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0.2  La grande sintesi di Maxwell


È impossibile comprendere la rivoluzione operata da Einstein senza prima richiamare alcune importanti nozioni di elettromagnetismo. I principi fondamentali di questa vasta teoria furono stabiliti nel corso del secolo XIX dai fondamentali lavori di Charles-Augustin de Coulomb (1736-1806), Hans Christian Oersted (1777-1851), André-Marie Ampère (1775-1836), Joseph Henry (1797-1878) e soprattutto di Michael Faraday (1791-1867). I loro risultati furono poi sintetizzati da Carl Fredrich Gauss (1777-1855) nei seguenti due teoremi, che stabiliscono i primi due principi fondamentali dell'elettromagnetismo:

 

1) Un corpo carico produce nello spazio circostante delle linee di forza elettriche, il cui flusso attraverso una superficie chiusa è pari alla somma delle cariche poste al suo interno divisa per la costante dielettrica.

2) Una corrente elettrica che circola in un conduttore produce delle linee di forza magnetiche attorno al conduttore, il cui flusso attraverso una superficie chiusa è sempre nullo.

 

La prima affermazione è detta Teorema di Gauss del campo elettrico, e matematicamente si può scrivere così:

 

    (0.3)

 

mentre la seconda viene detta anche Teorema di Gauss del campo magnetico:

 

    (0.4)

 

dove la lettera greca Φ indica il flusso attraverso la superficie S. Il primo teorema ha il seguente significato fisico: esiste il monopolo elettrico, cioè la carica elettrica singola, ed essa è sorgente di campo elettrico. Il secondo teorema ci dice invece che il campo magnetico è solenoidale, ovvero che le linee di forza sono sempre chiuse, e NON esiste il monopolo magnetico. Spezzando un magnete in due, infatti, trovo sempre due magneti dotati entrambi di polo Nord e polo Sud.

E' a questo punto che fa irruzione nella storia della scienza il grande fisico e matematico scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879). Negli anni tra il 1860 ed il 1870 egli sviluppò una teoria matematica dell'elettromagnetismo nella quale partì dai due teoremi suddetti, oggi noti come PRIMA e SECONDA EQUAZIONE DI MAXWELL. Egli  propose un modello onnicomprensivo per visualizzare le relazioni esistenti tra le grandezze elettriche e magnetiche osservate sperimentalmente da Faraday e soci. Egli lo descrisse matematicamente attraverso un sistema di equazioni, oggi note come equazioni di Maxwell, dalle quali si possono ottenere tutte le proprietà dei campi elettrici e magnetici. Il lavoro di Maxwell contiene alcune idee completamente nuove e ricche di conseguenze:

 

a) un campo elettrico variabile nel tempo genera un campo magnetico.

b) non solo le correnti nei conduttori producono dei campi attorno ad essi, ma anche i campi elettrici variabili nel vuoto producono dei campi magnetici.

 

Perchè è necessario introdurre la corrente di spostamento?Il genio di Edimburgo ragionò come segue. Sia un circuito contenente un condensatore, come quello illustrato nella figura a fianco; in regime di corrente continua, il circuito risulta ovviamente aperto, cioè non passa alcuna carica elettrica, e la circuitazione del campo elettrico calcolata lungo il percorso chiuso 1 è nulla sia prendendo in considerazione la superficie piana a che quella curva b, essendo nulla la corrente concatenata con le due superfici, cioè la corrente che le "buca" entrambe.

