COGNOMI LONATESI

Cognomi lonatesi Due stemmi Piantanida scomparsi Distribuzione dei miei cognomi in Italia Origine dei miei cognomi Curiosità


(da "La Nona Campana", giugno 1993)

I primi cognomi lonatesi che gli archivi ci consegnano sono della fine del Duecento. Lamperti, Piantanida, Bonalanza, Ferrario, Spezzi, Tacchi, Canziani, Cucchi sono presenti fin da allora a Lonate, luogo che poteva fregiarsi del titolo di borgo, certamente a riflesso del suo dinamismo socio-economico. Vi abitavano ed operavano anche uomini di famiglie poi scomparse, come Bolzoni, Maroni, Carcano, Gennari: uomini importanti nella vita pubblica perché connotati con titoli di magister, ser o dominus, perciò viventi situazioni sociali paragonabili a quelle odierne del maestro artigiano, del ricco mercante, del professionista o dell'aristocratico. Abitavano nelle brevi contrade convergenti verso piazza San Nazaro e verso piazza Grande, contrade i cui nomi latini (Capovico, Borgo, Monte, Valletta) e barbarici (Vertemasso, Mara) sottendono presenza precedente di longobardi, di romani, di celti, popolazioni di sangue e costumi differenti.

Le carte del Trecento aggiungono come residenti in loco le famiglie Motella, Magrizani, Guidi, tutte con domini, e la famiglia Serugeri con magistri.

Le carte notarili della fine del Quattrocento propongono vari elenchi di capifamiglia membri della "vicinanza", cioè residenti e proprietari nel borgo. Da questi elenchi, messi a confronto, si può dedurre il quadro completo, o quasi, dei cognomi lonatesi del tempo. Non sono più di una trentina i cognomi che compaiono almeno due volte nello stesso atto, cioè per due ceppi familiari: Azzoni, Bodio, Bonalanza, Cani, Canziani, Cavestri, Cucchi, Ferrario, Fossati, Gennari, Guidi, Lamperti, Luoni, Mairani, Masera, Motella, Piantanida, Rossi, Serugeri, Spezzi, Tacchi, Tapella. Compaiono una sola volta uomini provenienti da località del circondario: con essi i cognomi Brusatori, Gallazzi, Maridati e Scrosati.

Nel contempo c'erano lonatesi purosangue che se ne andavano altrove. Sappiamo di un Tacchi attivo a Lodi intorno al 1390, di un altro Tacchi erborista presso la duchessa d'Orléans nel 1403, di un Fossati che nel 1423 operava a Ginevra, del celebre Antonio "da Lonate" e di altri ingegneri lonatesi attivi nel ducato di Milano o in Piemonte durante il Cinquecento e nel primo Seicento.

Lo stato delle anime del 1574 ed i coevi registri anagrafici della parrocchia consentono di contare 130 cognomi su 1600 anime. Tra i cognomi nuovi ricorrono più spesso i seguenti: Agnelli, Arbini, Barbera, Bertolli, Bottarini, Bottiani, Fracisco, Garatti, Giudici, Locati, Magnaghi, Milani, Mismirigo, Perotti, Petroncino, Rabolli, Regalia, Repossi, Risi, Simoni e Zaro. Ma ad un esame più attento alcuni cognomi dell'epoca si rivelano nuclei di gruppi familiari particolarmente numerosi: Fracisco e Regalia sono nuclei del gruppo Piantanida, Bottarini e Garatti del gruppo Azzoni. Negli stessi anni entravano in circuito cognomi compositi, riflettenti nozze tra famiglie: tali sono i cognomi Spezzibottiani, Simontacchi, Rossibertolli.

Prima della peste del 1630 il borgo contava quasi 2000 abitanti. Dopo la peste e dopo l'invasione franco-sabauda del 1636 Lonate declina. Si allontanano famiglie che per secoli avevano brillato per titoli onorifici, per ricchezza e iniziative, come i Carcano, i Gennari, i Guidi, gli Azzoni e i Piantanida Modoni. Nel 1702 in un ricorso all'autorità superiore gli amministratori comunali con amara ironia definivano Lonate un "insigne borgo, più insigne per debiti".

Le carte compilate per il catasto degli anni 1722 e seguenti introducono cognomi quali Airoldi, Derla, Soldavini, Vizzolini. Intanto si estinguevano i Bodio, già benemeriti in loco.

