Come si é detto nel capitolo precedente, in conseguenza della scoperta di catene montuose sul fondo dell'Oceano Atlantico da parte dei primi battelli oceanografici, avvenuta nel secolo scorso, alcuni hanno rispolverato il mito dell'isola scomparsa, ed é proprio a queste ipotesi che si riferisce Verne, nel suo "Ventimila leghe sotto i mari", parlando del fondale oceanico al largo delle Canarie come della "pianura dell'Atlantide"! Poi, però, le teorie di Harry Hess sull'evoluzione del fondo oceanico per emersione dalle dorsali medio-oceaniche di lava basaltica e successiva subduzione della stessa nelle fosse marine, fecero sì che l'ipotesi di una "Atlantide nell'Atlantico" fosse quasi del tutto accantonata.
Furono perciò adottate delle soluzioni alternative. Qualcuno le ha scelte per liquidare definitivamente l'ipotesi Atlantide, qualcun altro per cercare di "razionalizzare" il mito platonico, facendolo rientrare nel tranquillo alveo della storia "ufficiale", quella che studiamo a scuola; altri ancora, che pure credevano sostanzialmente nel racconto del "Timeo" e del "Crizia", per cercare di salvare il salvabile, dopo che la scienza dell'era Contemporanea era venuta a distruggere i loro romantici sogni. Come fu, come non fu, Atlantide (ve l'ho accennato) é stata... cambiata di posto. Vorrei perciò dedicare quest'ultimo capitolo del presente ipertesto all'esposizione di alcune moderne teorie sull'Atlantide, che la vedono collocata nei posti più disparati: in Nordafrica, in Scandinavia, nel mar Egeo, in Israele, in Sudafrica, nel Pacifico... Anche questa, a mio avviso, sarà una carrellata molto interessante.
7.1 Thera fa la fine di Atlantide
Il modo più semplice per far rientrare Atlantide tra le civiltà classiche, siccome il primo a parlarcene fu Platone, e Platone era greco, é quello di localizzarla appunto nell'antica Grecia. Precisamente, alcuni la localizzano sull'isola greca di Thera, oggi nota col nome di Santorino, nell'arcipelago egeo delle Cicladi. E perché proprio lì?
L'isola di Thera oggi |
Nell'anno 1900 l'archeologo inglese Arthur Evans condusse una serie di scavi sull'isola di Creta, riportando alla luce le vestigia della splendida civiltà minoica. Egli disseppellì i resti del magnifico palazzo di Cnosso, identificandolo col mitico "labirinto" in cui era rinchiuso il Minotauro, e si rese conto che, intorno al XVII secolo a.C. tale palazzo (come tutti gli altri dell'isola, a Festo e ad Haghia Triada) era stato violentemente distrutto. Egli ritrovò fabbricati in pezzi e cocci di vasellame, come se un tifone avesse devastato l'isola, che però non era situata ai tropici. Inizialmente Evans pensò ad una invasione proveniente dalla Grecia, ma i dati archeologici dicevano che gli Achei (gli stessi che distrussero Troia: era un vizio, dunque) occuparono Creta solo a partire dal 1450 a.C. La catastrofe che aveva indebolito la civiltà minoica (i palazzi erano stati ricostruiti, ma Creta non aveva più raggiunto lo splendore precedente) era di due secoli più antica. Come spiegarlo?
Evans dichiarò di aver trovato la soluzione quando l'isola su cui si trovava per lavoro fu colpita da un terremoto. Il vaso che conteneva l'acqua per lavarsi cadde a terra e si sfasciò, e l' archeologo si accorse che i frammenti erano sparsi sul pavimento più o meno come quelli ritrovati nei palazzi di Creta, vecchi di 3500 anni. Dunque Creta era stata colpita da un terremoto!
Doveva essersi trattato di un sisma di proporzioni catastrofiche, non dissimile da quello che nel 1906 rase al suolo San Francisco. Trattandosi di un'isola, poi, Creta doveva essere stata colpita anche da un maremoto, che probabilmente aveva distrutto la sua invincibile flotta, esponendola così agli attacchi dei bellicosi Achei. é quindi logico pensare che l'epicentro del terremoto non si trovasse su Creta, ma a nord di essa, nel mare su cui si affaccia Cnosso. Ora, il mar Egeo é sempre stato una regione tettonicamente attiva, per via di una micro-placca sotto di esso che continua ad interferire con quelle vicine. Ancor oggi é squassata da eruzioni e terremoti. Se poi date un'occhiata alle isole Cicladi, le più vicine a Creta, vi renderete conto che almeno due di esse, Milo (dove fu trovata la celebre Venere senza braccia) e Thera, hanno la forma di mezzaluna, cioè di mezza caldera vulcanica semisommersa: é la forma tipica delle isole vulcaniche che hanno subito, in passato, eventi ESPLOSIVI.
