(1235 - 1244 aUc = 482 - 491 d.C.)
Oltre il fiume Niger
Leggendo le ultime pagine di questo "iper-racconto" potreste credere che, dall'anno 375 al 482, e cioè per oltre un secolo, l'espansione di Roma sia avvenuta solo in direzione del lontano oriente, ma in realtà non è così. Mentre infatti la metà orientale dell'Impero è impegnata in un titanico scontro prima con la Cina e poi con la Mongolia, la metà occidentale, che fin d'ora comincia a vivere di vita propria, governata dal Senato, continua la sua lenta penetrazione in Africa, oltre il fiume Niger. Ciò avviene ad opera di arditi mercanti-esploratori prima, e di governatori desiderosi di fama e di ricchezze poi. A ciò si aggiunge anche il desiderio, da parte dei missionari cristiani, di convertire i pagani di razza nera, ritenuti in balia di culti sciamanici di origine diabolica.
Questa lenta colonizzazione conduce, nel 421 d.C. (1174 aUc), all'espugnazione della città di Aba, posta immediatamente al di là della foce del Fiume Nero, ed all'istituzione della provincia di Nigeria. Ciò porta l'Impero Romano a confinare direttamente con il più vasto impero indigeno africano, il regno di Kanem-Bornu, esteso dai confini meridionali del Sahara centrale fino al Nilo Bianco ed alla foresta equatoriale del Congo, già esplorata alcuni anni prima da Claudio Nebridio.
Guerra contro i Tuaregh
Ma i preparativi per la Guerra Serica ritardano ogni progetto di sottomissione del grande stato, che comunque non è all'ordine del giorno poiché, pur mantenendo il monopolio del commercio dell'avorio, degli schiavi e delle belve feroci con l'Africa Nera, rispetto all'opulento reame della seta, esso appare poco più che una federazione di villaggi indigeni, dediti a culti ridicoli e ad un'agricoltura di sussistenza. Inoltre, in Africa i Romani hanno altri grattacapi: nel 439 d.C. (1192 aUc), sotto il regno di Gordiano II, si verifica una grande insurrezione dei popoli sahariani vassalli di Roma, capeggiati da quei Tuaregh che ai Romani sono noti come "gli uomini blu": come si è già detto, l'Augusto muore proprio mentre è impegnato nella campagna contro il Bey Azaouad, che ha fondato un regno garamantico nella regione del Tanezrouft (vedi cartina) rendendo insicure le carovaniere che assicurano il commercio via terra con le colonie romane fondate lungo il golfo di Guinea. Lo scoppio della Guerra Serica permette a tale regno di sopravvivere per alcuni anni, poiché le legioni sono in tutt'altre faccende affaccendate; ma, durante la tregua tra la prima e la seconda fase della Guerra Serica, il Senato decide che ne ha abbastanza di Azaouad e che è arrivato il momento di rendere nuovamente sicure le grandi vie carovaniere: invia così il generale libico Agostino a sbrigare definitivamente quella pratica. Ma l'effimero regno garamantico crolla più per colpa delle sue divisioni interne, e per le rivalità tra Berberi, Mauri e Tuaregh, che non per il valore di Agostino, il quale anzi si macchia di orrendi crimini, attaccando le tribù inermi e sterminando vecchi, donne e bambini. Tanta ferocia è sicuramente dettata dal desiderio di mettersi in luce agli occhi della classe senatoria, per poter aspirare ad un ruolo nella Guerra Serica e probabilmente anche nella vita politica dell'Urbe. E' il 449 d.C. (1202 aUc).
Preso dall'entusiasmo, Agostino annette tutta la carovaniera che congiunge la Tripolitania al lago Ciad, quindi inizia la conquista della regione di Manga, anch'essa ai margini del regno di Kanem-Bornu e sua alleata, ed anch'essa teatro di orrendi bagni di sangue, ma muore prima di essere riuscito a ridurla a provincia. Secondo la leggenda, durante l'ennesimo attacco ai danni di un villaggio inerme egli è colpito da una freccia che nessuno sa da chi e da dove è stata scagliata, tanto che i Padri della Chiesa la definiranno la "Freccia di Dio" (Sagitta Dei), scagliata da un angelo per punire il perfido generale, vero Darth Vader ante litteram, così come era accaduto con il perfido Eliodoro. Ma è meglio attenerci ai dati storici e non alle interpretazioni leggendarie.
