Qualche
giorno fa ho fatto un sogno: uno strano sogno. Ero in una pinacoteca, così
almeno mi sembrava, ed osservavo una splendida tela a olio, che raffigurava
Sua Santità Giovanni Paolo II, così come appariva in pubblico prima che gli
incidenti e le malattie lo fiaccassero nel fisico ma non nello spirito,
nell'atto di avanzare a grandi passi verso lo spettatore, quasi fosse sul
punto di uscire dal quadro. Il suo volto era gioviale e sorridente, e nella
mano sinistra reggeva un libro aperto su cui era chiaramente leggibile il
motto programmatico del suo pontificato: « Non
abbiate paura: aprite le porte a Cristo! »
Fin
qui, nulla di diverso dalla classica iconografia del Pontefice « chiamato da
un paese lontano », come osò definirsi egli stesso, la sera della sua
elezione. Il primo particolare insolito di quel ritratto consisteva però nel
fatto che, avanzando, il grande papa attraversava un muraglione che andava
letteralmente in pezzi al suo passaggio, sì che egli era visibile proprio
attraverso la breccia da lui stesso aperta nel muro. Non era necessario essere
laureati al Politecnico per riconoscere in esso il muro di Berlino, visto che
era tutto ricoperto di graffiti multicolori, proprio come l'orribile linea
Gotica assurta a simbolo della più che quarantennale guerra fredda, e visto
che in basso a destra era ritratto un omino con addosso l'uniforme dei Vopos,
la famigerata polizia politica della DDR, in una posizione quasi seduta per
terra, come se il passaggio di Wojtyla lo avesse letteralmente scaraventato al
suolo. Siccome quella tragicomica figura si riparava gli occhi ed il volto con
le mani in direzione del vescovo di Roma, essa mi ricordò i soldati romani
messi da Pilato a guardia della tomba di Cristo, ritratti nello stesso
identico atteggiamento in innumerevoli dipinti dedicati al tema della
Risurrezione, sbalzati via ed accecati dal lampo irresistibile della vittoria
di Gesù sulla morte. Le sorprese però non finivano qui: il fucile sfuggito
al poliziotto sembrava quasi piantato in terra sulla sinistra del papa, perché
il suo calcio aveva messo radici, e dalla sua canna spuntavano rami verdi
coperti di gigli bianchissimi. Come se non bastasse, Giovanni Paolo II alzava
verso l'alto il braccio destro, stendendo la mano per arrestare una micidiale
pioggia di missili armati con testate nucleari che stavano per abbattersi sul
pianeta, visibili in alto a sinistra e decorati con bandiere americane,
sovietiche, francesi, inglesi e cinesi (in pratica, le cinque potenze nucleari
che costituiscono i membri permanenti con diritto di veto del Consiglio di
Sicurezza dell'ONU). In alto a destra, infine, l'oscurità del cielo notturno
era spezzata dall'apparizione della Madonna di Fatima dentro un alone di luce,
recante con sé un cartiglio sul quale si potevano distinguere le parole della
celebre profezia consegnata ai tre pastorelli di Cova da Iria: « La Russia si
convertirà ».
A questo punto mi sono svegliato, ho acceso la luce ed ho osservato il calendario dell'Istituto Sant'Antonio di Cassago Brianza che tengo vicino al letto; non ho faticato a scoprire il vero motivo di quell'incredibile sogno. Tra pochi giorni, e precisamente giovedì 16 ottobre 2003, papa Wojtyla aggiunge alla serie impressionante dei primati del suo pontificato anche un record di longevità, dal momento che egli ha tagliato il traguardo dei 26 anni di pontificato. Davvero un traguardo prestigioso, certamente voluto dal Cielo per convincere tutti gli uomini di buona volontà del fatto che egli è veramente l'Uomo di Dio, il novello Elia dei nostri giorni; infatti tale privilegio è stato riservato solamente a due suoi predecessori, uno dei quali è san Pietro, per il quale non ci sono date certe (Cliccate qui se volete sapere qualcosa di più sui pontefici più longevi della storia). E così, stimolato da questa considerazione, nel cuore della notte mi sono messo a ripensare a tutto quanto di magnifico ed irripetibile Egli ha detto e compiuto in questi ultimi cinque lustri, da quella sera di ottobre in cui lo vidi affacciarsi per la prima volta dalla loggia centrale della Basilica vaticana, giovane e forte e determinato a lottare con le armi dell'amore e dell'esempio contro tutti i nemici che insidiavano ed insidiano il futuro dell'umanità. Avevo solo nove anni, ma mi ricordo come se fosse ieri quelle sue prime parole che destarono commozione nel mondo intero: « Se sbaglierò mi corrigerete! » Ed ora voglio rendervi partecipe di quei ricordi, riaffiorati nella mia mente in una notte d'inizio autunno, e che riemergevano nella mia memoria come bolle di grasso alla superficie del brodo, perché li ho vissuti tutti ad uno ad uno, ora come bambino, ora come studente, ora come insegnante, accompagnando con la mia povera preghiera l'opera incessante ed instancabile di colui che ha deciso di spendere tutto sé stesso per l'evangelizzazione dell'umanità dell'era tecnologica.
