(da "La Nona Campana", luglio-agosto 1986)
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Nel 1986, in occasione del 350° anniversario della Battaglia di Tornavento, l'indimenticabile Gian Domenico Oltrona Visconti scrisse questo breve articolo, che sono ben felice di pubblicare:
Probabilmente i lonatesi dormivano sonni tranquilli allorché nubi di tempesta, del tutto inaspettate, andavano addensandosi sulle loro teste. Infatti essi non potevano prevedere che laggiù, nella valle del quieto Ticino, tra le brume di un giugno particolarmente caldo e afoso, era in marcia a ranghi errati e a tamburi rullanti un esercito straniero che solo il ciglione con la sua ripida scarpata e la fitta boscaglia doveva temporaneamente arrestare. Ma chi formava quell'esercito? E dov'era diretto? - si sarà chiesto qualche boscaiolo intento al suo lavoro sotto il ciglione. Ed avrebbe risparmiato il borgo - si sarà chiesto un viandante ignaro già in vista dei campanile di S. Ambrogio - o come nuvola di cavallette affamate si sarebbe buttato tra le case, nelle piazze, nei cortili, nelle stalle, nelle abitazioni stesse in cerca di bottino com'era triste consuetudine dei tempo?
È chiaro che stiamo parlando dei prodromi della battaglia di Tornavento, combattuta fra il 21 e il 22 giugno 1636. Ebbene, quell'esercito aveva da poco varcato la Sesia, allora confine dello Stato milanese, e volgeva verso la Lombardia con l'ambizioso disegno di raggiungere e occupare Milano. E siamo - occorre spiegarlo - nel periodo cosiddetto "francese" della Guerra dei Trent'anni, mentre difendeva la capitale il governatore spagnolo Diego Felipe de Guzmán, Marchese di Leganés (1580-1655), il quale, dal suo quartiere di Abbiategrasso, si preparava a fronteggiare e ricacciare in Piemonte l'esercito che s'e detto sopra, composto da francesi e savoiardi, al comando rispettivamente di due grossi nomi dell'arte militare dei tempo: il borioso duca Charles de Blanchefort-Créquy (1623-1687) e il duca di Savoia Vittorio Amedeo I (1587–1637), alleati in un piano che doveva tuttavia fallire con la mancata conquista dell'agognata Milano.
Mancata conquista - si noti - dovuta proprio alla battaglia di Tornavento, poiché l'accanimento delle opposte schiere su una « deserta arena », come dicono le cronache, la mancanza di trinceramenti adeguati, soprattutto la mancanza d'acqua, ridussero allo stremo uomini che per lunghe drammatiche ore, sotto il sole cocente, se le erano date di santa ragione.
Lonate, in sostanza, fu spettatrice a margine dell'avvenimento, ma il brutto venne dopo col rinfrancarsi dei soldati, i quali puntarono il giorno dopo sull'abitato e se non lo misero a sacco poco ci mancò. Scompiglio, quindi, tra i reggenti della Comunità, panico tra le monache dei tre monasteri, delusione tra i più per l'assenza di valida protezione da parte spagnola. Purtroppo non si sa molto di ciò che avvenne in paese se togliamo le notizie certe di assalti a monasteri dove i maggiorenti avevan trovato rifugio insieme a denaro e preziosi, e il vano tentativo di qualche capo inteso a disperdere quell'orda e a limitare i danni ad una popolazione inerme. Ma la vittoria - si chiederanno i nostri lettori - a chi arrise? Se l'attribuirono gli spagnoli per aver arrestato gli invasori, se l'attribuirono gli alleati per aver violato il suolo lombardo dopo aver attraversato senza perdite la Sesia... Elevate furono comunque le perdite dei combattenti d'ambo le parti. Ma in proporzione più elevati furono i danni subiti dalla nostra gente in un pur breve episodio dell'acerba lotta di supremazia tra potenze straniere.
Gian Domenico Oltrona Visconti
Rappresentazione seicentesca della battaglia di Tornavento. Nell'angolo in alto a sinistra si legge: "Disegno del porto di Olegio et sperone, con il sito dove seguì la battalia il dì 22 giugno 1636 che durò hore 15. |
L'INVASIONE FRANCESE DEL 1636 NEL RACCONTO DEL CURATO COMERIO
(da "La Nona Campana", marzo 2006)
Il curato di Lonate Francesco Comerio (1610-1645) ci ha lasciato una relazione dell'invasione franco-sabauda del nostro territorio e della cosiddetta « battaglia di Tornavento », celebre evento della famigerata Guerra dei Trent'Anni, esprimendosi in "ore italiche". Nel sunto che segue, viene data tra parentesi quadre l'equivalenza al sistema orario di oggi.
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13 giugno (venerdì): Le truppe di Savoia e di Francia giungono a Oleggio, guidate dai duchi di Savoia e da Charles de Créqui. Alle 23 hore [= 20.00] il nobile Pier Francesco Della Croce è inviato dalla comunità di Lonate a "levare il porto", ma per compassione verso la numerosa popolazione novarese "bramosa di passare" sulla sponda di Lonate, rinvia al giorno seguente la distruzione del traghetto e della sua cordaguida.
