L'olio nella lampada  

Potremmo avere la lampada lucida, più bella,
più preparata, ma se non ha olio, non illumina

Una lampada, dell'olio, l'attesa: sono questi gli elementi che caratterizzano la parabola delle dieci vergini che Matteo ci presenta al capitolo 25 del suo vangelo. Sono donne che vogliono andare incontro allo Sposo ed entrare con lui alle nozze: quello sposo che è Dio in persona, che ci vuole amare, che ci vuole fare completamente suoi, Dio che, in Gesù, si e indissolubilmente unito a ciascuno di noi, lo Sposo che ha una passione folle per l'uomo ed in cui ogni uomo ritrova la sua completezza, la sua realizzazione, ritrova interamente se stesso.

Tutta la nostra vita è un uscire, un esodo, un continuo lasciare una realtà per entrare in un'altra, un uscire continuo da ciò che siamo verso ciò che diventiamo, un pellegrinaggio nella storia così come la nostra vita di fede è una continua uscita verso il Signore "folle di amore" che ci viene incontro, verso il Dio che non vuole e non può fare a meno di noi, fare a meno di donare a ciascuno di noi tutto il Suo amore. Ignoriamo il momento dell'incontro ma siamo ben consapevoli che ogni giorno, ogni ora, ogni attimo di vita sono un passo verso di Lui. Ad una condizione: che portiamo con noi non solo la lampada necessaria per illuminarci il cammino ma anche l'olio indispensabile per il suo funzionamento. Potremmo infatti avere la lampada più lucida, più bella, più preparata ma, se non ha olio, non illumina. Una lampada senza olio non serve a nulla. Che cos'è la lampada? Qual è il significato dell'olio? Cosa non possiamo dimenticare e di cosa non possiamo fare a meno se vogliamo incontrarci con Lui? Che cosa il Signore ci chiede per non perdere l'appuntamento alle nozze? La lampada è la nostra vita quotidiana, fatta di incontri, di esperienze vissute, di relazioni, di volti, di responsabilità, di impegno, di gioie e di sofferenze, e il nostro camminare a volte a passo veloce a volte a passo lento, il nostro inciampare, il nostro rialzarci, il nostro accogliere, il nostro saper donare, la nostra esteriorità è la nostra interiorità. È con questo bagaglio che il Signore ci chiama ad incontrarlo: non possiamo presentarci a Lui senza, è Lui che ci ha pensati, voluti, creati come tali e, nella nostra esistenza, con la nostra esistenza, dentro la nostra esistenza, siamo chiamati a presentarci a Lui. Ma è una vita senza sapore se non viene accompagnata da quell'olio capace di dare significato ad ogni cosa: e quest'olio è l'abbandono allo Spirito Santo, l'amore di cui arde Dio stesso e che il Figlio ci comunica perché, con lo stesso amore e dello stesso amore, amiamo i fratelli. Questo ci fa luminosi, ci rende figli della luce, icona del Padre; senza questo amore, invece, siamo stolti, andiamo contro la nostra stessa realtà di figli. Forse noi pensiamo che la cosa più importante della nostra vita sia quella di apparire, di essere riconosciuti, di farci amare, perché quello di apparire e di essere riconosciuti, in fondo, è il desiderio di farci amare. Invece la vita cristiana è bella ed unica perché ci chiama a smettere di chiedere di farci amare per cominciare, noi stessi, ad amare. La differenza tra le vergini stolte e quelle sapienti è tutta qui: che le stolte hanno la presunzione di pensare che, con l'olio di partenza, con la nostra interiorità di partenza, si possa arrivare fino alla fine quasi a stabilire esse stesse l'appuntamento da dare allo Sposo. Esse si preoccupano solo che la loro lampada venga riconosciuta, cioè che la loro vita venga amata, onorata, apprezzata, stimata: vivono in una relazione con gli altri tale per cui, nel sentirsi amate, riconosciute, apprezzate, stimate, essa permette loro di affermare: ecco io sono, io esisto. Invece la sagge hanno compreso che soltanto bruciando l'olio, bruciando il proprio amore, facendo bruciare dentro la loro vita il fuoco dello Spirito Santo, amando ed essendo amanti, solo allora si diventa luce, solo allora la propria esistenza diventa frutto, dono, opera, servizio. Questo bravo non vuole di certo spaventarci riguardo al futuro: vuole invece responsabilizzarci sull'importanza del momento presente, l'unico che ci è dato per vivere ed acquisire l'olio necessario alla nostra lampada. Ed è un olio che nessuno ci può dare, è la nostra risposta all'amore di Dio per noi e, come tale, non può essere delegata ad altri: è la nostra identità.

La risposta delle giovani sagge alla richiesta di olio da parte delle vergini stolte, « No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene », può sembrare non solo urtante ma anche egoistica e inumana: essa, invece, rimarca con efficacia l'aspetto della responsabilità personale che non si può sostituire con un prestito o una delega. Della fedeltà nell'amore, che si traduce in una prassi di vita perseverante, siamo chiamati a rispondere al Signore personalmente. C'è un incontro personale di amore in cui non sono ammesse sostituzioni. Nessuno può amare Dio al posto di un altro. La conclusione dell'evangelista richiama l'attenzione su questo insegnamento pratico della parabola: vigilare nell'attesa del Signore che arriva in maniera improvvisa vuol dire essere pronti, essere fedeli, cioè, alla volontà del Padre per mezzo di quelle opere di amore attivo su cui si baserà il discernimento finale. Questa è la vera saggezza cristiana: attuare con perseveranza la volontà di Dio che il Signore Gesù Cristo ha definitivamente rivelato.

Peter von Cornelius, "Le vergini savie e le vergini stolte", Kunstpalast Museum, Düsseldorf, 1813

Peter von Cornelius, "Le vergini savie e le vergini stolte", Kunstpalast Museum, Düsseldorf, 1813