Ora, in base ad accertamenti geologici, si poté appurare che il vulcano dell'isola di Thera esplose nel 1624 a.C., facendo sparire quasi tutta l'isola sotto il mare. In Egitto il ricordo dell'evento si conservò a lungo. Il testo redatto da uno scriba egizio del II millennio a.C. racconta che un giorno il sole si oscurò e dovunque si videro prodigi nel cielo. Le date vanno a posto: fu questa esplosione a minare alle fondamenta la civiltà cretese. Ma la cosa più stupefacente fu il fatto che, sui resti dell'isola, furono ritrovati straordinari reperti di epoca minoica. Dal 1967 al 1972 l'archeologo greco Spiros Marinatos disseppellì dalla lava i resti di una città tanto ben conservata da meritare il titolo di "Pompei dell'Egeo". Non vi era alcun palazzo di tipo cretese, ma le case erano lussuose e imponenti, di tre o quattro piani, il cui piano terra e i sotterranei erano utilizzati come magazzino. Doveva trattarsi di una città molto ricca, poiché Marinatos vi rinvenne grandi giare per la conservazione di vino, olio e cereali. La suppellettile e gli oggetti di metallo erano assenti, per cui si presuppone che gli abitanti ebbero il tempo di fuggire, portandoli con sé prima della catastrofe.
Ma il fiore all'occhiello di questa civiltà é costituita dagli splendidi affreschi ritrovati sulle pareti delle case. Essi rappresentano giardini pieni di gigli ed altri fiori, popolati di scimmie, antilopi e soprattutto rondini (come nell'ormai celeberrimo affresco detto "della Primavera"), ma anche di figure umane: due giovinetti sono ritratti nell'atto di incrociare i guantoni durante un incontro di pugilato. Molto probabilmente questa città costituiva una colonia cretese, ed é da Creta che venne lo stile usato per realizzare questi affreschi.
"Il Pescatore" ed "i pugilatori", squisiti affreschi rinvenuti a Thera |
Queste pitture fanno pensare ad una civiltà opulenta ed evoluta, non dissimile da quella descritta da Platone nel "Timeo". Questo fatto, oltre al fenomeno eruttivo che pose fine alla civiltà su Thera, ha fatto pensare che proprio il ricordo di questa apocalisse dell'antichità potrebbe avere ingenerato il racconto platonico dell'Atlantide, come oggi ben la conosciamo, in base allo stesso procedimento di enfatizzazione della storia in mitologia che avrebbe portato alla formazione dell'Iliade e dell'Odissea. In altre parole, Platone avrebbe sbagliato a parlare di una città vecchia di 9.000 anni; in realtà erano solo 900. Solone visse intorno al 600 a.C., per cui si arriverebbe al 1500 a.C., proprio il periodo in cui esplose il vulcano di Santorino. Non Atlantide dunque sarebbe stata distrutta dal vulcano, ma Creta; e se Platone dice che Atlantide era "più grande della Libia e dell' Asia messe assieme", era solo perché l'impero commerciale di Creta si estendeva a tutta l'Asia Minore e alla costa settentrionale dell'Africa... In ogni caso, è una soluzione quantomeno affascinante, che non tira in ballo ne' alieni, ne' bombe atomiche preistoriche, ne' tantomeno sacerdoti sanguinari dotati di poteri parapsicologici, ma solo una grande civiltà che tutti abbiamo studiato a scuola.