Nel Settecento in Lombardia non compare più la peste, la situazione sanitaria migliora. Per questo, nonostante tutto, nel 1824, secondo lo stato delle anime, Lonate conta 2500 abitanti, raggruppabili però sotto 90 cognomi soltanto, indizio di stagnazione socio-economica. Pochi i cognomi nuovi: Gatti, Landoni, Moro, Nerviani, Rosa, Rostoni, Rudoni, Ruggeri.

Con un balzo si arriva allo stato delle anime ben articolato dell'anno 1897, quando la parrocchia di Lonate contava 4000 anime o poco più. I cognomi che si dividevano il paese erano soltanto 130. La maggior parte dei nuclei familiari, qualcuno perfino di 20 persone, conservavano struttura patriarcale. Dominava su tutti il cognome Regalia, proprio di 64 famiglie; 40 erano le famiglie Ferrario, 35 le Arbini, 32 le Milani, 30 le famiglie con il cognome Bottarini, 28 Locati, 27 Soldavini, 26 Giudici, 23 Bottini, 22 Rossibertolli, 17 Moro, 16 Simontacchi ecc. ecc. Donde, per distinguersi, la necessità di soprannomi: ben 15 ne correvano nell'ambito del gruppo Regalia (Busmin, Buleta, Cichela, Curer ecc.), altrettanti tra i Ferrario (Fant, Mangiavin, Punciunin, Svizer ecc.). Come si vede, alcune famiglie, arrivate tardi, si erano moltiplicate in pochi decenni; altre invece, già importanti, erano quasi scomparse (Piantanida erano soltanto 5 famiglie, Tapella 2). L'abitato rimaneva d'impianto medievale: contrada Monte contava all'epoca 40 numeri civici, Valletta e Capo di Sopra 32, contrada Borgo 30, Vertemasso 25, Mara 8, piazza Grande 34, Lisenzio 14.

Il paese era fondamentalmente contadino. I pochi immigrati erano quasi tutti lombardi, un capofamiglia Bacci veniva dalla Toscana, sorprende incontrare in contrada Valletta certo Dabbi Calil, di anni 22. Merita attenzione la presenza a Lonate nel 1897 di almeno 15 capifamiglia figli di N. N., "esposti" che gli ospedali milanesi avevano affidato a balie del contado: ovviamente si erano trovati bene a Lonate, cresciuti non avevano voluto abbandonare le famiglie e il paese, e vi si erano sposati.

Parecchi lonatesi invece continuavano a cercare fortuna altrove, lontano, fin dal 1850. Il dottor Ernesto Milani ne ha pubblicato l'elenco pochi anni fa: 150 nomi, per lo più di giovani, emigrati da Lonate in meno di 50 anni. E molti altri se ne andarono fra il 1897 e il 1920. In quegli anni Lonate non aveva energie proprie per modernizzarsi: gli imprenditori Sormani, Vannoni, Bossi, Varzi, tutti forestieri, richiedevano manodopera prevalentemente femminile e stagionale. La povertà dell'economia lonatese induceva i maschi ad affrontare l'avventura d'oltreoceano. Prima di essere spremuto dall'imprenditoria imperialistica, poteva toccare all'emigrante, giunto nella mitica regione dell'Eldorado, di dormire 15 giorni per terra. Ma fu anche grazie ai sacrifici degli "americani", se Lonate divenne in pochi anni più grande e più bella.

Non vi figuravano ancora nel 1897 cognomi che oggi occupano parecchie righe nella rubrica telefonica, quali Ardenghi, Bergamaschi, Bonavitacola, Bonetti, Carraro, Cavenati, Colnago, Fumagalli, Lanceni, Marino, Nisoli, Poloni, Resmini, Roncolato, Russo, Verderio. I portatori di questi cognomi giunsero a Lonate a poco a poco nei decenni seguenti, i primi dalla Bergamasca, altri dal Veneto, altri infine dal Meridione: uomini attratti dalle maggiori possibilità di lavoro finalmente offerte dallo sviluppo seppure tardivo dell'industria lonatese, sviluppo accelerato nel secondo dopoguerra, ma disposti anche a svolgere lavori umili e faticosi, in agricoltura e in altri settori disertati dai nativi.

