(da "La Nona Campana", aprile 2008)
Nei decreti del 1570 seguiti alla visita pastorale di san Carlo Borromeo alla parrocchia di Lonate, leggiamo una frase che incuriosisce: "L'oratorio di San Rocco, fabbricato de novo presso la terra di Lonate, e gli altri tre oratori chiamati chiesuole, si chiudano davanti con sbarre di legno". Chiesuola o chiesuolo echeggia il dialettale « gisiö ». La cancellata di legno avrebbe protetto dagli animali randagi e rinforzato l'idea di uno spazio a destinazione religiosa.
Finora non si sono trovati i quattro riscontri desiderabili. Il decreto indirizza verso uno soltanto di essi, menzionando il chiesuolo intitolato a san Rocco, che però nessun anziano di Lonate ricorda. La spiegazione tuttavia non è difficile: la Chiesa della Madonna delle Grazie, demolita per ragioni di viabilità nel 1963, situata quasi in faccia al palazzo municipale sull'angolo tra le attuali via Dante e via Cavour, risaliva all'anno 1663, ma era stata costruita sull'area già occupata da un oratorio dedicato ai santi Rocco e Sebastiano, due santi "ausiliatori" contro la peste. Questi due santi, e san Rocco in particolare, erano venerati in ogni paese, perché nessun paese poteva sfuggire alla peste nell'una o nell'altra delle sue frequenti micidiali manifestazioni.
L'ultima pestilenza che colpì il Milanese e certamente anche il nostro paese e quella del 1630-31, di manzoniana memoria. La peste precedente, detta di san Carlo (il quale molto si prodigò a favore degli appestati nella città di Milano), e del 1576-77: a Lonate il ricordo di essa si può ancora ammirare nel monumento di granito di piazza Santa Croce. Sono documentate pestilenze nel Milanese corrente l'anno 1524, l'anno 1502, l'anno 1484; Lonate soffri certamente la peste del 1451.
II chiesuolo di San Rocco venne costruito a seguito di uno di questi eventi pestilenziali. Siccome il decreto del 1570 lo dice "fabbricato de novo", il chiesuolo non doveva risalire ad anni troppo lontani, a meno che fosse una ricostruzione. Era posto in via Ticini, strada importante che portava ai mulini.
Quanto alla chiesuola di San Mauro sulla strada per Busto Arsizio, della quale si può leggere in questa pagina del mio sito, si può escludere (documentazione alla mano) che essa preesistesse ai primissimi anni del Novecento. In realtà un'edicola o un segnacolo sacro è stato disegnato per lo stesso sito nella planimetria di Lonate del 1841 dell'ing. Andrea Mariani. Non presenta nessun edificio in quel sito la mappa del 1722. Dunque la chiesuola di San Mauro, che in questi ultimi anni e stata restaurata con cura ed abbellita con dipinti di nuova fattura, non può rientrare tra le quattro registrate da san Carlo.
Per denominare e localizzare gli altri gisiö bisogna, dunque, cercare in altri punti del territorio lonatese, preferibilmente lungo le strade di uscita dal borgo come si verifica in tanti altri paesi, secondo gli usi e costumi dell'antica società contadina fortemente intrisa di devozioni cristiane.
Una prima risposta soddisfacente la troviamo sull'importante strada che portava a Castano e Turbigo, a cento passi dall'abitato che finiva sul margine superiore dell'attuale piazza Santa Croce, Valletta in passato, in un interessante benché piccolo edificio che ancora richiama devozione popolare, oggi chiuso tra abitazioni private, ma in origine certamente posto in aperta campagna.
Oggi e generalmente chiamato di Santa Savina (titolo che ha dato nome alla strada antistante), ma il suo primo e unico titolo era di Sant'Antonio Abate. È stato restaurato nel 1993 da un gruppetto di volontari, che su quadretti messi alle pareti hanno lasciato memoria di ciò che hanno trovato durante il restauro. Qui sottolineerò gli elementi che rivelano l'età dell'edificio: in facciata la cornice gotica dell'ingresso originario e all'interno il mattone con la data MCCCCXXV incisa in caratteri gotici. Per sapere chi era Santa Savina (o Sabina), consultate questa pagina del sito Santiebeati.it.
