Nell'immagine è illustrata l'utlima fase della fusione dell'idrogeno in elio
Fisica della fusione
Pagina curata da Giacomo Lorenzon
Con la gentile e paziente supervisione ortografica di Sara Conforti
Cos’è la fusione nucleare
La fusione nucleare è definita come il processo di reazione nucleare attraverso il quale i nuclei di due o più atomi leggeri si avvicinano o vengono compressi a tal punto da far prevalere l'interazione nucleare forte sulla repulsione elettromagnetica. Gli atomi, unendosi, generano un nuovo nucleo, più pesante dei nuclei di partenza, ma con massa minore della somma delle masse dei reagenti. Il nucleo prodotto è accompagnato da neutroni liberi ed energia.
Di fondamentale importanza è ricordarsi che la massa finale dei prodotti è minore di quella iniziale dei reagenti: questo scarto è detto difetto di massa. Memori della lezione di Lavoisier, è lecito chiedersi perché, apparentemente, non venga rispettata la sua legge detta della “conservazione della massa”. Ebbene, scendendo a scale subatomiche le cose cambiano: massa ed energia sono legate dalla teoria della relatività ristretta di Einstein secondo la celeberrima equazione che segue: E=mc2 in cui E è l'energia, m è la massa e c è la costante della proporzionalità, ossia la velocità della radiazione elettromagnetica nel vuoto (299 792 458 m/s). Possiamo ora capire che la massa "mancante" si è trasformata in una elevata quantità di energia secondo l'equazione appena riportata. A conservarsi è, quindi, l’energia totale che, principalmente, si manifesta sotto forma di energia cinetica dei prodotti della reazione.
Le reazioni di fusione nucleare che producono elementi con numero atomico fino a Z=26 o Z=28 sono esoergoniche: l'energia richiesta per compiere la reazione è minore di quella emessa. Oltre questi valori di Z, invece, la fusione diventa endoenergetica.
Come già abbiamo accennato, affinché si inneschi una fusione, i nuclei devono essere sufficientemente vicini, di modo che la forza nucleare forte vinca la repulsione coulombiana: i due nuclei coinvolti nella reazione, infatti, possiedono entrambi carica positiva e quindi si respingono. Per potersi avvicinare a distanze molto piccole, dell'ordine dei femtometri (10-15), e quindi dare avvio alla reazione, i nuclei devono essere sufficientemente eccitati e, per fare ciò, si deve fornire loro un'enorme quantità di energia, portandoli ad altissima pressione e quindi ad altissima temperatura (107 kelvin) e/o densità.
L'energia potenziale totale di un nucleo è notevolmente superiore all'energia che lega elettroni e nucleoni. Il campo dell’interazione nucleare forte, infatti, è decisamente più intenso di quello elettromagnetico. L'energia rilasciata dalle reazioni nucleari è quindi molto superiore a quella delle reazioni chimiche, dove sappiamo essere coinvolti quasi esclusivamente gli elettroni di valenza di un atomo. Un esempio sicuramente aiuta a quantificare l’enorme divario energetico fra i due tipi di reazione: nell'atomo di idrogeno l'energia di legame fra elettrone e nucleo è di 13,6 eV, mentre l'energia rilasciata dalla reazione Deuterio-Trizio è di 17,6 MeV: un milione di volte in più della prima. Facendo due calcoli, con un grammo di idrogeno si potrebbe ricavare la stessa energia sviluppata dalla combustione di 11 tonnellate di carbone.
Nei processi di fusione nucleare, gli atomi maggiormente interessati sono gli isotopi dell'atomo di idrogeno, il più semplice esistente in natura. Esso infatti possiede il minor numero atomico (Z=1) a cui corrisponde la minima energia di innesco. Nelle stelle più grandi, tuttavia, è possibile anche la fusione di elementi più pesanti, fino al ferro (Fe). Nelle stelle di massa inferiore o uguale a quella del Sole prevale la reazione a catena protone-protone, mentre nelle stelle di massa maggiore prevale il ciclo CNO.

Prima di proseguire riteniamo opportuno chiarire qualche concetto, fondamentale per la corretta comprensione dell’argomento.
