Se vogliamo parlare di Fisica delle Particelle, dobbiamo necessariamente parlare di come vengono studiate le particelle. Certo, tramite i rivelatori che vi ho spiegato in una precedente lezione, ma le particelle, prima di essere rivelate, vanno anzitutto accelerate. Infatti non c'è modo di studiare particelle ferme: nessuno ha a disposizione un microscopio sufficientemente potente per osservarne direttamente le proprietà. Occorre accelerarle e mandarle a scontrarsi con un bersaglio fermo, oppure contro altre particelle accelerate. Una particella accelerata, inoltre, è capace di penetrare nel campo di forze nucleari che si trova nel cuore dell'atomo, disintegrandolo e permettendoci di studiarne i componenti, oltre alle nuove particelle così prodotte. Come mi diceva la mia professoressa di Fisica ai tempi del Liceo, sarebbe come se non potessimo aprire il cofano motore di un'automobile e, per capire come funziona, fossimo costretti a scagliarla a tutta velocità contro un muro, o contro un'altra automobile in moto, per poi studiare i rottami sparsi tutti all'intorno!
Siccome le particelle molto veloci sono caratterizzate da un'elevatissima energia cinetica, la Fisica delle Particelle è nota anche come Fisica delle Alte Energie; le loro velocità sono comparabili con la velocità della luce, per cui la Relatività Ristretta è uno strumento fondamentale per studiarne i moti. E il modo più semplice per portare delle particelle cariche ad alta velocità consiste nell'accelerarle con un'opportuna differenza di potenziale. Questa tecnica trova però un limite nella difficoltà di produrre e di mantenere a lungo delle altissime tensioni: se la differenza di potenziale raggiunge il milione di Volt, è necessario risolvere difficili problemi di isolamento, onde evitare la produzione dentro l'acceleratore di cariche spurie che possono abbassare la tensione, limitandone il rendimento, ma anche danneggiarlo in maniera irreparabile.
Questa difficoltà può essere aggirata utilizzando una successione di campi elettrici, come nella figura sottostante, i quali accelerano le particelle usando tante spinte successive, anziché una spinta sola:
In pratica si realizza una successione di conduttori cilindrici cavi, posti lungo lo stesso asse e collegati alternativamente ad un generatore di corrente alternata ad alta frequenza. Supponiamo di porre un protone (positivo) accanto al primo elettrico cilindrico. Se esso diventa carico negativamente, attira al suo interno l'elettrone, accelerandolo (la forza elettrica, pari alla carica del protone per il campo elettrico da esso avvertito, agendo sulla massa del protone lo accelera). Tuttavia, se il primo cilindretto rimane negativo, il protone resta intrappolato all'interno di esso. Supponiamo però che il primo cilindro diventi positivo, e il secondo negativo. Allora il protone è espulso dal primo cilindro ed attirato verso il secondo. La forza elettrica del secondo cilindro accelera a sua volta il protone, facendo aumentare la sua velocità. A questo punto, per evitare che la particella resti intrappolata dentro il secondo elettrodo, quest'ultimo dovrà diventare positivo, ed il terzo negativo; e così via. Ogni volta che il protone entra in un cilindro carico negativamente, esso deve diventare immediatamente positivo per espellerlo dalla parte opposta, con perfetto sincronismo. L'idea consiste dunque nel collegare, il primo, il terzo, il quinto elettrodo, eccetera, a un polo di un alternatore, e il secondo, il quarto, il sesto elettrodo, eccetera, all'altro polo, in modo da cambiare alternativamente il segno con cui sono caricati. Ma attenzione: i cilindri non possono essere della stessa lunghezza. Infatti la velocità del protone aumenta nel passaggio da un cilindretto al successivo, mentre il periodo dell'alternatore è costante. Di conseguenza ogni cilindretto deve essere più lungo del precedente, in modo da sincronizzare perfettamente l'ingresso del protone in un cilindretto con l'inversione del segno della carica su di esso (che avviene ad intervalli di tempo regolari). Questo tipo di acceleratore è chiamato acceleratore lineare o LINAC. Esso fu ideato dallo svedese Gustav Ising (1883-1960) nel 1924, mentre la prima macchina funzionante fu costruita dal norvegese Rolf Widerøe (1902-1996) nel 1928 all'Università RWTH di Aquisgrana.
