ovvero: un gallo biondo alla conquista del mondo
a René Goscinny ed Albert Uderzo
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Re Vercingetorix
Anno 52 a.C.: il gallo Vercingetorix, capo degli Arverni, postosi alla testa di una federazione di popoli Celti (chiamati dai romani Galli), si ribella contro il predominio romano nella regione ed attacca le truppe di occupazione. Per questo egli chiama in aiuto tutte le tribù celtiche che abitano l'Aquitania, la Gallia, il Belgio ed anche la Britannia. Accorrono i Sequani, gli Ambarri, i Lingoni, i Suessonii, i Treveri, gli Aulerci, i Cenomani, i Nervii, i Veneti, i Pictonii, i Lemovici, i Biturigi, i Vivisci, i Menapii, persino i Frisii; Cassivellauno passa lo stretto della Manica e si unisce a lui; anche gli Elvezi mandano un contingente rappresentativo. Alla grande coalizione celtica non possono non unirsi anche i Bretoni dell'Armorica, regione che ha sempre rifiutato ogni dominio straniero ed è sempre stata gelosa della propria indipendenza. Tra i più eminenti guerrieri armoricani è inviato un certo Asterix, baffi e capelli biondissimi, elmo alato sempre in testa, ritenuto dappoco da alcuni perchè relativamente basso di statura, ma che ha la fama di guerriero astutissimo ed invincibile. Tra i Celti si è diffusa la voce che la sua invincibilità derivi da una misteriosa pozione magica, il cui segreto è gelosamente custodito da Panoramix, il druido del suo villaggio. Accompagna sempre Asterix l'amico Obelix, baffi e capelli rossi, di corporatura gigantesca e piuttosto sempliciotto, la cui tattica di combattimento consiste semplicemente nel lanciarsi a testa bassa contro l'avversario menando colpi all'intorno come se impugnasse venti spade anziché una sola. Anche la sua forza viene attribuita dai più alla misteriosa pozione magica di cui si è detto sopra.
Inizialmente per i Galli le cose si mettono male. Giulio Cesare riesce a separare tra loro i popoli della lega sfruttando le loro rivalità interne, e a rinchiudere Vercingetorix e Cassivellauno nella fortezza di Alesia (l'odierna Alise-Sainte-Reine); quando però sembra che il Proconsole delle Gallie abbia partita vinta, Asterix riesce a convincere le tribù del nord e del nordest, che avevano lasciato la coalizione, a riunirsi sotto il suo comando e a marciare su Alesia. A questo punto anche gli altri popoli che si erano tirati indietro arrivano in soccorso di Vercingetorix, e gli assedianti romani diventano assediati. Pompeo ed il Senato rifiutano di inviare soccorsi a Cesare, e così il Proconsole deve arrendersi e deporre le sue armi di fronte a Vercingetorix e ad Asterix. Quest'ultimo tuttavia suggerisce al capo arverno di graziarlo e di inviarlo a Roma, perchè da un suo amico, il mercante fenicio Grandimais (vedi "Asterix Gladiatore"), ha saputo della rivalità esistente a Roma tra Cesare e Pompeo dopo la morte in battaglia di Crasso contro i Parti, e spera che i Romani siano troppo impegnati a combattersi per rivolgere ancora le loro mire alla Gallia. Il capo Celta accetta la sensata proposta e decide di lasciar partire Cesare per Massilia, capoluogo della provincia romana di Gallia Narbonense, trattenendo però numerosi ostaggi. Il riconoscente Vercingetorix comincia inoltre ad organizzare le truppe celtiche sul modello di quelle romane, con una suddivisione in legioni, coorti e centurie, e nomina Asterix generale dell'armata bretone, cioè di tutto il nordovest della Gallia. Asserendo che è necessario mantenere un esercito gallico stabile per poter fronteggiare rapidamente futuri tentativi romani di ottenere la rivincita, dati come certi da Asterix, egli raduna a Lugdunum (Lione), vicino al confine con la Res Publica Romana, un consesso di tutte le tribù galliche, quale prova di forza contro il nemico sconfitto, e propone la creazione di una repubblica celtica unitaria sul modello romano, con un Senato ed un'aristocrazia militare. A questo punto Cassivellauno, che ha mangiato la foglia, si sfila e fa ritorno rapidamente in Britannia; così pure fanno Frisii, Elvezi ed Aquitani. Invece i capitribù galli e belgi accettano la proposta e domandano a Vercingetorix di guidare l'esercito difensivo che dovrà proteggere la Gallia da nuove invasioni. A questo punto Abraracourcix, il capo del villaggio da cui proviene Asterix, intervenuto al consesso di Lione con tutti gli altri capi, si alza e chiede all'arverno come potrà un insieme così variegato di tribù come sono i Celti riconoscersi in un'entità politica unica come è la Res Publica Romana, antica di secoli e con una tradizione unitaria lunghissima; ogni tribù gallica tende infatti a muoversi per conto proprio, ignorando una guida comune, e proprio questo fatto stava per provocare la catastrofe ad Alesia. Vercingetorix abilmente afferma:
"Saremo uni se avremo una sola guida sia militare che politica, così come la avevano i Romani nella persona di Cesare!"
"E chi sarà questo unico capo?" domanda sospettoso Abraracourcix.
A questo punto gli Arverni acclamano il loro capo Vercingetorix re di tutta la Gallia. I Belgi, i Sequani, gli Edui, i Senoni e i Pictoni si uniscono alle acclamazioni, mentre i Veneti e i Bretoni cominciano a mugugnare contro di lui. "Non abbiamo scacciato Cesare per ritrovarci un altro dominatore in casa!" affermano i capi di quei popoli, da sempre riottosi ad abdicare la loro sovranità tribale. Gli Arverni minacciano di prendere le armi contro i ribelli ed i Sequani e gli Edui si uniscono loro, mentre i Belgi cercano di intromettersi e di fare da pacieri. L'incapacità di federarsi in un unico stato sembra segnare ancora il destino dei Celti, quando Asterix prende la parola e propone di sottoporre la proposta di Vercingetorix al giudizio di Teutates, il dio della guerra e delle tempeste (il Thor germanico), e di Belenos, il disco solare. Sarà un duello tra due campioni a decidere se dare seguito alla proposta dell'arverno o restare solo una blanda federazione di tribù. Tutti approvano la proposta; Vercingetorix nomina suo campione il fortissimo Obelix, mentre Aplusbelgalix, capo dei Coriosoliti rivali degli armoricani di Abraracourcix, difende la causa indipendentista (vedi "Asterix ed il duello dei capi"). Abracourcix, anch'egli poco incline ad accettare la dittatura militare di Vercingetorix e la supremazia degli Arverni, consiglia ad Asterix di convincere Obelix a perdere volontariamente l'incontro; ma il corpulento campione dell'Armorica, vero e proprio Golia celtico, dei consigli di Asterix capisce poco o nulla e per lui Aplusbelgalix resta solo un avversario da sconfiggere, Naturalmente vince facilmente l'incontro, tra la costernazione di Asterix e di Abraracourcix, e così Vercingetorix è acclamato re di tutta la Gallia. Egli pone il confine occidentale sui Pirenei e quello orientale sul Reno, ma gli Aquitani rifiutano di riconoscerlo re e si riuniscono in anfizionia sotto la guida di Giradix, antico compagno d'armi di Abraracourcix. Vercingetorix non accetta la scelta e nomina invece governatore dell'Aquitania il peggior nemico di Giradix, Segregazionix (vedi "Asterix e il Grande Fossato"); in Aquitania comincia così una fiera guerra tribale. Abraracourcix lascia l'Armorica e si sposta in Aquitania con il grosso dei suoi uomini per dare manforte all'amico Giradix; Vercingetorix non gradisce la cosa ma evita di prendere provvedimenti, un po' per riguardo al suo fedele generale Asterix ed al suo campione Obelix, cui deve il titolo regale, ed un po' perché teme che davvero il druido Panoramix, spostatosi in Aquitania al seguito di Abraracourcix, possieda il segreto di una pozione magica che dà l'invincibilità.
La fuga di Asterix
Intanto Cesare rientra a Roma e chiede truppe al Senato per andare a riconquistare la Gallia, così come Asterix aveva largamente previsto, ma gli optimates, istigati da Cicerone, gliele negano ed anzi lo accusano di voler usare quelle truppe per scatenare una guerra civile e farsi re. "Ebbene, io sarò re", esclama un furente Giulio Cesare di fronte ai patres conscripti, "ma non a Roma, dove nessuno può esserlo. Lo sarò in oriente, dove questo titolo vale ancora qualcosa! Non attaccherò mai l'Urbe, eppure mi ritaglierò un impero." Il Senato risponde mettendolo al bando dalla città e confiscandogli tutti i beni. Allora il generale romano si imbarca ad Ostia con un pugno di fedelissimi veterani e fa vela verso l'oriente, dove i senatori pensano lo attenda lo stesso destino di Crasso. Pare che, salpando, Cesare abbia pronunciato la famosa invettiva: "Senatores boni viri, Senatus mala bestia!" E' il 51 a.C.
Intanto Pompeo, proconsole di Spagna, resta unico padrone della scena politica e pensa di acquistare notevole prestigio riuscendo là dove Cesare aveva fallito. Dopo aver sottomesso i Cantabri e i Baschi, approfitta del fatto che Acidonitrix, il malvagio consigliere di Segregazionix, ha invocato l'aiuto di Roma per vincere la contesa contro Giradix ed Abraracourcix, ed attraversa in forze i Pirenei (vedi "Asterix e il Grande Fossato"). Pompeo equivoca però i messaggi in codice inviatigli da Acidonitrix, affronta in battaglia proprio Segregazionix, che gli veniva incontro come alleato, e lo uccide con buona parte dei suoi guerrieri. A questo punto Asterix chiede ed ottiene da Vercingetorix di marciare contro gli invasori romani; intanto Comix, il valoroso figlio di Giradix, svela l'intrigo di Acidonitrix, che è passato per le armi, e riunisce tutte le forze degli Aquitani, sia quelli fedeli a Vercingetorix che quelli a lui avversi. Comix ed Asterix infliggono così a Cumulonembus, tribuno militare di Pompeo, una cocente sconfitta (primavera del 50 a.C.); il tribuno si suicida sul campo per non affrontare l'ira di Pompeo. Vercingetorix canta vittoria ed invita Giradix ad Alesia, dove egli ha posto la sua capitale, per offrirgli il giusto guiderdone. Quando però Giradix e il grosso dei suoi uomini giunge in città, Vercingetorix li fa circondare e massacrare, e prende il controllo dell'Aquitania raggiungendo il confine dei Pirenei. Comix, rimasto in Aquitania e scampato al massacro, giura vendetta e si dà alla macchia, continuando la guerra tribale di suo padre, dopo aver sposato Fanzine, la bella figlia di Segregazionix. Asterix raggiunge invece Vercingetorix in compagnia di Panoramix, e lo rimprovera duramente.
"Hai agito male", gli dice. "Un re deve pensare a difendere la nazione dai suoi nemici esterni, non a chiudere i conti con i suoi nemici interni. Giradix ha combattuto Pompeo per conto tuo: è come se tu ti fossi tagliato il braccio con il quale combattevi, e Comix non te lo perdonerà."
"Ora io sono il re e decido io cos'è giusto e cosa non è giusto fare", ribatte Vercingetorix, cui evidentemente il potere ha dato alla testa. "Noi Arverni poi non dimentichiamo né gli amici né i nemici, e Giradix aveva preso le armi contro di me prima che contro i Romani. Tu devi decidere da che parte stare, con me o contro di me; e non te lo chiederò una seconda volta."
"Io sto con chi combatte i nemici dei Galli, non con chi combatte altri Galli", è la risposta di Asterix, al che Vercingetorix lo fa arrestare assieme a Panoramix. Il druido tuttavia gli scaglia contro la sua maledizione:
"Teutates non ha gradito ciò che hai fatto, perchè egli ama il valore in battaglia e non l'infingardia. Ed ecco, gli déi hanno contato i tuoi giorni ed hanno stabilito per essi una fine. Per sette anni governerai, e per sette anni il tuo regno sarà lacerato da contrasti senza fine. Per sette anni i nemici della Gallia ti attaccheranno, e per sette anni invece tu sprecherai le tue energie nelle guerre civili. Anziché come il liberatore, tu sarai ricordato come l'oppressore del tuo paese, e quello che ha segnato la tua ascesa, segnerà anche la tua rovina."
Vercingetorix, ormai un tiranno a tutti gli effetti, pensa ad una bella esecuzione pubblica per il suo illustre prigioniero, ma la notte Obelix travolge ogni difensore e libera l'amico ed il druido. I tre fuggono attraverso il Massiccio Centrale e, nonostante la caccia serrata che Vercingetorix dà loro, superano il confine con la Provincia di Gallia Narbonense (la nostra Provenza) e si pongono in salvo (dicembre del 50 a.C.). Li raggiungono anche alcuni compaesani del villaggio dell'Armorica, tra cui il fabbro Automatix, il pescivendolo Ordinalfabetix, il veterano Matusalemix ed il bardo Assurancetourix, mentre Abraracourcix con altri armoricani è rimasto con Comix a combattere la tirannide di Vercingetorix. Tutti quanti per sopravvivere si arruolano nelle legioni romane, e vengono spediti in Africa a combattere i ribelli della Mauretania (vedi "Asterix Legionario"), regione nella quale essi compiono grandi prodezze militari, tanto che tutta la regione fino a Tingis (la nostra Tangeri) potrà essere ridotta a provincia romana nel giro di tre anni. Anche fra i Romani comincia a circolare la voce che Panoramix, al seguito delle legioni in qualità di aruspice, conosca il segreto dell'invincibilità, ma egli smentisce sempre e si limita a preparare unguenti per i legionari feriti e a propinare cure contro le malattie tropicali.
Cesare in Egitto
Quanto a Pompeo, soddisfatto di come vanno le cose in Mauretania e della guerra civile che travaglia l'Aquitania, nonostante la sconfitta subita può rientrare a Roma presentando il suo proconsolato come un successo. Il Senato gli offre la Dittatura ma egli la rifiuta, dicendo: "Non sarò il Vercingetorix di Roma, io!" e si limita ad accettare il consolato per alcuni anni di seguito, nel 49 a.C. in coppia con Cicerone.
