1. Dal nulla?

Introduzione
« I cattolici hanno un grande rispetto per la Bibbia, e lo dimostrano standosene il più lontano possibile ». L'ironica battuta di Paul Claudel è per noi una vera e propria stilettata a sangue freddo, ma costituisce una verità a 24 carati. Se sia peggio così, o riferirsi in continuazione alla Bibbia citandola a volte a sproposito, potrebbe essere un interessante argomento di discussione; ma non è questo lo scopo del presente ipertesto. In esso cercheremo piuttosto di rispondere ad una domanda solo in apparenza semplice: quale fondamento storico e scientifico hanno i racconti biblici, ed in particolare quelli della Genesi, forse i più famosi tra i tanti narrati dal libro dei libri?

Come si sa, la Genesi è il primo dei 73 libri della Bibbia cattolica; il suo originale fu scritto in ebraico, ed essa racconta (in forma più o meno succinta) tutti gli avvenimenti dalla Creazione del mondo fino al momento in cui gli Ebrei, guidati da Giacobbe e da Giuseppe, scendono in Egitto per dimorarvi e, successivamente, per rimanervi schiavi. Apparentemente, quindi, essa ci si presenta come un libro STORICO, perché sembra raccontare una successione cronologica di eventi, distribuiti nell'arco di alcuni millenni. I rabbini dei primi secoli dopo Cristo, in base ai loro calcoli eseguiti sulla Bibbia, hanno fissato la creazione del mondo nell'anno 3760 a.C., mentre invece si suppone che la calata in Egitto risalga più o meno al 1600 a.C. Apparentemente ci sono 21 secoli di storia tra la prima e l'ultima pagina della Genesi: si passa attraverso episodi fausti ed infausti, attraverso catastrofi e benedizioni, attraverso sfolgoranti teofanie e castighi terribili inflitti agli uomini dalla Divinità (per citarne solo due, il diluvio e la rovina di Sodoma). Tradizionalmente, l'intera Genesi viene suddivisa nel modo seguente:

Abbiamo così cinque vicende successive, simili alle sezioni di un libro di storia, e ciò riflette la tentazione di metterle in ordine cronologico, come se fossero gli episodi di un'avventura che si è snodata nel passato più remoto dell'umanità. Noi in questa sede intendiamo limitare la nostra analisi ai soli primi 11 capitoli della Genesi; vedremo insieme che neppure un versetto dei 1498 in cui è suddiviso questo libro si può ritenere davvero "storico", nel senso che oggi noi attribuiamo comunemente a questa parola. Dal canto mio io impiegherò tutta la mia buona volontà per non annoiarvi né infastidirvi con ragionamenti contorti, inutili divagazioni o parole astruse o eccessivamente tecniche, ma soprattutto (il che sarebbe peggio) di crearvi dei nuovi dubbi, mentre cerco di dissiparvene degli altri. Mi scuso perciò con voi in anticipo, se doveste digerire poco le mie analisi. Vi prego solo di non restarne scandalizzati: dal mio punto di vista, non ha senso restare arroccati sulle posizioni ideologiche valide secoli fa, quando la scienza e l'esegesi contemporanee le hanno completamente superate. Ricordate che, più che deludervi, io spero di confermarvi nella fede!

In principio
Suggerirei di cominciare letteralmente dal principio. Qui sopra, noi abbiamo raccolto in Gen 1-5 la "storia di Adamo", ma la Bibbia comincia con la Creazione, quindi molto prima che comparisse Adamo sulla terra; tant'è vero che la prima parola del testo originale della Genesi, con cui ancora oggi la intitolano gli Israeliti, è "BERESHIT", cioè "in principio". Tra l'altro è la stessa parola con cui comincia il Vangelo di Giovanni: "In principio era il Verbo". Infatti, Giovanni ha voluto dare alla venuta di Gesù il senso di una nuova creazione, e quindi ricomincia logicamente TUTTO DAL PRINCIPIO.

Ma cosa significa esattamente "In principio"? « Quando cioè non c'era ancora niente », mi farete eco voialtri: « Quando c'era solo il NULLA ». Improvvisamente, Dio crea il TUTTO. Al che, subito, sorge una famosa domanda: cosa faceva Dio prima di creare il mondo? Noi non rispondiamo come quel tale, che ribatté: "creava l'inferno per coloro che si pongono certe domande!" Noi preferiamo rispondere come il grande Sant'Agostino: "Prima di creare il mondo, Dio non faceva assolutamente nulla, perché... non c'era un PRIMA, così come non c'era un DOPO, e neanche un TEMPO. Come tutti sanno, la Creazione portò anche alla nascita dello spazio e del tempo (Einstein direbbe dello "spazio-tempo"), che prima non c'erano!

