« JHS, l'uomo senza codice »: un racconto di Pasqua

di William Riker


Anno 7993. Il mondo è dominato da un'organizzazione perfetta, in cui ognuno ha il suo ruolo ed è programmato fin dal concepimento per esso grazie a tecniche di ingegneria genetica. Le donne non partoriscono più, ma il seme maschile e gli oociti femminili vengono prelevati dal corpo di donatori, trattati geneticamente e poi fatti sviluppare in uteri artificiali. Ogni essere vivente non viene identificato con un nome ma con una sigla, ed alla sua morte il suo DNA viene prelevato e conservato in un apposito computer detto Guardiano della Memoria. La famiglia non esiste più e tutti vengono allevati, educati e cresciuti a spese dello Stato, ai cui vertici c'è il SAT, un robot il quale, costruito per sgravare gli uomini dai loro compiti, ha finito per prendere il sopravvento su di loro e dominarli. La sua dittatura dura ormai da quasi due millenni.

Gli esseri umani sono divisi in due categorie: i Farish, una minoranza di ricchi nobili che abitano in città splendide, vivono in media 300 anni, hanno il monopolio della cultura e collaborano con il SAT al mantenimento dello status quo, e gli Ylot, una maggioranza di poveracci che vivono ai limiti delle città in fatiscenti slum, sono esclusi dall'istruzione e dal potere, vivono in media 50 anni, vengono sterminati da periodiche pestilenze causate dalle radiazioni delle Guerre Antiche che nel III e nel IV millennio hanno sconvolto il Sistema Solare, e sono spesso disabili (tra loro dilagano le deformità, la cecità, ecc...) a causa delle radiazioni che impregnano il pianeta; essi continuano a riprodursi per accoppiamento sessuale, e i Farish li usano spesso come carne da macello per i loro esperimenti, o addirittura come riserva di organi per riparare i danni causati loro dalle radiazioni. Tra di essi si è diffusa una religione, derisa dai Farish, secondo cui l'Anima del Mondo manderà un Mash, un Inviato, per riscattare gli Ylot ed insegnare loro la via della vita; ma, dopo tanti secoli, ogni speranza sembra perduta.

Tuttavia nel villaggio-baraccopoli di Bet-Lam nasce un giorno un bambino da MRYM, una donna che non ha marito e non ha conosciuto alcun uomo. I Farish addetti al controllo di quella comunità catalogano il caso come partenogenesi e prevedono che il bimbo non sopravvivrà, avendo metà del patrimonio genetico, ma tra gli Ylot dilaga la voce che il bambino sia il Mash, che sia figlio dell'Anima del Mondo e che la sua nascita sia stata annunciata dalla grande Supernova del 7992. Il SAT, venuto a conoscenza della cosa, ordina di arrestare madre e figlio ma, quando le guardie arrivano, sia l'una che l'altro sono spariti. Il robot si vendica allora facendo devastare il villaggio ed ordinando l'uccisione di tutti i neonati.

Nello stesso anno e nello stesso giorno dall'utero artificiale della città di Rhum, capitale del Sistema Solare, esce un altro bambino cui è imposto il nome di SAUL0008HS25. Questi è stato geneticamente programmato per far parte degli Alfa, la categoria più evoluta dei Farish, coloro che terranno in mano le leve del potere e faranno parte del Consiglio della Corona del SAT. SAUL0008HS25 cresce nel disprezzo degli Ylot e della loro religione e, una volta cresciuto, viene nominato Ispettore degli Ylot nella regione di Iudah, di cui fa parte Bet-Lam: è il primo gradino del cursus honorum verso un ministero prestigioso.

Anno 8027. Mentre SAUL0008HS25 è procuratore di Iudah, improvvisamente compare alla ribalta il misterioso JHS, Ylot di cui nessuno conosce il passato: carnagione scura, statura bassa, capelli del colore del rame, ed un eloquio tale da trascinare le folle. Egli comincia a predicare agli Ylot la mansuetudine, l'amore verso i propri nemici, la necessità di aiutare chi è più povero, più malato, più solo di noi. Egli perdona i pubblicani che riscuotono le tasse per conto dei Farish e ridona dignità alle ragazze costrette a prostituirsi per guadagnare di che vivere. Ben presto folle immense di storpi, ciechi, sordi, mutilati per causa della lebbra da radiazioni lo circondano, ed egli comincia a compiere miracoli risanando e convertendo chi, disperato, si è dato al crimine. Riesce persino a convertire ZCCHEO, il capo della più potente cosca mafiosa che taglieggiava gli Ylot seminando il terrore in Iudah.