E Cesare? Il mancato conquistatore delle Gallie sbarca ad Alessandria d'Egitto ed offre i suoi servigi a Tolomeo XIII, che è in guerra con i partigiani della sorella e sposa Cleopatra VII: secondo i patti presi con il loro padre, dovevano regnare assieme, ma Tolomeo ha scacciato la sorella dal trono ed intende tenerselo. Alcuni propongono a Tolomeo di assassinare Cesare per ingraziarsi Pompeo, ma il re ha scarso acume politico e pensa di manovrare il generale romano come una marionetta. Giunto a Naucrati, tuttavia, Cesare si vede venire incontro uno schiavo nubiano che reca sulle braccia un tappeto e glielo srotola davanti. Dal tappeto emerge Cleopatra VII, che è bellissima, raffinata e parla sette lingue. E' subito il colpo di fulmine: Cesare volta gabbana, si schiera con Cleopatra, occupa Alessandria alla testa dei suoi partigiani e leva di mezzo l'inetto Tolomeo. Cleopatra è incoronata regina d'Egitto e sposa Cesare, che così corona il suo sogno di diventare re, come aveva predetto davanti al Senato. Naturalmente Roma non riconosce Cleopatra ed Aulo Gabinio è inviato in Egitto per spodestarla. Sbarcato a Pelusio, tuttavia, viene attaccato in forze da Cesare, sconfitto ed ucciso (giugno 48 a.C.). Il danno d'immagine per Roma è grande, ma Pompeo decide ancora una volta di fare buon viso a cattivo gioco e di venire a patti con l'ex compagno di triumvirato: l'Egitto non verrà più attaccato purché Cesare si impegni a non attaccare mai Roma. Non è un granché, dato che aveva già promesso di farlo prima di partire, ma l'abile Pompeo riesce di nuovo a capovolgere la sconfitta e a farla apparire quasi come un buon risultato, anche grazie all'abile propaganda di Marco Tullio Cicerone, il suo più fedele alleato. Il vero vincitore della partita tuttavia è Cesare, che non solo ottiene il titolo di re, ma anzi strappa alcuni importanti territori a Roma, pur senza combattere contro la propria patria. Infatti Cipro, Rodi e Delo abbandonano Roma per porsi sotto la protezione dei Tolomei, ed anche Antipatro, l'erede degli Asmonei di Palestina, riconosce la sovranità di Cesare sul suo regno, fino a quel momento vassallo dei Romani. Erode, giovane figlio di Antipatro, è inviato alla corte di Alessandria "per imparare come si fa ad essere re".
Nel frattempo, per Vercingetorix le cose non vanno affatto bene. Il regno è dissanguato dalla guerriglia scatenata da Comix ed Abrarcourcix, e la lotta si estende alle regioni del nordovest, scontente del decisionismo e della tirannia dell'arverno. I Germani premono sul confine del Reno e sconfinano in più punti, saccheggiando le campagne galliche. I romani guadagnano posizioni e spostano impercettibilmente verso nord il confine della provincia di Narbona. I principali campioni che avevano assicurato l'ascesa di Vercingetorix, Asterix ed Obelix, sono banditi dal regno, e per ben tre volte Cassivellauno rifiuta di giungere in soccorso del suo antico alleato. Vercingetorix progetta addirittura una spedizione punitiva contro di lui, ma sa benissimo che sguarnire la Gallia significherebbe veder andare in frantumi il suo già debole regno, minato dalla crescente opposizione contro i suoi metodi da autocrate. Per cercare di distrarre il popolo dalle proteste contro di lui, nel 47 a.C. muove guerra agli Elvezi, ma la campagna non ha esito e provoca solo estese ribellioni nel nordovest, vessato dalle scorrerie dei Cimbri e degli Alemanni, i cui abitanti vorrebbero vedere le truppe di Vercingetorix muovere guerra agli invasori tedeschi anziché ai consanguinei dell'Elvezia. Cicerone consiglia apertamente Pompeo di sfruttare il momento di debolezza del re gallico ed assestare la spallata decisiva al suo traballante stato, ma il solo superstite del triumvirato non riesce a risolversi, temendo che Cesare rompa i patti e lo assalga alle spalle grazie alla modernizzazione da lui operata sulla flotta tolemaica, che ora è padrona del Mediterraneo orientale. Del resto anche in casa sua Pompeo ha le sue gatte da pelare: infatti il Partito Popolare non gli ha perdonato di non essersi opposto al bando di Cesare, ed ora va riorganizzandosi sotto Marco Antonio, già luogotenente di Cesare, che ne ha raccolto l'eredità politica e mal sopporta lo strapotere della classe senatoria. Cicerone scaglia contro Antonio le sue arringhe note come "Filippiche", per analogia con quelle di Demostene, nelle quali lo accusa di voler essere il nuovo Catilina e di prepararsi ad un colpo di stato; Antonio se la lega al dito e giura vendetta.
Asterix e Marco Antonio decidono il futuro del mondo
È tempo di tornare alle vicende di Asterix. Marco Antonio, allontanato da Roma dal Senato con la scusa di verificare come procede la guerra in Mauretania, sbarca ad Ippona (la nostra Annaba, in Algeria, che darà i natali a Sant'Agostino) nel 47 a.C., ed ivi si rende conto che la guerra è praticamente terminata con uno splendido successo, grazie al valore di Asterix, Obelix e dei loro compatrioti, dei quali Asterix è stato promosso centurione. Lo raggiungono naturalmente le voci dell'esistenza della pozione magica e decide di incontrarli a faccia a faccia, pensando di trarne profitto per il suo partito.
"Sei tu il famoso Asterix che convinse Vercingetorix a graziare il mio generale, Giulio Cesare?" gli domanda a bruciapelo il generale romano.
"Sono io. Mi rammento di te, Antonio: eri a Gergovia con Cesare. Non ho dimenticato come trattasti umanamente i nostri prigionieri celti."
"Allora, anche se tu sei gallo ed io romano, io e te abbiamo di che ringraziarci reciprocamente, tanto più che ora combattiamo sotto la stessa insegna."
"E' vero, anche se io ed i miei compagni non sogniamo altro che di rientrare nel nostro lontano villaggio dell'Armorica e riprendere i nostri lieti banchetti, con i quali concludevamo le festività religiose prima che lo spirito malefico della guerra non investisse le nostre due patrie."
Antonio coglie la palla al balzo. "E se noi due ci coalizzassimo per realizzare questo sogno di pace?"
"Diffido di un generale che pronuncia quella parola", ribatte l'eroe dai baffi biondi. "L'ultimo che lo fece in mia presenza fu Vercingetorix, e le notizie che mi giungono dall'Aquitania dimostrano che egli ora pensa a tutto, fuorché alla pace del nostro popolo."
"Ma io potrei mettere veramente fine alle battaglie e smettere io stesso l'armatura di generale, se prendessi il potere a Roma ed eliminassi tutti quei senatori che si oppongono a me. Allora Roma e la Gallia vivrebbero in pace, l'una accanto all'altra, da alleate e non più da nemiche."
"Ed ovviamente tu saresti il dittatore di Roma ed Asterix il re di Gallia, giusto?" interloquisce il druido Panoramix.
"Naturalmente. Riesci ad immaginare uno scenario migliore?"
"Oh, sì", annuisce gravemente il druido. "Come nessun villaggio gallico può essere costruito sopra un dolmen, così nessuna pace può essere eretta sulla tomba di chi ci ha preceduto. La pace dei sepolcri è solo l'anticamera di nuovi odii, nuove vendette e nuove guerre."
"Non mi sembra saggio, o stregone, prendere il potere e lasciare in vita i propri avversari politici, che preparerebbero subito una bella congiura in puro stile romano e mi spazzerebbero via come la scopa di una massaia elimina i baccelli vuoti dalla sua aia."
"E ai loro figli non pensi? Dovrebbero essere eliminati anche loro, o vendicheranno i genitori. Ma i padri ed i figli hanno i loro amici che cercherebbero di vendicarli a loro volta. Pensi che compiere una strage sia il modo giusto per governare Roma, la Gallia ed il mondo? Pensi che il terrore e la tirannia allontanerebbero o avvicinerebbero la rovina del mondo così come lo conosciamo? I Germani premono alle porte dell'oriente e non attendono altro che ci dilaniamo tra di noi, per rimpiazzare tanto i Celti quanto i Latini. Generale Marco Antonio, tu potrai uccidere chiunque, ma non il tuo successore."
Antonio si gratta il capo, perplesso. "Tu parli bene, ma in alternativa al mio progetto cosa suggerisci?"
"L'esilio per i nemici politici, un esilio tanto dorato che non si sognino di tornare ad una politica fatta di bassezze e di intrighi. Un impero fondato sulla libera unione di popoli fratelli, e non sulla violenza delle conquiste militari. E l'abolizione della pena capitale e della croce: meglio uccidere l'errore, ma salvare l'errante."
"Tu mi stupisci, druido. Sapevo che i Galli bruciavano vivi dentro cesti di vimini i nemici catturati."
"Questo lo facevano i guerrieri assetati di sangue e di vendetta, magari contro i legionari romani che uccidevano i loro figli e stupravano le loro figlie. In un mondo senza guerre la vendetta diventa superflua, odiosa e controproducente."
"Supponiamo che io abbracci questo tuo progetto", riprende Marco Antonio, che da buon militare un po' ignorante comprende queste parole così come comprenderebbe un trattato indiano di aritmetica. "Tu mi forniresti la pozione magica in quantità sufficiente per prendere Roma?"
"Mi dispiace deluderti, generale: la pozione dell'invincibilità è solo una leggenda. L'unica pozione che può rendere invincibili è lo strenuo coraggio e l'assoluta dedizione alla propria causa. Ed Asterix e i suoi uomini hanno dimostrato di averne da vendere!"
Marco Antonio non crede all'inesistenza del filtro magico, ma sa che il segreto di esso può trasmettersi solo da bocca di druido ad orecchio di druido; e così, se non può averlo, decide di avere dalla sua gli strabilianti effetti che esso assicurerebbe ai Galli. "Se seguirò i consigli di Panoramix, tu combatterai al mio fianco così come combattesti al fianco di Vercingetorix?" domanda perciò al centurione Asterix.
"Solo se tu giurerai di non diventare un tiranno come è divenuto lui", lo mette in guardia il gallo. "Io sono solo un centurione e tu sei il mio generale, ma ricorda: nessuno può menare per il naso un guerriero gallico senza ricevere la giusta punizione."
"Sì", parla Obelix per la prima volta, agitando la daga: "Noi non teniamo generali e tribuni, noi temiamo una cosa sola: che il Cielo ci caschi sulla testa!"
"L'ignoranza della paura per un guerriero è quello che l'ignoranza del pudore è per una donna: la cosa più desiderabile", sorride Marco Antonio a quella dichiarazione da gradasso. "Quanto a te, Asterix, la schiettezza del tuo parlare merita che venga colmata la differenza di grado che ci divide, in modo che tu possa davvero mettere in atto la tua minaccia, se mai rischierò di divenire un tiranno assetato di sangue come Dionisio di Siracusa. Da oggi in poi tu sarai il tribuno della XIV Legione. Obelix, ti faccio centurione e ti metto a capo di questi valorosi Galli che hanno sottomesso i Mauretani. Panoramix, tu sarai il mio indovino personale ed il mio consigliere. La XIII Legione sarà più che sufficiente per presidiare le nuove province di Mauretania Tingitana e di Mauretania Sitifiense. Sposterò la XIV Legione in Gallia Narbonense, sotto il mio diretto comando, poiché negli ultimi mesi si sono verificati incidenti di frontiera sempre più frequenti tra noi ed il Regno di Gallia; e persino Pompeo sarà d'accordo sul fatto che nessuno meglio dell'ex luogotenente di Vercingetorix può tenere a bada l'arroganza dell'arverno. Questo. amici, è l'inizio delle nostre fortune."
"Le nostre fortune sono nella mente di Teutates", commenta Panoramix con un sogghigno, dopo aver osservato il disegno tracciato dalle ossa magiche che senza farsi vedere ha lasciato cadere al suolo dalla sua scarsella...
Il novello Alessandro
Siamo così al 46 a.C., un anno di importanti svolte. Infatti Marco Antonio ha spostato in Gallia Narbonense un'intera legione (tra cui i nostri Galli dell'Armorica) dichiarando di volerla usare per sferrare un attacco contro Vercingetorix e vendicare la sconfitta di Cesare, ma Pompeo lo trattiene dallo sferrare quell'attacco per timore che il prestigio di Antonio cresca a tal punto, da indurre il popolo di Roma a sollevarsi contro la classe senatoria ed a scacciarlo dal potere. In tal modo egli non sa di fare il gioco di Antonio, che su quei soldati ben addestrati ha tutt'altri progetti. Sospettando tuttavia qualche tiro mancino da parte del suo principale avversario politico, l'ex luogotenente di Silla accetta dal Senato il titolo di Dittatore per dieci anni, respingendo quello di Dittatore a Vita con la solita motivazione di non voler creare le basi per una monarchia. Anche l'accettazione della dittatura decennale, tuttavia, viene incontro ai piani di Antonio, poiché i capi del partito popolare si convincono che sono quasi maturi i tempi per sloggiare Gneo Pompeo dal potere, prima che sia preso dalla tentazione di cingere la corona come Vercingetorix.