Michelangelo, Creazione degli Astri, volta della Cappella Sistina

Michelangelo, Creazione degli Astri, volta della Cappella Sistina

 Se ci addentriamo nel testo biblico, però, scopriamo che quella descritta in Gen 1 non è una vera "creazione dal nulla"; è piuttosto un ordinamento. Infatti si comincia col dire: « IN PRINCIPIO DIO CREO' I CIELI E LA TERRA », però subito dopo il testo continua: "ma la terra era TOHU WABOHU", cioè INFORME E VUOTA; o, almeno, così intendono le traduzioni moderne. Purtroppo non si sa cosa volesse intendere esattamente l'autore con queste parole; comunque, esse comunicano un senso di CAOS, di DISORDINE. "Le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque." Quindi c'era già qualcosa; però esso era disordinato.

Dio trionfa sul caos
Allora, la creazione si configura non tanto come un tirar fuori dal nulla ciò che prima non c'era, e che improvvisamente viene ad esistere. La creazione diventa una vittoria contro il caos primordiale. E questo ci porta subito ad un confronto con le tradizioni di tutti gli altri popoli circostanti la terra di Canaan, in particolare con quelli della Mesopotamia, perché questo racconto fu scritto verso il VI sec. a.C., quando gli Ebrei erano prima esuli in Babilonia, poi parte dell'immenso Impero Persiano, erede della grande tradizione mesopotamica. Ora, proprio nella tradizione mesopotamica - che è antichissima: pensate che affonda le sue radici più di cinquanta secoli fa - esistevano molti racconti dedicati alla "creazione", e tutti appaiono come VITTORIE SUL CAOS. Particolarmente interessante è quella descritta nel poema babilonese detto "ENUMA ELISH", cioè "QUANDO IN ALTO", che sono le prime parole del suo testo: "Quando in alto non aveva nome il cielo, quando in basso non aveva nome la terra..." In esso si racconta come un eroe di sangue divino, Marduk, che poi è il dio fondatore della città di Babilonia (come Romolo-Quirino lo è di Roma), abbatte Tiamat, il drago del caos, e lo separa in due come un'ostrica. Con una metà crea il cielo, e in esso gli astri, e con l'altra metà crea la terra, e in essa gli esseri viventi. Non ditemi che tutta questa operazione non vi ricorda da vicino la separazione delle acque inferiori dalle acque superiori nel secondo giorno della creazione! E il parallelo non si ferma qui: anche altri racconti di questo genere, come la Genesi di Eridu, il poema di Gilgamesh o il poema assiro Atrahasis, tendono a mostrare la creazione come una vittoria di Dio su forze malvagie, centrifughe, che tendono a riportare l'universo al piatto nulla che era un tempo, e che era sempre stato.

Risulta così evidente che il racconto della Genesi sulla creazione risente dell'influsso dei racconti paralleli tramandati dai popoli circonvicini, molto più antichi di Israele. Ci viene dunque spontaneo credere: ma allora... la Bibbia ha "copiato"? In pratica, è così: anche noi oggi, infatti, "copiamo" dai nostri predecessori. Anche Dante ha "copiato" molti spunti da Virgilio (basti pensare a Pier delle Vigne incastonato nell'albero, che ci ricorda Polidoro nel canto III dell'Eneide!) Un filosofo del Medioevo diceva che noi siamo "nani sulle spalle di giganti"; cioè, noi NON siamo più grandi di coloro che ci hanno preceduti, però vediamo PIÙ LONTANO di loro, perché siamo poggiati sulle loro spalle, cioè sfruttiamo tutta la loro altezza, vale a dire la loro esperienza. Israele si è semplicemente innestato su di una tradizione feconda, che esisteva già. Gli antichi Ebrei avevano l'esigenza di rispondere ad alcune domande: perché il cosmo esiste? Perché non c'è il nulla, o il caos? Perché l'universo è così ordinato? Ed è per rispondere a tali domande, in analogia a quanto facevano tutti gli altri popoli antichi, che nasce il racconto di Genesi 1, strutturato in sette giorni (in greco, l'"EPTAMERONE"). Giorno dopo giorno, Dio abbatte una parte del caos e lo sostituisce con una parte di COSMOS, cioè di ORDINE.

