esperimenti via radio
Gen 2, 2014
Nel 1960, l'astronomo della Cornell University Frank Drake eseguì il primo moderno progetto SETI, noto come Progetto Ozma. Drake utilizzò un radiotelescopio di 25 metri di diametro sito a Green Bank, in West Virginia, per scandagliare le stelle Tau Ceti e Epsilon Eridani a frequenze vicine a 1,420 gigahertz. Una banda di 400 kilohertz attorno alla frequenza dell'idrogeno fu osservata usando un ricevitore monocanale con banda di 100 hertz. I segnali raccolti furono quindi memorizzati su nastro per una successiva analisi. Non fu trovato nessun segnale di probabile interesse. La prima conferenza dedicata a SETI avvenne a Green Bank nel 1961. Anche i sovietici trovarono SETI interessante e nel 1964 eseguirono una serie di ricerche usando antenne omnidirezionali nella speranza di raccogliere segnali radio di elevata potenza. Nel 1971 la NASA finanziò un progetto SETI che vedeva coinvolti tra gli altri Drake, Bernard Oliver e la società Hewlett-Packard. Il rapporto che ne risultò proponeva la costruzione di un radiotelescopio di 1.500 dischi noto come "progetto Ciclope". Il costo per la realizzazione fu stimato in circa dieci miliardi di dollari: il progetto fu prontamente accantonato. Nel 1974 fu fatto un tentativo simbolico di inviare un messaggio verso altri mondi. Per celebrare un consistente ampliamento del radiotelescopio da 305 metri di Arecibo, un messaggio in codice di 1.679 bit fu trasmesso verso l'ammasso globulare M13, distante da noi circa 25.000 anni luce. La sequenza di 0 e 1 che costituiva il messaggio era una matrice 23 × 73 che conteneva alcuni dati sulla nostra posizione nel sistema solare, la figura stilizzata di un essere umano, formule chimiche ed il contorno del radiotelescopio stesso. La matrice 23 × 73 fu scelta perché sia 23 che 73 sono numeri primi. Si presumeva che questo fatto avrebbe aiutato un ipotetico ascoltatore alieno a riconoscere la struttura a matrice. Essendo stato inviato il messaggio alla velocità della luce, nessuna eventuale risposta potrà giungerci prima di 50.000 anni; per questo motivo l'intero esperimento fu liquidato come una sorta di spot pubblicitario. L'esperimento fu anche oggetto di controversie: ci si chiese se fosse giusto che un ristretto gruppo di persone si attribuisse il diritto di comunicare a nome dell'intero pianeta. Inoltre molti obiettarono come l'operazione prestasse il fianco anche ad un'altra critica che, seppure etichettabile come "paranoica", non era completamente rigettabile "tout court": supponendo che il segnale arrivi ad una ipotetica civiltà extraterrestre ostile, e che questa civiltà abbia la tecnologia necessaria per superare la distanza siderale che la separa dalla Terra, in questo caso fra 25.000 anni la Terra si troverebbe nella poco invidiabile condizione di rischiare di affrontare le imprevedibili conseguenze, che potrebbero anche essere estremamente gravi, derivanti da un'azione "inutile" compiuta dai terrestri 25.000 anni prima; quell' "Eccoci, siamo qui e siamo così", considerate tutte le informazioni sulla razza umana che contiene, si potrebbe rivelare una pericolosa divulgazione di dati, potenzialmente persino esiziale, se a riceverli fosse una civiltà che guarda all'esterno con occhi non propriamente benevoli. Poco dopo l'invio del messaggio tuttavia queste argomentazioni persero popolarità, se non altro perché, dal punto di vista di chi sosteneva l'inopportunità dell'operazione, il "danno" ormai era stato fatto.
Esperimenti ottici
Mentre la maggior parte degli esperimenti SETI osserva il cielo nello spettro delle onde radio, alcuni ricercatori hanno considerato la possibilità che civiltà aliene possano ricorrere a potenti laser che operano alle lunghezze d'onda della luce visibile per comunicare a distanze interstellari. L'idea è stata esposta per la prima volta sulla rivista britannica Nature nel 1961 e nel 1983 ripresa in modo dettagliato sulla rivista statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences da Charles Townes, uno degli inventori del laser. La maggior parte dei ricercatori del settore ebbe all'epoca una reazione piuttosto fredda. Nel 1971 il progetto Ciclope escluse questa ipotesi affermando che la costruzione di un laser capace di brillare più del sole di un remoto sistema stellare sarebbe stata troppo difficile da portare a termine. Oggi, alcuni sostenitori di SETI, tra cui Frank Drake, affermano come il giudizio di allora fosse troppo conservatore. La ricerca di segnali a frequenze ottiche presenta due problemi, uno facile da aggirare, un altro più critico. Il primo problema è che la luce laser è sostanzialmente monocromatica, ossia i laser emettono luce di una sola specifica frequenza, rendendo difficile immaginare quale si debba cercare mettendosi in ascolto. Tuttavia, secondo l'analisi di Fourier, l'emissione di brevi impulsi di luce si traduce in un ampio spettro di emissione avente frequenze tanto maggiori quanto l'ampiezza degli impulsi si riduce; un sistema di comunicazione interstellare potrebbe quindi utilizzare una banda ampia mediante ricorso ad impulsi laser. Il secondo problema è che, mentre le onde radio possono essere emesse in tutte le direzioni, i laser sono altamente direzionali. Questo significa che un raggio laser potrebbe venire bloccato