di William Riker

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Tutto è partito da un' idea geniale di Pedro Felipe, che ha proposto di "storicizzare" il Signore degli Anelli, cioè di riscriverlo ambientandolo nel nostro mondo, in un'epoca storica ben precisa, facendo uso solo di personaggi storici (o comunque di personaggi fantastici provenienti da altre saghe) e della scienza al posto della magia. La discussione in proposito la troverete in questa pagina; ecco cosa ha pensato il nostro Webmaster...

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Indice: Le razze di Arda - La Prima Era del Mondo - L'Isola dei Re - L'Ultima Alleanza - Gli Spettri dell'Anello - Un viaggio inaspettato - Tredici Nani e uno Hobbit in salita e in discesa - Bosco Atro e i Wendol: dalla padella nella brace - Notizie dall'interno: faccia a faccia con un mostro - Scoppia il temporale: la Battaglia dei Cinque Eserciti - L'Ordine degli Istari - L'ombra del passato - Un coltello nel buio - Il Consiglio di Valamiro - Un viaggio nell'oscurità di Agarthi - Lo Specchio Interdimensionale di Changle - La Compagnia si scioglie - Il Cavaliere Bianco e la Battaglia di Serkel - La caduta della fortezza di Tanais - Zalmodegico domato - Flavio Aspare e la finestra che si affaccia ad occidente - La tana di Shelob - Venti di guerra su Costantinopoli - La Battaglia davanti alla Porta Aurea - Il cancello nero si apre - La Terra d'Ombra e Monte Fato - Il Sovrintendente ed il Re Flavio Ezio - Percorrendo la Contea - L'Impero di Elessar - C'è ancora bisogno di loro...

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IL SILMARILLION

Le razze di Arda

In principio, 13,7 miliardi di anni fa, ci fu un'esplosione nel vuoto: spazio, tempo, materia ed energia cominciarono ad esistere. Ebbe origine Ea, l'universo creato. Cinque miliardi di anni fa dalla nebulosa protosolare nacque Arda, il pianeta Terra. Un miliardo di anni dopo esso si era raffreddato e già brulicava di vita.

Un miliardo di anni fa la stella Elenluin (in Sindarin "Stella azzurra"), una binaria formata da due giganti azzurre, esplose in Supernova a 10.000 anni luce dalla giovane Terra, lasciando al suo posto due stelle di neutroni, praticamente due nuclei atomici grandi ciascuno qualche chilometro in rapida rotazione l'uno attorno all'altro. Le due stelle erano formate di una materiale esotico chiamato neutronio, con una densità altissima e una temperatura altrettanto astronomica. Mentre la materia ordinaria è formata da nuclei di protoni ed orbite elettroniche con ampi spazi vuoti tra di loro, il collasso stellare provoca l'implosione degli elettroni e dei protoni, generando una materia densissima fatta di neutroni addensati l'uno contro l'altro. Ruotando rapidamente attorno a un baricentro comune, le due stelle di neutroni irraggiarono energia e precipitarono l'una sull'altra, causando un'immane esplosione che proiettò frammenti di neutronio in tutto lo spazio circostante. Alcuni frammenti raggiunsero il Sistema Solare. Uno di essi centrò il pianeta Urano, causandone l'inclinazione dell'asse di oltre novanta gradi, per cui oggi sembra "ruzzolare" lungo la sua orbita. Uno più piccolo precipitò sulla Terra, dove oggi c'è la Penisola dello Yucatan, provocando un inverno nucleare che causò l'estinzione dei dinosauri. Il neutronio, a contatto con la materia ordinaria di cui è fatta la Terra, si dissolse, ma ne sopravvissero alcuni piccolissimi frammenti, attorno a cui la materia ordinaria cristallizzò formando una teca pressoché indistruttibile in grado di conservarli indefinitamente. Le particolari proprietà del neutronio fecero sì che i frammenti così ottenuti avessero una forma ad anello, assai simile a quella delle vere usate ai nostri giorni, e la loro lucentezza conferì loro un aspetto meraviglioso e terribile allo stesso tempo.

Intanto su Arda si evolvevano parallelamente diverse specie. L'Homo sapiens conquistò gran parte dell'Africa, dell'Eurasia e delle Americhe, ma le regioni dell'Asia Centrale, della Zungaria, della Mongolia e della Siberia vennero popolate dai Denisoviani, ominidi di cui nella nostra Timeline si sa pochissimo, dotati di un'intelligenza paragonabile a quella dei sapiens, ma cui il mento sfuggente, il grosso naso, le enormi arcate sopraccigliari, i lunghi padiglioni auricolari e il corpo tozzo e fortissimo attribuivano un aspetto giudicato mostruoso dai nostri antenati. Essi li chiamarono Orchi o Orchetti. Un'altra specie, di bassa statura e dai piedi molto sviluppati, sopravvisse nelle isole britanniche: sono questi quelli che i Celti chiamarono "Sidhe" o "Piccolo Popolo" o "Popolo delle Colline", e che oggi la scienza conosce come Homo florensiensis, poiché sopravvissero anche nella remota isola indonesiana di Flores; essi però chiamavano se stessi Hobbit (dall'anglosassone "holbyta", "abitatore di caverne"). Quando nelle isole britanniche giunsero i sapiens, i floresiensis si ritirarono nel Galles e in Irlanda, ma a differenza degli Orchi, estremamente bellicosi, essi mantennero generalmente buone relazioni con i sapiens.

Gli Homo sapiens a loro volta si divisero in vari ceppi. Gli abitatori di Germania e Scandinavia fin dal Paleolitico svilupparono notevole altezza, pelle chiara, capelli biondissimi, sensi acuti e lunga vita, e saranno chiamati gli Elfi (Homo sapiens alfus), divisi a loro volta in varie stirpi (Quenya, Sindarin, eccetera). Gli altri sapiens misero in giro la leggenda che essi fossero immortali, pur potendo venire uccisi in battaglia. Gli abitatori delle montagne e delle grotte, dai Pirenei sino all'Himalaya, svilupparono bassa statura, corpi tozzi e notevole resistenza fisica, e per questi furono detti Nani (Homo sapiens nanus); a tale stirpe appartenevano tra gli altri i popoli dei Pitti, dei Reti, dei Traci, degli Armeni, dei Curdi e dei Tibetani. Coloro che abitavano le pianure attorno al Mediterraneo, l'Africa, la Mezzaluna Fertile, la Persia, l'India, l'Indocina, la Cina e le Americhe furono chiamati semplicemente gli Uomini (Homo sapiens vir). L'Eurasia nel suo complesso venne chiamata Terra di Mezzo (Midgard), perché creduta a metà strada tra il mondo degli Inferi (Hel, o Ade) e la sfera celeste del Paradiso (Asgard, o Olimpo).

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La Prima Era del Mondo

Intorno all'anno 10.000 a.C., quando le glaciazioni stavano ormai terminando e Arda assumeva l'aspetto attuale, un bolide rosso fuoco comparve nel cielo e sorvolò l'intero pianeta Terra, fino a posarsi nell'estremo nord della Scandinavia. Si trattava di un'astronave, e a bordo di essa vi era un gruppo di alieni noti come Goa'uld, insieme a molti dei loro guerrieri Jaffa. Si trattava di parassiti serpentiformi che entravano in simbiosi con esseri umanoidi, e che erano stati scacciati dal Goa'uld dominante, Ra, dopo aver tentato di impadronirsi con la forza della supremazia sulla Galassia (chi non sa di cosa sto parlando, si veda le puntate del telefilm "Stargate SG-1"). Il loro capo si faceva chiamare Anubis, e come tale venne adorato dagli egizi come dio dei morti, ma gli Elfi germanici lo chiamarono Morgoth Bauglir, o anche Melkor, e gli affibbiarono il titolo de "L'Oscuro Signore" per via della sua maschera nera come il carbone. Dietro la sua maschera vi era solo pura energia, poiché dagli alieni chiamati Antichi il potente Morgoth aveva appreso il segreto dell'Ascensione (il passaggio ad un'esistenza di pura energia), anche se rimase intrappolato tra il nostro universo e quello degli ascesi, e ciò lo rese più terribile che mai. Con lui vi era il suo fidato siniscalco Khalek, che in realtà era un suo clone umano molto evoluto: gli Uomini si riferivano a lui come Gorthaur il Crudele, mentre gli Elfi lo chiamarono Sauron ("l'Aborrito"). Morgoth prese dimora in Angband, tra i vulcani dell'Islanda, e gli Elfi e gli Uomini identificarono quella paurosa reggia con l'Inferno. Da lì l'Oscuro Signore inviava i suoi Jaffa a catturare Elfi, Uomini e Nani per farne i suoi schiavi e per renderli ospiti dei suoi simbionti. Ciò scatenò un'infinità di guerre nella notte dei tempi, poi deformate nelle leggende e trasformate in guerre tra déi: sono queste le cinque Battaglie del Beleriand, come era chiamata a quei tempi l'area del Mare del Nord tra Gran Bretagna, Germania e Norvegia, emersa dalle acque poiché i ghiacciai erano ancora imponenti (oggi tale area è nota con il nome di Doggerland). Nelle battaglie contro Morgoth si segnalò l'eroe Beren, del quale i cantastorie esalteranno non solo il valore, ma anche la leggendaria storia d'amore con Luthien, figlia del Re degli Elfi Scandinavi, per conquistare la mano della quale Beren non esitò ad affrontare lo stesso Morgoth nella sua tenebrosa fortezza di Angband.

Morgoth riuscì ad estendere il suo potere su gran parte dell'Eurasia, corrompendo i Denisoviani (gli Orchi) e convincendoli che i sapiens intendevano sterminarli, per cui era necessario eliminarli battendoli sul tempo; arruolò però anche molti Uomini ed Elfi che avevano creduto alla sua onnipotenza e lo veneravano come un dio. Molte roccaforti degli Elfi caddero, e rimasero solo pochi centri di resistenza contro il suo strapotere, come le roccaforti dei Reti (cioè dei Nani) sugli Ered Lindon, tra i Carpazi. Ma non tutto era perduto. Eärendil, discendente di Beren e Luthien, venne a sapere dai suoi antenati dell'esistenza degli Antichi, che Morgoth aveva scimmiottato tentando di ascendere, e dopo aver navigato fino in Aman (il nostro Nordamerica, primo uomo a valicare l'Oceano) con un rito particolare evocò Oma Desala (altro noto personaggio del telefilm "Stargate SG-1"), una degli Antichi già ascesa molto tempo, prima, che per errore aveva aiutato anche Anubis/Morgoth ad ascendere. Eärendil supplicò Oma Desala di salvare i terrestri, ed ella a sua volta convinse gli Antichi ad intervenire a vantaggio degli Uomini e degli Elfi, prima che Anubis/Morgoth diventasse così potente che nessuno avrebbe più potuto fermarlo. Oma Desala, chiamata dagli Elfi Eönwë, l'araldo degli déi, calò sul Beleriand con un esercito immenso formato dall'Alleanza delle Quattro Grandi Razze: Antichi, Asgard, Nox e Furlings. Scoppiò così quella che fu chiamata la Guerra d'Ira: Morgoth dispiegò tutte le sue forze, ma non poté resistere alla furia dei quattro eserciti: la fortezza di Angband venne rasa al suolo e l'Oscuro Signore venne ucciso (ma gli Elfi e gli Uomini si tramandarono impauriti che egli fu gettato fuori dai Confini del Mondo, nel Vuoto da dove un giorno sarebbe tornato per comandare le Armate del Male nella battaglia escatologica di Armageddon). Le navi volanti usate dai contendenti furono poi trasfigurate dai miti e si trasformarono nei Vimana del Mahabharata e nei cavalli alati delle Valchirie e della mitologia greca.

Il Signore del Sistema Anubis, noto anche come MorgothOma Desala

A sinistra: il Signore del Sistema Anubis, noto anche come Morgoth. A destra: Oma Desala

Come premio per la sua abnegazione, Eärendil ottenne di poter ascendere, e da allora Uomini ed Elfi credettero che egli si fosse trasformato nella Stella del Vespro. Egli entrò anche nel Libro della Genesi con il nome di Enoc, che era stato rapito in Cielo prima della morte. Molti altri Elfi furono premiati dagli Antichi con l'Ascensione, e si disse che essi avevano passato il Mare, raggiungendo la Terra Beata di Valinor (il Paradiso), ma i più scelsero, assieme agli Uomini, di restare in questa realtà. A causa della violenza delle battaglie, gran parte dei ghiacciai quaternari si erano disciolti, facendo alzare il livello del mare, e così il Beleriand fu quasi completamente sommerso, con l'eccezione delle sole isole britanniche, e la geografia della Terra di Mezzo ne uscì profondamente cambiata. Prima di lasciare il Pianeta Arda, l'Alleanza delle Quattro Grandi Razze insegnò agli Uomini loro alleati, chiamati Dúnedain, la metallurgia e l'agricoltura, facendo fare un passo da gigante alla loro tecnologia, e costruì per loro una grande città sull'isola di Númenor ("Ovesturia"), a quei tempi emersa nell'Oceano poi detto Atlantico. In pochi restarono in Europa: tra questi, gli antenati di Baschi, Etruschi e Irlandesi. "Un giorno voi sarete la Quinta Razza dell'Alleanza", promise Oma Desala ai Dúnedain prima di lasciare definitivamente il nostro piano di esistenza. Iniziò così la Seconda Era del Mondo.

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L'Isola dei Re

La civiltà di Númenor prosperava, e le sue navi raggiungevano ogni regione della Terra, ma il pericolo rappresentato dai Goa'uld era tutt'altro che svanito. Infatti Khalek/Sauron, salvatosi chiedendo perdono alle Quattro Razze e fingendosi pentito, ereditò l'ambizione del suo antico padrone e decise di divenire il nuovo Oscuro Signore. Per far questo, sfruttò il potere degli Anelli, come furono chiamati nelle varie lingue i frammenti di neutronio sopravvissuti sulla Terra. Sauron infatti era l'unico a conoscere cosa fosse realmente il neutronio, e a sapere che esso è fortemente radioattivo e può avere conseguenze esiziali sul cervello umano, distruggendone i neuroni e conducendolo alla pazzia. E così, dopo aver scoperto e recuperato gli Anelli con l'aiuto degli ex servitori di Melkor scampati alla Guerra d'Ira, ne fece dono ai principali capi degli Elfi e degli Uomini, i quali furono soggiogati dalla loro lucentezza, dalla loro indistruttibilità e dalle loro proprietà giudicate miracolose. Ben presto gli Anelli vennero considerati il simbolo stesso del potere, e gli Uomini si uccidevano tra di loro per contendersene il dominio, distruggendo attraverso guerre fratricide l'ordine mondiale basato sulla pace e sulla giustizia proposto dalle Quattro Razze, e Sauron impose il suo ordine, basato sulla guerra perenne tra gli Uomini, i quali, divisi, non avrebbero potuto ostacolare il suo strapotere. Nessuno sa chi né quando compose la canzone seguente, ma essa divenne famosa praticamente in ogni angolo di Arda:

« Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende. »

Poiché Angband era perduta per sempre, infatti, Sauron si era ritirato a vivere nell'estremo oriente, tra le montagne dell'Asia Centrale, attorniato dai Denisoviani (gli Orchi) ai quali aveva fatto credere di essere stato lui, a salvarli dallo sterminio nella Guerra d'Ira. Laggiù egli fondò il Regno di Mordor ("Terra Oscura"), nel Bacino del Tarim, che era scosso da perenni terremoti ed eruzioni a causa di un supervulcano, simile all'odierno Parco di Yellowstone, del diametro di oltre cento chilometri, formato da un pennacchio di magma in risalita dal mantello terrestre. Una delle bocche più attive del supervulcano era l'Orodruin ("Montagna di Fuoco"), detto anche Monte Fato. La Terra di Mordor era separata dal resto della Terra di Mezzo dall'Ephel Dúath ("Montagne dell'Ombra"), il nostro Tian Shan (al confine tra Cina e Kazakistan), e dagli Ered Lithui ("Monti Cenere"), il nostro Kunlun; l'unica via di accesso era ritenuta il cosiddetto Cancello di Mordor, là dove oggi si trova la città cinese di Yining. Al centro di Mordor sorgeva Barad-dûr, la Torre Oscura, residenza di Sauron. Usando il maggiore degli Anelli, detto l'Unico Anello, dalla cui radioattività egli era immune, egli poté potenziare i propri poteri telepatici e aumentare il controllo sulle menti dei capi di Uomini, Nani ed Elfi cui egli aveva distribuito gli Anelli, sostenendo che fossero magici e che egli stesso li avesse forgiati, nelle voragini del Monte Fato.

A un certo punto, reso baldanzoso proprio dal suo Anello, l'imperatore di Númenor Ar-Pharazôn il Dorato organizzò un gigantesco esercito, con esso affrontò le armate di Sauron e lo catturò, ma commise l'errore di lasciarlo in vita: lo portò in catene a Númenor, e questi, fattosi chiamare Annatar ("il Signore dei Doni"), a poco a poco ingigantì l'ambizione nella mente di Ar-Pharazôn, convincendolo di poter diventare imperatore di tutto il pianeta Arda, riducendo in schiavitù tutte le altre razze senzienti. Accecato dall'ambizione, egli fece costruire una torre che voleva toccare il cielo (da qui la leggenda della Torre di Babele), quindi mandò la sua flotta da guerra a devastare le coste della Terra di Mezzo e anche delle lontane Americhe. L'imperatore però un giorno pretese troppo e, senza dire nulla a Sauron, decise di rompere il guscio di cristallo del suo Anello per fabbricarne degli altri, e con essi convincere i propri nemici a riconoscersi suoi servi. Ci riuscì proprio grazie a ciò che Sauron gli aveva imprudentemente insegnato; quando però il neutronio fu libero dall'involucro ed entrò a contatto con gli acidi usati per sciogliere il cristallo, provocò un'immane esplosione nucleare, al cui confronto l'atomica di Hiroshima non era altro che un innocuo petardo di Carnevale. L'isola di Númenor fu letteralmente cancellata dalla faccia della Terra, e da allora fu chiamata Atalantë, "la Sparita", che nel mito greco poi divenne Atlantide. Terrificanti tsunami si abbatterono sulle coste degli oceani, e l'inverno nucleare causò una Piccola Glaciazione che durò alcuni secoli. Gli uomini e gli Elfi che avevano pregato i loro déi di salvarli dalla minaccia di Ar-Pharazôn ritennero che l'evento catastrofico fosse una punizione divina contro di lui, e nacque così la tradizione del Diluvio Universale. Fu l'inizio della Terza Era del Mondo.

Alcuni dei Dúnedain però, fiutando l'inganno di Sauron, erano riusciti a salvarsi, sbarcando sulle coste della Terra di Mezzo, dove fondarono vari regni númenoreani in esilio. Nacquero così tra gli altri l'Impero Egiziano, la città stato di Gerico, la civiltà della Valle dell'Indo. I due imperi più importanti furono però quello di Arnor ("Terra Reale") e di Gondor ("Paese di Pietra", per le sue mura megalitiche). Il primo fu fondato dal leggendario Dardano, che costruì la città di Tarwisa (nota ai Greci come Troia) presso lo Stretto dei Dardanelli: esso controllava le coste del Mar Nero, del Mar Egeo, l'isola di Creta, il Peloponneso, l'Italia Meridionale, la pianura del Danubio, e le sue navi giungevano fin nella lontana Inghilterra alla ricerca dello stagno. Il Regno di Gondor fu fondato da un altrettanto leggendario sovrano, Lugalbanda, che pose la sua capitale nella Città Megalitica di Uruk, e secondo la leggenda sposò la dea Ninsun. Egli fu detto Elendil ("l'Adoratore della Stella") perchè avrebbe fondato la scienza dell'astronomia, nella quale i Mesopotamici sarebbero stati maestri, importandola da Númenor. Lugalbanda/Elendil si associò al trono il figlio Gilgamesh; quest'ultimo estese la sua supremazia dal Delta del Nilo fino alla Valle dell'Indo, e la sua amicizia con l'Elfo Enkidu divenne oggetto di grandi poemi epici. Gilgamesh fu detto anche Isildur ("Devoto alla Luna"), perchè secondo il mito aveva respinto Ishtar, dea dell'amore, preferendo le grazie di Nanna, la dea lunare.

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L'Ultima Alleanza

Purtroppo anche Khalek/Sauron era sopravvissuto: accortosi di quanto Ar-Pharazôn stava combinando ed essendo troppo tardi per fermarlo, tentò di ascendere, riuscendo a portarsi in uno stadio intermedio tra quello materiale e quello energetico, come aveva fatto il suo padrone Anubis/Melkor prima di lui. In tal modo riuscì a tornare alla Torre Oscura, riorganizzò le sue forze e decise di distruggere gli esuli Númenoreani, muovendo in forze contro di loro; a lui si associarono i Cimmeri, popoli delle steppe che percepivano i Númenoreani come un popolo ricchissimo da depredare. Lugalbanda/Elendil e Gilgamesh/Isildur invocarono l'aiuto degli Elfi guidati da Enkidu, detto dagli Uomini anche Gilgalad, e si formò così l'Ultima Alleanza tra gli Elfi e gli Uomini, che si scontrò con gli Orchi e con i Cimmeri guidati da Sauron nella Battaglia di Dagorlad.

Gilgamesh/Isildur riesce ad impossessarsi dell'Anello di Neutronio

Gilgamesh/Isildur riesce ad impossessarsi dell'Anello di Neutronio

Lugalbanda/Elendil e Enkidu/Gilgalad caddero nel corso della battaglia, e la spada del primo, Narsil ("Luce Infuocata"), che proveniva da Númenor, andò in mille pezzi. Ma Gilgamesh/Isildur riuscì ad afferrare l'elsa della spada infranta e a tagliare con quello che ne restava il dito all'Oscuro Signore, separandolo così dall'Anello dalla cui radioattività egli traeva potenza. In tal modo egli si ridusse a una pallida ombra, e fu costretto alla fuga. Gilgamesh/Isildur però commise un grave errore: non tentò di distruggere l'Anello, come gli consigliava Elrond, lo scudiero di Enkidu/Gilgalad; lo tenne invece per sé, convinto che esso avrebbe potuto dargli l'immortalità che aveva cercato in tutti i modi (si diceva che avesse attraversato le Acque della Morte e fosse giunto fin nell'Oltretomba alla vana ricerca dell'immortalità). Il costruttore delle mura di Uruk aveva inoltre scoperto che chi portava l'Anello diventava anche pressoché invisibile, a causa della nebbia di ionizzazione che lo circondava.

Ma l'Unico Anello era ormai talmente legato a Sauron, che il neutronio di cui era composto veniva letteralmente attirato dalla sua residua energia vitale di essere mezzo asceso. E così, due anni dopo la vittoria contro Sauron, esso in qualche modo tradì il suo nuovo portatore, se mai questo termine si può attribuire a un che di inanimato. Gilgamesh infatti si era recato a Tarwisa presso i suoi parenti Dúnedain, per aiutarli a combattere contro i Cimmeri, guidati dal leggendario Conan, e contro gli Orchi che premevano sui Balcani provenienti dalle steppe asiatiche. Il Re di Gondor incappò però in un'imboscata degli Orchi, ed allora si mise al dito l'Unico Anello per sfuggire loro e tentò di mettersi in salvo a nuoto nel Danubio, ma l'Anello gli si sfilò dal dito, il Signore di Uruk ridivenne visibile e un arciere degli Orchi lo colpì alla gola, uccidendolo. L'Anello andò perduto e non se ne seppe più nulla per migliaia di anni. Quanto ai frammenti della spada Narsil, portati da Gilgamesh a Tarwisa, essi divennero parte dell' eredità dei Re di Arnor. Intanto, i Dúnedain prosperavano nella Terra di Mezzo. A Gilgamesh successero nei secoli Sargon di Accad, Hammurabi di Babilonia, Hattusili l'Ittita, Assurbanipal l'Assiro, Nabucodonosor il Caldeo, Ciro il Persiano, tutti a vario titolo suoi discendenti nel dominio di Gondor, cioè di quello che per noi è il Vicino Oriente. Invece il Reame di Arnor decadde e si frantumò. Gli Achei, che abitavano le sue province nell'attuale Grecia, assediarono Tarwisa/Troia distruggendola e uccidendone Re Priamo e il suo figlio e campione Ettore, cosicché il Regno di Arnor cessò di esistere. Ma un discendente di Dardano, Enea figlio di Anchise, al quale Oma Desala era ricomparsa con le sembianze di Ettore per invitarlo a fuggire da Troia prima che fosse troppo tardi, scappò con la sua gente, portando con sé i frammenti della spada Narsil, e tentò di ricostruire una nuova Troia prima a Creta e poi nel Lazio, dove i suoi discendenti fondarono Roma. L'Impero Romano, fondato da Giulio Cesare e da Ottaviano Augusto, si ritenne perciò l'erede naturale del Regno di Arnor, e i frammenti della spada Narsil vennero conservati a Roma nel Tempio di Marte Ultore, in fondo al Foro di Augusto. Alessandro Magno dal canto suo sconfisse Dario III, ultimo sovrano achemenide, e si proclamò legittimo sovrano del Regno di Gondor, vantando una diretta discendenza da Gilgamesh/Isildur. Dopo la sua morte, il suo generale Tolomeo assunse il titolo di Re di Gondor, ma poté regnare solo sull'Egitto. Dopo che la sua ultima discendente Cleopatra VII fu sconfitta da Ottaviano Augusto, quest'ultimo si ritenne erede anche di Gondor, e quindi di tutti i Númenoreani, lasciando in Egitto un Sovrintendente a rappresentarlo.