L'acceleratore lineare permise le prime ricerche sulle particelle elementari; il più grande acceleratore lineare oggi esistente è quello che opera presso l'Università di Stanford, ed è noto come SLAC (Stanford Linear Accelerator Center). Costruito nel 1962, si trova sulla Sand Hill Road di Menlo Park, in California. È interrato a 10 metri di profondità, è lungo 3 km e può accelerare elettroni e positroni fino ad un'energia di 50 GeV. In esso coppie di acceleratori lineari ad alta energia sono utilizzati direttamente per generare collisioni di particelle. Presso di esso lavorano ogni anno oltre 3000 ricercatori; gli studi presso lo SLAC hanno portato a tre premi Nobel per la fisica: nel 1976 per la scoperta del quark charm, nel 1990 per la struttura dei quark all'interno di protoni e neutroni e nel 1995 per la scoperta del leptone tau. Inoltre dal 1998 lo SLAC ha prodotto collisioni tra elettroni e positroni per l'esperimento BaBar per lo studio della simmetria di carica-parità; tra l'altro lo SLAC ospitò la prima pagina web degli Stati Uniti d'America. Oltre che per la ricerca nel campo delle particelle elementari, oggi gli acceleratori lineari sono utilizzati per la radioterapia: producono fasci di elettroni che, opportunamente collimati, vengono fatti incidere su organi affetti da tumore con energie che variano da 2 a 25 MeV.
L'acceleratore lineare SLAC dell'Università di Stanford (da questo sito)
Il problema degli acceleratori lineari è rappresentato dall'ingombro: per portare particelle pesanti fino a velocità prossime a quelle della luce occorrono migliaia di cilindretti sempre più lunghi, per un totale di decine o anche centinaia di chilometri. Un notevole salto nella tecnica degli acceleratori fu effettuato per opera del fisico americano Ernest Orlando Lawrence (1901-1958), che nel 1930 inventò il ciclotrone. Esso, al posto di una lunga ed ingombrante successione di cilindri, utilizza solo due elettrodi, ottenuti prendendo un cilindro cavo e tagliandolo in due lungo un piano passante per il suo asse di simmetria, così da ottenere due strutture cave a forma di D, e per questo dette in gergo "dees". Al centro di queste strutture vi è una sorgente di particelle elettricamente cariche, diciamo positivamente. All'inizio uno dei due dees è carico positivamente e l'altro negativamente, per cui la particella sarà attratta verso quest'ultimo. È presente un intenso campo magnetico B perpendicolare alla superficie dei due dees, per cui la particella carica q, in moto con velocità v, avverte una forza detta forza di Lorentz, pari a:
La forza di Lorentz è perpendicolare sia al campo magnetico che alla velocità della particella, dunque anche l'accelerazione subita dalla particella lo è. Ma l'unico moto in cui l'accelerazione è perpendicolare alla velocità è il moto circolare uniforme. Di conseguenza, una volta entrata nel dee negativo, la particella è una curvata lungo una semicirconferenza all'interno di esso. Analogamente a quanto visto per il LINAC, se il dee in questione restasse negativo, la particella non ne uscirebbe di certo. Ma, se nell'istante in cui esce il dee diventa positivo e l'altro si carica negativamente, la particella è espulsa dal primo dee ed attirata dentro il secondo; questa forza elettrica la fa accelerare. Ma se la velocità di ingresso nel secondo dee è aumentata, è aumentato anche il raggio della sua traiettoria circolare! Infatti, la forza centripeta FC avvertita dalla particella è pari alla forza di Lorentz FL sopra scritta, e quindi vale l'equazione:
Da cui si ricava il raggio R della traiettoria:
Come si vede, tale raggio è direttamente proporzionale alla velocità; se dunque la velocità è aumentata del 10 %, anche il raggio dell'orbita aumenta del 10 %. Dopo una semicirconferenza, la particella arriva al bordo del dee, ed a questo punto la polarità dei due dees si inverte di nuovo. La particella è attratta nell'altro, aumenta di nuovo la sua velocità, di conseguenza aumenta anche il raggio dell'orbita, e così via. Conclusione: la particella segue una traiettoria a spirale dall'interno verso l'esterno, fatta di semicirconferenze di raggi crescenti, e quando arriva alla periferia del dispositivo, una volta raggiunta la velocità richiesta, è espulsa ed inviata verso il beraglio. In via teorica, usando magneti sempre più potenti e dees sempre più grandi, possiamo accelerare la particella fino a farle raggiungere velocità ed energie sempre maggiori. Ma attenzione! Nel caso del LINAC la frequenza dell'alternatore che fa invertire il segno era costante, mentre ora non può più essere così. Infatti, la velocità della particella di moto rettilineo uniforme è data da:
Da qui se ne ricava il periodo T:
Il reciproco del periodo fornisce la frequenza f del moto circolare. Sostituendo la (1) nella (2) si trova facilmente:
Essendo le grandezze a secondo membro della precedente tutte costanti, si direbbe costante anche la frequenza con cui deve cambiare il segno della carica sui dees. Ma se la particella si muove a velocità prossima a quella della luce, per le regole della Relatività Ristretta la massa aumenta con la velocità, e di conseguenza anche la frequenza aumenta! Viene così a mancare il sincronismo tra il moto della particella e l'inversione della polarità sui dees, per cui ad un certo punto la particella si fermerà. Per aggirare questo ostacolo occorre perciò fare ricorso ad un alternatore opportunamente progettato, che non genera corrente alternata con frequenza fissa, ma con frequenza crescente nel tempo: si parla in questo caso di stabilità di fase. Il nome di sincrotrone dato a queste macchine deriva proprio dalla necessità di sincronizzare perfettamente l'inversione della polarità degli elettrodi con il passaggio della particella da un elettrodo all'altro, mentre il nome di ciclotrone fa riferimento alla traiettoria circolare seguita in esso dalle particelle.
Il primo ciclotrone costruito da Lawrence nel 1930 era di vetro con dei dees di soli 10 centimetri di diametro, eppure era già in grado di accelerare le particelle cariche fino a velocità sufficienti per compiere esperimenti importanti: sicuramente una configurazione più conveniente di quella dell'acceleratore lineare, che rischia di essere lungo chilometri. Tuttavia, anche il ciclotrone presenta alcuni limiti. La struttura del dispositivo ne limita la convenienza economica per energie molto elevate, per ottenere le quali è necessario incrementare il diametro dei dees (nei quali peraltro va praticato il vuoto), le dimensioni del magnete e l'intensità del campo da esso prodotto.
Basti pensare ai maggiori ciclotroni oggi esistenti per farsene un'idea. Il Tevatron del Fermi National Accelerator Laboratory a Batavia (Illinois) è stato completato nel 1983 con un costo di 120 milioni di dollari, e poi regolarmente aggiornato a costi sempre più alti: la costruzione dell'iniettore principale è durata cinque anni a partire dal 1994 con un costo finale di 290 milioni di dollari. Il Tevatron accelerava protoni e antiprotoni in un anello di 6,3 km sviluppando un'energia che arrivava fino a 1 TeV (cioè un TeraelettronVolt, pari a 1012 eV), da cui deriva il suo nome. Per mantenere le particelle lungo il percorso stabilito, il Tevatron utilizzava magneti superconduttori raffreddati da elio liquido, che producevano un campo magnetico di intensità pari a 4,2 Tesla. Nel 1995 gli esperimenti CDF e DØ avevano permesso di determinare l'esistenza del quark top, e nel 2007 ne hanno misurato la massa con grande precisione; l'acceleratore è stato chiuso il 30 settembre 2011.