7.2 Giona fuggì ad Atlantide?
Passiamo ad un'altra ipotesi, forse meno debole da sostenere. Un buon numero di studiosi ha creduto di individuare Atlantide nell' attuale Spagna, e precisamente sulla costa atlantica fra il Portogallo e Gibilterra, facendola coincidere con la favolosa città di Tartesso, fiorente centro artistico conquistato dai Cartaginesi nel 553 a.C. Di questo centro urbano dell'antichità, situato fuori delle invalicabili Colonne d'Ercole, si sa a tutt'oggi pochissimo, e questo deve aver contribuito a trasformarlo, agli occhi di molti esperti, in un mito ispiratore di altri miti. Di certo sappiamo solo che sorgeva in una zona molto ricca di minerali, e che quindi l'artigianato e il commercio vi dovevano essere molto fiorenti. Nel 1905 quattro scienziati tedeschi, Henning, Herman, Jessen e Schulten, iniziarono la ricerca di Tartesso vicino a quella che un tempo era stata la foce del Guadalquivir; tale ricerca non ha avuto successo, e forse é stato meglio così, perché i quattro teutonici erano intenzionati ad identificare Tartesso nientemeno che con una colonia tedesca, giacché avevano ritrovato nella zona dell'ambra baltica, ed a quel tempo gli archeologi germanici erano convinti che i loro antenati avessero navigato per mare e si fossero diffusi un po' ovunque in Europa. In questo modo, infatti, potevano giustificare il pangermanismo e la pretesa tedesca di svolgere il ruolo di nazione guida dell'Europa, che poi sarebbe sfociata nelle prime due guerre mondiali e nella deprecabile teoria della superiorità della razza ariana..
Ipotesi ridicole a parte, vale la pena di leggere in base a quale ragionamento Tartesso era stato identificato con Atlantide. Ecco i principali punti di contatto tra le due mitiche civiltà. Secondo Platone, l'Atlantide era "di fronte alle colonne d'Ercole"; Tartesso si trovava immediatamente al di là di esse. Poiché quella parte del mondo era generalmente sconosciuta, si ritenne che Tartesso sorgesse su un continente autonomo, oltre Calpe. Esso sarebbe risultato "più grande della Libia e dell'Asia", come Creta, per via del suo vasto impero commerciale, che all'interno del Mediterraneo sarebbe giunto appunto fino all'Etruria e all'Egitto.
Platone dice che un "cordone di isole" univa Atlantide all'opposto continente; effettivamente, Tartesso probabilmente commerciava ambra e stagno con altri paesi del Nordeuropa, ed in particolare con le isole Cassiteridi, oggi identificate con le Scilly al largo della Cornovaglia, usate come base commerciale anche dai Fenici. L'"opposto continente" é allora da identificarsi con le terre sconosciute, ma ricchissime, dell'Europa settentrionale (ritorna dunque il tema della "Grande Germania"...)
Questa scultura, nota come la "Dama di Elche" dal luogo del suo ritrovamento nel sud della Spagna, viene citato sovente come esempio del grado di evoluzione raggiunto dalla cultura artistica preistorica della regione in cui sorse Tartesso. Da qui però a battezzare questa figura "la sacerdotessa di Atlantide" ce ne corre davvero parecchio. |
Naturalmente, l'analogia più evidente tra Tartesso ed Atlantide é la loro totale scomparsa. Come dell'isola platonica (e dell'Araba Fenice), di questa antica città si può ben dire con le parole di Metastasio: "che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa..."! Effettivamente, dopo la conquista cartaginese essa sparì senza quasi lasciar traccia. Solo pochi, misteriosi reperti archeologici attestano la sua esistenza e il suo passato splendore come é il caso della dama di Elche, raffigurata qui sopra.
Esistono però altre curiose coincidenze. Platone dice dell'Atlantide che era ricca di giacimenti e miniere, e si sa bene che la Sierra Morena era una delle zone minerarie più ricche dell'antichità, come dimostrano i metalli che le navi di Tiro importavano nel Mediterraneo da quella regione. Inoltre la città di Atlantide doveva essere circondata da canali, mentre a detta di Strabone, il celebre geografo greco del I sec. a.C., dal Guadalquivir si irradiava una vastissima rete di canali. La civiltà di Atlantide doveva essere molto avanzata ed antichissima, ed ecco quanto dice al proposito Strabone:
"I Tudetaniani [ probabilmente i Tartessiani ] sono i più civilizzati tra gli iberici: conoscono la scrittura e possiedono libri antichi, ed anche poemi e leggi in versi che essi consideravano antichi di settemila anni..."
