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San Dionigi - Sant'Eugenio - San Mauro - Monsignor Alfonso Beretta - Don Mario Manfrin


SAN DIONIGI

"Santo lonatese" non significa che qualcuno dei miei concittadini è stato elevato agli onori degli altari (almeno non finora!), ma che la devozione per il santo di cui ora vi parlerò è molto sentita nel mio paese, se non altro perchè il suo corpo riposa nella nostra Chiesa Parrocchiale. Naturalmente il primo della lista è il copatrono San Fortunato, al quale ho dedicato una pagina apposita. Tuttavia San Fortunato non è l'unico santo "lonatese": impossibile, infatti, non citare anche San Dionigi, cui è dedicata la statua che si innalza nella piazza principale del paese, a proposito della quale potrete saperne di più cliccando qui. Ed ecco una breve biografia di San Dionigi.

Divo Dionisio, a san Dionigi: così è intitolata la statua che sta in piazza; la scritta è sopra il piedistallo, sul cuscino sottostante la figura. Ma chi era san Dionigi?

La statua di San Dionigi in piazza Sant'Ambrogio (foto dell'autore di questo sito)

Fu vescovo di Milano, probabilmente dall'anno 351. Nel 355 partecipò a Milano (allora una delle capitali dell'impero romano) a uno dei tanti concili filoariani promossi dall'imperatore Costanzo. Il concilio fu manovrato da vescovi filoariani, che tennero lontano dall'aula conciliare Eusebio di Vercelli, deciso sostenitore del credo niceno: a Nicea, sede del primo concilio ecumenico, si affermò che il Figlio, seconda persona della Trinità, è consustanziale al Padre. Ario invece sosteneva che soltanto il Padre è veramente Dio, mentre il Figlio è una creatura adottata come Figlio da Dio.

Nel concilio di Milano i filoariani proposero e imposero la condanna di Atanasio, vescovo di Alessandria d'Egitto, paladino del credo niceno. Siccome Eusebio di Vercelli, Lucifero di Cagliari e Dionigi di Milano non firmarono la condanna di Atanasio, vennero mandati in esilio in Oriente. Al posto di Dionigi misero come vescovo di Milano l'ariano Aussenzio. Non risulta con precisione ove Dionigi trascorse l'esilio (si parla di Cappadocia o di Armenia) e quanti anni durò. Quando nel 362 il neoimperatore Giuliano permise ai vescovi esiliati di tornare alle loro sedi, come fecero Eusebio e Lucifero, Dionigi non rientrò a Milano: presumibilmente era già morto a quella data. La sua sofferenza di esiliato a causa della fede gli valse il titolo di Santo. Ad Aussenzio subentrò poi Sant'Ambrogio.

Le sue reliquie vennero portate a Milano dopo l'episcopato di sant'Ambrogio, nel secolo V, ma a Milano fuori Porta Orientate gia esisteva nel IV secolo un sepolcro onorario (senza resti mortali) alla memoria di Dionigi, divenuto poi la chiesa in cui si venerarono le reliquie del Santo un volta recuperate dall'Oriente.

Da molti secoli la liturgia ambrosiana venera san Dionigi il 25 maggio.

Questo è quanto si sa di San Dionigi. Non mi inoltro in ulteriori discussioni circa l'attribuzione o meno della statua a San Dionigi oppure a Sant'Ambrogio, oppure al suo stato di conservazione, discussioni cui accennavo nella pagina della storia recente di Lonate; meglio passare a parlare brevemente della statua in sé e dei motivi della sua erezione.

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Il monumento di San Dionigi è stato restaurato nel corso del 2007 ed inaugurato ufficialmente il 7 dicembre 2007. Questo monumento si compone di due parallelepipedi di granito, che portano in cima la statua. Il santo, con le braccia monche prima del restauro, in origine impugnava nella sinistra un pastorale di ferro come documentano le vecchie foto, e con la destra probabilmente tracciava un gesto di benedizione. La lastra e il cuscino quadrangolari che stanno sotto la statua recano incise la data 1722 e il nome del vescovo, in latino: « divo Dionisio ». Altre scritte in latino si leggono sugli altri tre lati del cuscino, tutte inneggianti alla croce. E una croce in rilievo compare anche su ciascuna delle quattro facce del basamento.

