Semplicemente se stessi  

Ognuno di noi è chiamato ad essere semplicemente se stesso, cer-
cando di vincere le proprie paure, per camminare con letizia e gioia

Spolverando, mi e capitato tra le mani un libro di Martin Buber dal titolo "Il cammino dell'uomo". Un libro di poche pagine, dove il lettore è chiamato a ritornare a se stesso per fare della sua vita un cammino, rispondendo alla domanda "Dove sei?" Infatti questa domanda, fatta da Dio ad Adamo che si stava nascondendo da Lui, ce la portiamo nel cuore e risuona nella nostra vita. È la voce di Dio, è la Sua Parola che costantemente ci cerca nei deserti della nostra quotidianità, che ci viene a cercare nelle caverne della nostra paura. Questa voce, però, non giunge dentro una tempesta, ma è una voce simile ad un soffio, ad un alito di vento, ed è facile soffocarla tra tanti rumori. Ma finché non ci confrontiamo con questa domanda, fino a quando non gli diamo una risposta la nostra vita rimane "non vita". Adamo decide di non nascondersi più davanti al suo Creatore e confessa: « Mi sono nascosto », e dal riconoscimento sincero di quello che è inizia il suo cammino. Perché solo il ritorno decisivo a se stessi e nella vita dell'uomo segna l'inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano. Lasciamo, adesso, il libro della Genesi per arrivare a Matteo 25, 14. Troveremo la famosa parabola dei talenti. Questo testo, a mio parere, è la lieta notizia contro la paura, la stessa paura che aveva fatto nascondere Adamo e che ancora distorce il nostro rapporto con Dio rendendo la vita sterile.

In questo passo leggiamo che i primi due servi mettono a frutto quanto è stato loro affidato; ma l'ultimo servo, spinto dal terrore, nasconde il suo talento sotto terra e poi lo riconsegna al padrone senza alcun guadagno. Questo servo, forse, non ha capito che il suo padrone, affidandogli quel talento, vuole fare di lui un amico; che quel talento è un atto di fiducia, un dono di comunione! Quel servo, e forse con lui a volte anche noi, ha un'immagine strana di Dio, un'immagine di un Dio severo e castigatore: « sei duro... tu mieti dove non hai seminato... », così da opportunità di collaborare col Creatore, quel dono diventa, per lui, qualcosa da cui scappare, per cui... lo sotterra! È la paura che, quando prende il sopravvento nella nostra vita, distorce la realtà, e ci fa prendere "fischi per fiaschi"! Questo è il suo errore: si sbaglia su Dio e, di conseguenza, sulla vita! Invece che un uomo chiamato ad essere amico di Dio, diviene uno schiavo paralizzato dalla paura: Adamo senza più Dio, Adamo senza più paradiso! Perché solo quando ci sentiamo amati e accolti diamo il meglio di noi stessi, e mai la paura ci lascia venire fuori per quello che siamo. Guardiamo, dunque, questo Dio che sorprende i suoi servi perché non vuole indietro i talenti a loro affidati, ma raddoppia la posta, la moltiplica: « sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto ». Non di una restituzione si parla, ma di un rilancio; Dio non ci ha creati perché noi gli restituissimo quanto ci ha donato, Dio non fa i conti sulla nostra vita con la "partita doppia"! Questa immagine di Dio dettata dalla nostra paura, impoverisce Dio, ne fa un ragioniere e un calcolatore. Noi, invece, siamo chiamati ad essere come Lui, e a nostra volta donare pace, bene, amore, gioia. Siamo chiamati ad essere sorgenti di energia, albero che cresce, orizzonte che si dilata. Questa è la Vita con la V maiuscola! Perché la parabola dei talenti è il poema della creatività, e senza voli straordinari perché nessuno dei tre servi vuole salvare il mondo o si crede Superman. Tutto, invece, nel Vangelo, sa di casa, di vite, di olivo, di campi da coltivare, di attesa... fedele nel poco!

Il mondo e la vita ci sono affidati come un dono che deve crescere, un giardino da far fiorire! Una spirale di vita crescente e la legge della Creazione. A Dio non interessa il numero dei nostri frutti ma la verità di quello che siamo, non interessa la quantità del nostro guadagno ma la vita che abbiamo moltiplicato attorno a noi. Quel giorno, quando saremo davanti a Dio, dice un racconto chassidico che non ci sarà chiesto perché non siamo stati come Mosè o Elia, o uno dei profeti; ma solo perché non siamo stati noi stessi. Dobbiamo camminare con fedeltà a noi stessi, emozionati e lieti servi della vita, veri della verità tracciata in noi da Dio. Nessuno di noi è senza talenti, perché la vita di ciascuno è già un dono di Dio. E ogni creatura, ogni fratello è a sua volta un talento da custodire per far ricca la vita. Ora, al posto di Adamo ci possiamo mettere il nostro nome: Anna, dove sei? Mario, dove ti sei cacciato? Lucia, perché non mi rispondi? E capire che non c'è niente da temere, che il nostro Creatore non ci vuole diversi da quello che siamo, desidera che noi siamo veri, che siamo felici perché Lui ci ama. Solo quando capiremo che la voce di Dio non ci condanna, non ci coglie in flagrante nelle nostre mancanze sapremo entrare con passo creatore nella quotidiana liturgia della nostra vita. Il nostro cammino inizia quando ci accorgiamo che abbiamo già ali per volare, e non occorre essere dei supereroi! Ce lo dice anche Francesco d'Assisi che, rispondendo un giorno a chi gli chiedeva chi è un buon frate minore, risponde: "È un buon frate minore colui che riunisce in sé la vita e le attitudini dei seguenti frati: la fede di Bernardo, la semplicità e la purezza di Leone, la cortesia di Angelo, il buon senso di Masseo, la pazienza di Masseo... Ognuno di noi, quindi, è chiamato ad essere semplicemente se stesso, cercando di vincere le proprie paure, per camminare con letizia e gioia nella propria vita per assaporare la bellezza di un Dio Amore che con la sua voce ci ridesta continuamente chiamandoci per nome!

"La parabola dei talenti", Chiesa Riformata della Vittoria, Newport, Galles, vetrata

"La parabola dei talenti", Chiesa Riformata della Vittoria, Newport, Galles, vetrata