Bene e male sono mescolati insieme nella
storia presente, nella vita delle
nostre Comunità
e persino all'interno di noi stessi, dei nostri cuori
Da dove vengono e perché non sono sradicate le piante che non portano frutto? Perche non andare a raccogliere la gramigna, la zizzania nata in mezzo al grano? Sono queste le domande che i servi rivolgono al padrone del campo invaso dalla zizzania nella parabola raccontata da Gesù e riportata da Matteo al capitolo 13 del suo vangelo. La zizzania è una specie di gramigna, cresce alta quanto il grano stesso e si riconosce solo quando gli steli sono cresciuti e hanno formato i semi. A primavera, invece, questa pianticella si confonde con il grano ed è perciò impossibile estirparla. Al momento della mietitura si potrà distinguere frumento e zizzania, raccogliere l'uno e bruciare l'altra, conservare i grani del primo e lasciar scivolare via quelli della seconda, più piccoli. Di certo, Gesù non vuol farci una lezione di botanica ma, attraverso piccole scene di vita quotidiana presentateci in questa come in ogni altra parabola, ci invita a scoprire il messaggio nascosto sotto i segni della natura: semplici immagini per una profonda esperienza di vita che è comune a tutti.
"Lasciate che l'una e l'altra crescano insieme fino alla mietitura..." risponde il padrone del campo alle domande dei servi che gli propongono di sradicare la zizzania. Bene e male sono mescolati insieme nella storia presente, nella vita delle nostre comunità e persino all'interno di noi stessi, delle nostre coscienze, dei nostri cuori. Certo, non fa lo stesso essere grano o zizzania. Se ci osserviamo non ci può sfuggire che molti pensieri che ci vengono e molti impulsi non hanno niente in comune con il nostro lavoro o con la nostra vocazione. Anzi, ci appesantiscono, non riusciamo a sfuggire loro e dobbiamo avere la pazienza di sopportarli. Ma non possiamo accettarli come nostri e identificarci liberamente con loro. Dobbiamo almeno saperli distinguere dal grano, dal bene che vuole crescere nel nostro cuore.
La proposta dell'uomo, invece, la più istintiva, la più immediata, è di togliere di mezzo il male, con radicalità, di renderlo "innocuo", di far sì che nulla possa attaccare e minacciare quel po' di bene che, con fatica, cerchiamo di coltivare.
"No!" è la risposta del Signore: i nostri limiti, i nostri mali non sono da eliminare ma da prendere ed affrontare in modo diverso. Solo alla fine il male sarà tolto, ma dal giudizio di Dio cosi diverso dal nostro! È il presente che viene lasciato a noi per anticipare, nella nostra, la sua misericordia.
Il male cresca col bene, ci dice Gesù; invece di eliminarlo, usando violenza violando la libertà, se ne faccia il luogo del massimo bene, che è proprio la misericordia. È quel presente che è tempo della crescita e dell'attuazione della Parola proclamata ed accolta, il tempo della missione, della paziente e perseverante attesa. La vita terrena, d'altronde, non è il luogo della verità ne della giustizia definitive. Occorre attendere il Giudizio di Dio per avere la giusta dimensione degli accadimenti umani. Nessuno può infatti giudicare con esattezza impeccabile tutto ciò che avviene sotto il sole, nessuno può pretendere di dividere il mondo in buoni e cattivi, in credenti e non credenti, in devoti e in tiepidi. Chiunque volesse cercare una giustizia assoluta sulla terra, rischierebbe, come i servi della parabola, di danneggiare anche i giusti, nel tentativo di colpire i malvagi. Anche se la divisione ci fa soffrire, siamo chiamati a rispondere con pazienza. Dio non vuole estirpare la zizzania: le cose non sono ancora decise e potrebbe accadere che si estirpi anche del grano. Tutto è in cammino, ognuno di noi è in cammino: Dio aspetta e siamo chiamati ad aspettare anche noi.
Egli non interviene frettolosamente, ma attende con la pazienza sconfinata del Padre. Una pazienza, quella che Gesù insegna, che non è abdicazione, ma intensità di amore, è l'unico atteggiamento che permette di saldare insieme la verità e la carità. Quale grande amore il Signore nutre per ciascuno di noi, per ogni Sua creatura, quale nostalgia ha di noi, quale grande desiderio che possiamo nascere, crescere e far risplendere la nostra vita come l'oro delle spighe di grano illuminate dal sole! Risplendere e crescere rigogliosi anche tra avversità, germi di male, incomprensioni, paure, certi di sperimentare, giorno dopo giorno, la beatitudine umile e fiduciosa di chi, nella povertà e nella sofferenza, nella mitezza e nella sete di giustizia, nella custodia del cuore e nel costruire rapporti di pace, si sa sostenuto dall'Amore del Signore che è venuto, viene e verrà nell'ultimo giorno. La forza del peccato e dell'ingiustizia è sempre all'opera e contrasta continuamente gli ideali di bene. Ma abbiamo la certezza che la forza dello Spirito non ci mancherà mai, che nessuno di coloro che invocherà con fede il nome del Signore, soccomberà alla tentazione, che la Chiesa rimarrà fino all'ultimo momento rifugio sicuro per quanti si affideranno ad essa.
"La parabola del grano e della zizzania", da una stampa popolare