Intanto, peggiora ulteriormente lo stato del regno di Gallia, perchè ora l'eroe di Alesia assurto al trono si sente il fiato di Antonio sul collo, avendo assistito al dislocamento in Gallia meridionale della XIV Legione. La sua mente inoltre viene sconvolta dal timore di essere rovesciato, com'è accaduto nella storia ad altri satrapi che hanno conquistato in breve tempo una posizione di grande preminenza: Vercingetorix si fa sospettoso e crudele, ed i suoi stessi amici finiscono vittima delle sue paure. Questo provoca l'estesa ribellione di tutta la Bretagna e dell'Armorica, i cui capitribù decidono di ritirare l'appoggio dato (malvolentieri) a Vercingetorix dopo che Obelix ha sconfitto Aplusbelgalix. Riunitisi nella Foresta dei Carnuti, dove i Druidi si radunano ogni anno in occasione delle feste in onore degli déi Belenos e Belisama (vedi "Asterix e i Goti"), dietro proposta di Abraracourcix essi eleggono Comix nuovo re di Gallia al posto di Vercingetorix. Il regno così si spacca in due, con l'arverno che regna sulle tribù celtiche centrali, e l'aquitano che governa l'Aquitania, l'Armorica, la Bretagna e i Belgi che hanno voltato le spalle a Vercingetorix, stufi della sua inerzia contro le tribù germaniche. Queste ultime vengono invece affrontate in battaglia da Comix presso Argentoratum (la nostra Strasburgo): grazie alla divisione tra i due principali campioni germanici, lo svevo Teleferic e l'alemanno Cloridric (vedi "Asterix e i Goti"), il nuovo re li ricaccia al di là del Reno ed anzi compie una spedizione dimostrativa fin nel cuore della Selva Nera, crescendo vieppiù in considerazione agli occhi dei Galli. Ormai Vercingetorix è obbedito solo da Arverni, Lemovici, Biturigi, Pictonii, Edui, Ruteni e Sequani, e tutte le energie residue del suo regno vanno sprecate nella guerra civile contro le tribù del Nord, come gli aveva predetto Panoramix. Comix invece riceve il sostegno di Cassivellauno e degli Elvezi, e pone la sua capitale a Lutezia, l'attuale Parigi, che così inizia la sua irresistibile ascesa come capitale. Dietro consiglio di Panoramix, Marco Antonio invia a Comix un'ambasceria segreta per chiedergli di continuare a tenere impegnato Vercingetorix senza mai dargli tregua, così da avere le spalle coperte quando tenterà l'assalto al cuore della Res Publica romana. Certamente l'avvento in Gallia di un regno forte e sostenuto dal popolo indebolisce il piano di Antonio di compensare Asterix per i suoi servigi ponendolo sul trono di Vercingetorix, ma il generale se ne preoccupa relativamente poiché i suoi valorosi alleati armoricani sembrano del tutto disinteressati alle cariche politiche ed agli onori di questo mondo, e dopotutto un dittatore trova sempre il modo di compensare coloro che lo hanno aiutato a conquistare il potere.
Ma il 46 a.C. è soprattutto l'anno di Caio Giulio Cesare. Questi infatti, che intanto ha avuto da Cleopatra VII il figlio Tolomeo XV Cesare, non ha mai rinunciato al sogno di vendicare Crasso e di dare il fatto loro agli odiati Parti, e così con l'aiuto di Cleopatra allestisce una grande spedizione militare con la quale intende ripetere le gesta di Alessandro Magno. In pochi anni egli ha riorganizzato completamente l'esercito egiziano sul modello della legione, ha reclutato numerosi soldati nubiani il cui valore è a tutti ben noto, e nel 47 a.C. ha compiuto le prove generali della guerra d'oriente con una spedizione fino alla Quarta Cateratta del Nilo, con la quale ha reso tributario il regno di Meroe. Il forte afflusso di oro dalla valle dell'Alto Nilo permette a Cleopatra VII di finanziare la spedizione, comprando tra l'altro l'appoggio di molte tribù beduine dell'Arabia, fondamentali per l'assalto alla Mesopotamia. I Nabatei assicurano a Cesare l'appoggio finanziario (è loro infatti il monopolio delle carovaniere dirette ai paesi dell'incenso), dietro la promessa che potranno gestire i lucrosi traffici tra l'Egitto e la Persia, scavalcando la provincia romana di Siria; anche il Sinedrio di Gerusalemme appoggia il sovrano d'Egitto con la motivazione di "aiutarlo a vendicare la deportazione ebraica a Babilonia" di 550 anni prima.
La grande impresa comincia il 14 febbraio del 46 a.C. (Cesare ha appena introdotto in Egitto il Calendario Giuliano, elaborato dall'astronomo Sosigene), prendendo a spunto il massacro di un usuraio ebreo e della sua famiglia a Seleucia, sull'Eufrate. Antipatro esige che gli assassini dell'ebreo gli siano consegnati, per punirli esemplarmente, ma naturalmente il re dei Parti Mitridate III rifiuta. Questi sa che Antipatro è spalleggiato da Cesare, ma sottovaluta le capacità dell'ex proconsole romano, ora che non ha più le legioni dell'Urbe al suo comando, e confida nell'invincibilità della cavalleria partica. E così, dopo che Antipatro ha chiesto a gran voce l'aiuto di Cleopatra, Cesare rompe ogni indugio ed alla testa di un nutrito esercito passa in Palestina, attraversa il Giordano presso Gerico, fa tappa a Rabbat-Ammon (l'attuale Amman) e quindi, con l'aiuto di guide arabe, attraversa il deserto passando a sud della provincia romana di Siria, istituita proprio da Pompeo 17 anni prima. Piomba così a sorpresa su Seleucia e la espugna. Mitridate III si domanda sconcertato come Cesare sia riuscito in quest'impresa, ma non può far altro che richiamare truppe da ogni angolo del suo regno e porsi alla loro testa per difendere la capitale Ctesifonte. Il 3 luglio Cesare si scontra con Mitridate sulle rive del Tigri e pone in rotta l'esercito rivale grazie ad una manovra a tenaglia simile a quella di Annibale; molti soldati nemici annegano nel Tigri, mentre Mitridate è raggiunto da una freccia, scagliata da un arciere ebreo di nome Giacobbe, nativo di Nazareth in Galilea, e muore sul campo. Cesare occupa la capitale, ma proibisce ai suoi uomini il saccheggio e chiede invece la confisca pacifica del tesoro della città per compensare i suoi soldati. Giacobbe è nominato comandante in capo della divisione arcieri per compensarlo di aver abbattuto il sovrano rivale; lo stesso Cesare si siede sul trono degli Arsacidi e si proclama nuovo imperatore, compiendo così la profezia da lui stesso pronunciata. Naturalmente molti popoli sudditi dei Parti accolgono il suo arrivo come quello di un liberatore, anche per la fama di magnanimità che lo accompagna, ma la Mesopotamia settentrionale, l'Armenia e l'Atropatene (Azerbaigian) gli si ribellano subito, reclamando l'indipendenza. Allora Cesare piomba su quelle terre con un forte esercito, rimpolpato con ausiliari mesopotamici, e a Nisibis schiaccia la rivolta nel sangue; egli annuncia a Cleopatra la vittoria inviandole un brevissimo messaggio che recita solo « VENI, VIDI, VICI ». A questo punto la Cappadocia e il Commagene, fin qui satelliti di Roma, si pongono sotto la protezione di Cesare, che giunge fino a Tarso, in Cilicia, isolando la provincia romana di Siria. Ma i venti di guerra richiamano Cesare verso oriente: i Parti si stanno riorganizzando e intendono scacciare l'invasore, dopo aver represso a loro volta delle rivolte contro di loro. Il 1 gennaio del 45 a.C. Cesare piomba su Hamadan e distrugge l'esercito partico, i cui superstiti ormai in rotta fuggono verso la loro terra d'origine, la Parthiene, rinchiudendosi nell'antica capitale Ecatompilo. Cesare decide di inseguirli e penetra nel cuore dell'Iran, ottenendo la sottomissione dei Medi e dei Susiani e sconfiggendo un nuovo esercito iranico sulle coste meridionali del Mar Caspio. A questo punto però gli si ribellano i Carmanii, ed egli devia dalla strada per Ecatompilo muovendo verso Kerman, fondata da Alessandro Magno con il nome di Alessandria di Carmania. Egli spedisce il suo emissario Sopercertus (vedi "L'Odissea di Asterix") presso gli Arii e i Drangiani, tradizionali nemici dei Carmanii, il quale con la sua melliflua loquela se li fa amici ed alleati; Cesare così ha mano libera per attaccare i temibili Carmanii da due parti. L'assedio di Kerman dura cinque mesi, durante i quali Cesare inizia a scrivere i suoi "Commentarii de Bello Parthico" ed invia alcuni contingenti militari ad ottenere la sottomissione dei potentati arabi del nostro Oman; infine, nell'ottobre del 45 a.C. può espugnare e radere al suolo Kerman, da lui rifondata con il nome di Cesarea di Carmania. Lo prende la mania alessandrina di fondare o ribattezzare città, e così giunge fino sull'oceano Indiano dove fonda un'altra Cesarea; non a caso egli si è portato dietro l'architetto egizio Numerobis (vedi "Asterix e Cleopatra").
Cesare ormai è abbagliato dal sogno di una conquista senza fine e, di battaglia in battaglia, raggiunge l'Indo e conquista la città di Peshawar, penetrando poi nella Pentapotamia, così detta dai cinque rami che confluiscono tra loro a formare l'Indo (in sanscrito Penjab). Nonostante stia per iniziare la stagione delle piogge monsoniche, il novello Alessandro varca l'Idaspe e si prepara ad attaccare Kilosah, signore del Penjab (vedi "Le mille e un'ora di Asterix"); questi tuttavia gli va incontro disarmato con ricchi doni, fa atto di sottomissione e lo prega di salvare almeno la vita dei suoi figli. Cesare, come si sa, è magnanimo e non solo lo risparmia, ma anzi lo lascia sul trono e lo fa suo vassallo. Giunto sull'Ifasi, il più orientale dei quattro rami dell'Indo, Cesare lo varca, arrivando là dove persino il Macedone si era fermato, ma si accontenta di aver mosso un passo più avanti del suo glorioso predecessore e, incontratosi con il maragià del Sind, l'India settentrionale, stringe alleanza con lui ponendo il confine sull'Ifasi ed apre fiorenti rapporti commerciali tra l'Egitto e l'India. È il maggio del 44 a.C., ma Giulio Cesare non si accontenta. Tornato ad ovest dell'Indo, varca l'Indukush e sottomette la Battriana (il nostro Afghanistan), dove fonda Cesarea Bucefala, che diverrà poi la nostra Kabul (evidentemente il nome del cavallo di Alessandro Magno lo aveva suggestionato). Volendo poi ripetere l'impresa di Alessandro fino in fondo, egli varca l'Osso (il nostro Amu Darja) e riduce all'obbedienza anche la favolosa città di Samarcanda, spingendosi poi fino a Kashgar, nel bacino del Tarim, città della quale è incoronato sovrano essendo il trono vacante da molti anni. L'insaziabile Cesare varca anche l'Iassarte (il Sir Darja) e batte una tribù di Sciti, mettendola in fuga e ricevendo anche il titolo di "conquistatore della Scizia"; a questo punto però ordina l'alt alle sue truppe, fa dietrofront e marcia verso la Parthiene per chiudere definitivamente i conti con i suoi nemici Parti. Il 6 aprile del 43 a.C. la popolazione di Ecatompilo gli spalanca le porte, per timore che il nuovo Alessandro compia una strage, e gli consegna i suoi capi, che vengono ridotti in schiavitù e tratti in catene come prigionieri. Allora Cesare si autoincorona re dei Parti e grazia la città. A questo punto però, dopo un avventuroso viaggio, lo raggiunge a Rhagae lo scriba Biribis (vedi "Asterix e Cleopatra"), inviato da Cleopatra VII al suo eroico consorte per chiedergli di tornare il più presto possibile, visto che una grave minaccia incombe su di lei e sul loro giovane figlio. Mentre Caio Giulio Cesare si copre di gloria nel lontano oriente, cosa sta succedendo nel Mediterraneo?
L'invasione tedesca della Gallia
Tutto è cominciato, ancora una volta, in Gallia. Infatti Vercingetorix si sente assediato da ogni parte: a sud i Romani, ad est gli Elvezi, a nord e a sudovest le tribù fedeli a Comix. Anche i suoi fedeli alleati cominciano a chiedersi se non sia il caso di trovare un altro capo, visto che egli ha saputo solo creare divisioni e lutti, e sembra aver cercato in tutti i modi di realizzare la triste profezia di Panoramix. A questo punto il vincitore di Alesia, che si aspetta di essere deposto e consegnato a Comix da un momento all'altro, compie l'unica mossa che crede potergli assicurare la vittoria finale: si allea con lo svevo Teleferic (vedi "Asterix e i Goti"), nemico giurato di Comix che lo ha sconfitto in battaglia, ed osa offrirgli la Gallia Belgica in cambio dell'aiuto militare. Naturalmente Teleferic non aspettava occasione migliore per mettere le mani non solo sul Belgio ma sull'intera Gallia, e così varca indisturbato il confine renano con il suo poderoso esercito. I Sequani, già fedeli a Vercingetorix, non accettano che i germani attraversino il loro territorio, gli si oppongono in armi ma vengono sconfitti e trucidati nella battaglia di Vesontio (la nostra Besançon) il 26 febbraio del 45 a.C. Di fronte a questo, anche i Pictonii e gli Edui riconoscono Comix come capo, mentre i Boi chiedono la protezione di Roma. Gli Svevi con i loro alleati Cimbri e Teutoni tuttavia prendono immediatamente il controllo del territorio e compiono razzie ed abusi di ogni genere, tanto che persino Vercingetorix si rende conto dell'errore commesso permettendo ai seguaci di Thor di invadere il suo paese. Naturalmente Antonio comprende che Teleferic non si accontenterà certo della Gallia, ma vorrà raggiungere il Mediterraneo e puntare addirittura sull'Italia e sulle sue ricchezze; per questo fortifica il confine ed accoglie entro la Gallia Narbonense le tribù che fuggono davanti alle violenze, ai saccheggi ed agli stupri dei Germani. Anche Comix capisce che la prossima preda degli Svevi sarà lui, così decide di inviare un emissario presso il quartier generale di Asterix a Tolosa, per invocare il suo aiuto. La scelta cade su Menabotte, il giovanissimo nipote del capo Abraracourcix, figlio di suo fratello Oceanonix (vedi "Asterix e i Normanni"), di appena 17 anni, che nonostante i timori dello zio osa imbarcarsi in un viaggio pericolosissimo attraverso tutta la Gallia occupata dai Germani, dimostrando che nelle sue vene scorre davvero il sangue di un capo. Contemporaneamente Comix invia anche il prode Abraracourcix al di là del Reno, presso gli Alamanni, offrendo la proprio alleanza al loro re Cloridric, cui pure ha inflitto una cocente sconfitta. Cloridric non dimentica le umiliazioni subite, ma i Germani hanno il vizio di odiarsi tra di loro più di quanto non odino i loro nemici esterni; e così, essendo divenuto il peggior nemico di Teleferic per il predominio sulla Germania Magna, Cloridric accetta l'alleanza in cambio di un consistente premio in oro e in manufatti gallici. Anche l'impresa del giovane Menabotte riesce e, nonostante sia ferito ed affamato, il ragazzo riesce ad arrivare fino ad Asterix e a comunicargli la richiesta d'aiuto di Comix. A questo punto Asterix affronta Antonio e gli parla fuori dai gradi:
"Tu sei il mio generale ma, se mi impedisci di accorrere in aiuto dei miei amici, sarò costretto a disertare e a passare il confine con i miei guerrieri galli!"