Dal "Catasto di Maria Teresa" del 1722: cerchiato, il gisiö oggi chiamato di Santa Savina
Il gisiö oggi chiamato di Santa Savina, in via XXIV Maggio
II terzo gisiö esistente nel 1570 potrebbe essere quello che nell'Ottocento si chiamava di San Sigismondo e che oggi si chiama di Sant'Anna, sulla strada che porta al ponte sul Ticino, dirimpetto all'asilo infantile Sormani. Anch'esso e stato messo in ordine da volontari nel 1985. Una volta era chiesuola campestre, posta anch'essa a breve distanza dall'abitato. Nel 1832 l'ingegnere Andrea Mariani in una sua descrizione della strada di Gaggio preliminare alla manutenzione, faceva iniziare la strada dalla cappella di San Sigismondo.
Di queste tre chiesuole è confermata la presenza anche attraverso la cartografia. La chiesa delle Grazie, subentrata alla chiesuola di San Rocco, compare nei fogli del catasto austriaco del 1856 (noto come Cessato Catasto Lombardo) con l'evidenza data alle chiese principali e sussidiane di Lonate. Negli stessi fogli catastali le chiesuole di Sant'Antonio e di Sant'Anna non sono dimenticate, ma a causa delle loro modeste dimensioni sono disegnate ciascuna come un semplice quadratino. In questi fogli del 1856 non e osservabile nessun altro quadratino che possa suggerire dove stesse l'ultimo dei quattro gisiö.
Negli archivi di Stato di Milano e di Varese è conservata ampia documentazione non solo del censimento catastale del 1856, ma anche del censimento catastale effettuato, paese per paese, negli anni 1722-1760 durante la prima dominazione austriaca. I fogli di mappa del 1722 dell'abitato e del territorio di Lonate confermano con analoghi quadratini disegnati le presenze della chiesa delta Madonna delle Grazie con tanto di denominazione espressa ed anche, ma senza denominazione, delle chiesuole che oggi chiamiamo di Santa Savina e di Sant'Anna. Nella stessa mappa del 1722 compare un quadratino anche all'imbocco dell'attuale via Santa Caterina, sul lato settentrionale, all'angolo con l'attuale via Repossi. Dovrebbe essere il quarto gisiö. La via Santa Caterina prende il nome dal monastero omonimo dotato di chiesa, che stava in capo all'attuale via Garibaldi, in fondo al vicolo a sinistra della SASIL. Non risulta se questo quarto gisiö portava il nome di santa Caterina o se aveva un altro nome. Sta di fatto che scomparve nel corso del Settecento e, comunque, prima della metà dell'Ottocento, perché non e più disegnato nel catasto del 1856. Fu compensato, non sappiamo quando, dalla costruzione di un altro gisiö o, comunque, di un altro segnacolo sacro, pochi metri più a nord, sul lato ovest di via Repossi; anch'esso presto demolito, perché anch'esso assente nel catasto del 1856.
Dal "Catasto di Maria Teresa" del 1722: cerchiato, il gisiö oggi chiamato di Sant'Anna
Il gisiö oggi chiamato di Sant'Anna, in via Vittorio Veneto
(da "La Nona Campana", ottobre-novembre 2008)
Questo filone di storia di Lonate non era mai stato studiato finora.
Nell'archivio comunale è stato trovato anni fa un bifoglio a stampa dell'anno 1695 riportante un decreto di san Carlo Borromeo del 1570 e un brano degli atti della visita del 1620 del cardinal Federico Borromeo alle parrocchie della pieve di Gallarate. I due testi, riguardanti un ente che si chiamava Scuola della Carità, venivano stampati insieme presumibilmente perché erano insorti dubbi e litigi in merito a dettagli amministrativi dell'ente.
"Erigiamo ex nunc - aveva deciso san Carlo - la Scola della Carità con l'osservanza delle Regole Generali stampate et ex nunc parimente, di consenso ancora delli Scolari, incorporiamo in questa Scola le altre tre, cioé S. Ambrogio, S. Maria e S. Gioanni". Il decreto proseguiva precisando che le entrate della Scuola erano destinate ai poveri, tranne un quarto di esse che era destinato alla chiesa parrocchiale. Il brano del 1620, rievocando i tre consorzi medievali di Santa Maria, Sant'Ambrogio e San Giovanni Battista, li diceva risalenti agli anni 1333-1341; ricordava che san Carlo li aveva ridotti in unità e gravati dell'obbligo di destinare un terzo delle entrate annuali (circa 1000 lire imperiali, derivanti dall'affitto dei beni immobili) alla manutenzione e decoro della chiesa di Sant'Ambrogio e all'alimentazione delta lampada ad olio del SS. Sacramento, fatta salva per i poveri la restante parte delle entrate.