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Gli Spettri dell'Anello

Intanto, però, l'Unico Anello continuava a venire attratto irresistibilmente dall'energia vitale di Khalek/Sauron, tanto da far pensare in seguito che esso "volesse" ritornare da lui, anche se in realtà esso non era dotato di alcuna volontà propria. L'essere mezzo asceso aveva trascorso ben tre millenni nella Torre Oscura di Barad-dûr (presso l'attuale città cinese di Turpan, nel Sinkiang Uighur) a cercare di recuperare l'energia persa al momento in cui era stato separato dall'Unico Anello, ma egli era cosciente del fatto che solo il contatto diretto con la radioattività del maggior frammento di neutronio rimasto su Arda avrebbe potuto restituirgli la potenza perduta, e forse permettergli di ricostruirsi un corpo materiale, invincibile ed immortale. Se ci fosse riuscito, egli sarebbe stato imperatore e dio di tutti, Orchi, Nani, Uomini ed Elfi. Per realizzare questo disegno, dal momento che i suoi alleati Cimmeri erano stati sterminati o dispersi prima dagli Sciti alleati con Arnor, e poi dagli Assiri del Regno di Gondor, Sauron provvide ad asservire al suo potere ipnotico un nuovo popolo di stirpe asiatica, quello degli Unni, che erano stati scacciati verso ovest (e quindi verso Mordor) dal valore dei Cinesi, chiamati Rhûn dagli Elfi e guidati secondo la leggenda da una donna, la principessa Mulan, poi immortalata da un cartoon Disney.

I regni di Arnor e Gondor all'inizio dell'epoca storica

I regni di Arnor e Gondor all'inizio dell'epoca storica

Sauron promise ai nove Khan degli Unni una nuova terra da depredare, posta stavolta ad Occidente, nei reami degli odiati Númenoreani, e come pegno della sua promessa donò loro i nove Anelli del Potere. I Khan furono resi pazzi dalla radioattività del neutronio di cui i nove anelli erano fatti, la loro natura violenta e predatoria ebbe il sopravvento su quanto di umano vi era in loro, essi divennero schiavi della volontà del loro nuovo padrone, ed infine Sauron insegnò loro ad ascendere come aveva fatto lui. Per questo essi non fecero più parte del mondo materiale, anche se assunsero una forma sensibile indossando speciali armature forgiate con la tecnologia degli Antichi, che diedero loro un aspetto umanoide. Nacquero così i terribili Nazgûl, gli Spettri dell'Anello (nella lingua di Mordor, "nazg" significava "anello" e "ûl" "spettro"), che gli Elfi e i Númenoreani chiamarono invece Úlairi ("Spettri del Male"). Il loro nome suscitò paura in ogni angolo della Terra di Mezzo, le madri dicevano ai loro figli "Se non fate i bravi, vengono gli Úlairi a portarvi via!", e persino gli Orchi Denisoviani erano terrorizzati dalla loro vista, che sembrava infondere il gelo della morte. I Noldor, gli Elfi del Nord, li chiamarono Troll; per i Greci essi erano i Titani delle antiche leggende, sprofondati nel Tartaro da Zeus durante la Guerra d'Ira ed ora riemersi per prendersi la loro vendetta; gli Arabi li chiamarono Ghul (spiriti maligni che si nutrivano di cadaveri), mentre per i giapponesi essi erano gli Yamatai, gli antichi padroni del mondo che attendevano solo di tornare per riprenderne possesso (e il Grande Go Nagai si ispirerà ad essi per creare il personaggio di Jeeg Robot).

Gli Unni guidati dai Nove Spettri crearono il Regno di Angmar nelle steppe comprese tra il fiume Volga e il Pamir, sottomettendo gli Sciti e gli altri popoli nomadi delle steppe; gli abitanti della Mesopotamia e della Persia li chiamarono gli Stregoni di Angmar, per via dei poteri conferiti loro da Sauron. Il loro re sconfisse ed uccise in battaglia Ciro il Grande di Persia, e solo la leggendaria invincibilità di Alessandro il Macedone riuscì a fargli sgomberare la zona del Turkestan, conquistando Samarcanda e poi fondando la città di Alessandria Selene ai piedi del Pamir, per sorvegliare i confini di Mordor. Dopo la morte del Macedone però il Re degli Stregoni di Angmar riprese possesso di Samarcanda, conquistò Alessandria Selene, prima di allora nota anche come Minas Ithil ("Torre della Luna"), e la chiamò Minas Morgul ("Torre delle Stregonerie"), infestandola di Orchi e facendone l'epicentro delle malvagità dell'Oscuro Signore. La negromante di Endor, la stessa che aveva predetto la sconfitta e la morte di Re Saul contro i Filistei, profetizzò che nessun uomo avrebbe mai potuto ucciderlo; e così egli regnava, circondato da un'aura di terrore e di invincibilità. La pressione del regno di Angmar mandò in pezzi l'Impero Seleucide di Siria, un altro degli stati ellenistici che rivendicavano l'eredità di Gondor. Nel 250 d.C. tuttavia si erse contro di lui una nuova potenza: la Persia, rinata sotto la dinastia Sasanide. Nella Battaglia di Fornost il Re dei Re Shapur I inflisse una pesante sconfitta al Re degli Stregoni di Angmar, il quale si ritirò a Minas Morgul, dove cominciò a radunare una vastissima armata di Orchi, Unni ed altri popoli asiatici, allo scopo di coronare il sogno di Sauron di assoggettare tutta la Terra di Mezzo.

Intanto l'Impero Romano, dopo aver prosperato tra il regno di Traiano e quello di Marco Aurelio, cominciò ad essere dilaniato dalle discordie intestine, finché Diocleziano non lo divise in due parti, una ad Oriente ed una ad Occidente, le quali cominciarono a ritenersi eredi rispettivamente di Arnor e di Gondor. Costantino il Grande, dopo aver eliminato tutti i rivali al trono, nominò suo figlio Costanzo II Sovrano d'Oriente (Egitto incluso) e Sovrintendente di Gondor, erigendo per lui la nuova capitale Costantinopoli, che gli Elfi chiamavano anche Minas Tirith ("Torre di Guardia" contro le invasioni da oriente). Ormai Sauron era pronto a lanciare il suo attacco contro i Númenoreani: dai Cancelli di Mordor si rovesciò verso occidente un'armata di centinaia di migliaia di uomini, tra Unni e Denisoviani/Orchi, che cominciò le sue devastanti scorrerie contro gli Elfi germanici. Questi ultimi, messi in rotta dagli invasori provenienti dal centro dell'Asia, furono costretti a rifugiarsi entro i confini dell'Impero Romano d'Occidente, che si divise in vari regni Romano-Elfici ed infine cessò di esistere. Alcuni degli Elfi germanici che non riuscirono a difendersi dagli invasori vennero aiutati da Oma Desala a raggiungere l'Ascensione, e si disse che essi avessero "passato il mare" per raggiungere il Paradiso, immaginato all'estremo Occidente. Gli Uomini però rifiutarono quest'opzione, tentando di resistere in armi agli Unni di Sauron, anche se in battaglia essi sembravano davvero invincibili.

E l'Unico Anello? Esso venne casualmente ritrovato da due Daci, Decebalo e Zalmodegico, detti anche rispettivamente Déagol e Sméagol; il primo voleva tenerlo per sé, ma il secondo lo uccise per impossessarsene. Le radiazioni del neutronio ebbero un effetto deleterio sia sulla sua psiche che sul suo fisico: lo trasformarono in una specie di gnomo, la cui mente era sconvolta dalla pazzia, e non faceva altro che parlare con se stesso o con l'Anello, chiamandolo "Mio Tesssoro". Gli altri Daci lo chiamarono Gollum, per via del suono gutturale che emetteva. Un giorno tuttavia nella sua misera esistenza fece irruzione un personaggio inaspettato: lo Hobbit Pwyll di Brycheiniog, che sarebbe passato alla storia come uno dei protagonisti del Mabinogion, ed il cui nome sarebbe stato storpiato da Romani ed Elfi in Bilbo Baggins. Ma come avvenne il loro incontro?

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LO HOBBIT

Un viaggio inaspettato

Le cose andarono così. Pwyll di Brycheiniog era un Hobbit di estrazione borghese che aveva sempre trascorso la sua esistenza nella tranquillità della Contea, la regione abitata in maggioranza dal Piccolo Popolo corrispondente al nostro Galles, e non aveva mai pensato in vita sua di partecipare ad avventure rischiose o di combattere, spada in mano, belve feroci o nemici sanguinari. Una sera d'estate alla fine del quarto secolo Pwyll/Bilbo stava tranquillamente godendosi il fresco sull'uscio di casa quando arrivò a visitarlo Melis di Ardagh, futuro santo e vescovo dell'omonima città irlandese, che frequentava spesso gli Hobbit, e ne aveva convertiti molti al cristianesimo. Melis aveva la fama di uomo molto affabile e generoso, che distribuiva tutto quanto aveva ai poveri, tenendo per sé il minimo indispensabile (c'è chi pensa che sia stato lui ad ispirare ai popoli del Nord Europa il mito di Babbo Natale). Il vescovo si sedette con Pwyll, che era a sua volta un tipo molto ospitale, si mise a discorrere con lui del più e del meno, e all'improvviso propose a Pwyll di partecipare a un'avventura meravigliosa. L'anima pigra e pantofolaia dello Hobbit rifiutò rapidamente l'invito, ma Melis riuscì a farsi invitare di nuovo il giorno successivo a bere una caraffa di birra.

Il giorno dopo Gandalf arrivò all'ora prestabilita, ma il povero Pwyll si accorse con costernazione che in sua compagnia c'èra una torma di uomini barbuti, di basa statura ma di corporatura assai massiccia, variamente tatuati con simboli tribali e bardati con cappucci variopinti. Il padrone di casa riconobbe che essi erano dei Nani appartenenti al popolo dei Pitti, già fieri nemici dei Romani. Questi ultimi li chiamavano "Picti" con riferimento ai loro tatuaggi tribali, ma il loro nome in realtà derivava dal gallese peith, "combattente", per via della loro universalmente riconosciuta abilità in battaglia (per ben tre volte nel terzo secolo avevano superato il Vallo Adriano, dilagando in Britannia). Hobbit, Romani ed Elfi Germanici non li vedevano certo di buon occhio, e Pwyll non fece eccezione, soprattutto dopo che i tredici Pitti organizzarono un banchetto in casa sua, dando fondo a tutte le sue provviste ed intonando antichi canti tribali che parlavano di tesori, di draghi e di battaglie di proporzioni bibliche. Si ripeté insomma il classico antagonismo tra l'uomo civilizzato (lo Hobbit) e quelli che vivono in simbiosi con la natura selvaggia, e il primo non ne fu certo rallegrato.

I tredici Pitti erano comandati dal famoso Drest, figlio di Erp e Re dei Pitti e degli Scoti, personaggio storico citato da John di Fordun nella sua "Chronica gentis Scotorum". I Britanni lo chiamavano anche Thorin Scudodiquercia, per via del suo scudo che aveva la fama di essere indistruttibile; il povero Hobbit temeva il suo barbone nero, i suoi occhi di fiamma ed i suoi muscoli d'acciaio, e le sue paure si ingigantirono allorché Melis di Armagh tirò fuori dalla bisaccia una vecchia mappa su pergamena e una grossa chiave, affermando che entrambe gli erano state date da Re Erp, il padre di Drest, noto agli Elfi anche come Thráin, quando egli era in punto di morte, ed il vescovo irlandese gli stava impartendo l'estrema unzione. In tal modo Pwyll di Brycheiniog venne a sapere che i Nani erano stati scacciati alcune generazioni prima dalla Scandinavia, a causa dell'arrivo di un nemico spaventoso, che si impossessò del loro regno costruito nelle viscere di Erebor, la Montagna Solitaria, che oggi noi chiamiamo Galdhøpiggen (nella contea norvegese di Oppland, e con i suoi 2469 metri è il picco più alto di tutta la Scandinavia). I Nani si erano rifugiati in Scozia, dando vita al popolo dei Pitti, ma una parte di essi non aveva mai rinunciato al sogno di riconquistare l'antico trono dei Re sotto la Montagna, e Drest era fra questi. La chiave serviva per aprire un passaggio segreto che avrebbe condotto all'interno di Erebor, là dove era custodito un enorme tesoro, e Drest e i suoi amici cercavano proprio l'aiuto di uno scassinatore per riuscire nell'impresa in cui centinaia di altri Nani avevano fallito, e Melis aveva suggerito il nome di Pwyll, ispirato da un'antica profezia irlandese, secondo la quale sarebbe stato il Piccolo Popolo a salvare tutte le altri genti della Terra di Mezzo. L'idea di imbarcarsi in un'avventura dalla quale probabilmente non sarebbe mai tornato vivo o, se fosse tornato, sarebbe stato cambiato per sempre, non andava certo a genio al piccolo Hobbit, che rifiutò cortesemente ma fermamente.

Drest, detto anche Thorin, Re dei Pitti

Drest, detto anche Thorin, Re dei Pitti

Tutti andarono a dormire; quando Pwyll si ridestò, non c'era più l'ombra di un Nano e tutta quella storia gli apparve al più come un brutto sogno, ma d'un tratto arrivò Melis che gli ricordò gli accordi presi e gli porse un bigliettino di Drest. Il povero Pwyll, senza sapere né come né perché, prima di andare a letto un po' brillo a causa della molta birra ingurgitata aveva firmato il contratto con cui si impegnava ad aggregarsi alla compagnia di Drest in qualità di scassinatore, in cambio di una percentuale del tesoro riconquistato. Di botto lo Hobbit si ritrovò fuori di casa a correre a perdifiato per prati e colline, senza alcun bagaglio per un lungo viaggio: un Hobbit infatti per sua natura non poteva venir meno alla parola data. Ritrovò i Nani fuori di una locanda poco lontana, intenti a preparare i pony: gli vennero dati un vecchio cappuccio ed una mantella verde scuro, ed incominciò così un viaggio veramente inaspettato.

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Tredici Nani e uno Hobbit in salita e in discesa

Pwyll imparò presto che della compagnia facevano parte Nani provenienti da ogni parte di Midgard, giunti lì per aiutare Drest a riconquistare il suo regno sotto la Montagna, e naturalmente per mettere le mani sul leggendario tesoro. Drest, i giovani Fili e Kili (figli di Dis, sorella di Drest) e i fratelli Balin e Dwalin (quest'ultimo citato anche nell'Edda poetica) erano Pitti. Bofur, suo fratello Bombur e suo cugino Bifur erano Reti; secondo l'interpretazione di Linus Brunner, i loro nomi sono rintracciabili nelle antiche iscrizioni retiche rispettivamente nella forma Pauson, Bani e Paniun. I fratelli Dori, Ori e Nori erano Armeni (passeranno alla storia come Vardan, Hmayeak e Hamazaspian, sovrani di Armenia della dinastia Maniconiana);. Erano Traci invece i fratelli Oin e Gloin, meglio noti ai Romani come Rasco e Remetalce, che in seguito sarebbero divenuti rispettivamente sovrani dei Traci Odrisi e dei Traci Sapei. In tutto, a parte il loro capo Drest, i guerrieri Nani erano dodici, e fu per questo che il povero Pwyll si ritrovò appiccicato addosso il titolo nanesco di "Tredicesimo Guerriero" (che poi ispirò l'omonimo film del 1999 con Antonio Banderas).

La compagnia procedette lentamente, attraversando verso est tutta la Britannia, tra la diffidenza delle popolazioni locali che non vedevano certo di buon occhio il passaggio dei loro antichi mortali nemici. Giunti a Londra, sul Tamigi, i Nani e lo Hobbit si imbarcarono su un vascello che discesero il fiume, raggiunsero il Mare del Nord e, dopo una navigazione abbastanza tranquilla, attraccarono nella terra dei Frisoni, negli attuali Paesi Bassi, e si diressero verso nordest, con l'intenzione di passare in Scandinavia; così facendo però si inoltrarono in terre poco conosciute ed irte di pericoli. Dopo circa un mese di cavalcata raggiunsero i fittissimi boschi che circondavano il vasto estuario del fiume Elba. In una notte buia e ventosa, non riuscendo ad accendere un fuoco, videro in lontananza una luce e si avvicinarono ad essa. Ben presto si avvidero che si trattava di un focolare acceso da alcuni uomini di statura gigantesca, con i lunghi capelli biondi ed i muscoli d'acciaio. Sfortunatamente si avvicinarono troppo e quegli uomini li catturarono tutti: si trattava di guerrieri Sassoni, feroci combattenti (il loro nome significava "Gente di Spada") che odiavano i Nani come tutti gli Elfi, ed iniziano a discutere sul modo più crudele per ucciderli. Già i quattordici prigionieri cominciavano a recitare le loro ultime preghiere, quando uno dei Sassoni si sentì insultare dalla voce di uno dei suoi compagni, e lo colpì con violenza. Anche altri Sassoni cominciarono ad udire i loro compagni che li oltraggiavano, e tutti iniziarono a litigare tra di loro in maniera furibonda, uccidendosi a vicenda. Gli ultimi superstiti furono eliminati dai Nani, che erano stati liberati da Melis di Armagh: fortunatamente il religioso irlandese li aveva raggiunti e, resosi conto che erano in pericolo, aveva iniziato ad imitare in modo incredibilmente realistico le voci dei rapitori, parlando in perfetto sassone. « Quante cose ancora non conosciamo di te? » domandò Drest, mai così felice di vedere il vescovo. Tutti abbracciarono Melis, e nei bagagli dei Sassoni trovarono molte provviste e delle armi. Pwyll prese per sé un pugnale sassone che chiamò Maegnas, "Pungolo" in lingua elfica; invece Drest impugnò la lama Orcrist ("Fendiorchi") e Melis, che da qui in poi avrebbe seguito la marcia della compagnia, prese la spada Glamdring ("Battinemici"). Subito dopo, tutti si incamminarono rapidamente verso la costa del Mar Baltico.

Melis infatti guidò la compagnia verso l'estuario del fiume Trave, là dove oggi sorge la città di Lubecca; a quell'epoca vi si trovava Imladris, in elfico "Gran Burrone", la capitale degli Elfi Grutungi, che poi sarebbero divenuti famosi con il nome di Ostrogoti. Essi nel secolo precedente avevano lasciato la Scandinavia, terra d'origine di tutti gli Elfi, attraversando il Baltico e iniziando una lunga marcia che li avrebbe portati fino in Italia; sulle rive meridionali del Baltico, a quei tempi noto come Mar Suebico, essi avevano fondato la loro capitale, Gran Burrone appunto, che poi sarebbe stata rifondata più a sud. Qui regnava Re Torrismondo, chiamato anche Elrond XXIII, essendo discendente diretto dell'omonimo scudiero di Enkidu/Gilgalad; egli era depositario di buona parte della scienza e delle tradizioni dei tempi antichi, e quindi il più indicato a decifrare le antiche rune presenti sulla mappa di Re Erp. Nonostante l'antipatia che il sovrano dei Pitti provava nei confronti degli Elfi, Drest si lasciò convincere da Melis e Pwyll a mostrare la mappa a Torrismondo, e questi scoprì su di essa delle rune nascoste. Elrond XXIII infatti portava al dito Vilya, uno dei Tre Anelli del Potere, frammenti del neutronio precipitato sulla Terra alla fine dell'era Mesozoica che erano in possesso dei sovrani degli Elfi (degli altri due, Nenya era in possesso di Galadriel, della quale riparleremo più avanti, e Narya dei Re d'Irlanda). Siccome questi contenevano molto meno neutronio dell'Unico Anello, non sprigionavano abbastanza radioattività per corrompere chi li portava, ed erano ritenuti simboli del potere regale; infatti Torrismondo era uno dei sovrani più potenti e rispettati, fra gli Elfi Germanici. Ebbene, avvicinando alla mappa l'anello Vilya, la sua radioattività fu sufficiente per rendere di nuovo leggibili le antiche rune. Esse rivelavano la posizione del passaggio segreto che conduceva ad Erebor, e l'ubicazione del buco della serratura.

Melis e soci ripartirono quindi per la Montagna Solitaria, e dovettero attraversare le Paludi Nebbiose, nome con cui erano note le torbiere dello Jutland, perennemente avvolte dalle nebbie (più o meno la dove sarebbe stata ritrovata la famosa Mummia di Tollund). In una notte di bufera, il gruppo si riparò dentro una macchia di grandi querce, e tutti furono catturati per la seconda volta, stavolta dagli Juti, gli antenati dei Danesi moderni; alla cattura sfuggì il solo Melis. Il gruppo fu condotto al cospetto di Wihtgils, il Re di quel popolo (citato anche dalla "Cronaca anglosassone" e dalla "Historia Brittonum"), detto anche Bolg. Egli stava seduto sotto un grande Irminsul, l'albero sacro per la religione di quel popolo che simboleggiava l'albero cosmico, il quale avrebbe sostenuto Cielo, Terra ed Inferi. Quando Wihtgils propose di sacrificare gli intrusi ai suoi déi impiccandoli all'Irminsul, Melis ricomparve gettando sul focolare della polvere pirica (un'invenzione numenoreana il cui uso gli era stato tramandato dai sacerdoti irlandesi): l'esplosione uccise molti nemici e gettò l'accampamento nel caos più totale, del quale il vescovo approfittò per liberale e portare in salvo i suoi amici. Nella confusione tuttavia Pwyll/Bilbo perse di vista gli altri e, fuggendo a rotta di collo tra le nebbie, arrivò sulle sponde di un laghetto dove si fermò per riposare. Lì trovò fortunosamente un anello dalla consistenza e dal peso insoliti, e se lo mise in tasca; egli non poteva sapere che si trattava proprio dell'Unico Anello, perduto da Gilgamesh/Isildur e poi ritrovato da Gollum che, peregrinando senza meta in compagnia solo del suo "Tessoro", dalle montagne della Tracia era giunto fin nello Jutland (la Mummia di Tollund era proprio un indigeno ucciso da Gollum e conservatosi grazie alle particolari condizioni delle torbiere). Poco dopo arrivò proprio Gollum che, ridottosi all'antropofagia pur di sopravvivere, pensò bene di mangiarsi lo Hobbit. Pwyll riuscì a salvarsi iniziando con l'orrenda creatura una gara di indovinelli, la posta della quale era la sua vita. A corto di enigmi, Pwyll domandò a Gollum cosa aveva in tasca; fu allora che l'abominevole essere si accorse di aver perso l'Unico Anello, comprese che gli era stato rubato dall'intruso e lo inseguì per ucciderlo. Gollum correva molto più veloce di Pwyll, ma quando questi stava per essere raggiunto, l'Anello gli si infilò fortunosamente al dito, e fu allora che egli scoprì che quel manufatto lo rendeva invisibile, a causa della nube di ionizzazione che esso produceva. In tal modo Pwyll riuscì a sfuggire alla cattura da parte di Gollum, e decise di tenersi l'Anello; vedremo in seguito quali conseguenze avrebbe avuto tale decisione.

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Bosco Atro e i Wendol: dalla padella nella brace

Giunto il mattino, Pwyll ritrovò i Nani che lo lodarono per la sua maestria nell'essersi messo in salvo chissà come. Gli Juti però erano infuriati per lo scherzo tirato loro la sera precedente, e con i loro leggendari segugi di proporzioni notevoli (chiamati Lupi Mannari dai popoli del Sud d'Europa) partirono alla ricerca dei fuggitivi. Braccati, i nostri eroi si rifugiarono in un bosco, ma si accorsero di essere circondati; allora Melis ordinò ai suoi compagni di rifugiarsi insieme a lui su di un pino altissimo. Non riuscendo a stanarli da lì, Wihtgils/Bolg decise di accendere un falò sotto l'albero, e i suoi guerrieri si misero a cantare sotto di esso macabre canzoni di guerra. Quando tutto sembrava perduto, in cielo comparvero come delle gigantesche aquile, che afferrarono Melis, Pwyll ed i Nani e li portarono in salvo. In realtà non si trattava di uccelli, ma di un battaglione di Gepidi (popolo imparentato con i Grutungi), guidati dal loro re Fastida, alleato con Torrismondo. I Gepidi infatti conoscevano il segreto del volo, e grazie a dei deltaplani sui quali erano dipinte appunto delle grandi aquile, per terrorizzare i nemici, calavano sui loro avversari, menandone orrenda strage. I Gepidi erano un ramo dei Goti attardatisi in Scandinavia (infatti il loro nome derivava dall'elfico "Lenti"), ed infatti, dietro indicazione di Torrismondo, Fastida portò con sé in volo i nostri eroi al di là del Kattegat, il braccio di mare che separa lo Jutland dall'odierna Svezia.

Pwyll di Brycheiniog, lo Hobbit che aiutò i Nani a riconquistare Erebor

Pwyll di Brycheiniog, lo Hobbit che aiutò i Nani a riconquistare Erebor

Fastida, re dei Gepidi, condusse il Vescovo, lo Hobbit e i Nani da Beorn, Re dei Geati che è citato anche nel poema "Beowulf" con il nome di Hygelac. I Geati erano il ceppo originario dei Goti, dai quali si erano staccati i Grutungi o Ostrogoti, i Tervingi o Visigoti e i Gepidi, e Beorn governa su di loro con pugno di ferro. Così lo descrisse in seguito Pwyll: « Era un omone dalla fitta barba nera, capelli neri, grosse braccia e gambe nude dai muscoli nodosi. Indossava una tunica di lana che gli arrivava alle ginocchia, e si appoggiava a un'ascia enorme. » Tra i suoi sudditi, e tra gli altri Goti, si era diffusa la leggenda che egli avesse la capacità di parlare con gli animali e che fosse un mutaforma, cioè che potesse trasformarsi a piacimento in un gigantesco orso dal pelo nero (in lingua elfica, Beorn vuol dire "orso"). Il sovrano scandinavo si fece raccontare dai suoi ospiti le loro vicissitudini, li rifocillò e decise di aiutarli, prestando loro i suoi robusti pony per arrivare fino al Bosco Atro, il nome che i Geati davano all'immensa foresta di conifere che si stendeva al centro della penisola scandinava. I Nani però avrebbero dovuto lasciare liberi i pony una volta arrivati all'imboccatura di Bosco Atro (gli intelligenti animali sarebbero ritornati a Beorn da soli), non avrebbero mai dovuto lasciare il sentiero e avrebbero dovuto guardarsi dai Wendol, mostruose creature di cui erano popolate le leggende scandinave, in seguito chiamati anche Troll. I nostri eroi si incamminarono, ma Beorn trattenne presso di sé Melis: pur essendo di religione pagana, era interessato alla sapienza del vescovo irlandese. In ogni caso, Melis affidò a Pwyll per maggiore sicurezza un po' della propria polvere pirica e il proprio anello, assicurandogli che gli sarebbero tornati utili.