Forza elettromagnetica
La forza elettromagnetica è anche detta forza di Coulomb, in onore del suo scopritore, che ne studiò il suo funzionamento dal 1777 al 1785. È una delle quattro forze fondamentali e, più precisamente, è l'interazione che agisce tra particelle cariche, mediante l'azione di particelle virtuali dette fotoni, o anche mediatori. Può essere attrattiva (tra cariche di segno opposto) o repulsiva (tra cariche di segno uguale). Non ha alcun effetto sui neutrini, essendo particelle prive di carica.
Forze di interazione nucleare forte
Fu ipotizzata per la prima volta da Enrico Fermi, è una delle quattro forze fondamentali. Più precisamente è la forza che agisce tra i quark legandoli a formare protoni e neutroni, mediante l'azione di particelle virtuali dette gluoni. Questi sono i mediatori della forza forte come lo sono i fotoni per la forza elettromagnetica. E' una forza d'intensità maggiore rispetto a quella prima descritta, ma di raggio d'azione molto inferiore. Essa permette di tenere uniti nel nucleo protoni e neutroni che altrimenti si allontanerebbero, in quanto tutti i protoni hanno carica positiva.
Difetto di massa ed elettronvolt
Abbiamo già visto che la legge formulata da Lavoisier, nel nostro campo, perde valore. Infatti, poiché particelle come i neutroni, i protoni ecc. si muovono a velocità relativistiche, è necessario studiare i loro moti attraverso la meccanica relativistica. Se, quindi, la particella di massa M si disintegra in N particelle di masse m1, …, mN, in generale si avrà m1 + … + mN ≠ M poiché non vale la legge della conservazione della massa, ma solo quella dell’energia: Σ E = E1 + … + EN. Scegliamo ora un sistema di unità di misura in cui c corrisponde all’unità. Nel sistema in cui la massa m è a risposo (e si ha E=mc2), se per unità di misura della velocità assumiamo c = 1, l’energia di una particella qualsiasi a riposo coincide con la sua massa. È, dunque, possibile misurare massa ed energia con la medesima unità. Da qui il concetto di elettronvolt [eV], che si utilizza quindi per misurare una massa m a riposo.
Un elettronvolt è, precisamente, l’energia cinetica acquisita da un elettrone che parte da fermo sotto l’azione di una differenza di potenziale pari a 1 Volt.
Multipli: Megaelettronvolt (MeV) = 106 eV
Gigaettronvolt (GeV) = 109 eV
Teraettronvolt (TeV) = 1012 eV
Conversione in energia: 1 eV = 1,6-19 J
Energia di legame
La differenza Δ m = M – m1 – m2 > 0 si dice energia di legame perché è l’energia che occorre fornire dall’esterno al sistema per separare la particella composta di massa M nei suoi costituenti m1 e m2, cioè per rimuovere il legame. La forza nucleare, chiamata interazione forte, ha un raggio d’azione cortissimo, dell’ordine di 10-15 m, ed è talmente potente da vincere la repulsione elettrostatica di Coulomb, che agisce tra i protoni, e da costringere neutroni e protoni a rimanere nel microscopico volume del nucleo. Questo consente l’esistenza e la stabilità dei nuclei con molti protoni (in numero di Z, numero atomico, perché pari al numero degli elettroni dell’atomo corrispondente al nucleo) e un numero uguale o maggiore di neutroni. Il numero totale dei nucleoni (protoni e neutroni) si dice numero di massa e si indica con A. Nuclei aventi uguale Z ma differente A si dicono isotopi.
Curva della frazione di impacchettamento (da Gamow e Critchfield, Theory of the Atomic Nucleus and Nuclear Energy Sources)
Frazione di impacchettamento
Essa è, semplicemente, una misura dell’energia di legame media nel nucleo. Risulta infatti intuitivo che occorre più energia per strappare un protone al centro del nucleo rispetto ad uno che si trova sulla sua superficie. Rappresentando la frazione di impacchettamento in un grafico possiamo notare che forma una curva: l’esistenza di un minimo significa che, tutti i nuclei sono più o meno instabili, con tendenza alla fusione per i nuclei prima del minimo ed alla disgregazione per quelli dopo il minimo. Le velocità di reazione (disgregazione o fusione), tuttavia, sono assai lente in ambedue i casi, fatta eccezione per la fissione di nuclei di atomi molto pesanti come uranio e plutonio indotta da neutroni e la fusione di nucleoni in un nucleo di elio nel ciclo CNO.
