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Al di là dello scoprire indizi della presenza di  titanici "aspirapolveri cosmici" disseminati nei cieli, è ovvio che agli  astrofisici interessa soprattutto capire quale origine essi hanno avuto e come mai, mentre alcune stelle si sono evolute in modo da diffondere attorno a sé luce e calore, i buchi neri al contrario assorbono ogni cosa al proprio interno.

Ora, se già figurarsi come faccia ad esistere qualcosa del genere non è facile per nessuno, dovrebbe essere intuitivo rendersi contodelle difficoltà incontrate per collocare le stelle di Schwarzschild nel contesto delle moderne teorie sull'evoluzione stellare. Siccome però gli astrofisici non si fanno spaventare neppure dalle imprese più ardue, trovandosi di solito a ragionare sulla natura di oggetti (stelle, galassie, quasar...) totalmente estranei  alla nostra esperienza quotidiana, non parrà strano che anche tale ricerca sia stata alla fine condotta felicemente in porto. Oggi, infatti, tutti i fisici del mondo sono d'accordo sul fatto che buchi neri come quello annidato nel sistema binario di  Cygnus X-1  rappresentino l'ultimo stadio della vecchiaia di una stella assai più massiccia del nostro Sole.

Questo ci offre l'estro per discutere brevemente dell'evoluzione delle stelle. Per esse si può parlare a buon diritto di "ciclo vitale", come per gli esseri viventi terrestri, poiché anch'esse NASCONO, SI SVILUPPANO e infine MUOIONO. Che nascano da un disco di polvere cosmica che comincia a contrarsi per forza di gravità e a ruotare su se' stesso, è abbastanza chiaro a tutti; meno note sono le fasi del "curriculum vitae" di un astro dopo che questo ha  cominciato a brillare. Procediamo allora con ordine.

Anzitutto, sappiamo che una stella come le tante (fino a seimila, se abbiamo gli occhi buoni!) che si possono scorgere in una notte tersa, lontano dall'inquinamento luminoso delle nostre metropoli, funziona come un'immensa Bomba H; come propose per la prima  volta il fisico tedesco Hans Bethe (1906-2005), in essa  due  nuclei d'idrogeno (cioè due protoni) si fondono per dar vita ad un  nuovo nucleo, quello del deuterio, che oltre che un protone contiene anche un neutrone (è quello che si dice un ISOTOPO dell'idrogeno). Esso si fonde poi con un altro protone, dando vita ad un isotopo instabile dell'elio noto come elio-3, che nel nucleo ha due protoni e un neutrone. Infine, due nuclei di elio-3 si fondono  tra  di loro formando un nucleo di elio-4 (stabile) e due protoni, i quali riprendono la reazione dall'inizio.  Si parla di "ciclo dell'idrogeno", che avviene a temperature di 10-20 milioni di gradi, il "clima" consueto nei nuclei delle stelle. Perché ad una temperatura tanto elevata? A causa del fatto che, per dar vita a reazioni nucleari, i nuclei devono avvicinarsi fino a distanze dell'ordine delle loro dimensioni, cioè circa 10-15 metri. Ma essi sono caricati entrambi positivamente, e quindi subiscono la repulsione coulombiana. Per riuscire ad avvicinarsi così tanto gli uni agli altri, devono possedere un'elevatissima energia di agitazione termica, quale possono avere solo a temperature di milioni di gradi. Nel corso di questo spettacolare ciclo, una parte della materia si trasforma in energia in base all'equazione E = m c2, e quest'energia in parte scalda la stella, mantenendola alla temperatura necessaria perché le reazioni di fusione nucleare possano autosostentarsi, ed in parte si propaga nello spazio, ri-scaldando le superfici di eventuali pianeti, e permettendo su di esse, così come sulla madre Terra, il fiorire della vita.

 Reazione di fusione nucleare

Fig. 10   La fusione degli isotopi dell'idrogeno a formare elio, reazione che assicura il funzionamento delle stelle simili al nostro Sole.

 

Ma allora, se le cose stanno così, perché la ciclopica "bomba all'idrogeno" nascosta nel cuore delle stelle non esplode, facendole saltare per aria come fuochi d'artificio? Ciò non accade grazie ad un perfetto e delicato equilibrio tra l'emissione energetica delle reazioni nucleari che avvengono nel nucleo ed il peso degli strati gassosi sovrastanti. La pressione di radiazione generata dalla fusione nucleare "sorregge" cioè il gas che costituisce il corpo del nostro astro, impedendogli di collassare verso il centro sotto la potente azione della forza gravitazionale, esattamente come i gas sviluppati all'interno di un soufflé durante la cottura sono in grado di sostenere gli strati di pasta al di sopra, impedendo al manicaretto di sgonfiarsi.