La traversata di Bosco Atro si rivelò lunga e pericolosa, e non mancarono i contrattempi: il povero Bombur scivolò e cadde nel fiume Ljungan (chiamato dai Geati Rivo Incantato), nelle attuali contee svedesi di Jämtland e Västernorrland, finendo mezzo assiderato; in seguito venne punto da un insetto e contrasse la malattia del sonno (oggi esiste solo nella sua versione tropicale), tanto da dover essere portato a spalla dai suoi compagni, impresa non facile, dato che egli era il più grasso del gruppo. Dopo molti giorni di marce forzate, finirono pure le provviste, e proprio allora Bombur si svegliò, più affamato che mai. La situazione era davvero seria: le provviste erano finite, i Nani e lo Hobbit si trovavano a innumerevoli miglia dalla città più vicina, tra burroni e foreste pressoché inesplorate, ed Erebor non si vedeva ancora neppure all'orizzonte.

La stessa sera i Nani avvistarono dei fuochi nella foresta, e vinto ogni timore si avvicinarono. Appena entrati nella radura, videro Elfi Germanici che banchettavano lautamente, ma all'improvviso tutti gli Elfi sparirono, tutti i fuochi furono spenti, e i quattordici pellegrini si ritrovarono soli nel buio più assoluto. Sconcertati da quell'apparizione, si ritrovarono tutti nell'oscurità, e poco dopo rividero i fuochi e cercarono di avvicinarsi più furtivamente, ma anche stavolta tutti i fuochi furono spenti appena entrarono nella seconda radura. Al terzo infruttuoso tentativo il povero Pwyll si separò dai compagni e non riuscì più a trovarli; egli decise allora di dormire sotto un albero e di aspettare l'alba per cercare di nuovo i compagni. Il mattino seguente si svegliò di soprassalto, attaccato da un nemico misterioso, vestito solo di pelli e di collane d'osso, che tentava di ucciderlo. Dopo una lotta furibonda, l'Homo floresiensis ebbe la meglio grazie alla sua spada Pungolo ed uccise il nemico, che si rivelò essere un uomo dalla strana conformazione fisica: di certo non un Elfo né un Nano. Infilatosi l'anello per rendersi invisibile, Pwyll andò alla ricerca dei compagni, e li trovò legati come salami ed appesi ai rami degli alberi in mezzo ad un villaggio di strane creature, che vivevano in gallerie scavate sotto terra. Fu in quel momento che egli riconobbe i Wendol, detti anche "gli Uomini Ragno", mortali nemici degli Uomini e degli Elfi; lo Hobbit non poteva saperlo, ma essi erano gli ultimi rappresentanti dell'Homo neandethalensis, sopravvissuti fino all'epoca storica nelle zone più remote della Scandinavia, ed estintisi in via definitiva intorno all'anno Mille (qualcuno afferma però che ne esista ancora qualche tribù in vita). Grazie alla polvere pirica donatagli da Melis di Armagh, Pwyll provocò delle esplosioni che misero in fuga i Wendol, ed egli poté approfittarne per liberare i Nani e portarli via da quell'accampamento (i Wendol sarebbero stati protagonisti del romanzo di Michael Crichton "Mangiatori di Morte", dal quale poi fu tratto il già citato film "Il Tredicesimo Guerriero").

Portati i compagni dentro una radura assolata, dove i Wendol, abituati alla penombra delle gallerie, preferivano non avventurarsi, il Mezzuomo si accorse che i Nani da lui liberati erano solo dodici: proprio il loro capo Drest/Thorin non era con loro! Questi infatti era infatti stato catturato da un altro popolo elfico, quello dei Vichinghi, stanziato sulle coste della Scandinavia e in particolare all'interno dei suoi fiordi (in norreno Vik significa "baia"). I Vichinghi portarono il Re dei Pitti a Kaupang, capitale del regno di Vestfold, sullo Skagerrak, alla presenza di Thranduil, sovrano citato nella "Saga degli Ynglingar" con il nome di Ohthere, figlio di Egill (significa "Guerriero Temuto"). Thranduil trattò Drest con disprezzo, trattandosi di un Nano, e lo interrogò circa il motivo per cui si trovava da quelle parti, ma il prigioniero non si lasciò sfuggire una parola, e il sovrano vichingo ordinò di sbatterlo in cella. Intanto i guerrieri di Thranduil catturavano anche tutti gli altri Nani, ma Pwyll/Bilbo riuscì a sfuggire all'arresto infilandosi l'Anello e li seguì inosservato; di fronte a re Thranduil tutti si mostrarono reticenti come Drest, e vennero rinchiusi in celle separate. Piano piano lo Hobbit scoprì l'ubicazione di tutte le celle dei Nani e, protetto dalla nube di ionizzazione dell'Anello, escogitò un piano di fuga. Infatti la reggia era lambita dal fiume Nauma ("Selva". oggi chiamato Numedalslågen), utilizzato per trasportare provviste e legname dai monti lì vicini. Durante la Festa d'Autunno, mentre tutti i Vichinghi sono intenti a pasteggiare con il rakfisk, la loro pietanza nazionale (il pesce in salamoia), e corrono fiumi di cervogia, Pwyll riesce ad aprire le celle dei Nani e a farli fuggire dentro delle botti vuote. Queste sono trasportate dalla corrente fino a Tønsberg, nota anche come Esgaroth o Pontelagolungo (la città più antica della Norvegia tuttora esistente), nota rivale di Kaupang, e lì trovarono rifugio e rifornimenti, anche se alcuni Nani arrivarono ammaccati e mezzi annegati.

A Tønsberg i Nani furono rifocillati dalla popolazione, che li considerava dei perseguitati da parte del loro nemico Thranduil/Ohthere, e ripresero le forze. Dopo un mese, Drest e compagni poterono riprendere il viaggio con nuove masserizie fornite dagli abitanti di Tønsberg per il viaggio fino a Erebor/Galdhøpiggen, la Montagna Solitaria, nella catena degli Jotunheimen, in lingua norrena "le Case dei Giganti". L'interno della Scandinavia era chiamato dai Vichinghi Jötunheimr, il Mondo dei Giganti (Jötunn), e si vociferava che fosse abitato da creature mostruose, di altezza immane. Effettivamente, tra le nebbie, alcune montagne potevano somigliare a giganti di roccia e ghiaccio, e il panorama era più spettrale che mai. Infine, comparve tra i picchi la Montagna Solitaria, e dalle sue grotte uscivano vapori mefitici. I nostri eroi si accamparono e cercarono la via nascosta che conduceva al Regno sotto la Montagna. Alla fine l'entrata fu trovata da Pwyll, grazie all'anello che gli aveva dato Melis: esso infatti era proprio Narya, l'anello di neutronio che gli era stato consegnato da Niall Noigíallac (Niall dei Nove Ostaggi), leggendario Re Supremo d'Irlanda, prima di essere ucciso in battaglia dagli scozzesi; e proprio la radioattività di Narya rese luminescente e visibile la porta, perfettamente mimetizzata con la roccia, ma sensibile alla radioattività degli Antichi, alla cui epoca risaliva appunto la reggia di Erebor. A questo punto Drest infilò la chiave nella toppa e aprì la porta, e indovinate chi fu scelto per compiere la prima perlustrazione del passaggio segreto? A Pwyll/Bilbo, ovviamente.

L'itinerario dalla Contea alla Montagna Solitaria

L'itinerario dalla Contea alla Montagna Solitaria

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Notizie dall'interno: faccia a faccia con un mostro

Il povero Homo floresiensis si inoltrò nella galleria, e vi lascio immaginare quale spavento lo colse quando vide che la città ipogea era quasi completamente allagata da acqua mantenuta tiepida da fumarole sotterranee, le stesse che erano state usate dai Nani per riscaldarsi, e dalle acque ribollenti emergeva un collo lungo una decina di metri, alla sommità del quale vi era una testa piccola ma irta di denti acuminati: la testa di un predatore. Pwyll fece giusto in tempo ad afferrare una coppa d'oro che emergeva sulla riva di quel lago sotterraneo (la maggior parte del tesoro era sommersa), prima di fuggire a rotta di collo verso i compagni. « Non mi avevate detto che i Nani avevano lasciato Erebor perché erano stati scacciati da un drago! » ansimò Pwyll, al colmo del terrore. Fu allora che Balin gli raccontò come gli antenati di quel mostro avessero scacciato i Nani da sotto la Montagna, impossessandosi del tesoro; del resto in Scandinavia a quel tempo vivevano vari animali come quello, ad esempio ve n'era uno nel lago di Storsjöodjuret, oggi in Svezia, e uno analogo viveva anche nel Loch Ness, in Scozia. Oggi sappiamo che quegli animali non erano draghi ma elasmosauri, cioè rettili marini (non appartenenti quindi alla classe dei dinosauri) con il collo lunghissimo, fino a 14 metri, sopravvissuti all'estinzione di fine Cretacico grazie alla protezione offerta dall'elemento liquido (per la precisione parliamo della specie Elasmosaurus platyurus, una delle più feroci). La belva preistorica aveva approfittato di un allagamento di parte della città sotterranea per infilarvisi con la sua famiglia e menare strage dei Nani. L'elasmosauro in questione era chiamato Smaug ("fumo"), per via dei vapori emessi costantemente dalle acque ribollenti.

Nel frattempo Smaug (o meglio il suo discendente incontrato da Pwyll) si accorse dell'ingresso di un intruso e del furto della coppa, e scatenò la sua furia risalendo il tunnel percorso dallo Hobbit. I Nani e lo Hobbit riuscirono a salvarsi per il rotto della cuffia, nascondendosi dentro una galleria laterale stretta e lunga, ma i loro pony scapparono, e quelli che non fecero in tempo a mettersi in salvo vennero divorati. L'irruzione di Smaug fece crollare l'architrave della porta, cosicché i quattordici restarono rinchiusi dentro, dopo di che l'elasmosauro si ritirò sazio nel cuore della montagna. Ovviamente i nostri eroi si sentirono perduti, ma la fortuna (o la Provvidenza, avrebbe detto Melis) era dalla loro parte. Infatti la belva uscita dalla preistoria era piuttosto intelligente, per essere un rettile (probabilmente il suo cervello era cresciuto in dimensioni e complessità, nei milioni di anni), e immaginò che i ladri erano stati aiutati dagli abitanti della vicina costa, ovviamente suoi nemici giurati perché più volte gli avevano dato la caccia, e meditò vendetta. Il giorno successivo la belva uscì con i suoi simili dall'ingresso principale, ridiscese il fiume Utla che sorgeva dalla montagna ed andava a tuffarsi nel grande Sognefjord (il maggior fiordo della Norvegia, profondo ben 180 chilometri), ed attaccò il villaggio di Årdal, piccolo centro di pescatori vichinghi detto anche Dale, sui quali sfogò la propria collera, come già avevano fatto altre volte i suoi antenati.

A quel punto i Nani, pur spaventatissimi e ancora nascosti dentro la crepa nella roccia, dopo essere stati spronati da Pwyll, il quale fece loro notare il momento favorevole, si fecero coraggio e si decisero ad uscire dal nascondiglio per raggiungere la grande Sala del Tesoro, tuttora in gran parte allagata. La città di Erebor era in completa rovina dopo secoli di abbandono, ma Drest e la sua combriccola erano comunque più felice che mai per aver rimesso piede nel loro antico regno. Mentre i suoi compagni frugavano nell'oro sotto il pelo dell'acqua, Pwyll trovò per caso un'enorme pietra preziosa da quasi centomila carati: egli ancora non sapeva che quella era l'Arkengemma (detta in latino anche Archepietra), il più grande diamante mai ritrovato dai Nani, e che ogni membro di quella razza sperava prima o poi di ritrovare; egli però se la infilò nello zaino senza farne parola con nessuno dei suoi compagni di viaggio. Dopo essersi armati di tutto punto e aver dato un'armatura anche allo Hobbit, i quattordici amici si accamparono un vecchio posto di guardia.

Intanto ad Årdal/Dale Smaug menò strage e distruzione, e tutti fuggirono davanti alle sue zanne e a quelle dei suoi simili. Solo un uomo rimase imperterrito a combattere con i suoi: era Bard, detto anche Baldur o "l'Arciere". Il ventre dell'elasmosauro era però così coriaceo da respingere le sue frecce, e le sue scaglie erano impenetrabili. Ad un tratto un tordo si posò sulla spalla di Bard e gli suggerì di colpire Smaug e i suoi parenti là dove il lunghissimo collo si saldava al corpo, l'unico punto vulnerabile del carnivoro mesozoico. Bard gli diede retta e, con un colpo da maestro, trafisse Smaug nel punto indicato, uccidendolo sul colpo. Allo stesso modo furono uccisi i suoi figli e parenti, e nessuno seppe mai che quel tordo era in realtà Oma Desala, che non aveva certo smesso di vegliare sul pianeta Terra, a differenza degli altri Antichi. La notizia della fine dei mostri che infestavano Erebor si sparse rapidamente in tutta la regione: tutti i capi vichinghi vennero informati dai loro messaggeri, ed anche i Geati vennero ben presto a conoscenza di quanto accaduto. Tutti ovviamente si misero in cammino per avere la loro parte del tesoro di Drest, che credevano ucciso dal mostro.

Intanto anche Drest/Thorin venne informato del fatto che Smaug era morto da un guerriero ardimentoso, Hrólfr Kraki (noto anche come Roac figlio di Carc), atteso come vedremo da un destino di gloria; questi aveva raggiunto la tana di Smaug sotto la Montagna Solitaria per verificare se ci fossero altri mostri in vita. Naturalmente da lui Drest venne a sapere che interi eserciti si stavano avvicinando in assetto da guerra per reclamare il tesoro che credevano ormai senza padrone. Preoccupato per la piega che stavano prendendo gli eventi, Drest gli chiese di mandare piccioni viaggiatori ad avvisare i suoi parenti, ed in particolare suo cugino Nechtan, detto anche Dain dei Colli Ferrosi, come i Pitti chiamavano le Highlands della Scozia. Quindi si mise ad approntare le difese contro coloro che volevano impossessarsi del SUO tesoro: recuperò parte delle provviste e delle armi, e mise all'opera i suoi compagni e lo Hobbit in modo da costruire un muro difensivo lungo la porta principale, onde sbarrare l'accesso agli eserciti che si stavano avvicinando.

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Scoppia il temporale: la Battaglia dei Cinque Eserciti

Pochi giorni dopo infatti arrivarono sia i guerrieri di Årdal da ovest, sia Thranduil/Ohthere con le sue truppe da sud, e vi lascio immaginare quanto furono sconcertati nel vedere che i Nani erano ancora in vita, e non erano diventati lo spuntino di Smaug e dei suoi simili. I Vichinghi provarono allora la via diplomatica, mandando avanti un'ambasceria guidata da Bard che chiese una parte del tesoro come indennizzo per i danni subiti dal villaggio di Årdal/Dale, non solo nei giorni precedenti, ma in tutti i secoli in cui gli Smaug avevano infestato Erebor. Drest/Thorin però si mostrò irremovibile: l'oro era suo, e non avrebbe dato neppure una moneta a un esercito giunto in armi davanti alla sua porta, pronto ad ottenere con le cattive ciò che non avrebbe potuto avere con le buone. E così, ebbe inizio l'assedio della Montagna Solitaria. A Pwyll però questa situazione non andava per niente a genio, essendo certo che prima o poi i Vichinghi li avrebbero presi per fame; prende allora l'iniziativa e, ricordandosi di avere ancora nello zaino l'Arkengemma, della quale non aveva mai fatto parola con nessuno, una sera in cui era il suo turno di guardia lasciò la porta di Erebor, entrò nell'accampamento vichingo e la consegnò a Bard in persona, come risarcimento per le sofferenze del suo popolo, a patto che egli si impegni a levare l'assedio. perché la possa usare come riscatto per far finire questa situazione insostenibile. Davanti a quella pietra di impareggiabile bellezza, Bard e Ohthere furono stupefatti dalla proposta, e si riservarono di tenere consiglio per prendere una decisione. Mentre tornava furtivamente ad Erebor, Pwyll incontrò Melis che era appena giunto in Norvegia, e che lodò la sua iniziativa, perchè il suo scopo era quello di riconciliare gli animi; subito dopo l'Homo floresiensis gli restituì l'Anello Narya e si affrettò a tornare nella Città sotto la Montagna per non destare sospetti.

L'elasmosauro Smaug

L'elasmosauro Smaug, acquerello tratto da questo sito

Purtroppo però Bard e Ohthere ritennero che non era giusto accettare in riscatto qualcosa che tradizionalmente era sempre appartenuto ai Nani, e il giorno successivo inviarono una seconda ambasceria che riportava ai Nani l'Arkengemma, chiedendo la loro parte del tesoro in cambio di essa. Questo fece infuriare il Re dei Pitti, che prima dichiarò di non poter accettare simili condizioni, e poi scacciò anche lo Hobbit, resosi colpevole ai suoi occhi di quel tradimento. Mandò quindi nuovi piccioni viaggiatori a Nechtan affinché si affrettasse, ma questi si era già messo in viaggio via mare, ed il mattino seguente attraccò con le sue navi a Luster, porticciolo in fondo a un altro ramo del Sognefjord. Tutti si stavano preparando all'inevitabile combattimento, quando fecero la loro comparsa le schiere: quella degli Juti con i loro giganteschi cani da combattimento (che avrebbero dato vita alla leggenda dei Lupi Mannari), guidati da Re Wihtgils, che come sappiamo aveva un conto aperto con Drest, ma era nemico acerrimo anche dei Vichinghi. Ebbe così inizio quella che sarebbe passata alla storia come la Battaglia dei Cinque Eserciti, oggi considerata l'atto di fondazione della nazione norvegese: la sua data, il 17 maggio, è tuttora festa nazionale in Norvegia. La battaglia infuriò per ore ed ore alle pendici della Montagna Solitaria, e Pwyll indossò l'Anello per colpire quanti più nemici possibile, protetto dall'invisibilità, ma si prende una botta in testa e perde conoscenza. Le sorti della battaglia sembrarono volgere a sfavore dei Nani, in evidente inferiorità numerica. Solo l'inaspettato arrivo dell'esercito dei Geati guidati da Beorn/Hygelac e dei Gepidi di Re Fastida con i loro deltaplani decorati da aquile, chiamati in loro aiuto da Melis, fece sì che gli Juti e gli uomini di Ohthere fossero sconfitti (per questo si parla di Battaglia dei Cinque Eserciti: i Nani di Drest e di Nechtan, i Vichinghi di Bard e di Ohthere, gli Juti di Wihtgils, i Geati di Hygelac e i Gepidi di Fastida). Sia Othrere che Wihtgils caddero nello scontro, ma morì anche Bard, combattendo da eroe. Negli anni la figura di quest'ultimo fu stravolta dal mito, ed egli divenne Baldur, il dio benigno della tradizione norrena. I lutti insomma furono numerosi da entrambe le parti.

Pwyll, curato da Melis, si riprese dalla botta in testa e fu portato al capezzale di Drest/Thorin, che era stato ferito a morte nello scontro. Il Re dei Pitti gli chiese perdono per averlo trattato ingiustamente, e poco dopo si spense. Suo cugino Nechtan lo fece seppellire nelle gallerie più profonde sotto la Montagna Solitaria, e nella sua tomba fece deporre l'Arkengemma e la spada Orcrist. Dopo averlo prosciugato completamente fino all'ultima galleria, Nechtan ricostituì il Regno dei Nani sotto la Montagna, e per questo sarebbe stato ricordato come Nechtan il Grande; egli lasciò il Regno dei Pitti in Scozia a suo nipote Talorc, figlio di Aniel, ricordato anche dalle cronache irlandesi. Nechtan/Dain inoltre distribuì saggiamente le ricchezze riconquistate, compensando i Vichinghi di Årdal e i Geati di Hygelac per l'aiuto che gli avevano prestato contro Othrere e Wihtgils. Dal canto suo Hrólfr Kraki (detto anche Roac figlio di Carc) riuscì ad approfittare del vuoto di potere generato dalla morte in battaglia dei migliori guerrieri della regione, e iniziò ad unificare i regni dei Vichinghi; egli sarebbe stato il primo a regnare su tutta la Norvegia e su quasi tutta la Danimarca (lo citano fonti antiche come il Beowulf, il Widsith e il Chronicon Lethrense).

Anche Pwyll ebbe la sua parte di tesoro, consistente in un baule pieno d'argento ed in uno pieno d'oro, e non ottenne di più solo perché gli sarebbe risultato difficile e pericoloso portare ricchezze maggiori fin nella Contea. Alla fine, l'Homo floresiensis si rimise in cammino per tornare a casa sua. Pwyll si fermò insieme con Melis durante l'inverno successivo a festeggiare il Natale alla corte di Hygelac; a primavera i due si rimisero in cammino raggiungendo Gran Burrone, ed infine ai primi di giugno fecero rientro ad Hobbiville; Melis proseguì subito per far rientro nella sua diocesi di Armagh. A Hobbiville Pwyll ebbe la spiacevole sorpresa di scoprire che egli era stato dichiarato morto e tutti i suoi averi erano stati messi all'asta e venduti, inclusa la sua casa. Grazie al tesoro riportato da Erebor, però, egli riacquistò casa e mobili, oltre a vasti appezzamenti di terreno coltivabile, e visse da ricco borghese per lunghi anni. Lungi però dall'essere considerato un eroe dalla sua gente, quasi nessuno prestò fede ai suoi racconti, considerati le vanterie di un fanfarone: tutti gli altri Hobbit lo consideravano strano bislacco e persino un po' matto; solo il giovane nipote Pryderi credette sempre fermamente alla veridicità dei suoi racconti, e sognò fin da piccolo di poter vivere pazzesche avventure come quelle di suo zio. Pwyll inoltre riceveva spesso le visite di Pitti, Nani e Vichinghi, oltre ovviamente a Melis di Armagh, ed impiegò quasi tutta la vita a scrivere un libro intolato « Andata e Ritorno, le Vacanze di uno Hobbit ». Il suo ritratto migliore fu quello tracciato da Melis, quando si rividero anni dopo quell'avventura e, sorseggiando un buon boccale di birra, il vescovo gli sussurrò:

« Sei una bravissima persona, Pwyll di Brycheiniog, e io ti sono affezionato; ma in fondo sei solo una piccola creatura in un mondo molto vasto! »

In seguito Balin, ringalluzzito dall'impresa di Drest, si mise a capo di una spedizione per ricolonizzare Khazad-dûm, nota anche come Agarthi o Shambhala, la leggendaria città sotterranea d'origine di tutti i Nani, di cui riparleremo in seguito; con lui andarono tra gli altri Oin e Ori, e inizialmente la loro spedizione sembrò avere successo, ma di quei prodi non si ebbe più alcuna notizia. Quanto a Beorn/Hygelac, Re dei Geati, egli osò troppo guidando una serie di scorrerie piratesche, e nel corso di una di esse morì, mentre tentava di mettere a sacco le terre dei Frisoni (il vescovo Gregorio di Tours ci ha lasciato scritto di un certo Chlochilaicus, Re dei Geati, che venne ucciso dai Franchi: probabilmente di tratta proprio di Hygelac). Dopo di lui sul trono dei Geati salì il nipote Beowulf, che conquistò il regno dei Dani e costrinse Angli e Juti ad emigrare in Britannia. I due figli di Wihtgils, Hengist ("Stallone") e Horsa ("Cavallo"), fondarono il Regno del Kent, il primo dei Regni Elfici (Germanici) in Britannia.

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L'Ordine degli Istari

La vicenda di Pwyll di Brycheiniog però non finisce certo qui; lo Hobbit infatti, in mezzo a tutte quelle disavventure, era riuscito a conservare l'Anello rubato a Gollum, e decise di tenerlo per sé nella sua cassaforte. Fu così che il Piccolo Popolo della Contea, rimasto fino ad allora ai margini della Storia con la S maiuscola, cominciò a giocare un ruolo decisivo per le sorti di Midgard.

Infatti, divenuto anziano, Pwyll/Bilbo decise di lasciare la Contea per tornare a Gran Burrone e trascorrervi gli ultimi anni. Imladris/Gran Burrone era però stata spostata dopo che i Grutungi erano stati costretti ad emigrare verso Sud a causa delle sempre più frequenti e feroci scorrerie degli Unni e degli Orchi Denisoviani. Ora sugli Elfi Grutungi (poi denominati Ostrogoti) regnava Valamiro, cugino di Torrismondo chiamato anche Elrond XXIV, per via della sua discendenza dall'omonimo scudiero di Enkidu/Gilgalad. Dopo la morte in battaglia del cugino e predecessore, egli era migrato con il suo popolo nelle vallate alpine, ed aveva posto la sua residenza nell'imprendibile piazzaforte di Vindobona, coincidente con la nostra Vienna, da lui ribattezzata proprio Gran Burrone, come l'originaria capitale dei Goti in Scandinavia. La città era chiamata anche "l'Ultima Casa Accogliente" prima delle terre oggetto delle scorrerie unne, che si facevano ogni giorno sempre più frequenti, ed era un ricettacolo del sapere dei tempi antichi. Dietro consiglio di Melis di Armagh, Pwyll lasciò l'Anello in eredità al giovane nipote Pryderi (nome poi latinizzato in Frodo, anch'egli futuro protagonista del Mabinogion), assolutamente ignaro del suo incredibile potere. Grazie al Cielo, invece di tenerlo al dito, Pwyll prima e Pryderi poi lo avevano conservato in cassaforte, restando così parzialmente immuni dalla pazzia causata dalle radiazioni che esso sprigionava. Dico "parzialmente" perchè per entrambi divenne comunque difficile riuscire a staccarsene.