Il grafico aiuta a chiarire quanto detto tramite una curva. Il punto con ordinata più alta corrisponde all'elemento ferro (Fe)
Fusione nucleare nelle stelle
Nel 1939, un articolo intitolato “Energy Production in Stars”, scritto da Hans Bethe, analizzava le differenti modalità per delle reazioni in cui l’idrogeno, l’elemento più abbondante nell’Universo e nelle stelle, viene fuso in elio. Questo fenomeno è reso possibile grazie agli immensi valori di temperatura e pressione che sono raggiunti all’interno degli astri, data l'immensa contrazione gravitazionale che essi stessi provocano sul loro nucleo. Forte pressione ed alte temperature, infatti, provocano l’aumento dell’energia cinetica delle molecole, le quali riescono ad interagire fra di loro superando la repulsione coulombiana dei nuclei dando origine alle reazioni di fusione.
I processi selezionati erano: la catena protone – protone, caratteristica delle stelle di piccola massa, ed il ciclo carbonio – azoto – ossigeno (CNO), proprio invece delle stelle più grandi.
Questa distinzione è giustificata dalla diversa massa iniziale delle due tipologie di astri: infatti, più la massa cresce, meno tempo impiegherà il nucleo ad innescare la fusione e a coinvolgere tutto l’idrogeno disponibile nella reazione. Diversa è anche l’ultima fase dell’evoluzione del corpo celeste in base alla loro grandezza. Comune, invece, è la prima fase durante la quale tutte le reazioni nucleari hanno sempre come risultato elio, prodotto a partire da idrogeno. Questi due elementi, assieme, compongono oltre il 95% di una giovane massa stellare. Chiaramente, come è già stato accennato, le reazioni possono innescarsi spontaneamente solo fino a quando viene utilizzano come reagente il ferro (Fe) poiché, oltre, sono endoergoniche.
Gli studi sulla fusione nucleare nelle stelle valsero a Bethe il Premio Nobel per la fisica nel 1967
Più avanti il nobel William Fowler approfondì lo studio delle reazioni teorizzate da Bethe.
Ciclo protone – protone
Nelle stelle di massa inferiore a 1,5 masse solari dove la temperatura del nocciolo non supera i 15 milioni di kelvin, la produzione di elio a partire da idrogeno segue il ciclo chiamato “protone – protone”, abbreviato p-p.
Il ciclo inizia con la fusione di due nuclei di idrogeno 1H che si fondono a creare un nucleo di deuterio 2H. Uno dei protoni, espellendo un neutrino ed un positrone, si trasforma in neutrone. Il positrone, antiparticella dell’elettrone, nella maggior parte dei casi si annichila con un elettrone, liberando moltissima energia sotto forma di due fotoni altamente energetici nella banda dei raggi gamma.
Il deuterio formatosi si fonde con un altro nucleo di idrogeno, formando un nucleo di elio 3He, un isotopo leggero dell’elio, e ancora raggi gamma.
L’ultima fase della catena è rappresentata dalla fusione di due nuclei di 3He che generano un nucleo di 4He, l’isotopo più comune, e due neutroni altamente energetici.
Tutto il ciclo si può così rappresentare:
41H → 4He + 2e+ +2ν + raggi γ (Q=26,7 MeV)
Nel nostro Sole avvengono circa 1038 cicli p-p al secondo. Tuttavia, ciò non è dovuto alla rapidità della reazione, bensì alla grande quantità di atomi di idrogeno presenti nel nucleo: occorrono infatti 10 miliardi di anni prima che un protone riesca a fondersi, casualmente, con un altro.
Schema riassuntivo del ciclo CNO
Ciclo carbonio – azoto – ossigeno
Nelle stelle di massa superiore a 1,5 masse solari, dove la temperatura del nocciolo supera i 20 milioni di kelvin, se sono presenti altri elementi oltre all’elio ed all’idrogeno, si può innescare un processo chiamato CNO.