Primo Papa slavo e primo Papa non italiano dai tempi di Adriano VI (1522-1523), Karol Wojtyla nacque il 18 maggio 1920 a Wadowice, città a 50 Km da Cracovia, da una famiglia di modeste condizioni. Da ragazzo era appassionato di teatro, e recitava egli stesso in una piccola compagnia; purtroppo perse in giovane età entrambi i genitori ed Edmund, l'amato fratello medico. Si iscrisse a lingue e letteratura all'università di Cracovia, interrompendo gli studi a causa della guerra, e laureandosi poi nel 1946 con lode in teologia. Lo stesso anno fu ordinato sacerdote, dopo che aveva sentito la propria vocazione durante gli anni della guerra. In seguito studiò all'Istituto pontificio internazionale di Roma, e poi ancora filosofia all'università di Cracovia. Fu in questi anni che a San Giovanni Rotondo ebbe occasione di incontrare Padre Pio (c'è chi dice che gli abbia profetizzato il pontificato e l'attentato in piazza San Pietro); e fu per intercessione speciale del Santo con le stimmate, che Wojtyla ottenne la guarigione di una sua compatriota, madre di cinque figli, gravemente malata di cancro. Insegnò successivamente etica a Lublino, distinguendosi come uno dei maggiori pensatori polacchi in quel campo.
Nel 1963 fu nominato da Paolo VI arcivescovo di Cracovia e nel 1967 cardinale, impegnandosi con successo contro l'azione repressiva del regime comunista. Partecipò attivamente al Concilio Vaticano II (1962-65), distinguendosi soprattutto nel dibattito sulla libertà religiosa.
Godeva dunque già di grande notorietà e del massimo rispetto quando, a sorpresa, il 16 ottobre 1978 fu eletto Papa all'età di soli 58 anni. Già nel suo discorso di apertura del pontificato, ribadì di voler portare avanti l'esatta esecuzione delle norme del Concilio Vaticano II, vedendo il suo ruolo come quello di un "testimone di un amore universale". « Non abbiate paura: aprite, anzi spalancate le porte a Cristo » fu il suo messaggio programmatico che ancor oggi risuona in tutto il mondo, così come risuonò nel mio sogno metaforico.
Eppure ci fu chi ebbe paura di quest'uomo di Dio e del suo slancio missionario e pacifista. Il 13 maggio 1981, in piazza San Pietro, anniversario della prima apparizione della Madonna di Fatima, il Santo Padre fu ferito gravemente con un colpo di pistola dall'estremista turco Ali Agca. I mandanti dell'attentato non furono mai identificati. Subì poi un'operazione al colon per la rimozione di un tumore benigno (15 giugno 1992), una frattura al collo del femore (28 aprile 1994) e, dal 1995, il morbo di Parkinson che egli ha sempre però combattuto con energia.
Il
metodo preferito dal Papa per diffondere il messaggio evangelico e per
cementare l'unità della chiesa è costituito dalle sue visite pastorali nei
cinque continenti, che in effetti ha visitato nel corso dei suoi 102 viaggi
apostolici, per un
totale di 140 nazioni e 1.163.865 chilometri (tre volte la distanza della
Terra dalla Luna!), cui bisogna aggiungere 143 viaggi in Italia con presenze
in 259 località. Da tanto peregrinare emerge la sua passione per il Vangelo e per la libertà dei popoli:
dovunque folle sterminate, liturgie imponenti, gesti indimenticabili. Già dal
suo primo viaggio a Puebla, in Messico, dal 26 gennaio al 1 febbraio 1979,
emerse il suo particolare feeling con le masse giovanili, specialmente
latinoamericane. Dal 2 al 10 giugno 1979 fu la prima delle sue nove trasferte
in Polonia: per la prima volta un Papa metteva piede al di là della cortina
di ferro. Quando venne eletto, il giornalista Vittorio Citterich commentò: «
Che sia il crollo delle mura di Gerico? » Aveva profeticamente ragione.