Quanto al fatto che il mare intorno ad Atlantide sarebbe risultato inaccessibile dopo la catastrofe, a causa del "fango spesso" e dei "bassi fondali" che avrebbero impedito la navigazione, tutto questo secondo Jessen ed altri é imputabile alla propaganda cartaginese: i Punici infatti facevano di tutto per scoraggiare gli altri popoli dal navigare nei "loro" mari, per conservare il monopolio delle ricche merci che essi andavano a prelevare su coste a tutti gli altri popoli sconosciute. Per difendere la segretezza delle rotte, le navi cartaginesi non esitavano ad attaccare quelle che le seguivano, o addirittura ad arenarsi deliberatamente. I "mostri marini" e le "spesse alghe" dell'Atlantico, di cui parlava anche il poeta Avieno, non sarebbero allora che invenzioni dei Fenici e dei Cartaginesi per preservare il segreto sui loro posti di rifornimento.
Per di più, anche i sostenitori di un'"Atlantide nell'Atlantico" sono concordi nel ritenere Tartesso una colonia atlantide, forse la prima che sia mai stata fondata, vista la sua posizione geografica; é per questo che qualcuno si é spinto ad affermare che la "dama di Elche" non sarebbe altro che una sacerdotessa atlantide (se non addirittura la moglie di un governatore atlantide di Tartesso!). Senza voler sconfinare nella fantascienza, é comunque interessante il fatto che da un libro "insospettabile" come la Bibbia emergano non solo notizie su Tartesso, ma anche il suo trovarsi "ai confini del mondo". Il paese di Tarsis in cui cerca di fuggire il profeta Giona (Gio 1, 3), che prende il nome dal figlio di uno dei figli di Jafet (Gn 10, 2-4), probabilmente altro non era che Tartesso. Ecco come ne parla il profeta Ezechiele nel suo libro omonimo:
"Tarsis commerciava con te [ Tiro ] per le tue ricchezze di ogni specie, scambiando le tue mercanzie con argento, ferro, stagno e piombo..." (Ez 27, 12)
Potete constatare la verità delle affermazioni di Strabone sulle ricchezze minerarie dell'Iberia occidentale: Tarsis é proprio la mitica Tartesso! La cita anche il Salterio, in questi termini:
"I Re di Tarsis e delle isole pagheranno il tributo, i re di Saba recheranno offerte." (Salmo 71, 10)
Ritornano le "isole" cui accennava Platone, probabilmente le "isole delle genti" con cui gli Ebrei (tutt'altro che amanti della navigazione) indicavano genericamente i paesi del Mediterraneo. é evidente che, per la sua posizione geografica, tale città doveva rappresentare l'ultimo confine del mondo allora conosciuto. Fuggendo a Tarsis, allora, Giona intendeva fuggire il più lontano possibile dal comando divino di raggiungere Ninive: Tartesso rappresentava, per quei tempi, gli antipodi della capitale assira. Più lontano di così, Giona non poteva andare ad imboscarsi!
7.3 Nel fertile Sahara
Cercate, cari lettori, di non giungere a conclusioni troppo affrettate: io non ho voluto dimostrarvi che Tartesso ERA l'Atlantide, ma solo presentarvi nei dettagli una delle teorie che cercano di individuare il sito dell'antica madre di tutte le civiltà; e questa non é certamente l'unica che sia attualmente in discussione. Dopotutto, Tartesso non é affatto "sprofondata in mare", se si trova veramente sotto l'attuale Siviglia, mentre questo é precisamente il destino toccato all'isola di Thera. Voglio comunque presentarvi altre teorie, secondo cui Atlantide non riposa affatto sotto i chilometri di acqua dell'oceano omonimo, ma si trova sepolta sotto strati geologici, e per trovarla non occorrerebbe perciò scandagliare i mari, ma scavare nel deserto.