Oggi gli abitanti di Lonate, centro ulteriormente ingrandito ed abbellito, sono oltre 10.000. I cognomi sulla rubrica telefonica sono 1200. Ed aumenteranno ancora, per tante ragioni, sempre più differenziati grazie ad apporti di terre lontane. Un tempo infatti erano i lonatesi ad emigrare in terre lontane, mentre ora sono i lavoratori dell'Africa, del Sudamerica, del mondo arabo a venire a cercare fortuna da noi. Così gira la ruota della storia...


DUE STEMMI PIANTANIDA SCOMPARSI

(da "La Nona Campana", luglio 2023)

A sinistra: lo stemma Piantanida nello stemmario Cremosano del 1673. A destra: lo stemma di marmo scheggiato di via Garibaldi

II 12 novembre 1575 il notaio Giovanni Pietro Repossi fu condotto ad una casa di Tommaso Modoni di Lonate. Gli fu mostrato, alla presenza di Francesco Piantanida e di don Luigi Modoni, uno stemma della famiglia Piantanida dipinto sotto un "portico vecchio". Rappresentava un'aquila nera in campo giallo con una banda trasversale e due piante con nidi in cima in campo rosso: lo stesso disegno che si ritrova nei più importanti stemmari della nobiltà lombarda. Era dipinto sotto un portico e dall'aspetto mostrava di avere almeno cent'anni. La casa era stata acquistata dai Modoni e da loro restaurata dopo le nozze, celebrate nel secolo precedente, di una figlia di messer Gabrio Piantanida con un antenato di Tommaso Modoni. Al sopralluogo erano presenti, con il notaio e suo figlio Giovanni Paolo, i messeri Stefano Carcano e Gerolamo Modoni, figlio del defunto Gabrio Modoni. Firmarono la carta Tommaso Modoni di anni 80, don Luigi Modoni di anni 70 e Francesco Piantanida di anni 65. In testa alla carta il notaio scrisse: « Questa carta abbia valore giuridico (vim legis) », e la conservò tra i suoi atti. Purtroppo la carta del notaio Repossi non dice in quale contrada del borgo fosse ubicato il portico con Io stemma, ed è difficile pensare che quel dipinto possa essere giunto fino ai nostri giorni.

I nomi dei personaggi indicati trovano riscontro in altre carte di quel tempo. Nello stato delle anime di Lonate del 1574 è possibile i nomi dei presenti al sopralluogo, con la loro età e le loro proprietà. Il notaio Repossi aveva allora 56 anni, abitava in una casa sul lato ovest della contrada Borgo (oggi via Roma). Tomaso Modoni, "magnifico messere", aveva 74 anni, don Luigi Modoni ne aveva 68; abitavano anch'essi in contrada Borgo, lato ovest, una casa nobiliare sull'angolo delle attuali via Roma e via Lisenzio. Di Francesco Piantanida lo stato delle anime ci dà le proprietà in Lonate, ma non l'età, perché Francesco non abitava più a Lonate. Vi manteneva però delle proprietà: una casa in contrada Vertemasso (oggi via Cavour) e due case con cortile in contrada di Sopra (oggi via Garibaldi). I Piantanida erano già abitanti e possidenti a Lonate alla fine del Duecento, i Modoni invece figurano tra i nobili locali soltanto dal censimento del 1537. Don Luigi Modoni lasciò testimonianza di sé nella chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio nei dipinti della cappella di San Pietro Martire, tornati alla luce nel 1997: secondo la scritta interna alla cappella, nel 1572 li pagò lui in quanto cappellano al pittore milanese Giovanni Andrea Pellegrini.

Ai Piantanida risalivano due domus monastiche medievali di Lonate: quella di Pagano Piantanida, unitasi intorno al 1420 alla domus Gennari (poi monastero di San Michele), e quella di donna Fina Piantanida (detta di san Francesco), unita da san Carlo nel 1567 al monastero di San Michele. I Piantanida si trapiantarono altrove, non solo a Ferno; oggi a Lonate sono estinti. Una testimonianza presumibilmente della domus di Pagano Piantanida è emersa nel 1986 durante lavori di ristrutturazione di uno stabile di proprietà Zaro, corrispondente al mappate 3704 del catasto di Maria Teresa, oggi numero 14 di via Garibaldi: uno stemma incorniciato in marmo bianco, sfortunatamente con lo stemma scheggiato, dei Piantanida, recuperato da una parete intonacata. Purtroppo di questa testimonianza si persero le tracce non molto tempo dopo la scoperta. Di essa rimane però la foto, visibile qui sopra.

