Il trionfo della Celticità

Di seguito alla discussione tra *Bhrg'hówidhHô(n-) e Bhrig sulla vittoria di Spartaco, è nata un'altra interessante discussione sul tema della continuazione della Celticità fino al presente, in sostituzione della Latinità e della Germanità. Certamente vale la pena di riportare qui le battute principali. Così infatti diceva il List-Owner Bhrig rispondendo al proprio vulcanico amico:

...Attenzione, *Bhrg'howidhHô(n-): quando parli di Cristianizzazione, la battaglia del Fiume Frigido segna la vittoria dei Cristiani (i cui centri più ferventi sono la celtica Milano e la greca Costantinopoli) sui pagani (che hanno in Roma il punto di maggior aggregazione)...

La rivoluzione culturale seguitane ha portato la preromanità da maggioranza a minoranza, oltretutto indifesa quando (nella maggior parte dei casi) non aveva una propria traduzione della Bibbia, cioè una propria Chiesa (stesso destino toccato, da ultimi, ai Goti cattolicizzatisi).

In ogni caso, la celticità aveva convissuto benissimo in molti territori celtici, anche dopo l'arrivo della Rivelazione...

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Questa è la risposta di *Bhrg'hówidhHô(n-), degna del suo genio:

Splitter = chi preferisce suddividere a oltranza; khorízôn; analitico
Lumper = chi preferisce unire (a oltranza nei limiti del possibile); sintetico

Se si guarda la Storia del Cristianesimo, la differenza (intendo quella tra i c.d. cinque Cristianesimi) si risolve in una questione terminologica; definire i sistemi di potere come struttura o sovrastruttura é ancora assimilabile a una questione terminologica perché le nozioni di struttura e sovrastruttura sono solo termini di un sistema (quella Storia) che comunque é sotto i nostri occhi.

Nel caso della Celticità diventa già di più una differenza sostanziale (quella tra Celticità antica e Celticità medioevale-moderna).

Siamo d'accordo - perché é evidente - che la continuità genealogica (e quindi genetica) dei Milanesi dell'Evo Moderno rispetto a quelli (Celti) dell'Antichità é paragonabile (salvo differenze quantitative; non saprei a vantaggio di chi) alla continuità genealogica degli Irlandesi dell'Evo Moderno rispetto a quelli dell'Antichità.

Siamo ugualmente d'accordo, penso, che le caratteristiche genetiche e in generale fisico-antropologiche degli abitanti dell'Ibernia antica non fossero per forza (o meglio: non abbiamo le idee chiare e non é l'ipotesi più naturale che fossero) identiche o persino solo (significativamente) simili a quelle degli Insubri.

Inoltre, siamo d'accordo che le caratteristiche culturali dei Goideli e degli Insubri fossero significativamente simili (al massimo grado a livello linguistico perlomeno nel I. millennio a.C. e - come ipotesi cui aderisco di cuore - negli undici, ma potenzialmente, a Sud dei ghiacci, nei quaranta precedenti).

Infine, siamo d'accordo che la continuità linguistica dei Goideli dall'Antichità al Medioevo é stata abbastanza alta (limitata solo dal mutamento linguistico interno), mentre quella degli Insubri é stata considerevolmente bassa (SOSTITUZIONE linguistica; nel centro di maggior prestigio, Milano, doveva essere compiuta - salvo residui non culturalmente significativi - nel VI sec. d.C., altrimenti non si spiegherebbe materialmente il ladino).

Uno dei nostri drammi sta in quest'ultimo fatto. Tu non sei certo un lumper, tuttavia proponi Insubri celti (per un accidente storico pagani) e Insubri cristiani (i Post-protomilanesi) vengono "quasi" identificati in virtù dell'effettiva continuità di sangue (non é certo poco, in effetti!).

Per parte mia: siccome non riesco ad accettare un atto intrinsecamente violento come la sostituzione della cultura (di cui a me interessa la lingua) celtica antica in quanto continuatrice diretta di quella indoeuropea AUTOCTONA, cioè - per l'ipotesi cui aderisco - dei primi antropizzatori della regione (ciò che rende ancora più violento, in quanto fino ad allora inedito, il fatto della sostituzione linguistica da parte del latino) e in secondo luogo perché, tra tutte le lingue indoeuropee, il latino presenta aspetti sconcertantemente opposti a quelli indoeuropei originari (anzitutto la strana attitudine "minimalistica" nei confronti della composizione nominale), per questi due motivi, dico, l'abbandono della celticità (linguistica; poi il 'caratteré etnico possono pure averlo mantenuto, ma non credo che fosse lo stesso dei Goideli; solo della lingua siamo abbastanza sicuri che fosse la stessa) da parte non solo degli Insubri, ma di tutti i Galli, qualunque ne sia stato il motivo (e in questo caso innegabilmente condivisibilissimo) é *la fine* del loro status di Celti. Il loro corredo genetico non é "celtico"; é il loro e basta, per quanto ha di comune non é comune agli altri Celti più che agli altri popoli vicini.

Anzi, é per questo motivo che mi riesce accettabile (sto facendo autocritica) l'abbandono della Celticità: solo se lo considero conseguenza praticamente ineluttabile di una scelta altamente condivisibile; altrimenti griderebbe vendetta. É per questo che assolvo i Romani (antichi); altrimenti non resisterei al furore di vendetta. Con uno slogan: un simile "delitto" (linguicidio dell'autoctonoglossia) lo "perdono" solo ai portatori del valore più alto cui aderisco.

Fin qui l'autocritica. Siccome ho il sospetto che anche gli interessati all'epoca avessero avuto pensieri del genere, presumo di poter credere che in questo caso l'autoanalisi rispecchi un po' l'andamento reale dei fatti.

Se altrove la Cristianità si é benissimo amalgamata con la Celticità, peggio ancora: vuol dire che tutto sommato sarebbe bastato uno sforzo e anche la Celticità continentale (cioè l'indoeuropeità dell'Europa centro-occidentale) sarebbe continuata. Purtroppo, le modalità della c.d. "seconda-terza sovrastruttura temporale" del Cristianesimo hanno negato, per loro necessità costitutiva (= per dinamica imperiale), questa seducente possibilità.

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Ed ecco la replica di Bhrig:

E sono due discorsi separati: l'antica religione celtica, come quella greca e quella romana, hanno esaurito la loro funzione con l'arrivo della Rivelazione, che naturalmente non ha benché minimamente intaccato la cultura di questi popoli, anzi, l'ha portata a completezza. Dal punto di vista linguistico, le cose cambiano: la lingua è parte integrante della cultura. Ma i Galli dei tempi di Sant'Ambrogio, sbaglio o si servivano di una sorta di diglossia (gallico in famiglia, latino nella vita pubblica)? Come tu hai detto, a latinizzare le Gallie sono stati i Germani (Franchi oltralpe e Longobardi qui), che hanno scelto il latino come lingua di prestigio un po' come i normanni avrebbero scelto il francese. Condizionando quella che sta diventando la lingua franca del terzo millennio: l'inglese, lingua germanica con il 75% circa di termini che derivano dal latino.

Tornando alla lingua, ricordo all'interno della Celtic League quel dibattito noto come "crisi galiziana". In pratica, dopo polemiche, i delegati della Celtic League hanno rifiutato l'ingresso nell'associazione a Galizia e Asturie perchè, pur essendo paesi celtici, la loro lingua non era celtica (massimo celtoromanza). Al Festival interceltico di Orient/Lorient, invece, le due nazioni iberiche sono ammesse: i criteri sono più ampi (non solo lingua, ma cultura a 360°, soprattutto dal lato musicale).

Penso, dunque, che tu sposeresti la linea della Celtic League, io quella di Orient. Poi, se ancora oggi la musica tradizionale lombarda è di chiara impronta gallica, e l'idioma è celtroromanzo, figurarsi nel IV secolo dopo Cristo. Quindi penso che la cultura insubre pre-222 a.C. fosse ancora abbastanza intatta, con una mutazione dovuta all'ingresso del latino a fianco delle lingue preromane. Latino che, comunque, sarebbe stato sostituito dal greco (se i Romani non avessero vinto a Klastidion/Casteggio) o dal fenicio (se Annibale avesse puntato su Roma): nel secondo caso perchè gli Insubri sarebbero diventati cittadini cartaginesi, nel primo perchè il greco era la lingua che sarebbe comunque "passata" come lingua franca tra i Galli, sia per il prestigio, sia per i contatti frequenti con le colonie (le dracme massaliote trovate a Ozzero ne sono un ulteriore riprova, o no? La dracma era o non era moneta corrente in vaste aree della Gallia?). Quindi, la cultura insubre era comunque destinata a essere "filtrata" da un'altra cultura più "permeante". A mio parere, senza "mutare": solo trasformandosi.

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*Bhrg'howidhHô(n-) commenta in modo interlineare le proposte dell'amico  (queste ultime sono riportate in questo colore):

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Bhrig: l'antica religione celtica, come quella greca e quella romana, hanno esaurito la loro funzione con l'arrivo della Rivelazione, che naturalmente non ha benché minimamente intaccato la cultura di questi popoli, anzi, l'ha portata a completezza.

*Bhrg'howidhHô(n-): Sì, anzi sarei più duro: la funzione delle religioni antiche, nata come quadruplice (cosmologica = come é nato ed é fatto il mondo; psicologica = chi siamo; etico-politica = come possiamo vivere meglio in società; escatologica = dove andiamo) e sviluppatasi insieme all'uomo per tutto il Paleolitico fino alla complessità meso- e neolitica riflessa (pallidamente) nel dedalo delle mitologie, era ormai incomprensibile già prima di Abramo e per molti secoli effettivamente le civilità fiorite intorno al Vicino Oriente (Europa inclusa) nonché all'India sono rimaste in una condizione di ateismo mitigato dalla superstizione (rimedio talvolta peggiore del male).

Naturalmente sia a Te che a me interesserebbe conoscere e capire quelle antiche religioni - che così come ci sono note mi risultano veramente faticose e poco invoglianti -, ma é altrettanto e più chiaro che la nostra quadruplice esigenza é tutt'altra (quella cosmologica non potrebbe essere espressa più vividamente che nell'ultimo capitolo del "Più bello dei mari"; quella etico-politica salta fuori in continuazione anche in questa mailing-list; quella psicologica é piuttosto censurata in generale e non capisco perché, comunque capita che emerga a sorpresa; quella escatologica é nientemeno che diventare Dio, quindi anzitutto la mistica cattolica e certo non i poveri paganesimi).

Bhrig: dal punto di vista linguistico, le cose cambiano: la lingua è parte integrante della cultura. Ma i Galli dei tempi di Sant'Ambrogio, sbaglio o si servivano di una sorta di diglossia (gallico in famiglia, latino nella vita pubblica)?

*Bhrg'howidhHô(n-): Non si può dire che questo sia il pensiero vulgato, ma per quanto mi riguarda mi sembra la ricostruzione più credibile ed esplicativa. Le ragioni per cui tutto ciò non é vulgato mi sembrano anch'esse chiare. Le limitazioni alla diglossia erano quelle di ogni ambiente urbano centro di immigrazione (in quei casi il basiletto non era il gallico, ma qualunque altra lingua preromanza; nota che anche il latino di altre regioni si considera, in questo specifico caso, come "preromanzo" rispetto al protoceltoromanzo).

Bhrig: come tu hai detto, a latinizzare le Gallie sono stati i Germani (Franchi oltralpe e Longobardi qui), che hanno scelto il latino come lingua di prestigio un po' come i normanni avrebbero scelto il francese. Condizionando quella che sta diventando la lingua franca del terzo millennio: l'inglese, lingua germanica con il 75% circa di termini che derivano dal latino.

*Bhrg'howidhHô(n-): Sottoscrivo in pieno, con solo un'aggiunta sulla percentuale: detta così sembra che il 75% del lessico inglese sia di origine latina, mentre il "lessico inglese" é un concetto costituito sia dall'inventario lessicale che dalla frequenza di ogni singolo lemma. Se le parole germaniche sono tutte (o quesi) molto frequenti, la percentuale di latinità del "lessico inglese" si abbassa di molto.

É chiaro che ciò non modifica il fatto che, se venisse classificata tenendo conto esclusivamente delle condizioni attuale, la lingua inglese non potrebbe sensatamente collocarsi senz'altro tra le germaniche; costituirebbe piuttosto una famiglia intermedia tra germanico e romanzo.

(Altrettanto é vero che la classificazione genealogica dell'inglese non cambia, perché l'antico inglese era a tutti gli effetti un dialetto germanico e così come un uomo, per quanto traumatizzato, ferito, deformato, trapiantato resta pur sempre figlio dei propri genitori, allo stesso modo l'inglese, se anche diventasse una lingua con il 99% del lessico neolatino, rimarrebbe *geneticamente* germanico)

"I Franchi" e "i Longobardi" non sono del tutto assimilabili a "popoli germanici", dopo l'arrivo nelle sedi storiche. "Regni romano-germanici" é una categoria molto diversa da "popoli germanici", perché i Regni Romano-Germanici erano parte (politicamente attiva, quindi talvolta indocile, ma pur sempre parte) dell'Impero Romano come riformato al termine dell'Antichità (decentramento amministrativo, ferrea unità culturale, sovrastruttura temporale costruita / imposta al Cristianesimo, difesa militare delegata ai singoli contingenti germanici ecc.).

Non che questo sia stato l'unico motivo dell'adozione del latino come loro lingua; il caso dei Bulgari (pre-grecoslavi) dimostrerebbe che anche una potenza regionale estranea al sistema tardoromano (apparentemente postromano) altomedioevale avrebbe cercato di imitarne alcuni aspetti significativi (per esempio, nel caso dei Bulgari per quel che credo, adottando il protoromeno).

Per entrambe queste ragioni (intimamente politiche), le lingue preromane d'Occidente (tranne il basco) sono state relegate a lingue solo pagane e così, benché con tutta la calma che possiamo immaginare, si sono estinte (se non prima, di certo all'epoca dei ripopolamenti dopo il 1000 fino al 1300)

Bhrig: Tornando alla lingua, ricordo all'interno della Celtic League quel dibattito noto come "crisi galiziana". In pratica, dopo polemiche, i delegati della Celtic League hanno rifiutato l'ingresso nell'associazione a Galizia e Asturie perchè, pur essendo paesi celtici, la loro lingua non era celtica (massimo celtoromanza). Al Festival interceltico di Orient/Lorient, invece, le due nazioni iberiche sono ammesse: i criteri sono più ampi (non solo lingua, ma cultura a 360°, soprattutto dal lato musicale). Penso, dunque, che tu sposeresti la linea della Celtic League, io quella di Orient.

*Bhrg'howidhHô(n-): Avrei avuto una linea ancora diversa dalla Celtic League:

1) certo, così come sono, i paesi di lingua non celtica non sono Celti optimo iure; la condizione "optimo iure" non vale neanche per gli Irlandesi non gaelofoni ecc., che però si collocano a un livello intermedio, perché TUTTI gli altri caratteri (o la maggioranza) sono univocamente determinati dall'appartenenza a un gruppo celtico per definizione e fin dall'origine della propria presa di coscienza (mentre i Galiziani [eccezion fatta per i Bretoni di Galizia, che appunto non erano Galiziani] e gli Asturiani non sono stati tra i fondatori della coscienza della Celticità moderna: un errore storico, ma ormai avvenuto e che colloca gli Irlandesi non gaelofoni, in questa strana ma effettiva classifica "etnosoggettivistica", sopra di loro); di conseguenza, nella Celtic League bisognerebbe avere coscienza (anche senza mettere il distintivo...) che ci sono Celti prototipici - i parlanti, anche chi studia la loro lingua - e quelli meno prototipici (quelli non hanno tempo o voglia per la lingua) (si potrebbe fare anche per altre caratteristiche etniche, ma la nozione di Celticità mi sembra basata sulla lingua e, se non lo fosse così primariamente, sarebbe bene dirlo con chiarezza, perché in nessuna scelta della vita si possono usare due o più criterî non gerarchizzati, pena una confusione esiziale che rende inutile tutto: per esempio, si può usare certo il termine "celtico" per - ad esempio - la musica, ma é un'altra, a volte inconciliabile, celticità, che chiamerei allora "musicocelticità" in opposizione a "glottocelticità")

2) d'altra parte, é pur possibile prendere coscienza che anche nella "glottocelticità" ci sono più livelli sotto il primo e il secondo, quindi gli Asturiani di per sé già appartengono di diritto al terzo livello (e così gli altri; anche i Milanesi)

3) Celti optimo iure nella glottocelticità sono anche tutti i parlanti o sim. (come Antonio Tolosa Leal = Alounis) di lingue celtiche morte o rianimate (neocornici) o (ri)costruite.

In questo quadro, la decisione della Celtic League e di Orient/Lorient scade a problema amministrativo (per chi non abbia voglia di diffondere una classificazioncella così banale)

Bhrig: Poi, se ancora oggi la musica tradizionale lombarda è di chiara impronta gallica, e l'idioma è celtroromanzo, figurarsi nel IV secolo dopo Cristo.

*Bhrg'howidhHô(n-): Sulla musica non inizio neanche a pensare: non obietto niente e mi dichiaro totalmente recettivo, chiedo solo di mantenere - giusto per nostra chiarezza - la distinzione tra "musicocelticità" e "glottocelticità", che un giorno potrebbero persino non avere più alcuna intersezione pur continuando ad avere numerosi aderenti ciascuna.