Contemporaneamente però iniziava la grande stagione degli incontri ecumenici. Già il 29 novembre 1979 incontrò Dimitrios I, allora patriarca di Costantinopoli, durante il primo viaggio di un Papa in terra turca; più tardi, il 27 giugno 1995, avrebbe incontrato anche il suo successore, il saggio e conciliante Bartolomeo I. Il 27 dicembre 1983 si recò n visita al carcere di Rebibbia ed incontrò il suo feritore, Alì Agca, con il quale ebbe un intenso colloquio privato. Il 19 agosto 1985 incontrò la gioventù musulmana marocchina nello stadio di Casablanca, alla presenza di re Hassan II. Del 13 aprile 1986 è la sua visita alla Sinagoga di Roma, primo Papa della storia ad entrarvi (il 28 ottobre 1992, all'udienza generale del mercoledì, affermò che l'antisemitismo è « un peccato contro Dio e contro l'uomo »). Del 26 ottobre dello stesso anno è invece lo storico incontro di tutti i leader religiosi mondiali ad Assisi, onde pregare per la pace nel mondo, evento poi bissato il 24 gennaio 2002, dopo i tragici attentati contro le Torri Gemelle di New York dell'11 settembre 2001. Il 1 dicembre 1989 incontrò l'allora presidente sovietico Michail Gorbaciov, cercando di aprire una finestra di dialogo con la Russia che venne poi chiusa dall' intransigenza del Patriarcato di Mosca; l'unico in tutto il mondo, insieme al governo cinese, ad aver paura del dialogo con il Vescovo di Roma.
Ma intanto il 9 novembre 1989 il Muro di Berlino cadeva, anche per opera del Papa venuto da un paese lontano: Egli non si limitò ad essere spettatore degli eventi, ne fu protagonista in prima persona, tanto che i lettori del "Corriere della Sera" gli assegnarono il titolo di uomo più importante dell'intero Novecento; ed egli è anche unanimemente riconosciuto come uno dei padri spirituali dell'Unione Europea. Il 21 aprile 1990 mise piede per la prima volta in Cecoslovacchia, ed il neopresidente Vaclav Havel, il primo dell'era post-comunista, accogliendolo all'aeroporto disse: « Io non so cosa sia un miracolo, ma la vostra presenza tra noi è già un miracolo. » Il 5 settembre 1993 fu la volta della Collina delle Croci di Vilnius, in Lituania, simbolo della resistenza cattolica contro la prepotenza marxista; il 12 aprile 1997 mise piede a Sarajevo, città martoriata da una feroce pulizia etnica; il 10 maggio 1997 giunse a Beirut in Libano, per la pace della cui nazione aveva speso infiniti appelli ed accorate invocazioni; il 21 gennaio 1998 sbarcò a Cuba per incontrare Fidel Castro; dal 7 al 9 maggio 1998, in Romania, fu ospite del Patriarca Teoctist; il 5 novembre 1999 arrivò in Georgia, nonostante la fredda accoglienza del capo della chiesa ortodossa locale; dopo una lunghissima attesa, raggiunse finalmente il Monte Sinai (24-26 febbraio 2000) e poi la Terrasanta, dove si trattenne dal 20 al 26 marzo 2000; il 23 giugno 2001 fu in Ucraina, in mezzo ad un vero e proprio ginepraio religioso innescato dal crollo dell'URSS; in Kazakhstan e in Armenia soggiornò dal 22 al 27 settembre 2001, ricordando i 1700 anni di vita della Chiesa Armena; dal 22 al 26 maggio 2002 fu in Azerbaigian e in Bulgaria. A causa delle sue condizioni di salute, e soprattutto dell'ennesimo caparbio rifiuto ad incontrarlo da parte di esponenti della chiesa russa, non ha invece potuto svolgersi lo sperato viaggio in Mongolia, che prevedeva uno scalo nel Tartarstan, in terra russa dunque, per restituire l'icona della Madonna di Khazan e compiere l'ennesimo tentativo di spezzare l'ottusa intransigenza dei cristiani moscoviti.