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CENSIMENTO DEI FOCOLARI, ANNO 1537

(da "La Nona Campana", ottobre 2023)

Nell'Archivio di Stato di Milano, e precisamente nel fondo Censo, ci sono fascicoli riguardanti diverse pievi civili datati 1537, contenenti elenchi di capifamiglia di ogni paese. Nel fascicolo della pieve di Gallarate troviamo Lonate che, a differenza degli altri paesi, non ha uno, ma due elenchi. L'elenco datato 14 agosto si apre con questa dicitura:

"Descretione fatta nel borgo di Lonate Pozoldo per me Gio. Battista Tutto, havuto nelle mani el libro del postero et la lista delli capi di casa dato dal console..."

Seguono die suprascripto gli elenchi di Arnate, Cassina Verghera, Ferno, Samarate. Quindi la raccolta dati nel Gallaratese è avvenuta nello stesso giorno, presumibilmente in presenza di un delegato del podestà di Gallarate. Per Lonate, borgo, si rese necessario un elenco più dettagliato, che si fece in data 25 agosto in presenza del luogotenente del podestà locale, del console Michele Rossi e di Filippo Spezzi, e che fu intitolato "Revisione delli foculari...". Il titolo dà senso anche agli elenchi degli altri paesi.

Per Lonate nell'elenco del 14 agosto sono inclusi in tutto 124 focolari: tale numero è la somma di 9 monasteri, 6 preti (compresi i 2 rettori), 7 gentiluomini, 102 vicini. Questi ultimi erano tutti massari o braccianti, tranne 2 osti, 2 sarti, 2 molinari, 2 pellicciai. Ecco a confronto le risultanze di altri elenchi. Per Amate sono registrati 9 capifamiglia: un fattore, un mastro di legname, massari o brazanti gli altri. Anche a Cassina Verghera sono tutti massari o brazanti i 12 elencati tranne un "farero de bovi", cioè un maniscalco. I nominativi in elenco per Sant'Antonino sono 24: un "gentilomo" (Gio. Antonio Meda), il rettore o parroco (Andrea Piantanida), 19 tra massari e braccianti, un mastro di legname, un cribratore di biade e un tessitore di fustagno. Per Ferno l'elenco comprende il nobile Leone Vismara, il prete Francesco Zocchi, 23 nominativi di cui 16 di massari e 7 di braccianti.

Come si può notare, quasi tutti i capifamiglia erano massari e brazanti, cioè lavoratori della terra. Avevano tutti un casa con annesso un rustico, ed erano legati al padrone da un contratto colonico, ma, mentre il massaro possedeva animale da lavoro carro e aratro, il bracciante non aveva che le proprie braccia per lavorare. Facile concludere che il massaro a differenza del bracciante era in condizione di coltivare una maggiore estensione di terreno grazie ai superiori mezzi di lavoro.

Nell'elenco di Lonate del 24 agosto, più ricco di informazioni, sono conteggiati 6 preti, 9 monasteri e, separatamente, 125 nominativi di capifamiglia (de capite), con l'annotazione finale che 8 capifamiglia "non hanno voluto dare il nome". Rispetto all'elenco precedente ci sono 15 nominativi in più, e sono indicati non solo massari e braccianti ma anche altri mestieri dei capifamiglia. Si contano 1 notaio, 1 postero, 1 custode del comune, 1 mercante di fustagno, 3 pellicciai, 2 osti, 1 sarto, 2 o 3 caligari (calzolai), 1 cuoiaio (che fa soghe), almeno 5 muratori, 2 fabbri ferrai, 1 cribratore, 2 molinari, 1 pescatore, 1 camparo del Naviglio, 1 navarolo (conduttore di barconi sul Naviglio), 1 portinaio (conduttore di traghetto sul Ticino). Insieme a questi elenchi ce ne sono per Lonate altri tre senza data, in grafia e su carta diversa, per "bocche": uno dei vicini, uno di preti e monache, uno con i gentiluomini proprietari di beni in Lonate ma abitanti altrove.