Sulla celtoromanità (concetto, penso, prevalentemente se non solo linguistico):

1) (positivo) aderisco alla nozione e al termine (é comodo e obiettivamente fondato; naturalmente, come tutti i criterî classificatorî, é un po' una forzatura del reale, che si presenta come continuum)

2) (negativo) direi che siamo tutti d'accordo che la celtoromanità NON é l'intersezione - o la zona intermedia, o sim. - tra celticità e romanità, ma un sottoinsieme della romanità e in particolare un ex-sottoinsieme della celticità conquistato dalla romanità (dico questo perché a qualunque livello - fonologico esclusi i soprasegmentali, cioé ritmo e intonazione, che hanno distribuzione indipendente dalla genealogia; morfologico; lessicale; semantico; sintattico - qualunque idioma romanzo, anche se celtoromanzo, é più simile - ripeto: a qualunque livello - a qualunque altro idioma romanzo che a qualunque idioma celtico) (ATTENZIONE: tutto questo non sarebbe obbligatorio, non é una conseguenza della classificazione, é una realtà oggi e probabilmente non lo era nell'alto medioevo; é un caso che ci sia coincidenza tra questa situazione e ciò che motiva la classificazione delle lingue romanza)

3) (positivo) c'é stato un periodo (non so quanto a lungo) durante il quale le forme nascenti delle varietà celtoromanze non erano più vicine a qualunque altro idioma romanzo che a qualunque celtico, ma erano solo più vicine alla maggioranza delle lingue romanze che alla maggioranza delle lingue celtiche

4) (negativo) la differenza tra il gallico insubrico, in qualsiasi epoca, e la fase più "celticizzante" della storia e preistoria del milanese (o di qualunque altra lingua celtoromanza) é sempre stata molto maggiore che tra il francese e l'italiano

5) (positivo) i punti di somiglianza tra insubrico e milanese sono stati: alcuni termini (a parte la toponomastica, v. sotto) mutuati dall'uno all'altro o viceversa; moltissime motivazioni semantiche (cioé idiosincrasie nella classificazione del reale entro una rete di significati, per cui due o più oggetti che nella realtà non sono identici vengono designati nella lingua con termini identici o simili); forse alcuni costrutti sintattici; alcuni (molto frequenti all'inizio, poi sempre più rari) suoni

6) (negativo) la quasi totalità dei microtoponimi (= nomi di luoghi poco estesi) dell'area dove si parlano lingue celtoromanze sono celtoromanzi di origine latina e non celtica; una minoranza sono celtoromanzi di origine celtica, ma come toponimi sono stati formati in epoca postceltica; alcuni pochi sono veri toponimi celtici

7) (positivo) tra i macrotoponimi, la maggioranza sono celtoromanzi di origine latina, ma una forte minoranza sono di origine in ultima analisi prelatina e di questi una forte minoranza (anche se pur sempre minoranza di una minoranza) sono toponimi realmente celtici e, tra quelli celtici, molto antichi e potenzialmente ereditarî (dall'indoeuropeo)

Invece sulla glottocelticità:

1) le lingue celtiche moderne sono autonomamente definibili

2) le lingue celtiche antiche sono definibili in funzione di quelle celtiche moderne e in parte anche autonomamente definibili

3) le lingue indoeuropee in generale sono definibili sia in funzione di quelle moderne che di quelle antiche

4) le lingue celtiche antiche differiscono da quelle celtiche moderne altrettanto (in alcuni casi più, in altri meno) che dall'indoeuropeo preistorico. Quindi

5) sarebbe opportuno usare termini diversi per celtico antico e celtico moderno, così come si usano termini diversi per indicare il celtico antico e l'indoeuropeo, benché il primo sia la continuazione del secondo così come il celtico moderno é la continuazione dell'antico; in teoria sarebbe sensata una diversa Celtic League per il celtico antico (altrimenti tutti gli indoeuropei potrebbero rivendicare la continuaità, entrare nella lega e farle cambiare nome; assurdo, ma motivato dall'irrazionalità del confine tra "celtico" e "indoeuropeo" in assenza di un confine analogo dentro il celtico)

Ma 6) Cosa dire allora se il celtico antico fosse continuato in un celtico moderno anche sul continente? (Vedi sotto)

Bhrig: l'abbandono della celticità da parte di tutti i Galli é *la fine* del loro status di Celti. Il loro corredo genetico non é "celtico"; Beh, cosa è?

*Bhrg'howidhHô(n-): É locale, cioè si classifica su base territoriale (con orrore Tuo e mio, Ti lascio immaginare che il tipo lombardo occidentale fa parte di quello classificato come... "italiano settentrionale"!! Il termine é rivoltante - un assurdo storico -, ma ci sbatte in faccia il dato reale che si tratta di una funzione diretta tra popolazione e territorio, indipendente dalla variabile linguistica)

Bhrig: io penso che siano stati, invece, gli stessi celti, piuttosto "assimilazionisti" (penso più in Cisalpina), ma soprattutto i Germani delle calate. Altrimenti perchè le lingue germaniche si sarebbero conservate?

*Bhrg'howidhHô(n-): Le lingue germaniche purtroppo sono in gran parte sparite (tutti i Germani orientali e i celeberrimi tra gli Occidentali); si sono salvati quelli troppo fuori tiro per le possibilità dell'Impero Romano post-caduta all'epoca del furore della sua rivoluzione culturale (man mano che ci si avvicina alla fase carolingia, le tecniche si bizantinizzano e si lasciano sopravvivere le lingue delle nazioni conquistate con la scusa e sotto l'ignara protezione della Cristianizzazione: gli altri Germani Occidentali e i Settentrionali, così come i Celti Insulari).

Solo i Baschi - esclusivamente in ragione dello scarso potenziale (allora!) geostrategico della loro sedi (e di altre priorità dopo il 711...) - hanno conservato fino al Basso Medioevo, cioé definitivamente, la lingua preromana (il caso dell'Albania non rientra nella dinamica dell'Impero d'Occidente per quei primi secoli).

Adesso, per cercare di essere più plastico e d'altra parte nell'impossibilità di effettuare esperimenti come nelle scienze naturali, proverò a simulare esperimenti etno-storici eliminando una a una a ritroso quelle che ritengo essere state le cause della fine della glottocelticità antica sul continente europeo (un collasso di enorme portata antropologica, perché insieme a quello delle lingue paleobalcaniche - Traci, Daci, Dalmati, Pannoni ecc. - ha comportato la cancellazione per metà dell'Europa di una tradizione culturale 'positivà [ossia direttamente osservabile, non semplicemente ricostruibile per congetture incomplete] risalente in linea ininterrotta al primo popolamento neoantropico sul continente). Per una volta lascerò stare gli imperativi di espansione territoriale e mi limiterò a enunciare ciò che ci attenderemmo in una situazione normale, nella quale nessuna potenza o compagine etnica e politica consegue una serie molto lunga di successi consecutivi.

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1) Se non ci fossero stati i ripopolamenti in stile coloniale nei secoli XI-XIV: sarebbero rimasti (fino a oggi; nei casi più sfortunati fino al XVIII-XIX secolo, come il gotico [sic!], il cornico, il dalmatico) singoli comuni o piccoli gruppi alloglotti, tra i quali sicuramente i Bretoni di Bertonico (Lodi), Castel dé Britti (San Lazzaro di Savena, Bologna), Bertinoro (Forlì, con tanto di loro vescovo), Montelibretti (Roma), i Bulgari del Molise (e non solo gli attuali Croati), i continuanti delle colonie doriche e achee, Arabi, Longobardi, Goti, Taifali, Burgundi, Alemanni, Gepidi e - per ciò che interessa il nostro esperimento - comunità galliche quasi sicuramente in Val d'Ossola e nelle Alpi occidentali, forse a Bormio e in Val Calanca, verosimilmente in Carnia e magari anche a Brescello, poi nel Monferrato e sull'Appennino Ligure. Non é impossibile, ma nemmeno tanto verosimile, che prima della glottologia ottocentesca si scoprisse che gli idiomi (non reisduali!) di tali residui gallici fossero genealogicamente apparentati ai Bretoni padano-appenninici.

Al giorno d'oggi avremmo perciò molti più comuni con attrazioni etno-turistiche. Non sarebbe una garanzia di sopravvivenza (come nel caso dei Greci del Salento, che sono diventati talmente prestigiosi che anche i comuni neolatini si definiscono grecanici, ma intanto il grico é praticamente estinto e i "canti grichi" sono in realtà in dialetto salentino - e quello viene inteso e chiamato "grico"!), ma pur sempre già qualcosa.

Dal punto di vista linguistico, dopo le scoperte glottologiche che sarebbero avvenute nell'Ottocento (in una storia praticamente identica alla nostra), non ci sarebbe stata ragione di non classificare in un'unica famiglia celtica tutte le varietà, insulari, continental-insulari (Bretoni) e continentali, riconoscibili come continuanti di un'unica protolingua discendente dall'indoeuropeo (e non coincidente con quest'ultimo, in quanto caratterizzate da alcune innovazioni).

Le ricadute etno-culturali e percettive sarebbero state identiche a oggi, con qualche imbarazzo in più da parte dei celtoromanofoni, che avrebbero dovuto confrontarsi con veri celtofoni sul proprio stesso territorio. Sarebbe stato allora più facile di quanto risulti oggi introdurre le distinzioni cui accennavo a proposito della Celtic League.

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2) Se non ci fosse stata la geopoliticamente formidabile ma glottologicamente micidiale combinazione di tradizione politica romana, sovrastruttura temporale sovraimposta al (= terzo risp. quarto) Cristianesimo e promozione sociale ed eccellenza militare germanica (in realtà romano-germanica) che é stata l'(Alto) Medioevo (con "se non ci fosse stata la combinazione" intendo: "se almeno uno - a scelta - dei tre costituenti fosse stato quantitativamente minore, per esempio se gli imperativi di politica internazionale fossero stati meno pressanti oppure al contrario avessero lasciato ancor meno spazio di manovra e di sviluppo"), la sopravvivenza (dovuta alla marginalità) del basco sarebbe stata affiancata, oltre che dalle isole linguistiche di cui sopra (alcune delle quali decisamente più consistenti, specialmente i Germani, i Greci e gli Arabi), da assai più vaste distese di persistenze preromane, tra le quali spiccherebbero una serie di nazioni galliche in forme analoghe ai Regni celtici insulari.

 Dato che per ipotesi ci sarebbe stata comunque una Cristianizzazione esclusivamente latinofona nel periodo in cui storicamente ha avuto luogo, penso che il nostro esperimento produrrebbe una "missione" gallica o celtica analoga a quella slava di Bisanzio; anche in questo caso lascio stare le interpretazioni (che sarebbero doverose) di politica internazionale ed equilibrio geoetnico-territoriale che dovevano ragionevolmente costituire l'essenza delle attività dei Compatroni d'Europa (e la ragione della loro altrimenti assurda persecuzione).

Il risultato bassomedioevale e moderno sarebbero nazioni celtiche continentali simili a quelle slave, interposte a nazioni neolatine e germaniche comparabili al ruolo del romeno (non posso qui insistere sul nesso tra romeno e Paleobulgari) e dell'ungherese. Confessionalmente avremmo Chiese autocefale nell'ambito della Cristianità Romana.

Dal punto di vista linguistico avremmo una situazione analoga alla nozione di Balto-Slavo: da un lato i Celti continentali, che come gli Slavi continuano un insieme di dialetti costantemente in contatto reciproco e ricchi di innovazioni, probabilmente anche sempre (o quasi sempre) coscienti della propria comune origine etnica; dall'altro i Celti insulari (oppure i soli Goideli - il ruolo del Britannico dipende non solo dai particolari di questo esperimento ucronico, ma anche da un esame minuzioso della realtà effettiva che finora non é ancora stato portato a termine), continuatori di una varietà evidentemente connessa, ma marginalizzata(si) = 'distaccàtasì prima degli altri (come nel caso del Baltico, che non si sa se sia una famiglia o due, così si discuterebbe sul Celtico insulare, che - come oggi - potrebbe apparire sia un ramo unitario poi divisosi sia invece come una coppia di rami autonomi poi avvicinatisi).

 Nella pratica, si tratterebbe della stessa distinzione (anche se con motivi diversi) che ho caldeggiato sopra per motivi solo cronologici (tra celtico antico e celtico medioevale-moderno); l'unica differenza sarebbe che, mentre nella mia proposta includo nel celtico antico anche le fasi insulari antiche, in questo caso sarebbe consigliabile tenere da un lato il celtico insulare (o almeno il gaelico), dall'altro tutto il resto. Ai fini della Celtic League sarebbe quasi come ho proposto.

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3) Estrapoliamo adesso anche lo stesso Impero Romano nelle sue manifestazioni dei secoli II a.C. - V d.C.: avevamo già considerato questa eventualità negli scenari spartacidici e vorrei solo aggiungere un criterio un po' generale per raffigurarsi il rapporto (qui mi interessa quello linguistico) tra Germani e Celti. I Germani avrebbero sempre cercato di conquistare terre, popoli e potere in area celtica e sicuramente si sarebbero ogni volta celtizzati, se non nel caso di una completa assimilazione culturale (assimilazione della cultura celtica) di tutta la Germania - che avrebbe richiesto molto tempo, probabilmente molto di più che i sette o dieci secoli occorsi ai Romani per conquistare i Germani (perché ora del X. secolo Roma - nelle forme della Chiesa di Roma - ha effettivamente e concretamente conquistato tutti i Germani, a tutti i livelli incluso quello linguistico perché i documenti medioevali relativi anche alla Scandinavia ne danno un'immagine a mala pena distinguibile da quella dei paesi romanzi), ma avrebbe potuto produrre nazioni celto-germaniche (più tardi addirittura germaniche di cultura celtica) e non più semplicemente celtiche con sangue germanico. (Un fenomeno del genere si era già in parte dato nell'età del ferro, ma non nelle proporzioni che avrebbe in questo esperimento).

Il fenicio, il greco e lo stesso latino (quando non anche l'etrusco) avrebbero avuto sulle nazioni celtiche gli stessi effetti che soprattutto il greco ha avuto sulle lingue neolatine (molto, significativo, ma mai sconvolgente).

La Cristianizzazione sarebbe stata, in queste regioni, celtica fin dall'inizio (e non prima romana e poi, dopo qualche secolo, "missione" celtica) ed é probabile che si sarebbe avuta una scissione simile a quella tra Cristianesimo romano e greco-orientale. Anche le sovrastrutture temporali sovraimposte al Cristianesimo sarebbero state parzialmente diverse, nella media dei casi, ma tutto ciò dipende più strettamente dalle specifiche evoluzioni politiche, che qui non consideriamo (mi riferisco a tutte le possibili eventualità statuali e imperiali, per esempio in stile ellenistico, che si sarebbero date in un'Europa occidentale a maggioranza celtica).

Oggi avremmo una massiccia presenza, abbastanza dominante, della Celticità in Occidente, a buon diritto paragonabile allo status della Romanità (in Europa e nel mondo).

Dal punto di vista linguistico, la situazione sarebbe come quella dell'Italico. Come il latino e le lingue osco-umbro-sabelliche hanno qualcosa in comune (e possono essere viste sia come divergenza di un'unità sia come confluenza di più varietà), ma in ogni caso le lingue romanze sono continuanti del solo latino e anzi del solo latino di Roma (nemmeno degli altri dialetti latini, detti "laziali" e sim.), così avremmo da un lato le lingue neogalliche e il loro capostipite, il gallico (o eventualmente il celtico centrale, se includiamo il britannico), dall'altro degli outsiders nell'àmbito di una celticità 'allargatà, il goidelico ed eventuali continuatori del celtiberico (certo questa sarebbe una differenza rispetto al modello 'italicò, perché l'osco-umbro-sabellico nella nostra storia non ha avuto neanche un continuante).

Messa così, non differirebbe dalla classificazione risultante al punto 3), ma in pratica le discipline di studio (anche liceali!) sarebbero come avviene oggi per, rispettivamente, le lingue romanze, il latino e l'osco-umbro: le lingue neogalliche sarebbero studiate fin dalle elementari (anzi, una di esse sarebbe la lingua-madre dello scolaro), il gallico antico verrebbe studiato alle medie (superiori), con tanto di versioni e retroversioni, letteratura, gallico ecclesiastico e medioevale, certamina gallica, riviste e centri di gallico (antico) parlato ecc.; infine, il celtico restante (in ogni caso il goidelico-gaelico) verrebbe studiato all'università, il goidelico (= antico) a Glottologia (e all'inizio del corso di Storia della Lingua Gaelica nonché a Filologia Goidelica), il gaelico (= moderno) a Lingue e Letterature Straniere Moderne (con lettori madrelingua scozzesi, irlandesi, manx, epsi ecc.).

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Bhrig: Quindi penso che la cultura insubre pre-222 a.C. fosse ancora abbastanza intatta, con una mutazione dovuta all'ingresso del latino a fianco delle lingue preromane. Latino che, comunque, sarebbe stato sostituito dal greco (se i Romani non avessero vinto a Klastidion/Casteggio) o dal fenicio (se Annibale avesse puntato su Roma): nel secondo caso perchè gli Insubri sarebbero diventati cittadini cartaginesi, nel primo perchè il greco era la lingua che sarebbe comunque "passata" come lingua franca tra i Galli, sia per il prestigio, sia per i contatti frequenti con le colonie (le dracme massaliote trovate a Ozzero ne sono un ulteriore riprova, o no? La dracma era o non era moneta corrente in vaste aree della Gallia?). Quindi, la cultura insubre era comunque destinata a essere "filtrata" da un'altra cultura più "permeante". A mio parere, senza "mutare": solo trasformandosi.

*Bhrg'howidhHô(n-): quanto al piano prettamente ucronico del nostro discorso, Bhrig propone tre questioni: destino degli Insubri in un Impero Cartaginese; ruolo del greco in Gallia; rapporto tra cultura greca e insubrica. Esaminiamole una per una.

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Destino degli Insubri in un Impero Cartaginese: nella speranza di attenermi a un'impostazione generale (ossia che possa mantenersi abbastanza inalterata anche se si mutassero una serie di coordinate specifiche non pertinenti al tema qui discusso ma pur sempre influenti sul complesso delle vicende: popolazione, andamento dell'economia, calamità naturali ecc.) proporrei un omologo dei quattro scenarî di cui si è parlato sopra, quindi:

1) stesso destino che nell'Impero Romano, ma con sostituzione linguistica da parte del (neo)fenicio anziché del latino e sviluppo di varietà celtopuniche anziché celtoromanze;

2) senza i ripopolamenti dell'età dei disboscamenti (nella nostra storia, XI-XIV secolo): sopravvivenze di sparse isole linguistiche prepuniche (o alloglotte di altro tipo) a livello comunale o di comunità montana;

3) senza il sistema di Regni fenicio-germanici ruotanti (alla fine) intorno alla Chiesa Cattolica Apostolica Cartaginese: varî Regni celtici continentali (insieme a Principati neofenici e germanici) con Chiese autocefale nell'àmbito della Cristianità occidentale (Cartaginese);

4) senza l'Impero Cartaginese nelle sue forme post-annibaliche: evoluzione generalizzata e ininterrotta della Celticità in Europa occidentale.

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Ruolo del greco in Gallia: come lingua, era quella del commercio internazionale, quindi come nell'Italia preromana (e romana); come non ha influito sulle sorti del latino (se non come adstrato e nelle isole di sostrato), così non avrebbe influito su quelle del gallico (perlomeno le condizioni storiche del greco in Gallia non sarebbero bastate).

 Ben altro é il ruolo della scrittura, ma da un lato anche l'etrusco e il latino avevano alfabeti di origine greca (senza che Etruschi e Latini abbiano finito per adottare il greco come lingua) e dall'altro in Gallia (meridionale) si usava anche l'alfabeto nordetrusco di Lugano o leponzio e i Druidi lo preferivano (quando proprio erano costretti alla scrittura in contesti di tipo non assimilabile all'ogamico). Comunque ammettiamo anche che il greco prevalesse come alfabeto, come tra gli Elvezî; bisognerebbe aggiungere ancora parecchio per arrivare all'adozione della lingua greca.

 Se poi questa fosse avvenuta - se quindi avesse avuto luogo una sostituzione linguistica - sarei triste quasi come oggi, perché le lingue celtogreche sarebbero, come le attuali celtoromanze, troppo diverse dalle vere celtiche per poterne compensare la perdita. (Ovviamente non mi auguro che non fosse mai nato il milanese, ma solo che, accanto ad esso, non fosse mai morto l'insubrico, che ne era ben diverso.) Dico "quasi come oggi" perché comunque il greco non é così sconcertantemente diverso dal tipo indoeuropeo quanto lo é il latino.

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Rapporto tra cultura greca e insubrica. Certo, qui cambia la situazione.

In ogni ucronia proinsubrica mi augurerei la completa assimilazione della cultura greca (e della religione giudaico-cristiana) da parte degli Insubri (perché considererei entrambe vantaggiose per lo sviluppo storico della comunità insubrica). La fine linguistica é tale solo se viene abbandonata la lingua; gli Ebrei dimostrano che é possibile non abbandonarla nemmeno quando l'ambiente circostante offre alternative molto vantaggiose (a parte qualunque altra considerazione sulle straordinarie opportunità maturate e sfruttate in seno alla comunità ebraica, credo che basti considerare quali perdite per l'umanità intera, non solo per gli Ebrei, avrebbe comportato l'abbandono completo - invece che semicompleto - dell'ebraico all'epoca dell'adozione dell'aramaico o eventualmente del greco o dell'elaborazione del giudeo-romanzo o dello yiddish).