Che cosa si sa di questi consorzi medievali? Si sa abbastanza del consorzio di Santa Maria giuridicamente insediato nel 1333 nella chiesa omonima (poi ricostruita nel Seicento con il nome di Santa Maria degli Angeli); quasi niente degli altri due consorzi, risalenti al 1341, insediati nella chiesa di Sant'Ambrogio. Lo statuto, un elenco dei beni, i nomi degli antichi ufficiali del consorzio di Santa Maria sono contenuti in un fascicolo pergamenaceo, avviato proprio nel 1333 e già incompleto nel Seicento, il cui testo e pubblicato in appendice alla "Storia di Lonate" scritta da Gian Domenico Oltrona Visconti. I concetti dello statuto si possono cosi riassumere.
"Ogni socio versi come quota di iscrizione soldi 20 e poi aggiunga ogni mese denari 20 per le necessità del consorzio. In caso di litigi tra i soci, si stia alla decisione dei consoli [del consorzio]. Ogni socio parteciperà al funerale del socio che muore e dirà per l'anima sua 25 Pater e 25 Ave. Se un socio si ammala e non ha più di che vivere, il consorzio gli passerà alimenti per tutta la durata della malattia. Alla morte di un socio, i consoli facciano suonare come segno distintivo prima due campane insieme per poco tempo, subito dopo una campana sola lungamente; il consorzio assicuri due torce al funerale. Se un socio muore fuori paese ma nel raggio di 10 miglia, sarà portato a Lonate a spese del consorzio. Ogni anno nella festa dell'Ascensione il consorzio distribuirà ai poveri in elemosina 5 sacchi di segale e miglio."
Simili al consorzio di Santa Maria per organizzazione e finalità dovevano essere gli altri due. Di questi consorzi, formatisi in gran parte proprio nel Trecento ed ispirati a modelli comportamentali tipici del basso Medioevo, ce n'erano ben sette a Busto Arsizio, dei quali rimane solo il nome; rimane invece lo statuto del consorzio del 1376 di Sant'Antonio di Gallarate, matrice primordiale dell'omonimo ospedale civico della città. I consorzi di Lonate non produssero un esito socialmente cosi significativo.
L'elenco degli "anziani", cioè degli ufficiali del consorzio di Santa Maria, nel fascicolo suddetto si spinge fino all'anno 1435 entro il fascicolo accennato, conservato pure nell'archivio comunale.
Questi consorzi vennero presto chiamati scuole. Proprietà della Scuola di Santa Maria sono menzionate in documenti del 1457 e del 1464; proprietà delle Scuole di Lonate (il plurale nascondeva una fusione?) sono menzionate nel 1504. Dei tre consorzi lonatesi si ha cenno nel 1491 quando, lamentando furti di beni e di documenti, invocavano dalla curia arcivescovile di Milano sanzioni contro gli illegittimi detentori.
San Carlo aveva già istituito la Scuola della Carità in altre parrocchie, e di essa aveva promulgato regole, diffuse a mezzo stampa. Dopo di lui trattarono di questa Scuola parecchi dei visitatori ecclesiastici venuti a Lonate, dato che la Scuola durò per almeno due secoli con sede canonica nella chiesa di Sant'Ambrogio e con funzione precipua ai assistenza ai poveri del paese. Le loro note si conservano parte nell'archivio storico diocesano di Milano, parte nell'archivio plebano di Gallarate.
Nel 1596 alla Scuola della Carità, erroneamente indicata negli atti della visita come Scuola della Pietà, venivano riconosciuti entrate annuali nella misura di 437 lire e di 30 moggia di mistura (segale e miglio), uscite annuali cosi suddivise: 10 moggia di mistura alla chiesa di Sant'Ambrogio e 6 a quella di Santa Maria, 60 lire per la lampada del Santissimo, 56 lire per il magazziniere, elemosine per 4 anniversari funebri (cui intervenivano anche i sacerdoti di Ferno e di Sant'Antonino) e per altre 8 messe. La differenza attiva era tutta per i poveri, che ne potevano fruire presentando una scheda firmata da uno dei due parroci del borgo e da due dei quattro deputati o amministratori della Scuola e controfirmata dal cancelliere. I deputati erano Giovanni Antonio Carcano, Ambrogio Spezzi, Ambrogio Regalia, Antonio Tomasoni, il cancelliere era Pietro Piantanida, il tesoriere Francesco Locati. La Scuola aveva anche un "protettore" (oggi diremmo sponsor) in Marco Antonio Della Croce. Nel 1639 i deputati della Scuola erano il mastro artigiano Stefano Rossi Bertolli, Ambrogio Tanzi, il signor Giovanni Repossi; era tesoriere Francesco Piantanida Zaro.