La collocazione di questi elenchi manoscritti (fondo Censo) in archivio suggerisce che il censimento doveva avere uno scopo fiscale. Il governo spagnolo si era appena insediato, nel 1535. Le battute decisive (anni 1521-29) della lotta tra Francesco I di Francia e Carlo V per il controllo dell'Italia settentrionale avevano molto impoverito l'economia milanese, che in precedenza era florida. Il bilancio preventivo dello Stato di Milano del 1536, come scrive lo storico Domenico Sella, prevedeva un gettito fiscale di un milione di lire, mentre vent'anni prima era di 2 milioni e mezzo. Nel 1636 fu istituito il famigerato mensuale, che consisteva in un prelievo mensile di 20.000 scudi d'oro, da riscuotere in città mediante i numerosi dazi che colpivano il commercio nel contado con imposte dirette come il perticato (imposta sui terreni), il testatico (sulle persone) e l'imbottato (sui raccolti agricoli).


DISTRIBUZIONE DEI MIEI COGNOMI IN ITALIA

Ed ora una mappa, ricavata dal sito GENS ITALIA, che mostra la distribuzione geografica del cognome Soldavini, quello di mia madre, lungo la penisola italiana:

Dove sono distribuiti i Soldavini in Italia?

Quest'altra carta mostra invece la distribuzione del cognome Boschetto, quello di mio padre:

Dove sono distribuiti i Soldavini in Italia?

Consiglio anche a voi, se volete, di cercare su quel sito la distribuzione geografica del vostro cognome!!

Utilizzando invece il servizio di conteggio dei cognomi italiani di Pagine Bianche, raggiungibile a questo indirizzo, ho trovato che sugli elenchi telefonici italiani compaiono:

1) 496 Boschetto (il cognome di mio padre, di chiara origine veneta);

2) 76 Soldavini (il cognome di mia madre; come si è visto sopra, già attestato nel 1722);

3) solo 3 Mismirigo (il cognome di mia nonna materna, da me ritrovato già nel 1574);

4) e ben 56.609 Rossi (il cognome di mia nonna paterna).

Quella che vedete qui sotto è invece la distribuzione del cognome  nelle province lombarde nel giugno 2024, tratta dal sito cognomix:


PRESUNTA ORIGINE DEI MIEI COGNOMI

L'origine del cognome di mio padre, Boschetto, è stata gentilmente analizzata dal dottor Giorgio de Rienzo sul "Corriere della Sera" nella sua rubrica "Cognomi e Comuni". È molto diffuso in Veneto, ma anche in Lombardia, specialmente nella sua versione Boschetti. Ci troviamo di fronte, sostiene il dr. de Rienzo, ad un toponimo, dal nome cioè di una località (es. una cascina sita in zona boschiva), oppure ad un soprannome stabilizzatosi fin dal Medioevo, dato a persona che vivesse o lavorasse in un bosco, ma anche che avesse un carattere scontroso (visto il mio temperamento, c'è da crederci...)

A proposito invece del cognome di mia mamma, Soldavini, alcuni lo ritengono la fusione di due cognomi preesistenti, Solda e Bini. Il mio amico Guido Borghi, ricercatore presso l'università di Genova, ha avanzato invece tre proposte, anche se afferma che una è da scartare a priori per mancanza di riscontri.

1) La possibilità da scartare è che si tratti di un etnico riferito a un'ipotetica località *Saldavo / *Saldava o *Soldavo / *Soldava; infatti non si trova alcuna località con un nome del genere, anche se nulla vieta che sia esistita in passato (magari fuori Lonate) ed oggi dimenticata.

2) Potrebbe invece trattarsi di un composto romanzo: *Solida-vino "che ispessisce il vino". È piuttosto diffuso il cognome Tagliavini, il quale potrebbe significare "che annacqua il vino" (ma alcuni lo fanno derivare dal temine dialettale "tajavén", con la "e" stretta, che significa "tagliavene", ossia "cerusico", "barbiere").

3) Oppure di un composto germanico:

a) composto gotico: *Salda-winns (dal germanico *Salda-wenna-z, "che ha una lotta per il sale")

b) composto longobardo: *Salida-wënn (dal germanico *Salithu-wenna-z, "che ha una lotta in casa")

Purtroppo nessuna delle tre proposte è perspicua, commenta Guido; quella romanza é tutto sommato la più economica.