Intanto però Gollum, sempre alla ricerca dell'Hobbit che gli aveva rubato il suo Tesoro, fu catturato dagli Unni i quali, torturandolo, riuscirono a farsi dire che l'Anello era stato rubato da un membro del Piccolo Popolo, e così Khalek/Sauron spedì i Nazgûl nella Contea per ritrovare l'oggetto dei suoi desideri. Per fortuna sulla Terra di Mezzo continuava a vegliare Oma Desala, la quale apparve a Papa Leone I Magno, rivelandogli il malvagio piano di Sauron. Papa Leone era nato in Toscana da una famiglia di letterati e studiosi di origine etrusca, e gli Etruschi (la cui origine nella nostra Timeline è oggetto di dibattito) erano i discendenti dei Rasna, antichi Uomini che avevano combattuto contro Morgoth e Sauron nella Guerra d'Ira, ma erano rimasti nella Terra di Mezzo anziché emigrare a Númenor. Gli Etruschi si erano tramandati nelle loro tradizioni ogni particolare di quel conflitto preistorico, e Papa Leone era un noto studioso di queste tradizioni; per questo motivo, era perfettamente al corrente del fatto che gli Uomini e gli Elfi "ascesi" non avevano affatto attraversato un mitologico "mare celeste", ma erano passati a un piano superiore dell'esistenza, anche se egli non conosceva il concetto di "energia" ed identificava tale piano superiore con il Paradiso cristiano. Per lui Oma Desala era un'anima santa scesa dalla Rosa dei Beati per salvare lui e il suo mondo, e perciò non stette certo con le mani in mano quando conobbe le intenzioni di Sauron, da lui identificato con il Luogotenente di Satana.

San Melis di Armagh, noto anche col nome di Gandalf

San Melis di Armagh, noto anche col nome di Gandalf

Papa Leone convocò a Roma proprio l'ormai anziano Melis di Ardagh, già ben noto al Pontefice per essere figlio di Darerca, sorella di San Patrizio, evangelizzatore di quell'isola; dopo l'avventura con Pwyll di Brycheiniog egli aveva inoltre imposto il velo a Santa Brigida d'Irlanda, altra figura fondamentale del cattolicesimo irlandese (l'attore Mel Gibson avrebbe preso il nome proprio da questo santo, perché sua madre era originaria di Armagh e devota al suo patrono). Leone sapeva che gli Irlandesi erano uno dei pochi popoli che, dopo la Guerra d'Ira, avevano preferito rimanere nella Terra di Mezzo anziché emigrare a Nùmenor, e per di più era anche al corrente del suo ruolo nella Battaglia dei Cinque Eserciti e nell'inizio della cristianizzazione della Scandinavia; dunque in lui pensava di trovare un interlocutore attento alla minaccia rappresentata da Khalek/Sauron.

Una volta ascoltate le parole di Leone I, a sorpresa Melis rivelò al Santo Padre di appartenere ad un Ordine, quello degli Istari ("i Saggi" in lingua elfica germanica), creato millenni prima proprio da Oma Desala per consigliare sacerdoti e sovrani, ed aiutarli a rintuzzare gli attacchi dell'Oscuro Signore. Quando uno di questi sapienti moriva, subito Oma Desala ne nominava un altro al suo posto; ad essi era concessa una vita più lunga di quella degli altri uomini e un invecchiamento più lento, proprio grazie al benefico effetto dell'energia vitale della loro patrona. I frequenti viaggi missionari di Melis presso Uomini, Elfi, Nani e Hobbit erano giustificati proprio dalla necessità di tenere d'occhio i movimenti di Sauron, dei Nazgûl e dei loro malefici emissari. Così infatti egli spiegò a Papa Leone:

« Molti i nomi che ho nelle diverse terre. Mithrandir ("il Grigio Pellegrino") sono per gli Elfi, Tharkûn ("Uomo col bastone") per i Nani, Olòrin ("suggeritore di sogni") fui chiamato da giovane da Oma Desala; per i Romani sono Gandalf ("Elfo col bastone"), per i Persiani Incànus ("canuto"); nell'incognito Sud non vado mai. »

L'incredulo Pontefice venne così a sapere che l'Ordine degli Istari (Heren Istarion) era a quel tempo composto da cinque importanti figure del cristianesimo: Nestorio di Germanicia, Patriarca di Costantinopoli chiamato Curunír ("Uomo Abile") da Oma Desala per la sua abilità come mediatore politico, e noto anche come Saruman il Bianco; Gaudenzio di Novara, chiamato Aiwendil ("Amante degli Uccelli") per il suo amore per la natura, oppure Radagast il Bruno; Germano di Auxerre, detto Morinethar ("Uccisore di Tenebre") per il suo fervore contro il paganesimo, o Alatar il Blu; Girolamo di Betlemme, noto anche come Romestamo ("Aiutante dell'Est"), perché impegnato da anni nella traduzione in latino della Bibbia, o anche Pallando l'Azzurro; ed infine lo stesso Melis di Armagh, alias Olórin, o Mithrandir, o Gandalf il Grigio, o cento altri modi. A questo punto Papa Leone si convinse che era stata la Provvidenza a ispirargli di convocare il vescovo irlandese, e lo inviò nella Contea degli Hobbit a prelevare Pryderi per portarlo al sicuro, lì a Roma. Melis però obiettò che Roma non era il posto più sicuro per l'Unico Anello, giacché in troppi lì avrebbero potuto aspirare ad esso, e spiegò al Pontefice che lo avrebbe condotto invece a Gran Burrone, al sicuro dalle mire di Sauron; là avrebbe radunato una compagnia il cui scopo sarebbe stato quello di distruggere definitivamente il monile maledetto, eliminando così l'ultima fonte di energia di Khalek/Sauron. Leone diede il suo assenso e benedisse la partenza di Melis.

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IL SIGNORE DEGLI ANELLI

L'ombra del passato

E così, una sera di primavera il vescovo di Armagh ricomparve alla porta di Casa Brycheiniog e spiegò all'incredulo Pryderi come stavano davvero le cose e quale terribile arma egli conservasse allegramente in casa propria, come un qualunque gioiello di famiglia. Siccome lo Hobbit rifiutava di credergli, egli lo gettò nel fuoco, la sua radioattività lo rese brillante proprio come una supernova, e su di esso apparvero le lettere incise sul cristallo nella lingua degli Unni dallo stesso Khalek/Sauron millenni prima:


« Ash nazg durbatulûk, ash nazg gimbatul,
ash nazg thrakatulûk agh burzum-ishi krimpatul! »
(« Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli! »)

Da quando Sauron era venuto a conoscenza dell'esistenza di Pwyll e del suo ruolo nella storia dell'Anello, la più potente e malvagia delle creature dell'universo aveva un unico scopo: dare la caccia all'indifeso Hobbit e recuperare ciò che gli avrebbe consentito di diventare padrone del mondo. Melis consigliò al terrorizzato Pryderi di lasciare furtivamente la Contea sotto falso nome, portando con sé Sanddef Pryd Angel (destinato a passare alla storia come uno dei più grandi eroi gallesi), noto anche come Samvise Gamgee, o più semplicemente Sam, il fedele giardiniere, e nessun altro, e di prendere la strada che conduceva al lontano reame di Valamiro/Elrond; l'autunno successivo Melis/Gandalf sarebbe tornato da lui per accompagnarlo a Gran Burrone, ma se ne fosse stato impossibilitato, Pryderi avrebbe dovuto mettersi in viaggio da solo. Dopodichè, il vescovo irlandese ripartì verso una destinazione ignota. Durante l'estate successiva Pryderi preparò la partenza vendendo casa propria con la motivazione di voler andare a vivere in Belgio, chiamata dagli Hobbit Terra di Buck (Bucklebury), dove si era formata una colonia di Homo floresiensis sul continente, ma quando giunse l'autunno Melis non si fece vedere, contrariamente a quanto promesso, e così Pryderi fu costretto a fare tutto da solo, partendo dalla natia Hobbiville senza di lui. Oltre al fedele Sanddef, egli decise di prendere con sé anche il vecchio amico d'infanzia Peredur Efrawg (futuro protagonista di uno dei tre romanzi gallesi associati al Mabinogion), detto anche Peregrino Tuc o Pipino, in compagnia del quale si sarebbe sentito più sicuro. Ma sulle loro tracce si misero subito alcuni misteriosi cavalieri neri, nei quali Pryderi riconobbe i terribili Nazgûl di cui gli aveva parlato Melis, e che trasformarono il viaggio dei tre Hobbit attraverso la Britannia in una fuga angosciosa tra campi e boschi, fino a quando giunsero in vista del traghetto che, attraverso il canale della Manica, conduceva sul continente. A traghettarli fu il loro amico Manawydan, fratello di Branwen (noto anche come Merry Brandibuck, futuro protagonista della Terza Branca del Mabinogion), che aveva curato il trasloco dei beni di Pryderi nella nuova casa e che li stava aspettando ansiosamente.

I quattro Homo floresiensis giunsero così a Crifosso, una colonia Hobbit nelle vicinanze di Bruges, e nella nuova casa affittata da Pryderi/Frodo per mascherare il piano di fuga verso Gran Burrone il nipote di Pwyll rivelò agli amici la verità circa il suo viaggio, ma i suoi tre compagni gli confessarono di aver intuito qualcosa, visti i continui contatti con Melis/Gandalf, e gli assicurarono che non lo avrebbero abbandonato, durante la sua perigliosa odissea. E così, a partire verso est furono in quattro, nella speranza di essere prima o poi raggiunti dal Vescovo di Armagh.

Per sfuggire all'inseguimento dei Nazgûl, i quattro Hobbit furono costretti ad attraversare la fitta foresta che occupava la Germania settentrionale oltre i confini della Terra di Buck, un luogo tenebroso nel quale pochi osavano mettere piede. Appena entrati, gli Hobbit si accorsero che gli alberi si stringevano intorno a loro costringendoli a spingersi nel cuore del bosco, fin sulle rive del Reno, chiamato Sinuosalice dai Mezzuomini. Gli effluvi vegetali li ubriacarono, cosicché essi si addormentarono ai piedi di un gigantesco salice centenario, che i Germani ritenevano sacro ad Odino. Esso intrappolò tra le sue radici Manawydan e Peredur, ma quando sembrò non esserci più speranza per loro, invocato dalle grida d'aiuto di Pryderi, comparve Meroveo ("Famoso in Battaglia"), sovrano dei Franchi nonché fondatore della dinastia dei Merovingi, che aveva posto la sua dimora nella foresta e si era proclamato signore di tutte le creature che vivevano in essa. Intorno a lui si era creato un alone di leggenda per il suo supposto potere magico sulle entità della foresta: gli Elfi lo chiamavano Iarwain Benadar ("il Più Anziano e Senza Padre"), ritenendolo un essere mezzo asceso come Sauron (secondo alcuni storici la notizia non sarebbe priva di fondamento), i Nani Forn e gli Uomini Fafnir; proprio gli Uomini ne trasfigurarono la figura e lo ritennero custode del leggendario Oro del Reno di wagneriana memoria. Il suo vero nome era però Tom Bombadil, ed era divenuto Re dei Franchi non per la sua abilità in battaglia né per il suo sangue blu, ma per la sua profonda conoscenza dei poteri delle erbe e dei minerali. Egli infatti con una pozione di sua creazione costrinse il vecchio salice a liberare gli Hobbit prigionieri, e li ospitò nel suo palazzo reale, dove presentò loro la sua sposa e regina Clodosvinda, detta anche Baccador e creduta figlia del fiume Reno. Tom Bombadil/Meroveo rivelò a Pryderi/Frodo di essere immune dalla radioattività dell'anello, grazie alle proprie conoscenze che si potevano tranquillamente definire scientifiche, e gli fornì dei consigli per affrontare la traversata dei Tumulilande.

Itinerario dei quattro Hobbit dalla Contea a Vindobona/Gran Burrone

Itinerario dei quattro Hobbit dalla Contea a Vindobona/Gran Burrone

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Un coltello nel buio

Malgrado le raccomandazioni del Re dei Franchi, dopo aver lasciato la foresta gli Hobbit si attardarono, nel pomeriggio del primo giorno di viaggio, sui colli solitari e selvaggi al confine tra il Bassopiano Germanico e il Mittelgebirge, che custodivano i tumuli funerari degli antichissimi abitanti dell'Europa preistorica, secondo alcuni imparentati con gli Unni, e quindi con gli "Stregoni" di Angmar. Lì la nebbia li sorprese, ed essi caddero vittima di quello era considerato l'incantesimo dello spettro che custodiva i tesori sepolti dei kurgan: risvegliatosi, Pryderi si ritrovò sepolto vivo alla mercé dello "spettro" ed invocò l'aiuto di Tom Bombadil. Re Meroveo poco dopo fece irruzione nel tumulo, risvegliò i Mezzuomini e mostrò loro che non vi era alcuno spettro in giro: i kurgan erano saturi di un gas traspirato dal suolo, il quale provocava allucinazioni facendo vedere fantasmi ed altre creature spettrali, ma il sovrano dei Franchi aveva trovato un antidoto. Stavolta Meroveo decise di accompagnare personalmente i quattro Homo floresiensis fino a Brea, villaggio nella cui locanda trovarono rifugio per la notte. Brea sorgeva nella Baviera settentrionale, sul cosiddetto ramo rosso del fiume Meno, e precisamente sul sito della nostra città di Bayreuth (resa famosa da Richard Wagner), come dimostra l'assonanza con il nome elfico. Esso si trovava all'incrocio tra le vie di comunicazione che congiungevano il Nord al Sud e l'Est all'Ovest, e qui abitava gente di tutte le razze, Uomini, Elfi e Hobbit. Pryderi, Sanddef, Peredur e Manawydan alloggiarono alla locanda chiamata "All'insegna del Puledro Impennato", gestita da un Hobbit, Barliman Butterbur. L'oste, contento di vedere quattro compaesani, li invitò a cena nel grande salone, dove essi diventarono il centro dell'attenzione di tutti gli avventori. Pryderi, che viaggiava sotto il falso nome di Signor Sottocolle, si mise a ballare su un tavolo onde zittire l'amico Peredur che, un po' brillo, stava parlando un po' troppo circa il vero scopo del loro viaggio; a quel punto però inciampò e il famoso Anello gli scivolò al dito, sparendo sotto la nube di ionizzazione: i clienti della locanda si spaventarono, ma alcuni stranieri dall'aria sinistra mangiarono la foglia e si allontanarono subito. Quando riapparve, il nipote di Pwyll fu avvicinato da un uomo alto e incappucciato, che l'oste chiamava Grampasso, e che invitò Pryderi a fare due chiacchiere con lui in privato.

Grampasso apparve minaccioso ai quattro Homo floresiensis, che sospettavano di lui, ma a sorpresa egli buttò il mantello e rivelò la sua vera identità: si trattava di Flavio Ezio, Magister Militum del morente Impero Romano d'Occidente, che si era travestito da pellegrino per tessere un'alleanza tra Uomini, Elfi e Nani contro la minaccia rappresentata dalle orde unne di Attila, d'intesa con l'Ordine degli Istari. Egli era figlio di Flavio Gaudenzio, ausiliario romano a sua volta figlio del Re della tribù germanica dei Sicambri; e i principi dei Sicambri discendevano direttamente da quelli dei Cimmeri, a loro volta discendenti da Eleno, figlio di Priamo e Re di Gondor (anche il franco Meroveo vantava la stessa discendenza). Di conseguenza Flavio Ezio era l'ultimo legittimo discendente per linea di sangue del Regno di Gondor, essendo i discendenti di Costantino solo dei sovrintendenti; suo padre Flavio Gaudenzio si fregiava del nome reale di Arathorn, e Flavio Ezio porta quello di Aragorn. Chiamato dagli Elfi Estel ("Speranza"), egli fu allevato a Gran Burrone da Valamiro/Elrond in persona dopo la morte in battaglia del padre contro una tribù di Orchi, e lì si era innamorato di Ereleuva, detta anche Arwen ("Nobildonna"), la bellissima figlia del Re dei Grutungi, che acconsentì a dargliela in sposa se fosse riuscito a riconquistare il regno dei suoi padri. Da qui l'alleanza di Ezio/Aragorn con Melis di Armagh e il suo giuramento di fedeltà all'Impero Romano d'Occidente, nella speranza di essere accolto come sovrano dai Romani, anche se egli era considerato poco più di un barbaro.

Le parole di Ezio non riuscirono a scalfire la diffidenza di Sanddef, il quale lo accusò di essere un malintenzionato che aveva ucciso il vero Grampasso prendendosi i suoi vestiti, ma a fugare ogni dubbio venne l'oste Hobbit, il quale confessò loro di essersi dimenticato, quattro mesi prima, di inviare loro una lettera che Melis/Gandalf aveva personalmente affidato a lui, nella quale il vescovo irlandese consigliava caldamente a Pryderi di partire prima dell'estate e di affidarsi, giunto a Brea, proprio a Grampasso, che lo avrebbe aiutato a raggiungere Gran Burrone. In quel mentre Manawydan, che era uscito a passeggiare nella notte, fece ritorno e raccontò di essere caduto nelle mani dei Nazgûl, e di essere stato salvato miracolosamente dal garzone della locanda, Nob, inviato alla sua ricerca. Ezio si rese conto di avere il fiato dei suoi nemici sul collo, e fece barricare gli Hobbit in una camera da letto, rimanendo sveglio a sorvegliarli. La notte, gli Spettri dell'Anello assaltarono la locanda, senza trovare traccia degli Hobbit: essi si erano rimessi in marcia a piedi, sotto la protezione di Ezio.

Cominciò così l'attraversamento delle Terre Selvagge della Germania, tra paludi inospitali e boschi fittissimi, alla volta di Collevento, nome che gli Elfi davano alla città romana di Maróboudon, corrispondente alla nostra Brno in Moravia, e realmente citata da Tolomeo (Geogr. II 11, 14): una tappa fondamentale lungo la via che portava a Gran Burrone, dove essi speravano di trovare Melis ad attenderli. Ma a Collevento non trovarono nessuno, e si accampano fuori città con la consapevolezza che i nemici erano sempre più vicini. Infatti quella stessa notte gli Hobbit e Flavio Ezio furono attaccati dai Nazgûl; durante l'assalto, Pryderi non poté evitare di infilarsi l'Anello, sperando così di sfuggire alla vista dei suoi nemici. Al contrario, in quel modo egli divenne visibile come un radiofaro agli esseri mezzo ascesi, che lo ferirono alla spalla con una spada radioattiva. La ferita si infettò immediatamente, ed egli fu assalito dalla peste da radiazioni. Ezio sapeva che l'unico modo con il quale Pryderi avrebbe potuto scampare alla morte sarebbe stato quello di ascendere a sua volta, ma così egli sarebbe diventato a sua volta un fantasma schiavo della volontà di Sauron. Ezio decise di proseguire, nonostante le condizioni di Pryderi, nella speranza che Elrond a Gran Burrone potesse salvarlo. Dopo quindici giorni di angosciose fatiche i cinque viandanti arrivarono al guado del Danubio, chiamato Bruinen dagli Elfi, e lì essi furono raggiunti dall'Elfo Vidimero, fratello di Valamiro/Elrond chiamato anche Glorfindel, inviato alla loro ricerca proprio dal signore dei Grutungi. Egli li incitò ad accelerare la fuga e offrì il suo cavallo bianco a Pryderi, ormai impossibilitato a reggersi in piedi. Ma quando la compagnia si avvicinò al guado che separava le Terre Selvagge di Germania dal reame degli Elfi Grutungi, i Cavalieri Neri si gettarono su di loro. Aggrappato al bianco destriero, Pryderi fuggì e riuscì ad attraversare il fiume senza essere ostacolato, e quando i Nazgûl guadarono a loro volta il grande fiume, un'onda di piena li travolse trascinandoli via: era opera di Valamiro, che aveva fatto aprire al momento giusto le cateratte del grande fiume.

Pryderi, l'Homo floresiensis che distrusse l'Unico Anello

Pryderi, l'Homo floresiensis che distrusse l'Unico Anello

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Il Consiglio di Valamiro

Pryderi svenne, e solo molto tempo dopo si risvegliò al sicuro tra le possenti mura di Vindobona/Gran Burrone, dove era stato guarito da Valamiro, anch'egli come Meroveo ottimo conoscitore dei poteri taumaturgici delle erbe. I Nazgûl erano stati temporaneamente sconfitti, le loro cavalcature erano perite tra le acque del Bruinen/Danubio ed essi avrebbero dovuto ritornare indeboliti fino a Mordor per prenderne delle altre (nessun cavallo comune si sarebbe lasciato montare da loro). Ciò lasciava ai nostri eroi un po' di tempo per studiare le prossime mosse. Tra l'altro a Gran Burrone Pryderi ritrovò finalmente Melis di Armagh ed anche Pwyll/Bilbo, molto anziano ma ancora in salute, a causa dell'influsso che il neutronio aveva avuto su di lui.

Alla fine Re Valamiro/Elrond XXIV convocò quello che sarebbe passato alla storia come il Consiglio di Valamiro (o Consiglio di Elrond XXIV), destinato a cambiare la storia europea dei futuri millenni. Ad esso parteciparono i rappresentanti di tutte le razze della Terra di Mezzo:

Tutti i partecipanti vennero messi al corrente da Melis della vera storia dell'Anello, che solo gli Istar conoscevano nella sua interezza. Il vescovo irlandese rivelò ai suoi sconcertati interlocutori che il Patriarca di Costantinopoli Nestorio, capo degli Istar con il nome di Saruman il Bianco, aveva tradito l'alleanza con Elfi e Uomini per schierarsi con Khalek/Sauron, nella speranza di trarne vantaggio in un pericoloso doppio gioco. Nestorio si era già posto al di fuori dell'ortodossia della Madre Chiesa sostenendo il Monofisismo, dottrina eretica secondo cui in Cristo vi era una sola natura, quella divina, essendo quella umana solo un'apparenza; quando Gandalf si era recato da lui nella sua fortezza di Tanais, sul Mar d'Azov alla foce del fiume Don, chiamata dagli Elfi Isengard (Isen è il nome elfico del Don), Nestorio/Saruman aveva tentato di convincere Melis/Gandalf ad allearsi con lui e a rivelargli il nascondiglio dell'Unico Anello, ma di fronte al suo rifiuto lo aveva imprigionato sul pinnacolo inaccessibile della torre di Orthanc, campanile della locale Basilica alto più di cento metri, e per questo non aveva potuto raggiungere Pryderi per aiutarlo a venire lì. Alla fine, Melis era stato liberato grazie all'intervento di Arderico, re dei Gepidi, chiamato dagli Elfi anche Gwair, oppure il Re delle Aquile. Arderico infatti era il successore di Fastida, da noi già incontrato durante l'avventura alla riconquista di Erebor, che gli aveva trasmesso il segreto del volo; proprio grazie ai suoi deltaplani su cui erano dipinte delle grandi aquile aveva potuto raggiungere Melis sulla torre di Orthanc e portarlo in salvo a Vindobona/Gran Burrone.

A questo punto, tutti i partecipanti al Consiglio si chiesero: cosa fare dell'Anello? L'opzione, un tempo presa in considerazione da Melis, di affidarlo a Meroveo/Tom Bombadil, l'unico immune alla sua radioattività, venne scartata perché in qualche modo l'Anello maledetto avrebbe finito per sfuggirgli, attirato dall'energia vitale di Sauron, dato che Meroveo lo considerava privo di valore, in confronto alla scienza della natura. Valamiro/Elrond e Melis/Gandalf non avevano più dubbi: nessuno poteva sperare di usare il potere dell'Anello senza diventare malvagio quanto Sauron, per colpa della sua perniciosa radioattività, e dunque andava distrutto, perché solo in questo modo l'energia vitale dell'Oscuro Signore si sarebbe spenta per sempre. L'unico ad opporsi a questa opzione fu Boromir, che riteneva di poter controllare il potere dell'Anello ed usarlo per salvare Costantinopoli dall'assalto degli Unni di Angmar, e il vescovo irlandese dovette sudare sette camice per convincerlo che esso avrebbe causato la rovina di Bisanzio, e non certo la sua salvezza. Alla fine, anche se poco convinto, Boromir dovette piegarsi al volere della maggioranza. Il problema era: come si poteva distruggere qualcosa di indistruttibile? L'unico luogo al mondo in cui ciò poteva essere fatto solo in un luogo su tutto il pianeta: l'Orodruin o Monte Fato, la bocca principale del massimo supervulcano di Arda, l'unico nel quale si raggiungevano le temperature necessarie a spezzare l'involucro cristallino e a dissolvere il neutronio di cui esso era fatto. Il problema era che la Montagna di Fuoco sorgeva nel cuore della terra di Mordor, quindi praticamente fuori dalla soglia di casa di Sauron. Siccome nessuno poteva arrogarsi il possesso dell'Anello senza che questo in qualche modo lo avesse "scelto" come suo portatore, il povero Pryderi fu costretto ad accettare di portare a termine la disperata missione: sarebbe stato lui a condurre l'Anello al suo destino finale. Elrond tuttavia stabilì che egli non sarebbe stato solo: lo avrebbero accompagnato dei valorosi appartenenti a tutte le razze della Terra di Mezzo. Oltre a Melis/Gandalf, le cui conoscenze erano indispensabili per giungere fino a Mordor, sarebbero partiti Ezio/Aragorn e Marciano/Boromir in rappresentanza degli Uomini, Teodemiro/Legolas per gli Elfi, Remetalce IV/Gimli per i Nani. Quanto agli Hobbit, oltre all'inseparabile Sanddef/Sam, anche Manawydan/Merry e Peredur/Pipino ottennero l'onore di scortare il loro amico, e questa scelta si sarebbe rivelata decisiva. Inoltre Papa Leone I, che aveva benedetto l'iniziativa di Melis, inviò a Vindobona/Gran Burrone i frammenti della spada Narsil, con la quale era stato tagliato il dito di Sauron, da lui conservati nella Basilica di Santa Maria Maggiore dopo la fine del paganesimo a Roma, e Valamiro/Elrond la fece riparare dai suoi fabbri affinché Flavio Ezio/Aragorn, legittimo erede di Gilgamesh/Isildur, potesse portarla con sé nella pericolosa impresa. All'antichissima spada fu dato il nuovo nome di Andúril (in lingua elfica "Fiamma dell'Ovest"). Fu così che la cosiddetta "Compagnia dell'Anello" partì da Vindobona/Gran Burrone nella Notte di Natale, verso una destinazione spaventosa che faceva apparire quella missione decisamente suicida.