Il ciclo CNO è molto più complesso rispetto al ciclo p-p. Il risultato netto, partendo da quattro protoni, è la produzione di una particolare radiazione corpuscolare, chiamata particella alfa, che dal punto di vista chimico altro non è che un nucleo di elio altamente ionizzato 4He++, due positroni e due neutrini, con rilascio di energia sotto forma di raggi gamma (circa 25,21 MeV).
41H → 4He + 2e+ + 2ν + raggi γ
I nuclei di carbonio, azoto e ossigeno sono quindi esclusivamente catalizzatori della combustione dell’idrogeno.
Analizziamo le reazioni del ciclo CNO:
12C + 1H → 13N + raggi γ + 1,95 MeV
13N → 13C + e+ + ν e + 1,37 MeV
13C + 1H → 14N + raggi γ + 7,54 MeV
14N + 1H → 15O + raggi γ + 7,35 MeV
15O → 15N + e+ + ν e + 1,86 MeV
15N + 1H → 12C + 4He + 4,96 MeV
Possiamo osservare che il risultato finale è lo stesso del ciclo p-p: il carbonio si riforma alla fine del ciclo, mentre i quattro nuclei di idrogeno scompaiono, favorendo la formazione di un nucleo di elio più gli altri prodotti già visti in precedenza.
Processo tre alfa
Una volta terminato l’idrogeno del nocciolo, le reazioni di fusione si esauriscono, e la stella, non potendo più opporre alla forza gravitazionale la pressione di radiazione (equilibri idrostatico), ricomincia a contrarsi su se stessa. Se la stella ha massa superiore a 0,5 masse solari, la contrazione porta all'aumento della temperatura del nocciolo, ormai ricco di elio, prodotto dalla catena protone-protone e dal ciclo CNO. Una volta raggiunta una pressione sufficiente (e quidi elevate temperature dell'ordine di 108 Kelvin), si innesca la fusione dell'elio, che dà luogo ad un nucleo di berillio 8Be secondo la seguente reazione:
4He + 4He → 8Be (Q= -93,7 keV)
Questa reazione è chiaramente endotermica.
Il berillio prodotto è fortemente instabile e, in circa 2,6 · 10-16 secondi, decade di nuovo in due nuclei di elio. Tuttavia, nelle condizioni in cui si svolge la reazione appena descritta, si crea una eccedenza di un isotopo stabile del berillio che, fondendosi con un altro nucleo di elio si trasforma in carbonio 12C secondo la seguente reazione:
8Be + 4He → 12C + raggi γ (Q= +7,38 MeV) Questa reazione è esotermica e, se confrontata con la precedente, si può notare che il bilancio energetico finale è positivo: il processo tre alfa è dunque esoergonico.
Il bilancio complessivo del processo tre alfa è il seguente:
34He → 12C + raggi γ. L’energia complessiva rilasciata è pari a circa 7,5 MeV.
Il processo alfa
Mentre il processo tre alfa richiede solo elio, il processo alfa può avvenire soltanto quando nella stella sono già stati prodotti nuclei di carbonio. Questo processo avviene dunque solo in stelle di età avanzata e di una certa massa. A partire dalla fusione del carbonio (12C) e dell’elio (4He) viene sintetizzato ossigeno (16O) che, a sua volta, può combinarsi con un altro nucleo di elio formando del neon (20Ne), che può fondersi con un altro nucleo di elio trasformandosi in magnesio (24Mg). Questo processo può continuare, in linea teorica, fino all'elemento del ferro: tutti gli elementi qui riportati infatti (Si, S, Ar, Ca, Ti, Cr, Fe), se fusi con un nucleo di elio, danno origine ad un nucleo più pesante e raggi gamma. Il bilancio complessivo delle reazioni è:
12C + 4He → 16O + raggi γ (Q = 7,16 MeV)
16O + 4He → 20Ne + raggi γ (Q = 4,73 MeV)
20Ne + 4He → 24Mg + raggi γ (Q = 9,31 MeV)
La produzione di neon e di magnesio è molto difficile, perciò all’interno del nucleo si viene a formare una grande quantità di carbonio e ossigeno, a discapito di elementi più pesanti come il neon, presenti in minor percentuale e gli altri elencati.