Finché questo bilancio è in pareggio, perciò, la stella funziona normalmente, e questo stato di cose dura fino a che vi è a disposizione combustibile, cioè idrogeno, per le reazioni nucleari. Ogni secondo che passa, nel nucleo del sole un miliardo di tonnellate di materia si trasforma in energia pura; tuttavia, siccome la massa solare supera i due miliardi di miliardi di miliardi di tonnellate, vi sarà abbastanza combustibile per oltre cento milioni di miliardi di secondi, cioè per dieci miliardi di anni, dei quali cinque sono già trascorsi. Questa è la vita media di una stella la cui massa è circa pari a quella del Sole, cioè della grande maggioranza delle stelle presenti nell'universo.

In gergo astrofisico si dice che, finchè dentro una stella funziona il "metabolismo" ora descritto, essa brucia la sua riserva d'idrogeno e rimane nella cosiddetta sequenza principale di Hertzsprung-Russell. Infatti, nel  1913  un  astronomo olandese, Enjar Hertzsprung (1873-1967), ed uno statunitense, Henry Norris Russell (1877-1957), ebbero indipendentemente l'uno dall'altro la geniale idea di costruire un grafico nel quale disporre  tutte  le  stelle conosciute, ponendo in ascisse la loro temperatura superficiale e in ordinate la loro luminosità relativa al Sole. Tale diagramma è perciò detto "di Hertzsprung-Russell" o, più brevemente, diagramma H-R. Come si vede in figura 11, la maggior parte delle stelle a noi note si raggruppa in una ben precisa regione del diagramma H-R, la striscia diagonale che va da in alto a sinistra fino in basso a destra. Tale regione è detta per l'appunto  SEQUENZA PRINCIPALE, ed il Sole ne occupa circa il centro, a rimarcare il fatto che noi uomini non godiamo di nessuna posizione privilegiata nell' universo sidereo. Le stelle della sequenza principale  si  trovano nella fase più "tranquilla" e stabile della loro  vita;  più  esse sono calde, e più risultano luminose. Al di fuori di questa striscia si trovano solo, in basso a sinistra, le "nane bianche", delle stelle estremamente calde ma poco luminose, e quindi più piccole di quelle di sequenza principale alla stessa temperatura; e, in alto a destra, le "giganti rosse", stelle fredde (circa 3.000 gradi) ma molto più luminose di quelle di ugual temperatura della sequenza principale, e quindi più grandi (perché dotate di una superficie irradiante più estesa): il loro diametro, come nel caso di Antares nella costellazione dello Scorpione,  può  arrivare  ai 300 milioni di chilometri, 200 volte superiore a quello del Sole, e pari a quello dell'orbita terrestre!

 Diagramma di Hertzsprung-Russell (vedi testo)

 Fig. 11   Diagramma di Hertzsprung-Russell (vedi testo).

 

Finché l'astro ha ancora al proprio interno idrogeno da ardere, resta nella sequenza principale di H-R, e tutto va bene. Quando però l'idrogeno comincia a scarseggiare, il ciclo dell'idrogeno si attenua, la gravità prevale sulla pressione radiativa e la  stella si CONTRAE, uscendo dalla "zona di tranquillità". A questo punto, il suo destino è determinato unicamente dalla sua massa. Se questa risulta inferiore a circa mezza massa solare, l'aumento di  temperatura delle regioni centrali, dovuta all'aumento di DENSITA',  si rivela insufficiente ad innescare nuovi processi di fusione, e la stella si spegne lentamente, come la brace nel focolare; la sua carcassa, ormai invisibile, contribuisce a formare la "materia oscura" presente nel cosmo (si parla di "nana nera").