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Un viaggio nell'oscurità di Agarthi

Per raggiungere la terra di Mordor, occorreva anzitutto varcare i confini d'Europa, che però erano tutti ben guardati dall'esercito degli Unni. A questo punto, Melis/Gandalf propose l'unica alternativa possibile: l'attraversamento delle Terre Selvagge, cioè di quelle che per noi sono le pianure russe, e di valicare le Montagne Nebbiose, quelle che i Greci chiamavano Monti Rifei (furono citate da Pindaro, Eschilo e Posidonio). L'unico passaggio praticabile era quello che i Mansi, la tribù del posto, chiamava il Cancello Cornorosso, presso il monte Caradhras: quel passo oggi è noto come Passo Djatlov (dal nome del capo della spedizione i cui nove membri morirono misteriosamente presso di esso il 2 febbraio 1959), e la montagna è quella che noi chiamiamo Cholat Sjachl (in lingua Mansi significa "Montagna dei Morti"). Esso era una delle tre Montagne di Moria, al di sotto delle quali Suchandra, detto anche Durin, il primo leggendario Re dei Nani, aveva costruito la grande città sotterranea di Khazad-dûm, chiamata anche Agarthi o Shambhala (quest'ultimo nome usato nel tantra Kalachakra del buddhismo tibetano), all'epoca dell'antica Nùmenor. Tale reame era stato abbandonato da secoli, dopo una mortale battaglia contro un misterioso e terrificante nemico sorto dagli abissi della terra, ed era stato allora che i Nani erano migrati verso ovest, sulle montagne dell'Europa, dando vita ai popoli dei Pitti, dei Reti, dei Traci e degli Armeni.

L'incisione sopra le porte delle miniere di Moria

L'incisione sopra le porte delle miniere di Moria

Purtroppo attraversare il Passo Cornorosso si rivelò impossibile, a causa della stagione avversa: una terribile tempesta di neve investì i nostri eroi e li costrinse a tornare indietro. A questo punto Melis, contro il parere di Flavio Ezio, propose di attraversare le mitiche miniere di Moria, e Pryderi, che aveva l'ultima parola in quanto portatore dell'Anello, approvò il piano. E così la Compagnia giunse alle porte occidentali delle miniere, che si aprivano in una profonda gola montagnosa invasa da un lago oscuro e limaccioso. L'apertura delle porte, chiuse da millenni, si rivelò però più complessa del previsto: si trattava infatti di porte costruite grazie alla tecnologia di Númenor, a sua volta insegnata dagli Antichi ai Dunedain, a quei tempi in buone relazioni con i Nani di Agarthi/Khazad-dûm. Sul battente in lingua elfica era scritto:

« Pedo mellon a minno »
(« Dite, amici, ed entrate »)

Le porte cioè avevano una serratura a riconoscimento vocale: per aprirle occorreva pronunciare una parola d'ordine (inutile dire che agli altri membri della Compagnia tutto questo appariva frutto di magia perché, come ha scritto Arthur C. Clarke, la magia è solo una scienza che non abbiamo ancora compreso), ed è inutile dire che la parola d'ordine era stata ormai dimenticata. Dopo interminabili tentativi, in cui inutilmente diede fondo a tutta la sua erudizione, finalmente Melis ebbe l'intuizione giusta ed urlò "Mellon!", cioè "Amici", ottenendo l'immediata apertura delle porte. L'iscrizione andava dunque letta: « Dite: "amici" ed entrate »: evidentemente quelli in cui Moria prosperava erano tempi meno tenebrosi di quelli in cui si svolgeva il nostro racconto, visto che i Nani si fidavano a porre la password sul battente stesso della loro porta! A quel punto però l'irruzione di una tribù di Orchi costrinse i nostri eroi a porsi in salvo oltre l'ingresso delle miniere e a richiuderle a forza dietro le loro spalle, cosicché essi si ritrovarono prigionieri del buio.

Per decine di miglia, facendo scaturire dal proprio bastone una luce fredda di origine chimica (altro regalo di Oma Desala agli Istari), Melis guidò i viaggiatori attraverso l'immensa città sotterranea dei Nani, un vero e proprio labirinto oscuro e pericoloso in cui regnavano il silenzio e la desolazione. Per esorcizzare questo desolante abbandono, Peredur commise un errore, facendo cadere un sasso in un profondo pozzo oscuro, con grande disappunto di Melis, secondo il quale l'oscurità celava pericoli di ogni sorta. La Compagnia giunse infine nel cuore di Moria, in un salone vastissimo e pieno di immense colonne scavate nella dura pietra della montagna. A fianco del salone, la Compagnia trovò una sala fiocamente illuminata da un pozzo aperto verso il cielo, al cui centro giaceva la tomba di Balin, uno dei Nani che aveva accompagnato Drest e Pwyll alla riconquista di Erebor: fu così che Remetalce IV apprese del fallimento dell'ultimo tentativo dei Nani di impadronirsi del loro antico reame.

Improvvisamente però dal grande salone arrivò un violento attacco di orchi, che comunque vennero sbaragliati facilmente anche grazie all'inaspettato valore dei quattro Hobbit. L'arrivo di rinforzi agli attaccanti costrinse i nostri eroi ad una fuga disperata verso il ponte di Khazad-Dum, che conduceva all'uscita orientale dalla città di Moria. Guidati da Melis, i compagni giunsero al ponte, ma dagli abissi della Terra emerse un immenso dinosauro lungo più di quindici metri: nelle profondità del pianeta infatti alcuni dei rettili mesozoici sono sopravvissuti alla catastrofe del neutronio di fine Cretaceo, e i Nani di Shambhala hanno spesso dovuto combattere contro di essi. Il mostro in questione era un Tarbosauro (nome scientifico Tarbosaurus bataar), parente asiatico del più noto Tirannosauro, uno dei più pericolosi tra i dinosauri vissuti in quella parte del mondo quando la Siberia era molto più calda di oggi; i Nani lo chiamavano Balrog. Nonostante il terrore ispirato da quella colossale bocca irta di denti, Melis/Gandalf si fermò sul ponte di Khazad-Dum attirando l'attacco del mostro su di sé, mentre gli altri fuggivano; quando il sauro fu a poca distanza da sé, egli gli gettò tra le zampe un ordigno (sempre made in Oma Desala) che esplose, facendo crollare il ponte. Il crollo però trascinò con sé anche il vescovo di Armagh, che scomparve nelle tenebre mentre i suoi addolorati amici fuggivano fuori dai confini di Moria.

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Lo Specchio Interdimensionale di Changle

Gli otto superstiti si accasciarono ai confini di Moria, sul versante asiatico degli Urali, per piangere Melis e decidere il da farsi; a prevalere fu il principio che si dovesse proseguire anche senza il vescovo irlandese, per giungere alla definitiva sconfitta di Sauron. A pochi giorni di cammino si stendevano infatti le intricate foreste di Lorien, sotto i rami delle quali era stato fondato l'impero Göktürk. Su di esso governavano due sovrani divenuti leggendari, nemici giurati degli Orchi e di Angband, che avevano stretti rapporti con gli Elfi europei: il turco celeste Bumin Khan, chiamato dagli Elfi Celeborn ("Albero d'argento"), e la sua sposa Changle, cinese del regno Wei, altissima e bellissima, che gli Elfi chiamavano Galadriel ("Coronata con una ghirlanda di luce") e gli Uomini semplicemente "la Dama". Ufficialmente il sovrano era Bumin Khan, ma l'influenza di Changle su di lui era grandissima, tanto che gli altri popoli le attribuivano addirittura poteri magici. Teodemiro/Legolas e Flavio Ezio/Aragorn guidarono la Compagnia attraverso l'Impero Göktürk, chiamato dagli Elfi Lothlorien ("Fiore di sogno"), ma tutti furono arrestati dai guerrieri Göktürk, ben decisi a difendere il loro impero dagli Orchi di Angmar; della Compagnia tra l'altro faceva parte il nano Remetalce IV/Gimli, e tra Nani e Turchi non correva buon sangue. Tuttavia Bumin Khan e Changle ordinarono di far passare la Compagnia, e così tutti giunsero a Otukan, la capitale Göktürk chiamata dagli Elfi Caras Galadhon, dove vennero ricevuti nel magnifico palazzo reale dei due sovrani asiatici. Changle/Galadriel dimostrò di essere a conoscenza dei piani di  Valamiro/Elrond, che la aveva tenuta informata della spedizione contro Mordor, e provvide affinché i suoi ospiti potessero riposare nel suo regno dopo il lungo viaggio attraverso tutta l'Europa orientale, nella malinconia del ricordo di Melis/Gandalf.

Un mese dopo, infine, Changle/Galadriel convocò Pryderi e Sanddef. Ella li condusse con sé in un angolo segreto del loro giardino, dove si trovava un grande cerchio di lucido metallo con il diametro si sette metri e con una serie di simboli indecifrabili incisi sul bordo. Esso sembrava una normale vasca ma, appena gli Hobbit si avvicinarono ad essa, il cerchio d'acciaio iniziò a ruotare velocemente su se stesso, fermandosi periodicamente quando grossi ganci ingranavano alcuni dei simboli dell'anello. Quando anche il settimo simbolo ebbe ingranato, improvvisamente dal bordo della "vasca" esplose una specie di getto di energia azzurra, e l'esplosione fece quasi svenire di paura Pryderi e Sanddef. Quando i due riaprirono gli occhi, videro che la superficie della "vasca" non era piena d'acqua, ma di una superficie ribollente come un mare, che sprigionava una luce biancazzurra più forte di quella del sole. I terrorizzati Sanddef e Pryderi compresero che si trattava del leggendario Specchio di Galadriel, una finestra aperta sul passato e sul futuro che, secondo i popoli di Midgard, permetteva di avere visioni di origine magica su quanto aspettava coloro che ci guardavano dentro, anche se esse apparivano per lo più indecifrabili; noi sappiamo che in realtà si trattava di uno Stargate, uno dei portali adoperati dagli Antichi per spostarsi tra i mondi e per scambiarsi conoscenze, e quello posseduto da Changle era stato lasciato su Arda da Yu, uno dei più potenti Signori del Sistema, un Goa'uld che aveva spadroneggiato sulla Cina preistorica molti millenni prima, e che i cinesi veneravano come il leggendario fondatore della prima dinastia cinese. Passando di mano in mano, lo Stargate era infine arrivato a Changle, l'ultima a conoscerne la vera natura.

Lo Specchio di Galadriel, in realtà uno Stargate appartenuto al Signore del Sistema Yu

Lo Specchio di Galadriel, in realtà uno Stargate appartenuto al Signore del Sistema Yu

Guardando nell'orizzonte degli eventi dello Stargate, Sanddef intravide la futura rovina della Contea e la morte di Pryderi; mentre a Pryderi/Frodo sembrò di scorgere Melis/Gandalf lungo una strada notturna. Da ultimo, a Pryderi apparve l'occhio infuocato di Khalek/Sauron che lo cercava minaccioso. Spaventato da quell'occhio, Pryderi pensò di disfarsi dell'Anello e lo offrì a Changle, ma anch'ella, come Melis prima di lei, lo rifiutò decisamente, temendo che la sua tremenda radioattività corrompesse anche il suo cuore, e spiegò a Pryderi che lui e Sanddef avevano scrutato attraverso lo Stargate in un universo che avrebbe anche potuto essere parallelo al loro, e dunque avevano visto cose che avrebbero potuto non realizzarsi. A questo punto, la regina cinese si accommiatò dai viaggiatori dopo averli ricolmati di doni ed averli riforniti di gallette di "pan di via", e consigliò loro di procedere verso sud risalendo il fiume Erqisi ("Fiume Bianco"), uno dei maggiori del mondo, che era chiamato Anduin dagli Elfi e Irtysh da noi oggi.

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La Compagnia si scioglie

Il viaggio della Compagnia lungo le acque maestose e selvagge del grande fiume Irtysh attraverso terre vergini e coperte di foreste si rivelò tranquillo, ma Sanddef e Pryderi si avvidero ben presto di essere seguiti lungo il fiume da Gollum, che non li perdeva d'occhio. All'altezza della confluenza dell'Irtysh con il Tobol, i viaggiatori vennero però assaliti da una compagnia di Orchi Denisoviani sovrastata da una misteriosa creatura alata, nera come la notte, che solo le frecce di Teodemiro/Legolas riuscirono ad allontanare. A un certo punto i compagni attraversarono la gola degli Argonath, le immense statue dei leggendari imperatori della Cina vissuti millenni prima, che avevano eretto i loro simulacri ai confini del loro impero, quale ammonimento contro i viaggiatori indesiderati. Qui li raggiunse un piccione viaggiatore spedito da Costantinopoli, il quale portava la notizia che gli Unni stavano devastando l'Europa orientale e minacciavano la stessa Italia. Flavio Ezio/Aragorn avrebbe voluto tornare verso ovest per soccorrere l'Impero Romano d'Occidente, e Teodemiro/Legolas e Remetalce IV/Gimli erano con lui, ma sapeva che il suo primo dovere, ora che Melis non c'era più, era quello di proteggere il Portatore dell'Anello; Pryderi proponeva invece di puntare diritti verso Mordor, ma esitava a trascinare tutti i suoi amici in quel regno tenebroso. Chiese allora un po' di tempo per riflettere sulle sue decisioni, e si allontanò dai compagni accampati sul prato di Parth Galen, sulle rive dell'Irtysh. Tuttavia Flavio Marciano/Boromir lo seguì, lo avvicinò e cercò di convincerlo a cedergli l'Anello, convinto che esso lo avrebbe aiutato a salvare Costantinopoli dalla minaccia degli Unni e a riunificare l'Impero Romano nelle sue mani. In seguito al rifiuto dell'Homo floresiensis, Marciano tentò di strapparglielo con la forza, ma Pryderi si infilò l'Anello e sfuggì alla sua vista; tutti i membri della Compagnia si sparpagliarono allora alla ricerca disperata del Portatore.

Solo il fedele Sanddef intuì le vere intenzioni del suo padrone e lo raggiunse mentre questi si era impadronito di una barca e stava allontanandosi da solo verso est, verso la Terra di Mordor: infatti egli aveva preso la decisione di recarvisi da solo, onde distruggere l'Unico Anello nel Monte Fato senza costringere nessuno dei suoi amici ad una missione suicida. Sanddef però gli ricordò che egli aveva giurato di seguirlo dovunque egli fosse andato, e Pryderi non poté dissuaderlo in ogni modo; alla fine, abbracciato l'inseparabile amico, si incamminò con lui verso una meta dalla quale non pensava certo di poter tornare vivo.

Nel frattempo Flavio Ezio, Teodemiro e Remetalce IV furono richiamati sul prato di Parth Galen da un suono di corno ma, quando vi giunsero, trovarono solo Flavio Marciano a terra, trafitto da innumerevole frecce denisoviane. Questi confessò ai tre compagni di aver tentato di impossessarsi dell'Anello con la forza, e per questo di essere stato giustamente punito da Dio: su di lui sono piombati dei Berserkr, ferocissimi guerrieri scandinavi arruolati da Sauron nelle sue armate, che prima della battaglia entravano in uno stato di furiosa trance detto berserksgangr, il quale li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore, per mezzo dell'assunzione di potenti droghe (su di essi, realmente esistiti nella nostra Timeline, è basato il fumetto giapponese "Berserk"). Nella lingua unnica essi erano chiamati gli Uruk-hai. Flavio Marciano aveva cercato di difendere gli Hobbit Manawydan e Peredur, ma essi erano stati catturati dai Berserkr, che li avevano condotti con loro verso sudovest. Ricevuto il perdono da parte di Flavio Ezio, il cognato dell'Imperatore Romano d'Oriente chiuse gli occhi nel sonno della morte. I suoi afflitti amici si attardarono a dare al suo corpo le esequie funebri: con le armi in pugno e il corpo chiuso nell'armatura, Marciano/Boromir venne deposto in una delle barche elfiche e sospinto lungo la corrente dell'Irtysh, verso il Mare Artico.

Dopo aver recitato ciascuno una preghiera delle rispettive religioni in onore del caduto, i tre superstiti si misero sulle tracce di Pryderi e Sanddef, scoprendo che essi erano ormai partiti da soli verso oriente. A questo punto Flavio Ezio/Aragorn decise che non poteva abbandonare Manawydan/Merry e Peredur/Pipino alla tortura e alla morte che li attendevano nelle mani degli Orchi e dei Berserkr, e Teodemiro e Remetalce IV si dissero d'accordo con lui. Incominciò così un epico inseguimento a passo di corsa, alla ricerca dei loro nemici che hanno un giorno di vantaggio su di loro. Tre giorni e tre notti durò la faticosa rincorsa, senza quasi riposare, mangiando poco o nulla e con gli occhi costantemente a terra alla ricerca di tracce, eppure vedendo coloro che inseguivano allontanarsi sempre più, perché i Berserkr correvano invasati dalla droga, insensibili al dolore e alla fatica. Il ritrovamento di una spilla d'argento donata da Changle indicò che la pista era quella giusta, e che sicuramente uno degli Hobbit prigionieri era vivo perché la aveva lasciata cadere onde lasciare una traccia.

Dopo una corsa folle a rotta di collo, i tre compagni videro in lontananza una catena di montagne, e dalla parte di esse venne loro incontro una grande pattuglia di cavalieri dai muscoli poderosi e dall'imponente statura, che li circondarono minacciosi. Flavio Ezio riconobbe i cavalieri del Regno di Iberia (nell'area del Caucaso, là dove oggi c'è la moderna Georgia), a quel tempo un vasto stato esteso dai confini della Persia fino alle steppe a nord del Caucaso, nemico giurato degli Unni e di Sauron. Tale stato dagli Elfi era chiamato Rohan ("Terra dei Cavalli"). I cavalieri iberici erano guidati da Vakhtang, figlio di Mihrdat V (Mitridate V), re di Iberia della dinastia Cosroide; in buone relazioni con gli Elfi, Vakhtang era da questi chiamato Éomer, nome con cui Teodemiro lo conosceva. Lui e i suoi cavalieri erano reduci da una battaglia con gli stessi Denisoviani inseguiti dai nostri eroi, e da principio essi trattarono Ezio/Aragorn e compagni con durezza, ritenendoli degli invasori; alla fine però lasciarono in prestito ai cacciatori due cavalli, con i quali avrebbero potuto raggiungere Mtskheta, la capitale dell'Iberia chiamata anche Edoras. Grazie ai cavalli (Remetalce IV e Teodemiro cavalcavano lo stesso destriero), i tre compagni raggiunsero ciò che rimaneva degli Orchi, un cumulo di ceneri fumanti e un palo con la testa infilzata di un nemico ucciso: degli Hobbit nessuna traccia, ma i tre inseguitori non si diedero per vinti, e continuarono a cercare i loro amici.

L'itinerario della Compagnia dell'Anello attraverso la Terra di Mezzo

L'itinerario della Compagnia dell'Anello attraverso la Terra di Mezzo

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Il Cavaliere Bianco e la Battaglia di Serkel

Ma cosa era successo veramente? I Berserkr arruolati da Nestorio/Saruman, più robusti e crudeli di qualunque Orco Denisoviano, avevano trasportato con sé i due disgraziati Hobbit, feriti e legati, costringendoli a correre con le loro gambe alla folle andatura dei loro carcerieri, e solo a tratti trasportandoli di peso come dei sacchi; Peredur aveva lasciato cadere tra l'erba la spilla donatagli da Changle/Galadriel, onde lasciare una traccia per i propri compagni. I Berserkr/ Uruk-hai avevano attraversato correndo tutta la pianura a sud degli Urali, compresa tra la valle dell'Irtysh e quella del Volga, con l'intenzione di raggiungere Tanais/Isengard, per consegnare al Patriarca di Costantinopoli i loro prigionieri; ma, giunti sul limitare della foresta di Fangorn, nella Transcaucasia, erano stati sorpresi dai cavalieri iberici. Uno dei Berserkr, Grishnàkh, contravvenne gli ordini del suo capo Uglùk e cercò di fuggire portando con sé i due Hobbit prigionieri, con lo scopo di usarli come merce di scambio per ottenere l'Unico Anello. Ma la fuga di Grishnàkh venne scoperta dalle sentinelle iberiche, che lo uccisero, e così Manawydan e Peredur riuscirono a liberarsi dai legami e si rifugiarono nell'oscura foresta di Fangorn. Secondo una leggenda di Rohan, i suoi alberi erano i più antichi del mondo, avevano visto le guerre degli Antichi contro Anubis/Morgoth, ed in essa si aggiravano spiriti ed altre creature fantastiche.

Alle prime luci dell'alba, i due Hobbit si risvegliarono sovrastati da quella che apparve loro come una creatura davvero fantastica: un uomo alto più di due metri con un lungo barbone, vestito di abiti di corteccia, che ai due Homo floresiensis sembrò un albero vivente. Egli si presentò come Lech, "il Pastore di Alberi" e custode della foresta: le genti del Regno di Iberia lo chiamavano Barbalbero. Egli in realtà era il figlio del Re degli Slavi, chiamati Ent dai cavalieri di Rohan, e governa sul suo popolo insieme ai fratelli Cech e Rus. Nonostante fosse solo un uomo di mezz'età, i suoi atti rivelavano un'imperscrutabile saggezza, e i Mezzuomini ne furono molto colpiti; egli, che non aveva mai visto due Hobbit in vita sua, li condusse nella sua reggia nel cuore della foresta, e qui si fece raccontare perché Manawydan e Peredur erano finiti nelle profondità della foresta di Fangorn. Quando essi lo misero al corrente del tradimento di Nestorio/Saruman, egli comprese che erano stati i guerrieri Berserkr da lui arruolati a devastare le propaggini settentrionali della foresta. Gli Slavi adoravano gli alberi e li consideravano sacri, e per questo vivevano sotto i rami di quella foresta milionaria, quasi in simbiosi con essa; il fatto che i mercenari di Isengard avessero abbattuto molti di essi venne percepito da Lech come un terribile sacrilegio. Il "Pastore di Alberi" andò perciò su tutte le furie, radunò i suoi guerrieri vestiti di corteccia e dichiarò immediatamente guerra a Saruman, decidendo di marciare immediatamente contro la fortezza di Tanais, con l'intenzione di lavare subito l'onta; Manawydan e Peredur si aggregarono naturalmente alla spedizione, e si accorsero ben presto che i guerrieri Slavi erano decine di migliaia, ben più numerosi dei mercenari del Patriarca di Costantinopoli.

Intanto, Flavio Ezio/Aragorn riuscì a scoprire le tracce degli Hobbit accanto ai resti della battaglia contro i cavalieri iberici, e guidò Teodemiro/Legolas e Remetalce IV/Gimli all'interno della foresta di Fangorn. All'improvviso, però, un misterioso e anziano viandante si avvicinò loro con aria minacciosa, e i tre amici lo scambiarono per Saruman, dato che indossava un grande cappuccio e si appoggiava a un pastorale. Remetalce si scagliò contro di lui per ucciderlo, ma l'anziano viandante mise agilmente al tappeto il principe dei Traci Sapei dopo averlo disarmato, e quindi, prima che i suoi compagni potessero aiutarlo, si liberò degli stracci, e manifestò il suo vero volto. Egli era Melis, che sembrava ritornato dal mondo di là! I suoi compagni lo riabbracciarono e si fecero raccontare come aveva fatto a salvarsi dalla caduta negli abissi di Moria. Il Vescovo di Armagh raccontò che era stata Oma Desala ad uccidere il Balrog/dinosauro e a riportare lui in superficie, curandolo e quindi elevandolo al rango di capo dell'Ordine degli Istari, giacché Nestorio/Saruman era decaduto dalla sua carica in seguito alle sue cattive azioni. Oma Desala lo aveva anche investito del ruolo di guida delle libere genti della Terra di mezzo nella battaglia finale contro l'oscurità di Mordor. Rassicurati gli amici sul destino degli Hobbit, Melis/Gandalf saltò in groppa al cavallo Ombromanto, che gli era stato donato dal Re di Iberia e, seguito da Ezio, Remetalce e Teodemiro, galoppò verso il palazzo d'oro di Mihrdat V.