A Lonate c'e un altro monumento, con basamento identico per forma, misure e materiale, e con identiche croci in rilievo. Oggi sta nel chiostrino di Sant'Ambrogio, ma e noto come la colonna di San Nazaro perchè una volta stava presso la chiesa omonima. La sua statua, piccola e posta in cima a una colonna, rappresenta san Giovanni Battista bambino nell'atto di reggere una croce. Entrambi i monumenti figurano nella planimetria catastale di Lonate del 1722. Perché a Lonate esistono questi due monumenti, in buona parte uguali, così ricchi di riferimenti alla croce? È una domanda che rimaneva irrisolta da tempo. La risposta si è trovata di recente in un elenco delle Compagnie della Santa Croce, stampato a Milano nel 1728. Vi figurano le 80 compagnie, dette anche semplicemente Croci, allora presenti in diocesi di Milano al di fuori della città, e tra esse - citiamo testualmente - "le due Croci di Lonate Pozzolo, erette l'anno 1721": istituite dunque pochi mesi prima della costruzione del monumento (vedi un'altra pagina di questo sito).

A volere le Compagnie della Santa Croce era stato san Carlo al tempo della peste del 1576, con riferimento prioritario alla città di Milano. Furono poi raccomandate dai suoi successori. Così di Croci ne sorsero in diverse località durante il Seicento e, come lo stampato insegna, ancora net primo Settecento, quando ne sorsero, oltre che a Lonate, nelle pievi di Busto Arsizio, di Cantù e di Trezzo sull'Adda. Tutte queste compagnie, come il nome suggerisce, avevano una particolare venerazione della Croce, ponevano i loro monumenti sulle piazze e nelle contrade, miravano net contempo a recuperare la memoria (generalmente con una statua) dei primi vescovi di Milano. E, come si è detto, san Dionigi era uno di questi.

Le Compagnie della Santa Croce dovevano avere un alto numero di associati, ma furono soppresse dovunque insieme con molte altre confraternite nel clima illuministico di fine Settecento. A Lonate le due compagnie lasciarono, però, un'eredità: la festa delta Santa Croce, fino a pochi decenni fa la più grande festa del paese dopo la patronale di Sant'Ambrogio.

Cessata la confraternita, si perse gradualmente la memoria dell'origine della statua, ed il monumento si ridusse a un segnacolo viario e ad un punto di ritrovo delta gente. Nel primo Novecento i lonatesi d'in sü, probabilmente continuando un comportamento dei loro padri, usavano d'estate passare le serate festive in conversazioni vivaci presso il monumento, alcuni sedendo sui gradini dello stesso, mentre i bambini giocavano intorno, numerosi e chiassosi.

Esposta per molti decenni alla pioggia e al vento, danneggiata negli ultimi anni dallo smog del traffico, la statua necessitava sicuramente di un restauro di tipo conservativo, che venne iniziato nel luglio 2005 ed eseguito in due tempi: prima si è fatto il restauro del basamento e della statua, poi la sistemazione dell'area di rispetto. La statua ha potuto recuperare il pastorale che era stato conservato nei depositi della chiesa, ma non ha recuperato la mano benedicente, dato il carattere puramente conservativo del restauro. Intorno al basamento sono stati posti due gradini contro i tre esistenti in origine, e nello spazio inizialmente occupato da un'aiuola fiorita con recinzione di colonnine e catene si è distesa la pavimentazione in lastre di pietra, che è stata preferita all'acciottolato proposto dai promotori della petizione popolare. Così anche San Dionigi è salvo, da consegnare insieme con la sua variegata storia alle nuove generazioni.