In Europa invece il primato va al Super Proton Synchrotron (SPS) del CERN, costruito a 100 m di profondità in un tunnel sotterraneo circolare di 6,9 km di circonferenza, posto al confine tra la Francia e la Svizzera nel comune di Meyrin presso Ginevra. Fu progettato da un team guidato dall'allora direttore generale del CERN John Adams (1920-1984), e il 17 giugno 1976 raggiunse l'energia di 400 GeV, a quell'epoca già superata dal Tevatron del Fermilab. Una successiva evoluzione fu il Large Electron-Positron Collider (LEP), che ha operato a partire dal 1989. Era un anello di accumulazione circolare, di 27 chilometri di circonferenza, ed accelerava elettroni e positroni fino ad un'energia tdi circa 91 GeV, sufficiente per la produzione del bosone Z. La massima energia raggiunta è stata di 209 GeV nel 2000. Sfortunatamente, però, la scarsa massa degli elettroni fa sì che un fascio altamente accelerato di queste particelle irraggi molta radiazione di sincrotrone, una radiazione elettromagnetica generata da particelle cariche che viaggiano a velocità prossime alla velocità della luce e vengono costrette da un campo magnetico a muoversi lungo una traiettoria curva. Emettere molta radiazione di sincrotrone significa perdere costantemente dell'energia cinetica, convertendola in raggi X. Alle energie raggiunte da LEP, rimpiazzare costantemente l'energia perduta diventò estremamente difficile. È probabile che il LEP abbia raggiunto il limite massimo per la tecnologia del collisore elettrone-positrone, e dunque negli ultimi anni del ventesimo secolo si decise di smantellarlo e di sostituirlo con un acceleratore di protoni: il Large Hadron Collider (LHC, "Grande Collisore di Adroni"). Alla fine del 2000 il LEP fu spento e smantellato, e nel suo tunnel iniziò la costruzione del nuovo LHC, che cominciò ad essere sperimentato nel settembre 2008.
L'LHC è l'acceleratore di particelle più grande e potente finora realizzato: può accelerare adroni (cioè protoni e ioni pesanti), e non più leptoni (gli elettroni) fino al 99,999999 % della velocità della luce e farli successivamente scontrare, con un'energia che a maggio 2015 ha raggiunto i 13 TeV: simili livelli di energia non erano mai stati raggiunti in laboratorio. Dispone di oltre 1.600 magneti superconduttori in lega di niobio e titanio raffreddati alla temperatura di 1,9 K da elio liquido che realizzano un campo magnetico di circa 8 Tesla, necessario a mantenere in orbita i protoni all'energia prevista. Il sistema criogenico dell'LHC è il più grande che esista al mondo. La macchina accelera due fasci di particelle che circolano in direzioni opposte dentro un tubo a vuoto spinto e collidono in quattro punti lungo l'orbita, in corrispondenza di caverne nelle quali il tunnel si allarga per lasciare spazio a grandi sale sperimentali. In queste stazioni vi sono i quattro principali esperimenti di fisica delle particelle: ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS), per far luce su nuove teorie di fisica delle particelle oltre il Modello Standard; CMS (Compact Muon Solenoid), alla ricerca della Supersimmetria; LHCb (LHC-beauty), progettato per studiare la fisica dei mesoni con quark bottom; e ALICE (A Large Ion Collider Experiment), per lo studio delle collisioni tra ioni pesanti alla ricerca del plasma di quark e gluoni, uno stato davvero esotico della materia. Nelle collisioni vengono prodotte, grazie alla trasformazione di una parte dell'altissima energia in massa, numerosissime particelle le cui proprietà vengono misurate dai rivelatori di ciascun esperimento. Questo superacceleratore ha consentito finora la scoperta del plasma di quark e gluoni (2010), del Bosone di Higgs (2012), di due stati eccitati della particella Λb0 (2016) e del barione Csicc++ (2017); esso inoltre potrà dire una parola definitiva sull'esistenza o meno della Supersimmetria, e ci aspettiamo anche importanti risposte circa la natura dell'enigmatica materia oscura e circa l'esistenza o meno di altre dimensioni previste dalla teoria delle stringhe.