La cosa arriva alle orecchie di SAUL0008HS25, che decide di indagare su questo JHS. Travestitosi da Ylot, si mescola alle folle che osannano il presunto Mash ed ascolta i suoi discorsi, proclamati dall'alto di una grande montagna di rottami di macchine (il "discorso della montagna"). Subito dopo egli moltiplica cinque pani sintetici per sfamare le migliaia di persone presenti. Scosso, il Farish si avvicina a lui che lo fissa come se lo conoscesse e gli dice: "Domani verrò a Salem a trovarti, così avrai le risposte che cerchi."

Salem è la capitale del distretto di Iudah. Il giorno dopo SAUL0008HS25 è qui e sta assistendo all'estrazione del DNA da un giovane Ylot morto a 12 anni a causa delle radiazioni, unico figlio di una madre vedova che si dispera sopra il suo corpo. A un tratto sbuca come dal nulla JHS. "Perchè piangi, donna? Il Guardiano della Memoria può aspettare." Prende la mano del ragazzo e questi subito si alza ed abbraccia la madre. "Idioti, dovete controllare la morte cerebrale dei soggetti prima di portarli qui!" sbraita il procuratore, ma i collaboratori gli spiegano che nel cervello del ragazzo non c'era più attività neurale da ventiquattro ore: nessuno è mai rimasto tanto tempo in questo stato per poi riprendersi. Sempre più scosso, SAUL0008HS25 si volge ad JHS e gli domanda:

"Da quale mondo vieni per possedere una tecnologia così avanzata?"

"In verità, in verità ti dico, il vento soffia dove viole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va: così è di di chiunque è nato dallo Spirito."

"Come può essere questo?" ribatte uno stranito SAUL0008HS25.

"Tu sei uno scienziato di classe alfa dei Farish e non sai queste cose? Se ti ho parlato di cose della terra e tu non credi, come crederai se ti parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo."

Subito dopo JHS se ne va senza aggiungere altro, mentre SAUL0008HS25 resta là con le sue domande senza risposta. Ma il tempo per ottenere risposte è sempre più corto. Infatti il SAT richiama SAUL0008HS25 a Rhum e si fa stilare un rapporto completo delle attività del misterioso predicatore; il rapporto comprende miracolose guarigioni, casi di bilocazione, violazioni del principio di conservazione della massa, e persino voci di una misteriosa trasfigurazione sulla cima della rampa di lancio di missili nell'ormai abbandonato poligono spaziale Tabor. "E' dunque giunto il momento", ringhia il robot con la sua voce metallica. "Sai dove posso rintracciare questo predicatore ed i suoi pericolosi seguaci?"

"Si riuniscono per pregare in un orto di ulivi millenari, risalenti al periodo precedente le Guerre Antiche, poco fuori la città di Salem", risponde il Farish. "Io però non credo che siano pericolosi, poiché parlano di amore, pace e..."

"La pace è pericolosa come la guerra in un sistema come il nostro", lo interrompe il mostro neuroelettronico, "e chi parla come quel JHS mette in dubbio l'assoluta preminenza delle scienze, e con essa tutto il sistema su cui si basa la nostra civiltà. Ma, quanto a te, come premio per  servigi che mi hai reso, ti nomino procuratore del pianeta Marte, destinazione per la quale partirai domani stesso."

È una promozione davvero inaspettata, e SAUL0008HS25 non ci pensa neanche a rifiutarla, dimenticando rapidamente il predicatore Ylot. Nello stesso momento, JHS è a cena con i suoi dodici amici prediletti, cinque uomini e sette donne, di cui tre in carrozzina, due ciechi e gli altri variamente deformi a causa delle radiazioni. Sta pronunciando le parole: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete, questo è il mio sangue", quando fanno irruzione le guardie Farish e lo arrestano, mentre tutti fuggono.

JHS è portato a Rhum e connesso con il computer centrale, ma sorprendentemente esso rileva che il suo DNA è diverso da quello di ogni altro uomo esistente nel Sistema Solare, e non compare nella banca dati. Il SAT se lo fa portare dinanzi legato ed urla: "Il computer dice che tuo padre e tua madre geneticamente non esistono, e che tu spunti fuori come dal nulla, perchè il tuo codice non esiste. Ma non può esserci un uomo senza codice! Chi sei? Parla, o per te è la fine!"