SANT'EUGENIO

Sant'Eugenio è il patrono di Tornavento, festeggiato ufficialmente il 30 dicembre, ma per ovvi motivi ricordato all'inizio di settembre. II primo cenno del "liber chronicus" di Tornavento (iniziato da don Antonio Loaldi subito dopo l' elevazione di Tornavento a parrocchia autonoma) alla festa in onore di Sant'Eugenio si riferisce all'anno 1904; la statua in legno che vediamo riprodotta qui a fianco fu donata da Ines Parravicino, e a benedirla solennemente fu don Riboni nel giorno del suo ingresso nella parrocchia di Tornavento, il 24 luglio 1910. Non si sa chi la ha realizzata.

Sulla figura di questo santo non abbiamo quasi nessuna notizia certa. Da uno storico medievale della diocesi di Milano sappiamo che si trattava di un vescovo venuto in Italia al seguito di Carlo Magno, di cui era anche padre spirituale. A lui veniva attribuito il merito di aver difeso, durante un concilio a Roma, il Rito ambrosiano, contro i tentativi di abolirlo fatti da papa Adriano I e dallo stesso Carlo Magno.

II culto di sant'Eugenio oggi è considerato ufficialmente un culto locale della diocesi di Milano, dove la memoria liturgica è fissata il 30 dicembre, giorno in cui il suo corpo venne riesumato e traslato nella chiesa di Sant'Eustorgio, a Milano.

Scrive don Antonio Rimoldi, storico dei nostri seminari: « Nessun vescovo di nome Eugenio si trova nella lista dei vescovi di Milano. È plausibile quindi l'ipotesi che si tratti di un vescovo legato a Milano, ma avente la sede episcopale altrove. Passando per Milano, prima di rientrare nella sua sede, Eugenio, in seguito alle preghiere del clero e dei maggiorenti della città, accetto di restarvi per un po' di tempo. Nel frattempo, il vescovo morì. I milanesi, successivamente, ne avrebbero perso la memoria, che però fu rinnovata da un miracolo operato dal santo a favore di una donna inferma cui chiese di adoperarsi affinché lo trasportassero dal sepolcro negletto alla vicina chiesa di Sant'Eustorgio. E così si cominciò a celebrarne ogni anno la festa. Al di là di queste tradizioni difficilmente dimostrabili si può soltanto dire che si tratta di un santo venerato con culto locale, di cui non si sa l'epoca in cui visse. »

Sant'Eugenio rientra dunque nella schiera di tanti santi circondati da un alone di tradizione, difficilmente identificabile storicamente. Questo non toglie nulla al culto che la Chiesa ha sempre avuto verso queste figure. L'essere stato Vescovo ci ricorda che Gesù ha voluto affidare la sua Chiesa a pastori che ne continuassero la sua opera. In Sant'Eugenio ci è chiesto di amare la Chiesa e i suoi Pastori, di cogliere nei Vescovi un segno prezioso dell'Amore del Padre, del desiderio di Dio di guidare e accompagnare i cristiani verso il suo Regno.

don Franco Quadri

 


