiale (1642), riferimenti all'ingegnere Giovanni Battista Bombarda (probabile progettista del campanile di Lonate), riferimenti ai monasteri, al comune, ai mulini, alle confraternite, alle famiglie di spicco locale del Seicento, alle comunità di Sant'Antonino, dí Ferno e di altri paesi vicini.

I Repossi lasciarono tracce della loro presenza in vari punti del territorio lonatese. Abitavano in una casa nobiliare in contrada Borgo (oggi via Roma) sul lato est, erano proprietari dí terreni e di un grande cortile con casa da massaro in un vicolo di Valletta (oggi piazza Santa Croce), dove fino a pochi decenni fa si leggeva la denominazione di vicolo Repossi. Anche la colonna che ricorda la peste del 1577 esistente in piana Santa Croce, era inizialmente piantata su un terreno di beneficio Repossi. All'interno della chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio avevano, come le famiglie di spicco locali, una tomba di famiglia: essa stava tra la prima e la seconda cappella del lato nord. Ad uno dei Repossi, Antonio, è ancor oggi intitolata una via.

Anche negli atti delle visite pastorali troviamo rnenzione dei Repossi, soprattutto per legati di culto. É ricordato il testamento dl un Giovan Pietro Repossi, forse il notaio sopra menzionato. Di un Giovanni Repossi si doveva celebrare l'anniversario funebre, fondato su un terreno abitativo a Castano Primo. Un Giulio Repossi a inizio Settecento era uno degli amministratori della Scuola della Carità, istituita a Lonate da San Carlo Borromeo. Due Repossi erano sacerdoti: Pietro Francesco celebrava nel 1684 alla Madonna delle Grazie (chiesa costruita nel 1663, demolita nel 1963) e in San Nazaro, mentre un Giovanni Francesco Repossi era cappellano alla Cappella del Rosario nel 1706. Di un reverendo Francesco (ma non si sa quale dei due precedenti) si celebrava nel 1750 l'anniversario nell'ottava dei morti con l'intervento di sei sacerdoti. Si ha notizia anche di una signora Anna Repossi che nella prima metà del Settecento dispose lasciti per complessive 20 messe l'anno. Insomma, non si può negare che í Repossi abbiano contribuito ad animare la vita della comunità lonatese per vari decenni.

 

Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

 

Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla storia antica di Lonate; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.


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