"Il mio regno non è di questo mondo", risponde JHS. "Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Farish; ma il mio regno non è di quaggiù ». Allora un inferocito SAT sbraita: «Dunque tu sei re come me?». Risponde JHS: « Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce. E se tu non fossi una macchina senz'anima, morta come i morti che pretendi di governare, la ascolteresti anche tu."

Il SAT perde il controllo: "Portatelo via e giustiziatelo con il raggio della morte!"

Subito JHS è legato in una struttura a forma di croce e bersagliato con il terribile raggio della morte. Il suo corpo è preso e buttato nel deposito salme. "Prelevategli il codice genetico per inserirlo nel Guardiano della Memoria e così riconoscere altri impostori e sediziosi come lui", ordina il SAT, ma quando lo si va a cercare, il cadavere è sparito in mezzo a migliaia di altri che attendono la cremazione.

Nel frattempo SAUL0008HS25 è partito per Marte, ma la sua nave improvvisamente ha un'avaria: scoppia uno dei reattori ionici di babordo e il procuratore è investito dalle fiamme. Sopra il fragore dell'esplosione ode una voce:

"SAUL0008HS25, perchè mi perseguiti?"

"Chi sei, signore?"

"Sono quel JHS che tu perseguiti. Torna sulla Terra e ti sarà detto ciò che devi fare."

La nave è costretta così a rientrare nell'atmosfera terrestre; durante l'atterraggio di fortuna essa si ribalta ed il procuratore rimane gravemente ferito. Curato, si riprende ma rimane cieco.

"Non possiamo assegnare cariche ministeriali ad un invalido", sanziona il SAT, "perchè egli era stato geneticamente programmato per essere perfetto. Sia dunque esiliato tra gli Ylot!"

E così, un cieco con bastone bianco si aggira ora tra i paesaggi desolati del mondo sconvolto dalle radiazioni, lungi dal mondo asettico e perfetto nel quale era stato allevato. Improvvisamente si scontra con un uomo che non può vedere, che gli pone le mani sugli occhi. Subito gli cadono da essi come delle scaglie e torna a vedere. Scorge così di fronte a sé il volto benevolo di JHS, ma è solo un attimo prima che scompaia.

Subito egli raggiunge i dodici seguaci di JHS, chiamati gli Apostoli, che gli annunciano la risurrezione del Maestro. "Egli è apparso a tutti noi vivo, ci ha mostrato le ferite infertegli dal raggio della morte e ci ha affidato tutti gli uomini, perchè li riportiamo sulla giusta via", spiega il loro capo SH1MON.

"Lo so", risponde colui che era SAUL0008HS25. "È apparso anche a me per ultimo, come ad un aborto."

"Ma tu, tu chi sei?"

"Egli era il procuratore di questa regione, un Farish Alfa, un uomo importante", risponde una donna dei Dodici. "Non è così?"

"Sì, ma quell'uomo è morto", risponde l'ex Farish ed ex cieco. "SAUL0008HS25 non esiste più; d'ora in poi mi chiamerò PAVLUS, il piccolo. E mio compito sarà quello di diffondere tra i fratelli il Verbo di JHS, colui davanti al quale ogni ginocchio deve piegarsi in Cielo, in Terra e negli Inferi. Il SAT si crede immortale, essendo una macchina, ma il Principio di Indeterminazione rode progressivamente il suo cervello positronico, e presto o tardi esso collasserà assieme all'Impero di Rhum. E dove oggi il perfido robot trionfa, un giorno vincerà l'amore senza fine di colui che ha dato la vita per noi. Un nuovo mondo, una nuova Salem discenderà dal Cielo, adorna come una sposa di fronte al suo sposo; e nella futura civiltà dell'amore non ci sarà più né lutto, né lamento, né pianto, perchè il male sarà sconfitto ed Egli sarà con noi. L'ultimo nemico ad essere sconfitto sarà la morte.

Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!. E chi ascolta ripeta: Vieni! Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita. Egli è l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine, il Primo, l'Ultimo e il Vivente.

Maranathà: vieni, Signore JHS!"

FINE

William Riker

Nota dell'autore: questo racconto è ispirato a due fumetti comparsi molti anni or sono sul "Giornalino" delle edizioni San Paolo. Da esso ho tratto anche un vero e proprio romanzo, potete scaricarlo cliccando qui.