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C'è poi questa questione proposta da Andrea:

Sarebbe stato possibile, se i romano-britannici fossero stati più forti, imporre la loro lingua  come è successo in Francia, modificando solo la fonologia con forte impronta inglese?

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*Bhrg'hówidhHô(n-) gli risponde:

La condizione necessaria sarebbe stata la continuità religiosa dalla fase romana; a quel punto la romanizzazione avrebbe continuato a percorrere le tappe che ha attraversato anche sul Continente e i Germani si sarebbero, se convertiti, assimilati, altrimenti sarebbero rimasti in isolamento e alla fine si sarebbero estinti come comunità.

Da tenere presente che la romanizzazione avrebbe dovuto interessare anche la lingua all'epoca dominante sul posto, il britannico; il latino era solo lingua alta di minoranza (così come lo è stato in sèguito per un po' l'anglosassone).

Capovolgerei invece il ruolo della fonologia: quella inglese è germanica ma con interferenza celtica, quindi la prospettiva ucronica sarebbe, al contrario, di una lingua romanza con interferenza (fonologica, anche se ancor di più lessicale e onomastica) celtica e germanica, ossia come il francese.

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Andrea aggiunge:

Tipo brithenig, ma più esteso? (Il brithenig è una lingua romanza costruita sulle modificazioni fonologiche del gallese, con alcune parole dall'inglese)

Ma la mutazione da aust a east, è dovuta all'influsso celtico? Comunque questa lingua romanza avrebbe le mutazioni consonantiche, tipo VmV à VfV ; VdV àVdhV o VthV ?

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Il grande *Bhrg'hówidhHô(n-) replica:

Non conoscevo il brithenig; sì, il paragone è molto calzante, con la differenza che il ruolo della fonologia germanica - per quanto di superstrato e non di sostrato - sarebbe forse un po' più forte che in brithenig (sarebbe appunto come in francese).

Il mutamento */au/ > /ēa/ ha come momento intermedio */æo/ ed è un corollario di */a/ > /æ/; sull'origine di quest'ultimo mutamento si discute interminabilmente: in effetti, tra tutte le lingue germaniche, è tipico dell'unica - l'inglese - che abbia avuto un sostrato celtico e un mutamento abbastanza simile si ritrova in francese e in altre lingue romanze a sostrato celtico. L'areale geolinguistico suggerisce quindi un'origine celtica, ma il problema è che invece le lingue celtiche sopravvissute non presentano alcuna traccia di un mutamento del genere.

Le lenizioni sono di fatto avvenute nelle lingue romanze a sostrato celtico e stavolta si tratta di fenomeni evidenti e pienamente sviluppati in tutte le lingue celtiche storiche (il problema in questo caso è che non sono perspicui in gallico e in generale in celtico antico). L'esito /θ/ (scritto <th>) è gaelico (e riflette una antica */t/ intervocalica), l'esito /d/ (scritto <d>) è britannico (e riflette anch'esso una antica */t/), l'esito /δ/ (scritto <dd>) è ugualmente britannico (e riflette invece, questo sì, un'antica */d/ intervocalica); in irlandese moderno <dh> indica anch'esso /δ/ (sempre da */d/ antica). Le lingue romanze a sostrato celtico tendono a coincidere col britannico (solo il fiorentino - senza nesso di causalità - è più simile al gaelico). La lenizione che manca nelle lingue romanze è invece quella della nasale intervocalica */m/.

Il britannico orientale non era significativamente diverso da quello occidentale, perché la divisione era per tribù (non è che quelle orientali costituissero un blocco e quelle occidentali un altro), casomai i Belgi (di Sud-Ovest) si differenziavano leggermente, ma ciò che è sopravvissuto storicamente (gallese e cornico-bretone, con l'aggiunta del cumbrico a Nord e dei relitti britannici nello Strathclyde in Scozia) mostra un britannico unitario nel trattamento dei dittonghi all'epoca dell'arrivo degli Anglosassoni e un mutamento di /au/ in /ea/ manca del tutto...

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E ora, la bella idea di Lord Wilmore:

Più volte ci siamo chiesti quale stato potesse dirsi nei secoli erede legittimo dell'antico Impero Romano. Le risposte sono state molte: il Sacro Romano Impero, e quindi l'Impero Austro-Ungarico, in Occidente; l'Impero Bizantino, e quindi l'Impero Russo e poi la Federazione Russa, oppure l'Impero Ottomano e poi il Regno di Grecia, in Oriente. Ma sarebbe possibile che l'erede diretto dell'Impero di Augusto e Traiano fosse... l'Impero Britannico? Come riuscirci? Credo attraverso la sopravvivenza dell'Impero delle Gallie. Per questo vi propongo la...

Successione ininterrotta degli Imperatori Romani di Britannia
dalla nascita dell'Impero delle Gallie ad oggi

Imperatori delle Gallie
Postumo (260-268), approfittò del malgoverno dell'imperatore Gallieno e si proclamò primo Imperatore delle Gallie, ponendo la capitale a Colonia. Fu assassinato dalle sue truppe cui aveva proibito di saccheggiare Magonza.
Vittorino (268-271), generale di Postumo, fu acclamato imperatore dalle sue truppe ma perse il controllo della Spagna. Fu assassinato da un sottoposto.
Tetrico I (271-284), governatore dell'Aquitania, fu scelto da Vitruvia, madre di Vittorino, come successore. Il 1° marzo 274 fu sconfitto da Aureliano nella Battaglia di Chalons e dovette rifugiarsi in Britannia. Le Gallie furono riconquistate da Aureliano, mentre la Britannia resistette ai tentativi di riassorbimento e si mantenne indipendente.

Imperatori di Britannia non dinastici del III e IV secolo
Tetrico II (284-293), figlio di Tetrico I e co-imperatore dal 273. Stabilì la capitale a Londinium, vi insediò il Senato e assunse il nuovo titolo di Imperatore di Britannia. I suoi sudditi celti gli riconobbero il titolo di Riotamo ("Re supremo"). Morì in battaglia contro i Pitti della Caledonia.
Carausio (293-305), generale e braccio destro di Tetrico II, fu designato da questi come suo successore in punto di morte. Respinse un'invasione della Britannia da parte di Costanzo Cloro, ma fu assassinato dal suo tesoriere Allecto, che ne usurpò il trono.
Allecto (305), fu sconfitto e ucciso da Giulio Asclepiodoto, generale inviato in Britannia da Costanzo Cloro.
Asclepiodoto (305-315), dopo aver eliminato l'usurpatore Allecto tradì Costanzo Cloro e si proclamò a sua volta Imperatore di Britannia. Sotto il suo regno fu martirizzato Sant'Albano, apostolo dei Britanni.
San Cornelio I il Vecchio (315-353), meglio noto con il nome celtico di Coel Hen. Primo Imperatore di origini britanno-romane, secondo la leggenda Sant'Albano gli aveva predetto la porpora imperiale in caso di conversione al cristianesimo. Essendosi fatto battezzare, sconfisse e uccise il pagano Asclepiodoto e suo figlio nella Battaglia di Camulodunum (HL Colchester). Sconfisse anche Vipoig, Re pagano dei Pitti. Venne santificato e rimase nell'immaginario collettivo come archetipo del sovrano giusto, pio e misericordioso.
Flavio Magnenzio (353-358), generale romano, dopo aver tentato inutilmente di usurpare il trono di Costanzo II sul continente, fuggì in Britannia dove, alla morte di Cornelio, riuscì ad usurpare i diritti di suo figlio Ottavio, costringendolo alla fuga in Gallia. Dopo cinque anni Ottavio tornò in Britannia con l'appoggio di Costanzo II e recuperò il trono di suo padre. Flavio Magnenzio, sconfitto, si suicidò.
Ottavio il Vecchio (358-383), figlio di Cornelio, noto anche con il nome celtico di Eydaf Hen. Fece ricostruire il Vallo di Adriano ed iniziò l'opera di profonda romanizzazione della Britannia, che fin qui era stata piuttosto superficiale. Morì a Lindum Colonia (HL Lincoln).

Dinastia costantiniana
Magno Massimo (383-398), noto anche con il nome celtico di Macsen Wledig, sposò l'unica figlia di Ottavio e gli succedette sul trono. Fu il primo a dover arginare le scorrerie dei Sassoni in Britannia.
Flavio Vittore (398-411), figlio di Magno Massimo, tentò inutilmente la riconquista delle Gallie. Fu assassinato dal luogotenente Graziano, che intendeva usurparne il trono.
Costantino I (411-439), cugino di Flavio Vittore, eliminò Graziano e fu acclamato nuovo imperatore di Britannia. Nominò San Germano di Auxerre primo Arcivescovo di Canterbury, nomina poi ratificata da Papa Celestino I. Nel 429 sconfisse le forze alleate di Pitti e Angli nella cosiddetta Battaglia dell'Alleluia (questa invocazione era stata usata come grido di battaglia).
Costante (439-441), figlio di Costantino, fu sconfitto e ucciso dall'usurpatore Vortigerno.
Vortigerno (441-454), in celtico Gwrtheyrn ("capo supremo", il suo vero nome non ci è stato tramandato), capo britanno che per battere Costante ed usurparne il trono chiamò mercenari Sassoni sull'isola, dando inizio alla penetrazione di tale popolo germanico in Britannia. La storiografia britanna lo descrive come un vero e proprio despota.
Ambrosio Aureliano (454-480), figlio di Costantino e fratello di Costante, fuggì in Gallia dopo l'assassinio di quest'ultimo, ma tornò in patria con un contingente di mercenari e sconfisse Vortigerno, che morì bruciato vivo nell'incendio del suo palazzo. Regnò in un'epoca caratterizzata dalla crescente potenza dei regni romano-barbarici e dall'eclisse dell'ormai morente Impero Romano d'Occidente, ridotto alla sola Italia. Adottò come figlio Romolo Augusto, figlio del Magister Militum Oreste ed ultimo sovrano dell'Impero Romano d'Occidente, che si era rifugiato in Britannia dopo essere sfuggito alla guardia di Odoacre re degli Sciri. Nel 480 affrontò i Sassoni guidati dal loro re Ælle nella leggendaria Battaglia di Mount Badon, nella quale, pur vittorioso, trovò la morte insieme al re avversario. Con questo successo Ambrosio Aureliano impedì di fatto la conquista anglosassone della Britannia.
Romolo (480-503), figlio adottivo di Ambrosio Aureliano, assunse il nome celtico di Pendragon ("Testa di Drago"). In seguito le saghe gli attribuirono il nome di Uter (dal celtico Uthyr, "Terribile"). Ebbe come consigliere Myrddin Emreys, sciamano celtico cristianizzato il cui nome fu latinizzato in Merlino Ambrosio, e che ebbe la fama di uomo dottissimo e di potente mago. Morì in una congiura di palazzo.
Artorio I (503-547), figlio di Romolo e della regina Igraine, secondo la leggenda ottenne il regno dopo aver estratto da una roccia la spada di suo padre. Il suo nome in lingua britanna, Arthwr, significa "Orso". Sconfisse ripetutamente in battaglia il Re dei Pitti Drest III e compì due campagne militari sul continente cercando di approfittare delle divisioni tra gli eredi del re dei Franchi Clodoveo, ma le sue conquiste in terra di Francia non gli sopravvissero, eccezion fatta per la cosiddetta "Piccola Bretagna". Si attribuì il titolo di Imperatore Romano d'Occidente, senza ricevere alcun riconoscimento da Bisanzio. Sposò la principessa irlandese Gwenhwyfar, il cui nome fu latinizzato in Ginevra, ma l'imperatrice gli fu infedele e per questo fu rinchiusa nella torre di un castello in Cornovaglia. Artorio I subì la ribellione del figlio illegittimo Meridio (HL Mordred), in conseguenza della quale padre e figlio caddero entrambi nella Battaglia di Camlann (HL Camelford). Artorio (chiamato Artù da Dante Alighieri) passò alla storia come l'ottimo imperatore di Britannia per antonomasia, e la sua figura mitizzata divenne la protagonista del cosiddetto "Ciclo Britanno", popolarissimo nel Basso Medioevo.
Mario (547-560), nome celtico Amhar, primogenito di Artorio e di Ginevra, succedette al padre ma fu sconfitto e ucciso dal sovrano sassone Cynric Cerdicing e da suo figlio Ceawlin nella battaglia di Beranburh (HL Barbury Camp). Non avendo avuto figli, con lui si concluse la dinastia costantiniana.

Dinastia Cambrica
Romano l'Alto (560-581), nome celtico Rhun Hir, discendente di Cunetacio (Cunedda), capo della legione a difesa del Vallo Adriano per conto di Magno Massimo, e di Gaia (Gwawl), figlia di Cornelio il Vecchio (Coel Hen). Governatore della Cambria (HL Galles) del Nord, fu eletto imperatore dal Senato alla morte di Mario figlio di Artorio. Sotto il suo regno San Columba di Iona, da lui inviato, predicò il cristianesimo in Caledonia.
Belisario il Pacifico (581-599), nome celtico Beli Heddychol, ebbe un regno ventennale che coincise con un periodo di relativa pace e stabilità, anche se i Sassoni, stanziati nel sudest dell'isola, non avevano rinunciato alla speranza di impadronirsi di Londinium. Al suo regno risale la cosiddetta Pietra di Tintagel, un'iscrizione che rappresenta la prima testimonianza scritta del Britanno o Britoromanzo, la lingua evolutasi dal latino con pesanti influssi celtici, destinata a diventare lingua ufficiale dell'Impero.
Iacopo il Vittorioso (599-613), nome celtico Iago I Buddugol, figlio di Belisario, appena salito al trono fu costretto ad affrontare l'ultimo tentativo degli invasori anglosassoni di abbattere l'Impero di Britannia. Il 1° luglio dell'anno 600 affrontò il re sassone Pybba nella Battaglia di Catraeth (HL Catterick), che si risolse in una completa disfatta per gli invasori germanici: il re e suo figlio Penda caddero nello scontro insieme alla maggioranza dei loro uomini, e gli Anglosassoni superstiti furono costretti a sottomettersi ad Iacopo, ad accettare il modo di vita romano e a convertirsi a cattolicesimo. Questa religione fu predicata ai Sassoni da Sant'Agostino di Canterbury, inviato a questo scopo in Britannia da Papa Gregorio I Magno. La vittoria fu cantata da Annio (Aneirin), bardo e poeta di corte di Iacopo I, nel poema epico in esametri "I Britanni" (HL Y Gododdin), una delle più grandi opere della letteratura medioevale britanna.
Caio (613-625), nome celtico Cadfan ap Iago, figlio di Iacopo, è considerato un sovrano saggio e giusto, noto per la sua abilità nel mantenere la legge e la pace durante un periodo molto tumultuoso della storia britanna. La sua pietra tombale, che si trova in una chiesa sull'isola di Mona (HL Anglesey), recita: « Caius Augustus sapientisimus opinatisimus omnium imperatorum » ("Caio Augusto, il più saggio e rinomato tra tutti gli imperatori").
Gabriele (625-634), nome celtico Cadwallon ap Cadfan, si alleò con il Re dei Pitti Cinioc figlio di Luthrin per respingere il tentativo di invasione della Britannia messo in atto dal sovrano merovingio Dagoberto I, che aveva riunificato nelle sue mani l'intero regno dei Franchi e puntava al titolo imperiale. Il sovrano franco cadde a soli 29 anni nella battaglia di Donum Castrum (HL Hatfield Chase) il 12 ottobre 632. Gabriele rimase ferito a sua volta durante la battaglia e morì a sua volta due anni dopo per le conseguenze di quella ferita. Beda il Venerabile lo descrive come un uomo sanguinario e rapace.
Raffaele l'Evita battaglie (634-655), nome celtico Cadafael Cadomedd, non era di sangue reale, ma approfittando della morte prematura di Gabriele prese il potere usurpando i diritti del figlio ancora fanciullo del defunto re, Graziano. Raffaele si alleò con il Re dei Pitti Talorc II contro le truppe di Penda, generale che sosteneva i diritti di Graziano, ma arrivò in ritardo sul campo di battaglia di Loidis (HL Winwaed), dove le armate di Talorc II furono sconfitte. Secondo più di uno egli evitò appositamente la scontro per eliminare il pericoloso re dei Pitti, e così da questo episodio gli derivò il soprannome di "Evita battaglie". Dopo un regno molto impopolare fu rimpiazzato e fatto uccidere da Graziano.
San Graziano il Benedetto (655-682), nome celtico Cadwaladr Fendigaid, figlio di Gabriele, passò alla storia come uno dei più grandi imperatori di Britannia. Sconfisse in successione i Pitti, i pirati irlandesi che compivano razzie sulle coste della Cambria e della Dumnonia, ed infine i Merovingi, che tentavano di annettere la Piccola Bretagna: per questo condusse una vittoriosa campagna sul continente. Si guadagnò la fama di uomo pio e devoto, che fece molte donazioni alla Chiesa britanna, e per questo fu canonizzato dopo la sua morte. Morì di peste, compianto da tutto il popolo.
Giovanni il Capriolo (682-722), nome celtico Idwal Iwrch, ricevette questo soprannome per le sue doti atletiche (ma secondo alcuni per la sua bassa statura). Alla sua corte lavorò San Beda il Venerabile, uno degli uomini più colti ed eclettici della storia britanna, proclamato Dottore della Chiesa nel 1899. Idwal fece pace con i Pitti e con il Trattato di Eburacum (HL York) fissò i confini tra l'Impero di Britannia e il loro regno.
Rufo I il Calvo (722-754), nome celtico Rhodri Molwynog, instaurò relazioni pacifiche con i Franchi, che non avevano mai nascosto le loro mie sulla Britannia e sul titolo imperiale, e sposò Bertrada, figlia del re dei Franchi Teodorico III. Stabilì che il Britanno, nuova lingua romanza evolutasi dal latino e parlata ormai dalla maggioranza della popolazione dell'Impero, diventasse coufficiale e tutti i documenti ufficiali fossero redatti anche in questo idioma. Da lui in poi gli imperatori di Britannia furono sepolti nell'abbazia di Glastonbury.
Grato (754-798), nome celtico Caradog ap Meirion, lontano cugino di Rufo I, alla morte di questi fu indicato dal Senato come reggente di suo figlio Quinzio, ritenuto troppo giovane e inesperto per regnare, ma ne usurpò i diritti e si proclamò nuovo imperatore. Egli dedicò il suo lungo regno alle riforme interne e al rafforzamento delle istituzioni imperiali. Riconobbe Pipino il Breve come nuovo re dei Franchi dopo il colpo di mano con cui egli depose la dinastia merovingia, ed ebbe relazioni cordiali con Carlo Magno. Nel 793 ebbe luogo la prima scorreria dei Vichinghi sulle coste della Britannia.
Quinzio I (798-816), nome celtico Cynan Dindaethwy (era nato nel Dindaethwy, una regione della Cambria), figlio legittimo di Rufo I il Calvo, salì al trono dopo la morte di Grato, ma subito scoppiò una guerra civile con Giulio, figlio di quest'ultimo, che indebolì l'impero. Carlo Magno ne approfittò subito per conquistare la Piccola Bretagna. Quinzio ebbe la meglio e Giulio fuggì sul continente, sotto la protezione di Carlo Magno. Quando questi fu incoronato Sacro Romano Imperatore, Quinzio rifiutò di riconoscere il suo titolo, ritenendosi l'unico legittimo erede dell'Impero Romano d'Occidente. Il suo regno fu caratterizzato da una lunga serie di disastri: nell'810 una peste bovina sterminò il bestiame dell'impero, e un incendio provocato da un fulmine devastò la capitale Londra, mentre le incursioni vichinghe continuavano sempre più frequenti. Ebbe solo una figlia, Ersilia (nome celtico Esyllt), e così alla sua morte il Senato richiamò in patria Giulio figlio di Grato e lo riconobbe imperatore.
Giulio I (814-825), nome celtico Hywel Farf-Fehinog, riconobbe ufficialmente il titolo imperiale di Ludovico I il Pio, figlio di Carlo Magno, alla cui corte era cresciuto in esilio. Fu deposto dal Senato per l'incapacità di far fronte agli attacchi vichinghi e perchè considerato un vassallo dei Franchi, che miravano ad inglobare la Britannia nel Sacro Romano Impero con la scusa di proteggerla dagli attacchi degli Uomini del Nord.
Marciano il Lentigginoso (825-844), nome celtico Merfyn Frych, figlio di Ersilia (figlia di Quinzio I) e del signore dell'isola di Man (dove Marciano era nato), ottenne la porpora imperiale dal Senato dopo la deposizione di Giulio I. Passò alla storia come patrono delle arti e delle lettere: egli incaricò il monaco gallese Nennio di scrivere l'"Historia Brittonum", grande compendio in latino della storia dei Britanni dalle loro origini mitiche (secondo Nennio i Britanni, come i Romani, discenderebbero dai Troiani) sino alla sua epoca, una storia a tratti romanzata. Purtroppo sotto il suo regno si intensificarono le scorrerie dei Vichinghi: vere e proprie ondate di coloni danesi si stanziarono sulle coste del Mare del Nord, mentre nel nord cresceva anche la minaccia rappresentata dai Pitti.
Rufo II lo Sfortunato (844-845), nome celtico Rhodri Anffodus, succedette al padre Marciano ma, approfittando della giovane età e dell'inesperienza del nuovo sovrano, il Re dei Pitti e degli Scoti Cináed Mac Ailpín, dopo aver unificato la Caledonia, invase la Britannia, sconfisse e uccise Rufo II nella Battaglia di Bangolau e si proclamò Imperatore di Britannia e di Caledonia, iniziando una nuova dinastia.