Ci fu infatti chi ipotizzò che la leggenda platonica poggiasse sì su basi storiche, ma che in realtà Atlantide fosse una civiltà fiorita nell'Africa del Nord. Quest'ultima, lo sappiamo bene, negli ultimi millenni ha subito radicali mutamenti di clima, subendo una progressiva desertificazione; tanto che solo con grande fatica oggi si sta tentando di rendere alcune oasi del Sahara nuovamente fertili ed abitabili. Che però in passato quest'immensa estensione sia già stata una prateria abitabile anche dall'uomo, ce lo dicono i numerosi dipinti parietali che costellano le grotte degli altopiani libici ed algerini. Da questi dipinti emerge l'immagine di una terra ricca d'acqua, talvolta coperta da foreste e da acquitrini, abitata da animali di ogni taglia e dimensione, e percorsa da tribù di uomini del Paleolitico. Questi disegni rupestri ci rivelano com'era la regione circa diecimila anni fa, dunque nuovamente nell'epoca in cui Platone colloca la fine dell'Atlantide. La cosa curiosa é che questi dipinti appaiono molto più evoluti dei dipinti contemporanei ritrovati nelle grotte europee, ed anche più evoluti di dipinti di epoca posteriore! Per rendersene conto, basta osservare la pittura qui sotto. L'artista preistorico possedeva il senso della prospettiva, ed ha dipinto i pacifici quadrupedi nell'atto di riposare tranquillamente, non nel corso di una concitata battuta di caccia. Si direbbe quasi che la raffigurazione abbia uno scopo puramente... ornamentale! Ma questa parola non aveva senso per tribù quotidianamente alle prese con la necessità di procurarsi carne per sopravvivere! Allora questo dipinto sarebbe da attribuirsi ad una civiltà già particolarmente evoluta, mentre la rozza figura di cacciatore, di cui si intravede una parte in alto a destra, rappresenterebbe un'aggiunta più tarda di qualche millennio! Pare che ci sia stato un netto regresso della civiltà umana. L'incipiente fenomeno di desertificazione é sufficiente a spiegarlo?
Dipinti parietali nel Sahara libico |
Evidentemente, molti hanno risposto di no. L'archeologo francese Godron fu il primo, nel 1868, ad avanzare l'ipotesi che l'Atlantide sia seppellita nel Sahara. Il geografo Etienne Berloux credette di poterla collocare nei monti dell'Atlante, in faccia alle Canarie; qui, egli volle individuare la città di Cerne, che Diodoro Siculo (I sec. a.C.) aveva indicato come capitale degli Atlanti. Anche Annone, celebre navigatore cartaginese del V secolo a.C., asserì di aver avvistato Cerne. Effettivamente, i Berberi dell'Atlante hanno la pelle chiara, anche se ciò non basta per definirli "celti", come ha fatto qualcuno. E' comunque notevole, come abbiamo già fatto notare altrove, che la parola "atl" voglia dire "acqua" tanto nel loro linguaggio quanto in quello degli Aztechi. é stata poi fatta notare una certa somiglianza tra i nomi delle tribù berbere moderne e quelli dei dieci figli di Poseidone che, secondo il "Crizia", avrebbero popolato l'Atlantide e regnato su di essa. Una di queste tribù si chiamava Uneur, che manifesta parentela col nome di Evenore dato ad uno dei fratelli di Atlante. Alcune tribù berbere della Tunisia erano poi indicate con il nome di "figli della sorgente", e nella loro lingua sorgente si dice "Attala", vicinissimo ad Atlante, se non ad Atlantide. Proprio in quel punto, le prospezioni geologiche dicono che doveva trovarsi un mare interno oggi prosciugato, probabilmente da identificare con il lago Tritonide, ben noto ai Greci e ricordato anche dal poeta Apollonio Rodio (III sec. a.C.) come il luogo del naufragio degli Argonauti.
Nel 1926 P.Borchard, scrittore tedesco, ritenne invece che i discendenti degli Atlantidi fossero i Tuaregh, popolo dalle origini a tutt'oggi del tutto misteriose (recentemente si é parlato per loro di origini asiatiche, in base a somiglianze nel DNA). Il francese Francois Roux ha addirittura identificato certi ciottoli istoriati con strani simboli, ritrovati nel Nordafrica ed anche in Francia e in Spagna, con una forma primitiva di scrittura. Su questo fatto, però, non si é ancora potuto far luce.
Una versione alternativa e controcorrente identifica invece gli Atlantidi con gli Yoruba (o Ife), popolo misterioso vissuto lungo il corso del fiume Niger, la cui cultura fiorì intorno al 1600 a.C. Anche in questo caso, insomma, Platone avrebbe esagerato le sue datazioni, mettendo uno zero di troppo. L'esploratore Leo Frobenius, che dedicò anni allo studio di questa insolita civiltà, dichiarò di aver notato parallelismi tra di essa e quelle degli antichi Iberi (con Tartesso, insomma!), degli Etruschi, dei Greci e degli Assiri. Tale similitudine era basata sull'uso di un simbolismo comune (ad esempio la svastica), sui culti praticati (gli Yoruba adoravano la dea del mare Olokun), sul tipo di organizzazione tribale, sui tatuaggi, sui riti sessuali e sulle cerimonie funebri. Così scrive Frobenius:
"Credo di aver ritrovato l'Atlantide, centro di una civiltà situata al di là delle Colonne d'Ercole: (...) l'Atlantide che, secondo Solone, é coperta da una lussureggiante vegetazione, ha piante da frutto che danno bibite, cibo e medicinali, producono il frutto che marcisce con facilità (la banana) e deliziose spezie (il pepe), ed é una terra dove esistono gli elefanti, un paese che produce il rame e i cui abitanti indossano vesti di un azzurro cupo..."