"Paulus" (1987, sceneggiatura di Tommaso Mastrandrea, disegni di Gianni de Luca), uno dei fumetti che hanno ispirato questo racconto

"Paulus" (1987, sceneggiatura di Tommaso Mastrandrea, disegni di
Gianni de Luca), uno dei fumetti che hanno ispirato questo racconto

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Merita una menzione questa postilla del Marziano:

Il 29/11/1981 alle 17.45, all’interno di " Domenica In", iniziava una favola musicale realizzata dalla Rai: "W i Re Magi". È la classica storia di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma ambientata nel futuro: infatti i Magi viaggiano a bordo della loro astronave “Cometa” e arrivano sulla Terra; in sella a tre cammelli e guidati dalla loro stessa astronave e da una dolce musica, percorrono il deserto per portare i loro doni al Bambino. Ma lo spietato Erode vuole ucciderlo, scatenando il suo esercito malvagio e i suoi macchinari avveniristici. Una tempesta di sabbia e un popolo di piccoli uomini aiuteranno i Re Magi ad arrivare alla grotta del Bambino. Il cartone è stato curato da Manfredo Manfredi e Aldo Raparelli, le musiche sono di Guido e Maurizio de Angelis. Le sei puntate andarono in onda ogni domenica: il 06/12/1981, il 13/12/1981, il 20/12/1981; il 27/12/1981 e il 03/01/1982; sempre alle 17.45 tranne il 27/12 in cui la puntata iniziò alle 18.00. Il 10/01/1982 alle 16.30 saranno riproposte tutte le puntate insieme. Che ne dite dell'idea? Non ricorda quella del Comandante Riker?

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E ora, la parola a Lord Wilmore con questo suo delizioso raccontino scritto per la Pasqua 2021:

Il cagnolino Tobia

Era un giorno di inizio aprile come tanti altri, e Simone tornava dalla campagna insieme con il suo unico amico, un cagnolino di nome Tobia. Sua moglie Ester era morta da tempo, e i suoi due figli erano lontani, Alessandro arruolato nelle legioni di Roma che combattevano in Cappadocia contro le scorrerie dei Parti, e Rufo ad Alessandria d'Egitto a studiare matematica. Ester si era spaccata la schiena di lavoro, per permettere al suo secondogenito di seguire la propria inclinazione per gli studi, e forse per questo se ne era andata prematuramente. A Simone non restava che la compagnia di quel cagnolino dal mantello pezzato che gli scodinzolava intorno facendogli le feste, perchè egli era pur sempre uno straniero, nato in una lontana provincia romana, e gli stranieri non erano ben visti da quelle parti, soprattutto dopo che era scoppiata la ribellione nazionalista degli Zeloti, e i Romani avevano commesso atrocità di ogni genere per reprimerla, arrivando a crocifiggere dei ribelli ancora adolescenti. Anche quel giorno, ricordava Simone, era prevista l'esecuzione di alcuni Zeloti che avevano commesso un omicidio durante un tumulto popolare. Ma Simone non se ne curava di politica, e preferiva pensare ai campi che si era acquistato con tanti anni di duro lavoro.

"Fortuna che ho te come amico a farmi compagnia", pensò, soffermandosi sotto alla quieta ombra di un sicomoro insieme a Tobia, per riprendere un attimo fiato: era ancora un uomo robusto con la pelle bruciata dal sole, nonostante avesse già abbondantemente passato i cinquanta, ma il sole quel giorno aveva dardeggiato spietatamente sulla sua testa denudata dalla calvizie. Fece per bere un po' d'acqua dalla borraccia, quando a sorpresa vide Tobia che apparentemente gli saltava alle caviglie con le fauci spalancate, come se fosse un molosso da guerra e non un animaletto da compagnia.

"Ehi, ma che cosa...?" esclamò, facendo un salto di lato, e fu allora che si rese conto che Tobia si era avventato contro un serpente velenoso che era ormai a due palmi da lui. Subito intervenne ed uccise il serpente con una grossa pietra, ma era troppo tardi.

Tobia era stato morso, e rantolava negli spasimi dell'agonia. Simone non poté far altro che guardare sconsolato il suo unico amico che moriva. Quando non si mosse più, lo raccolse tra le braccia, se lo strinse al petto e poi lo seppellì sotto un rozzo mucchietto di pietre.

"Addio, Tobia", lo salutò Simone, senza riuscire a trattenere le lacrime. Ora era davvero solo.