Dinastia Caledoniana
Quinzio II il Conquistatore (845-858), nome caledone Cináed mac Ailpín An Ferbasach (HL Kenneth MacAlpin), dall'834 re del regno gaelico di lingua goidelica di Dál Riata o Dalriada, esteso a parte delle coste della Scozia e dell'Irlanda settentrionale, nell'844 distrusse il Regno dei Pitti, assumendone la corona e creando il nuovo regno di Caledonia. Nell'845 sconfisse e uccise anche l'imperatore britanno Rufo II lo Sfortunato e costrinse il Senato di Londra a riconoscerlo imperatore, creando una nuova grande potenza estesa all'intera Gran Bretagna, eccezion fatta per le regioni in cui si erano insediati i Danesi. Per farsi accettare dai suoi nuovi sudditi britanni adottò un nome romano e i costumi romano-britanni dell'Impero, sforzandosi di romanizzare quanto più possibile anche la Caledonia. Venne a patti con i Danesi e riconobbe la loro signoria sulla cosiddetta Dania (HL Danelaw, in brtitanno Danelagh), la terra da essi occupata nel centro dell'isola. Morì di cancro nel suo letto e gli succedette il fratello Domnall, cui aveva dato il nome romano di Donato, mentre aveva battezzato suo figlio Costantino.
Donato I (858-862), nome caledone Domnall mac Ailpín (HL Donald MacAlpin), fratello di Quinzio II, ebbe fama di imperatore guerriero, e dedicò l'intera durata del suo regno alle guerre contro i signorotti Britanni e Pitti con volevano riconoscere la supremazia caledone. Tuttavia fu anche un abile diplomatico e cercò di mantenere la pace con i vicini Danesi. Riordinò anche il diritto romano, pubblicando un codice di leggi compatibile con le tradizioni scozzesi. Con lui il gaelico scozzese, lingua celtica del gruppo goidelico, divenne coufficiale dell'Impero con il latino e il britoromanzo. Non risultano né mogli né figli di Donato I. Morì in circostanze poco chiare e gli succedette il nipote Costantino.
Costantino II Vino Abbondante (862-877), nome caledone Causantín mac Cináeda An Finn-Shoichleach, figlio di Quinzio II, il suo regno coincise con il periodo di massima aggressività dei Vichinghi contro le isole britanniche, ed egli trascorse l'intera vita a respingere un'invasione vichinga dopo l'altra. Nell'865 la Britannia venne invasa da una grande armata danese, che sbarcò in Maxima Caesariensis, conquistando e devastando ogni territorio, e l'anno successivo fu la Scozia stessa ad esere invasa dal capo vichingo Amlaíb Conung, che la invase tra gennaio e marzo 866. Costantino dapprima faticò a respingere l'invasione, ma riuscì col tempo a riguadagnare terreno uccidendo lo stesso Amlaíb in battaglia. Deciso a stroncare le ultime resistenze dei banditi Pitti, alleatisi con i Vichinghi, cadde in un'imboscata presso Inverdovat nel Fife e restò ucciso.
Ugo il Piede Alato (877-878), nome caledone Áed mac Cináeda Casan Sgiathach, fratello di Costantino II, gli succedette sul trono dopo la sua inaspettata uccisione, ma non tutti i governatori delle province dell'impero ne riconobbero l'autorità. Dopo pochi mesi si scontrò in battaglia coi suoi avversari presso Strathallan e venne sconfitto. Gravemente ferito, morì poco tempo dopo.
Gregorio il Grande, il Figlio della Fortuna (878-889), nome caledone Giric mac Dúngail Mac Rath, figlio adottivo di Ugo, fu costretto ad affrontare in battaglia Donato figlio di Costantino II, che reclamava il trono payerna. Approfittando della guerra civile tra i due contendenti che aveva sconvolto l'impero, i Danesi comandanti da re Guthrum tentarono la conquista di tutta l'isola, ma Gregorio li affrontò nella Battaglia di Ethandun ed inflisse loro una sconfitta storica, fermandone per sempre l'avanzata verso ovest. Con il Trattato di Wedmore, Guthrum fu costretto a riconoscersi vassallo dell'Impero e a convertirsi al cristianesimo; per questo Gregorio ebbe il titolo di Grande. Fu un imperatore molto devoto e costruì numerose chiese ed abbazie. Secondo le leggende celtiche, il suo impero sarebbe stato annunciato da antiche profezie. Le circostanze della sua caduta sono oscure: secondo alcuni storici, morì assassinato da sicari pagati da Donato II.
Donato II il Pazzo (889-900), nome caledone Domnall mac Causantín Dásachtach, figlio di Costantino I, alla morte di Gregorio il Grande sconfisse suo figlio Achille (nome celtico Eochaid), lo esiliò in terra di Francia e si prese il trono che considerava suo di diritto. Passò alla storia come un imperatore particolarmente bellicoso e violento, come testimonia il suo soprannome: dovette affrontare numerose guerre contro i Vichinghi, in piena fase di colonizzazione della Britannia. Riuscì a fatica a sconfiggerli in battaglia presso Innisibsolian, ma le isole più esterne (Ebridi, Orcadi e Shetland) andarono perdute a vantaggio degli invasori venuti dal Nord. Anche sulle circostanze della sua morte non c'è certezza: secondo alcuni per per un malore improvviso, per altri fu ucciso a tradimento dai Vichinghi.
Costantino III il Mezza Età (900-943), nome caledone Causantín mac Áeda An Midhaise, figlio di Ugo il Piede Alato, ebbe un regno lunghissimo caratterizzato da un'alternanza tra periodi di pace ed episodi biblici. Nel 937 egli si alleò con suo genero Olaf Guthfrithsson, sovrano normanno ma celtizzato dell'Irlanda, ed inflisse una sonora sconfitta alle truppe danesi del Re Gorm il Vecchio nella Battaglia di Brunanburh. In età avanzata decise di abdicare a favore di Malco, figlio di Donato II, e si ritirò in un convento, dove morì nel 952.
Malco I il Pericoloso Rosso (943-954), nome caledone Máel Coluim mac Domnaill An Bodhbhdercc (HL Malcolm), figlio di Donato II. Nel 948 non poté impedire che il Re di Norvegia Erik I Ascia Insanguinata conquistasse Eburacum (York). Fu ucciso da una fronda dell'alta nobiltà.
Oliviero l'Aggressore (954-962), nome caledone Ildulb mac Causantín An Ionsaighthigh, figlio di Costantino III. In onore di suo figlio Adriano, in celtico Eidyn, caduto in battaglia contro i Norvegesi, fece costruire la città di Adriocastro (HL Edimburgo), nuova capitale della Caledonia. Anche Oliviero morì in battaglia contro i Vichinghi e gli succedette il fratello Nerone.
Nerone il Veemente (962-967), nome caledone Dub mac Maíl Choluim, figlio di Malco I, ebbe questo soprannome per la forza con cui combatté i Norvegesi. Il Movimento di Riforma Monastica che aveva ristabilito le regole di San Benedetto nelle comunità indisciplinate dell'Inghilterra, conobbe un grande splendore sotto il suo impero. Morì a Winchester per cause ignote.
Cornelio II il Bianco (967-971), nome caledone Cuilén mac Ilduilb An Fionn, figlio di Oliviero, succedette a Nerone il Veemente, secondo alcuni dopo averlo fatto assassinare. Fece compilare gli "Annales Britanniae", il cui autore è rimasto anonimo (forse sono frutto di un lavoro a più mani). Secondo la tradizione fu assassinato insieme al fratello Ugo da un nobile a cui aveva stuprato la figlia.
Quinzio III il Grande (971-995), nome caledone Cináed mac Maíl Choluim An Fionnghalach, figlio di Malco I, fu un uomo molto colto, incoraggiò l'alfabetizzazione e migliorò il sistema legislativo statale tramite la realizzazione di un codice normativo; per questo motivo fu detto « il Giustiniano britanno ». Fece tradurre in lingua britanna molte opere della letteratura latina, da Virgilio a Sant'Agostino. Secondo lo storico Adamo da Brema, sotto il suo regno il futuro re di Danimarca Sweyn I Barbaforcuta trovò esilio in Britannia, ma Quinzio III dovette trascorrere buona parte del suo regno a difendere il suo impero dagli attacchi dei Norvegesi. L'Historia Imperatorum Britanniae dice che fu ucciso con l'inganno dal suo seguito, forse per vendetta.
San Costantino IV il Giovane (995-997), nome caledone Causantín mac Cuiléin An Òigridh, figlio di Cornelio II, regnò per soli 18 mesi ma consolidò l'impero e cercò di integrare in esso i Norreni del Danelaw. Molto pio, ottenne da Papa che l'Arcivescovo di Londinium San Dunstano ricevesse il titolo di Patriarca di Britannia. La sua incoronazione servì da esempio per tutte le successive cerimonie di intronizzazione britanne. Fu ucciso da Quinzio, figlio di Nerone, e successivamente canonizzato come Martire.
Quinzio IV lo Sconsiderato (997-1005), nome caledone Cináed mac Duib An Donn, figlio di Nerone, quando salì al trono, una violenta carestia stava sconvolgendo il regno e continui attacchi venivano operati contro i monasteri da parte dei nobili che avevano ricevuto i loro titoli dai suoi predecessori. Alcuni di questi monasteri vennero distrutti, e i monaci costretti a fuggire; il Re non fece nulla per difenderli. Oltre a ciò, mal condigliato dai suoi ministri, ordinò il massacro dei Danesi che vivevano in Inghilterra il 13 novembre 1002, come descritto nelle cronache di Giovanni di Wallingford. Sweyn I Barbaforcuta iniziò allora una serie di campagne per conquistare la Britannia e vendicare i suoi connazionali.
Malco II il Distruttore (1005-1016), nome caledone Máel Coluim mac Cináeda Forranach, figlio di Quinzio IV, si alleò con il re irlandese Brian Boru contro gli assalti dei Vichinghi, e i due sovrani coalizzati riuscirono a sconfiggere Sigurd il Forte, signore delle isole Orcadi, nella Battaglia di Clontarf del 23 aprile 1014, anche se in essa Brian Boru cadde ucciso (per gli Irlandesi è uno dei principali eroi nazionali). Malco II riuscì a fatica a respingere Sweyn I di Danimarca, ma nulla poté contro suo figlio Knud, in latino Canuto, che invase la Britannia con tutte le sue forze per vendicare i massacri di Quinzio IV. Il 18 ottobre 1016 Malco II fu sconfitto e ucciso nella battaglia di Assandun (HL Ashdon), e Canuto, che era di religione cristiana, si proclamò nuovo imperatore di Britannia.

Dinastia Danese
Canuto I il Grande (1016-1035), Re di Danimarca e figlio di Sweyn I Barbaforcuta, dopo aver conquistato l'Impero di Britannia, assorbì anche i regni delle Ebridi e delle Orcadi, e nel 1028 conquistò anche la Norvegia con una flotta di cinquanta navi partite dalla Britannia. Creò così una grande potenza nel Mare del Nord e fu tra i più grandi sovrani Vichinghi di tutti i tempi. Amico e alleato dell'imperatore di Germania Corrado II il Salico, diede sua figlia Gunilde in sposa a Enrico III, figlio di Corrado II. Pur essendo straniero, diede alla Britannia due decenni di governo solido ed efficiente. Morì il 12 novembre 1035 a Shaftesbury e fu sepolto nella Cattedrale di Londinium.
Aroldo Piede di Lepre (1035-1040), figlio illegittimo di Canuto I il Grande e della principessa britanna Donata, figlia di Malco II, alla morte del padre fu legittimato e gli succedette nel titolo imperiale di Britannia perchè il fratellastro Canuto II, Re di Danimarca, era trattenuto in patria, assediato dal nuovo re Magnus I di Norvegia e da re Anund Jacob di Svezia. A regnare in effetti sulla Britannia fu sua madre Donata; morì improvvisamente a soli 24 anni il 17 marzo 1040, proprio quando Canuto II si apprestava ad invadere la Britannia per rivendicare il trono paterno.
Canuto II l'Ardito (1040-1042), figlio di Canuto I il Grande e di Emma di Normandia, perse il regno di Norvegia, che andò a Magnus I, ma conservò il regno di Danimarca e l'impero di Britannia. Tuttavia, strana coincidenza, anch'egli morì improvvisamente a soli 24 anni; Magnus I prese possesso del regno di Danimarca, mentre nuovo imperatore di Britannia fu incoronato il fratellastro Donato III, appartenente alla casa reale di Quinzio II.

Dinastia Caledoniana (restaurata)
Donato III il Malato (1042-1048), nome caledone Donnchad mac Crínáin An t-Ilgarach (HL Duncan), nipote per via materna di Malco II, fu affetto da varie patologie e in larga parte inetto al governo, e perciò il potere reale fu detenuto dal suo Magister Militum Costantino Mac Bethad. Dopo sei anni di regno fu eliminato dallo stesso Costantino, che si proclamò imperatore. I figli di Donato III, Malco e Donato, fuggirono in Irlanda e l'usurpatore ne chiese inutilmente la consegna.
Costantino V il Figlio del Giusto (1048-1057), nome caledone Causantín mac Findlaích Mac Bethad (HL Macbeth), figlio del nobile Findlaich Mac Bethad e della principessa Donata, nonchè cugino di Donato III. Nemico giurato dei Vichinghi, questi lo soprannominarono Hundason, "figlio di un cane". I figli di Donato III sbarcarono in Britannia con l'appoggio degli Irlandesi e sollevarono il proprio clan contro Costantino, che fu sconfitto e ucciso nella Battaglia di Lumpharan (HL nell'Aberdeenshire). Secondo la leggenda, tale sconfitta gli sarebbe stata preconizzata da tre sciamane celtiche.
Malco III (1057-1066), nome caledone Máel Coluim mac Donnchada, figlio di Donato III, sconfisse in battaglia Costantino V e fu incoronato imperatore. Viene ricordato per la sua grande pietà religiosa (la sua seconda moglie Margherita venne in seguito canonizzata). Dovette però affrontare la ribellione del fratello Donato, il quale sosteneva che i due fratelli avrebbero dovuto regnare insieme, avendo sconfitto insieme l'usurpatore. Per questo Donato si alleò con il re Harald III di Norvegia, desideroso di rimettere le mani sulla Britannia. Il 25 settembre 1066 Malco III sconfisse nella Battaglia di Stamford Bridge il fratello e re Harald, che caddero entrambi nello scontro. Lo stesso vento che faceva sventolare le bandiere vittoriose di Malco, tuttavia, gonfiava anche le vele della flotta di Guglielmo d'Altavilla, che approfittò dell'indebolimento dell'impero a causa della guerra civile per invaderlo da sud.

Dinastia Normanna
Guglielmo I il Conquistatore (1066-1087), figlio illegittimo del Duca di Normandia Roberto I il Magnifico e di Arletta di Falaise, e per questo chiamato dai suoi nemici Guglielmo il Bastardo, sostenne di essere stato nominato erede al trono imperiale di Britannia da Donato III, e per questo con un esercito di professione invase l'isola, approfittando della guerra civile in corso. Sbarcato il 28 settembre 1066, il 14 ottobre successivo sconfisse e uccise Malco III nella Battaglia di Hastings. Lo stesso imperatore morì, colpito da una freccia, e con lui ebbe fine la dinastia caledoniana. La vittoria di Guglielmo fu celebrata nel celebre arazzo di Bayeux, uno dei capolavori dell'arte medioevale. Proclamatosi imperatore, Guglielmo regnò con equanimità e si adoperò per la pacificazione tra i Britanni e i Normanni, ma i primi continuarono a vedere nei secondi dei razziatori che occupavano illegalmente le loro terre, e si rifiutarono di usare il francese come lingua franca al posto del romanzo di Britannia. Regnò anche sulla Normandia e su altri territori francesi. Morì in Francia mentre combatteva per espandere i domini sul continente.
Guglielmo II il Rosso (1087–1100), figlio di Guglielmo I e di Matilde di Fiandra, fu un condottiero efficace, ma un governante crudele e poco amato dai sudditi, dei quali disprezzava la lingua e la cultura. Entrò in conflitto anche con la Chiesa Cattolica e con il Patriarca di Londra. Non si sposò mai e non ebbe nemmeno figli illegittimi, per cui i suoi avversari misero in giro la voce che fosse omosessuale. Morì in circostanze misteriose, raggiunto durante una battuta di caccia da una freccia che nessuno sa chi può aver scagliato.
Enrico il Chierico (1100–1135), figlio di Guglielmo I, salì al trono dopo la morte del fratello Guglielmo II, approfittando del fatto che il fratello maggiore Roberto il Corto era impegnato nella Prima Crociata. Chiamato "il Chierico" per i suoi molteplici interessi culturali, il suo impero è conosciuto per il suo abile opportunismo politico, il miglioramento della macchina del governo e il tentativo di integrare i Britanni e dei Normanni, operazione in cui ebbe scarsa fortuna. Avendo perso il figlio Guglielmo in un naufragio nella Manica, nominò suo erede la figlia Matilde, andata in sposa al Sacro Romano Imperatore Enrico V.
Stefano (1135–1154), nipote per parte di madre di Guglielmo I, con l'appoggio della nobiltà annullò il testamento dello zio Enrico il Chierico e si proclamò imperatore; ciò causò una lunga guerra civile tra i propri partigiani, per lo più normanni, e quelli di Matilde, che approfondì il solco fra i due popoli e impedì la "normanizzazione" della Britannia. Sotto il suo regno lo storico Goffredo di Monmouth scrisse l'"Historia Imperatorum Britanniae", che ripercorre tutta la storia dell'Impero Romano di Britannia da Tetrico Augusto fino a Stefano, ed anzi retroproiettando il titolo imperiale di Britannia fino al mitico Bruto, figlio di Enea e leggendario progenitore dei Britanni.