14 giugno (sabato): Comandati di andare "alla ripa" per impedire ai francesi di passare il fiume, i lonatesi e gli abitanti del Gallaratese combattono contro i soldati dalla prima hora di sole sino alle 22 hore [dalle 5.00 alle 19.00]. Esaurite le munizioni e visto ingrossarsi il numero dei nemici, abbandonano l'impresa e si mettono "in fuga".
15 giugno (domenica): I francesi, padroni del traghetto, costruiscono anche un ponte di barche sul Ticino.
16 giugno (lunedì): Alle hore 20 in circa [= 17.00] cavalieri e fanti in gran numero penetrano in Lonate, depredando la chiesa parrocchiale e altre chiese, le case di preti e paesani.
17 giugno (martedì): Intorno alle 3 hore di giorno [= 11.00] i francesi saccheggiano il monastero delle monache di Santa Maria in Lonate "per spatio di quattro hore e più." Segue il saccheggio di paesi vicini. Donne violentate, persone ammazzate, case incendiate.
20 giugno (venerdì): Distrutto il ponte di barche che aveva costruito, l'esercito francese si mette in marcia intorno alle 20 hore [= 17.00] verso Somma; quello sabaudo, sul pianalto occidentale del fiume, verso Borgo Ticino. I soldati sono in tutto 14.000.
21 giugno (sabato): Sabaudi e francesi, avvisati dell'approssimarsi dell'esercito spagnolo, tornano velocemente sue propri passi. Il Crequi alle 20 hore in circa [= 17.00] riconquista Tornavento "trincerandosi nel bosco, luogo molto eminente nella parte di sotto verso mezzogiorno". Alle 22 hore in circa [= 19.00] giunge l'esercito spagnolo, proveniente da Abbiategrasso, "stanco et afflitto per il lungo viaggio"; si accampa per la notte nella brughiera di Castano, a due miglia dai francesi.
22 giugno (domenica): Dalla prima hora di sole sino alle tre hore della notte seguente [= dalle 5.00 alle 23.00!] combattimento continuo ma "in disegual sito". Quando, nel pomeriggio, i francesi cominciano a subire forti perdite, viene in loro rinforzo l'armata sabauda attraverso un ponte di barche costruito intorno alle 19 hore [= 16]. Perdite francesi: 2000 morti circa, 1000 feriti. Perdite spagnole: morti 800, feriti 500. "Doppo le acennate tre hore di notte, l'esercito spagnolo, vedendo mancar il soccorso sì per le persone come per li cavalli", ritenne conveniente allontanarsi dal "preso posto" e ripiegare su Turbigo per tornare ad Abbiategrasso.
23 giugno (lunedì): I franco-sabaudi, gonfi di allegrezza per il disimpegno degli spagnoli, rioccupano la valle del Ticino, alloggiando il duca di Savoia nella Casa della Regia Camera, il Créqui alla cascina Castellana.
24 giugno (martedì): Di sera, i francesi tornano a saccheggiare il monastero di Santa Maria.
26 giugno (giovedì): Il duca di Savoia, su richiesta dei cappuccini inviati dall'arcivescovo di Milano, mette buone guardie ai monasteri lonatesi a "preservatione della pudicitia et della vita" delle monache, "essendo tutto il popolo di Lonate et le terre circonvicine per salvare la loro vita altrove fugito."
29 giugno (domenica): I francesi incendiano Gallarate.
2 luglio (mercoledì): Levano l'acqua del Naviglio sbarrandone l'alveo presso Nosate.
3 luglio (giovedì): "O per il gran fetore dei cadaveri o per mancamento di vettovaglia", i francesi abbandonano la valle pur lasciandovi presidi, e si accampano in brughiera "sopra il fosso del Pane Perduto", fortificati in trincee, sempre in attesa del ritorno dell'esercito spagnolo.
7 luglio (lunedì): L'esercito franco-sabaudo lascia la brughiera di Lonate intorno alle 16 o 17 hore [= 13.00 o 14.00] e marcia verso Sesto, diviso in tre squadroni, "numerosissimo di cavalli" il secondo. La cavalleria raggiunge Sesto "nella notte", l'esercito resta a Somma che abbandonerà soltanto il 16 luglio per trasferirsi nel Novarese.
L'INVASIONE FRANCESE DEL 1636 NEL RACCONTO DEL CANONICO LUPI
(da "ComuniCare", luglio 2024)
Il canonico Gian Battista Lupi scrisse la storia della peste del 1630 a Busto Arsizio, aggiungendo le vicende del decennio seguente. Il suo manoscritto, attraverso misteriose peripezie, è finito a Copenaghen, ed è oggi conservato nella biblioteca universitaria di quella città. Quattro pagine del manoscritto riguardano l'invasione francese del 1636, avente al centro la battaglia di Tornavento.