Fusione del carbonio
Una volta terminato l’elio nel nucleo, se la stella ha massa superiore ad 8 masse solari, possono essere raggiunte le condizioni per attivare nuove reazioni di fusione: elevate temperature (6 · 108 K) e densità (2 · 108 kg/m3). La stella in questione diventa una supergigante rossa in quanto la temperatura è tale da attivare la fusione dell’elio nel guscio attorno al nocciolo, mentre quest'ultimo, contraendosi, attiva la fusione del carbonio in elementi più pesanti. In questa fase, all’interno del nocciolo, i nuclei di carbonio (12C), presenti in grande quantità poichè prodotti dai precedenti processi, si fondono tra loro a due a due, dando a vita a ossigeno, magnesio e neon che si accumulano a formare un nucleo inerte. Il bilancio complessivo delle reazioni è:
12C + 12C → 24Mg + raggi γ
12C + 12C → 23Mg + n
12C + 12C → 23Na + 1H
12C + 12C → 20Ne + 4He
12C + 12C → 16O + 2 4He
Fusione del neon
Terminato il carbonio nel nucleo, le reazioni si interrompono e la stella riprende a contrarsi. Se la massa è sufficiente (circa 8 masse solari), come in tutti i casi sopra descritti, la contrazione comporta un notevole aumento della temperatura e della densità, e quindi anche pressione. Queste condizioni sono sufficienti per riattivare nel guscio attorno al nucleo le reazioni di fusione del carbonio e, nel nocciolo, una volta raggiunta la temperatura di 1,2 miliardi di kelvin, il processo di fusione del neon.
A queste temperature, data la forte eccitazione, alcuni nuclei di neon decadono in ossigeno ed elio:
20Ne + raggi γ → 16O + 4He
L’elio, a sua volta, può essere riutilizzato per produrre magnesio:
20Ne + 4He → 24Mg + raggi γ
Il neon può anche fondersi con un neutrone producendo energia ed un isotopo del neon, 21Ne, che a sua volta si fonde con un nucleo di elio producendo magnesio ed un neutrone da riutilizzare nel processo:
20Ne + neutrone → 21Ne + raggi γ
21Ne + 4He → 24Mg + neutrone
Fusione dell’ossigeno
Con il processo del neon, al centro della stella si crea un nucleo inerte di ossigeno e magnesio. Terminato il neon, il nucleo si contrae in seguito al collasso gravitazionale, e si creano le condizioni per attivare il processo di fusione dell’ossigeno, che necessita di densità attorno a 1010 kg/3 e temperature di circa 1,59 K.
Nel processo di fusione di due nuclei di ossigeno, possono avvenire parecchie reazioni:
16O + 16O → 28Si + 4He (Q=9,59 MeV)
16O + 16O → 31P + 1H (Q=7,68 MeV)
16O + 16O → 31S + n (Q=1,5 MeV)
16O + 16O → 32S + raggi γ
16O + 16O → 24Mg + 24He
La reazione più probabile che avvenga è comunque la prima riportata: quella che porta alla produzione del silicio avviene infatti con una probabilità che si aggira attorno al 60%.
Fusione del silicio
Terminato il processo dell’ossigeno, la stella riprende a contrarsi. Ancora una volta, se il nocciolo riesce a raggiungere la temperatura di 4-5 miliardi di kelvin allora sia avvia il processo di fusione del silicio, estremamente rapido.
La fusione di nuclei di silicio porta alla produzione prima di di nichel che, fondendosi con un altro nucleo di silicio, espelle un positrone ed un neutrino elettronico trasformandosi in cobalto, che a sua volta si fonde con un altro nucleo di silicio portando alla produzione di un isotopo estremamente stabile del ferro ed all’espulsione di un altro neutrino e di un altro positrone:
28Si + 28Si → 56Ni + raggi γ
28Si + 56Ni → 56Co + e+ + ν
28Si + 56Co → 56Fe + e+ + ν
Una volta prodotto ferro all’interno del nucleo, non si possono attivare altre reazioni di fusione, poiché le reazioni a partire da tale elemento non liberano energia, bensì la assorbono. La contrazione gravitazionale della stella a questo punto non trova più ostacoli, e la stella collassa su se stessa inevitabilmente. La fine della stella dipenderà ancora una volta dalla sua massa: se inferiore a 10 masse solari, diventerà una nana bianca, se superiore, invece, esploderà in maniera catastrofica come supernova, dando luogo infine o ad una stella a neutroni o ad un buco nero.