Nel 1684, quando la Scuola venne indicata come "mons caritatis", cioè banca della carità, le entrate da fitti erano computate in lire 1.200. Nel 1707 le entrate dichiarate furono invece lire 870, derivanti da 463 pertiche di terra. I deputati erano Francesco Zaro, Arcangelo Agnelli, Paolo Zaro, Giulio Repossi, il tesoriere era Pier Giuseppe Canziani. Era allora aperta una controversia, che il visitatore appianò, sul calcolo di quanto dovuto per la lampada del Santissimo.
Molti debitori della Scuola erano attestati insolventi da anni. La Scuola, novità interessante, gestiva l'eredità disposta con testamento del 1681 da Antonio Repossi (rimane a lui intitolata una via del paese), eredità che comportava entrate annue per lire 400, uscite ogni anno per 4 doti di ragazze povere in età da marito, altre uscite a favore del parroco decano, dei deputati della Scuola e anche di altre persone, loro vita naturale durante.
Nel 1750, negli atti della visita del cardinal Pozzobonelli, è ricordato il Luogo Pio della Carità, sostenuto da antichi pii benefattori e rinvigorito dalla famiglia Repossi. La proprietà della Scuola era salita a 632 pertiche di campi, 48 di prati, 40 di boschi, 280 di brughiera. Poveri e infermi rimanevano i principali destinatari delle rendite. Gli amministratori erano Giovanni Antonio Zaro, Carlo Antonio Bollazzi, il cancelliere era Martino Tapella, faceva da tesoriere il sacerdote Francesco Mazzucchelli il quale, dopo il controllo dei libri, risultò debitore verso la Scuola di ben 1.545 lire.
Rinvii alla Scuola della Carità si trovano anche nei registri dell'archivio parrocchiale di Lonate. Nelle ultime pagine del primo registro dei battesimi che furono dedicate alle ufficiature da morto, si legge di "legati n. 4 adì 3, 4, 5, 7 genàr de 1600 a cunto delle scole della Carità di Lonà Pozoldo, con l'intervento del clero di Lonà, Ferno et Santo Antonino, così come è consuetudine, et l'ultimo si fa a cunto del messer Vilano testator". I quattro uffici dei primi giorni di gennaio a carico del Luogo Pio della Carità si incontrano ancora nel registro degli annuali o anniversari funebri degli anni 1705-1750: erano uffici per i benefattori del Luogo Pio. E ritornano sotto i giorni dal 2 al 7 gennaio anche nel registro degli annuali esteso fino all'anno 1805.
Già sappiamo dell'intervento risolutivo messo in campo nel 1801 dal Luogo Pio delta Carità che, subentrando a una cordata in crisi di privati, sborsò la bella somma di lire 7.300 per pagare il nuovo concerto di cinque campane, fornite dal fonditore Comerio di Malnate per la torre di Sant'Ambrogio che era stata sopraelevata pochi anni prima.
A queste notizie se ne dovranno aggiungere altre, perché giace inesplorata presso l'archivio di Stato di Milano un'intera cartella intitolata "Scuola dei Poveri" di Lonate Pozzolo, presumibilmente un modo diverso per denominare la Scuola della Carità, mentre l'ultima parte delta storia dell'ente fino ai subentrati servizi di assistenza del secolo XX dovrebbe leggersi nell'archivio comunale.
Qui sopra potete vedere due foto del 1963 che mostrano una processione di quell'epoca lungo le vie di Lonate: in alto vediamo sfilare le Consorelle, sotto le Figlie di Maria. Le due foto sono di proprietà della signorina Giuseppina Peraboni, e sono qui pubblicate grazie alla cortesia di sua nipote, Antonia Peraboni.
Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.
Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla storia antica di Lonate; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.