Fu con gli occhi velati di pianto che riprese il sentiero che lo riportava nella grande città. Appena fu giunto alla Porta dei Giardini, fu quasi investito da una turba vociante: nonostante fosse oppresso dal dolore, non ci mise molto per comprendere che si trattava del corteo che accompagnava gli Zeloti condannati a morte. Strano, però, si disse. Di solito il popolo inveiva contro i Romani crocifissori, considerando i guerriglieri degli eroici patrioti. Stavolta la folla invece inveiva contro i condannati, che arrancavano faticosamente sotto il peso delle loro croci, alle quali di lì a poco sarebbero stati inchiodati. Anzi, inveiva contro uno di essi, coperto di sangue e di ferite, che avanzava a fatica sotto una croce pesantissima, con una specie di corona di spine sulla testa.

"Chi sarà mai quell'uomo, vituperato da tutti e dileggiato tal punto da incoronarlo come se fosse un re da burla?" si domandò sorpreso Simone. Tuttavia, proprio mentre l'uomo passava a poche braccia da lui, egli stramazzò al suolo sotto il peso della propria croce, sotto la quale rimase schiacciato: era stato fustigato con ferocia inaudita e perdeva sangue da ogni parte, era evidente che non ce l'avrebbe fatta a continuare. Una giovane donna si avvicinò e gli asciugò con un lino il viso sfigurato e grondante sangue, ma un soldato romano la cacciò via con violenza. Subito il centurione che guidava il drappello puntò un dito contro Simone, parlando in un greco approssimativo:

"Ehi, tu, sembri un giudeo robusto: vieni subito qui e porta la croce di quest'uomo fin sulla collina!"

Simone avrebbe potuto ribellarsi, rispondere "Perchè proprio io?", scappare via: in quella confusione non ce la avrebbero mai fatta a raggiungerlo. Stava per tagliare la corda, quando incrociò lo sguardo del condannato caduto sotto il supplizio. Non aveva mai visto uno sguardo come quello, più eloquente di mille parole. Egli si mosse, raccolse la croce che era davvero pesante, se la caricò sulle spalle e si avviò verso il Golgota, il luogo delle esecuzioni capitali. Intanto i Romani avevano costretto il condannato a rialzarsi e a riprendere il cammino, sempre insultato dalla folla. Simone sentì che il popolo ora insultava anche lui, perchè aveva osato aiutare quel criminale accusato di chissà quale colpa; ma, sebbene non lo vedesse in faccia perchè avanzava dietro di lui, Simone sentiva il suo sguardo su di sé, e sapeva che per quell'uomo avrebbe trascinato la pesantissima croce fin sulla cima dell'Ararat, il monte più alto della terra, se egli glielo avesse chiesto con gli occhi.

Una volta giunto in cima al Golgota, Simone lasciò cadere la croce al suolo, esausto, e si voltò. Fu allora che incrociò di nuovo gli occhi del condannato, che emanavano una luce che sembrava venire da un altro mondo, e che trasudavano gratitudine quanto le sue ferite trasudavano sangue. Fu un attimo, perchè subito i legionari lo afferrarono e Simone corse via: non aveva nessuna intenzione di restare a godersi lo spettacolo di tre uomini inchiodati a una croce e lasciati agonizzare sotto il sole. Ignorò chi ancora lo insultava per aver aiutato quell'uomo, e corse, corse senza fermarsi, fino ad arrivare alla porta di casa sua, non lontano dalla Piscina di Betzetà. Rimase là, appoggiato all'uscio, spossato dalla corsa e dalla fatica, ma anche incapace di non pensare a quegli occhi fissi su di lui.

Ad un tratto sentì qualcosa che si muoveva accanto ai suoi piedi. Guardò, e per un momento non credette ai propri occhi: "Tobia?"

Il cagnolino dal mantello pezzato era lì, e gli faceva le feste.

"Tobia... ma... ma tu sei morto!" esclamò Simone, prendendolo in braccio e lasciandosi leccare il viso impolverato dal suo unico amico. "Io stesso ti ho seppellito sotto le pietre... e nessuno è mai tornato indietro dalla..."

Si fermò, mentre il cagnetto al contrario non smetteva di fargli le feste. Aveva sentito parlare di un predicatore, un tipo che alcuni dicevano essere il Messia annunciato dai Profeti, al punto da volerlo proclamare Re dei Giudei. Di lui si narravano cose straordnarie, e tra l'altroavrebbe risuscitato il figlio di una vedova e un uomo di Betania chiamato Lazzaro. Possibile che...