Fusione fredda
Fino ad ora abbiamo considerato, quasi implicitamente, la fusione termonucleare cioè quella che richiede elevate temperature e pressione.
Il 23 marzo 1989 due elettrochimici, Martin Fleischmann e Stanley Pons, attraverso una conferenza stampa annunciarono la scoperta della fusione fredda, così chiamata perché non richiede le stesse condizioni di quella termonucleare. Anche nella fusione fredda i nuclei di deuterio e trizio devono avvicinarsi per poter innescare la fusione, però, in questo caso, vengono utilizzati dei catalizzatori. Questa fusione può essere ottenuta attraverso il confinamento muonico o attraverso il confinamento chimico.
Martin Fleischmann e Stanley Pons che illustrano il loro esperimento sulla fusione fredda
Confinamento muonico
Il muone è una particella che ha una massa circa 200 volte quella dell’elettrone ed ha una vita media di 2,2 milionesimi di secondo. Dato che nel disintegrarsi, il 99,5% della sua massa si trasforma in energia, si è pensato di utilizzarlo come catalizzatore nelle reazioni nucleari. In effetti, il muone riesce a far avvicinare i nuclei di Deuterio e Trizio a temperatura ambiente e pressione atmosferica, tuttavia la possibilità che tale processo possa avere delle applicazioni nell'ambito della produzione energetica su scala industriale è legata al fatto che tale particella, prima di "morire", possa catalizzare almeno un migliaio di reazioni. Questo perché altrimenti non sarebbe sufficientemente produttivo il bilancio energetico.
Confinamento chimico
La fusione fredda basata su tale tipo di confinamento, è caratterizzata dalla proprietà che ha il Palladio di impregnarsi di idrogeno e dei suoi isotopi. Proprio in questo panorama si inserisce la reazione di fusione prospettata da Fleischmann e Pons e dunque la loro cella elettrolitica, utilizzata negli esperimenti di fusione fredda. L'apparato dei due ricercatori era costituito da una soluzione liquida a base di deuterio in cui sono immersi due elettrodi (anodo e catodo), uno costituito da Palladio e l'altro da Platino. Fornendo dall'esterno energia alla cella elettrolitica e collegando i due elettrodi ad una batteria, si ha il passaggio di una corrente da un elettrodo all'altro attraverso la soluzione elettrolitica che, sensibilizzata dal passaggio di corrente, dà origine a diversi prodotti da "elettrolisi": Elio, Trizio, neutroni, raggi gamma e raggi x. Inoltre si registra una quantità di calore prodotto che, tradotto in termini energetici, risulta essere maggiore di quella immessa nella cella attraverso la batteria.
Secondo Fleischmann e Pons ciò è dovuto alle particolari proprietà del Palladio che, fungendo da catalizzatore, costringe i nuclei degli atomi di Deuterio a stare tanto vicini da fondersi. Infatti, i due ipotizzarono che l'eccesso di calore prodotto, non era attribuibile ad una reazione chimica nota, ma ad una reazione nucleare e poiché la soluzione elettrolitica conteneva Deuterio, considerarono plausibile la fusione di due nuclei dello stesso.
Nel 1995 al Power Gen (esposizione delle industrie energetiche) ad Anaheim (California) fu presentato il primo reattore a fusione fredda da un 1kw.
Durante la dimostrazione, furono immessi da 0,1 a 1,5 watt di elettricità e la produzione in uscita fu da 450 a 1.300 watt di calore. Ancora, nel 2008 ad Osaka, è stato presentato un reattore funzionante con pochi grammi di palladio. Tuttavia, l’esistenza di questa presunta reazione non è stata dimostrata scientificamente poiché tutte le evidenze proposte, a detta della comunità scientifica, erano affette da errori di misurazione o di fenomeni non nucleari.
Fusione termonucleare sulla Terra
Per la realizzazione di reattori a fusione sulla Terra, bisogna prima individuare reazioni aventi una bassa energia di soglia. Il secondo problema da affrontare è la produzione di neutroni, difficili da controllare. Le reazioni aneutroniche, cioè che non producono elettroni, sono infatti oggetto di particolare studio ed interesse, al pari delle reazioni che liberano neutroni a bassa energia.