Diverso è il discorso se la corrente i è variabile nel tempo. Infatti in questo caso il circuito dotato di condensatore non è chiuso, e la circuitazione del campo B lungo la linea l è pari, per il teorema della circuitazione di Ampére, al prodotto della corrente i per la permeabilità magnetica del vuoto µ0. Allora, tale circuitazione è pari a zero se si prende in considerazione la superficie b passante fra le armature del condensatore, non "bucata" da alcuna corrente di conduzione, ed è invece pari a µ0 i se si prende in considerazione la superficie a. Questo paradosso può essere risolto solo ammettendo l'esistenza, nello spazio vuoto tra le due armature, di una corrente che non è di conduzione, non essendoci cariche da spostare materialmente, ma che agli effetti del teorema della circuitazione di Ampére è equivalente ad una corrente di conduzione. Maxwell identificò tale corrente con quella che egli chiamò corrente di spostamento. Siccome essa dipende dalla rapidità con cui varia la posizione delle cariche, egli concluse che essa deve essere direttamente proporzionale alla rapidità con la quale varia nel tempo il flusso del campo elettrico attraverso una superficie che ha come contorno il percorso l. E così il grande fisico-matematico attribuì ad essa la seguente espressione:

 

 

Di conseguenza la legge di Ampére sull'induzione magnetica, fino ad ora scritta nella forma C(B) = µ0 i, deve essere così modificata:

 

    (0.5)

 

perché alla corrente di conduzione i va aggiunta quella di spostamento is. Questa non viene più attribuita al solo André-Marie Ampére ma, giustamente, è detta equazione di Ampére-Maxwell. e costituisce la TERZA EQUAZIONE DI MAXWELL.

Certamente questa ipotesi potrà apparire come un escamotage matematico volto a salvaguardare la veridicità del teorema di Ampére; la corrente è sempre stata intesa come un moto di cariche elettriche, siano essi elettroni (nei conduttori), ioni positivi e negativi (nelle soluzioni e nei gas), elettroni e lacune (nei semiconduttori); non si capisce dunque, a prima vista, come la formula che esprime is possa essere definita una corrente. Ad un esame più approfondito, invece, emerge il profondo significato fisico dell'ipotesi di Maxwell: essa ci dice che il campo magnetico che circonda la corrente di spostamento può essere considerato una conseguenza della variazione nel tempo del campo elettrico.

Secondo la teoria elaborata da Maxwell, insomma, i due principi fondamentali dell'elettromagnetismo, che abbiamo già ricordato poco sopra e che erano già stati stabiliti da altri scienziati, dovevano essere integrati da un terzo:

 

3) un campo elettrico variabile nello spazio produce un campo magnetico.

 

E genera B, B genera E!Il vettore B del campo magnetico indotto sta in un piano perpendicolare al vettore E del campo elettrico variabile e l'intensità di B dipende dalla rapidità con cui varia E.

Consideriamo dunque una coppia di conduttori piani collegati a un generatore di corrente, come nella figura a sinistra. Mentre le cariche si avvicinano o si allontanano dai piatti attraverso i conduttori collegati alla corrente, l'intensità E del campo elettrico nello spazio tra i piatti varia nel tempo. Come si è già visto, questo campo elettrico variabile produce un campo magnetico nel quale l'intensità del vettore in un dato istante varia con la distanza dai piatti. Cambiando segno alla carica sulle armature, e quindi il verso del campo elettrico da a) a b), anche le linee di forza del campo magnetico indotto cambiano verso. Questo è il significato fisico della Terza Equazione di Maxwell.

Un'altra proprietà dei campi elettrici e magnetici, già nota prima di Maxwell, acquista un nuovo significato alla luce del suo lavoro, poiché risulta simmetrica alla formulazione, enunciata poc'anzi, del terzo principio:

 

4) un campo magnetico variabile nello spazio produce un campo elettrico.

 

Questo fenomeno di induzione elettromagnetica era stato scoperto sperimentalmente (manco a dirlo!) da Henry e dal solito Faraday, ed infatti la legge matematica che la esprime è nota come equazione di Faraday-Henry:

 

    (0.6)

 

Essa significa che la circuitazione del campo elettrico indotto dal campo magnetico variabile nel tempo è pari alla variazione nel tempo del flusso di tale campo magnetico induttore. Il segno meno indica che la corrente indotta ha segno opposto alla variazione di flusso che la produce, ed è nota come legge di Lenz. Essa rappresenta un caso particolare di una legge universale assai più generale, nota come principio di Le Chatêllier ed esprimibile in questi termini:

quando un sistema fisico viene perturbato, esso evolve nella direzione che tende a minimizzare la perturbazione avvenuta.