Dinastia Ordoviciana
Eugenio I il Grande (1154-1170), nome celtico Owain Mawr I, figlio di Gruffydd ap Cynan, signore dell'antico popolo gallese degli Ordovici, sosteneva di discendere da Rufo II lo Sfortunato. Alla morte di Stefano, il 25 ottobre 1154, con l'appoggio del popolo britanno e della Chiesa Cattolica occupò Londra, catturò e fece imprigionare Eustachio, figlio di Stefano, e si proclamò nuovo imperatore. Enrico Plantageneto, figlio di Matilde e Duca di Normandia, tentò di recuperare il trono imperiale ripetendo l'impresa di Guglielmo il Conquistatore e sbarcò in Britannia, ma Eugenio I lo affrontò nella Battaglia di Ewloe, dove Enrico fu sconfitto e ucciso. Molti dei signori feudali normanni che si erano insediati in Britannia lasciarono l'isola e tornarono in Normandia, alcuni invece si romanizzarono. Uomo fiero ed instancabile, rafforzò l'Impero abolendo i privilegi feudali concessi dai re normanni, ed intervenne in Irlanda, dilaniata dalle lotte tra fazioni, imponendo di fatto il proprio vassallaggio ai signori dell'isola. Entrò invece in conflitto con la Chiesa, che egli avrebbe voluto sottomettere al potere statale, e in particolare con il Patriarca di Londra Tommaso Becket (di origini normanne), che per alcuni anni fu costretto all'esilio in Normandia.
Giulio II (agosto-novembre 1170), nome celtico Hywel II, figlio illegittimo di Eugenio I e della principessa irlandese Pyfog, si proclamò re alla morte del padre, ma fu sconfitto e ucciso dal fratello Malco nella Battaglia di Pentraeth. Fu anche poeta cortese, e di lui ci rimangono alcune canzoni. Secondo la leggenda, suo fratello Matteo (Madoc ap Owain), per sfuggire alle lotte intestine e alla violenza che al suo tempo regnava sovrana, partì verso occidente con alcune centinaia di compagni, e non fece più ritorno; in età moderna si credette che egli avesse raggiunto l'America prima di Cristoforo Colombo.
Malco IV (1170-1173), nome celtico Maelgwn IV, figlio di Eugenio I e di Gladiola (Gwladus), proseguì il conflitto con la Chiesa iniziato dal padre. Avendo esclamato all'indirizzo di Thomas Becket « Chi mi libererà da quel prete rompiscatole? », fu preso in parola da quattro suoi cavalieri che il 29 dicembre 1170 assassinarono Becket mentre diceva Messa. Come conseguenza Malco IV fu scomunicato da Papa Alessandro III e minacciato di deposizione; per evitare il peggio dovette fare pubblica penitenza sulla tomba di Becket, che fu canonizzato e proclamato Patrono di Britannia. Nel 1173 suo fratello Davide lo sconfisse e lo costrinse a riparare in Irlanda; Malco IV tornò poco dopo con un esercito ma fu nuovamente sconfitto e chiuso in un monastero, dove morì.
Davide I (1173-1195), nome celtico Dafydd I, sposò Eleonora d'Aquitania, dopo che lei era riuscita a far annullare per consanguineità il suo precedente matrimonio con il Re di Francia Luigi VII. Risanò le finanze, diede protezione ad artigiani e mercanti tedeschi ed italiani, e promulgò leggi a tutela degli Ebrei, che emigrarono in massa in Britannia e ne migliorarono l'economia grazie alla loro mentalità imprenditoriale. Ottenne inoltre dal Papa il titolo di Re d'Irlanda. Quando Gerusalemme cadde nelle mani del Saladino, Davide I partecipò di persona alla Terza Crociata ma non riuscì a riprendere il Santo Sepolcro. Tornato in patria, fu detronizzato dal nipote Leone, figlio del suo primogenito Eugenio (che era stato reggente in sua assenza), e si ritirò in un convento, dove morì nel 1203.
Leone I il Grande (1195-1240), nome celtico Llywelyn I Mawr, regnò su un dominio immenso che comprendeva Britannia, Caledonia, Irlanda, Piccola Bretagna, Aquitania e Guascogna, e con energia e spietatezza riuscì a tenere insieme tanto vasti ed eterogenei territori. Il 27 luglio 1214 sconfisse nella Battaglia di Bouvines il Re di Francia Filippo II Augusto, intenzionato ad espellerlo dalla Francia, e così poté annettere anche la Normandia, il Maine e il Poitou, di fatto controllando oltre metà del territorio francese. Per primo parlò di "diritto divino dell'imperatore" scegliendo come motto "Deus et mevm ivs". Ebbe tra i suoi generali l'ex brigante Roberto Fitz Ooth, la cui figura fu poi trasfigurata dalla leggenda in quella di Robin Hood. L'impero conobbe una grande rinascenza culturale: alla sua corte operarono il poeta Alessandro Neckam, lo storico Gerardo di Cambria, lo scienziato Roberto Grossatesta e l'alchimista Michele Scoto (quest'ultimo citato anche nella "Divina Commedia" per via della sua fama di mago). Colpito da emiparesi, si ritirò in un convento dove morì poco dopo.
Davide II (1240-1246), nome celtico Dafydd II, figlio di Leone I, non aveva l'energia del padre e dovette lottare a lungo contro i governatori delle province, soprattutto sul continente, che chiedevano maggior autonomia, istigati dal re di Francia Luigi IX. Morì improvvisamente senza eredi il 25 febbraio 1246.
Eugenio II il Rosso (1246-1255), nome celtico Owain II an Dearg, nipote di Davide II, usurpò i diritti di Leone, nipote abiatico di Leone I il Grande, con l'appoggio del Senato lo costrinse alla fuga in Francia, e si proclamò imperatore. Dopo aver incassato da Luigi IX di Francia una cocente sconfitta nella Battaglia di Tannebourg il 22 luglio 1252, perse una parte dei suoi possedimenti sul continente, e per questo subì la rivolta dei Senatori, i quali il 15 giugno 1253 gli imposero la "Magna Charta Libertatum", considerato il primo abbozzo di una moderna Costituzione. Leone, nipote di Leone I il Grande, rientrò dall'esilio e lo sconfisse a a Bryn Derwin. Incarcerato, fu rilasciato solo nel 1277 e morì nel 1282.
Leone II (1255-1282), nome celtico Llywelyn II, nipote abiatico di Leone I il Grande in quanto figlio di suo figlio Graziano (Gruffydd), dovette affrontare la rivolta di Simone di Montfort, che prima gli inflisse una sconfitta nella battaglia di Lewes il 14 maggio 1264, e poi assassinò suo fratello Davide (Dafydd) mentre assisteva alla Messa nella Cattedrale di York. Per questo Simone è posto da Dante all'inferno tra gli omicidi (« Colui fesse in grembo a Dio / lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola », Inf. XII,119-120, perchè il cuore di Davide fu posto in una teca su un ponte di Londra sul Tamigi) Scomunicato dal Papa per il suo atto efferato, Simone fu sconfitto e ucciso da Davide II nella Battaglia di Evesham il 4 agosto 1265, data tradizionale della fine dell'epoca della cavalleria nell'impero di Britannia (lo scontro si risolse in un vero e proprio massacro). Non ebbe eredi maschi, ma solo la figlia Giovanna (nome celtico Gwenllian ferch Llywelyn) che diede in sposa al suo siniscalco Teodoro; a quest'ultimo lasciò in eredità il trono imperiale. Dante lo pone nella Valletta dei Principi nel VII canto del suo "Purgatorio".

Dinastia Teodoriana
Teodoro I il Vecchio (1282-1311), nome celtico Tudur I Hen, figlio di Geremia (Goronwy ap Ednyfed), siniscalco di Leone II e (a suo dire) lontano discendente di Eugenio I il Grande. Tra i contemporanei divenne famoso per la sua crudeltà: prima stroncò nel sangue una sollevazione in Irlanda, dividendola in province ed annettendola definitivamente al suo impero, quindi il 22 luglio 1298 sconfisse nella Battaglia di Falkirk i ribelli caledoni guidati da Guglielmo Wallace detto "Cuore Impavido", che poi fece brutalmente giustiziare il 23 agosto 1305. Fu però protettore anche delle lettere e delle arti: alla sua corte operarono il filosofo e teologo francescano caledone Giovanni Duns Scoto, detto il "Doctor Subtilis", e lo scienziato Ruggero Bacone, detto il "Doctor Mirabilis", due tra le più grandi figure della cultura medioevale. Teodoro I entrò in conflitto con Re Filippo IV il Bello di Francia, che dopo aver umiliato Papa Bonifacio VIII ad Anagni intendeva ricostruire l'unità della nazione gallica, ma lo scoppio della guerra tra le due potenze. fu evitato dalla mediazione di Papa Clemente V.
Geremia (1311-1331), nome celtico Goronwy ap Tudur Hen, figlio di Teodoro I e di Eleonora di Castiglia, per suggellare la tregua con la Francia sposò Isabella di Francia, figlia di Filippo IV il Bello. Promosse i commerci marittimi e confermò la tradizionale protezione degli Ebrei assicurata dall'Impero. Subì una nuova rivolta da parte dei Senatori e il tentativo della Caledonia di rendersi indipendente sotto Roberto di Brus, ma con energia e saggezza nello scegliersi gli alleati riuscì a sconfiggere gli uni e gli altri. Sotto di lui venne sperimentato in Britannia l'uso delle armi da fuoco. Il 1° febbraio 1324 la morte di Carlo IV il Bello di Francia segnò l'estinzione della dinastia dei Capetingi; Geremia chiese che fosse incoronato nuovo Re di Francia suo figlio Teodoro, ma gli Stati Generali francesi elessero invece Filippo VI di Valois, cugino del re defunto. Geremia continuò a rivendicare i diritti del figlio fino alla morte, avvenuta per un colpo apoplettico durante una battuta di caccia.
Teodoro II (1331-1367), nome celtico Tudur II ap Goronwy, figlio di Geremia e di Isabella di Francia, crebbe nel culto dei cavalieri medioevali e degli antichi imperatori romani. Dopo che il Re Filippo VI di Francia gli chiese di sgomberare le terre del suo regno ancora in mano britanna, Teodoro II decise di rivendicare il trono francese (suo nonno era Filippo IV il Bello) e nel 1337 invase in forze il regno di Francia, dopo essersi assicurato l'alleanza dell'imperatore di Germania Ludovico IV il Bavaro e la neutralità di Papa Benedetto XII (che risiedeva ad Avignone). Dopo alterne vicende, il 26 agosto 1346 le forze imperiali, guidate da Teodoro II in persona, affrontarono quelle francesi nella Battaglia di Crécy, il primo grande scontro europeo in cui si fece uso di armi da fuoco. Lo scontro si rivelò un disastro per i francesi, Re Filippo VI cadde in battaglia insieme al suo alleato Giovanni I di Boemia. Teodoro II entrò trionfalmente a Parigi e si fece incoronare Re di Francia, annettendo l'intera nazione al suo impero, che così venne in pratica a ricostituire l'antico Impero delle Gallie. Una parte della nobiltà francese tuttavia rifiutò di riconoscere lo straniero Teodoro come sovrano, sostenne i diritti di Giovanni, figlio ventisettenne di Filippo VI, e proseguì la guerriglia. Il Papa restò ad Avignone, ora sotto la protezione dell'imperatore di Britannia. Teodoro II dovette affrontare l'epidemia di peste nera che falcidiò un terzo della popolazione del suo impero, e sotto il suo regno il Senato fu aperto ai rappresentanti della borghesia cittadina. L'imperatore morì il 12 giugno 1367 a causa di un ascesso. Alla sua corte operarono il poeta celtico Dafydd ap Gwilym, il poeta italiano Francesco Petrarca e il filosofo e teologo Guglielmo di Occam, detto il "Doctor Invincibilis", ideatore dell'omonimo "rasoio".
Meridio (1367-1406), nome celtico Maredudd ap Tudur, figlio di Teodoro II e di Giovanna di Cantia, detto "il Principe Nero" per via della corazza nera regalatagli dal padre, fu uno dei sovrani più potenti d'Europa e tentò invano di unificare le due corone imperiali d'occidente, facendosi eleggere Sacro Romano Imperatore (gli Asburgo gli sbarrarono il passo). Entrò in conflitto commerciale con la Lega Anseatica, ostile alla penetrazione delle navi mercantili britanne nel Mar Baltico, e cercò di combattere la guerriglia scatenata contro di lui dai nobili francesi che sostenevano la casa di Valois, nel frattempo rifugiatasi nei territori del Sacro Romano Impero. Fallì un tentativo dell'imperatore Meridio di allargare i confini dell'Impero conquistando la Catalogna; gli viene inoltre rimproverato il massacro di tremila civili inermi a Limoges. Nel 1377 Papa Gregorio XI fu convinto da Santa Caterina da Siena a riportare la sede pontificia da Avignone a Roma, ma ciò provocò lo Scisma d'Occidente, con l'imperatore Meridio che sosteneva il Papa Avignonese Clemente VII, e il Re dei Romani Venceslao che sosteneva il Papa Romano Urbano VI. Come il padre, si dimostrò un erudito mecenate delle arti, dell'architettura e della letteratura: alla sua corte operò e fu suo amico e consigliere Goffredo Chaucer, il più grande poeta medioevale in lingua britanna, autore dei "Racconti di Canterbury", ispirati al "Decameron" di Giovanni Boccaccio.
Eugenio III (1406-1461), nome celtico Owain III ap Tudur, figlio di Meridio e di Anna di Boemia, figlia di Carlo IV di Lussemburgo. Il suo impero fu lungo ma travagliato. Appena salito al trono, dovette affrontare la guerra civile causata da Eugenio Glendover (Owain Glyndŵr), che affermava di essere il legittimo erede e discendente di Leone II; la sua rivolta fu domata solo nel 1415. Nel frattempo il Duca di Borgogna Giovanni Senza Paura tentò di conquistare la Francia espellendone i Britanni, approfittando delle loro difficoltà in patria, ma il 25 ottobre 1415 subì una dura sconfitta da parte dell'Impero nella Battaglia di Azincourt. Nel 1417 l'elezione di Martino V, avvenuta al termine del Concilio di Costanza con la mediazione di Eugenio III, ricompose lo Scisma d'Occidente. Il prestigio dell'impero di Britannia era al culmine, ma proprio allora sorse l'astro di Giovanna d'Arco, diciannovenne contadina che si mise a capo delle armate francesi, sostenendo di essere stata inviata dall'arcangelo Michele in persona, e l'8 maggio 1429 ad Orlèans inflisse una sonora sconfitta ai britanni, facendo incoronare Carlo VII di Valois Re di Francia. La "pulzella di Orléans" fu catturata dai britanni e bruciata come strega il 30 maggio 1431 (nel 1456 fu riabilitata da Papa Callisto III e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV), ma i francesi avevano rialzato la testa: il 15 aprile 1450 nella Battaglia di Formigny e il 17 luglio 1453 nella Battaglia di Castillon i britanni furono duramente sconfitti e dovettero sgomberare tutta la Francia, tenendo la sola Calais. Con il Trattato di Picquigny l'imperatore Eugenio III fu costretto ad accettare la perdita di tutta la Francia, che si ricostituì come regno indipendente nei suoi confini storici. Stanco, malato e deluso per la perdita delle province conquistate da suo nonno, Eugenio III si spense il 2 febbraio 1461.
Ennio (1461-1485), nome celtico Eamon III ap Owain (HL Edmondo Tudor), figlio di Eugenio III e di Cecilia di Durham, fece un tentativo di riprendere il trono di Francia istigando il Duca di Borgogna Carlo il Temerario ad attaccare Luigi XI di Valois, con la promessa di spartirsi il territorio francese, ma Carlo fu sconfitto e fermato a Beauvais da un'altra eroina francese, Jeanne Hachette. A sua volta Luigi XI di Francia rispose finanziando la rivolta del caledone Seumas Stiùbhart (HL Giacomo III Stuart), discendente di Roberto di Brus: la guerra divampò per quindici anni in tutta l'isola, ed è nota come Guerra dei Due Draghi, perchè Ennio aveva sul proprio stemma un drago rosso scuro in campo bianco e verde, e Seumas un drago rosso chiaro in campo giallo. Il leader caledone inflisse ad Ennio I una serie di scacchi militari nella Battaglia di Northampton (10 luglio 1470), in quella di Towton (29 marzo 1471) e in quella di Tewkesbury (21 maggio 1481), tanto che Seumas si proclamò Imperatore di Scozia. Durante la guerra scoppiò una pestilenza, Ennio fu contagiato e morì il 3 maggio 1485.
Teodoro III (1485-1509), nome celtico Tudur III ap Eamon (HL Enrico VII Tudor), figlio di Ennio e di Margherita Beaufort, appena salito al trono marciò con tutte le forze a disposizione contro Seumas Stiùbhart, che aveva invaso la Britannia cercando di approfittare della morte di Ennio per conquistare il titolo di Imperatore di Britannia per sé e per la sua casata. Lo scontro avvenne a Bosworth il 22 agosto 1485, e si risolse in una catastrofe per le truppe caledoni, che furono sterminate; lo stesso Seumas, dopo aver pronunciato la famosa frase "Il mio regno per un cavallo!", comprese di essere stato sbaragliato e cercò la morte sul campo di battaglia. Teodoro III fu acclamato come salvatore della Britannia e si diede con energia alla ricostruzione dell'impero dopo tanti anni di inutile guerra. Quest'ultima aveva spazzato via molte nobili famiglie senatorie che potevano costituire potenziali rivali per la dinastia Teodoriana, che ne uscì rafforzata. Sagace uomo politico (fu soprannominato "il Salomone britanno"), Teodoro III riuscì ad incrementare notevolmente l'influenza dell'Impero nella politica europea, grazie soprattutto all'alleanza con la appena riunificata Spagna, stipulata attraverso il matrimonio del figlio Artorio con Caterina d'Aragona, figlia dei Re Cattolici Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia. Caduta Costantinopoli nel 1453 in mano dei Turchi, la Britannia si considerò l'unica erede legittima sia degli Imperatori di Roma che di quelli di Costantinopoli (come i Romani, i Britanni dicevano di discendere dai Troiani attraverso il leggendario Bruto o Bryttys, figlio di Ascanio, figlio di Enea), e così Teodoro III fece nascere il mito di Londra come la "Terza Roma". Lottò contro la clientela nobiliare e l'arroganza dei magnati, riuscendo abilmente ad ottenere l'appoggio del Senato. Tale disputa si concluse con l'imposizione del rispetto delle leggi da parte delle grandi famiglie senatorie e con la creazione di un'amministrazione efficiente la quale però, nell'ultima fase del suo regno, fu percepita come oppressiva ed esosa da parte dei sudditi, offuscando in tal modo la sua memoria agli occhi dei posteri. Teodoro III fu anche il primo a comprendere i vantaggi strategici dell'insularità della Britannia, gettando le basi per il futuro sviluppo della Flotta Imperiale. Per conto suo Giovanni e Sebastiano Caboto furono i primi europei a sbarcare nel Nordamerica e ad esplorarne le coste.
Artorio II (1509-1547), nome celtico Arthwr II ap Tudur (HL Arturo Tudor), figlio di Teodoro III e di Elisabetta di Eburacum, salì al trono in seguito alla morte prematura del fratello maggiore Ennio nel corso di un'epidemia. Sposò la principessa Caterina d'Aragona, da cui il 18 febbraio 1516 ebbe l'erede al trono Teodoro, il quale risolse i timori legati alla successione (inizialmente Caterina aveva avuto solo aborti spontanei). Assicuratosi un erede, Artorio poté concentrarsi sul rafforzamento della flotta e sulla soluzione dei molti problemi interni al suo eterogeneo Impero. Aderì alla Lega Santa promossa da Papa Giulio II contro il Re di Francia Luigi XII. In seguito la crescente rivalità fra Francesco I di Francia e Carlo V, Re di Spagna e Sacro Romano Imperatore, permise ad Artorio di diventare l'ago della bilancia tra le potenze in Europa: Francia e Spagna cercarono l'appoggio britanno, Artorio decise di allearsi con Carlo V e nella guerra che seguì Francesco I venne sconfitto. La più stabile situazione internazionale che ne seguì ridusse però il peso della diplomazia britanna in Europa. Artorio II entrò in conflitto con la Chiesa e con la moglie perchè la tradizionale tolleranza britanna lo portò ad accogliere missionari del nascente Protestantesimo, che attecchì in alcune parti del regno e soprattutto in Caledonia. Sua moglie Caterina morì di cancro il 7 gennaio 1533, e contro il parere del Patriarca di Londra e di Papa Clemente VII l'imperatore, che aveva la fama di leggendario tombeur de femmes, sposò la sua amante Anna Bolena, dalla quale già il 7 settembre 1533 ebbe un'altra figlia, Elisabetta. Artorio II potè valersi dell'appoggio del Cancelliere e Presidente del Senato Tommaso Moro, grande umanista e sagace uomo di stato, il quale lo riconciliò con Roma e siglò la pace con Francia e Spagna. Afflitto da obesità, gotta e diabete, e tormentato dagli scrupoli religiosi per aver lasciato crescere nel suo impero le dottrine di Lutero e di Calvino, Artorio II morì a soli 55 anni il 28 gennaio 1547. Resta proverbiale lo straordinario numero delle sue amanti, tutte bellissime cortigiane.
Teodoro IV (1547-1553), nome celtico Tudur IV ap Arthwr (HL Edoardo VI Tudor), figlio di primo letto di Artorio II e di Caterina d'Aragona, salì al trono a trent'anni e cominciò ad allentare i legami con la Spagna, che cominciava a manifestarsi come la principale concorrente della Britannia sui mari. Favorì il protestantesimo e fu accusato di essere lui stesso nascostamente Luterano. Intelligente e di bell'aspetto, era però di costituzione gracile e di salute cagionevole. Sposò la cugina Francesca Brandon, figlia di Carlo Brandon e Maria, sorella di Artorio II, e da lei ebbe la figlia Giovanna. Morì di tubercolosi il 6 luglio 1553.
Elisabetta (1553-1603), nome celtico Ealasaid I ap Arthwr, figlia di secondo letto di Artorio II e di Anna Bolena. Alla morte del fratello maggiore usurpò i diritti della giovane figlia di questi, Giovanna, che morì poco dopo (c'è chi dice avvelenata per ordine di Elisabetta) e salì al trono. Con l'Editto di Eburacum concesse la libertà di culto ai Protestanti, e per questo fu minacciata di scomunica da Papa Paolo IV, ma la regina comunque rimase sempre cattolica, grazie alla mediazione del suo confessore Edmondo Campion. Respinse l'offerta di matrimonio da parte di Filippo II di Spagna e sposò invece Alfonso II d'Este, suo coetaneo, già Duca di Ferrara, Modena e Reggio Emilia, che era stato nominato generale dell'impero da suo padre Artorio II dopo aver perso i domini in Italia perchè accusato di favorire i Protestanti. Questa sovrana ebbe un ruolo di primo piano nel porre le basi della futura potenza commerciale e marittima dell'Impero, e diede inizio alla colonizzazione dell'America settentrionale. La sua politica di espansione navale e la guerra di corsa scatenata contro gli spagnoli da Francesco Drake, ammiraglio dell'Impero (e secondo alcuni amante dell'Imperatrice) che per conto di Elisabetta aveva circumnavigato il mondo, la portò in rotta di collisione con la Spagna di Filippo II, il quale tentò di conquistare l'Impero di Britannia prendendo come scusa una presunta conversione dell'imperatrice al Calvinismo: l'Invincibile Armata inviata nel 1587 da Filippo II per attaccare l'Impero fu però distrutta da una tempesta e definitivamente sconfitta da Francesco Drake: questo evento è considerato la fine del "Siglo de Oro" spagnolo e l'inizio dell'ascesa della Britannia sui mari. Nel 1590 fu adottato il Calendario Gregoriano. Quest'epoca, denominata età elisabettiana, fu anche un periodo di straordinaria fioritura artistica e culturale, incarnata soprattutto dal drammaturgo Guglielmo Crollalanza, uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. Elisabetta morì il 24 marzo 1603 poco prima di compiere settant'anni, dopo aver detto: « Chiamatemi un prete, ho deciso che devo morire ».