"Lo sai che non vi trovate qui per combattere Vercingetorix, tribuno, ma per portare avanti i nostri piani contro il dittatore. Pompeo Magno non mi perdonerebbe mai un'iniziativa militare di questo tipo: lo sai bene che la sua filosofia è « Lasciate che i Galli si sbranino tra di loro »!"
"Ma anche questo è un modo per combattere Pompeo. Non credi che ci farebbe comodo l'alleanza con Comix, re di tutta la Gallia, per rovesciarlo? Quanto al fatto della disobbedienza agli ordini, basterà che noi... er... permettiamo volontariamente che un'orda di barbari sconfini nella Res Publica e lasci dietro di sé un po' di danni, per giustificare una spedizione punitiva contro Teleferic, anziché una in sostegno di Comix."
"Non c'è che dire, Asterix, sei proprio astuto come una volpe. Va bene, darò ordine di allentare la sorveglianza presso la città di Lugdunum, che è in mano a Passamilcric, luogotenente di Teleferic."
L'inganno riesce e, vistasi aprire una voragine nel vallo difensivo approntato dai Romani, il rozzo Passamilcric (vedi "Asterix e i Goti"), che di politica e di strategia si intende quanto degli scritti di Aristotele, invade la Provincia Narbonense mettendo a sacco due villaggi. Asterix, che non aspettava altro, piomba su di loro dalle colline su cui si era nascosto con i suoi uomini, e non solo li stermina, ma passa il confine e cinge d'assedio la nostra Lione. A questo punto Antonio ha già inviato al Senato la notizia che gli Svevi sono riusciti a sfondare la linea di confine, « nonostante la strenua difesa romana » (sic!), e subito Pompeo gli ordina di contrattaccare, nella speranza di esaurire le energie delle truppe di Antonio nella guerra contro i Germani, anziché in quella contro di lui. Il conquistatore della Siria ancora non sa che Asterix ha contrattaccato senza aspettare i suoi ordini; Antonio gli invia rapporti alterati nel loro ordine cronologico, in modo da far sembrare che l'impresa di Asterix sia un'azione dettata dalla disperata necessità di difendere la Res Publica contro l'invasione straniera, e non un progetto bellico studiato a lungo a tavolino. Ad ogni modo, come il biondo gallo prevedeva, non appena viene informato della disfatta di Lugdunum, Teleferic lascia Alesia, dove Vercingetorix è sorvegliato dal capo barbaro Teoric e dai suoi Teutoni, e muove in forze verso la città, sguarnendo il fronte settentrionale. Avvertito da un piccione viaggiatore, Comix capisce che è il momento buono e, dopo aver affidato ad Abraracourcix metà del suo esercito, invade con ogni sua forza disponibile il regno di Vercingetorix occupato dai Germani; al suo fianco è Cloridric con i suoi alleati Sigambri e Turingi, ben deciso a chiudere i conti con Teleferic una volta per tutte. Per di più Comix si vede raggiungere anche da Cassivellauno, con i suoi Siluri, Cantii., Trinobanti, Ordovici e Dumnonii, ben deciso a far vincere con ogni mezzo la causa celtica contro quella tedesca. L'esercito romano condotto da Asterix, quello gallico condotto da Comix ed Abraracourcix, quello britanno condotto da Cassivellauno e quello alamanno condotto da Cloridric convergono sugli eserciti svevo, cimbro e teutone guidati da Teleferic e dai suoi feudatari, e li chiudono in una morsa presso Bibracte, l'odierna Autun, capitale degli Edui. Quando Teleferic si rende conto di ciò che sta accadendo, cerca di disimpegnarsi ma è troppo tardi: grazie soprattutto alle prodezze di Obelix, lo svevo subisce una disastrosa sconfitta e, rifiutando di arrendersi, si uccide sul campo di battaglia. È il 15 settembre del 45 a.C.
Conseguenze: il generale Antonio ottiene grazie ad Asterix una prestigiosa vittoria ed un incredibile guadagno di immagine per il suo partito; Comix è proclamato re di tutta la Gallia; i Celti dimostrano che, se uniti, possono resistere alla penetrazione dei Germani; Cloridric diventa il capo indiscusso di tutte le tribù germaniche tra il Reno e l'Elba. Inoltre Antonio, Asterix, Comix, Abraracourcix, Cassivellauno e Cloridric si incontrano a Bibracte e, dopo aver brindato alla vittoria, decidono di stringere il "Patto di Bibracte": Res Publica romana, regno di Gallia, Britannia ed Alamanni si impegnano a vivere in pace l'uno accanto all'altro, senza tentativi di aggressione reciproca, e a commerciare liberamente senza dazi, creando così una sorta di "Mercato Comune Europeo" ante litteram. Dal canto suo, Cloridric si accontenta del premio in oro promessogli da Abraracourcix e del bottino saccheggiato agli Svevi, ripassa il Reno e, sul modello di Comix, si fa incoronare König (re) di Germania nella città di Hannover, da lui fondata ad imitazione di Lutezia come capitale del suo regno. Inizia la sedentarizzazione dei Germani che subiscono il potente influsso culturale di Romani e Galli, in seguito ai frequenti scambi culturali con essi; in breve sorgono le città di Brema, Frankfurt, Dortmund, Magdeburgo e Lipsia. Gli Elvezi, gelosi della loro indipendenza tra le montagne, fondano un loro piccolo regno ma accettano di essere protetti da Comix. Cassivellauno ritorna in Britannia dove rifiuta un titolo regale analogo a quello di Comix; l'isola maggiore d'Europa continua ad essere una federazione di tribù tra loro indipendenti. Invece Abraracourcix è nominato duca dell'Armorica e della Bretagna e si stabilisce a Condate, la nostra Rennes, dove viveva anche la bella Falbalà (vedi "Asterix Legionario" ed "Asterix e Latraviata"), ma spesso torna nel suo villaggio sulla costa armoricana per banchettare con i guerrieri che lo hanno accompagnato in tante battaglie.
De bello civili
Ma questo è solo l'inizio delle avventure per i nostri eroi. Infatti Vercingetorix non si rassegna alla sconfitta e, su sollecitazione del ciarlatano Prolix (vedi "Asterix e l'indovino") che si spaccia per aruspice, divenuto suo consigliere, passa in clandestinità insieme al grosso dei suoi guerrieri Arverni, gli unici a restargli fedeli. Così ora le parti si invertono: Comix è solennemente incoronato re di Gallia a Lutezia dal druido Panoramix, mentre è Vercingetorix a scatenare la guerriglia contro le sue truppe. A chi gli obietta che il regno di Gallia non è ancora in pace, Panoramix risponde che i "sette anni" della profezia non sono ancora trascorsi. Inoltre, Pompeo Magno rifiuta di accettare il Patto di Bibracte: come tutti i conquistatori romani, con i Galli e i Germani non vuole convivere: li vuole assoggettare. E così, invidioso del suo successo d'immagine e dell'ascendente che Asterix ha sulla plebe romana, con il Senatusconsultum Ultimum del 30 novembre 45 a.C. lo fa dichiarare dal Senato Nemico della Patria, essendosi alleato con Galli e Germani. "Con il loro aiuto egli intende rendere Roma schiava dei barbari!", lo attacca Cicerone con foga inaudita.
"Avevi ragione tu", commenta Antonio discutendo con Asterix: "attaccare Vercingetorix per noi è stato come colpire al cuore Pompeo. Ora te la senti di seguirmi in questa nuova avventura?"
"È per vivere quest'avventura che ti ho seguito fin qui, generale."
"Sì, ma quasi tutti i tuoi fedelissimi Galli ora sono tornati in Armorica al servizio di Abraracourcix."
"Io no", si intromette il fiero Obelix. "Io seguirò il mio amico in capo al mondo e sarò la sua ombra, la sua guardia del corpo, la sua ala protettrice. Chi ha paura se Obelix è con lui?"
"Io no di sicuro", sorride Antonio, divertito da tanta gagliardia. "Ricorda però, gigante, che se passeremo il Rubicone in armi, saremo a tutti gli effetti dei rivoltosi e ogni cives della Res Publica avrà il dovere di farci fuori come nemici della patria."
"Che vengano", ribatte il colosso facendo risuonare sinistramente la spada contro lo scudo. "Roma non è la mia patria, ed io sono orgoglioso di essere considerato da essa come un nemico. Se vogliono misurarsi con me, allora veramente Sono Pazzi Questi Romani!"
Dopo aver trascorso l'inverno nel quartier generale di Tolosa, tempo impiegato da Pompeo a rodersi il fegato per le imprese di Cesare nel lontano Oriente, poiché non ritiene di dover fare grandi preparativi contro Antonio, essendo già abbastanza forte per schiacciarlo, l'esercito di Asterix muove dalla Narbonense e si sposta nella Gallia Cisalpina; con esso viaggiano molti ausiliari Galli ed Alemanni. "Smobilitate o vi tratteremo come barbari e vi spazzeremo via", è il baldanzoso proclama di Pompeo Magno, lanciato il 31 gennaio del 44 a.C. Ma Asterix rompe ogni indugio, e dopo aver proclamato "Il dado è tratto!" (Alea jacta est) supera il Rubicone e marcia su Roma. Inizia così la Guerra Civile. L'esercito raccolto da Pompeo gli va incontro ma è sgominato facilmente presso Perugia, e così la via per l'Urbe è sgombra. Gneo Pompeo fugge codardamente e ripara a Brindisi con il grosso dei Senatori, che portano via in fretta e furia le loro ricchezze, quindi passa il mare e si mette in salvo in Grecia, dove riorganizza le sue forze. Intanto Asterix ed Obelix entrano trionfalmente a Roma il 4 marzo, acclamati come eroi dal popolo festante. Antonio arriva due giorni dopo, e subito si fa proclamare Dittatore a Tempo Indeterminato (Dictator Sine Die) dai Comizi Centuriati. Asterix gli consiglia moderazione e prudenza, ma ormai il potere gli ha dato alla testa: nominati senatori 200 cavalieri in sostituzione dei Patres Conscripti fuggiti in Grecia con Pompeo, il 13 marzo Marc'Antonio chiede loro di autorizzare la strage di tutti coloro che erano collusi con il vecchio regime, e di nominarlo Imperator, cioè sovrano sul modello delle monarchie orientali. A questo punto alcuni degli stessi che lo avevano acclamato durante le imprese in Gallia decidono di levarlo di mezzo, poiché egli ha osato troppo. La mattina del 15 marzo 44 a.C., mentre egli si reca alla seduta del nuovo Senato radunato nel Teatro di Pompeo perchè l'antico luogo di riunioni è stato danneggiato da un incendio, venti congiurati guidati da Marco Giunio Bruto, pompeiano rimasto in città sotto mentite spoglie, lo circondano e lo crivellano di coltellate. Asterix ed Obelix accorrono subito sul luogo della congiura, ma non possono far altro che raccogliere il corpo esanime del loro generale, immerso in un lago di sangue. Subito Obelix acciuffa Bruto ed i suoi scherani e farebbe giustizia sommaria seduta stante, se l'eroe gallico non lo trattenesse con parole consegnate alla storia:
"No, Obelix: essi hanno solo dato voce al malcontento del popolo romano contro il generale Marco Antonio, che ha tradito i propri stessi ideali per farsi dittatore parimenti a quello che diceva di voler combattere. Io li perdono, anche se li bandisco da Roma. Che Bruto sia libero di raggiungere il suo amico Pompeo: non commetterò l'errore di Antonio, mettendomi alla sua stregua con lo spargerne il sangue su questi marmi."
Il popolo di Roma, accorso in massa alla notizia della morte dell'aspirante tiranno, inneggia al gallo conferendogli spontaneamente il titolo di "Salvatore della Res Publica" e, alla moda dei capi barbari, lo innalza su di uno scudo e lo porta in trionfo per i Fori. Il Tribuno della Plebe Claudius Malosinius (vedi "Asterix e gli Elvezi") gli domanda immediatamente di assumere la guida del Partito Popolare in luogo di Antonio, e il titolo di Dictator per colmare il vuoto di potere che rischierebbe di favorire il ritorno di Pompeo dalla Grecia.
"Non posso accettare", si difende Asterix, colto di sorpresa dall'improvvisa offerta dei tribuni. "Io non sono romano, ho anzi combattuto a lungo le vostre insegne, sebbene poi abbia militato sotto di esse in Mauretania, e nemmeno nel mio paese ero di stirpe nobile: mio padre fa il locandiere a Condate."
Tuttavia il tribuno gli ricorda che anche Caio Mario proveniva da una famiglia assolutamente plebea e, se è vero che Asterix non è neppure cives romanus, in quel momento il Partito Popolare ha un bisogno talmente disperato di un capo, da accettare senza problemi persino un "barbaro" alla guida della città di Roma. E così Asterix è costretto ad accettare, a vestire la toga romana e a parlare davanti al nuovo Senato formato da Cavalieri, per annunciare una politica di riconciliazione e di amnistia; subito vengono coniate monete in suo onore (vedi foto a destra). Tuttavia egli deve subito rivestire i panni del guerriero, perché i luogotenenti che Pompeo ha lasciato in Spagna durante il suo proconsolato si ribellano immediatamente al conferimento della dittatura ad un barbaro, e minacciano di prendere l'Italia tra due fuochi, poiché sia la Spagna che la Grecia sono fedeli al Partito Nobiliare. Con un'incredibile marcia di 47 giorni il prode gallo piomba sulla Spagna Citeriore e schiaccia i pompeiani a Munda (la nostra Montilla), grazie anche all'aiuto di ausiliari galli che gli sono stati inviati da re Comix, fedele al Patto di Bibracte. Siccome Giuba, re vassallo della Numidia, si ribella a sua volta contro Roma, Asterix "da indi scese folgorando a Iuba", come avrebbe scritto Dante molti secoli più tardi, e lo sconfigge a Tapso nell'autunno del 44 a.C., annettendo la Numidia alla Res Publica come provincia. Marco Porcio Catone il giovane, massimo esponente in occidente del partito nobiliare, dopo la sconfitta di Tapso si rinchiude in Utica dove è assediato da Obelix; quando capisce che tutto è perduto, approfitta di un attimo di distrazione della sposa Marzia per suicidarsi. Conquistando Utica, Asterix ed Obelix liberano tutto l'occidente romano dal dominio pompeiano, ed il nuovo Senato di Roma conferisce loro la cittadinanza romana, la potestà tribunizia ed il titolo di Consoli per cinque anni. Obelix però rinuncia al titolo, dichiarandosi inetto alla politica, e lascia il ruolo di collega di Asterix nel consolato a Claudius Malosinius. Il Senato lo nomina allora generale dell'armata della Gallia, della Spagna e dell'Africa. Inoltre Falbalà, che ha perso il marito Tragicomix (vedi "Asterix Legionario") nella guerra contro i Germani di Teleferic, resta abbagliata dai successi di Obelix sotto le insegne di Roma e, dopo aver saputo da Panoramix che Obelix ha sempre portato con sé come portafortuna un cammeo che la ritrae, decide di abbandonare Condate, di trasferirsi a Roma e di sposare Obelix, che così può coronare finalmente il suo sogno d'amore.