Dopo una lunghissima cavalcata attraverso le praterie a nord del Caucaso, Melis e compagni giunsero in vista di Mtskheta/Edoras, la capitale di Iberia, sulla cui acropoli si ergeva il palazzo d'oro di Meduseld. Ma l'accoglienza non fu delle più cortesi: solo l'autorità di Melis in qualità di capo degli Istari permise al gruppo di superare l'ostilità delle guardie, e quando il Vescovo entrò nella sala del trono, vide su di esso un vecchio apparentemente piegato dagli anni, e accanto a lui un uomo dall'aspetto mellifluo e sinistro, Grima Vermilinguo, consigliere del re. Questi tentò di far sì che il re scacciasse il Vescovo, ma quest'ultimo rivelò un potere ipnotico donatole da Oma Desala, con la quale atterrò Grima, costringendolo a rivelare di essere una spia infiltrata da Saruman nel Regno di Iberia per tenere in pugno la volontà di Mihrdat V, facendolo sentire vecchio e solo di fronte al peso del comando, e scongiurando così la possibile minaccia dei suoi cavalieri contro la sua fortezza. Re Mihrdat V, suo figlio Vakhtang e sua sorella Mirandukht, chiamata Eowyn dagli Elfi, aprirono gli occhi: il vecchio sovrano georgiano, guidato da Melis, riprese rapidamente vigore e fiducia, e decise di opporsi alle trame di Nestorio/Saruman, sfidando in battaglia il suo esercito. I cavalieri iberici, guidati di nuovo dal loro re, partirono per difendere il loro regno verso la decisiva battaglia contro le forze del male; a difesa del trono, nel grande palazzo d'oro di Meduseld, rimase solo Mirandukht/Eowyn, che si era perdutamente innamorata di Flavio Ezio alla sua apparizione nella sala del trono.

La cavalcata dei cavalieri iberici durò giorni e giorni, e nel corso di essa giunse loro notizia che Saruman aveva sferrato l'attacco: gli strategici Guadi dell'Isen, posti lungo il fiume Don, erano caduti nelle mani del nemico, che avanzava con forze imponenti per attaccare Serkel (o Sharkil), fortezza sulla riva sinistra del Don chiamata anche "il Fosso di Helm" dal nome del suo fondatore. Melis/Gandalf, per ragioni incomprensibili, deviò verso nord e si allontanò dall'esercito iberico, incitando Mihrdat V e Vakhtang a portare i rinforzi all'importantissima piazzaforte. Dopo un'avanzata a tappe forzate, i cavalieri giunsero all'imponente fortezza di Serkel, protetta da mura titaniche costruite migliaia di anni prima dai Cimmeri. Qui, scoprirono che tutti gli abitanti del circondario avevano già trovato rifugio là dentro, e del difensore della piazzaforte, il prode Erkenbrand, non vi era traccia: solo una piccola guarnigione di anziani guerrieri era pronta alla difesa. Ben presto, un esercito di Berserkr e di Denisoviani arruolati da Nestorio/Saruman apparve all'orizzonte e cinse d'assedio Serkel, tentando in tutti i modi di prenderla. Quella che sarebbe stata ricordata come la Battaglia del Fosso di Helm infuriò per tutta la notte, e solo il valore di Flavio Ezio, di Vakhtang, di Teodemiro e di Remetalce impedì ai nemici di sfondare le difese della cittadella. Nestorio "giocava sporco", usando un'arma terribile e poco nota: il  fuoco greco, capace di appiccare fuoco alle difese degli iberici proprio quando i nemici tentavano di spegnerlo con l'acqua. I Berserkr riuscirono a sgretolare con un'esplosione di polvere nera le potenti mura di Serkel, e gli orchi di Saruman riuscirono a conquistare i bastioni esterni della fortezza, malgrado una sortita disperata di Flavio Ezio e dei suoi alleati fuori dalle porte della città; poco prima dello spuntare dell'alba, si preannunciò l'assalto finale che sicuramente sarebbe riuscito ad aver ragione della resistenza dei difensori. A questo punto re Mihrdat V annunciò che avrebbe cercato una morte gloriosa in battaglia con una sortita della cavalleria al di là delle porte. Certi di andare incontro a una fine tragica, suo figlio Vakhtang, Ezio, Teodemiro e Remetalce si lanciarono nell'ultima carica della battaglia. Ma fuori dalla fortezza, alla prima luce dell'alba, li attendeva un'incredibile sorpresa: gli assediati si erano trasformati in assedianti, giacché da nord erano sopraggiunti i cavalieri del principe Erkenbrand, alla cui testa c'era Melis di Armagh in groppa ad Ombromanto, mentre a sud era comparsa quella che sembrava una spaventosa foresta vivente: erano i guerrieri Slavi, vestiti di abiti di corteccia, che Lech aveva spedito in soccorso dei difensori di Serkel. La ritirata delle orde di Nestorio si trasformò in una rotta, e i loro avversari ne menarono orrenda strage, annientando le forze di Isengard. I pochi prigionieri invocarono pietà, e Vakhtang accettò di lasciarli liberi dopo aver fatto loro giurare che non avrebbero mai più preso le armi contro l'esercito d'Iberia; i Berserkr ne furono stupiti, poiché Nestorio li aveva ingannati, facendo loro credere che gli iberici bruciavano vivi i loro prigionieri.

Il Patriarca di Costantinopoli Nestorio di Germanicia, noto anche come Saruman

Il Patriarca di Costantinopoli Nestorio di Germanicia, noto anche come Saruman

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La caduta della Fortezza di Tanais

A questo punto Melis/Gandalf e Mihrdat V concordarono che la mossa successiva poteva essere una sola: marciare su Tanais/Isengard e chiudere i conti una volta per tutte con Nestorio/Saruman. Ora che la minaccia dei Berserkr era stata sventata, i nostri eroi partirono verso la fortezza sul Mar d'Azov con una piccola scorta al seguito. Dopo una notte di viaggio, finalmente giunsero alle porte della fortezza, fin qui considerata imprendibile. Ma, con grande sorpresa dei nostri eroi, le porte di ferro erano state divelte e frantumate, i cancelli sfondati, i difensori sterminati. E, con somma sorpresa di tutti i nuovi venuti, tra le rovine ecco spuntare le teste ricciute di Manawydan e Peredur, intenti a banchettare e a scolare la birra trafugata dalle cantine di Isengard. Remetalce minacciò di fare a fette i due Mezzuomini, dopo averli inseguiti attraverso due continenti ed aver combattuto una battaglia senza speranza per poterli rintracciare, ma alla fine l'incontro tra i membri della Compagnia fu assai affettuoso, e Re Mihrdat V vide per la prima volta in vita sua due Homo floresiensis, che credeva niente più che una leggenda. Remetalce, Teodemiro ed Ezio rimasero con i due Hobbit a narrarsi le reciproche avventure, mentre il Vescovo di Armagh e il corteo reale si avviarono verso la Basilica, sopra la quale svettava la torre di Orthanc, il campanile in pietra nera più alto del mondo.

La fortezza di Tanais era divenuta un bivacco degli Slavi vestiti di corteccia d'albero, la cui furia si era abbattuta su di essa al calar della notte, poco dopo che gli eserciti di Nestorio erano usciti dalle mura per portare il loro attacco al Fosso di Helm. Ormai sguarnita, la piazzaforte non aveva potuto resistere all'attacco di poderosi guerrieri armati fino ai denti che stimavano la propria vita sacrificabile, pur di vendicare l'offesa portata agli alberi di Fangorn. Poiché le mura risultavano invalicabili, gli Slavi guidati da Lech decisero di deviare il corso del fiume Don, le cui acque invasero le fucine sotterranee in cui Nestorio faceva forgiare le armi per le sue truppe. I bastioni erano crollati, ponendo così fine al folle sogno del Patriarca di Costantinopoli. Quest'ultimo si era asserragliato dentro il pinnacolo di Orthanc, nel quale era tuttora prigioniero.

Dopo aver incontrato Re Lech, il Vescovo di Armagh fece un ultimo tentativo per riportare Nestorio dalla parte del bene nella lotta contro Sauron. Il vecchio Patriarca si affacciò ad una delle finestre del campanile e si rivolse ai suoi antagonisti cercando di circuire di nuovo Re Mihrdat V sfruttando il suo maggior potere, il fascino incantatore della sua voce melliflua. Ma il Re d'Iberia aveva imparato la lezione e non si fece più mettere nel sacco,  rifiutando ogni compromesso col traditore. Allora Nestorio fece per ritirarsi sdegnato nella torre, ma Melis lo richiamò imperiosamente: ora era lui il capo degli Istari, e con l'autorità conferitagli da Oma Desala egli espulse il Patriarca dall'Ordine, condannandolo a restare rinchiuso nella sua torre finché la sua sorte non sarebbe stata decisa. Mentre il corteo reale si allontanava, da un'alta finestra della torre Vermilinguo, anch'egli prigioniero degli Slavi, cercò di lanciare contro Melis una sfera pesante, mancandolo di poco; Peredur la raccolse, ma il Vescovo irlandese gliela tolse subito avvolgendola nel suo mantello, mentre Nestorio si infuriava con Grima per la perdita di quello che considerava un tesoro preziosissimo.

Lasciata Tanais/Isengard, Manawydan sul cavallo di Melis e Peredur su quello di Ezio, i cavalieri e i loro alleati si accamparono nella prateria per trascorrere una notte di riposo prima di raggiungere Serkel in vista di un consiglio di guerra. Nel cuore della notte, tuttavia, Peredur non riusciva a addormentarsi: il suo pensiero era attratto dal mistero della sfera che aveva potuto scrutare per un breve attimo. Ad un tratto di alzò e sottrasse furtivamente l'oggetto dalla tasca del mantello di Melis dormiente, per poterlo esaminare un'altra volta. Ma, appena gettò uno sguardo dentro il nero cristallo traslucido, si accasciò fulminato con un grido. Tutto l'accampamento fu subito in subbuglio, ma Melis non tardò a scoprire il colpevole, privo di sensi e come morto accanto alla sfera. Dopo averlo rianimato lo rimproverò duramente, spiegandogli che quello non era un semplice cristallo: era un Palantir, un manufatto antichissimo proveniente da Númenor, la cui funzione era paragonabile a quella di un moderno videotelefono. Sauron era riuscito ad impossessarsene, e li usava per comunicare con i suoi schiavi. Evidentemente uno dei Palantiri era finito a Tanais, e Nestorio/Saruman lo usava per comunicare segretamente con Mordor. Melis ed Ezio interrogarono bruscamente lo sventato Hobbit, il quale confessò di aver visto Sauron in persona, e di essere stato costretto dalla sua volontà ipnotica a rivelargli di essere uno Hobbit. Probabilmente ora l'Oscuro Signore era convinto che Nestorio avesse rapito il Portatore dell'Anello e lo stesse torturando con l'uso della sfera; presto dunque avrebbe inviato un suo messaggero per portare il presunto prigioniero nella Torre di Barad-dûr. Di fronte a tale prospettiva, non rimaneva che dividersi: Mihrdat V e i suoi cavalieri, con Flavio Ezio, Remetalce e Teodemiro, avrebbero marciato a tappe forzate verso Serkel, mentre Melis con Peredur avrebbe cavalcato alla massima velocità possibile verso Costantinopoli, perché la guerra si stava avvicinando. Mentre tutti si apprestano a partire, nel buio della notte sfrecciò sulle loro teste un Cavaliere Nero alato, un Nazgûl sulla sua mostruosa creatura volante, evidentemente diretto a Isengard.

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Zalmodegico domato

Ma ora torniamo a Pryderi e a Sanddef. Dopo la loro separazione dagli altri Compagni, essi attraversarono il Bassopiano Siberiano Occidentale e giunsero lungo le scabre pendici degli Emyn Muil, gli alti colli al centro del nostro Kazakistan che facevano da confine tra la Siberia e le terre sotto il controllo di Mordor. Là non esistevano sentieri, e ben presto si accorsero che stavano girando in circolo in quelle terre desolate e senza vita, per di più tallonati da Gollum, che però evitava ogni contatto con loro. Una notte, però, essi riuscirono a scorgere la malvagia creatura alle loro spalle, intenta a seguire le loro tracce nel buio. Allora si appostarono e gli tesero un agguato, catturandolo dopo una dura lotta. Ormai i due non potevano più lasciarlo andare, poiché egli si sarebbe certamente vendicato di loro, e se gli scagnozzi di Sauron lo avessero catturato, egli li avrebbe sicuramente denunciati. Per la prima volta, Pryderi provò un moto di pietà per la miserabile creatura, e decise di proporgli un patto: lo avrebbe slegato, se egli avesse giurato fedeltà al Portatore dell'Anello. Gollum giurò, e da quel momento divenne amichevole e (fin troppo) servizievole, accettando di fare loro da guida verso la terra maledetta di Mordor.

La fedeltà di Gollum si rivelò sincera: egli infatti condusse gli Hobbit fuori dal labirinto degli Emin Muil, e li guidò attraverso le pericolosissime Paludi Morte, un immenso acquitrino attorno al lago Balkash che si stende dai confini meridionali della Siberia fino al Tian Shan, al limitare di Mordor. Tale zona acquitrinosa era dovuta alla scarsa pendenza del territorio, all'isolamento idrografico della regionee all'"effetto diga" dovuto ai diversi tempi di disgelo fra alto e basso corso dei fiumi. Tale zona era così infida che neppure gli Orchi Denisoviani la frequentavano mai, ma Sméagol aveva scoperto questo passaggio nel corso dei suoi disperati vagabondaggi. Attraversando le acque putride e puzzolenti delle paludi, rischiarate da spettrali fuochi fatui, Pryderi inciampò, cadde in ginocchio con il viso vicino al pelo dell'acqua, e attraverso di esso intravide i pallidi fantasmi dei guerrieri antichi, elfi, uomini e orchi, caduti nella Battaglia di Dagorlad alla fine della Seconda Era, quando Lugalbanda/Elendil, Enkidu/Gilgalad e Gilgamesh/Isildur avevano sconfitto Khalek/Sauron ai confini di Mordor. Bagnati fradici e avvolti da un insopportabile odore di morte, i viaggiatori superarono erbe scivolose e pozzanghere insidiose, e per di più sopra di loro si librò un Nazgûl volante, diretto ad ovest dove gli eserciti Iberici stavano trionfando su quelli di Nestorio.

Un Nazgûl che si libra sul suo pteranodonte (immagine basata su questo sito)

Ai bordi orientali delle paludi si stendevano le pendici desertiche del Tian Shan (nome attuale dato dai cinesi dopo la rovina di Mordor, che significa "Montagne Celesti"), chiamato dagli Unni Ephel Dúath, le Montagne dell'Ombra. Mentre Pryderi dormiva, all'attento Sanddef non sfuggì un incredibile monologo nel quale la doppia natura di Gollum si dibatteva tra il desiderio dell'anello e quello di preservare l'amicizia del suo nuovo padrone; tra l'altro Gollum accennava al possibile aiuto che potrà ricevere da una misteriosa e micidiale creatura. Accovacciati su uno sperone di roccia dell'Ephel Dúath, i viaggiatori videro sorgere l'alba alle spalle del nero Cancello di Mordor, là dove oggi si trova la città cinese di Yining, al confine con il Kazakistan. Pryderi e Sanddef si trovavano a poche centinaia di metri dalla loro temibile meta, spettatori impotenti dell'enorme forza militare che si concentrava tra quelle montagne e su quegli altipiani. Pryderi era ben deciso a dirigersi verso il Cancello, consapevole che vi troverà la morte, e non voleva che nessuno lo seguisse. Ma il terrorizzato Gollum sapeva che nessuno poteva sfuggire all'Occhio di Sauron, e così egli rivelò ai diffidenti floresiensis l'esistenza di un altro passaggio segreto in grado di condurli oltre le montagne, nel cuore di Mordor. Si trattava della lunga scalinata che più a sud, all'altezza della città morta di Minas Morgul ("Torre delle Stregonerie"), si inerpicava verso il passo di Cirith Ungol ("Passo del Ragno"), alto ben 4906 metri, che oggigiorno si chiama Passo Zulumart e si trova nel Tagikistan. Pryderi non sapeva se fidarsi o meno della sua ambigua guida, rimpiangendo i consigli di Melis/Gandalf, ma alla fine, contro il parere di Sanddef, decise di imboccare la strada consigliata da Gollum e prese la strada da lui consigliata, più di 500 Km a sud del Cancello.

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Flavio Aspare e la finestra che si affaccia ad occidente

Per arrivarci, Pryderi, Sanddef e Gollum dovettero attraversare la regione dell'Ithilien, una vallata verdeggiante attraversata dal fiume Talas, che oggi si trova al confine tra Kazakistan e Kirghizistan, ricoperta da boschi di conifere. Un giorno, nel quale Gollum aveva cacciato dei conigli, per cucinarli Sanddef si arrischiò ad accendere un focherello, ed il fumo richiamò l'attenzione di una pattuglia di soldati, che prese rapidamente prigionieri Pryderi e Sanddef (Gollum si sottrasse abilmente). Fu però con somma sorpresa che i due Hobbit riconobbero nei soldati, travestiti da Unni, dei guerrieri romani, giacché parlavano tra di loro in perfetto greco. Quando il loro comandante li interrogò, chiedendo loro cosa ci facevano dei Mezzuomini nel cuore dell'Asia, egli venne a sapere del vero scopo della loro missione e della loro amicizia con Flavio Marciano, che egli considerava come un fratello. E così, egli si presentò: era Flavio Aspare, generale di stirpe alana che aveva fatto carriera nell'esercito bizantino, divenendo Magister Militum dell'Impero Romano d'Oriente (non aveva spostato Elia Pulcheria, sorella dell'imperatore Teodosio II, solo perché ella aveva preferito rimanere vergine); gli Elfi lo chiamavano Faramir. Egli era stato inviato in missione segretissima da Teodosio II fino ai confini di Mordor per spiare l'esercito di Sauron e trovare le prove che l'Oscuro Signore si stava alleando con l'imperatore sasanide Yazdgard II, nonostante le smentite ufficiali di quest'ultimo.

Pryderi si rese conto che Teodosio II aveva voluto fare di testa sua, inviando una propria spedizione in oriente al comando di Flavio Aspare, non fidandosi di quella spedita da Valamiro/Elrond XXIV. Non ci fu però tempo per ulteriori discussioni, poiché i soldati bizantini dovettero difendersi da un attacco di soldati di Mordor, tra cui c'erano proprio alcuni persiani. Terminata la battaglia, Aspare/Faramir decise di condurre lui e Sanddef nel loro rifugio segreto di Henneth Annûn, la "Finestra del Tramonto", nome con cui gli Elfi conoscevano la città di Alessandria Escate (oggi Chujand o Khodzhent, in Tagikistan), la più remota delle città fondate da Alessandro Magno nella sua marcia vittoriosa verso oriente. Lì i soldati bizantini poterono continuare il loro dialogo con gli Hobbit, e fu lì che Flavio Aspare apprese le tragiche avventure della Compagnia dell'anello. Sanddef si lasciò scappare, affascinato dalla personalità di Aspare, il segreto dell'Anello, ma il condottiero alano si rivelò un uomo di profonda saggezza, e di fronte alla terribile tentazione dell'Anello, la stessa per cui Marciano aveva trovato la morte, superò la prova mostrandosi fedele al suo imperatore e mostrando di ispirarsi agli stessi principi che stavano portando Pryderi verso il sacrificio della vita.

Intanto Gollum si infiltrò in Henneth Annun alla ricerca dei due Homo floresiensis. Aspare lo catturò e manifestò la sua intenzione di ucciderlo affinché non svelasse il loro segreto, ma Pryderi intercesse per lui e ottenne che gli venisse risparmiata la vita. Fu così che il generale bizantino concesse a Pryderi di continuare il suo drammatico viaggio, sotto la guida di Gollum, dopo averli riforniti di provviste fresche. Intanto però una nube minacciosa avanzava da est: il Monte Fato era in piena eruzione, preannunciando  l'attacco che Sauron stava portando ai Dúnedain. I tre viaggiatori tuttavia proseguirono la loro marcia verso la valle maledetta di Minas Morgul. Quest'ultima, come si è detto in precedenza, era stata fondata da Alessandro Magno con il nome di Alessandria Selene, allo scopo di tenere d'occhio i confini di Mordor, e gli Elfi la conoscevano come Minas Ithil ("Torre della Luna", poiché Selene è il nome greco della luna), ed oggi coincide con la città di Murghab, nel Tagikistan. Dopo la conquista da parte delle armate di Angmar, tuttavia, ella aveva ricevuto il suo nuovo, spettrale nome. I Romani invece la chiamavano "Alessandria Segreta", poiché si riteneva che vi si potesse giungere solo guidati da un Denisoviano, o comunque da uno degli schiavi di Mordor; ma Gollum, come abbiamo visto, ce l'aveva fatta.

In tal modo i tre viandanti giunsero all'imbocco della valle maledetta di Minas Morgul, capitale del nero re degli stregoni di Angmar, lo stesso che aveva pugnalato Pryderi/Frodo su Maróboudon/Collevento. Ai lati della strada che conduceva alle porte della fortezza si stendeva un'orrenda campagna piena di esseri umani impalati, lasciati là ad imputridire come monito agli intrusi, che emanavano un intenso fetore di morte. Sul lato sinistro della strada si apriva una spaccatura nella roccia, all'interno della quale correva un sentiero stretto e pietroso: era questo il passaggio segreto indicato da Gollum, che si inerpicava verso il valico di Cirith Ungol. I viaggiatori avevano appena imboccato il sentiero, che il nero cancello della Torre delle Stregonerie si aprì, vomitando un esercito immenso di uomini e di orchi, guidato dal re dei Nazgûl in persona. Pryderi resistette vittoriosamente alla tentazione di infilarsi l'Unico Anello; e l'esercito infernale continuò il suo cammino verso la progettata conquista dell'occidente. I tre intrapresero la salita verso l'altissimo passo che si inerpicava tra le creste montagnose, costeggiando baratri a strapiombo e sopportando un vento freddo e sferzante. Alla fine Pryderi e Sanddef si fermarono qualche minuto a riposare in una nicchia nella roccia ma, dopo un breve pisolino, essi si resero conto dell'assenza di Gollum. Dopo alcune ore, tuttavia, Gollum era di ritorno, pronto a condurli verso la tappa finale del viaggio verso Mordor.

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La tana di Shelob

Alla fine del sentiero, ai piedi di una temibile parete di roccia nera, si apriva un tunnel, che conduceva diritto nel regno di Khalek/Sauron. Dalla tetra imboccatura emanava un fetore insopportabile di marciume putrescente, ma Gollum insistette che quella era l'unica via da battere se si voleva entrare inosservati nella Terra Nera, e Pryderi la imboccò. La galleria si inerpicava lungo una strada liscia e dritta, come se fosse stata realizzata da mani umane in epoche ormai dimenticate. Ben presto i due Hobbit si accorsero che qualcosa li minacciava alle spalle, inseguendoli concitatamente. Alla luce di una torcia apparve l'essere più mostruoso che si potesse immaginare: un primate immenso, alto quasi tre metri, con il pelo candido, i muscoli colossali e gli occhi infuocati come carboni accesi, nei quali brillava una luce velenosa di avida malignità. Era uno di quelli che i Tibetani chiamavano Yeti ("Quelli là" nella loro lingua, perché il solo nominarli era considerato pernicioso), gli ultimi sopravvissuti dell'antica specie dei Gigantopithecus, e quella che si era scagliata contro i due Homo floresiensis era una gigantesca femmina: si trattava della leggendaria Shelob, la custode della valle maledetta di Minas Morgul, ed aveva le braccia da scimmia così lunghe che gli abitanti del posto credevano che avesse l'aspetto di un ragno (da cui il nome di Cirith Ungol, "Passo del Ragno"). In quell'antica galleria viveva indisturbata, indifferente persino al potere di Sauron, il quale la utilizzava come guardiana dei suoi confini. Grazie ad un atto di coraggio di Sanddef, che butta la torcia in faccia all'enorme primate abbagliandola temporaneamente, i due Hobbit riuscirono a sgattaiolare via, correndo disperatamente verso l'uscita del tunnel, che riescono a guadagnare, ritrovandosi così all'aperto lungo il sentiero che conduceva all'ultimo valico verso Mordor, valico sovrastato da una minacciosa torre di guardia. Ma da un'uscita secondaria sbucò nuovamente la Yeti Shelob, frapponendosi tra Pryderi e Sanddef. Sanddef cercò di correre in aiuto del suo padrone, fu afferrato da Gollum, che tentò di strangolarlo per vendicarsi delle umiliazioni da lui subite. Nella lotta furibonda che ne seguì, ebbe la meglio Sanddef, e Gollum fu costretto a darsi alla fuga, ma Pryderi era stato colpito alle spalle da un tremendo pugno di Shelob, e giaceva a terra come morto, mentre il mostro si apprestava a portarlo via come un bambino farebbe con il suo bambolotto.

Fu in quel momento che Sanddef Pryd Angel dimostrò il coraggio e la fedeltà di cui era capace, ponendosi al livello dei grandi eroi Númenoreani dei tempi antichi: ingaggiata con Shelob una lotta mortale, nonostante l'evidente differenza di dimensioni riuscì a ferirla gravemente al ventre con la spada regalatagli da Bumin Khan e da Changle, e così incredibilmente lo Hobbit Davide ebbe di nuovo la meglio sulla Yeti Golia, che fu costretta a fuggire. Ma Pryderi giaceva al suolo apparentemente senza vita e, in preda a una nera disperazione, il prode Sanddef non sapeva cosa fare: morire assieme all'amato padrone sulla soglia di Mordor, o portare a termine la missione? Dopo molte lacrime, Sanddef prese il coraggio a due mani e decise che sarebbe stato lui, a sobbarcarsi il compito apparentemente impossibile di distruggere l'Anello. E così, tolse l'anello dal collo di Pryderi e se lo mise addosso, venendo subito piegato in due dalla tremenda massa radioattiva del neutronio; quindi si allontanò dopo aver composto il corpo del padrone ed avergli messo la spada in mano, non avendo avuto il cuore di seppellirlo.