Com'è
noto, il Papa ha proclamato più santi e beati di tutti i suoi predecessori
del secondo millennio messi assieme. Negli
ultimi quattro secoli, da quando la Chiesa di Roma ha fissato le procedure per
i processi di santità, i 33 papi che hanno preceduto Giovanni Paolo II hanno
canonizzato tutti insieme 296 santi. Lui da solo 476. Più 1319 beati. Più
altri 2000 servi di Dio e venerabili, che sono il primo stadio del cammino
verso gli altari. « Un esercito celeste in travolgente espansione », è
stato scritto. Tra
gli altri, solo per citare i più famosi, canonizzò Massimiliano
Kolbe, martire di
Auschwitz (10 ottobre
1982); Riccardo
Pampuri dei Fatebenefratelli
(1 novembre 1989); l'ebrea suor
Edith Stein (1 ottobre 1998), poi
proclamata compatrona d'Europa; suor Faustina Kowalska (30 aprile
2000), iniziatrice della devozione della Divina Misericordia; Padre Pio da
Pietrelcina (16 giugno 2002), il
cappuccino con le
stimmate;
Josemaria Escrivà de
Balaguer (6 ottobre 2002), fondatore
dell'Opus Dei;
Daniele Comboni
(5 ottobre 2003), eccezionale figura di evangelizzatore dei popoli africani. Beatificò
Piergiorgio Frassati
(20 maggio 1990); Gianna Beretta
Molla (24 aprile
1994); Ceferino
Jimenez Malla (26
maggio 1997), il primo beato di origini Rom; Francisco
e Giacinta Marto
(13 maggio 2000), i veggenti di Fatima;
Pio IX e Giovanni XXIII
(3 settembre 2000); i coniugi
Luigi Beltrame
Quattrocchi e Maria Corsini (20 ottobre 2002), prima coppia di coniugi a
salire all'onore degli altari; don
Giacomo Alberione
(27 aprile 2003), fondatore della famiglia Paolina; Marco
d'Aviano (27 aprile
2003), artefice della sconfitta dei Turchi sotto le mura di Vienna l'11
settembre 1683, che salvò l'Europa dall'invasione musulmana; Madre Teresa
di Calcutta (19 ottobre
2003), la santa degli ultimi; con il motu proprio del 3 ottobre 1982 innalzò agli onori degli altari
anche Giovanni da Fiesole, detto il Beato
Angelico, venerato
come santo per i suoi ispirati dipinti.
Molto importanti sono le sue 14 Encicliche, tra le quali sono da ricordare la "Redemptor hominis" (4 marzo 1979), la prima enciclica programmatica del suo Pontificato, incentrata sulla Persona e l'Opera di Cristo Redentore dell'Uomo; la "Dives in Misericordia" (30 novembre 1980), che fa risplendere il Volto misericordioso di Dio Padre, rivelato in Gesù Cristo; la "Laborem exercens" (14 settembre 1981) sul mondo del lavoro; la "Slavorum apostoli" (2 giugno 1985) sulla necessità che l''Europa torni a respirare con i « due polmoni », quello occidentale e quello orientale; la "Centesimus Annus" (1 maggio 1991), nell'anniversario secolare dell'epica "Rerum Novarum" di Leone XIII e sui cambiamenti epocali seguiti al crollo del muro di Berlino; la "Veritatis splendor" (6 agosto 1993) sulla necessità di una verità obiettiva; l'"Evangelium vitae" (25 marzo 1995) sul valore e la inviolabilità della vita umana; la "Fides et ratio" (15 ottobre 1998) circa i rapporti tra la fede e la scienza; e la "Ecclesia in Eucharistia" (17 aprile 2003), dedicata al rilancio dell'Eucaristia nel terzo millennio. Sono poi 18 le sue lettere apostoliche, tra cui la "Novo Millennio Ineunte" (6 gennaio 2001), con cui si chiudeva il Grande Giubileo del 2000 e si disegnava la Chiesa del futuro, e la "Rosarium Virginis Mariae" (16 ottobre 2002, inizio del XXV anno di pontificato), che dopo molti secoli riformò il Rosario, introducendo i Misteri della Luce. Anche i laici ed i non credenti sono stati abbagliati dalla lucidità di pensiero e dalle coraggiose prese di posizione del Papa polacco riguardanti i temi più delicati dell'evo contemporaneo, come dimostrano gli onori resigli in occasione della sua visita al Parlamento Italiano riunito in seduta congiunta il 14 novembre 2002 e le parole di elogio che pensatori e politici di ogni ideologia gli hanno tributato. Suo anche l'incredibile record di cardinali creati: 232. Il Santo Padre ha complessivamente indetto ben quattro anni santi: il Giubileo della Redenzione del 1983 (a 1950 anni dalla morte di Cristo), l'Anno Mariano del 1987, il Grande Giubileo del 2000 e l'Anno del Rosario 2003. Il 25 gennaio 1983 ha promulgato il nuovo Codice di Diritto Canonico, ed il 7 dicembre 1992 il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica; il 20 ottobre 1994 ha pubblicato "Varcare la soglia della Speranza", sorta di libro-intervista con lo scrittore Vittorio Messori. Il 13 maggio 2000 decise di rivelare al mondo intero il segreto del Terzo Mistero di Fatima che, come si vide, riguardava probabilmente l'attentato da lui subito in piazza San Pietro.