Cesare e Giuseppe
Mentre però Asterix mieteva i suoi successi, Pompeo non è rimasto con le mani in mano. Infatti ora non ha nulla da temere da Cesare, che sa impegnato nella sua campagna di conquista dell'impero dei Parti, e lo ha raggiunto anche Bruto, il quale, animato da insano desiderio di vendetta contro quell'Asterix che pure gli ha fatto salva la vita, ha intrapreso la raccolta di truppe in Illiria, Grecia ed Asia. E così, il conquistatore della Siria si prepara alla riconquista dell'Italia e di Roma, mentre Cicerone lo sostiene lanciando proclami di fuoco contro il governo del Partito Popolare che « ha svenduto Roma ai barbari e si prepara a farne una provincia della Gallia ». Per di più, egli riceve l'insperato appoggio di Vercingetorix: sconfitto da Comix presso Burdigala (la nostra Bordeaux) in una battaglia che secondo il sedicente indovino Prolix avrebbe dovuto vincere facilmente, ha ucciso il ciarlatano con le sue mani e si è imbarcato su di una nave che lo ha condotto fino in Grecia. Qui si mette al servizio di Pompeo con il fior fiore dei suoi guerrieri Arverni, dietro la promessa che l'ex proconsole, dopo essere ridiventato padrone di Roma, lo aiuterà a tornare sul trono di Gallia (Panoramix aveva ragione, i sette anni di guerre non sono ancora trascorsi). Di conseguenza Comix offre la sua alleanza ed i suoi guerrieri ad Asterix per sventare la minaccia proveniente dall'oriente.
Bruto tuttavia osa troppo, pretendendo di ricevere aiuti anche dall'Egitto, che nominalmente è ancora uno stato vassallo di Roma. E così impone a Cleopatra VII, che governa il regno dei Tolomei in assenza di Cesare, di unirsi alla spedizione contro Asterix inviando le proprie truppe a sostegno di Pompeo. Naturalmente Cleopatra rifiuta, memore del fatto che Pompeo non ha mosso un dito per evitare il bando al suo vecchio collega di Triumvirato, e Marco Giunio Bruto convince Pompeo a lasciarlo partire per una spedizione punitiva contro Alessandria, promettendo di ritornare portando la superba egiziana incatenata dietro il suo carro. Pompeo esita, temendo giustamente la vendetta di Giulio Cesare, ma Cicerone lo convince che egli ormai sarà pago delle sue conquiste asiatiche: errore fatale, che costerà caro a tutti i capi del Partito Aristocratico. Ma Marco Giunio Bruto non se ne cura e, nel gennaio del 43 a.C., fa vela da Efeso nella provincia d'Asia ed attacca Alessandria. Nello scontro in armi, va a fuoco parte della preziosissima biblioteca che raccoglie tutto lo scibile umano; vista la mala parata, Cleopatra VII con il figlioletto Tolomeo XV Cesare fugge a Petra, nel deserto dell'Arabia, sotto la protezione di Antipatro, re vassallo di Gerusalemme, e dei mercanti Nabatei. Ora l'Egitto è in mano di Bruto che si fa coronare suo re e, dimenticando per il momento la Guerra Civile, pensa di conquistare anche Arabia e Palestina per ricongiungerlo alla Siria romana. Ma, come vi ho già detto, Cleopatra invia Biribis, il suo scriba personale, sino ad Ecatompilo, la capitale dei Parti dove ora si trova suo marito Giulio Cesare. Questi non può sopportare l'idea che Bruto, suo figlio naturale, minacci la vita della sua giovane sposa egizia e del suo legittimo erede, e così, montato su tutte le furie, raduna un'armata colossale di almeno 200.000 uomini e, alla testa di essa, attraversa a marce forzate la Media e la Mesopotamia, piombando sulla provincia romana di Siria. Antiochia è espugnata il 10 dicembre del 43 a.C. Bruto allora rompe gli indugi e gli muove contro dall'Egitto, invadendo la Palestina, ma il 18 gennaio del 42 a.C. Cesare lo affronta nella pianura di Saron, in Galilea, ed annienta le sue truppe; vistosi sconfitto, Bruto cerca e trova la morte sul campo di battaglia. Ancora una volta sono decisivi gli arcieri guidati da Giacobbe di Nazareth, che ora si trova a pochi chilometri da casa sua. Dopo la vittoria Cesare si ferma a riposare proprio nella cittadina di Nazareth, Giacobbe lo accoglie in casa sua e gli presenta il suo giovane figlio Giuseppe, di soli 15 anni, apprendista carpentiere. Il dialogo seguente è stato tramandato dal poeta Anneo Lucano nel suo poema storico in lode di Cesare:
"Ti piacerebbe fare carriera come tuo padre nell'esercito di Cesare?" gli domanda il novello Alessandro.
"No", risponde decisamente il ragazzo. "Al legno delle macchine da guerra preferisco quello dei tavoli e delle porte, ed al ferro delle spalle preferisco quello dei chiodi."
"Ti sto offrendo un futuro alto grado nelle mie coorti, che è poi il trampolino per una brillante carriera politica, proprio come è accaduto a me, che ho cominciato come questore in Spagna. Lo capisci, questo?"
"Certamente, maestà. Io però credo nelle parole degli Shofetim, i profeti del mio popolo, i quali hanno annunciato che il regno più eccelso non è di questo mondo, e non vale la pena di combattere per potentati caduchi e per tirannelli che non sono in grado di aggiungere neppure un'ora alla durata della propria vita."
"Che cosa vuoi dire?" domanda Cesare, sconcertato.
"Voglio dire che l'unico vero regno è quello di Dio, ed è un regno i cui sudditi sono Angeli del Paradiso e spiriti che nessuno potrà uccidere in battaglia, poiché sono già passati attraverso il martirio e la tribolazione."
"Più che come un garzone di falegname, parli come la gran sacerdotessa delle Vestali", mormora Cesare, che se ne è sempre riso degli déi pur avendo ricoperto la carica di Pontifex Maximus, ma che è affascinato dalla fede incrollabile mostrata da quel giovanotto.
"Perdonalo, signore: mio figlio ha la lingua un po' troppo lunga e si è montato la testa, da quando gli ho detto che un giorno sarà lui il capo della Casa di Jesse", cerca di scusarsi Giacobbe, imbarazzato. Poiché però il conquistatore della Partia si informa meglio su questo punto, il giovane Giuseppe Bar Iacob ribatte con orgoglio schiettamente ebraico:
"Nelle mie vene scorre sangue regale, proprio come nelle tue, o sommo Cesare. Io e mio padre Giacobbe siamo i legittimi eredi della casata di Davide, il grande sovrano che unificò questa Terra e ricevette da JHWH la promessa di un regno eterno, allorquando tra i colli della futura Roma ancora pascolavano le pecore ed i capri. Tranquillizzati, però: io non rivendico corone terrene, né quella di Antipatro né la tua. Attendo piuttosto il Messia che instaurerà il Regno dei Cieli invincibile ed immortale, poiché fondato sulla fede degli uomini e non sulla loro forza bruta. Ed un angelo in sogno mi ha detto una volta che non morirò prima di vedere i giorni del Messia, l'Unto di Israele."
"Sì, e magari ne sarai il padre", lo rimprovera Giacobbe assestandogli uno scappellotto e rimandandolo nella sua stanza. "Torno a chiederti perdono per il suo ardire, o Conquistatore. Sono duemila anni che il mio popolo attende Colui che lo salverà dai suoi peccati, e tutti i giovani esaltati dal verbo dei Profeti sono convinti che l'Atteso nascerà nel corso della loro generazione."
"Non c'è nulla di male ad avere una fede tanto salda", replica Cesare prima di andarsene. "Anzi, invidio tuo figlio, perchè io ho sempre creduto che sarei stato l'unico fabbro della mia fortuna, mentre Giuseppe crede in un Dio che non lo abbandona mai e può realizzare ogni suo sogno. Custodisci con cura tuo figlio, arciere: non c'è bisogno di essere uno dei Profeti d'Israele per annunciarti che lo attende un grande futuro."
Asterix trionfa a Farsalo
Subito dopo la vittoria di Saron, Cleopatra VII lascia Petra e va incontro al suo sposo Cesare, incontrandosi con lui presso la reggia di Antipatro a Gerusalemme; per celebrare il lieto incontro, Antipatro fonda la città di Cesarea (oggi Giaffa). La tradizione dice che è durante questo incontro che Cleopatra concepisce la seconda figlia di Cesare, Cleopatra VIII Selene. Ma c'è poco tempo per cogliere i dolci frutti dell'amore, poiché Pompeo e tutto il Partito Aristocratico ha saputo della disfatta mediante la sua spia egizia Ginfis (vedi "Asterix e Cleopatra"), e i Patres Conscripti fuggiti in Grecia reclamano a gran voce la riconquista della provincia romana di Siria, che Cesare ha annesso al suo impero. Pompeo non può dire loro di no, ma non può nemmeno affrontare in armi la gigantesca macchina da guerra messa in campo da Cesare. E così invia privatamente all'ex collega di triumvirato la spia Ginfis con la segreta proposta di tregua: riconoscerà la conquista egiziana della Siria in cambio della neutralità di Cesare nella guerra civile contro Asterix. Cleopatra VII tuttavia intercetta il messaggero e rende pubblico l'intrigo, cosicché gli aristocratici sconfessano Pompeo e tentano di assassinarlo. Grazie alla delazione di uno dei suoi fedelissimi, Pompeo riesce a sfuggire ai suoi ex sostenitori e a mettersi in salvo su di una nave, con la quale fa vela sull'Egitto, sperando che Giulio Cesare gli offra asilo in nome dell'antica amicizia. Probabilmente il magnanimo Cesare glielo offrirebbe anche, ma Cleopatra è più permalosa e non ha dimenticato lo scherzetto giocatole da Bruto, scherano dello stesso Pompeo: appena l'ex dittatore pone piede sulle banchine del porto di Pelusio, tre sicari della regina gli sono addosso e lo eliminano. È il 5 maggio del 42 a.C. Subito dopo la testa di Pompeo è portata all'imperatore, il quale domanda ai soldati: "Chi è stato a fare questo? Il responsabile si faccia avanti, io lo innalzerò al di sopra di tutti quanti." I tre sicari si presentano, confidando in un sostanzioso premio, ma Cesare li apostrofa con voce terribile:
"Come avete potuto spargere il sangue di uno tra i più grandi generali di Roma, della cui amicizia io ho potuto vantarmi in passato? Pagherete caro il vostro ardire!"
"Sapevamo che eri vendicativo, ma non sapevamo che tu fossi spergiuro!" gli ribattono i tre omicidi.
"Oh, no", proclama Cesare, "io le mie promesse le mantengo sempre. Sarete innalzati tutti e tre a due braccia dal suolo!" Ed ordina che siano immediatamente crocifissi.
Intanto il Partito Aristocratico ha già nominato l'erede di Pompeo nella persona di Caio Cassio Longino, questore con Crasso ed amico fraterno di Marco Giunio Bruto, investito della carica di Dittatore Sine Die con il compito di battere Asterix e riconquistare Roma; per dimostrarsi fedele ai patti, egli muove immediatamente con le sue truppe dalle sue basi in Macedonia per invadere l'Italia. Lo storico greco Plutarco racconta che, una notte, nella sua tenda da campo gli compare uno spettro che gli annuncia: "Ci rivedremo a Farsalo!", ma il nuovo dittatore non è superstizioso e non se ne cura. E fa male, perché nel frattempo Asterix, tenuto informato dall'amico mercante Grandimais (vedi "L'Odissea di Asterix") di tutte le vicende capitate in Oriente, non è rimasto a guardare: lasciato Claudius Malosinius a governare Roma, si è recato personalmente a Lutezia e poi in Britannia e in Germania per chiedere l'aiuto dei suoi antichi alleati. Comix e Cloridric non hanno dimenticato il Patto di Bibracte, tanto più che vogliono chiudere definitivamente i conti con Vercingetorix, e così a fine 43 a.C. calano in Italia con il fiore delle loro truppe per impedire a tutti i costi il ritorno al potere dei pompeiani, che cercherebbero subito di annettere Gallia, Britannia e Germania al loro impero. Cassivellauno è malato, ma Beltorax, lontano parente di Asterix e provetto navigatore (vedi "Asterix e i Britanni"), si offre di guidare un corpo di spedizione britannico nel Mar Mediterraneo. E così, per la prima volta il popolo romano vede sfilare per le vie dell'Urbe i baffuti guerrieri gallici, britanni e germani, non da sottomessi ma da alleati.