Sanddef Pryd Angel, il fedele servitore di Pryderi/Frodo

Sanddef Pryd Angel, il fedele servitore di Pryderi/Frodo

Sanddef si avviò verso il valico alla volta della nera torre di guardia, ma lo bloccarono le voci dei Denisoviani provenienti sia di fronte a lui che dalle sue spalle: i rumori della lotta avevano richiamato l'attenzione delle guardie del valico, che ora si affrettavano a cercare gli invasori. Sanddef si nascose rapidamente dentro una spaccatura nella roccia, nella quale udì tutto ciò che gli orchi si dicevano: scoprì in tal modo che da giorni si sapeva delle manovre di Gollum con Shelob, e che il loro ingresso non era passato inosservato. Ma soprattutto, egli scoprì che Pryderi non era morto: come dichiarò Shagrat, il capo denisoviano delle guardie della torre, Shelob non uccideva mai le sue vittime, ma le stordiva soltanto con una poderosa botta sulla nuca, per poi mangiarne la carne ancora fresca. Pryderi venne caricato in spalla dagli orchi e portato via verso i sotterranei della torre di guardia, e Sanddef fu costretto a inseguirli, maledicendo l'errore di aver abbandonato il suo padrone a se stesso. Ma i Denisoviani erano troppo veloci per lui, e prima che egli potesse raggiungerli, essi si chiusero dietro le spalle i cancelli fortificati della fortezza, lasciandolo fuori solo nell'oscurità. Pryderi era vivo, ma prigioniero dei nemici.

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Venti di guerra su Costantinopoli

E adesso, ritorniamo in Europa. Mentre Pryderi cadeva nelle mani dei soldati di Mordor, Melis/Gandalf e Peredur/Pipino arrivarono nella grande città di Costantinopoli, chiamata dagli Elfi Minas Tirith, per conferire con Teodosio II, Imperatore Romano d'Oriente e Sovrintendente di Gondor. Un tempo questi era un re saggio, tanto che aveva fato compilare una vasta raccolta di leggi, il cosiddetto Codex Theodosianum", ma negli ultimi tempi questi si era scoraggiato di fronte all'avanzata delle armate di Sauron in Europa, e pensava di comprare la salvezza del suo stato riconoscendo il predominio dell'Oscuro Signore e pagando un forte tributo agli Unni. Melis riuscì a farsi ricevere da lui nel Gran Palazzo della Magnaura (il palazzo imperiale fondato da Costantino il Grande), chiamato anche la Torre Bianca, e cercò di convincere Teodosio II a prepararsi per l'attacco di Sauron, ma il Sovrintendente fu tanto sconvolto dalla morte del cognato Flavio Marciano/Boromir, che pensava di nominare suo erede, da perdere quasi il lume della ragione. A peggiorare le cose si aggiunse la notizia che i Sasanidi dello Shah Yazdgard II, chiamati dagli Elfi Haradrim ("Quelli del Sud"), si erano alleati con Sauron per spartirsi l'Impero Romano d'Oriente. Peredur, giunto in città assieme a Melis, si arruolò nell'esercito romano e giurò fedeltà e obbedienza all'Impero Bizantino, per ripagare il debito verso Flavio Marciano, che gli aveva salvato la vita a prezzo della sua.

Intanto, a Dol Baran, a nord del Mar d'Azov, dove Melis e Peredur avevano lasciato il resto della compagnia, Flavio Ezio, Teodemiro, Remetalce, Mihrdat V e Vakhtang vennero raggiunti prima dalla principessa iberica Mirandukht/Éowyn, sempre innamorata del condottiero romano, e poi dal cosiddetto "Esercito Grigio", quello dei Visigoti comandati dal loro re Teodorico, vecchio amico di Ezio, con il quale ha combattuto contro i Vandali. I Visigoti vengono chiamati "i Grigi" per il colore dei loro mantelli, e sono partiti da Vindobona/Gran Burrone inviati da Valamiro/Elrond, che come re dei Grutungi/Ostrogoti era imparentato alla lontana con loro. Tutti insieme si diressero verso Serkel, dove fervevano i preparativi per la guerra; lì Manawydan/Merry pose la sua spada al servizio di Re Mihrdat V. A questo punto, Flavio Ezio decise di giocare una mossa astuta quanto pericolosa: attivò il palantír di Orthanc, fissandovi lo sguardo e rivelandosi così a Sauron per quello che egli rivendicava di essere: il legittimo Re di Gondor. Ora il suo mortale nemico sapeva di dover fare i conti anche con l'erede di Gilgamesh/Isildur, e con questo Ezio sperava di spingerlo a fare qualche mossa avventata, oltre che a fargli distogliere l'attenzione dal Portatore dell'Anello. Tuttavia, dall'antica tecnologia di Númenor Flavio Ezio apprese anche la reale entità delle forze nemiche. Siccome gli Unni, gli Orchi e i loro alleati sembravano sul punto di sferrare l'attacco decisivo all'Occidente, e siccome il tempo per preparare le truppe non gli pareva sufficiente, decise di seguire una sua pazza idea e lasciò Serkel insieme a Teodemiro, a Remetalce e all'"Esercito Grigio" dei Visigoti, i quali si vantavano di non aver paura di nessuno, neppure degli spettri. Mirandukht, che aveva capito tutto, tentò senza successo prima di dissuaderlo ad intraprendere quella strada, e poi di accompagnarlo. Intanto, a Serkel giunsero emissari di Teodosio II che chiedevano a Mihrdat V di giungere in aiuto di Costantinopoli; il re iberico accettò ed ordinò che i cavalieri al suo seguito si preparassero in fretta per partire alla volta di Bisanzio, ma impose a Manawydan di restare a Serkel. Lo Hobbit, tuttavia, riuscì ad aggregarsi alla spedizione aiutato da un giovane cavaliere che gli si presentò con il nome di Dernhelm.

Intanto, sul Corno d'Oro Peredur venne convocato da Teodosio II in persona, che come molti altri non aveva mai visto un Homo floresiensis in vita sua, e che lo nominò suo scudiero. La conversazione tra i due fu interrotta da grida feroci e dal suono di una tromba: si trattava di Flavio Aspare/Faramir, di ritorno dalla sua missione nel cuore dell'Asia, che stava avvicinandosi alle mura di Costantinopoli, inseguito dai Nazgûl che cavalcavano degli enormi pteranodonti, sopravvissuti fin dai tempi del Cretacico tra le montagne di Mordor. Grazie all'aiuto di Melis/Gandalf che gli corse incontro per soccorrerlo e scacciò gli pteranodonti sparando contro di loro dei razzi, Flavio Aspare riuscì a raggiungere la città di Costantino, dove fece rapporto a Teodosio II. Egli rivelò così al suo imperatore di aver incontrato Pryderi e di avergli lasciato continuare il suo pericoloso cammino verso Cirith Ungol, il passo maledetto che portava a Mordor. Teodosio II però andò su tutte le furie, accusando il suo generale di non aver voluto togliere l'anello allo Hobbit, per utilizzarlo a vantaggio di Bisanzio. A quel punto Gandalf intervenne, spiegandogli che l'anello non avrebbe portato nulla di bene al suo impero, e Aspare ribadì che avrebbe rifatto tutto daccapo, se gli si fosse ripresentata l'occasione, senza alcun ripensamento. Teodosio II, pur folle di rabbia, non poté permettersi di punire il suo generale, visto l'incalzare delle onde unne e persiane. Inoltre le notizie cattive sembravano non avere fine: un messaggero di Papa Leone I annunciò infatti che anche i Vandali di Re Genserico, nemico giurato dei Romani, avevano stretto alleanza con le orde di Sauron e, se la flotta bizantina non fosse riuscita ad intercettare le loro navi dalle vele nere, per l'Impero Bizantino le cose si sarebbero messe davvero male.

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La Battaglia davanti alla Porta Aurea

E così, il mattino seguente Aspare/Faramir partì in direzione della piazzaforte di Durostorum, sul Danubio (nei pressi della nostra Silistra, in Bulgaria), che gli Elfi chiamavano Osgiliath ("Fortezza di una moltitudine di stelle"); di essa era già stato comandante militare Flavio Marciano, prima che questi partisse per aggregarsi alla Compagnia dell'Anello, e Durostorum sarebbe stata la prima a sopportare l'urto del nemico, ai confini settentrionali dell'Impero Bizantino. Le previsioni si rivelarono esatte, e l'esercito degli Unni si riversò contro la fortezza; le forze di Khalek/Sauron, assai più numerose di quelle bizantine, ebbero la meglio e Flavio Aspare fu costretto a ritirarsi, venendo ferito gravemente durante la battaglia. Le orde unne posero dunque l'assedio a Costantinopoli, ed ebbe inizio la cosiddetta Battaglia dei Campi del Pelennor, una delle più epiche nella storia dell'Impero Romano. Teodosio II, oppresso dal dolore per la morte di un altro dei suoi possibili successori, lasciò il comando militare in mano a Melis, che si rivelò un abilissimo stratega, e si rinchiuse nel Palazzo della Magnaura. Gli Unni e i loro alleati Denisoviani e Persiani incendiarono il quartiere settentrionale bizantino di Kosmidion, posto immediatamente al di là delle mura, e l'imperatore Teodosio II, ormai convinto che la sconfitta fosse prossima, decise di erigere una pira sulla quale ardere se stesso e Flavio Aspare, da lui amato come un figlio, prima che gli Unni bruciassero la sua città. Gli Unni e gli Orchi, guidati dal signore dei Nazgûl, sfondarono la Porta Aurea, la porta principale di Bisanzio usata nel corso delle cerimonie trionfali, e Melis si fece avanti coraggiosamente per affrontare l'essere mezzo asceso. In quel momento però si udì il suono dei corni dei cavalieri iberici, giunti in soccorso di Bisanzio. Questi ultimi erano sfuggiti all'assalto delle truppe di Sauron rifugiandosi nella foresta Druadana, sui monti Carpazi, dove avevano incontrato i Pannoni, gli ultimi discendenti delle popolazioni celtiche che abitavano nella regione danubiana prima del Volkwanderung germanico. Gli altri popoli della Terra di mezzo li chiamavano semplicemente "gli uomini selvaggi" per il loro stile di vita semplice e a contatto con la natura. Il loro capo, Ghân-buri-Ghân, si era offerto di fare da guida ai cavalieri iberici, attraverso sentieri che solo lui conosceva, in modo da aggirare le vedette nemiche, anche se si era rifiutato di farsi coinvolgere in prima persona in una battaglia che non lo riguardava. Le truppe di Mihrdat V avevano superato così senza incidenti la Foresta Druadana, arrivando a Costantinopoli attraverso la Tracia meridionale, e caricando il nemico a tutta birra.

Mihrdat V, sovrano di Iberia

Mihrdat V, sovrano di Iberia

La carica degli iberici alla cui guida c'era Re Mihrdat V in persona travolse le truppe che avevano aperto una breccia nella Porta Aurea, bruciando gli accampamenti e distruggendo le macchine d'assedio; a questo punto la cavalleria degli ausiliari persiani, che si erano schierati a fianco delle truppe di Mordor, contrattaccò puntando diritto verso il Re di Iberia. Nonostante la cavalleria sasanide fosse tre volte superiore di numero, gli iberici ebbero la meglio, e Mihrdat stesso uccise il loro comandante Ormisda, genero dello Shah Yazdgard II. Contro l'anziano Re georgiano si mosse allora il Re dei Nazgûl in persona, che lo attaccò con il suo pteranodonte; il suo cavallo Nevecrino, terrorizzato dal rettile volante, si imbizzarrì e, colpito da una freccia del Capo degli Stregoni di Angmar, cadde a terra travolgendo il suo cavaliere. Il Nazgûl si apprestò a sferrare il colpo di grazia al re di Iberia, quando improvvisamente tra i due si frappose un uomo coraggioso: il giovane cavaliere Dernhelm, colui che aveva condotto lì Manawydan sul suo cavallo, che approfittando dello stupore dell'essere mezzo asceso mozzò di netto la testa dello pteranodonte. Il mostro, furibondo, atterrò il coraggioso soldato, gli vomitò in faccia: « Sciocco! È stato profetato che nessun uomo vivente può sconfiggermi, e ora morirai! » Proprio mentre alzava la spada su di lui, tuttavia, il Nazgûl si sentì trafiggere la schiena da un pugnale: era Manawydan, accorso in aiuto del suo amico. Il suo sarebbe stato un gesto disperato, se per sferrare quel colpo non avesse usato una spada regalatagli da Changle, da lei ereditata dagli Antichi insieme allo Stargate, e fabbricata apposta per combattere gli esseri mezzi ascesi. A questo punto Dernhelm approfittò del momento favorevole: si tolse l'elmo, rivelando una cascata di capelli biondi, urlò in faccia al Re Stregone: « Io non sono un uomo! », e gli conficcò la spada nel vuoto celato dal suo elmo. L'energia vitale del Nazgûl si dissolse di colpo: Dernhelm era in realtà Mirandukht/Éowyn, e la profezia si era compiuta, dato che il Nazgûl era stato ucciso non da un uomo, ma da un Hobbit e da una donna. Mirandukht crollò al suolo svenuta, sfinita dalla lotta, mentre Re Mihrdat V morì tra le braccia di Manawydan.

Intanto Vakhtang/Éomer giunse con il resto della scorta per tentare di salvare suo padre, ma vedendolo morto gli tributò un ultimo saluto, e i suoi soldati lo riconobbero immediatamente come nuovo Re di Iberia. Vakhtang scorse in terra anche sua sorella e, credendola morta, si gettò con i suoi nella mischia senza ormai più interesse per il suo destino. Manawydan cominciò a sentirsi male, dopo essere entrato in contatto con la malvagità del Signore dei Nazgûl. In quel momento, nel Corno d'Oro vennero avvistate delle navi con le vele nere: i difensori di Costantinopoli credettero che ormai fosse tutto perduto, perché i Vandali (chiamati dagli Elfi "pirati di Umbar", dal nome elfico di Cartagine, Umbar) avevano sconfitto la flotta imperiale ed erano giunti a dar loro il colpo di grazia. Ma quando le navi attraccarono al porto, da esse scese Flavio Ezio con i rinforzi, che ribaltarono l'esito della battaglia.

Cos'era accaduto? Flavio Ezio/Aragorn aveva preso una decisione rischiosissima: percorrere il cosiddetto Sentiero dei Morti, una strada misteriosa e lugubre che nessuno era mai riuscito a percorrere per intero e su cui circolavano terribili leggende. Con lui erano andati gli alleati Visigoti "Grigi" e gli immancabili Teodemiro e Remetalce. Lasciata Serkel, la schiera dei coraggiosi aveva attraversato tutta l'Europa orientale, aveva valicato le Alpi presso il passo del Tarvisio e aveva disceso tutta la penisola italiana, giungendo infine in Sicilia. Flavio Ezio si era fermato nel villaggio di Sabucina (presso Caltanissetta, sede nella nostra Timeline di un importante parco archeologico), dove vivevano gli ultimi discendenti dell'antico popolo dei Sicani. Essi abitavano la Sicilia prima dell'arrivo dei Siculi, dei Cartaginesi, dei Greci e dei Romani, ma venivano dall'oriente: tremila anni prima erano stanziati presso la città di Sinjar (oggi al confine tra Siria ed Iraq), la romana Singara conquistata da Settimio Severo, che nel nome conservava traccia del loro passaggio. All'epoca in cui Gilgamesh/Isildur ed Enkidu/Gilgalad avevano dato vita all'Ultima Alleanza tra Elfi ed Uomini, affrontando Khalek/Sauron nella decisiva Battaglia di Dagorlad, i Sicani si erano rifiutati di prestare loro aiuto; e così, dopo la vittoria del Re di Uruk, questi li aveva banditi, dichiarando che erano "morti per il Regno di Gondor". Scacciati dalla loro terra e considerati fiancheggiatori di Sauron da tutte le genti d'oriente, essi erano stati costretti ad emigrare verso occidente; dopo lunghe peregrinazioni, essi erano finalmente giunti in Sicilia. Ma le strade che portavano ai loro villaggi nell'interno montagnoso dell'Isola dei Tre Promontori erano considerate maledette, e furono chiamate "i Sentieri dei Morti", e nessuno le batteva, fino all'arrivo di Flavio Ezio. Questi si rivelò ai Sicani come l'erede di Gilgamesh/Isildur, li riunì tutti sul colle di Erech (presso Sabucina: si noti la somiglianza di tale toponimo con Uruk, la patria di Gilgamesh) e parlamentò con i capi di quel popolo, offrendo loro la riabilitazione della memoria e il ritorno nella terra dei loro padri, se essi avessero fornito a lui quell'aiuto che i loro avi avevano negato a Gilgamesh. I Sicani decisero di accettare l'offerta e di aiutare il Magister Militum dell'Impero Romano d'Occidente; unitisi a lui, puntarono in massa su Siracusa, città che gli Elfi chiamavano Belfalas ("Grande Costa"), dove la flotta dalle vele nere dei Vandali aveva gettato l'ancora sulla rotta per Costantinopoli, convinta che nessuno avrebbe osato attaccarla. Ed invece, mentre i Vandali gozzovigliavano con le vivande e il vino estorti alla popolazione locale, i Sicani piombarono su di loro facendone strage. Re Genserico fu catturato da Flavio Ezio, rilasciato con pochi guerrieri e rispedito a Cartagine/Umbar solo dietro giuramento che non avrebbe mai più preso le armi contro di lui; i Visigoti, i Sicani e i loro alleati avevano requisito le navi, puntando verso Costantinopoli per combattere gli Unni e i Persiani, ed ottenendo la vittoria nella Battaglia dei Campi del Pelennor.

Spostamenti degli eserciti che combatterono nella Battaglia dei Campi del Pelennor

Spostamenti degli eserciti che combatterono nella Battaglia dei Campi del Pelennor

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Il cancello nero si apre

Terminata la battaglia, Peredur raccontò a Melis della pazzia di Teodosio II, ed entrambi si precipitarono nelle stanze dove riuscirono ad impedire che il ferito Flavio Aspare fosse bruciato vivo. Per un breve momento l'Augusto sembrò ritrovare la ragione, e confessò al vescovo di Armagh di aver usato il palantìr che gli imperatori romani avevano ereditato dai sovrani di Arnor, e che Costantino il Grande aveva portato a Bisanzio. Ingannato da Sauron, Teodosio ormai non aveva nessuna speranza di vittoria e, soprattutto, non voleva accettare di obbedire ad Ezio, lui che era stato incoronato imperatore a sette anni, e che discendeva da una lunga dinastia di Augusti. Alla fine, disperato, egli gettò la torcia accesa sulla pira sulla quale si trovava, venendo rapidamente incenerito, e ponendo fine alla sua dinastia.

Intanto, il defunto Re Mihrdat V venne deposto nella Sala della Torre del Palazzo della Magnaura, rivestito della sua armatura. Mirandukht/Éowyn, Manawydan/Merry e molti altri giacevano feriti nell'ospedale di Santa Croce in Gerusalemme, e Melis chiamò Flavio Ezio perché imponesse le mani ai feriti: ai sovrani, in quell'epoca, si attribuivano poteri di guaritore. Il Magister Militum utilizzò un'erba segreta, le cosiddette Foglie di Re, chiamate Athelas dagli Elfi, per curare Flavio Aspare, Mirandukht, Manawydan e gli altri feriti, ottenendo un loro rapido miglioramento: in tal modo agli occhi di tutti Flavio Ezio assunse i contorni del legittimo erede al trono, e gli abitanti di Costantinopoli cominciarono a dire che il Re era tornato.

Flavio Ezio, nominato Reggente dell'Impero dai generali bizantini, convocò il consiglio di guerra per decidere le azioni successive da intraprendere; ad esso parteciparono i capi militari di Romani, Visigoti, Ostrogoti, Franchi, Gepidi, Iberici, Slavi e Sicani. Alla fine prevalse la linea di marciare verso i Cancelli Neri di Mordor con un'armata di 70.000 uomini, chiamata l'Armata della Luce, per distrarre l'attenzione di Sauron, ed evitare che si accorgesse di Sanddef e Pryderi che avanzavano verso il Monte Fato per distruggere definitivamente l'Unico Anello; Flavio Aspare, ora nuovamente in salute, essendo di diritto l'erede di Teodosio II, sarebbe invece rimasto a Bisanzio per presidiare la città ed evitare colpi gobbi da parte dell'armata delle tenebre. La marcia fu lunga ed irta di difficoltà, ma alla fine la coalizione capeggiata da Flavio Ezio con il supporto di Melis, Teodemiro, Remetalce e Peredur prese in successione Serkel, Itil alla foce del fiume Volga, Urgench (nell'attuale Uzbekistan), Bukhara e Samarcanda, ed arrivò infine davanti ai Cancelli Neri, nella valle del fiume Talas, schierandosi in formazione da battaglia.

A un tratto il Cancello Nero si aprì, e da esso uscì uno spaventoso personaggio dai tratti orientali, rinchiuso dentro un'armatura di cuoio nero, nel quale tutti riconobbero colui che aveva guidato le armate degli Unni e dei Denisoviani fin nel cuore dell'Occidente, che aveva devastato e messo a sacco più di cento città, il cui nome suscitava paura al solo pronunciarlo, e che per questo era chiamato da tutti "il Flagello di Dio": era Attila, Re supremo degli Unni, che si faceva chiamare "la Bocca di Sauron" perché di solito fungeva da suo portavoce, dietro la promessa (fallace, si capisce) che l'Oscuro Signore lo avrebbe aiutato ad ascendere. Solo con grande fatica, e con l'aiuto di Franchi e Visigoti, Flavio Ezio era riuscito ad impedirgli di conquistare quanto restava dell'Impero Romano d'Occidente, sconfiggendolo nella Battaglia dei Campi Catalaunici (la nostra Châlons-en-Champagne) il 20 giugno 451, prima che la Guerra dell'Anello avesse inizio. Il crudele servitore di Sauron avanzò verso i nostri eroi, li apostrofò con tono sprezzante promettendo loro morte e distruzione, quindi mostrò loro, con grande costernazione di Melis, Ezio e compagni, la cotta di maglia e la spada appartenute a Pryderi, onde dimostrare loro che il Portatore dell'Anello era in suo potere. Interrogato circa le condizioni da lui poste per rilasciare vivo lo Hobbit, Attila rispose che tutte le terre ad est del fiume Tanais (il Don), incluso il Regno di Iberia, avrebbero dovuto essere riconosciute come proprietà di Sauron, mentre tutte quelle ad ovest, incluso l'Impero Romano d'Oriente, quello d'Occidente e i regni romano-germanici sarebbero state tributarie dell'Oscuro Signore sotto il predominio di un suo luogotenente, che però non sarebbe stato Nestorio/Saruman, essendosi quest'ultimo dimostrato inaffidabile. Flavio Ezio e soci capirono che il luogotenente sarebbe stato lo stesso Attila: egli sarebbe stato il loro padrone, e loro sarebbero stati i suoi schiavi. Subito Melis/Gandalf, brandendo il suo pastorale, strappò dalle mani di Attila le armi appartenute a Pryderi, ed urlò che quelle condizioni essi le rifiutavano tutte. Inferocito, Attila diede di sprone e ritornò da dove era venuto; poco dopo dal Cancello Nero sciamò una moltitudine immensa di armati, che si gettò sopra l'Armata della Luce. Scoppiò così quella che sarebbe sta ricordata nei secoli come la Battaglia del Fiume Talas: Melis, Ezio, Teodemiro, Remetalce, Vakhtang e Lech si batterono come dei leoni, ma la superiorità numerica dei loro nemici era schiacciante. Peredur uccise Ellac, lo spietato figlio di Attila, ma cadendo da cavallo questi lo travolse, e lo Hobbit svenne. Le ultime parole che Peredur udì furono: « Arrivano le Aquile! »

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La Terra d'Ombra e Monte Fato

Per capire cosa stava accadendo, dobbiamo fare un passo indietro e tornare a Sanddef Pryd Angel, che con uno stratagemma era riuscito a penetrare nella torre degli Orchi Denisoviani alla ricerca di Pryderi. Il coraggioso Sanddef scoprì che gli Orchi si erano uccisi l'uno con l'altro per dividersi le proprietà di Pryderi, ed in particolare la spada donatagli da Changle/Galadriel. Alla fine, Sanddef aveva trovato Pryderi in cima alla torre e gli aveva restituito l'Anello, ma aveva trovato il suo padrone molto cambiato: era ossessionato dall'Anello che aveva perso, ed aveva quasi minacciato di uccidere Sanddef perché glielo aveva rubato. Il fedele servitore aveva capito che la radioattività del neutronio stava avendo un nefasto effetto sulla mente di Pryderi, dunque era necessario stringere i tempi e distruggere quel manufatto del demonio prima che fosse troppo tardi. Travestiti da Denisoviani, i due Homo floresiensis attraversarono coraggiosamente Mordor, la Terra d'Ombra, che corrisponde al Bacino del Tarim. Nascostisi dietro una roccia, i Mezzuomini udirono le parole di due Denisoviani e scoprirono che Gollum era sfuggito alla cattura; poco dopo ebbero anche la prova che quell'infida creatura li stava seguendo. Superato il lago Bosten, vicino all'attuale città di Korla, nel Sinkiang Uighur cinese, Sanddef e Pryderi vennero intercettati da una truppa di Unni i quali, credendoli due Orchi disertori, li costrinsero ad unirsi alla loro marcia, e così essi poterono penetrare senza troppi problemi nella Depressione di Turpan, là dove sorgeva Barad-dûr, la Torre Oscura, epicentro del nefasto potere di Sauron. Approfittando di un momento di confusione, Pryderi e Sanddef riuscirono a sganciarsi dagli Unni e si diressero verso il Monte Fato, il colossale supervulcano posto all'estremità orientale della Depressione di Turpan, che occupava buona parte di quella che nella nostra Timeline è la prefettura cinese di Jiuquan. Pryderi appariva sempre più sofferente e la sua mente sempre più ottenebrata a causa dell'Anello di neutronio, e Sanddef cominciava a dubitare che egli ce l'avrebbe fatta a raggiungere la loro meta.