SAN MAURO

In via Matteotti, che congiunge Lonate a Busto Arsizio, nel territorio dell'antica Contrada di Mara (vedi), si eleva infatti un'antica cappellina dedicata a San Mauro abate. Ul gisiö da san Mául, in cuntráä da Márä (ora via Matteotti) si trovava un tempo ai margini dell'abitato, sulla strada campestre che conduceva a Busto Arsizio e a Magnago. Un racconto semileggendario, riferito dalle nostre nonne ancora a metà del Novecento (la mia fonte è stata il signor Andrea Zaro), narra che nel Settecento sul posto già esisteva, in adiacenza alla carrareccia, una stele in sasso su cui era effigiato il santo, con la scritta: "San Mauro, prega per noi". La prima, piccola chiesa sarebbe stata edificata a spese di un ricco mercante di Busto Arsizio che un giorno tornava dal novarese sul suo calesse. Giunto in piazza San Nazaro, il cavallo improvvisamente si imbizzarrì, e dopo aver San Mauro abate percorso la contrada di Mara di corsa, il calesse andò ad urtare la stele, andando in pezzi. II mercante venne sbalzato a terra e fu trascinato sulla strada per una decina di metri, poiché era rimasto intrappolato nelle redini del cavallo. Soccorso dagli abitanti della contrada, egli constatò di aver riportato solo lievi contusioni e riuscì ad arrivare a casa suo. Alcuni giorni dopo il mercante tornò a Lonate e, convinto di essere stato salvato dall'intervento diretto del Santo (San Mauro, tra l'altro, è invocato contro le fratture e le escoriazioni), con l'aiuto dei contradaioli decise di sostituire alla stele una chiesetta. II racconto rientrare tra gli "üsémpi" narrati un tempo davanti al focolare nelle lunghe serate invernali, testimonia l'affetto che gli abitanti della contrada portavano, e ancora portano, alla chiesetta di San Mauro.

La chiesetta venne abbattuta negli ultimi anni dell'Ottocento, al momento della costruzione delta strada provinciale per Busto, e fu ricostruita nel 1903 (come attesta un graffito all'interno) dal muratore Felice Rostoni, su terreno donato da Lorenzo Casiraghi e Domenico Arbini. Venne decorata dapprima da Francesco Vizzolini e poi, nel 1960, da Mario Vizzolini. Davanti alla chiesetta ancora oggi esiste una "vedovella", la pumpétä dalla quale, prima che si diffondessero nelle case i frigoriferi, i ragazzi venivano mandati dai nonni ad attingere acqua fresca nei giorni più caldi dell'estate. Con il contributo di diversi abitanti della contrada, nel 1978 furono rifatti il pavimento e il portale in ferro, mentre gli interventi più importanti sono del 1986: nuovo altare, impianto elettrico, decorazioni e il nuovo dipinto del santo, il primo tra i "mercanti della neve" del mese di gennaio. Ridotta in pessime condizioni, è stata restaurata nel 1998 ad opera di alcuni volontari, che hanno ricostruito completamente i muri perimetrali fessurati e la pavimentazione: quella odierna ad esagoni bianchi e neri proviene da una chiesa di Gavirate, mentre le beole antistanti provengono da una vecchia scala, della quale si vedono ancora gli alloggiamenti del corrimano. I volontari hanno anche recuperato la decorazione interna; in particolare, a sinistra dell'ingresso, si può ammirare l'affresco realizzato per l'occasione (e riprodotto nel santino qui sopra a destra, stampato in occasione del restauro), nel quale il santo francese, uno tra i primi compagni di San Benedetto, morto nel 584 nell'abbazia di Glanfeuil, è raffigurato mentre salva il compagno Placido dall'annegamento, dopo averlo raggiunto camminando sulle acque.

San Mauro è festeggiato il 15 gennaio, mentre Placido, santo a sua volta, è ricordato il 5 ottobre. Si tratta di santi tipici della tradizione contadina: appartengono dunque ad un mondo che oggi non esiste più, ma non per questo non vale la pena di ricordarli alle nuove generazioni; è infatti anche grazie all'intercessione di San Mauro Abate se io ho superato il Concorso a Cattedre...

Leggi la vita di San Mauro sul sito dei Santi Patroni d'Italia

 

L'esterno della cappellina di San Mauro, così come si presenta oggi

La statua di San Mauro nella cappellina, così come si presenta oggi

Il graffito che attesta la costruzione della cappella ad opera del muratore Felice Rostoni

A sinistra, la cappellina, così come si presenta oggi. A destra in alto, la statua di San Mauro nella cappellina. A destra in basso, il graffito che attesta la costruzione della cappella ad opera del muratore Felice Rostoni (foto dell'autore di questo sito).