Gian Battista Lupi conosceva bene la zona: prima di diventare canonico di Busto era stato per qualche tempo vice-curato di Nosate. Le sue fonti furono delle voci popolari e i gazzettini a stampa. Riassumerò il testo sforbiciandolo e aggiornandone il linguaggio.
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« Sul finire di febbraio del 1636 l'esercito francese con 2.000 cavalli e 6.000fanti faceva scorrerie nel Novarese, saccheggiando grano, biancheria e utensili di casa.
A marzo il duca di Rohan con altri francesi calò in Valtellina alla volta di Lecco; saccheggiarono la Valsassina, facendo oltraggi alle donne e alle monache.
A giugno monsieur de Créqui fece scorrerie sotto Novara. I suoi si fermarono a Galliate, tagliando frumento e biade e molestando gli abitanti. Il 14 si portarono a Romagnano e a Fontaneto, alcuni vennero a Oleggio e presero il porto [il traghetto]. Terrorizzati, gli abitanti di Ferno, Cardano, Samarate, Magnago e Bienate si rifugiarono a Busto con la loro roba.
Preso il traghetto, i francesi si fortificarono nella valle del Ticino e si trincerarono a Tornavento. A Lonate spogliarono il monastero di Santa Maria, saccheggiarono il paese, fecero pascolare la campagna ai loro cavalli. Fecero un ponte di barche sul Ticino. Ogni giorno scorrevano per i paesi, assassinando paesani, rubando, distruggendo. Bloccarono il Naviglio per impedire "monitione e soccorso" a Milano. Incendiarono alcuni paesi, tra cui Gallarate. Vennero a Busto due volte. Si diedero loro 50 scudi per volta perché non facessero oltraggi alle persone. Per proteggersi, i bustocchi costruirono una "mezzaluna" (trincea) alla porta di Piscina, e facevano turni di guardia.
Sabato 21 giugno si tolsero da Tornavento per andare verso Somma, ma avendo saputo dell'approssimarsi dell'esercito spagnolo con pezzi di artiglieria, ritornarono al posto [fortificato] di Tornavento. Domenica 22 i soldati del governatore di Milano marchese Leganés si scontrarono in brughiera con i francesi, ma questi si imboscarono. Nella battaglia restarono uccisi 3.000 francesi, e 500 dei "nostri", tra cui il colonnello Gambacorta.
Giovedì 26 giugno i francesi andarono a Cardano, dove ammazzarono il padre del curato e svaligiarono il monastero dei cappuccini, ed assaltarono il castello di lerago. A Gallarate si scontrarono con dragoni e fanti [spagnoli], nei giorni seguenti saccheggiarono e incendiarono.
Venerdì 27, respinti dagli archibugieri di Busto, ripiegarono su Magnago e Sant'Antonino, incendiando. Intanto le monache di Gallarate cercarono rifugio a Busto.
Lunedì 7 luglio i francesi tolsero le loro baracche dal posto di Tornavento. I paesani subentrarono nel sito e recuperarono ferramenti, archibugi, pignatte,"monitione di campagna". Gli spagnoli fecero rompere la chiusa costruita dai francesi sul Naviglio.
I francesi, giunti a Sesto, fecero un ponte sul Ticino e passarono a Castelletto continuando a danneggiare i paesi intorno. Tutto quello che non potevano portare con sé - vino, grano, letti, olio, ecc. - lo distruggevano. Causa della partenza dei francesi da Tornavento e da Castelletto è stato Dio che ha permesso che mosche e tafani li scacciassero, come aveva fatto con il faraone d'Egitto. Donde il proverbio milanese: hanno potuto più le mosche e i tafani che il governatore di Milano. »
A sinistra: archibugiere a cavallo in una incisione seicentesca. A destra: soldati razziatori in una litografia di F. Gonin per l'edizione del 1840 dei "Promessi Sposi". |
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Ogni anno, nell'anniversario della battaglia, si svolge una rievocazione dell'epico scontro che ebbe luogo nelle campagne di Tornavento più di tre secoli e mezzo fa, a cura del Gruppo Storico Militare Saboya 3, una compagnia di reenactors che porta lo stesso nome della compagnia del Tercio (l'esercito spagnolo) che guerreggiò in quell'occasione. Per accedere al sito del gruppo, cliccate qui. Ecco di seguito alcune foto delle rievocazioni del 2007 e del 2008, messemi a disposizione dall'amico Marco Fontana, che ringrazio moltissimo. Per ingrandire le fotografie, cliccate su di esse. Perchè mettersi in costume e rivivere antichi eventi bellici che segnarono nel bene, ma soprattutto nel male, la nostra cittadina? Non è altro che una conseguenza dell'odierna ansia di aggrapparsi alle nostre radici storiche per non perdersi nel magma di un mondo che grazie ai mass media e soprattutto ad Internet è improvvisamente diventato troppo stretto...
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Il gruppo Saboya 3 di Tornavento all'international day della Caserma « Ugo Mara » di Solbiate Olona, sulle pagine del "Giorno" (cliccare per vedere una versione ingrandita della fotografia) |
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Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.
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Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla storia antica di Lonate; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.