Alla fine, come Dio volle, Pryderi e Sanddef riuscirono a raggiungere le pendici del Monte Fato e si inoltrarono dentro una caverna parzialmente invasa dalla lava incandescente. Gollum li attaccò all'improvviso tentando di impadronirsi di nuovo dell'Anello che giudicava suo, ma Pryderi, diventato una belva all'idea che qualcuno volesse toglierlo, lo mise K.O. Sanddef avanzò per uccidere Gollum, come aveva promesso di fare dopo che Shelob sembrava aver ucciso Pryderi, ma, mosso a pietà, gli risparmiò la vita. Condusse quindi Pryderi sull'orlo del fiume di lava, ma a questo punto egli non ebbe la forza di gettare l'anello nel vulcano; anzi, lo rivendicò come proprio infilandoselo al dito, e proclamando se stesso come il nuovo signore di Mordor. Proprio in quel momento, tuttavia, Gollum rispuntò come dal nulla e attaccò Pryderi, staccandogli con un morso il dito nel quale portava l'anello infernale. Tuttavia egli, troppo impegnato ad esultare e a saltellare qua e là per aver riconquistato il suo "Tessoro", non si accorse di aver messo un piede in fallo e precipitò nel baratro trascinando con sé l'Anello, mentre Pryderi e Sanddef lo udivano urlare "Tessoro!" per l'ultima volta. E fu così che l'Anello di neutronio venne distrutto una volta per tutte.

Flavio Ezio, l'eroe che riunificò le corone di Arnor e di Gondor

Flavio Ezio, l'eroe che riunificò le corone di Arnor e di Gondor

Nello stesso momento, fuori dal Nero Cancello si stava combattendo la Battaglia del Fiume Talas. Arderico, Re dei Gepidi e Signore delle Aquile, intervenne con i suoi deltaplani e seminò il terrore bombardando il nemico dall'alto; per primo egli inseguì ed uccise con una freccia avvelenata Attila, la Bocca di Sauron. In tal modo l'Armata della Luce riuscì a tenere testa a quella delle tenebre; nel momento in cui Pryderi infilò l'Anello, Sauron avvertì il pericolo vicino alla sua Torre Oscura, e con il suo potere telepatico richiamò a sé tutti i Nazgûl e i capi delle sue orde, ma ormai era troppo tardi: la caduta di Gollum nell'abisso di fuoco provocò la distruzione dell'ultimo residuo di neutronio rimasto sul pianeta Terra e, con esso, dell'energia vitale di Khalek/Sauron, che così morì definitivamente. Le forze di Mordor, libere dalla nefasta influenza dell'essere mezzo asceso, si diedero a una fuga precipitosa, incalzate dai Romani e dai loro alleati. E quanto a Pryderi e a Sanddef? Il neutronio aveva provocato un tumultuoso aumento di temperatura della lava, e il Monte Fato si apprestava ad un'eruzione di proporzioni gigantesche; e così i due Mezzuomini si prepararono a morire, immaginando le canzoni che un giorno sarebbero state dedicate a "Pryderi dalle nove dita". Improvvisamente però una luce dorata li avvolse, fece perdere loro i sensi e li portò lontano dal supervulcano. Questa luce misteriosa attraversò tutta Mordor in un batter di ciglia, arrivò sul campo di battaglia in cui l'Armata della Luce inseguiva gli Unni e i Denisoviani giocando al tiro al piccione, e tra lo stupore generale depositò i due Hobbit davanti a Melis, per poi dissolversi nel firmamento. « Ma cos'era? » domandò Flavio Ezio, esterrefatto, e il Vescovo di Armagh replicò: « Era Oma Desala. Restituirci i nostri amici è stato il gesto con cui ella ha posto fine alla Guerra dell'Anello, e con essa alla Terza Era del mondo. »

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Il Sovrintendente ed il Re Flavio Ezio

Sanddef e Pryderi si risvegliarono a Samarcanda, dove l'Armata della Luce si era ritirata per festeggiare la vittoria nella Battaglia di Talas e la morte di Sauron, e lì vennero fatti oggetto di grandi onori. Il viaggio di ritorno verso Costantinopoli fu una marcia trionfale, durante la quale si cominciarono effettivamente a comporre canzoni in onore di "Pryderi dalle nove dita". Intanto, a Bisanzio Mirandukht/Éowyn era completamente guarita e chiese di parlare con colui che amministrava la città per avere il permesso di unirsi alle truppe e partecipare ad un'eventuale nuova battaglia. Il direttore dell'Ospedale di Santa Croce in Gerusalemme la portò allora dinanzi a Flavio Aspare, e questi, vedendola bellissima davanti a sé, se ne innamorò perdutamente. Manawydan, anche lui appena ristabilitosi, raccontò a Flavio Aspare le pene che Mirandukht aveva sofferto dopo aver capito che Ezio non avrebbe mai corrisposto il suo amore, e che in pratica stava cercando la morte in battaglia. Aspare allora chiese alla principessa georgiana di sposarlo, ed ella accettò, innamorandosi a sua volta di lui.

Pochi giorni dopo, Ezio/Aragorn fece ritorno a Bisanzio con Melis, gli Hobbit e con l'Armata della Luce, e celebrò uno splendido trionfo entrando in città dalla Porta Aurea. Papa Leone I Magno, giunto appositamente da Roma, incoronò il Magister Militum nuovo Re di Arnor e di Gondor con il nome di Flavio Ezio Teodosio Giulio Cesare Elessar; quest'ultimo nome elfico in lingua Quenya significava "Gemma Elfica", e gli era stato dato da Valamiro/Elrond XXIV, presente alla cerimonia di incoronazione. Il nuovo sovrano rivendicò tutti i territori appartenuti ai reami di Arnor e di Gondor, e cioè l'Impero Romano d'Oriente e d'Occidente, i territori elfici (germanici) fino alla Vistola, i regni caucasici e tutto quanto il Turkestan fino ai confini di quella che era stata la Terra di Mordor. I Sicani poterono tornare nella loro patria d'origine in Oriente, e al limitare del deserto arabico fondarono quello che i popoli vicini chiamarono Regno dei Ghassanidi, vassallo di Ezio. Vakhtang venne riconosciuto nuovo Re di Iberia, fondò la nuova capitale georgiana Tbilisi e sarebbe stato ricordato come Vakhtang I Gorgasali, cioè "Testa di Lupo".  I Visigoti, gli Ostrogoti, i Franchi, i Burgundi, i Gepidi, i Vandali, i Sassoni, i Britanni e il Regno di Iberia riconobbero la supremazia di Ezio e gli giurarono fedeltà. Quest'ultimo inoltre riportò la sua capitale a Roma, nominò Flavio Aspare nuovo Basileus dell'Impero Romano d'Oriente, e approvò il suo matrimonio con Mirandukht, che non faceva altro che cementare l'alleanza tra i suoi regni vassalli. La Contea degli Hobbit, i territori degli Slavi/Ent e l'Impero Göktürk mantennero la piena indipendenza, ma strinsero alleanza perpetua con Ezio. La parte orientale di quello che era stato il Reame di Mordor era diventava pressoché inabitabile dopo l'eruzione del Monte Fato, ma il resto di essa venne concesso agli ex schiavi di Sauron, e in particolare ai Denisoviani, mentre gli Unni vennero scacciati verso la Mongolia, e praticamente sparirono dalla storia Quanto ai Sasanidi, Ezio/Elessar inviò presso di suo generale Anatolio, il quale negoziò la pace a condizioni favorevoli; in tal modo, dopo decenni di strenue guerre, tra Roma e la Persia fu firmato un trattato che prevedeva pacifici scambi commerciali e l'impegno di non costruire nuove fortezze frontaliere e di non fortificare quelle esistenti Poco dopo lo Shah Yazdgard II morì mente combatteva con i Kidariti alle frontiere orientali del suo impero, e gli succedette il figlio Ormisda II. Infine, Valamiro onorò la promessa fatta ad Ezio e gli diede in sposa la sua bellissima figlia Ereleuva/Arwen; il matrimonio fu celebrato dal Vescovo Melis di Armagh in persona. La restaurazione del Regno di Arnor e di Gondor pose fine alla Terza Era ed inaugurò la Quarta Era del Mondo; tale data oggi è anche considerata la fine convenzionale dell'Evo Antico e l'inizio del Medioevo.

Dopo le nozze di Flavio Ezio con Ereleuva ed il loro insediamento a Roma, gli altri membri della Compagnia dell'Anello raggiunsero via mare il Regno di Iberia,dove celebrarono i funerali solenni di Re Mihrdat V; tutti quanti raggiunsero poi Tanais/Isengard, dove gli Slavi/Ent avevano rilasciato Saruman, che all'apparenza sembrava pentito della sua alleanza con Sauron. Teodemiro/Legolas e Remetalce IV/Gimli, ormai divenuti amici per la pelle, tornarono alle rispettive patrie, con la promessa di rivedersi presto per stringere perpetua alleanza tra le loro nazioni. Gli Hobbit e Gandalf raggiunsero a oro volta Vindobona/Gran Burrone dove visitarono Pwyll, ormai molto anziano, quindi ripartirono alla volta delle Isole Britanniche. Nel loro cammino verso la Contea (il Galles), gli Hobbit e Gandalf si fermarono a Brea/Bayreuth a pernottare nella locanda "All'insegna del Puledro Impennato", dove appresero dall'oste Barliman Butterbur che c'erano stati problemi da quelle parti durante la loro assenza; gli Homo floresiensis lo assicurarono però che le cose sarebbero andate meglio da quando Grampasso (sotto questo nome il locandiere conosceva Flavio Ezio) era diventato Re di Arnor e di Gondor. A questo punto i Mezzuomini lasciarono Brea diretti verso la loro patria, mentre Melis si separò da loro perandare a visitare Tom Bombadil/Meroveo.

Il Re dei Traci Sapei Remetalce IV, noto anche come Gimli

Il principe dei Traci Sapei Remetalce IV, noto anche come Gimli

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Percorrendo la Contea

Attraversata la Manica, i quattro Hobbit si videro venire incontro alcuni connazionali intenzionati ad arrestarli e a condurli prigionieri ad Hobbiville. Di fronte però alle armature e alle spade bizantine da loro imbracciate, affatto sconosciute nella Contea, furono costretti a lasciarli proseguire il loro cammino. Giunti ad Hobbiville, scoprirono che la loro terra era tiranneggiata da un lontano cugino di Pryderi, un certo Lotho di Brycheiniog, che in realtà era il burattino di un certo Sharkey, il quale era diventato il padrone assoluto del Galles sulla punta delle baionette dei Berserkr che egli aveva al soldo. Manawydan e Peredur guidarono allora una rivolta di popolo contro i lanzichenecchi di Sharkey, li sconfissero nella battaglia di Lungacque e li scacciarono dalla Contea. Tornati a casa Brycheiniog alla ricerca di Lotho, i nostri eroi scoprirono che essa era stata occupata proprio da Sharkey, e che questi altri non era che Nestorio/Saruman! Quest'ultimo aveva abbandonato l'Impero dopo l'ascesa al trono di Ezio, che lo aveva sostituito nella sede patriarcale di Costantinopoli con il monaco Anatolio: radunata una nuova schiera di Berserkr, egli si era rifugiato nel Galles allo scopo di trasformarlo in un suo feudo personale. Ed anche ora che i suoi pretoriani erano stati dispersi, l'ex patriarca tentò di uccidere Pryderi; questi però si salvò e, nonostante questo, decise di risparmiargli la vita. Nestorio gli confessò, compiaciuto, che Lotho era stato ucciso nel sonno dal suo servitore Gríma Vermilinguo e fece per allontanarsi, dopo aver sferrato un calcio al suo tirapiedi. Ma Grima, stanco dei maltrattamenti, gli saltò addosso e gli tagliò la gola, per poi tentare una fuga disperata; prima che Pryderi potesse dire una parola, egli piombò a terra trafitto da tre frecce Hobbit.

Il Galles era ridotto ad una landa desolata, ma Pryderi iniziò subito la ricostruzione. Gli Hobbit che erano stati incarcerati da Nestorio vennero tutti liberati, le leggi restrittive delle libertà abrogate, e gli alberi tagliati dai Berserkr furono ripiantati. Intanto, Pryderi iniziò a scrivere la storia della Guerra dell'Anello nel cosiddetto Libro Rosso (in gallese "Llyfr Coch"), che poi avrebbe costituito il primo nucleo del Mabinogion. Per riportare tutto alla normalità ci vollero anni, ma nel frattempo Pryderi cominciò a sentirsi male a causa del lungo contatto che aveva avuto con la radioattività dell'Anello. Quando Pryderi ebbe terminato di scrivere il Libro Rosso, ricevette una lettere da Melis, che lo invitava a raggiungerlo in Galizia, nel nord della penisola iberica, presso il Capo Finisterre, in una località anticamente chiamata i Rifugi Oscuri.

Pryderi, insieme agli inseparabili Sanddef, Manawydan e Peredur, partì alla volta della Galizia; in prossimità del Passo di Roncisvalle, nei Pirenei, i quattro Hobbit incontrarono un lungo corteo che comprendeva il Vescovo Melis di Armagh (che dopo la vittoria nella Guerra dell'Anello aveva ricoperto l'incarico di Consigliere personale di Flavio Ezio) e gli altri membri superstiti dell'Ordine degli Istari, l'anziano Pwyll/Bilbo, il saggio Valamiro/Elrond XXIV e i sovrani Göktürk Changle/Galadried e Bumin Khan/Celeborn, in quanto depositari dello Stargate chiamato lo Specchio di Galadriel. Quest'ultimo era stato donato all'imperatore Flavio Ezio, il quale lo aveva fatto seppellire in Egitto, affinché nessuno potesse farne cattivo uso, ora che i suoi custodi erano partiti. Tutti raggiunsero i Rifugi Oscuri, e lì apparve loro una luce aliena, la stessa che aveva salvato Pryderi e Sanddef dall'eruzione del Monte Fato: era Oma Desala, che assunse momentaneamente forma umana ed annunciò ai suoi protetti che avrebbe permesso loro di ascendere a un piano di vita superiore, prima di abbandonare per sempre Arda, ora che non c'era più bisogno di lei. « Io non posso venire con voi, vero, padron Pryderi? » domandò un abbacchiato Sanddef, e Pryderi rispose: « No, anche se hai portato anche tu l'Anello, seppur per brevissimo tempo. » Ciò detto, gli consegnò il Libro Rosso e gli disse addio, prima di trasformarsi insieme agli altri in un essere di pura energia, sparendo infine nella luce del crepuscolo. A Manawydan, Peredur e Sanddef non restò altro da fare che tornare a casa, nella Contea.

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L'Impero di Elessar

Il regno di Flavio Ezio fu lungo e splendido; egli sconfisse più volte in battaglia i Sasanidi che tentavano di conquistare il Turkestan e l'Iberia, e combatté contro Beowulf, il leggendario re dei Geati e dei Dani che compiva scorrerie piratesche sulle coste della Germania, della Gallia e della Britannia. In seguito però Ezio e Beowulf fecero pace e divennero alleati. Dopo la partenza di Valamiro/Elrond XXIV, suo fratello minore Teodemiro/Legolas divenne nuovo Re dei Grutungi, da qui in poi denominati Ostrogoti, e portò il nome di Elrond XXV; egli fu padre di Teodorico il Grande. Lo Hobbit Manawydan, passato alla storia come Manawydan il Magnifico (o Meriadoc il Magnifico), divenne Signore della Cornovaglia e assunse come stendardo un drago rosso in campo verde e bianco. Per questo egli venne chiamato anche Pendragon, "Testa di Drago"; suo figlio fu il leggendario Re Artù. Peredur Efrawg si arruolò nell'esercito imperiale di Flavio Ezio, e fu da questi nominato Generale dell'Impero Romano d'Occidente; egli latinizzò il suo nome in Peregrino Tuc, e in questa veste egli si coprì di gloria nelle guerre contro Beowulf. Peredur sposò la Hobbit Diamante di Lungo Squarcio, dalla quale ebbe la figlia Ginevra, che andò sposa ad Artù, figlio di Manawydan. Anche quest'ultimo, dopo aver lasciato il trono di Cornovaglia a suo figlio Artù, trascorse i suoi ultimi anni a Roma, alla corte di Flavio Ezio. Sia Manawydan che Peredur morirono nella Città Eterna e furono sepolti nella Mole Adriana, il monumento funebre che era stato edificato per l'imperatore Adriano, ora trasformato in chiesa cattolica e chiamato dagli Elfi Rath Dinen ("la Strada Silenziosa"). Flavio Aspare regnò a lungo sull'Impero Romano d'Oriente per conto di Ezio, e alla sua morte fu canonizzato dalla Chiesa Ortodossa; sua figlia Elia Verina, da lui avuta da Mirandukht/Éowyn, sposò Leone il Trace, generale e Magister Militum dell'Impero Bizantino, che con l'assenso di Flavio Ezio salì al trono con il nome di Leone I e fondò la Dinastia Trace.

Quanto a Sanddef Pryd Angel (per inciso Pryd Angel significa "con l'aspetto di un Angelo"), egli sposò la sua bellissima fidanzata Rosa Cotton, alla quale aveva spesso pensato con nostalgia durante l'avventurosa marcia verso il Monte Fato, e dalla quale ebbe tredici figli: Elanor, Pryderi, Rosa, Manawydan, Peredur, Cioccadoro, Hamfast, Daisy, Primarosa, Pwyll, Ruby, Robin e Tolman. Sanddef venne eletto Sindaco della Contea per ben sette volte (ogni incarico aveva la durata di 7 anni); si ritirò quando i suoi compatrioti volevano eleggerlo per un ottavo mandato, giudicandosi ormai troppo vecchio. Dopo la morte dell'amata Rosa, egli consegnò il Libro Rosso (del quale era custode) alla sua figlia prediletta, Elanor la Bella, quindi partì e nessuno mai più lo vide. Il suo destino restò avvolto nel mistero, ma correva voce che egli avesse raggiunto a sua volta i Rifugi Oscuri e fosse asceso ad una forma di vita di pura energia, ricongiungendosi per sempre all'amato padrone Pryderi. Elanor sposò lo Hobbit Fastred di Verdolmo, dal quale ebbe Elfstan il Paloide. Questi fu il capostipite della famiglia dei Fairbairns delle Torri, guardiani dei confini occidentali del Galles, custodi e primi copisti e glossatori del Libro Rosso, che lo hanno tramandato fino ai giorni nostri. Proprio ispirandosi a tale libro il professore sudafricano John Ronald Reuel Tolkien (1892–1973), massimo studioso moderno degli eventi del V secolo, poté pubblicare una serie di romanzi storici ambientati nell'epoca della Guerra dell'Anello. Il più famoso di essi è "il Signore degli Anelli" (1955), da cui il regista neozelandese Peter Jackson ha ricavato una trilogia di film di successo, premiata con 17 Oscar e 5 Golden Globe.

Flavio Ezio Teodosio Giulio Cesare Elessar, Re di Arnor e di Gondor, morì dopo 42 anni di regno e fu sepolto a Rath Dinen, la Tomba dei Sovrani, tra il compianto di tutti i popoli che avevano riconosciuto la sua supremazia. Pochi giorni dopo di lui morì anche la sua fedelissima sposa Ereleuva/Arwen, che fu tumulata accanto a lui. Gli successe sul trono il figlio Gaudenzio Giulio Cesare Eldarion; questi era stato chiamato Gaudenzio come il padre di Ezio, ed Eldarion che significa "figlio di Elfi". Dopo la morte di Flavio Ezio, anche Teodemiro/Legolas e Remetalce IV/Gimli raggiunsero Capo Finisterre ed ascesero a una forma di vita superiore; dopo Teodomiro regnò sugli Ostrogoti suo figlio Teodorico il Grande, detto anche Elrond XXVI, che pose la sua capitale a Verona. Con l'ascensione di Teodemiro e Remetalce, ebbe fine la Compagnia dell'Anello nella Terra di Mezzo: tutti i suoi coraggiosi membri uscirono dalla storia, e cominciarono a cavalcare nella leggenda.

L'Impero di Flavio Ezio Elessar (in giallo)

Legenda: 1 - Impero Romano d'Occidente; 2 - Impero Romano d'Oriente; 3 - Regno dei Vandali; 4 - Regno degli Svevi; 5 - Regno dei Visigoti; 6 - Regno di Tara (Irlanda); 7 - Britanni; 8 - Pitti; 9 - Regno dei Franchi; 10 - Alemanni e Turingi; 11 - Sassoni; 12 - Regno degli Ostrogoti; 13 - Regno dei Burgundi; 14 - Regno di Iberia; 15 - Regno dei Ghassanidi (Sicani ritornati in Oriente).

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C'è ancora bisogno di loro...

Fine? Aspettate, c'è un seguito. Nel 1928 in Egitto, durante alcuni scavi archeologici nella piana di Giza, l'archeologo statunitense Robert Langford riportò alla luce un grande anello di pietra, che portava incisi dei geroglifici diversi da quelli egizi. Sua figlia Catherine, una bambina prodigio di 9 anni, a quell'età già esperta di geroglifici, riconobbe che si trattava di un alfabeto affatto nuovo, che ella denominò "Scrittura degli Antichi". Tutto il materiale ritrovato venne trasferito negli Stati Uniti, e dimenticato a lungo nel deposito di un museo archeologico.

Nel 1994 la dottoressa Catherine Langford riesumò l'anello di pietra e, per decifrarne le iscrizioni, oltre a quelle dei testi ritrovati vicino ad esso, chiese aiuto al dottor Daniel Jackson, un giovane ricercatore profondo conoscitore delle lingue antiche, deriso dalla comunità scientifica perché era convinto che gli antichi egizi avessero trovato già sul posto le piramidi, realizzate millenni prima da una civiltà aliena. Decifrando le iscrizioni, Daniel Jackson comprese che l'anello (che poi altro non era che lo "Specchio di Galadriel") era stato fatto seppellire quindici secoli prima dall'imperatore Flavio Ezio Elessar il Grande, affinché nessuno lo utilizzasse per sete di potere e di ricchezza, e che poteva essere usato per mettersi sulle tracce degli Antichi, ormai tutti passati ad una forma di vita incorporea. I primi tentativi di utilizzare lo Stargate per spostarsi su altri pianeti rivelarono ai più potenti Signori del Sistema, come Ra, Apophis, Bastet, Cronus, Hathor, Yu e altri avanzi di galera galattici, fiancheggiati dai loro schiavi Jaffa, che era nuovamente possibile raggiungere il pianeta dei Tau'ri, come essi chiamavano Arda. Ora, la razza umana era arretrata tecnologicamente e assolutamente impossibilitata a resistere all'attacco di una vera e propria armata galattica; l'unica speranza di salvezza consisteva nel cercare alleanze con altri popoli nemici dei Goa'uld, i cui pianeti erano ora raggiungibili tramite i ponti di Einstein-Rosen aperti dagli Stargate che gli Antichi avevano disseminato nella Galassia. In particolare era necessario ottenere l'aiuto degli Asgard, dei Nox, dei Tollan e soprattutto degli eroi dell'antica Guerra dell'Anello ascesi al livello di pura energia.

A questo scopo, nel 1997 fu messa insieme una squadra, la cosiddetta SG-1 (poi seguita da molte altre squadre analoghe, caratterizzate da numeri successivi), formata dal Colonnello Jack O' Neill, dal dottor Daniel Jackson, dal maggiore Samantha Carter e da Teal'c, un Jaffa che si era schierato dalla parte dei Tau'ri con l'obiettivo di liberare la sua gente dalla sudditanza nei confronti di quei falsi dei; se, esplorando il maggior numero possibile di pianeti attraverso lo Stargate/Specchio di Galadriel, quei quattro prodi fossero riusciti a rintracciare Oma Desala, Melis/Gandalf, Pryderi/Frodo, Sanddef/Sam e tutti gli altri terrestri che gli Antichi avevano portato con loro in un altro piano di esistenza, essi avrebbero potuto aiutare le forze armate delle principali potenze mondiali a resistere all'assalto dei Goa'uld. Ce la faranno a raggiungerli, magari viaggiando fino alla remota Galassia di Pegaso, per raggiungere la città degli Antichi chiamata Atlantide in onore della scomparsa Númenor? E se li troveranno, gli eroi di quell'antichissima epopea potranno salvare un'altra volta il nostro mondo, dopo essere riusciti nell'impresa di sgominare Khalek/Sauron e gli Spettri dell'Anello?

Questa è tutta un'altra storia, amici miei, e andrà raccontata un'altra volta.

FINE

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La mitica squadra SG-1. Da sinistra: Teal'c, Samantha Carter, Jack O' Neill e Daniel Jackson. La loro missione: rintracciare dopo 1600 anni i membri della Compagnia dell'Anello

La mitica SG-1. Da sinistra: Teal'c, Samantha Carter, Jack O' Neill e Daniel Jackson.
La loro missione: rintracciare dopo 1600 anni i membri della Compagnia dell'Anello

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Nota: questo è solo un tributo da parte di un fan e non intende violare i copyright delle opere di J.R.R. Tolkien, detenuti dalla Tolkien Estate e dalla Middle-earth Enterprises, né quelli della serie "Stargate SG-1", detenuti dalla Metro Goldwyn Mayer.


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