Asterix può così tentare una mossa che ai più appare folle: con il suo esercito multietnico varca il canale d'Otranto e sbarca in Epiro. Cassio è preso di sprovvista ma decide di ingaggiare battaglia, spronato a ciò da Vercingetorix che vede rosso, dopo aver saputo che Comix e Cloridric sono della partita. Lo scontro avviene l'8 luglio 42 a.C. nella pianura di Farsalo, in Tessaglia, e dura ben tre giorni; alla fine centomila uomini giacciono morti sul campo di battaglia, ma la vittoria arride ancora una volta al piccolo gallo divenuto Console di Roma. Per non cadere nelle mani dei nemici, Cassio si fa uccidere da un suo liberto, mentre Cicerone tenta di fuggire via nave nel Mar Nero, verso le terre del Ponto, ma muore in un naufragio. Quanto a Vercingetorix, per quanto ferito, l'ex re tenta di mettersi in salvo scappando verso nord, ma incontra un contingente di guerrieri Arverni guidati da Alambix (vedi "Asterix e lo scudo degli Arverni"), salvatosi miracolosamente dalla battaglia, che non gradisce né di essere stato portato fin lì solo per vedere il macello dei suoi uomini, né di assistere alla fuga codarda dell'ex re di Gallia, e fa di lui giustizia sommaria. Così si compie la profezia di Panoramix: gli stessi che avevano acclamato Vercingetorix re, gli Arverni, sono causa della sua morte, che gli è giunta indirettamente per opera di quello stesso Asterix che, dieci anni prima, lo aveva visto trionfare ad Alesia.
Il Secondo Triumvirato come non te lo aspetti
La cartina soprastante mostra la situazione del bacino Mediterraneo dopo la vittoria della coalizione guidata da Asterix in quel di Filippi. La Res Publica Romana è riunificata e ad Asterix è offerto il titolo di Console a Vita e Pontefice Massimo. Egli però rinuncia clamorosamente e dichiara di volersi ritirare nel suo piccolo villaggio in Armorica, lasciando il governo di Roma al giovane Caio Ottaviano, di soli 21 anni, nipote della sorella di Giulio Cesare, che si è particolarmente distinto nella battaglia di Farsalo, con la motivazione che "è giusto che Roma sia governata da un romano". Ottaviano è lusingato dall'offerta ma si sente troppo giovane per reggere da solo lo stato romano.
"Governiamo insieme, io, te e Malosinius", propone il nipote di Giulio Cesare all'eroe gallico. "Io ci metterò l'ardore giovanile ed il mio importante cognomen; Malosinius ci metterà la sua esperienza di consumato politico; e tu ci metterai il tuo indiscusso valore militare. L'unione fa la forza; in tre riporteremo Roma ai suoi antichi splendori."
Il popolo romano convince Asterix ad accettare. Si forma così il Secondo Triumvirato, che a differenza del primo non è un accordo privato ma un patto istituzionale per reggere la Res Publica, avallato dalla Lex Titia. Ottaviano e Malosinius sono nominati Consoli per dieci anni, ed il primo si insedia a Roma, il secondo a Corinto, in Grecia, onde governare rispettivamente la parte occidentale e quella orientale della Res Publica; Asterix invece diviene Proconsole delle Legioni, in pratica comandante in capo dell'intero esercito, e Pontefice Massimo. Subito Asterix riparte per la penisola balcanica onde assoggettare la Pannonia, la Mesia e la Tracia, in modo da rendere sicuro il confine romano contro le scorrerie di Daci e Sarmati. Dal canto loro, Comix e Cloridric si vedono riconoscere il titolo regale dal nuovo Senato di Roma, formato da cavalieri e da quegli aristocratici che hanno deciso di mettersi dalla parte del Triumvirato. I loro due regni assicurano la Res Publica contro le scorrerie dei barbari (Cloridric conduce numerose campagne contro i Sassoni che vivono oltre l'Elba), commerciano liberamente nei porti del Mediterraneo e mandano la loro gioventù a studiare a Roma. Ben presto a loro volta i retori latini cominciano a studiare le lingue celtiche e quelle germaniche, che sotto l'esempio di quella latina e greca danno vita a letterature nazionali. Quanto alla Britannia, l'eroe nazionale Cassivellauno muore nel 41 a.C. e Beltorax, che si è coperto di gloria nella campagna tessala, accetta il titolo di Gran Re di Britannia; egli assume il nome di Pendragon (Figlio del Dragone), si stabilisce a Londinium (Londra) e fonda la dinastia che porterà a re Artù. Anche i Britanni cominciano ad abbandonare l'ordinamento tribale per dare vita a città del tipo romano; fondazione nel nord di Eburacum, la nostra York. Siccome i Pitti e gli Scoti dal nord compiono scorrerie e razzie nel Gran Regno, minacciando Eburacum, Beltorax chiama ingegneri romani ed intraprende la costruzione del Grande Vallo, una muraglia difensiva che va dalla costa occidentale a quella orientale, invulnerabile contro gli attacchi delle tribù delle Highlands. In Ivernia (Irlanda) i Celti danno vita, per imitazione, al regno di Tara, in ottimi rapporti con quello di Britannia. Intanto Cesare e Cleopatra scambiano ambasciatori con il "nuovo corso" romano, si insediano ad Alessandria e governano con equilibrio un impero immenso, che giunge fino all'Indo e al Sir-Darja. L'erede Tolomeo XV Cesare (sei anni) è incoronato re di Babilonia, mentre la neonata Cleopatra VIII Selene è nominata principessa di Partia. Gli storici successivi diranno che per il mondo è iniziata un'era di pace, e la chiameranno "Pax Asterixia".
In realtà è pace solo nelle capitali, poiché alla periferia dei grandi stati le guerre proseguono. Infatti per il prode Asterix iniziano dieci anni di campagne militari, durante le quali per prima cosa egli sposta il confine romano sul Danubio, annettendo la Germania meridionale, la Rezia, il Norico, la Pannonia e la Mesia; incontratosi con Cloridric a Ratisbona, città fondata dal re alemanno sul Danubio apposta per favorire i commerci con il mondo romano, definisce pacificamente i reciproci confini e stringe con lui un nuovo patto di alleanza (Trattato di Ratisbona). In seguito il valoroso gallo intraprende una lunga guerra contro i Bastarni, i Daci e i Sarmati che vivono di là dal Danubio, e compiono continue scorrerie contro i territori assoggettati. Lo segue sempre il fido Obelix, con la moglie Falbalà che non lo abbandona mai neppure quando le orde barbariche si fanno più minacciose, e che gli dà ben tre figli. Intanto anche Cloridric intraprende una guerra di conquista e, dopo aver annesso la Boemia e la Moravia, con l'aiuto di Comix attacca frontalmente i Sassoni e spinge il proprio confine sull'Oder; deve però fermarsi quando tenta di attaccare l'arcipelago danese, perchè i suoi abitanti, i vigorosi Normanni, lo respingono nel 37 a.C. Questo è lo stesso anno in cui, alla morte di Antipatro, Erode ascende al trono di Gerusalemme, vassallo di Giulio Cesare, ed intraprende la ricostruzione del Tempio. Allora Cloridric si volge lui pure all'oriente e si scontra con i Venedi, gli antenati dei nostri Slavi, che vivono di là dalla Vistola. Poiché nel 35 a.C. essi si alleano con i Sarmati contro Asterix, quest'ultimo muove loro guerra e Cloridric unisce le sue forze alle sue; l'esercito romano e quello germanico fraternizzano, ed i due popoli cessano definitivamente di essere nemici. La guerra nelle regioni al confine tra le nostre Polonia e Slovacchia prosegue fra alterne vicende fino al 32 a.C.
Le mene di Cleopatra
Anche Cesare, che ha passato i sessant'anni, continua a condurre campagne militari, contro il regno di Meroe (40 a.C.), contro gli Alani al di là del Caucaso (38 a.C.) e contro i Sogdiani (abitanti del nostro Uzbekistan) che gli si sono ribellati (36 a.C.). La maggior parte del suo tempo tuttavia passa nell'amministrazione dell'immenso impero e nelle delizie che gli dispensa l'amore di Cleopatra. Quest'ultima però, pur amando sinceramente colui che l'ha resa imperatrice di metà del mondo conosciuto, non ha cessato i propri intrighi, nel solco della tradizione della corte egizia, ed ha messo gli occhi sul pronipote di Cesare, Ottaviano, abbagliata dal sogno di riunificare tutta l'umanità sotto il proprio dominio. E così. quando Giulio Cesare muore di morte naturale a 67 anni nel 33 a.C., ella ricomincia le sue trame. Fatta costruire dall'architetto Numerobis (vedi "Asterix e Cleopatra") una tomba monumentale nella Valle dei Re per l'imperatore Giulio Cesare, che viene immediatamente divinizzato, Cleopatra VII si associa al trono il figlio Tolomeo XV Cesare, lo fa incoronare imperatore e parte per Roma con la scusa di rendere omaggio al pronipote del marito e di rinnovare i buoni rapporti tra Roma e l'Egitto. Quando se la vede venire dinanzi seduta su un'immensa sfinge d'oro, spinta da centinaia di portatori nubiani, Ottaviano (che ora ha trent'anni) resta folgorato dalla sua sofisticata bellezza nonostante ella abbia già 36 anni, quindi sei più di lui, e la invita nella sua magnifica villa fuori Roma, dove per lei dimentica completamente la cura dello stato. Il popolo di Roma comincia ad ironizzare: "Cesare ha sottomesso l'Oriente e la moglie di Cesare ha sottomesso l'Occidente!" "Roma con le sue legioni ha vinto il mondo ma è stata sconfitta senza legioni!" Il partito democratico non gradisce la cosa e sconfessa Ottaviano come proprio leader; anzi, i partigiani del partito aizzano le folle, ricordando loro che Cesare ha conquistato Persia ed India per conto dell'Egitto e non di Roma, e che ora potrebbe essere l'Urbe la padrona dell'Oriente, se l'odiata regina d'Egitto non avesse circuito il più grande generale della Repubblica. In tal modo monta l'odio della plebe contro gli egizi, e cominciano a scoppiare delle sommosse, represse nel sangue. Asterix non è informato della cosa perchè impegnato a combattere i Venedi assieme a Cloridric, ma Malosinius sì, e comprende che Cleopatra sta mandando all'aria il lavoro che lui e Asterix stanno portando avanti da un decennio. Scrive perciò una lettera appassionata ad Ottaviano, tramandataci dallo storico Sallustio, la quale dice tra l'altro:
"Forse tu, o pronipote d'eroi, vuoi dimenticare il governo di metà della Res Publica di Roma per farti a tua volta governare da una donna, la quale, lungi dal discendere dai faraoni come afferma, è nipote di un rude generale barbaro al servizio di Alessandro Magno? Forse vuoi dimenticare la storia e la gloria della nostra Res Publica, che si vanta di non avere re da quasi cinque secoli, solo perchè ti ha soggiogato il fascino di una persona sola? Davvero vuoi tu regnare sul mondo, e che una donna dagli scopi equivoci regni su di te? Costei ha ammaliato Caio Giulio Cesare che era assai più vecchio di lei, perché dovrebbe farsi scrupolo dall'ammaliare uno che di lei è assai più giovane? Così come sotto la maschera teatrale da giovane può nascondersi un attore teatrale assai anziano, così sotto il pesante trucco della regina d'Oriente discerni la verità, e scorgi la donna che non mira a te, ma al tuo potere."
Questa lettera però, per opera di Cleopatra, non arriva mai ad Ottaviano, ormai dimentico della realtà che lo circonda, forse anche per effetto di alcune droghe indiane propinategli dalla discendente dei Lagidi. Allora Claudius Malosinius fa pubblicare la lettera in modo che tutti i cittadini della Res Publica la conoscano e parte per Roma onde incontrare personalmente il collega triumviro; ma, sbarcato a Brindisi, il cavaliere Graccus Garovirius (vedi "Asterix e gli Elvezi"), che pure ha ricevuto tanti benefici da Ottaviano ed è stato da lui ammesso al Senato, lo fa assassinare perché pagato da uomini di Cleopatra. Le province cominciano nuovamente a ribellarsi, ed ormai sulla Res Publica aleggia lo spettro di una nuova guerra civile, che si fa concreto quando Ottaviano riappare a Roma al braccio di Cleopatra ed annuncia che sposerà la regina d'Egitto, primo evidente passo verso la trasformazione della Res Publica in una monarchia satellite di Alessandria. Il Senato, dominato dal partito democratico, mette a morte Garovirius ed annulla il Triumvirato, riprendendo nelle proprie mani il potere esecutivo, ma Ottaviano, sobillato da Cleopatra VII, fa occupare in armi il Senato e fa gettare in carcere tutti i suoi membri che non passano dalla sua parte. Nonostante l'opposizione popolare, Ottaviano sposa Cleopatra con una fastosa cerimonia in puro stile orientale, durante la quale si proclama imperatore di Roma con il nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano I. È il 30 giugno del 32 a.C. I pretoriani di Ottaviano e gli sgherri di Cleopatra impongono il nuovo ordine con il terrore.
Asterix contro Cleopatra
A questo punto appare chiaro che solo Asterix può salvare la Res Publica dalla tirannia. Nonostante le strade siano tutte pattugliate, il liberto Caius Absurdus (vedi "Asterix e la Obelix S.p.A."), fedele a Malosinius, riesce a raggiungere la Gallia con la scusa di prendere accordi commerciali con Comix, che insieme a Fanzine regna saggiamente da Lutezia, e da qui, con il sostegno del re celta, passa in Germania. Inizia così un periglioso viaggio verso oriente al termine del quale Absurdus è tratto prigioniero dai guerrieri germani e portato nell'accampamento trincerato di Breslavia, fondato da Cloridric nella nostra Polonia. Fortunatamente, quando Absurdus è condotto alla presenza di Cloridric, Asterix è con lui e il liberto può portare a termine la sua ambasceria. Venuto a sapere della morte dell'amico Malosinius, il generale ed ex triumviro decide il rientro, lasciando sul fronte il suo luogotenente, il prode Marco Vipsanio Agrippa, perchè la sconfitta dei Venedi appare vicina, e rientra a tappe forzate dall'Europa centrale.
"Si va e si spacca tutto, non è vero, Asterix?" domanda Obelix, fregandosi le mani dalla contentezza.
"Niente affatto", gli ribatte l'amico di sempre. "Voglio evitare a tutti i costi una guerra civile che raderebbe al suolo Roma e rischierebbe di incendiare anche la nostra cara Gallia, dato che Comix è mio amico ed alleato. Senza trascurare il fatto che ora sei un padre di famiglia ed hai il dovere di non farti ammazzare, per riguardo alla tua sposa ed ai tuoi rampolli."