L'alloggiamento sotterraneo dell'esperimento LHCb, fotografato dal mio studente Marco Crespi
E dopo l'LHC? I fisici del CERN hanno già cominciato a pensare ad un successore del Large Hadron Collider, che prima o poi mostrerà i suoi limiti e dovrà essere dismesso, come già il LEP. È già in corso di progettazione l'International Linear Collider (ILC), pensato da un team guidato da Jonathan Bagger: non più dunque un ciclotrone, bensì un acceleratore lineare. Mentre LHC effettua principalmente collisioni tra protoni, ILC sparerà agli estremi opposti di un tunnel di 31 chilometri un fascio di elettroni e uno di positroni, che raggiungeranno energie fino al picco di 1 TeV, che dovrebbe produrre una serie di nuove particelle oltre quelle previste dal Modello Standard, tra cui quelle responsabili della materia oscura. Non si sa quanto dureranno i lavori, ma si pensa non meno di sette anni; ILC dovrebbe dare lavoro a circa 13.000 persone in fase di costruzione. Quanto costerà tutto questo? Il Technical Design Report prevede almeno 8 miliardi di euro, ma sicuramente ne serviranno di più. E a questo punto sorge spontanea la domanda: vale la pena di spendere miliardi e miliardi di euro in questi progetti faraonici, che taluni accostano alla biblica Torre di Babele, solo per stabilire se esistono o meno delle particelle che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale non ha mai sentito né sentirà mai nominare, quando miliardi di esseri umani vivono in assoluta miseria? Questa è la stessa domanda che si pose quando iniziò la corsa allo spazio con missili e stazioni spaziali costosissime. Ciò che conta in realtà non è sapere se la supersimmetria effettivamente esiste per soddisfare la curiosità di pochi intelligentoni privilegiati, ma le possibili ricadute che queste scoperte possono avere sulla tecnologia di questi giorni. Sarebbe stato possibile curare il cancro con efficaci radioterapie, se nessuno avesse dato retta a Lawrence ed avesse investito cifre immense sui ciclotroni?
Una delle più promettenti applicazioni pratiche degli acceleratori di particelle è proprio la cosiddetta adroterapia. Gli adroni in questione, come detto, sono protoni e nuclei di atomi che, portati ad alta energia da una potente macchina acceleratrice, sono lanciati come proiettili in grado di danneggiare tessuti malati in corrispondenza di un tumore. La dose somministrata al tumore può essere quindi molto elevata, mentre i tessuti sani vengono risparmiati, al contrario dei raggi X che coinvolgono anche i tessuti sani; questa proprietà è particolarmente importante nei casi in cui il tumore è localizzato presso organi vitali che non devono essere irradiati. Inoltre uno ione carbonio rilascia, in ogni cellula traversata, un’energia venticinque volte maggiore di quella rilasciata da un protone. In questo modo i danni della struttura del DNA all'interno della cellula si verificano più frequentemente e così diventa più difficile per la cellula cancerosa riparare il danno; gli ioni carbonio hanno sulla maggior parte dei tessuti una maggiore efficacia biologica dei protoni (e dei raggi X) nell’uccidere le cellule radioresistenti che si trovano alla fine del loro percorso. L'adroterapia era stata inizialmente pensata per i tumori localizzati nella base cranica, sul fondo dell'occhio e lungo la colonna vertebrale, ma in seguito anche i tumori pediatrici, i tumori della prostata, del fegato, dell'apparato gastroenterico e del polmone sono stati trattati con successo con questa tecnica. Gli unici due centri in Italia che mettono a disposizione questa tecnologia sono lo CNAO di Pavia (che usa protoni e ioni carbonio) e il centro di protonterapia di Trento (protoni).