Dinastia estense (modenese)
Cesare (1603-1628), cugino di Alfonso II d'Este e da questi adottato come figlio, fu indicato da Elisabetta come proprio erede. Sposò Virginia de' Medici, figlia di Cosimo I de' Medici. Fu uomo mite, conciliante e religioso, ma non dotato di grande intelligenza politica; per sua fortuna poté avvalersi di ministri fidati e capaci, come il Presidente del Senato Guy Fawkes, il Patriarca di Londra Enrico Walpole e il filosofo Francesco Bacone. Appena salito al trono rischiò di essere ucciso nella cosiddetta "Congiura delle Polveri", ordita dal fanatico protestante Robert Cecil, che in seguito avrebbe ispirato i movimenti anarchici di tutto il mondo. Nel 1620 concesse ai Puritani, membri di un movimento di ispirazione calvinista ultraortodosso e un po' fanatico, di lasciare la Britannia per insediarsi nel Nord America: sono i famosi "Padri Pellegrini", con i quali iniziò la colonizzazione della cosiddetta Nuova Britannia (oggi sono loro eredi i Battisti e i Quaccheri). Cesare è considerato uno dei più colti imperatori di Britannia: durante il suo regno continuò la straordinaria fioritura culturale dell'età elisabettiana, e lo stesso Cesare, figlio del Rinascimento italiano, era uno studioso di talento, autore di opere sulle arti occulte come la "Demonologia" (il sovrano era ossessionato dal pericolo della stregoneria, e sotto il suo regno ebbero impulso i processi e i roghi delle streghe). Promosse inoltre la prima traduzione della Bibbia nel romanzo di Britannia, nota come Bibbia di Cesare. Sua figlia Elisabetta sposò il futuro Re Filippo IV di Spagna, in un tentativo di pacificazione tra le due nazioni dopo il disastro dell'Invincibile Armata, e questo coinvolse la Britannia nella Guerra dei Trent'Anni sul Continente. Colpito da demenza senile, morì l'11 dicembre 1628.
Artorio III (dicembre 1628-luglio 1629, HL Alfonso III), figlio di Cesare, sposò Isabella di Savoia, figlia del duca Carlo Emanuele I, che amò sinceramente, tanto che alla sua morte per parto (il quattordicesimo!) nel 1626 meditò di prendere i voti. Succeduto al padre, decise di essere inetto al governo, anche in un regime come quello britanno in cui il Senato aveva progressivamente acquisito grandi poteri, e il 25 luglio 1629 annunciò davanti agli allibiti Senatori la sua abdicazione a favore del primogenito Francesco. L'8 settembre indossò il saio dei Cappuccini col nome di Frate Giambattista da Londra. Fu apprezzato predicatore e nel 1632 ritornò a Londra, ma le sue prediche contro i costumi della corte e contro i Protestanti accesero gli animi in città, e la sua presenza divenne ingombrante. Si ritirò quindi in un convento in Irlanda, fatto erigere a spese del figlio Francesco I, dove morì a 52 anni il 24 maggio 1644.
Francesco I (1629-1658), figlio di Artorio III e di Isabella di Savoia, salì al trono a soli 18 anni ma dimostrò subito grande energia. Grande condottiero, decise di intervenire in prima persona nella Guerra dei Trent'Anni, varcando la Manica e conducendo l'esercito britanno a una serie di vittorie, che spostarono l'equilibrio del conflitto verso l'Austria e la Spagna. In seguito sposò Enrichetta Maria di Francia, sorella di re Luigi XIII, e siccome la Francia era schierata dalla parte dei Protestanti, decise il disimpegno dal conflitto. Entrò in conflitto con il Senato avendo cercato di sottrarre ad esso molti dei poteri acquisiti nei secoli, per restaurare una monarchia accentrata sull'esempio francese, ma fu indotto a più miti consigli dalla minaccia di deposizione da parte della maggioranza dei Patres Conscripti. Nel 1642 dovette affrontare la ribellione del puritano Oliviero Cromwell che, con l'appoggio delle Province Unite e di alcuni stati protestanti tedeschi, tentò di rovesciare Francesco I per proclamarsi a sua volta imperatore e fare della Britannia una nazione protestante, ma il 14 giugno 1645 le truppe imperiali comandate dallo stesso Francesco nella Battaglia di Naseby inflissero una sconfitta devastante a Cromwell, che fu catturato e decapitato; come conseguenza la maggior parte dei Puritani e di altri gruppi protestanti di Britannia emigrò oltreoceano. In seguito si rivoltò anche la Caledonia, ma il generale protestante caledone Giacomo Hamilton fu a sua volta sbaragliato da Francesco I nella Battaglia di Preston il 17 agosto 1648. Francesco I mantenne comunque una dirittura morale e una religiosità rara fra i sovrani dei suoi tempi: amava donare senza farsi conoscere da coloro che gratificava, e nonostante tutto amava più la pace della guerra. Munifico mecenate, adornò Londra e le altre città britanne di splendidi monumenti. Alla Galleria Estense di Londra si conservano due opere che lo ritraggono: il celebre busto marmoreo del Bernini e l'altrettanto noto ritratto di Velázquez. Alla sua corte lavorarono Samuele Pepys e Giovanni Milton che gli dedicò il suo capolavoro, il poema epico "Il Paradiso Perduto". Morì a soli 48 anni il 14 ottobre 1658.
Artorio IV (1658-1662, HL Alfonso IV), figlio di Cesare e di Enrichetta Maria di Francia, salì al trono all'età di soli 24 anni, ma morì appena quattro anni dopo, il 16 luglio 1662, a causa della tubercolosi di cui soffriva fin da ragazzo. Sposò Caterina di Braganza, figlia terzogenita di Re Giovanni IV del Portogallo, che alla sua morte fu designata come reggente dal Senato, a patto che non usurpasse le prerogative di quest'ultimo.
Francesco II (1662-1694), figlio di Artorio IV e di Caterina di Braganza, salì al trono a soli due anni e si trovò fino al 1674 sotto la reggenza della madre Caterina di Braganza e, de facto, del Senato. Fu Caterina ad introdurre in Britannia la tradizione del tè delle cinque, essendo molto amante di questa bevanda, anche perchè le donne non erano ammesse nei caffé, e così si riunivano nei salotti privati a consumare tale bevanda con pasticcini o fette di torta. Proprio per approvvigionarsi di tè iniziò la prepotente espansione coloniale dei Britanni in Oriente, con la fondazione della Compagnia Britanna delle Indie Orientali. Nel 1666 purtroppo Londra fu devastata da un colossale incendio, causato dal fatto che la città era ancora in gran parte costruita in legno; all'incendio seguì una vigorosa opera di ricostruzione. Nel 1674, quando Francesco II aveva solo 14 anni, il Senato pose fine alla reggenza di Caterina, accusata di eccessiva sudditanza alla Francia di Luigi XIV, e il figlio di Artorio IV divenne Imperatore a tutti gli effetti. Egli fu soprannominato "l'Allegro Imperatore", a sottolineare il clima di edonismo della sua corte e il sollievo generale procurato dal ritorno a una situazione di pace interna ed estera dopo le guerre combattute da Francesco I. Sotto il Regno di Francesco II venne conquistata Nieuw Amsterdam, ribattezzata Nuova Londra, e fu organizzata la colonia della Nuova Britannia, mentre iniziava la penetrazione nei Caraibi con la conquista della Giamaica, e riprendeva vigore la guerra di corsa contro la Spagna. Fu fondata anche la Compagnia della Baia di Hudson per lo sfruttamento delle ricchezze del Canada. Come il nonno Francesco I, anche Francesco II fu un munifico patrono delle arti e delle scienze: aiutò la fondazione dell'Osservatorio reale di Londra e della Società Imperiale [HL Royal Society], importante cenacolo scientifico i cui primi membri furono Roberto Hooke, Roberto Boyle e il grande Isacco Newton.  La moglie di Francesco II, sua cugina Margherita Maria Farnese, figlia del duca di Parma e Piacenza Ranuccio II, era sterile, tuttavia l'imperatore ebbe dodici figli illegittimi con varie amanti. La sua salute declinò velocemente (soffriva di gotta e poliartrite) ed egli morì a soli 34 anni nel Castello di Balmoral senza eredi legittimi. Secondo la leggenda il suo fantasma si aggira ancor oggi in quel castello della Caledonia.
Adriano I (1695-1737, HL Rinaldo), ultimogenito di Francesco I, era di costituzione debole e malaticcia, e per questo fu avviato dal padre alla carriera ecclesiastica. Nel 1686 fu creato da Papa Innocenzo XI Cardinale con il titolo di Santa Maria della Scala. Quando però il nipote Francesco II morì senza eredi, per evitare lo spettro dell'estinzione della dinastia d'Este Papa Innocenzo XII accettò il suo ritorno allo stato laicale. I Senatori che erano favorevoli alla successione di Adriano presero il nome di Whig, cioè progressisti, mentre coloro che non erano d'accordo presero il nome di Tory, i conservatori: si formarono così i primi partiti politici della storia moderna. Nel 1701 si tennero le prime elezioni per il nuovo Senato: era l'inizio della monarchia parlamentare, anche se la base elettorale era ancora piuttosto ristretta. Salito al trono imperiale più potente del mondo, dietro consiglio del Patriarca di Londra Davide Lewis (futuro Santo) sposò Carlotta Felicita di Brunswick-Lüneburg, figlia di Giovanni Federico di Brunswick-Lüneburg e di Benedetta Enrichetta del Palatinato; per una curiosa combinazione, Carlotta Felicita discendeva dai Welfen, famiglia tedesca lontanamente imparentata con gli Este, dato che entrambi discendevano dagli Obertenghi. Il Cancelliere Giovanni Churchill spinse la Britannia a scendere in guerra contro Francia e Spagna nel corso della Guerra di Successione Spagnola, che si concluse con la fine del predominio spagnolo sull'Italia e con la conquista di Minorca e della strategica rocca di Gibilterra da parte dei Britanni. Verso la fine del suo regno a tenere in pugno le redini del governo fu il Cancelliere (Primo Ministro) Roberto Walpole, esponente del partito Whig. Alla sua corte lavorarono intellettuali del calibro di Gionata Swift, Alessandro Pope, Enrico Fielding e Samuele Johnson, oltre all'italiano Ludovico Antonio Muratori. Adriano I morì il 26 ottobre 1737 alla bella età di 82 anni.
Francesco III (1737-1780), figlio di Adriano I e di Carlotta Felicita di Brunswick-Lüneburg, da giovane aveva combattuto a fianco degli Austriaci contro i Turchi. Sposò la principessa polacca Maria Clementina Sobieska, nipote del re di Polonia Giovanni III. Fu sovrano illuminato, anche se libertino nei costumi, ed ebbe una lunga schiera di figli illegittimi. Sotto il suo lungo regno in Britannia prese avvio la Rivoluzione Industriale, la scienza fece passi da gigante e conobbe un grande sviluppo la Massoneria. Durante la Guerra di Successione Austriaca la Britannia si schierò con Maria Teresa d'Austria contro Carlo Alberto di Wittelsbach. Un'ultima rivolta dei Caledoni fu stroncata il 16 aprile 1746 nella Battaglia di Culloden. Siccome Madame de Pompadour, favorita del Re di Francia Luigi XV,convinse il suo amante a rovesciare le alleanze, sostenendo l'Austria (fin qui tradizionale alleata della Britannia), scoppiò la Guerra dei Sette Anni, prima vera "guerra mondiale" della storia, che portò nel 1763 con la Pace di Parigi alla perdita da parte della Francia di quasi tutte le proprie colonie a favore della Britannia, e in particolare del Canada e dell'India. In tal modo l'Impero, sotto la guida del Cancelliere Guglielmo Pitt il Vecchio, divenne la prima potenza mondiale e l'incontrastata dominatrice di tutti i mari. Una delle conseguenze della Guerra dei Sette Anni fu la richiesta dei coloni della Nuova Britannia, che tanto avevano sofferto per supportare la madrepatria, di una maggiore autonomia. Il 16 dicembre 1773 il Senato di Boston, autocostituitosi ad opera dei maggiorenti di tutte e tredici le colonie neobritanne, lanciò un ultimatum a Londra: se non fossero state fatte concessioni alle Tredici Colonie, esse avrebbero dichiarato l'indipendenza (questo fatto è passato alla storia con il nome di "Ricevimento del Tè di Boston"). Con la mediazione del Patriarca di Londra Riccardo Challoner e del grande scienziato neobritanno Beniamino Franklin si arrivò il 4 luglio 1776 all'Atto di Devoluzione: le Tredici Colonie erano erette a Regno di Nuova Britannia, con proprio Senato e proprio Cancelliere, ma riconoscevano la sovranità britanna e l'autorità imperiale di Francesco III. La capitale e la sede del Senato furono poste a Filadelfia, e primo Cancelliere della Nuova Britannia fu Giorgio Washington. Francesco III morì a 81 anni il 22 febbraio 1780.
Adriano II (1780-1803, HL Ercole Rinaldo III), figlio di Francesco III e di Maria Clementina Sobieska, fu sovrano liberale, gioviale e bonario, autentico esponente dell'Illuminismo e delle sue riforme, ma badò a non entrare mai in conflitto con la Chiesa di Roma. Sposò Carolina d'Orange-Nassau, figlia primogenita di Guglielmo IV d'Orange-Nassau, Statolder delle Province Unite; prima delle nozze, Carolina si convertì al cattolicesimo. Da lei ebbe due figli, Maria Beatrice e Francesco, ma quest'ultimo morì pochi mesi dopo la nascita. Un terzo figlio maschio, Adriano, era escluso dalla successione perchè illegittimo, e comunque morì a 25 anni nel 1795 in circostanze poco chiare, cadendo da una scala. Adriano II si rassegnò alla fine della linea maschile della dinastia di Este-Britannia e nel 1771 decise di dare la figlia superstite in sposa ad un figlio cadetto degli Asburgo, rafforzando così la propria alleanza con il Sacro Romano Impero. Sotto il suo regno furono colonizzate l'Australia e la Nuova Caledonia (HL Nuova Zelanda). Adriano II assistette allo scoppio della Rivoluzione Francese, all'esecuzione di Luigi XVI e di Maria Antonietta, sorella maggiore di suo genero, alla morte in prigionia di Papa Paolo VI e alle imprese di Napoleone Bonaparte, ma poté giovarsi dell'aiuto di un Cancelliere eccezionale, Guglielmo Pitt il Giovane, del Partito Tory, figlio di Guglielmo Pitt il Vecchio. Il tentativo napoleonico di occupare l'Egitto come base per arrivare in India non ebbe successo. Il suo ammiraglio Orazio Nelson distrusse la flotta francese nella Battaglia di Trafalgar, ma morì nello scontro, privando la Britannia del suo principale difensore. Angustiato dall'ascesa di Napoleone e dalla fine del ramo principale della sua dinastia, Adriano II si spense a 75 anni il 14 ottobre 1803.
Maria I (1803-1806), figlia di Adriano II, sposò per volere del padre l'arciduca Ferdinando di Asburgo-Lorena, Duca di Brisgovia, quattordicesimo (!) figlio di Maria Teresa d'Asburgo e dell'imperatore Francesco I di Lorena, nonché fratello minore di Maria Antonietta, ghigliottinata dai rivoluzionari francesi. Sette dei suoi dieci (!) figli raggiunsero l'età adulta. Il 2 dicembre 1805 Napoleone Bonaparte, proclamatosi Imperatore dei Francesi, sconfisse da solo le forze della Terza Coalizione (Austria, Russia e Britannia) nella Battaglia di Austerlitz, il massimo successo militare della sua gloriosa carriera. Come conseguenza il Sacro Romano Impero fu disciolto, sostituito dalla Confederazione del Reno; Francesco II d'Asburgo, nipote del Principe Consorte di Britannia Ferdinando, assunse il titolo di Imperatore d'Austria; e nel regno di Britannia montò il malcontento contro l'imperatrice Maria, giudicata incapace di scegliersi i generali per evitare il disastro militare. Napoleone decise allora di mettere in atto i piani della gioventù e di sbarcare direttamente a Dover, sul suolo britanno, con una flotta di navi a vapore (era la prima volta che esse venivano usate in battaglia). Napoleone giunse a Londra senza colpo ferire e il Senato gli conferì il titolo di Imperatore di Britannia, ma egli lo cedette a suo fratello minore Girolamo, benvisto in Britannia perchè aveva sposato Elisabetta Patterson, figlia di immigrati nella Nuova Britannia. Questo evento è passato alla storia con il nome di "Gloriosa Rivoluzione". Dal canto suo Maria, con il consorte Ferdinando e il figlio Francesco, fuggì prima in Irlanda e poi, quando anche quest'ultma aprì le porte a Napoleone, in Nuova Britannia, sotto la protezione del Cancelliere Tommaso Jefferson. Ferdinando morì a Nuova Londra il 24 dicembre 1806.