da una nube di gas interstellare, inoltre potrebbe essere osservato dagli osservatori terrestri solo se questo puntasse verso di loro. Dato che è improbabile che una civiltà aliena lontana riesca ad inviare deliberatamente un segnale laser esattamente verso la Terra, per poterlo rilevare bisognerebbe trovarsi ad attraversare il raggio per caso. Come visto in precedenza, la ricerca di un segnale ottico presenta difficoltà analoghe a quelle connesse alla ricezione di un segnale radio direzionato, ma rese ancora più estreme dalla enorme direttività dell'emissione laser. Negli anni ottanta due ricercatori sovietici condussero una breve ricerca SETI ottica, che non produsse alcun risultato. Durante la maggior parte degli anni novanta la ricerca SETI ottica è stata tenuta viva dalle osservazioni di Stuart Kingsley, un ricercatore britannico che vive nell'Ohio. In tempi recenti gli esperimenti ottici SETI sono stati rivalutati anche dai primi ricercatori. Paul Horowitz, di Harvard, ed alcuni ricercatori del SETI institute hanno condotto una ricerca semplice usando un telescopio ed un sistema di rilevamento di impulsi di fotoni, ed stanno valutando passi successivi in questa direzione. I sostenitori della SETI ottica hanno condotto studi teorici sull'efficacia dell'utilizzo di laser ad alta energia come raggio interstellare. L'analisi mostra che l'impulso infrarosso di un laser, la cui emissione non è legata alla legge dell'inverso del quadrato come la luce emessa dalle stelle, apparirebbe decine di migliaia di volte più luminoso del nostro sole ad una civiltà distante che si trovasse sulla linea del raggio. Questo smentisce le precedenti conclusioni del "progetto Ciclope", che sottolineava la difficoltà di rilevare un raggio laser inviato da lunghe distanze.
Un sistema del genere potrebbe essere istruito a puntare automaticamente ad una serie di bersagli inviando ad ogni bersaglio impulsi a frequenze regolari, ad esempio, uno al secondo. Ciò consentirebbe di sondare tutte le stelle simili al Sole comprese entro una distanza di 100 anni luce. Lo studio ha anche descritto un sistema di rilevamento di impulsi laser realizzabile a basso costo con uno specchio di due metri di diametro fatto di materiali compositi, focalizzato su una matrice di sensori di luce. Numerosi esperimenti ottici del Seti sono oggi in atto. Un gruppo di studiosi delle università di Harvard e della Smithsonian Institution, che include Paul Horowitz, ha ideato un rilevatore laser e lo ha montato sul telescopio ottico da 155 cm di Harvard. Ora questo telescopio viene usato per una ricerca più comune sulle stelle, e la ricerca ottica di SETI sta procedendo, quindi secondo quello sforzo seguendo "due direzioni". Fra l'ottobre 1998 e il novembre 1999, la ricerca ha esaminato circa 2500 stelle. Nulla che sembrasse un segnale laser intenzionale fu rilevato, eppure gli sforzi continuano. Il gruppo di studiosi dell'Università di Harvard e dello Smithsonian Institute sta ora lavorando in collaborazione conPrinceton per il montaggio di un simile sistema di analisi sul telescopio da 91 cm di Princeton. I telescopi di Harvard e Princeton saranno riuniti per "puntare" lo stesso obbiettivo contemporaneamente, con lo scopo di rintracciare lo stesso segnale in entrambi i luoghi così da limitare gli errori dati dal disturbo del rilevatore. Il gruppo di studiosi delle università di Harvard e Smithsonian Institute sta anche costruendo un dispositivo di ricerca interamente ottico, secondo le linee descritte sopra, utilizzando un telescopio di 1.8 metri. Il nuovo telescopio di ricerca SETI è in via di costruzione all'Oak Ridge Observatorysituato ad Harvard, Massachusetts. L'università della California, Berkeley, casa natale dei progetti SERENDIP e di SETI, sta anch'essa conducendo ricerche ottiche SETI. Una viene diretta da Geoffrey Marcy, il famosissimo cacciatore di pianeti extrasolari, e implica l'esame di registrazioni degli spettri raccolti durante la caccia apianeti extrasolari, per cercarvi segnali laser che siano continui piuttosto che pulsanti. A Berkeley, l'altro sforzo del progetto ottico Seti è più simile a quello cui mira il gruppo delle università di Harvard e dello Smithsonian Institute e viene diretto da Dan Wertheimer di Berkeley, il realizzatore dell'analizzatore laser per il gruppo Harvard / Smithsonian Institute. La ricerca di Berkeley usa un telescopio automatico da 76 cm e un analizzatore laser precedente costruito da Wertheimer. Anche se mondi alieni avessero atmosfere molto diverse, effetti di rumore quantistico rendono comunque difficile costruire apparecchi riceventi capaci di operare a frequenze superiori ai 100 gigahertz. L'estremità inferiore di questa "finestra di microonde" è particolarmente adatta per le comunicazioni, dato che a frequenze inferiori è generalmente più semplice produrre e ricevere segnali. Cocconi e Morrison hanno segnalato come particolarmente interessante la frequenza di 1,420 gigahertz. È la frequenza emessa dall'idrogenoneutro. Spesso i radioastronomi cercano segnali di questa frequenza per poter mappare le nubi di idrogeno interstellare della nostra galassia; quindi la trasmissione di un segnale di frequenza simile a quella dell'idrogeno aumenta le probabilità che esso possa venire captato per caso.