Tanto entusiasmo é però frustrato dal fatto che non si ha idea di quale catastrofe naturale possa aver cancellato dalla storia gli Yoruba, mentre per Tartesso si può invocare l'intervento cartaginese, e per i Berberi ed i Tuaregh la desertificazione. In sostanza, quest'ipotesi ci mostra come ogni archeologo che studia una nuova civiltà pre- o protostorica tenda ad attribuirle i caratteri della mitica Atlantide di Platone. Naturalmente, i seguaci della tradizione platonica ribattono che tutte le "Atlantidi alternative" individuate da autori moderni e contemporanei potrebbero benissimo non essere dei falsi o delle "brutte copie" rappresentando invece i resti di una colonizzazione atlantide: per ogni ipotesi smantellata, ce n'è sempre una di riserva per accontentare i suoi epigoni. Anche perché, procedendo di questo passo, spesso si finisce con lo scivolare nel ridicolo. Ad esempio, l'orientalista tedesco Karst ha parlato addirittura di DUE ATLANTIDI esistite contemporaneamente, una estesa dal Nordafrica alla Spagna, ed una localizzata nell'Oceano Indiano, a sud della Persia e dell'Arabia, e sommersa come Thera. Per la serie: per non scegliere tra maccheroni e spaghetti, me li mangio tutti e due...
7.4 L'Atlantide sotto ghiaccio
Prima di concludere questo capitolo, però, é doveroso citare un'altra ipotesi sull'Atlantide, che ha avuto molta fortuna negli anni '80. Sulla base di quanto tra poco diremo, alcuni hanno ritenuto che la mitica isola di Platone coincidesse nientepopodimeno che con il continente antartico.
Che sia proprio la brulla, ghiacciata e inabitabile Antartide la culla dell'Atlantide, forse potrà sembrarvi un po' strano; ma dovete pensare che, quando fu finalmente chiaro che il Polo Sud era occupato da un vero continente e non da una distesa di mari ghiacciati come l'Artide, più d'uno fu portato a credere che, sebbene quelle terre siano oggi assolutamente inospitali, in un passato remoto potevano esservi fiorite civiltà, poi scomparse e sepolte dai ghiacci perenni. Tale teoria fu avanzata per la prima volta da John Cleve Symmes nell'operetta "Symzonia", che ebbe discreta diffusione tra gli appassionati. Persino Edgar Allan Poe (1810-1849), nel suo capolavoro del brivido "Le avventure di Gordon Pym" (1838), paga il suo tributo a questa credenza, facendo ritrovare a Pym e al suo compagno Peters, prigionieri nelle terre polari, dei graffiti in lingua egiziana, e addirittura dei burroni con la forma di lettere etiopiche che formerebbero la parola "essere oscuro": oscuri come quei posti, per sei mesi immersi nella notte polare, ed oscuri come i loro abitanti nella geniale descrizione fattaci da Poe...
In seguito questa stravagante teoria ottocentesca venne ripresa da altri appassionati di questo genere, fino a che Flavio Barbiero non l'ha finalmente fusa con la leggenda di Atlantide nella sua opera "Una civiltà sotto ghiaccio" (1974). A questo mistero si sono ispirati anche gli sceneggiatori di cartoons e di fumetti, come dimostra l'avventura a fumetti vissuta da Mickey Mouse (il popolare "Topolino") che vi ho descritto in precedenza (non ve l'avevo certo citata per caso!). Effettivamente, l'Antartide é più vasta dell'Asia Minore e della Libia, anzi é più vasta dell'intera Europa. Se non ad una rotazione dell'asse terrestre che l'ha fatta congelare, si potrebbe comunque pensare ad un cataclisma che ne produsse il congelamento, sicché i meravigliosi palazzi di Atlantide si troverebbero ora non sotto il fondo di un oceano o sotto le sabbie di un deserto, ma sotto i ghiacciai, spessi tre chilometri, che attanagliano il polo Sud.