Dinastia Bonaparte
Girolamo (1806-1813), divenuto Imperatore di Britannia a 22 anni il 14 novembre 1806 in seguito alla "Gloriosa Rivoluzione", poté in effetti governare solo su Britannia, Caledonia e Irlanda, perchè la flotta e le colonie, e in primis la Nuova Britannia, si dichiararono fedeli all'Imperatrice Maria I, in esilio a Nuova Londra. I suoi inizi fecero ben sperare. Giovane, spensierato e frivolo (era soprannominato "l'Imperatore Divertente"), mancava tuttavia di prudenza e moderazione, condusse una vita di divertimenti e si circondò di amanti, sperperando in feste e lussi buona parte del patrimonio dell'Impero, e cominciò così a divenire inviso al popolo e a parte del Senato. Napoleone gli affiancò un Cancelliere capace, Jean Claude Beugnot, perché si occupasse dell'amministrazione, ma per lui fu molto difficile controllare il giovane e scapestrato imperatore. Beugnot saggiamente non toccò le prerogative del Senato, ma la sua amministrazione lasciò parecchio a desiderare per l'eccesso di spese e di tasse. Girolamo aderì al Blocco Navale ordinato da Napoleone contro la flotta della Nuova Britannia e della Compagnia Britanna delle Indie Orientali, causando grande malcontento soprattutto nella difficoltà ad approvvigionarsi di tè e di canna da zucchero. Nel 1812, lasciato il governo della Britannia a Beugnot, seguì Napoleone nella Campagna di Russia al comando di uno dei dodici corpi d'armata di cui era costituita la Grande Armée, ma in essa non si distinse certo per bravura: rimproverato severamente dal fratello per il mancato intervento contro le truppe del generale russo Bagration, si adirò e fece ritorno in Britannia. Dopo i disastri del 1812 e 1813 il Senato di Londra trattò per il ritorno dell'Imperatrice Maria I; in particolare dopo la sconfitta nella Battaglia di Lipsia Girolamo capì che la sua posizione in Britannia era insostenibile, abdicò e lasciò il paese rifugiandosi a Parigi con la moglie e i figli. Nel 1815 si trovava con la moglie a Trieste quando la notizia del ritorno del fratello dall'esilio dell'isola d'Elba lo riportò a Parigi. Durante i Cento giorni ricevette dal fratello il comando di una divisione nel II Corpo d'armata del generale Reille, ma non diede neppure in quell'occasione una buona prova di sé: durante la battaglia di Waterloo attaccò insistentemente il nemico ad Hougoumont, un obiettivo di scarsa importanza, provocando gravi perdite nella sua divisione e costringendo il suo comandante a distogliere forze preziose da un altro settore per toglierlo dai guai. Dopo la caduta definitiva di Napoleone rinunciò ad ogni rivendicazione al trono di Britannia e fu accolto a Roma alla corte di Papa Pio VII insieme alla madre Letizia Ramolino e alla famiglia. Nel 1852, sotto Napoleone III, ebbe la Presidenza del Senato francese. Morì il 24 giugno 1860 ed oggi riposa nella cattedrale di Saint Louis des Invalides accanto al più famoso fratello, unico tra i Bonaparte oltre a Napoleone a portare il titolo imperiale.

Dinastia di Asburgo-Britannia (austriaca)
Francesco IV (1813-1846), figlio di Ferdinando di Asburgo-Lorena e di Maria I, nacque il 6 ottobre 1779 e seguì la madre Imperatrice nell'esilio in Nuova Britannia, dove ebbe il titolo di Principe di Baltimora. Durante l'esilio sposò Elisabetta Parke Custis, figlia di Giovanni Parke Custis, a sua volta figlio adottivo di Giorgio Washington (era figlio di sua moglie Marta Dandrige e del primo marito di lei, l'agricoltore Daniele Parke Custis). Quando nel 1814 sua madre poté fare rientro a Londra, accolta trionfalmente dalla popolazione, aveva già 65 anni ed era in cattive condizioni di salute, cosicché decise di cedere il trono al figlio, si ritirò in un convento da lei stesso ripristinato (dopo che Girolamo Bonaparte lo aveva soppresso) e vi morì a 79 anni il 14 novembre 1829; la sua causa di beatificazione è tuttora in corso. Convintamente cattolico, Francesco IV aderì alla Santa Alleanza di Metternich, ripristinò la Compagnia di Gesù nel suo Impero e nutrì forte avversione per la Massoneria e per gli ideali illuministici. Protesse invece gli scrittori romantici Guglielmo Blake, Guglielmo Wordsworth e Samuele Taylor Coleridge, in opposizione a Giorgio Byron che non amava. Suo Cancelliere fu il generale Artorio Wellesley, che aveva sconfitto Napoleone a Waterloo: il Congresso di Vienna aggregò alla Nuova Britannia gli immensi territori ex francesi della Louisiana. Di carattere autoritario, poco incline ai compromessi e contrario all'abolizione della pena di morte, nell'ultima parte del suo lungo impero si rese impopolare agli occhi dei sudditi, che invece avversavano la Santa Alleanza, cominciò a mangiare e bere in modo sregolato, fu affetto da obesità, gotta e cataratta, e divenne dipendente dal laudano. Si spense  a 66 anni il 21 gennaio 1846.
Francesco V (1846-1875), figlio di Francesco IV e di Elisabetta Parke Custis, in giovinezza servì nella flotta imperiale, e per questo fu soprannominato l'Imperatore Marinaio. Era di carattere più mite e di idee molto più liberali rispetto al padre: infatti si sganciò dalla Santa Alleanza e fu iniziato alla Massoneria. Poté appoggiarsi a Cancellieri capaci come Roberto Peel, Enrico Palmerston e il neobritanno Iacopo Polk. Una riforma elettorale concesse il diritto di voto per il Senato a tutti i cittadini maschi proprietari di beni immobili. Il 22 settembre 1857 veniva deposto l'ultimo imperatore Moghul Bahadur Shah II, e Francesco V fu incoronato Imperatore dell'India; anche la Cina venne umiliata con le Guerre dell'Oppio. Dopo una rapida guerra con il Messico la Nuova Britannia conquistò Texas, Nuovo Messico, Arizona e California e divenne uno stato ricco e potente, ma l'insurrezione delle colonie schiaviste del Sud contro il Cancelliere Abramo Lincoln portò alla Guerra di Indipendenza Americana, con cui le colonie schiaviste tentarono di rendersi indipendenti da Washington (nuova capitale della Nuova Britannia) e di fondare gli Stati Uniti d'America. Dopo la sconfitta nella Battaglia di Gettysburg del 1°-3 luglio 1863 ad opera del generale italiano Giuseppe Garibaldi, di idee fortemente antischiaviste, le colonie ribelli furono riconquistate. Il 1° luglio 1867 anche il Canada fu eletto a Regno autonomo con un proprio Senato. Dopo la vittoriosa Guerra di Crimea contro l'Impero Russo e il mancato intervento in suo aiuto dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, suo parente, Francesco V supportò la causa del Risorgimento italiano e fu tra i primi a riconoscere il nuovo Regno d'Italia. Lo scrittore Carlo Dickens denunciò le terribili condizioni di vita dei lavoratori nelle industrie sorte come funghi nelle grandi città britanne, segnate anche per la prima volta da un pesante inquinamento; sotto il regno di Francesco V nacque il movimento socialista e le prime associazioni sindacali. Iniziò la penetrazione coloniale britanna anche nell'inesplorato interno dell'Africa: l'Impero di Francesco V era l'indiscussa prima potenza mondiale, ma dovette confrontarsi a lungo con la Russia in Asia (il cosiddetto "Grande Gioco") e con la Francia in Africa. Sposò la principessa Adelgonda di Baviera, ma morì senza figli legittimi il 20 novembre 1875 a soli 56 anni e adottò come figlia ed erede la nipote Maria Teresa Enrichetta.
Maria II Teresa (1875-1919), figlia di Ferdinando, suo fratello minore, e di Maria Dorotea di Württemberg, fu l'ultima degli Asburgo-Britannia. Salita al trono a 26 anni, il suo lungo regno, noto come "Età Teresiana", coincide con quella che è passata alla storia come Belle Époque, ed è considerata un'epoca di grande splendore per l'impero di Britannia, per via del notevole sviluppo industriale, culturale, politico, scientifico e militare, e ancor oggi tale epoca è vagheggiata e rimpianta. A poco poco l'imperatrice, dal forte carisma in grado di influenzare anche le scelte politiche dei suoi Cancellieri, si trasformò in un'icona nazionale che incarnava il modello dei forti valori della tradizione britanna e la morale un po' bacchettona tipica di quell'epoca. Nel 1885 si arrivò finalmente al suffragio universale maschile, ma le femministe (dette suffragette) iniziarono una dura battaglia per estendere il voto alle donne. Con le Guerre Boere anche il Sudafrica entrò a far parte dell'impero coloniale britanno, mentre Australia e Nuova Caledonia vennero elevate a Regni autonomi. Nel 1898 l'imperatrice cinese Cixi con un colpo di stato fece incarcerare il nipote Guanxu e ordinò la cacciata di tutti gli stranieri dal suo impero (approfittando della rivolta xenofoba dei Boxer), ma un corpo di spedizione britanno occupò Pechino e Maria II Teresa fu incoronata anche Imperatrice della Cina, mentre la Russia occupava Mongolia e Manciuria, il Giappone la Corea e Taiwan, e la Francia l'isola di Hainan. A Maria II Teresa venne proposto di sposare il Re Ludovico III di Baviera, ma ella, durante un viaggio in Italia, paese del quale era innamorata, conobbe Amedeo, Duca d'Aosta e figlio cadetto del primo Re d'Italia Vittorio Emanuele II di Savoia-Carignano: fu un colpo di fulmine e i due si sposarono, avendo ben nove figli. Durante il suo regno si approfondì il solco tra gli Asburgo di Britannia e gli Asburgo d'Austria, anche per via della sempre più solida amicizia tra Britannia e Italia (con il consenso e l'aiuto britanno l'Italia iniziò una politica di espansione coloniale e conquistò Tunisia, Eritrea, Somalia, Libia, Togo, Camerun, Tanganica e il Borneo settentrionale) e per l'"alleanza nibelungica" sempre più stretta tra Vienna e Berlino, dato che il Kaiser Guglielmo II non faceva mistero di voler sostituire la Britannia come potenza egemone nel mondo. Dopo che l'incidente di Fascioda nel 1898 rischiò di portare ad una nuova Guerra dei Sette Anni con la Francia per questioni coloniali, con la mediazione italiana e neobritanna si arrivò dopo quasi sei secoli alla distensione tra Londra e Parigi, e nel 1905 fu firmata l'Intesa Cordiale tra Britannia, Francia e Italia, le tre maggiori potenze coloniali in Africa, che poi divenne la Quadruplice Intesa con l'adesione della Russia. Ad essa si oppose la Quadruplice Alleanza tra Germania, Austria-Ungheria, Spagna e Turchia. L'affondamento del "Titanus", transatlantico orgoglio dell'ingegneria britanna, nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912, e lo scoppio della Grande Guerra in seguito all'attentato di Sarajevo il 28 luglio 1914 posero fine all'ottimismo positivistico della Belle Époque. Il 6 febbraio 1918 l'impero di Britannia concesse finalmente il voto alle donne, dopo tante battaglie femministe. Gli ultimi anni di Maria II Teresa furono turbati dai milioni di morti provocati dal conflitto mondiale, tanto che ella si rifugiò sempre più nelle pratiche di pietà religiosa e meditò di abdicare per ritirarsi in un convento, a fatica dissuasa dal Cancelliere Davide Lloyd George. Il trattato di pace portò alla scomparsa degli antichi imperi (tedesco, austriaco, ottomano, zarista), alla fine dell'impero coloniale spagnolo (Cuba entrò a far parte della Nuova Britannia) e alla nascita dell'Unione Sovietica e della Lega delle Nazioni, patrocinata ed egemonizzata dall'alleanza tra Londra, Parigi e Roma, ma anche all'ascesa dei totalitarismi. Maria II Teresa però non fece in tempo a vederne i disastrosi effetti, poiché si spense pochi mesi dopo la fine del conflitto, il 3 febbraio 1919, vittima dell'epidemia di influenza "Spagnola".