Il tiranno senza corona
Come avrete capito, mentre gli imperatori ed i loro luogotenenti sono impegnati nella Guerra Serica e nelle Tre Guerre Mongoliche, il Senato e la classe Equestre che lo domina sono i veri padroni dell'Occidente, ed essi governano Europa ed Africa come se fossero a capo di una repubblica oligarchica (gli storici contemporanei parlano al proposito di « Falso Impero »). Hanno perciò tutto l'interesse a controllare i regni indigeni dell' Africa, oltre alle remote contrade dell'Estremo Oriente, e danno vita ad una sorta di "guerra parallela" (se mi si passa il termine mussoliniano) di conquista per riaffermare il loro potere e la loro influenza. Tra tutti questi appaltatori di guerre, che si risolvono in tremende stragi ai danni della popolazione nera armata solo di lance e frecce, si distingue per astuzia e ferocia il macedone Filippo Filopatore, così detto ironicamente perché sospettato di aver organizzato l'assassinio del padre durante una finta rapina per ereditare le sue immense ricchezze ed il suo posto in Senato. Divenuto il leader della corrente maggioritaria all'interno del Senato, e quindi in sostanza il presidente del Senato medesimo, egli arriva a fare le veci di imperatore mentre Aureliano trascura del tutto l'Occidente, ed impone le sue decisioni come se fosse davvero investito del titolo di Augusto, tanto che lo storico latino Ammiano Marcellino arriverà a definirlo « il tiranno senza corona ». Il suo più ardito progetto è proprio l'annessione del Kanem-Bornu all'occidente, annessione che porterebbe il confine romano praticamente sulla linea dell'Equatore, raccordando fra di loro Nigeria ed Etiopia.
Ma, alla morte di Aureliano nell'autunno 482, il generale Quan Dhu alias Caro si autonomina suo successore e, ben deciso a far sanzionare il proprio titolo dal Senato di Roma, si mette in marcia per la Capitale. Egli infatti si rende conto che il cinese Aureliano ha regnato praticamente solo sulla Cina; egli invece vuole che un cinese (cioè lui stesso) domini tutto il mondo, ed anche la città di Roma. A questo disegno ha dato il suo contributo una buona dose di megalomania del neoCesare, forse istillata dai successi militari contro gli ultimi resti dell'orda mongola.
Numeriano e Carino, imperatori pacifisti
Ad ogni modo, appena giunto a Roma nella primavera del 483 d.C. (1236 aUc), Caro muore improvvisamente, si suppone avvelenato per ordine dello stesso Filippo, che paventa una cinesizzazione di Roma, anziché una romanizzazione della Cina. I partigiani di Filippo brigano per nominarlo imperatore, ma la Cina si rivolta e le truppe cinesi inquadrate nelle legioni romane minacciano di invadere l'occidente per vendicare Caro, da esse letteralmente venerato. E così, dopo aver inutilmente carezzato il sogno di cingere l'alloro imperiale, Filippo si ritrova costretto a sostenere la candidatura di un generale che non è ne' romano ne' cinese, onde non scontentare nessuno. La scelta cade sull'indiano grecizzato Numasianes, che prende il nome latino di Numeriano, ed è un docile strumento nelle mani di Filippo Filopatore. Egli si associa al trono il figlio, che prende il nome di Carino in onore del defunto generale cinese; assecondando il volere del potente (e prepotente) Filippo, che pretende una rapida guerra contro il Kanem-Bornu, il padre invia Carino lungo la carovaniera annessa da Agostino per conquistare il vasto regno africano. Carino però è il contrario esatto di Agostino: per lui la guerra ha senso solo come difesa, non come conquista, e c'è chi dice che su di lui abbiano fatto breccia le dottrine buddiste e cristiane. Sta di fatto che, quando giunge a N'Djamena, capitale del regno di Kanem, la popolazione lo accoglie in pace, ed egli se ne guarda bene dal muoverle guerra, presentandosi anzi come il garante della libertà dei popoli stanziati a sud del lago Ciad.
Mentre Carino fraternizza con i nativi africani, Numeriano perisce in un attentato ordito da alcuni disertori cinesi che intendono così vendicare Caro (settembre 484). Filippo fa allora eleggere imperatore Carino, che però non ne sa nulla, ed anzi muore di malaria nel dicembre dello stesso anno, senza neppure sapere di essere stato imperatore. Quando la notizia della sua morte arriva a Roma, Filippo Filopatore si fa finalmente proclamare Augusto, assume il nome di Carino II e, nonostante abbia già 66 anni, parte per l'Africa centrale con lo scopo di vendicare il predecessore, sostenendo che egli è morto combattendo valorosamente nel tentativo di conquistare il Kanem-Bornu, descritto con i toni foschi che si addicevano piuttosto alle orde mongole di Chagatai Khan II. Spera così di coprirsi di gloria come i sovrani conquistatori che lo hanno preceduto, e di conquistare nuove ricchezze personali. Tuttavia anche Filippo dura poco poiché, appena sbarcato a Tripoli, muore di una malattia misteriosa e mai chiarita; ed anche questa morte apre la strada a congetture riguardanti una possibile punizione divina del perfido politicante. Dopo averlo sognato per una vita, è stato imperatore solo per due mesi, dal gennaio al marzo del 485 d.C. (1238 aUc).