"Hai ragione! Quasi quasi rimpiango quando ero ancora scapolo come te ed andavamo insieme a cacciar cinghiali nel bosco attorno al nostro bel villaggio in Armorica. Ma dimmi, che si fa allora? Tu non sei il tipo che rifiuta di portare aiuto a chi glielo richiede."
"Infatti, non sono quel tipo. Però ho un piano."
E così, lasciate le truppe presso Vindobona (la nostra Vienna), sul Danubio, Asterix ed Obelix si travestono da comuni abitanti dell'impero romano e raggiungono Roma, riducendo a mal partito le pattuglie che li intercettano e chiedono loro chi siano. Nel gennaio del 31 a.C. i due giungono nell'Urbe e scoprono che da un mese Ottaviano e Cleopatra sono partiti per Alessandria, da dove intendono governare il mondo, ed hanno lasciato a Roma un presidio di pretoriani che commettono abusi di ogni genere sulla popolazione civile, guidati da Caius Obtus (vedi "Asterix Gladiatore"), che è praticamente il padrone della città. Il Senato non esiste più e la città si trova sotto la dittatura militare; ad Obtus alcune spie hanno annunciato che Asterix è sulla via del ritorno, ma egli è convinto di poter comprare l'amicizia del gallo con il denaro sonante, e poi non si preoccupa perchè le truppe si trovano al di là delle Alpi.
Ma Asterix può contare su truppe munitissime e particolarmente adirate: i popolani di Roma, che si sentono traditi da Ottaviano e dai suoi partigiani, e letteralmente venduti agli egizi. Così gli è facile raccogliere adepti dopo essersi fatto riconoscere da alcuni fidati superstiti del partito popolare; gli basta presentarsi nel Foro Boario ed arringare la folla riunita nel giorno di mercato, per farla passare tutta dalla sua parte e per incendiarla d'ira contro gli occupanti. I partigiani di Caius Obtus intervengono subito ma sono sopraffatti dalla folla, che rinnova ad Asterix il titolo di Dittatore; vista la mala parata, Obtus tenta di mettersi in salvo via nave, ma i portuali di Ostia hanno sabotato la sua galera, che cola miseramente a picco. Italia, Gallia Narbonense, Spagna, Africa, Grecia ed Illiria rinnovano la fedeltà ad Asterix, che restaura solennemente la Repubblica e rifcostituisce il Senato liberando i prigionieri e richiamando in patria gli esuli. L'Asia invece è passata con Ottaviano che, istigato da Cleopatra, vuole andare a riprendersi il suo impero. Intanto Marco Vipsanio Agrippa, a capo della coalizione romano-germanica, sconfigge definitivamente i Venedi presso la nostra Cracovia, ma re Cloridric muore nella battaglia e il suo regno piomba nell'anarchia, con tutte le tribù che si sollevano l'una contro l'altra, nella speranza di imporre il proprio capo come re. Agrippa lascia a sua volta un luogotenente a condurre le operazioni necessarie per rinforzare il confine nordorientale e punta sulla Grecia, dove intende ricongiungersi con Asterix per combattere l'autoproclamato imperatore.
Asterix Augusto
E così, il 2 agosto del 31 a.C., ad Azio, all'ingresso del golfo di Ambracia, la flotta romana capitanata da Agrippa si scontra con quella egizia capitanata da Ottaviano e Cleopatra VII in persona, mentre Asterix punta via terra sulla provincia d'Asia. Oltre ad avere poco fiuto per le donne, Ottaviano è anche un pessimo ammiraglio: benché superiori di numero, le pesanti galere egizie sono nettamente sconfitte dai più veloci vascelli romani, ed anche l'ammiraglia cola a picco. "Ci avete battuti solo quando a capitanarvi c'era un romano, Giulio Cesare", proclama Agrippa in direzione degli sconfitti. Ottaviano e Cleopatra si rifugiano ad Alessandria, sulla quale converge subito la flotta vittoriosa, mentre Asterix sbaraglia nettamente l'esercito imperiale presso Troade e penetra in Anatolia con i suoi soldati senza colpo ferire. Di vittoria in vittoria egli giunge fino a Babilonia, che gli spalanca le porte, e fa prigioniera Cleopatra VIII Selene, la giovane figlia di Giulio Cesare che invoca pietà. Asterix la trae prigioniera ma la risparmia e la tratta umanamente, quindi lascia in Mesopotamia Obelix, che punta subito sulla Parthiene nuovamente ribellatasi, per convergere verso la Palestina e poi verso l'Egitto. Ottaviano comprende che tutto è perduto e si suicida con un colpo di spada; Tolomeo XV Cesare è invece catturato da Agrippa e passato per le armi. Cleopatra VII invece tenta di ripetere con il nuovo vincitore ciò che ha già fatto con i due precedenti padroni di Roma: sfuggita alle truppe di Agrippa, va incontro ad Asterix e a Pelusio si fa trovare da lui mollemente adagiata su cuscini multicolori e vestita solo di veli semitrasparenti. Asterix però è insensibile al fascino della maliarda.
"Ho risparmiato tua figlia, risparmierò anche te", le ingiunge freddamente il fiero guerriero gallo, "anche se hai provocato la morte del mio amico Claudius Malosinius. Però per questo dovrai rinunciare al tuo regno e subire un processo da parte dei Comizi Curiati di Roma. Cercherò di evitarti la pena capitale e di farti comminare l'esilio a vita; può darsi che, nel lontano oriente, qualche staterello esotico che non ti conosce accetti ancora di essere governato da una persona infida e traditrice come te."
Cleopatra ringrazia il gallo per la sua generosità e si ritira nelle sue stanze, ma subito si fa mordere da un aspide e muore. All'arrivo di Asterix ad Alessandria, Agrippa lo saluta come il Salvatore della Repubblica e gli offre la corona d'Egitto, ma il generale rifiuta e pone invece il diadema sulla testa della giovane Cleopatra VIII Selene, con cui continuerà la dinastia Lagide, perché regni sotto l'egida della Res Publica romana; l'architetto Numerobis sarà il suo tutore fino alla maggiore età. Conseguenze: l'Egitto rientra nei suoi confini naturali; Ponto, Licia, Cilicia, Siria, Mesopotamia, Media, Persia e i territori iranici diventano province della Res Publica Romana; tutti i satelliti dell'Egitto diventano satelliti di Roma, inclusa la Giudea il cui re Erode si affretta a riconoscersi vassallo di Asterix. Intanto Obelix prosegue nella sua marcia inarrestabile e giunge fino all'Indo, quindi la sposa Falbalà lo convince a rientrare via mare fino a Carace. Armenia, Parthiene, Battriana, Gandhara, Pentapotamia e i territori al di là dell'Amu Darja formano una cintura di stati satelliti che proteggono la Res Publica da ogni nemico. E così nell'estate del 30 a.C. Asterix può fare ritorno a Roma, che gli concede il meritato trionfo e gli accorda il titolo di Padre della Patria. A quarantotto anni, lo riconoscono loro signore i popoli stanziati dal Portogallo fino al bacino del Tarim: nessun uomo ha mai avuto in pugno un dominio tanto grande. Per di più gli Alemanni inviano a Roma un'ambasceria ed offrono ad Asterix la corona di Germania, nella speranza che rimetta ordine nel loro paese; anche stavolta egli rifiuta ma invia il fido Obelix a fare da paciere. Dopo che egli ha sconfitto i Catti e i Sicambri, gli Alemanni incoronano re lui, Obelix, che così vede culminare la propria carriera con un titolo prestigioso. La Germania si mantiene indipendente ma tiene strette relazioni con Roma e con il regno di Gallia, sempre governato dal saggio Comix, amico personale di Asterix.
A questo punto il nostro eroe vorrebbe abbandonare ogni carica e tornare in Armorica, ma il Senato di Roma lo implora di rimanere, se non come Dittatore, per lo meno con il titolo di Protettore della Repubblica. Asterix allora accetta, "ma solo in spirito di sacrificio verso quanti credono in me", e il Senato gli conferisce il potere consolare perpetuo, la potestà tribunizia a vita ed il titolo di Augustus, "l'Aumentatore" (dal latino augere), perchè ha spinto i confini di Roma sin quasi al mar Baltico e sino all'Indo. Egli si circonda subito di uomini capaci per amministrare lo sconfinato dominio della Res Publica: Marco Vipsanio Agrippa è prefetctum Urbis e fa costruire il Pantheon di Roma; Claudio Druso Nerone, figlio di Livia Drusilla, ex moglie di Ottaviano (poi ripudiata per sposare Cleopatra), è comandante dell'esercito ed ha il compito di consolidare il confine settentrionale combattendo i Balti; Caius Absurdus è ministro dell'economia; Caio Mecenate è ministro della cultura e raccoglie attorno a sé un cenacolo di artisti e di poeti. In onore del biondo gallo il poeta mantovano Publio Virgilio Marone comincia a scrivere l'"Eneide", nella quale immagina che Enea, dopo la rovina di Troia, benché osteggiato da Giunone abbia navigato lungo le coste del Mediterraneo fino a superare le Colonne d'Ercole e ad approdare in Armorica, dove avrebbe fondato un villaggio ed avrebbe dato il via alla linea generazionale culminata in Asterix. Così parla di lui l'ombra di Anchise al figlio Enea:
« Hic vir, hic est, tibi quem promitti saepius audis,
Asterix Augustus, Divi genus, aurea condet
Saecula qui rursus Latio, regnata per arva
Saturno quondam, super et Garamantas et Indos
Proferet imperium: iacet extra sidera tellus,
Extra anni solisque vias ubi caelifer Atlans
Axem umero torquet stellis ardentibus aptum.
Huius in adventum iam nunc et Caspia regna
Responsis horrent divom et Maeotia tellus
Et septemgemini turbant trepida ostia Nili... »
(« Ecco l'uomo, ecco è questo che spesso ti senti promettere, l'Augusto Asterix, il figlio del Dio, che aprirà di nuovo per il Lazio il secolo d'oro, nei campi regnati da Saturno una volta; e allargherà il regno sui Garamanti e sugli Indi: fuori dello Zodiaco è la terra, fuori dalle strade del sole e dell'anno, ove Atlante celifero regge sull'omero l'asse prezioso di stelle splendenti. Fin d'ora l'avvento di lui paventano i regni del Caspio e la terra Meozia [la Crimea] per via dei responsi divini, e si turbano le trepide bocche del settuplice Nilo... » Eneide, libro VI, vv. 791-800)
Asterix governa saggiamente la Repubblica per molti anni, preoccupandosi di mantenere buone relazioni con gli stati vicini. Benché gli venga suggerito da più parti, rifiuta di prendersi una sposa romana e mantiene una vita assolutamente morigerata; l'unica sua distrazione è, ogni tanto, recarsi a caccia di cinghiali nei boschi sull'Appennino romano. Spesse volte riceve le visite, anche non ufficiali, dell'amico di sempre Obelix, del cugino Beltorax e di altri antichi compagni del villaggio in Armorica, che si sta rapidamente trasformando in una città celtica con il nome di Caer Asterix. A sua volta egli compie numerosi viaggi in tutte le province e nei regni satelliti. Durante un suo viaggio in Palestina il suo carro, cui si è spezzato l'assiale su di una pietra, viene riparato da Giuseppe, il figlio di Giacobbe l'arciere che è diventato un abile artigiano ed è stato nominato ingegnere di corte da re Erode; suoi sono i progetti per la nuova reggia erodiana e per il cosiddetto "Cortile dei Gentili" del maestoso Tempio di Gerusalemme. Asterix inoltre invia una spedizione al di là dell'Oceano Atlantico alla ricerca della mitica Ultima Thule (vedi "Asterix in America"), ma la ricerca resta senza esito. Nel 25 a.C. un'orda di Normanni guidati dal capo Olaf Grandibaf (vedi "Asterix e i Normanni"), dopo aver saccheggiato le coste della Britannia, si spinge fin sulle coste della Spagna, ma Agrippa li sconfigge e li mette in fuga.
Asterix decreta il Censimento e...
Purtroppo gli amici di Asterix cominciano ad andarsene ad uno ad uno. Abraracourcix muore nel 20 a.C.; l'anno dopo se ne va il poeta Virgilio, che muore a Brindisi per un colpo di sole proprio tra le braccia dell'eroe gallico, suo grande amico. Di Panoramix non si sa che fine abbia fatto; le leggende celtiche dicono che è stato assunto in cielo tra gli déi da Belenos e dalla sua sposa Belisama. Anche del bardo Assurancetourix non si conosce il destino (anche se i suoi amici dicono che, con la voce che si trovava, non può essere stato assunto all'Olimpo); un suo poema epico in lingua celtica dedicato alle imprese di Asterix ci è pervenuto in maniera frammentaria. Nel 15 a.C. si spegne Obelix, a 64 anni di età, e gli succede il figlio maggiore, lui pure chiamato Asterix in onore dell'amico, che assume il nome germanico di Clodio; suo figlio Meroveo inizierà la gloriosa dinastia dei Merovingi. Intanto Agrippa muove guerra agli Alani per rafforzare il confine nordorientale e riesce a debellarli più volte, ma muore nel 12 a.C. di malattia. Per Asterix è un duro colpo, poiché l'Augusto, che ha già 66 anni, pensava di nominarlo suo erede. Allora la scelta cade su Druso, il prode ministro della guerra che sconfigge definitivamente gli Alani e conquista la costa settentrionale del Mar Caspio; offeso, il fratello di lui Tiberio abbandona la Res Publica, fa vela per il lontano oriente e si mette al servizio del regno Gupta, che sta cercando di unificare la penisola del Deccan. La madre Livia Drusilla, che ha tentato più volte di farsi sposare da Asterix, preferiva sinceramente Tiberio, ma Asterix sospetta che in lui ci sia qualche turba mentale (i fatti della nostra Timeline gli danno ragione, NdA), e così è designato Druso, che sposa Cleopatra VIII Selene, dando l'avvio all'unione dinastica tra Egitto e Res Publica Romana. Nel 9 a.C. muore re Comix e gli succede il figlio Giradix, che ha lo stesso nome di suo padre, fatto uccidere da Vercingetorix. Anche Beltorax muore poco dopo, ed il figlio Relax cinge la corona di Britannia.