Questa stravagante ipotesi, a detta dello stesso Barbiero, troverebbe conferma nella carta di Piri Reis. Si tratta di un documento preziosissimo, dalla storia particolarmente avventurosa. Fu ritrovato nel 1929 durante una vasta opera di riordinamento dell'archivio del museo Topkapi di Costantinopoli, ed in origine era probabilmente una mappa di tutto il mondo conosciuto, di tre metri per due, ma oggi ne possediamo solo un vasto frammento, circa il 25 %, che rappresenta l'intero Oceano Atlantico con tutte le sue coste ed amplissimi cartigli, che danno numerosi ragguagli circa l'autore. Si tratta probabilmente dell'ammiraglio ottomano Ahmed Muhyiddin Piri (1470-1555?), nipote di Kemal Reis, famoso pirata contemporaneo di Cristoforo Colombo. Appassionato di cartografia, pare che Piri razziasse le carte nautiche ritrovate sulle navi da lui abbordate e catturate, e che ne abbia fatto una vera e propria collezione; di esse probabilmente si servì per tracciare la sua mappa, ed anche molte altre, che poi riunì in un'opera chiamata "Kitab-i Bahriye" o "libro dei viaggi per mare", voluta dal sultano Selim I (1512-1520) e composta di oltre 200 carte geografiche fittamente miniate: opere d'arte, dunque, oltre che di storia. Piri, fregiato del titolo di Reis (capitano) e reso famosissimo dalla sua opera, riprese a combattere solo verso la fine della propria vita ma, sconfitto dai portoghesi, venne accusato di tradimento e giustiziato.
La sua non sarebbe che una storia come tante altre, di personaggi giunti all'apice del proprio prestigio e poi caduti in disgrazia, se non fosse per questa benedetta carta, che riporta in modo molto corretto (per i suoi tempi) le coste di Spagna, Africa nordoccidentale, America Centrale, Meridionale e... di un continente a quei tempi sconosciuto, situato là dove oggi c'é la nostra Antartide, abitato secondo la carta da animali stranissimi e giganteschi e da mostri spettacolari, come buoi con sei corna, animali a pelo bianco ed epistigi, cioè uomini senza testa, con gli occhi sulle spalle e la bocca sul ventre. In quel continente, Piri disegnò anche giganteschi serpenti attorcigliati sulle rovine di una città totalmente in rovina. Quale città poteva esservi laggiù? E perché in rovina?
Ora, nei confini della terra australe disegnata da Piri molti ravvisano quelli dell'Antartide di 12.000 anni fa, quando il mare era più basso e il continente bianco era sgombro dai ghiacci lungo le coste e saldato al Sudamerica, come ci mostra la misteriosa mappa! Ma la vera sorpresa sta nel fatto che la carta é stata tracciata facendo uso della cosiddetta "proiezione azimutale equidistante": l'autore si é posto in un punto al di sopra del Cairo, ed ha proiettato i punti della superficie terrestre sul proprio piano equatoriale locale. Allora nessuno usava questo metodo, eppure il risultato é estremamente preciso: al mistero si sovrappone dunque il mistero.
Secondo i sostenitori di tale ipotesi, tutti questi fatti sarebbero spiegabili solo ammettendo che i nostri antenati avessero conoscenze scientifiche assai più avanzate di quanto noi finora abbiamo creduto. E ciò si può spiegare ammettendo l'esistenza, in tempi antichi, una civiltà assai avanzata su un continente perduto che ha trasmesso a tutti i popoli della Terra dei frammenti delle proprie immense conquiste tecnologiche (magari anche il volo o i viaggi spaziali!). Un sostenitore entusiasta di quest'interpretazione é, per l'appunto, Flavio Barbiero per il quale l'equazione Antartide = Atlantide risulta tanto naturale da giungere ad affermare senz'ombra di dubbio che Piri tracciò la sua carta utilizzando antichi documenti scampati alla rovina dell'Atlantide! Tanto più che un'altra carta di epoca rinascimentale sembra avallare le teorie di Barbiero: questa, disegnata dal gesuita tedesco Athanasius Kircher, del quale abbiamo già parlato in precedenza. Ecco la carta incriminata:
Per motivi ignoti, il nord appare orientato verso il BASSO, per cui a sinistra si vedono l'Africa del Nord e la Spagna, a destra l'America (si confronti, rovesciandola, la mappa di Kampanakis). Il fatto è che Kircher, imbevuto di cultura classica e quindi seguace della teoria platonica dell'Atlantide, asseriva di aver copiato la sua mappa da antichi quanto fantomatici documenti provenienti dall'Egitto. Ora, provate ad osservare assieme a me la seguente mappa moderna del continente antartico (in alto si vede l'Australia, in basso a sinistra Africa e Madagascar, in basso a destra il Sudamerica):
Io stesso ho provato ad abbozzare i confini dell'Antartide, dell'Africa, del Madagascar e del Sudamerica, traendoli dalla mappa soprastante mediante un'opportuna proiezione geografica, ed ho ottenuto il seguente, stupefacente risultato:
Dite la verità: non sembra di rivedere la mappa di Kircher? Insomma, secondo i seguaci della teoria di Flavio Barbiero, quella che Kircher vide (o avrebbe visto) in Egitto sarebbe stata in realtà una mappa dell'Antartide lasciata lì dieci o dodicimila anni fa dai sopravvissuti di Atlantide, giunti lì dopo il "surgelamento" della loro patria. L'isola di Madagascar sarebbe stata scambiata da Kircher con il Nordafrica, la propaggine meridionale di tale continente sarebbe invece stata confusa con l'Europa, mentre l'America del Sud sarebbe diventata quella del Nord. Sorprendente, eh?