Dinastia d'Aosta (savoiarda)
Emanuele (1919-1931, HL Emanuele Filiberto), figlio di Maria II e di Amedeo d'Aosta, fu il primo imperatore della nuova dinastia di origini savoiarde. Suo fratello Amedeo, Duca di Eburacum, il 25 aprile 1900 era stato il primo uomo al mondo a raggiungere il Polo Nord. Con il Trattato di Pace di Versailles l'Impero di Britannia incamerò territori derivati dalla spartizione dell'Impero Ottomano e dell'impero coloniale spagnolo, ma il dopoguerra fu difficile e caratterizzato da un generale impoverimento della popolazione britanna. Siccome l'Alaska era rimasta sotto sovranità russa, vi si rifugiarono dopo l'esecuzione dello Zar Nicola II vi si rifugiarono i suoi figli, sotto la protezione britanna, e quella terra divenne rifugio di tutti gli esuli russi che rifiutavano la tirannide dei Bolscevichi. Nel 1922 l'Irlanda e la Caledonia furono elevate a regni autonomi, nell'ambito dell'Impero di Britannia, con lo stesso status dei regni d'oltremare. La Nuova Britannia conobbe una prepotente ascesa economica che ne fece la prima potenza industriale del mondo, sorpassando la madrepatria (sono questi i "Ruggenti Anni Venti"), ma la crisi del 1929 con il disastroso crollo della Borsa di Londra portò miseria, disoccupazione e malcontento politico. Alle successive elezioni politiche prese il potere per la prima volta il Partito Laburista, che mise in atto una grandiosa politica di riforme sociali e di lavori pubblici per creare posti di lavoro. Gli Statuti di Westminster del 1931 concessero l'indipendenza ai regni che riconoscevano l'imperatore Emanuele come loro monarca, e l'Impero assunse una forma federale (Confederazione di Britannia). Furono innalzati a regni autonomi anche Egitto, Sudafrica e India, quest'ultima con la mediazione del carismatico leader indù Mohandas Gandhi, detto il Mahatma ("Grande Anima"). In Italia nel difficile dopoguerra si succedette una serie di governi socialisti guidati da Filippo Turati e Ivanoe Bonomi, ma la monarchia, molto popolare dopo la vittoria nella Grande Guerra, non fu mai messa in discussione. Emanuele si spense il 25 aprile 1931 a 62 anni a causa di un enfisema polmonare.
Amedeo I (1931-1942), figlio di Emanuele e di Elena d'Orléans, pronipote del Re di Francia Luigi Filippo d'Orléans, assistette all'ascesa di Hitler che si proclamò Kaiser e sfruttò il revanscismo tedesco e l'odio antisemita per cercare di ricostruire una Germania imperiale e sostituire la Britannia come prima potenza mondiale. Contrario alla politica di acquiescenza alle pretese tedesche portata avanti dal Cancelliere Neville Chamberlain e dal Primo Ministro italiano, il socialista Benito Mussolini, non poté evitare che Hitler annettesse Saar, Austria, i Sudeti e la Boemia. L'invasione della Polonia il 1° settembre 1939, portata avanti di concerto con il dittatore sovietico Stalin, portò allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, cui Amedeo prese parte in prima persona come comandante delle truppe, e per questo si guadagnò il titolo di "Imperatore di Ferro". Inizialmente Hitler colse successi folgoranti: occupò in breve tempo Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia, Islanda, Francia e Italia. Mussolini cadde nella difesa di Roma, il re Vittorio Emanuele III e il governo italiano fuggirono prima in Sicilia e poi a Tunisi. Dopo il disastro militare di Dunkerque, con l'Operazione Seelöwe (Leone Marino) comandata dall'ammiraglio Erich Raeder nel settembre 1940 i nazisti sbarcarono in Britannia e in breve tempo presero Londra. Amedeo fu catturato, deportato in Germania e chiuso in un campo di concentramento dove morì di stenti il 3 marzo 1942. Hitler non nominò un nuovo imperatore di Britannia ma vi instaurò un regime di occupazione guidato da Reinhard Heydrich, che si guadagnò il poco invidiabile titolo di Boia di Londra, e dal leader collaborazionista britanno Osvaldo Mosley. Se però Hitler pensava che questo avrebbe significato la resa definitiva dei Britanni, si sbagliava: Augusto, fratello minore di Amedeo I, fuggì a Washington sotto la protezione del Cancelliere neobritanno Franklin Delano Roosevelt, fu incoronato nuovo Imperatore di Britannia e chiamò tutti i popoli liberi d'Europa alla resistenza contro l'invasore nazionalsocialista.
Sant'Augusto I (1942-1958, HL Aimone), fratello minore di Amedeo I, sposò Irene di Grecia, quartogenita del Re Costantino I di Grecia. Quando salì al trono, Hitler sembrava vicino alla vittoria totale, ma alcuni fatti capovolsero la situazione a favore del governo britanno, ora guidato da Cancelliere in esilio Winston Churchill. In Britannia, Caledonia e Irlanda scoppiò una guerriglia partigiana, analoga a quelle francese e italiana, cui i nazisti risposero con feroci rappresaglie. Il 27 maggio 1942 lo stesso Reinhard Heydrich fu assassinato a Coventry per vendicare la morte dell'imperatore Amedeo I; la vendetta di Hitler fu brutale, la città di Coventry fu rasa al suolo e tutti gli abitanti sterminati (da allora si parla di "coventrizzazione"), rinfocolando l'odio dei Britanni contro i Nazisti. L'aggressione tedesca all'URSS provocò la discesa in campo di Stalin, mentre l'attacco giapponese a Pearl Harbor contro la flotta neobritanna convinse Franklin Delano Roosevelt, fin qui restio ad inviare i propri giovani a morire in Europa, ad allearsi con l'URSS e con i governi in esilio di Francia e Italia per schiacciare il III Reich del Kaiser Adolf Hitler. Per quest'ultimo fu l'inizio della fine. Il 6 giugno 1944 ("Giorno D") le truppe britanne, canadesi e neobritanne sbarcarono in Cornovaglia, e il 25 agosto fu liberata Londra: Augusto I fece il suo trionfale ingresso in città, Osvaldo Mosley fu catturato e giustiziato. La Seconda Guerra Mondiale si concluse in Europa con il suicidio di Hitler e la resa tedesca il 7 maggio 1945, e nel Pacifico con lo sgancio di due bombe atomiche britanne sulle città nipponiche di Hiroshima e Nagasaki. In Italia, ora guidata dal popolare Alcide de Gasperi, un referendum sancì il mantenimento della monarchia dei Savoia con il 60% dei voti. La Germania fu divisa in zone di occupazione britanna, neobritanna, francese, italiana e sovietica, mentre la Conferenza di Manchester del 26 giugno 1945 segnò la nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, con sede in questa città. Come premio per il contributo dato nella guerra contro il Giappone, la Cina ottenne la piena indipendenza da Londra e fu proclamata la Repubblica, guidata dal nazionalista Chiang Kai-Shek; l'India invece continuò a restare parte dell'Impero Federale Britanno. Winston Churchill e il nuovo Cancelliere neobritanno Enrico Truman promossero la nascita della NATO, che segnò l'inizio della Guerra Fredda. La ricostruzione postbellica portò ad un nuovo boom economico, minacciato però dal rischio di guerra nucleare contro i paesi alleati dell'URSS. Nel 1948 fu definitivamente abolita la pena di morte per tutti i crimini. Un intervento congiunto britanno, francese, italiano e israeliano permise di sconfiggere il colpo di stato effettuato in Egitto da Gamal Abd el-Nasser, sostenuto dall'URSS. Considerato un eroe nazionale, e noto per le sue opere di beneficenza e per essere membro del Terz'Ordine Francescano, Augusto I morì improvvisamente il 29 gennaio 1958 a soli 57 anni per un infarto, pianto da tutto l'Impero. Fu beatificato da Giovanni Paolo II nel 1991 e canonizzato da Papa Francesco nel 2015.
Amedeo II (1958-2021), figlio di Augusto I e di Irene di Grecia, salì al trono a quattordici anni e per questo è considerato l'imperatore di Britannia con il regno più lungo (63 anni), ma fino al compimento del ventunesimo anno (cioè al 27 settembre 1964) si trovò sotto la reggenza di un consiglio di Senatori presieduto da Antonio Eden. Il 22 luglio 1964 sposò la lontana cugina Maria Beatrice di Savoia, figlia del Re d'Italia Umberto II, nota come "l'Imperatrice Titti", da cui ebbe quattro figli, tra cui l'erede al trono Augusto. Sotto il suo lungo regno iniziò la decolonizzazione: le colonie francesi, italiane, portoghesi e belghe ottennero pacificamente l'indipendenza, mentre molti stati dell'Impero Federale Britanno (come Kenya, Uganda, Botswana, Zimbabwe, Vanuatu) decisero di lasciarlo per assumere lo status di repubbliche, pur mantenendo forti legami con la madrepatria. Nonostante l'invito a partecipare come stato fondatore alla Comunità Economica Europea, l'Impero di Britannia rifiutò sempre di parteciparvi, limitandosi a stipulare accordi bilaterali con la nascente unità europea. Nel 1969 la navetta britanna Apollo 11 portò due astronauti britanni a passeggiare sul suolo lunare. Il Cancelliere Aroldo Macmillan, nonostante le perplessità di larga parte dell'opinione pubblica, decise di intervenire direttamente nella Guerra Civile Cinese in corso tra i Nazionalisti di Chang Kai-Shek e i comunisti di Mao Zedong; i lutti, le distruzioni e le violenze di quella che passò alla storia come la "Sporca Guerra" segnò profondamente una generazione intera di britanni e neobritanni. Dopo le proteste del 1968 e la fine del boom economico dovuto alla ricostruzione postbellica, il nuovo Cancelliere, il Laburista Aroldo Wilson, decise il disimpegno britanno dalla Cina; il 30 aprile 1975 ("Aprile Nero") Pechino cadde in mano ai comunisti di Hua Guofeng e Deng Xiaoping e fu proclamata la Repubblica Popolare Cinese, un evento che sconvolse l'opinione pubblica occidentale, atterrita dal timore di una vittoria comunista. L'URSS, dal canto suo, credendo che la vittoria sul capitalismo britanno fosse a portata di mano, iniziò una politica di espansione su più fronti, che la portò al collasso nel 1991 e alla fine della "Guerra Fredda". L'Impero Federale Britanno, guidato dalla Cancelliera Margherita Thatcher e dal Cancelliere neobritanno Ronaldo Reagan, rimase l'unica superpotenza mondiale, all'inizio osteggiata solo dall'ascesa della Cina come grande potenza politica ed economica dopo la fine della guerra civile. La Russia, guidata da Boris El'cin e poi dal suo delfino Grigorij Javlinskij, cercò di recuperare un ruolo di grande potenza aderendo alla neonata Unione Europea insieme agli altri paesi dell'ex blocco sovietico, di conseguenza gli anni Duemila videro la nascita di un mondo tripolare, basato sul confronto economico (e talora militare, per procura) tra Britannia, Unione Europea e Cina, quest'ultima messasi a capo dei paesi del Terzo e Quarto Mondo. L'11 settembre 2001 lo schianto di due aerei contro le torri gemelle del Centro Mondiale del Commercio a Londra, dirottati dai terroristi islamici di Al Qaeda, finanziati sottobanco da Pechino, diede il via all'intervento militare britanno in Afghanistan, Iraq, Siria e Libia, nella convinzione che chi delle tre potenze fosse riuscita a "conquistare" il mondo arabo-musulmano avrebbe vinto quella che Papa Francesco aveva battezzato la "Terza Guerra Mondiale a Pezzi". L'imperatore Amedeo II fece in tempo a vedere la crescente secolarizzazione della Britannia, la globalizzazione e la prepotente ascesa di Internet come principale mezzo di comunicazione di massa, ma morì il 1° giugno 2021 a soli 77 anni per le complicazioni seguite all'infezione da SARS-CoV-2, che provocò 8 milioni di casi e 140.000 decessi in tutta la Britannia.
Augusto II (2021-regnante, HL Aimone), figlio di Amedeo II e di Maria Beatrice di Savoia, nacque il 13 ottobre 1967. Dopo una gioventù da playboy, durante la quale conseguì comunque una laurea in economia ad Harvard, il 4 ottobre 1997 sposò Cristina di Borbone-Spagna, secondogenita del Re Juan Carlos e sorella dell'attuale Re di Spagna Filippo VI. Da lei ebbe tre figli: il primogenito Emanuele (HL Umberto), erede al trono, nato il 7 marzo 1999; il secondogenito Amedeo, nato il 24 maggio 2001; e la terzogenita Isabella, nata il 14 dicembre 2002. Emanuele, futuro imperatore, è ufficialmente fidanzato dal 2020 con la famosa attrice britanna Margherita Williams, detta Maisie, nata il 15 aprile 1997, una delle star del celebre telefilm "Il Trono di Spade"; se i due convoleranno a nozze, la Williams sarà la prima imperatrice di Britannia non di sangue blu. Salito al trono, l'imperatore Augusto II ha dovuto confrontarsi con gli strascichi della pandemia di SARS-CoV-2, con la conseguente recessione economica, con l'apparente insolubilità della questione israelo-palestinese e con la guerra di aggressione scatenata proditoriamente dal dittatore comunista cinese Xi Jinping, che il 24 febbraio 2022 ha ordinato l'invasione del Vietnam (liberatosi dal comunismo nel 1991 all'indomani della caduta dell'URSS). Nonostante l'occupazione di Hanoi, ritenuta da Xi storicamente parte della Cina, i presidente vietnamita democraticamente eletto Võ Văn Thưởng ha resistito all'invasione cinese grazie all'aperta assistenza militare della Britannia, tradizionale alleata dei vietnamiti, ma anche dell'Unione Europea. Oggi la Guerra del Vietnam resta il maggior focolaio di crisi del pianeta. Nel 2019 Sadiq Khan, leader del Partito Laburista, figlio di immigrati dall'India, è divenuto il primo Cancelliere dell'Impero di Britannia di religione islamica: sul quasi bimillenario impero britanno soffia prepotente il vento del futuro.

Lord Wilmore

L'Imperatore di Britannia Augusto II di Aosta-Britannia parla alla sua nazione in diretta streaming

L'Imperatore Augusto II di Aosta-Britannia parla alla sua nazione in diretta streaming

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Alessio Mammarella aggiunge:

Bella idea, e intriganti i nomi dei sovrani (Giovanni il Capriolo è fantastico!) L'ultima parte poi è davvero scoppiettante! Ci sono tanti spunti ucronici originali. Complimenti davvero e soprattutto grazie per questo regalo!

Cercando maggiori informazioni su una ipotetica lingua romanza britannica, ho fatto una scoperta davvero interessante:

https://ib.frath.net/w/Ill_Bethisad

Una lingua romanza britannica è stata costruita artificialmente (mescolando, immagino, la grammatica delle lingue romanze con le parole e le sonorità tipiche del gallese) e sulla base di questa lingua artistica è stato costruito un intero mondo alternativo (comunque non ucronico in senso stretto, mi par di capire).

Peccato solo che le dinastie celtiche si siano esaurite con Elisabetta e con essa quella persistenza celtica che aveva permeato fino ad allora tutta l'ucronia (al punto di non avere sovrani anglosassoni, per esempio). L'ucronia resta bellissima lo stesso, e del resto era inevitabile che a un certo punto la dinastia reale britannica non restasse isolata ma si mescolasse con dinastie di altri paesi europei (a ben vedere anche le dinastie di regni più piccoli come la Danimarca o il Portogallo si sono internazionalizzate). Quindi arrivare all'inizio del XVII secolo con una dinastia celtica del Galles è stato già un gran colpo di ucronia.

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Non può esimersi dal dire la sua il grande *Bhrg'howidhHô(n-):

Ormai però in quest'ucronia di celtico non c’era più niente fin dai Tudur/Tudor; soprattutto, in questa ucronia la Celticità è scomparsa molto più che nella Storia reale, sommersa dalla romanizzazione (o perlomeno così ho inteso leggendo con molta attenzione dalla prima all’ultima parola e, dove caso, rileggendo più volte). Il nome celtico è come il nome latino dei Sovrani europei in Età Moderna, con la differenza che il latino si usava ancora in alcuni àmbiti, il celtico – come lingua da sempre popolare – no. Tutto normale e non toglie alcunché al valore dell’ucronia, ma che ci sia qualcosa di celtico è davvero difficile affermarlo. Un’ucronia davvero celtica sarebbe completamente diversa (e, ripeto, non penso assolutamente che sarebbe migliore; solo molto diversa).

Chiarisco, prima di rischiare un equivoco: è evidente che questa ucronia non poteva essere celtica, perché il suo scopo dichiarato (e, oserei dire, il suo primo motivo di interesse) era di presentare una continuazione dell’Impero Romano (nella fattispecie in Britannia). Certo, sarebbe stato possibile anche una riceltizzazione dell’Impero Romano delle Gallie e delle Britannie (così come l’Impero Romano d’Oriente si è riellenizzato, anzi non ha mai smesso di essere greco), ma è altrettanto chiaro che la ‘tentazione’ di incorporare la celebre ucronia del britannoromanzo era irresistibile. Dopo averla letta (e solo dopo averla letta) mi è sembrato che si potesse sintetizzare in questa formula (cerco sempre una formula che sintetizzi queste lunghe ucronie):

- l’Impero delle Gallie, migrato in Britannia, è fra quelli successori dell’Impero Romano;
- la Britannia si latinizza;
- vengono respinti gli Anglo-Sassoni (Juti &c.);
- gli Imperatori sono i Re di Britannia, poi di Gwynedd, i Mic Ailpín (con parentesi danese), Normanni, di nuovo Gwynedd, Tudur, Estensi e Savoia-Aosta;
- la Britannia rimane cattolica;
- non nascono gli Stati Uniti;
- brevi fasi napoleonica e nazista;
- guerra con la Cina.

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Questo invece è il parere in merito di William Riker:

Vi sono almeno tre "ucronie nell'ucronia" che varrebbe la pena di esplorare:

1) Si è detto che l'imperatore Meridio (1367-1406) tentò invano di unificare le due corone imperiali d’occidente, facendosi eleggere Sacro Romano Imperatore, ma gli Asburgo o un'altra dinastia germanica gli sbarrarono il passo. Ma se ce la facesse, la Britannia, oltre che della Francia, diverrebbe padrona anche della Germania e dell'Italia centrosettentrionale e forse, in prospettiva, anche dell'Ungheria. Che accade se avviene proprio così?

2) la Guerra di Successione Spagnola si conclude come in HL con la fine del predominio spagnolo sull’Italia: se Giovanni Churchill non cade in disgrazia, la Spagna va all’Austria? Con quali conseguenze? E la Britannia resta a guardare?

3) Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este ra figlio adottivo di Francesco V tranne che per l’Eredità Stuarda, che però qui non c’è (né sussiste il divieto di Successione per i figli adottivi), quindi era perlomeno possibile che succedesse lui a Francesco V, al posto di Maria II Teresa. E se la corona dell'Impero di Britannia toccasse a lui, lasciando al nipote Carlo, come in HL, la successione al trono della Duplice? A questo punto sarebbe stato difficile che scoppiasse la Prima Guerra Mondiale come la conosciamo e la storia del Secolo Breve sarebbe stata completamente stravolta...

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E queste sono le postille numismatiche dell'esperto Enrico Pizzo:

Aggiungo un particolare: nel 774 l'Imperatore Grato fece voto di inviare ogni anno alla Chiesa del "Dei apostolo beato Petro clavigero regni cœlorum" la somma di 365 Mancusi "pro alimoniis pauperum et luminarium concinnatione emittere, quod et fecit".
Conosciamo questo episodio grazie ad una lettera che Papa Leone III inviò a Quinzio in cui il Pontefice invitava il nuovo Imperatore a rinnovare il voto del suo predecessore.

Aggiungo anche che l'Imperatore Leone II è ricordato, il 16 Agosto 1257, per il suo velleitario tentativo di ripristinare la coniazione dell'oro nell'Impero Britanno.
Coniazione che si era interrotta quando Grato, circa 400 anni prima, seguendo l'esempio Franco aveva demonetizzato il metallo giallo relegandolo al solo ruolo di mezzo per il pagamento dei tributi Papali.
L'esperimento di Leone è interessante perché:

1 - la moneta non era coniata all'antico peso di 1/72 di Libbra Romana bensì ad 1/112
2 - era tariffata a 20 Denari d'argento
3 - non portava l'antico nome di Solido bensì quello, decisamente insolito, di Denario

Materialmente prodotto nella Zecca Devana, il pezzo non incontrò il favore del pubblico.
Nel 1264, per cercare di migliorarne l'apprezzamento, Leone ne elevò il valore a 24 Denari, o 2 Solidi di conto Britanni.
Anche questo tentativo fallì e, con Decreto Imperiale, nel 1270 venne ritirata dalla circolazione.

Invece il regno dell'Imperatore Teodoro II è ricordato per la reintroduzione, questa volta definitiva, dell'oro nella monetazione dell'Impero Britanno.
La prima emissione, 1343, era battuta al peso di 1/47 di Libbra Romana, tariffata a 6 Solidi d'argento, o 72 Denari, e conosciuta come " Fiorino ".
Si trattò di un esperimento di breve durata, già nel 1344 il Fiorino era sostituito dal " Nobile ", un pezzo battuto al peso di 2/73 di Libbra Romana e tariffato a 6 Solidi e 8 Denari.
Il Nobile, pur in presenza di modifiche al peso ed alla tariffa durerà fino al 1464 quando l'Imperatore Ennio lo sostituirà col Reale.

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Chiudiamo con la domanda di Dans:

Dì, *Bhrg'howidhHô(n-), cosa ne pensi dell'etimologia celtica di Milano come "medhelanon", cioè "luogo di perfezione", riapparsa sui giornali in occasione del 2590° anniversario della fondazione della città?

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Così gli risponde l'interpellato:

L'ho vista e non capisco da dove nasca. La forma originaria del nome, inequivocabilmente attestata da Polibio e confermata dalle iscrizioni celtiche di Milano, è Mediolânon (localmente Medjolânon), con accento sulla prima /o/. *Medios significa "medio" (dall'indoeuropeo *medhyos) e *lânon può significare "pieno" (dall'indoeuropeo *ploh1no-s "riempito") oppure forse "piano" (dall'indoeuropeo *plh2no-m "spianato"). Si parafrasa dal secondo elemento: "pieno nel mezzo" o "piano nel mezzo". Il "pieno" (= terrapieno) o "piano" è il rialzo di 2 m sul livello del terreno circostante, dall'attuale Castello all'attuale Duomo; quando la zona era ancora impaludata si trattava di una penisoletta asciutta. Ci sono altre 57 località con tale nome nell'Europa antica. Quando un territorio era chiamato "Mediolânon" si trattava del centro della *toutâ o comunità politica, corrispondente dal punto di vista territoriale alla Cîuitâs repubblicana, al Mûnicipium imperiale, alla Diocesi cristiana, al Contado medioevale e alla Provincia attuale.

Ci sono altre proposte etimologiche: una latina (*mediol-ânum "relativo al piccolo *mediolus o canale tra due fiumi) che non spiega le località fuori dall'Impero; due germaniche (*Medilandan "terra di mezzo" e *Maialandan "terra di maggio") e una neoceltica (me-vlann "lana di mezzo") che non spiegano le forme antiche; una etrusca (*mete-lane) che non giustifica la quantità lunga di /a/.

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