Karol Wojtyla ha inoltre inventato le formidabili Giornate Mondiali della Gioventù, oceanici incontri con i giovani di tutto il mondo, che lo osannano nonostante egli parli un linguaggio difficile, fatto di esortazioni al sacrificio, alla castità, alla penitenza. Nel 1985 a Roma; nel 1987 a Buenos Aires (Argentina); nel 1989 a Santiago de Compostella (Spagna); nel 1991 nella sua Czestochowa; nel 1993 a Denver (Colorado); nel 1995 a Manila (Filippine), dove radunò cinque milioni di fedeli, tuttora il record per un'adunanza religiosa cristiana; nel 1997 a Parigi, nel cuore della Francia laica; nel 2000 a Tor Vergata, in occasione del Giubileo dei Giovani, alla presenza di oltre due milioni di fedeli; nel 2002 a Toronto (Canada).
Per concludere, Karol Wojtyla è il Papa che ha chiesto perdono a tutti: agli africani per la tratta degli schiavi, durante la visita all'isola di Gorée in Senegal da cui partivano le navi negriere dirette in America, il 22 febbraio 1992; agli scienziati, il 31 ottobre 1992, riabilitando Galileo che era stato condannato dalla Chiesa per le sue idee copernicane (ma il processo di revisione era stato iniziato già il 3 giugno 1981!); agli Ebrei per l'Antisemitismo, durante la visita al Muro del Pianto; ai Greci per il sacco di Costantinopoli durante la Quarta Crociata, nel corso della sua visita ad Atene il 4 maggio 2001; e anche a coloro che non avevano nulla da farsi perdonare.
Così Karol Wojtyla sta traghettando l'umanità nel Terzo Millennio. Ha amato tutti, ha rimproverato gli errori di tutti, ha perdonato gli erranti di tutti i paesi, ricevendo in cambio l'abbraccio del mondo intero. Ancor oggi che le energie lo stanno lentamente abbandonando, egli sta dando un'eccezionale testimonianza del Vangelo, portata avanti in condizioni proibitive, visto che, al suo posto, tutti noi avremmo certamente gettato la spugna già da parecchio tempo. Ma niente è proibitivo quando si ama! Questo è il più grande insegnamento che egli vuole donarci, al principio degli anni duemila, quando il relativismo etico e religioso sembra minare alle fondamenta la speranza di un futuro fatto di pace e non di guerra, di amore e non di odio, di primavera e non di inverno, di salvezza e non di dannazione. Anche nell'era dell'esplorazione dei pianeti e delle ricerche sulla natura dei quark annidati nel cuore della materia, egli resta il riferimento solido ed inequivocabile di ogni morale, la speranza del nostro mondo sempre sospeso tra ansia di pace e rischio di guerra, la salda quercia della nostra fede vecchia di duemila anni, eppure viva e vitale come "allor che dalle tenebre / la diva spoglia uscita, / mise il potente anelito / della seconda vita" (A. Manzoni). Sì, una quercia antica e nodosa e da ogni parte assediata dalla furia del tempo e degli elementi, ma le cui radici continuano ad affondare nella cultura dell'amore, della pace, del servizio gratuito ai nostri fratelli. « Cristo non ha lasciato una legge cui obbedire, ma un esempio da imitare », scrisse Mario Pomilio nel suo mirabile "Quinto Evangelio"; ed il Santo Padre ne è la testimonianza vivente. Ancor oggi, come la sera della sua elezione, come il giorno in cui si recò a Fatima per ringraziare la Vergine di essere sopravvissuto all'attentato, come la sera in cui crollò il muro di Berlino, egli continua ad avanzare verso di noi, così come io l'ho visto fare nel sogno di cui vi ho parlato sopra, tenendo il Vangelo ben aperto dinanzi ai nostri occhi, per mostrarcene l'attualità e per insegnarci a viverlo, a spalancare le nostre porte al Dio della Vita che all'umanità del XX secolo ha concesso il dono straordinario di un Padre, di un Maestro, di un Pastore come Karol Wojtyla di Wadowice.
Auguri, Padre Santo! Resta con noi, perché si fa sera!
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(le diapositive passano automaticamente dall'una all'altra ogni 10
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