Sulla scena della storia fa irruzione Diocleziano
A questo punto i partiti politici all'interno del Senato si dividono tra loro e litigano aspramente intorno al nome del successore. A troncare ogni contesa interviene però il dalmata Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, che ha compiuto tutta la carriera militare in Cina ed è un ammiratore di quella terra e del suo popolo, ma fa parte della classe Equestre, pur discendendo da una famiglia di umili origini, ed è per questo accetto sia agli occidentali che agli orientali. Questi si proclama imperatore e costringe con la forza i Senatori ad avallare il suo titolo, si insedia a Roma per prevenire ogni scherzo da parte della classe senatoria, ma invia in Africa un suo vecchio compagno d'arme, il generale trace Massimino, affinché porti a compimento il piano di Filippo Filopatore. Egli sa benissimo che l'accusa mossa al Kanem-Bornu è falsa, ma dimostra notevole freddezza e pragmatismo fingendo di credervi, poiché egli sa benissimo che il controllo del commercio di schiavi, avorio, oro e prodotti esotici fa gola a molti di quei Cavalieri che devono sostenerlo politicamente. Questa è la prima impresa gloriosa ed astuta di Diocleziano secondo i suoi apologeti pagani, ma anche la sua prima nefandezza, secondo i detrattori ebrei e cristiani.
Massimino il Trace, già semplice centurione ed ora assurto all'alta dignità di comandante delle legioni africane, è rozzo e brutale quanto Agostino il Libico e, piombato sugli inermi abitanti del Kanem-Bornu che pensano di accogliere in pace pure lui, letteralmente li stermina, facendo vendere tutti i superstiti come schiavi nelle grandi piantagioni di canna da zucchero dell'Africa Occidentale. Rasa al suolo N'Djamena e fattala sparire dalla carta geografica, attacca Bangui, seconda città del regno posta sul fiume Ubangi, la conquista, la ricostruisce come città romana con il nome di Diocletiana Pigmaea, quindi supera l'Ubangi e si spinge fino al fiume Congo (489 d.C. - 1242 aUc). Ben deciso a proseguire la guerra "fino all'angolo meridionale dell'Africa", egli manda esploratori ed avanguardie nella foresta al di là del fiume, ma essi non fanno più ritorno; timoroso di chissà quale mistero annidato in quella foresta pluviale (i biografi lo descrivono come del tutto irreligioso ma assai superstizioso), egli decide di assestarsi temporaneamente sulla riva destra di quel fiume, in attesa di varcarlo in un futuro prossimo. Non sa che, per tutto l'Evo Medio, esso resterà il confine meridionale ed invalicabile dei possessi di Roma.
Dopo il Kanem-Bornu, il Camerun
Ignaro di tutto ciò, Massimino invia nelle regioni orientali dell'ex regno di Kanem il suo fidato luogotenente, il senegalese Kedogo che ha assunto il nome latino di Massimiano, con l'intento di sottometterle e di aprire finalmente una via tra l'Etiopia ed il golfo di Guinea più a nord dell'infido fiume Congo, già ridisceso da Claudio Nebridio un secolo prima; egli invece decide di spostarsi ad occidente e di invadere il regno del Camerun, già vassallo di N'Djamena, che è stato toccato dal navigatore cartaginese Annone già nel V secolo a.C. Senza incontrare troppa resistenza ne espugna sanguinosamente la capitale, Yaoundé, e riesce a raggiungere prima il grande vulcano Camerun, che dà il nome al paese, e poi l'Atlantico, ma muore subito dopo (491 d.C.). Il Camerun diventa comunque l'ennesima provincia romana. Dal canto suo, Massimiano raggiunge il Nilo Bianco, lo risale, giunge ad Alessandria d'Egitto e da lì a Roma, dove lo attende una straordinaria onorificenza, già destinata a Massimino: il titolo di coAugusto.
L'Iperimpero
Nel frattempo Diocleziano lascia a Roma il giovane ufficiale tedesco Costanzo Cloro per presidiare l'Europa e per tenere d'occhio il Senato, e si sposta a Pechino, da dove intraprende la riorganizzazione amministrativa dell'Oriente e di tutto l'Impero Romano, che egli decide di ribattezzare con il nome di IPERIMPERO, l'Impero per antonomasia. Così facendo egli sanziona il fatto che l'immenso dominio su cui egli regna non è più soltanto romano: all'egemonia di Roma si è sostituita una pari dignità tra i principali centri di cultura del mondo, che sono cinque: l'Europa che gravita attorno a Roma, dove il cristianesimo e la cultura pagana si contendono ancora il predominio; l'Africa, dove invece il cristianesimo comincia a penetrare insinuandosi tra i culti tribali, ed il cui centro principale è Alessandria Guineana; l'Arábia, che gravita intorno alla Mecca; l'India con centro a Palibothra (qui prevale l'induismo); e la Cina buddista con capitale Pechino. Diocleziano istituzionalizzerà questa suddivisione moltiplicando il numero degli imperatori e delle capitali, come vedremo nel capitolo seguente.