Qui di seguito sono riportati esempi di reazioni a bassa energia di soglia e aneutroniche.
Reazione D-T (la soglia più bassa, ~50 keV)
D + T → 4He (3,5 MeV) + n (14,1 MeV)
Reazione D-D (le due reazioni hanno la stessa probabilità di avvenire)
D + D → T (1,01 MeV) + p (3,02 MeV)
D + D → 3He (0,82MeV) + n (2,45 MeV)
Reazione T-T
T - T → 4He + 2 n (11,3 MeV)
Altre reazioni interessanti, per la maggior parte aneutroniche:
Reazioni dell'3He
3He + 3He → 4He + 2 p
D + 3He → 4He (3,6 MeV) + p (14,7 MeV)
T + 3He → 4He (0,5 MeV) + n (1,9 MeV) + p (11,9 MeV) (51%)
T + 3He → 4He (4,8 MeV) + D (9,5 MeV) (43%)
T + 3He → 5He (2,4 MeV) + p (11,9 MeV) (6%)
Reazioni del 6Li
p + 6Li → 4He (1,7 MeV) + 3He (2,3 MeV)
D + 6Li → 2 4He (22,4 MeV)
3He + 6Li → 24He + p (16,9 MeV)
Reazioni del 11B
p + 11B → 3 4He (8,7 MeV)
Molte reazioni sono parte di processi a catena. Per esempio, da T ed 3He si produce D che, a sua volta, può prendere parte alla reazione D + 3He.
Le reazioni aneutroniche più studiate sono T + 3He e D + 6Li: quest'ultima è utilizzata nelle bombe termonucleari a fusione. E' necessario, però, precisare che anche le reazioni aneutroniche non avvengono totalmente senza l'emissione di neutroni. Reazioni secondarie, infatti, ne generano come una sorta di effetto collaterale.
La reazione più studiata per scopi pacifici in laboratorio è la reazione deuterio trizio, due isotopi dell'idrogeno (D è il simbolo internazionale per 2H e T per 3H). Questa reazione è quella che richiede energia di attivazione più bassa e quindi più facile da ottenere in laboratorio. In compenso, però, questa reazione produce anche neutroni ad alta energia (14,1 MeV) che, essendo privi di carica, non possono essere confinati in un campo magnetico e necessitano quindi di un'apposita schermatura come il cemento armato. Inoltre, i neutroni ad alta energia tendono ad attivare i metalli nelle vicinanze: questo è proprio uno dei principali problemi che gli ingegneri devono affrontare nella realizzazione di un reattore a fusione. Allo stesso tempo, però, i neutroni potrebbero essere una fonte per la produzione di calore nelle pareti della macchina.
Alcuni studi sono tesi ad analizzare la reazione deuterio - deuterio (D - D), la quale 1 caso su 2 produce elettroni con energia di circa 2,5 MeV, nettamente più bassa rispetto alla precedente di 14,1 MeV. Tuttavia l'energia di attivazione è decisamente più alta rispetto alle reazioni D-T.
Per approfondire l’argomento, si prega di continuare la lettura su questa pagina.
Sitografia

http://knightstrife.altervista.org/Pagine/Fusione_Nucleare.htm
http://www.fmboschetto.it/lavori_studenti/La%20Fusione%20Nucleare.pdf
http://amslaurea.unibo.it/4123/1/ceccacci_silvia_tesi.pdf
http://knightstrife.altervista.org/Pagine/Fusione_Fredda.htm
https://it.wikipedia.org/wiki/Fusione_nucleare
http://ebook.scuola.zanichelli.it/concettimodelli/parte-b/le-particelle-dell-atomo/fissione-e-fusione-nucleare#151#last
http://www.lescienze.it/news/2014/10/18/news/fusione_nucleare_guadagno_positivo-2010197/
http://www.fmboschetto.it/didattica/pdf/Tokamak.pdf
http://knightstrife.altervista.org/Pagine/Descrizioni.htm
http://knightstrife.altervista.org/Pagine/Forze.htm
L'amaldi per i lcei scientifici.blu di Ugo Amaldi, casa editrice Zanichelli