Se invece la massa della stella era inizialmente dell'ordine di quella del Sole, il riscaldamento del nucleo conseguente alla contrazione riesce ad innescare nuove reazioni nucleari, che cominciano a consumare il prodotto delle precedenti, e cioè l'ELIO; tali reazioni spezzano l'equilibrio preesistente. Avvenendo infatti a circa 100 milioni di gradi, esse producono una quantità assai maggiore di energia radiante, che prevale sulla pressione gravitazionale, per cui la stella torna ad ESPANDERSI, divenendo per l' appunto una gigante rossa. Si ritiene che il Sole, verso la fine della sua esistenza, si gonfierà bruciando ed inglobando i pianeti interni, Terra compresa. Tuttavia, quando sarà consumato interamente pure l'elio, la massa non sarà sufficiente ad innescare nuove reazioni, il peso degli strati superiori tornerà a prevalere, ed il Sole subirà un definitivo collasso, riducendosi allo stadio di nana bianca. La massa del Sole risulterà concentrata in un volume pari a quello della Terra (più di un milione di volte più piccolo del suo), e perciò la nana bianca avrà una densità enorme: un centimetro cubo della sua materia peserà diverse tonnellate, perché in tale stato gli atomi saranno tutti schiacciati l'uno contro l'altro dal peso della materia sovrastante, e gli elettroni ruoteranno praticamente a ridosso del nucleo. Eppure, questo tipo di materia ha ancora le caratteristiche di un gas; siccome gli elettroni sono liberi di muoversi da un atomo all'altro, come accade nei metalli, si parla appunto di "gas metallico". In assenza di altre reazioni al suo interno, la stellina si  raffredderà, "sgonfiandosi" a poco a poco, e continuando a vegetare per miliardi  di anni, mantenendo in orbita i pianeti, ridotti ad inutili gusci gelidi e senza vita. Tale è il destino che attende il nostro Sole.

Discorso diverso va fatto per stelle più massicce, che superano le cinque masse solari. Tutte le volte che il combustibile nucleare che le ha alimentate fino ad un dato momento è prossimo ad esaurirsi, esse subiscono una nuova contrazione, che riscalda ancor di più il loro nocciolo. Si innescano così reazioni di fusione più complesse, che utilizzano gli elementi sintetizzati durante le fasi precedenti, ma che si protraggono per un tempo minore. Queste successive contrazioni e riassestamenti si ripetono più e più volte durante la vecchiaia delle stelle pesanti. Tanto maggiore era la  massa  iniziale dell'astro, tanto più numerosi sono i cicli di fusione che essa realizza al proprio interno; la stella continua a variare la luminosità su brevi periodi, e ci appare come una stella VARIABILE: le Cefeidi ne sono un tipico esempio.

Il primo elemento a fondere è l'elio, che da' vita al carbonio, la cui fusione avviene a circa  100 milioni di gradi, formando anche berillio. Esaurito l'elio, quando il successivo collasso dell' astro porta la temperatura del suo nucleo attorno agli 800 milioni di gradi, scatta un nuovo ciclo, che forma ossigeno, coinvolgendo anche nuclei di neon, sodio e magnesio. Il successivo ciclo, attorno ai 2 miliardi di gradi, fonde ossigeno per produrre principalmente silicio; e a temperature  addirittura  superiori ai 3 miliardi di gradi, se la massa iniziale era sufficiente, si arriva anche a fucinare quest'ultimo elemento per produrre ferro. A questo punto, finalmente, la catena nucleare si arresta, qualunque fosse la massa iniziale dell'astro, perché è impossibile innescare spontaneamente la fusione del ferro. Anzi, i fotoni che bombardano gli elementi così prodotti ex novo sono talmente energetici, da dissociarli in nuclei più leggeri (si parla di  fotodisintegrazione). Se si potesse sezionare una stella inizialmente  10 volte più pesante del Sole, quando essa è arrivata nello stadio più tardivo della sua esistenza, la vedremmo costituita  da gusci concentrici, ognuno dei quali contiene prevalentemente gli elementi ora elencati, dall'idrogeno incombusto della corteccia esterna fino al ferro del piccolo nucleolo centrale. Ovviamente la temperatura dei gusci aumenta procedendo verso l'interno, e questo è naturale, per chi abbia solo un'infarinatura di fisica. Infatti, come già detto, le reazioni di fusione sono ostacolate dalla repulsione coulombiana in atto tra i nuclei atomici; e siccome tale repulsione aumenta al crescere del prodotto delle cariche dei nuclei reagenti (per via della legge di Coulomb, F = k Q1 Q2 / r2 ), per ottenere la fusione di elementi pesanti occorre attribuire ad essi un'energia termica enorme, cioè una temperatura che, con un divertente gioco di parole, possiamo a buon diritto definire... astronomica!!

Fig. 12   Se si potesse idealmente sezionare un astro la cui massa è 10 volte superiore a quella del Sole, durante una delle fasi più avanzate della sua evoluzione, essa ci apparirebbe strutturata sotto forma  di gusci  concentrici, all'interno  dei  quali  sono in corso reazioni  sempre più complesse  ed  energetiche. La maggior parte del volume dell'astro sarebbe costituita dai suoi  strati superficiali espansi, fino a formare una sfera gigantesca del diametro di circa 1.500 milioni di chilometri (superiore a quello  dell'orbita di Giove). Il nucleo centrale sarebbe invece di ferro, nuclearmente inerte.