Sorprendente sì, ma nient'affatto sicuro. L'Egitto ai tempi di Kircher non era facilmente visitabile, né riscuoteva alcun interesse fra gli umanisti del Rinascimento, interessati piuttosto alla Grecia Classica, allora ritenuta la civiltà più antica dopo quella Biblica, perchè Champollion era ancora al di là da venire. Inoltre, nonostante gli ultimi due secoli abbiano visto l'Egitto setacciato in lungo e in largo da archeologi e paleografi, non si è mai trovato nulla del genere, che potrebbe aver ispirato la mappa di Kircher circa l'Atlantide platonica. Tutto questo dunque è sì sorprendente, ma dopo un attento esame si riduce ad una congettura su una congettura. Va bene al massimo per costruirci attorno una geniale avventura di Topolino, come si è detto in precedenza, ma non si vede quali certezze si potrebbero trarre da tutto questo. E non finisce qui.
Infatti le teorie di Barbiero e soci prevedono di attribuire ad Atlantide una civiltà evolutissima, come propongono molti autori di fantascienza; e, per l'appunto, questa é mera fantascienza, non scienza. E poi, se allora l'Antartide si trovava a latitudini tropicali, era l'Europa ad essere situata nelle regioni polari; ma nulla, a parte le glaciazioni, fa oggi pensare che a quei tempi la nostra patria fosse sepolta sotto una crosta di ghiaccio, e manca qualunque indicazione paleozoologica, paleobotanica e paleoclimatica che 12.000 anni fa l'asse terrestre fosse diversamente inclinato o, più semplicemente, che l'Antartide fosse sgombra dalle nevi. Infine, ed é l'obiezione più pesante, se l'Antartide fosse stata collegata alla Terra del Fuoco in epoca storica, perché non vi avremmo trovato animali come gli orsi polari, che potevano esservi tranquillamente giunti dal continente? E perché non vi avremmo trovato insediamenti umani, come in Groenlandia o nell'Arcipelago Canadese? Invece, l'Antartide é l'unico continente che non conobbe mai, nella storia, insediamenti umani stabili: ancor oggi, é l'unica terra emersa su cui non sorge alcuna città in superficie. Gli unici suoi abitanti sono i ricercatori delle basi scientifiche, ed in base ad un trattato del 1991 nessuno può avanzare pretese territoriali sull'Antartide, sebbene l'Argentina continuasse a farlo, almeno fino alla bancarotta che l'ha sconvolta..
Tutto quanto Barbiero ipotizza può avere una spiegazione semplicissima se si ammette che il continente rappresentato da Piri nella sua fantomatica carta non sia l'Antartide, ma la cosiddetta "Terra Australis Incognita", cioé "terra ignota degli antipodi", la cui esistenza era inferita dal fatto che, se le terre emerse fossero state presenti solo nell'emisfero boreale, il pianeta terra non sarebbe stato bilanciato! Quel continente ignoto era sempre presente nelle carte del tempo, tanto che lo stesso Abel Tasman (1602-1659) pensò che la Nuova Olanda da lui scoperta potesse esserne la penisola più settentrionale; e, come tutte le zone a quei tempi inesplorate, sulle carte pullulava di mostri dalle fogge più strane (non rari i Ciclopi di letteraria memoria).