Infatti, quando il flusso di B varia nel tempo, viene indotta una corrente elettrica che a sua volta genera un campo magnetico, il cui flusso ( per colpa di quel segno meno) varia in direzione opposta a quella del campo B esterno. In tal modo, se quest'ultimo sta diminuendo la corrente indotta cerca di sostenerlo, mentre se sta aumentarlo cerca di tamponarne la crescita. L'equazione di Faraday-Henry e la legge di Lenz, prese assieme, costituiscono la QUARTA EQUAZIONE DI MAXWELL.

 

A partire dalle quattro equazioni di Maxwell (0.3) + (0.4) + (0.5) + (0.6), è possibile ricavare in ogni punto il valore del campo elettrico e del campo magnetico, a patto di conoscere:

i) la distribuzione delle cariche nello spazio;

ii) la distribuzione delle correnti nei mezzi materiali o nel vuoto.

 

L'insieme completo di relazioni tra i campi elettrici e magnetici proposto da Maxwell non fu subito direttamente verificabile. Egli, però, aveva previsto anche un fenomeno del tutto nuovo, che avrebbe dovuto insorgere per effetto delle reciproche interazioni tra campi elettrici e magnetici variabili. Per capire di cosa si tratta, supponiamo che in una certa regione di spazio ad un certo istante si determini una variazione del campo elettrico, originato, per esempio, da un moto accelerato di cariche elettriche. Nei punti immediatamente vicini si produce allora, per la terza equazione di Maxwell, un campo magnetico anch'esso variabile nel tempo. La variazione del campo magnetico, per la quarta equazione di Maxwell, origina nei punti immediatamente vicini un campo elettrico anch'esso variabile, e così via. Nasce in tal modo una perturbazione elettromagnetica che si propaga nello spazio.

Il fatto che una variazione del campo magnetico in un punto produce un campo elettrico variabile era noto già prima di Maxwell, in quanto era previsto dalla legge di Faraday-Henry; si pensava però che, allorché un campo magnetico bruscamente diminuiva da un valore massimo a zero, altrettanto doveva fare il campo elettrico e il tutto cessava dopo un piccolo intervallo di tempo dall'istante in cui si era annullato il campo magnetico. La novità prevista da Maxwell consiste nel fatto che il campo elettrico ed il campo magnetico generati dalla variazione nel tempo di uno dei due sono in grado di autosostenersi, cioè di propagarsi anche se la variazione iniziale che li ha prodotti è venuta meno!

Se ne conclude che, da una brusca variazione di un campo elettrico o magnetico nel tempo, ha origine la propagazione di un impulso elettromagnetico, cioè di un'ONDA, chiamata per l'appunto onda elettromagnetica.

Il valore della velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto dato dalla (1.3), come vedremo nel paragrafo 1.2, coincide con buona approssimazione con quello della velocità della luce, già noto dalle esperienze di Fizeau e Foucault. Questo fu un risultato clamoroso che mise in evidenza lo straordinario potere unificante delle equazioni di Maxwell. Egli, avendo notato che le onde elettromagnetiche e la luce, oltre ad essere caratterizzate entrambe da vibrazioni trasversali, si propagano con la stessa velocità, avanzò l'ipotesi della natura elettromagnetica della luce, e così l'ottica divenne un capitolo dell'elettromagnetismo. E scusate se è poco.

Prima di proseguire, affrontate il test di ingresso: valuterete se siete pronti o no per iniziare l'avventura nella Teoria della Relatività di Einstein.


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