Il cielo, fin qui azzurro e soleggiato, cominciava a rabbuiarsi, avvolto dalle spire di nubi scure provenienti dalle montagne di Giuda, che come serpenti si attorcigliavano gettando una pesante coperta di ombra sopra la Città di Davide. Eppure, ora l'animo di Simone era inondato di luce. Una luce più splendente di quella dei bracieri che ardevano perennemente nel Tempio davanti al Santo dei Santi, più splendente di quella del sole, più splendente persino di quella che si sprigionava dal volto del Profeta Mosè, dopo che egli aveva parlato a tu per tu con l'Onnipossente.

Simone di Cirene aveva scoperto la riconoscenza e l'amore.

Lord Wilmore

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Ed ora, ecco un altro breve racconto pasquale che ci ha narrato il Marziano:

Le fascette da Re

Siamo in Palestina, sulla strada per Betlemme, alcuni giorni prima di quel famoso 25 dicembre che ha cambiato la storia umana. Giuseppe e Maria, ormai prossima al parto, passano attraverso un grande mercato. Sentono i venditori magnificare le proprie merci. Passano di fronte ad un mercante di stoffe. Questo si avvicina, vedendo il pancione della Madonna e cerca di venderle degli articoli per neonati (ovviamente di quelli in uso all'epoca), comincia con il dire:

"Donna, compra queste fascette per avvolgerci tuo figlio. Guarda quando sono belle, sono degne di un re!"

Quasi tra sé la Madonna pronuncia un'affermazione che, agli occhi di chi avesse visto la scena, sarebbe sembrata ben strana:

"Mio figlio sarà Re!"

A questo punto il mercante, come trasecolato, prima ammutolisce poi le si rivolge dicendo:

"Donna, te li regalo. Mi raccomando, però, quando sarà re, digli che si ricordi di Tito, detto Disma."

La Madonna rispose: "Non dubitarne!"

Sono passati molti anni. Siamo sul Calvario. Gesù è stato crocifisso in mezzo a due malfattori. Tutti, dagli Anziani del popolo, agli scribi, ai suoi stessi compagni di sventura, lo stanno insultando. Ad un certo punto, uno dei ladroni, quello crocifisso a destra del Redentore, si zittisce. Ha visto quella donna che piangeva ai piedi della Croce del Figlio. Pur stravolto dal dolore, quel volto conserva una bellezza ed una dignità che colpiscono e che, soprattutto, non gli sono nuove. Si chiede rimuginando tra sé:

"Io quella donna la conosco! Ma chi è? Dove l'ho già vista? Non di recente, ma un volto così non si dimentica. Adesso ricordo! Le fascette da Re!"

E subito, rivolgendosi all'uomo crocifisso accanto a lui:

"Signore, sono Tito detto Disma! Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno!"

"In verità ti dico: oggi stesso tu sarai con me in Paradiso."

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(Da "Mio Figlio sarà Re!" di Mons. Giuseppe Pace S.D.B, vita della Madonna, attinta da fonti bibliche, extrabibliche, storiche ed archeologiche, nonché da tradizioni popolari palestinesi)

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Chiudiamo con le parole di Bhrghowidhon:

Di tutti gli augurî pasquali, quelli in greco (Χριστὸς ἀνέστη! Ἀληθῶς ἀνέστη! <Kʰrīstŏ́s ănĕ́stē! Ălētʰõs ănĕ́stē!> “Cristo è risorto! Davvero è risorto!”) sono gli unici che, trasposti in indoeuropeo preistorico, hanno un significato comprensibile per ogni Indoeuropeo preistorico, senza implicare il Cristianesimo e senza, per contro, rendere irriconoscibile il senso cristiano: *Gʱrĭ(h₁)stŏ́s hₐănhₐắ h₁ĕ́-stăh₂t! N̥-lăhₐdʱŏ́ĕts hₐănhₐắ h₁ĕ́-stăh₂t! ‘L’Unto è risorto! Davvero è risorto!’

Poiché il greco è la più antica lingua indoeuropea usata nel Cristianesimo e la retroproiezione (di almeno quattro millenni) in indoeuropeo ricostruito, antenato comune di almeno trecento lingue storiche (molte delle quali sono a loro volta ciascuna un intero diasistema di centinaia di lingue), ha lo stesso significato senza richiedere una previa adesione al Cristianesimo, si può concludere che l’augurio pasquale più ecumenico, al contempo autentico e rispettoso delle diversità di pensiero, sia proprio quello in indoeuropeo ricostruito: *Gʱrĭ(h₁)stŏ́s hₐănhₐắ h₁ĕ́-stăh₂t! N̥-lăhₐdʱŏ́ĕts hₐănhₐắ h₁ĕ́-stăh₂t!


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