L'Eptamerone
Il primo giorno, Dio annienta il BUIO, che forse è il simbolo maggiore del caos: chi di noi da bambino non aveva paura dell'oscurità, perché temeva chissà che cosa potesse celarsi nel buio più fitto? Dio allora lo sostituisce subito con la LUCE. Nel secondo giorno, Dio pone fine all'invasione delle acque, separandole in "superiori" ed "inferiori", e facendo comparire uno SPAZIO VUOTO in mezzo, dove realizzare la creazione. Nel terzo giorno, invece, Dio pone fine all'oceano infinito primordiale (quello che poi il diluvio riporterà in vita temporaneamente), facendo sorgere le TERRE su cui poi innestare la vita, quasi come un basamento su cui poggiare la meravigliosa scultura del mondo. Non dimenticate che Tiamat, la dea del caos sconfitta da Marduk nel mito babilonese, rappresentava proprio la grande distesa delle acque salate! A questo proposito, così canta il Salmo 74, 13 e segg.: « Tu con potenza hai diviso il mare, hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque. Al Leviatano hai spezzato la testa, lo hai dato in pasto ai mostri marini ». A cosa vuole alludere il salmista con queste immagini da cartoon disneyano? Mi sembra chiaro: alla lotta di Marduk, dio supremo di Babilonia, contro il dragone Tiamat, simbolo del caos, di cui si narra nel poema babilonese « Enuma Elish » Come si vede, un testo ispirato del Vecchio Testamento allude, addirittura con compiacimento, ad un antichissimo mito di una nazione pagana! Anche questo aiuta a capire meglio la Bibbia... Per inciso: la lingua parlata a Babilonia era l'aramaico, lingua semitica strettamente imparentata con l'ebraico. Ora, i sovrani babilonesi erano unti per tradizione con il sacro grasso del Mus-Hus, il mitico dragone illustrato qui a fianco ai piedi del dio Marduk. Ma il termine semitico Mus-Hus è imparentato con il verbo ebraico Mashiach, che significa appunto « ungere », da cui deriva il termine « Messia » che designava gli « Unti » dal Signore, cioè i re della dinastia davidica prima, Gesù Cristo poi: Kristos in greco significa proprio « unto »!

Marduk

Qui sopra: Marduk, il supremo dio creatore del Pantheon babilonese, con ai suoi piedi il drago Mus-Hus, custode delle porte di Babilonia

Ma torniamo a noi. Se nei primi tre giorni sono creati gli elementi che costituiscono il mondo fisico, il quarto giorno compare la vita, rappresentata dalle PIANTE, e così Dio sconfigge il morto caos della non-vita. Il quinto giorno compare il succedersi del TEMPO, dei giorni, dei mesi, delle stagioni, segnato dal moto degli ASTRI. Il sesto giorno, poi, il mondo comincia ad animarsi con il brulicare della vita animale; e, naturalmente, al vertice della piramide biologica compare l'UOMO che, con la sua intelligenza, è destinato a dominare sul resto del creato.

È un caso a parte, invece, il settimo giorno, che poi corrisponde allo SHABBAT, il Sabato ebraico, perché questo giorno è destinato al riposo. Dio si riposa il settimo giorno, e quindi anche tutti gli uomini pii devono riposarsi il settimo giorno della settimana. Questo è un esempio tipico di "RACCONTO EZIOLOGICO", dal greco "aitia", cioè "cause"; esso cerca di spiegare le CAUSE delle cose così come sono oggi. Per esempio, perché esiste, nello stretto che separa la Gran Bretagna dall'Irlanda, una grande colata di lava che somiglia tanto ad un ciclopico selciato? È semplice: perché in passato due giganti, uno su un' isola e uno sull'altra, hanno cominciato a costruire questo selciato per incontrarsi a metà strada e gareggiare tra di loro, e così è nato quello che fu denominato "selciato dei giganti"! Quando l'uomo non riesce a spiegarsi un qualcosa, talora costruisce un cosiddetto "racconto eziologico". Così, l'origine del Sabato in Gen 2,3 viene riportata indietro addirittura fino al momento della Creazione! In questo modo, infatti, esso viene rappresentato come una delle istituzioni più sante, poiché attribuita direttamente al Padreterno. Sarà bene che teniate presente quest'abitudine di riportare le cose importanti all'origine dei tempi, poiché è una caratteristica di tutta quanta la Genesi.