 


Monsignor ALFONSO BERETTA (26/12/1911 - 22/5/1998)

Ma queste fulgide figure sono vissute tutte in secoli molto lontani dal nostro. Vale allora la pena di presentare qualche "santo" vissuto in epoca più vicina alla nostra, anche se non sono ancora stati elevati alla gloria degli altari. Ed ecco allora alcuni cenni alla vita di quel Monsignor Beretta che trovate citato nella pagina relativa a San Fortunato. Ecco alcune sue note biografiche.

Monsignor Alfonso Beretta (1911 - 1998)

Sua Ecc. Mons. ALFONSO BERETTA

Vescovo di Hyderabad (India)

Nato a Brugherio (MI) il 26 dicembre 1911, dodicesimo di tredici figli, era un ragazzetto dell'Oratorio Maschile del quale allora era Assistente Ecclesiastico i1 Rev. Don Antonio Tagliabue, poi Parroco di Lonate Pozzolo dal 1939 al 1965. Questo spiega la sua vicinanza alla nostra Parrocchia ed i suoi frequenti soggiorni in essa, anche in età molto avanzata.

Il 29 ottobre 1923 indossa 1'abito clericale ed entra nel Seminario Arcivescovile di S.Pietro Martire a Seveso.. Nel 1928 passa al Seminario delle Missioni (P.I.M.E.).

I1 23 Settembre 1934 celebra la prima S. Messa. Il 25 Agosto 1935 parte come Missionario in India. Dal 1936 al 1939  è destinato a Secunderabad, prima come assistente poi come parroco.

Dal 1939 al 1948 opera nel distretto di Dornacal, e per due anni viene mandato nel campo di concentramento di Deradun a causa della guerra.

Nell'aprile 1948 viene eletto Vicario Capitolare di Mons. Vismara, e finalmente il giorno 8 Aprile 1951 a Brugherio viene consacrato Vescovo di Hyderabad.

L'8 gennaio 1953 fonda la diocesi di Warangal, di cui diventa vescovo; nel 1977 fonderà anche la diocesi di Nalgonda.

Il 30 settembre 1985 viene accettata la sua domanda di dimissioni dall'incarico vescovile. Il 12 marzo 1986 Mons. Thumma Bala sostituisce Mons. Beretta alla guida della Diocesi di Warangal; Mons. Beretta si ritira nella parrocchia di Pendial come coadiutore del Parroco.

Infine, il 22 maggio 1998 Mons. Beretta ritorna al Padre; le esequie sono celebrate domenica 24; il suo corpo riposa nella Cattedrale di Fatimanagar.

Monsignor Beretta, già avanti negli anni, con Giovanni Paolo II

A Monsignor Beretta, vero eroe delle missioni, la rivista "Natanaele", organo ufficiale della Parrocchia di San Bartolomeo in Brughiero, ha dedicato un numero speciale nel mese di giugno 1998, in occasione della morte.

 


Don MARIO MANFRIN (14/7/1921 - 4/4/2005)

Sarebbe impossibile chiudere questa rassegna di "santi" lonatesi senza fare cenno ad un altro "santo" che io ho conosciuto di persona, anche se probabilmente la Chiesa Cattolica non lo innalzerà mai all'onore degli altari. Si tratta di don Mario Manfrin, l'ex parroco di Sant'Antonino Ticino che è stato a lungo mio confessore, che il Signore ha chiamato a sé il 4 aprile 2005, due giorni dopo il piissimo transito del Santo Padre Giovanni Paolo II il Grande, con il quale lo si vede nella foto qui sotto riprodotta, diffusa nella nostra parrocchia dopo la sua morte. A lui però ho preferito dedicare una pagina apposita di questo sito; per leggerla, cliccate qui.

Don Mario Manfrin (14/7/1921 - 4/4/2005) con Karol Wojtyla (18/5/2005 - 2/4/2005)

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Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

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Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiatina alla storia di Lonate Pozzolo; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.


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