Mismirigo, il cognome di mia nonna materna, è invece sicuramente un etnico riferito al comune piemontese di Mezzomerico, in provincia di Novara, peraltro vicinissimo a Lonate (vedi fotografia sottostante). Certamente i miei antenati provenivano di là, anche se oggi è probabilmente impossibile rintracciare la data del loro "trasloco". Comunque, sempre l'amico Guido Borghi mi informa che il nome di Mezzomerico viene normalmente interpretato come derivato in -îko- (suffisso gallico che indica il territorio di appartenenza di una popolazione) dal nome del popolo dei Medio-matrikes, a sua volta "che (hanno) le lance (*matari-s "lancia") in mezzo (*medio- "mezzo")". Ciò fa dunque pensare ad antenati celti che usavano andare in battaglia con la lunga lancia in resta. Io però confesso di sentirmi piuttosto erede della cultura greca e latina, che non di quella gallica o germanica, e così mi sento di ripetere le parole del Belli: "Noi, pe' grazzia de Dio, semo romani"!!

Veduta aerea del comune piemontese di Mezzomerico

Veduta da satellite del comune piemontese di Mezzomerico (da Google Maps)


CURIOSITÀ 

Ancora alcune curiosità sul cognome Boschetto. L'amica Giulia Grazi Bracci di Empoli mi ha fatto notare come, cercando questo cognome con Google Books, lo si trova citato nell'opera digitalizzata "Storia delle belle arti in Italia" di Ferdinando Ranalli, pubblicata a Firenze nel 1856. Da esso risulta che proprio un tal Boschetto avrebbe soprinteso ai lavori di costruzione del Duomo di Pisa. Ecco il testo in questione:

[...] Ma la città di Pisa, come quella che per vantaggi di commercio era in migliori condizioni d' ogni altro paese, doveva alquanti anni dopo mostrare un ben più ardito e vigoroso esempio, che ivi e altrove fu scintilla, cui a poco a poco la gran fiamma del risorgimento delle arti secondò. Dopo le conquiste fatte in Sardegna, in Corsica e in Barberia, e dopo le vittorie riportate contro i Saracini in Egitto e in Sicilia, i Pisani si trovavano assai maggiori ricchezze, che state essi non aveano. Le quali in iscambio di adoperare per allargare ed aggrandire i loro dominii, vollero che fussino impiegate per abbellire la loro città; sì che in breve divenisse a tutte l'altre modello di grandi edifizi e di maravigliosi monumenti. La religione, che, potentissima in quel tempo, manteneva al suo servizio le arti di tutto il mondo, fu altresì quella, alla quale i pisani consacrarono i primi onori; e l'anno 1063, o 64, come altri vogliono, furono gettate le fondamenta della loro chiesa principale col disegno di un tal Boschetto, che il Vasari fa venire di Dulichio, isola greca; ma il conte Cicognara nella sua storia delta scultura, stima che il Vasari equivocasse, non bene interpretando la iscrizione posta, la quale secondo lui, ridotta a miglior lezione, mostra che il detto Boschetto non fusse di Dulichio; ma sì bene da chi intese a celebrarlo venisse paragonato per ingegno con Ulisse, duca di Dulichio, isoletta presso Itaca: sì deserta d'ogni civiltà nell' undecimo secolo, che mal si può credere, aver potuto dare un architettore come Boschetto, chiamato dallo stesso Vasari, in quell'età rarissimo.
Lasciando dall' un de' lati il quistionare intorno all' origine di Boschetto, e tenendolo pure per nostrale, prendiamo a considerare un poco la pisana cattedrale [...]

Come si legge, questo Boschetto pare fosse nativo di un'isoletta colonizzata da Venezia; e, guarda caso, proprio nel Veneto abitavano gli antenati di mio padre. Un lontano antenato? Mah...

 

Prima di chiudere, una nota scherzosa: l'islamologo Marco Lauri ha sostenuto che molti cognomi schiettamente italiani, con un po' di filologia spicciola, potrebbero essere ricondotti a parole arabe, naturalmente sbagliando. Ad esempio, il mio cognome Boschetto potrebbe essere messo in relazione ad una forma arabo-maghrebina del tipo (A)Bu- S(i)kat, "padre del silenzio" ovvero "silenzioso". Un'etimologia davvero curiosa, che non tiene conto affatto delle mie inclinazioni: chi mi conosce da vicino infatti sa che io sono silenzioso quanto Santippe!

 

Se volete maggiori informazioni, rivolgetevi alla Pro Loco di Lonate Pozzolo, indirizzo via Cavour 21, telefono 0331/301155.

 

Già che ci siete, se lo credete, potete dare un'occhiata alla cronologia della mia famiglia oltre che del mio comune, o ad alcune foto mie e dei miei antenati; altrimenti, cliccate qui e tornate indietro.


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