Mi piace riportare qui il parere in proposito del biblista Gian Luca Carrega (1972-), responsabile della pastorale della cultura dell'Arcidiocesi di Torino:

« Il racconto della Creazione del mondo nasce, nella sua forma attuale, fuori dalla Terrasanta, durante l'esilio babilonese. C'è un popolo che ha perduto la propria terra e quindi la propria identità. È tra questa gente sradicata che nasce l'esigenza di ricostruire la propria storia e di andare più indietro possibile. Mosè e la Legge, certo. Ma prima ancora quel Patriarca che veniva proprio di là, dalla Mesopotamia, e che in qualche modo chiudeva il cerchio. Sembrava un bel progetto, ma mancava ancora qualcosa. Ecco, fu certamente il confronto con la cultura locale, l'incontro con i miti delle origini e le storie di Gilgamesh, Enkidu, Utnapishtim a far sorgere una prospettiva nuova negli intellettuali giudei. La storia del popolo eletto andava in qualche modo articolata con quella del mondo e Israele usciva finalmente dal suo provincialismo. [...] Oltre al ritornello che segnala la progressione delle giornate ce n'è un altro che accompagna la narrazione con un ritmo martellante, l'osservazione che Dio contempla ciò che crea e lo trova bello e buono. Questa è un'idea fondamentale per comprendere il punto di vista dell'uomo biblico, perchè il mondo avrà certamente i suoi difetti, vede prosperare i malvagi disonesti sui devoti osservanti, viene percosso con inaudita violenza dagli agenti atmosferici, ciclicamente è messo sottosopra dalle guerre e dalle carestie, ma rimane pur sempre opera bella di Dio. Il mondo in cui viviamo esce dalle Sue mani o, meglio, dalla Sua bocca. Perchè Dio appare come un artigiano particolare, che crea con la parola. Non c'è nessuna svalutazione della manualità nel mondo antico; anzi, tra i deportati di Babilonia ci sono fianco a fianco scribi e artigiani, perchè dopo la conquista di Gerusalemme i Babilonesi hanno pensato che i contadini potevano restarsene in Palestina, mentre coloro che erano in grado di trasmettere il sapere e di forgiare i metalli meritavano di essere impiegati per abbellire la loro capitale. Non ci sarebbe nessun male a descrivere la mano di Dio che plasma gli elementi costitutivi del mondo, e poi gioca a modellare i singoli esseri viventi. Ma la parola, la parola è un'altra cosa, è un atto deliberato che mostra un'intenzione. Dio crea perchè vuole creare e vuole creare proprio quello. Il pensiero divino che si materializza. La voce divina permette alla realtà di prendere forma, di venire alla luce, di cominciare ad esistere. [...] Dio è in dialogo con la creazione, mentre sta plasmando la materia le parla, perchè non è qualcosa di estraneo, ma esce direttamente da Lui, è una parte di Lui. »

L'errore dei concordisti
A questo punto, voi mi chiederete: "ma questi racconti sono credibili? Sono andate davvero così, le cose?" Naturalmente, la risposta è NO. La scienza ha ormai accettato quasi con sicurezza che tutto l'universo è nato da una colossale esplosione, detta "BIG BANG", che ha proiettato la materia nell'universo, creando contemporaneamente lo spazio ed il tempo (che, come ho detto, non c'era prima del botto). Poi questa materia, riaggregandosi, ha dato vita alle galassie, alle stelle, ai pianeti, agli esseri viventi e, naturalmente, all'uomo. Questo discorso appare INCONCILIABILE con il racconto della Genesi. In un passato recente è stato fatto il tentativo di sostenere che i sette giorni di cui ho parlato ("e fu sera e fu mattina, primo giorno... secondo giorno...") non sono giorni di 24 ore, nel senso che intendiamo noi, bensì PERIODI DI TEMPO PIÙ LUNGHI, e quindi potrebbero benissimo coincidere con le cosiddette ere geologiche. Ad esempio, il primo giorno della creazione coinciderebbe con l'epoca immediatamente successiva al Big Bang, in cui si ha la prima emissione di luce e la prima aggregazione dei protoni e degli elettroni in atomi. La separazione delle acque in superiori ed inferiori rappresenterebbe in realtà l'organizzazione della materia sotto forma di galassie, stelle e pianeti; il terzo giorno rappresenterebbe l'emersione dei continenti dalla massa oceanica e la deriva dei continenti secondo Wegener; poi, si avrebbe nel quarto giorno la successiva evoluzione della vita, a partire dai procarioti, fino alle specie viventi superiori; il quinto giorno andrebbe anticipato tra il secondo e il terzo, con la nascita del Sistema Solare; e così via. C'è anche chi ha voluto vedere nel celebre racconto del Giardino di Eden un "nucleo storico" che affonderebbe addirittura nella Preistoria umana. Così infatti scrive l'israeliano Yuval Noah Harari nel suo saggio "Homo Deus" (2015):