Intanto re Erode è divenuto uno spietato tiranno ed ha fatto uccidere una moglie e due figli; una negromante gli ha predetto che "ciò che più gli ha prodotto piacere sarà causa della sua morte", ed infatti egli si ammala di un cancro ai testicoli (una punizione divina, secondo gli Ebrei osservanti) che inferocisce ancora di più la sua trista vecchiaia. Giuseppe, spaventato dalla piega che hanno preso gli eventi, lascia la corte e si rifugia a Nazareth di Galilea, suo paese natale, dove nell'8 a.C. prende in sposa una ragazza di soli 15 anni, Maria. La loro tranquilla vita famigliare è turbata da un evento che tutti conosciamo, l'inaspettata gravidanza di Maria nonostante non si sia unita a suo marito, e poco dopo dal volere dello stesso Asterix Augusto. Infatti, dopo che i re vassalli di Battriana e di Parthiene hanno deciso di lasciare i loro regni in eredità a Roma, egli ritiene che la Res Publica Romana è ormai così vasta, da rendere necessario un censimento per stabilire esattamente quanti abitanti abbia. Tutti devono andare a registrarsi nella città d'origine della loro stirpe; e Giuseppe, che dopo la morte di suo padre Giacobbe è divenuto il capo della tribù davidica, originaria di Betlemme, deve scendere in questa città portando con sé la moglie, nonostante la sua gravidanza sia avanzata. Ma lasciamo la parola all'evangelista San Luca:
« In quei giorni un decreto di Asterix Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città; anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth di Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. » (Luca 2, 1-7)
Il resto lo conosciamo: la congiunzione di Giove e Saturno annuncia la nascita del piccolo Gesù ai Magi che vengono dalla Persia per onorarlo; Erode teme che Asterix abbia saputo delle sue nefandezze e voglia sostituirlo con il capofamiglia della discendenza di Davide o con suo figlio in fasce, e così ordina la strage dei bambini di Betlemme, ma Gesù, sua madre e Giuseppe si pongono in salvo rifugiandosi presso alcuni parenti nel regno di Cleopatra VIII Selene ("Dall'Egitto ho chiamato il mio Figlio", aveva scritto il profeta Osea). La Strage degli Innocenti viene però riferita all'orecchio dell'Augusto, il quale, anziché inferocirsi come ha fatto Erode, con l'età è divenuto ancora più saggio e più prudente; così decide di lasciare sul trono il tiranno, che peraltro è già condannato dal suo male, in modo da far venire ancora più in odio la sua casata al popolo di Giuda. Quando Erode muore nel 4 a.C., peraltro dopo aver ordinato una strage di cittadini innocenti per fare in modo che il popolo pianga anziché gioire della sua morte, Asterix impedisce al figlio Archelao di succedergli e lo deporta nel lontano Oriente, dopodichè annette la Giudea come provincia romana, lasciando tuttavia la Galilea al secondogenito del defunto tiranno, Erode Antipa. In tal modo egli permette il rientro di Gesù, Giuseppe e Maria dall'Egitto; informato di tutto, il furbo gallo ha creato una specie di "zona franca" (la tetrarchia di Galilea e Perea) dove Gesù potrà vivere e crescere in pace, preparandosi per la sua futura missione. Che il celta abbia avuto a sua volta dei presagi, come racconta la leggenda, secondo cui la Sibilla avrebbe annunciato ad Asterix il 25 dicembre del 7 a.C. la nascita del Re di tutti i Re? Una cosa è certa: se Asterix crede che il regno d'Israele debba tornare alla dinastia davidica e che il piccolo Gesù sia atteso da un futuro di monarca terreno, certamente egli sa che può essere solo un monarca migliore di Erode e dei suoi dissoluti figli.
Dopo Asterix
Asterix si spegne nel 4 d.C. ad 82 anni di età, compianto da tutta Roma e da buona parte del mondo intero. Quando sente giungere la fine chiede a Druso ed agli amici che lo circondano in lacrime: "Ditemi, ho recitato bene la commedia della vita? Toutatis sarà contento di me e potrò ricongiungermi ai miei amici di tante battaglie? Se sì, invece di piangere, applaudite." Le sue ceneri sono trasportate in Gallia, secondo le sue ultime volontà, e tumulate a Caer Asterix; il titolo di Augusto ed il consolato a vita passano a Druso, che dichiara di voler seguire fino in fondo gli insegnamenti fornitigli dal suo grande maestro, Asterix il Gallico. Anzi, Druso divinizza il suo predecessore ed Ovidio (mai esiliato a Tomi) dedica l'ultimo capitolo delle sue "Metamorfosi" alla trasformazione di Asterix in fulgida stella del cielo. L'ottavo mese dell'anno assume il nome di Agosto da Augustus; quando però il Senato propone a Druso di fare altrettanto dedicandogli il mese di Settembre, il buon Druso, che ha imparato bene la lezione di Asterix, scoppia a ridere:
"Ah! Ah! Ah! E che farete, quando avrete finito i mesi dell'anno?"
Tra l'altro Druso deve affrontare in battaglia suo fratello Tiberio, che è riuscito a farsi nominare re dal popolo indiano dei Chola e vorrebbe ritagliarsi un suo dominio a danno dei Gupta e della Res Publica. La sconfitta di Tiberio (8 d.C.) segna la fine delle sue ambizioni imperialistiche. Nel ventiseiesimo anno del governo di Druso, corrispondente al 30 d.C., Gesù Cristo è messo a morte sul Golgotha, ma poco dopo la sua tomba viene trovata vuota. Tutti capiscono che il suo non sarà un regno terreno ma un regno delle anime, secondo quanto profetizzato da Giuseppe, che si è spento a sua volta nel 19 d.C. Druso regna saggiamente fino al 41 d.C., quando muore a 79 anni di età; a lui succede Claudio, il figlio maggiore avuto da Cleopatra VIII Selene, che tutti deridono perchè claudicante e perchè lo credono solo un topo di biblioteca. Invece egli si rivela un politico capace e, dopo che Asterix e Druso hanno mantenuto in vita le istituzioni repubblicane, cerca invece di dare vita ad una monarchia burocratica e centralizzata. Con l'aiuto del fratello minore Sarmatico (Germanico nella nostra Timeline, NdA) egli sconfigge i Balti e spinge i confini di Roma sino al mar Baltico, dando contemporaneamente l'avvio a grandi opere pubbliche come il prosciugamento del lago del Fucino e la costruzione di un'immensa strada che da Roma, via Adria, Aquileia, Bisanzio, Efeso, Tarso, Babilonia, Susa e Kerman, giunga fino all'India (sarà battezzata "Via Augustorum"). Il suo tentativo di instaurazione monarchica gli è però fatale: la moglie Agrippina minore, figlia di Sarmatico e di Agrippina maggiore (a sua volta figlia di Marco Vipsanio Agrippa), istigata dal Senato che le ha fatto balenare la possibilità di porre sul trono il suo figlio minorenne Nerone sotto la sua reggenza, avvelena Claudio con un piatto di funghi mortiferi nel 54 d.C. Il Senato tuttavia la accusa di aver concepito il piano di sua iniziativa e la mette a morte. Il figlio Nerone è bandito dalla Res Publica e viene accolto alla sua corte dall'imperatore Gupta, che però in seguito lo farà togliere di mezzo, stufo della sua spocchiosa megalomania. Il Senato abolisce il titolo di Augusto e restaura a pieno titolo la Res Publica, affidando la potestà consolare al filosofo Seneca.
Intanto la dinastia Merovingia iniziata con Obelix continua a regnare sulla Germania, quella dei Pendragon iniziata con Beltorax governa in Britannia e quella gallica iniziata con Comix mantiene le redini in Gallia. Conseguenze:
1) il mondo romano non decade sotto il governo di imperatori inetti;
2) i Celti non scompaiono e rimangono l'etnia prevalente in Gallia, Belgio e nelle isole britanniche;
3) i Germani non hanno bisogno di invadere il mondo romano, avendo dato vita ad uno stato forte che commercia liberamente con i vicini;
4) nonostante le persecuzioni ordinate dal Senato, il cristianesimo dilaga dalla Spagna all'India;
5) dopo Costantino (morto nel 337 d.C.) la Res Publica Romana si spezza in due: Oriente ed Occidente, la cui linea di confine è sull'Eufrate. L'Occidente si allea con Celti e Germani di fronte all'arrivo degli Unni di Attila e riesce a respingerli, mantenendosi forte ed unito, mentre gli Unni Eftaliti abbattono l'impero d'Oriente che si spezza in una serie di potentati indipendenti;
6) l'Europa latina, come la Cina, rimane unita e non si spezza in innumerevoli regni; il Medioevo non è un'epoca di decadenza culturale e sociale ma soltanto una continuazione dell'Evo Antico;
7) l'Islam nel VII secolo riunifica tutti i potentati orientali e crea il Califfato, che conquista anche l'Africa settentrionale ma si ferma a Tangeri;
8) Carlo Magno unifica l'Europa latina, la Gallia, la Britannia, l'Irlanda e la Germania nel Sacro Romano Impero;
9) il periodo peggiore l'Europa lo conosce nei secoli IX e X a causa dell'invasione degli Ungari, dei Normanni della Scandinavia e dei Saraceni sulle coste del Mediterraneo, ma riesce a resistere senza spezzettarsi:
10) gli Slavi si rendono indipendenti dai Latini e fondano l'impero di Russia, la terza grande realtà politica del Medioevo insieme al Sacro Romano Impero e al Califfato.
E tutto questo, grazie al biondo Asterix ed alla sua saggezza. Se avesse potuto sapere in che modo il suo amico ha cambiato la storia, mi sembra quasi di sentire il buon Obelix brontolare:
"Per Toutatis! Ma davvero noi abbiamo provocato tutto questo? Sono Pazzi Questi Romani!"
F I N E
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Anche feder ha voluto dire la sua in proposito:
Dedicata ad Albert Uderzo il giorno della sua morte, il 24 marzo 2020.
Idi di marzo del 44 a.C. I pugnali dei senatori sono già stati calati per consumare il famoso cesaricidio, quando all'improvviso qualcosa ne distoglie l'attenzione: un lampo di luce verde acceca tutti i presenti, gettandoli in terra. È uno strabiliante disco di bronzo e acciaio che orbita al di sopra delle teste dei patres conscripti! Cesare ne approfitta per ritirarsi in Gallia, terra fedele, portandosi a dietro Marco Antonio, suo nipote Ottavio e le legioni che gli sono rimaste fedeli. La fazione repubblicana è convinta di aver avuto la meglio: mentre già si stappa il cecubo degli avi, però, un raggio viene erogato dal disco, già considerato una manifestazione divina: trasporta a terra migliaia di truppe armate di bocche d'inferno, strani aggeggi che uccidono senz'abbisognare di essere tesi o lanciati via. Il risultato è un'ecatombe: la città eterna viene conquistata, benché distrutta per tre parti di quattro; i visitatori si insediano sul colle vaticano, usurpando i templi delle divinità, cui pretendono di equipararsi. La povera plebe romana si vede così costretta da un giorno all'altro da padrone del mondo a ultima dei servi, mentre invece i pochi senatori sopravvissuti scappano in Oriente come Pompeo anni prima; in Delfi offrono numerosi olocausti al dio, convinti di averne offeso la maestà tentando l'assassinio del sommo magistrato di Roma (il dittatore Cesare).
Tuttavia, visti i pochi effetti della pietas adottata (in poco tempo l'intera Italia è caduta), in Oriente prende il comando Bruto, estremista anticesariano, che convince i suoi pari che il dio non è infuriato per il loro attacco, quanto piuttosto perché esso non è andato a buon fine. Allora, si aprono i portafogli in pelle di coccodrillo del Nilo e si armano legioni dal sapore più greco che romano: una nuova guerra civile è iniziata.
E Cesare? Il grande generale, che agli dei non ha mai creduto, ha capito che quei crudeli invasori non sono le schiere di Giove Capitolino, né qualche diavoleria meccanica greca che la sua amante Cleopatra ha voluto spedirgli come dono inatteso. Sono piuttosto qualcosa di mai visto prima: V. O. I. (Volans Obiectum Incognitum!) battezza la nera massa da cui sono discesi.
E così, mentre ci si rende conto che misteriosamente né i pila né i giavellotti, fermati a mezz'aria da un'oscura energia, sono in grado di scalfire le armature dei nemici, Cesare giunge in ginocchio a supplicare aiuto in un misero villaggio dell'Armorica, dei cui abitanti ben conosce il valore: le parti si sono invertite! L'unico puntino sulla Mappa Orbis Terrarum che non riconosce l'autorità di Roma, nella persona del capovillaggio, inizialmente diffida dei suoi eterni rivali. Ma il saggio druido Panoramix avverte: non è cosa di tutti i giorni vedere il superbo figlio di Venere prostrato a terra! Tant'è la saggezza dell'uomo, che i fatti gli danno ragione: improvvisamente un V. O. I. compare nel cielo, vaporizzando con un raggio un'aquila, simbolo di Roma, e un cinghiale, pietanza preferita del piccolo popolo. Obelix ringrazia, ma Panoramix mette tutti in guardia: la Guerra dei Mondi è iniziata, e solo un'alleanza avrebbe potuto salvare l'umanità dall'estinzione...
Asterix capisce bene, e insieme con Cesare guida un'armata gallo-romana all'attacco: è solo un manipolo di 150 visitatori inattesi quello preso d'assalto da una massa combinata di diecimila guerrieri, e la sconfitta comporta gravi perdite; ma intanto l'armata di liberazione ha potuto dotarsi di quegli strani aggeggi spara-raggi. Cesare schiera degli uomini equipaggiati di data artiglieria nelle retrovie, proteggendoli ad ogni costo, e così, di battaglia in battaglia, riesce a tenere le Gallie sotto la sua protezione, mentre anche i Germani, terrorizzati dagli alieni che essi ritengono manifestazioni degli dei infernali venuti per inghiottire il mondo, contano di aggiungere i propri al mucchio.
La guerra è ancora lungi dall'essere vinta, però: il Nemico ha fatto sbarcare armati in ogni grande città dell'impero, e nessuno ha idea di come riprendere l'Hispania e l'Italia?
Che ne dite? Come finirà Asterix contro i Visitors? Vi dirò, spero che i crudeli attaccanti siano respinti; e che con le tecnologie recuperate dalle astronavi nemiche, l'umanità, ora riunificata sotto la longa manus di Cesare, parta alla conquista del cosmo...
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Nota: I fumetti di Asterix che illustrano questa pagina sono tratti da www.asterixweb.it; le cartine fantastoriche sono opera dell'autore.
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