Gli acceleratori di particelle sono così popolari nell'immaginario collettivo, nell'ambito della categoria "strumenti - di - cui - tutti - hanno - sentito - parlare - ma - dei quali - nessuno - capisce come - funzionino", da essere diventati l'oggetto persino di un'avventura a fumetti di Topolino, Pippo e Atomino Bip Bip (quest'ultimo proprio non poteva mancare!), "Topolino e l’acceleratore nucleare", pubblicata su "Topolino" numero 1563 del 10 novembre 1985. Scritta da Alessandro Bencivenni e disegnata da Massimo De Vita, in essa i tre personaggi Disney si recano in Svizzera dove il professor Enigm sta per inaugurare il più grande acceleratore di particelle del mondo. Anche se non ne è mai fatto esplicitamente il nome, il riferimento è al LEP, il Large Electron-Positron Collider del CERN, che all'epoca era in costruzione, e come detto sopra sarebbe entrato in funzione nel 1989 (per poi essere sostituito dall’attuale LHC); del resto, gli sceneggiatori di Topolino hanno sempre ampiamente precorso i tempi. Atomino Bip Bip, che poi altro non è se non "un atomo ingrandito due birilliardi di volte" (in effetti basterebbero due miliardi di volte, eh eh eh), spiega il funzionamento dell'acceleratore facendo scontrare tra loro due modellini di treni di proprietà di Pippo, dopo averli caricati di caramelle: le caramelle si spargono dovunque sul plastico, con gran rabbia del suo proprietario, e Atomino conclude: « Visto le caramelle? Se fossero stati atomi, si sarebbero frantumati, permettendo di scoprire le particelle più piccole che compongono la materia. » Grazie per l'attività di divulgatore della scienza, caro Atomino!
Ma non finisce qui. Quando fu costruito il Large Hadron Collider suscitò le polemiche di molti catastrofisti, secondo i quali esso avrebbe potuto comprimere a tal punto la materia da generare un buco nero che avrebbe inghiottito il Pianeta Terra! Si pensi che nel settembre 2008 un gruppo di ricercatori con a capo Markus Goritschnig, e dunque non la prima compagnia di amici che si ritrova al bar sotto casa, si rivolse alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per impedire l'attivazione dell'LHC, ma fortunatamente la Corte Europea ha respinto l'istanza, giudicando questo scenario altamente improbabile. Che questa fanfaluca abbia avuto un grande impatto sul grande pubblico lo dimostra la vignetta qui sotto, che associa tragicomicamente al CERN di Ginevra addirittura l'evento più distruttivo di tutti, il Big Bang! Del resto, noi viviamo in un mondo in cui chiunque può usare la grancassa di Internet per far circolare anche le idee più strampalate, spacciandole per verità di fede e turlupinando migliaia di utenti affatto digiuni di Fisica, ancorché desiderosi di imparare cose nuove. Sono gli stessi imbroglioni che vogliono convincerci dell'origine aliena dei cerchi nel grano o della piramide di Cheope, del fatto di essere stati rapiti dagli UFO, o della pericolosità dei vaccini che causerebbero l'autismo. Ma come, voi mi direte, in una civiltà come la nostra, tutta imbevuta di scienza e di razionalismo, è ancora possibile trovare falsi profeti in grado di ingannare tanta gente con simili idiozie? Purtroppo sì perchè, come scrisse argutamente Gilbert Chesterton, quando gli uomini non credono più a nulla, è proprio allora che cominciano a credere a tutto!