« Nel giardino di Eden, Adamo ed Eva vivevano come cacciatori-raccoglitori. L'espulsione dal Paradiso Terrestre ricorda molto da vicino il passaggio determinato dalla Rivoluzione Agricola nel IX millennio a.C. Anziché continuare a permettere ad Adamo di raccogliere i frutti selvatici, Dio lo condanna: "Con il sudore della tua fronte mangerai il pane." »

Ed anche lo scrittore Valerio Massimo Manfredi nel suo romanzo "La Torre della Solitudine" (1997) suggerisce che i primi capitoli della Genesi descrivano in realtà il passaggio dal Paleolitico, l'era dei cacciatori-raccoglitori, al Neolitico, in cui gli uomini abbandonano la vita a contatto con la natura per darsi all'agricoltura, alla pastorizia e, più tardi, alla lavorazione dei metalli, e quindi alla fabbricazione di armi più efficienti. Non a caso il primo sovrano degli uomini è identificato con Tubalcain, discendente di Caino detto « il fabbro, padre di quanti lavorano il bronzo e il ferro » (Gen 4, 22).

Ora, tutto questo ragionamento è profondamente sbagliato. Procedere così significa fare del "CONCORDISMO", cioè cercare di far dire al testo biblico ciò che l'autore non ha nessuna intenzione di dire, anzi NON PUÒ assolutamente dire, perché nel VI secolo a.C., quando venne  messa per iscritto la settimana della creazione, egli nulla sapeva delle ere geologiche, né della Rivoluzione Agricola o dell'Età dei Metalli! Né si può pretendere che Dio abbia ispirato a questo autore l'esistenza delle ere geologiche, che sarebbero state introdotte nel discorso scientifico solo millenni più tardi: sarebbe puerile sostenerlo, perché comunque nessuno avrebbe capito, allora, cosa l'autore intendeva. Il concordismo è sbagliato perché vuol trasformare la Bibbia da libro di fede in libro di scienze. Invece, secondo l'arguta espressione di Galileo Galilei, la Bibbia non ci dice "come vadia lo cielo", ma "come si vadia in cielo"!

Al proposito, mi viene in mente un'interessante analogia tra l' interpretazione della Bibbia e quella della massima opera poetica della nostra letteratura, la "Divina Commedia". Ricordo che il mio primo contatto con essa avvenne a dieci anni non ancora compiuti: mentre frequentavo la quarta elementare, il maestro ci lesse un ampio riassunto dell'"Inferno" con tutte le sue mirabolanti invenzioni e diavolerie. Ne fui talmente entusiasta che, tornato a casa, chiesi alla mamma se possedeva la versione integrale del poema che tanto aveva solleticato la mia fantasia. Ella andò a prendere il testo su cui aveva studiato, quello commentato nel 1954 da Manfredi Porena, e me lo diede in mano. Era sgualcito, ma pieno di note chiare anche per un bambino qual io ero allora, ed era corredato da dettagliatissime cartine del mondo dantesco; fu proprio su quelle che subito s'appuntò la mia attenzione. In particolare, osservando bene lo schema del fondo dell'Inferno, con il lago Cocito e Lucifero nel bel mezzo, notai una specie di contraddizione e chiesi a mia madre: "Mamma, qui c'è scritto che Lucifero emerge dal fondo piatto dell'Inferno, e Dante ci cammina su senza tanti problemi. Ma come fa, visto che il centro della Terra cade nell' ombelico di Satana? Il Cocito non dovrebbe avere la forma di una semisfera? Ma allora non risulta troppo piccolo?"

Non ricordo esattamente, ma sono certo che mia madre mi rispose facendomi notare che la "Divina Commedia" non è un trattato di geofisica, bensì un poema fantastico scritto ben prima che si avesse idea di com'è fatto realmente l'interno della Terra. Le avrei potuto obiettare che, in barba alla celebre "mela" di Newton, Dante conosceva benissimo la forza di gravità, poiché nel canto XXXIV dell'Inferno chiama il centro della terra "il punto al qual si traggon d'ogni parte i pesi"; ma, d'altro canto, io stesso mi sarei presto reso conto che quella non era l'unica incongruenza presente nel poema dei poemi, visto che (solo per fare un esempio un po' banale) il suo autore avrebbe dovuto filare come un razzo a propulsione atomica per percorrere in così breve tempo la voragine infernale, tenendo conto anche di tutte le soste e i battibecchi con questo o quel dannato! Da tutto questo si capisce bene che ogni testo va preso per quello che è: una grammatica latina non può istruirci sul destino ultimo dell'uomo, così come un'agiografia non può dirci il motivo della deriva dei continenti. Chi pensa il contrario, come pure è successo nel passato e succede ancor oggi, va incontro ad interpretazioni del tutto errate!