di Demofilo
Dopo aver scritto "L'Ascesa delle Destre" e il "Paradiso Comunista in Europa", ritorno a scrivere nella mia vecchia maniera, nella veste cioè di autentico irenista, un'ucronia europeista. Riprendo cioè una tematica che già avevo affrontato in alcune ucronie precedenti: "2 giugno 1946, la vittoria della Monarchia", "15 maggio 1949, la fine dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche", "Il Secondo Dopoguerra 1950-2000" e "L'Altra Storia d'Italia 1943-2006". La pietra angolare di questa ucronia, che non ha uno specifico POD che determina un cambiamento determinante, ma una serie di divergenze storiche che garantiscono una storia ben diversa, è la seguente: all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) nei singoli stati nazionali europei vengono premiate le coalizioni politiche europeiste di matrice moderata e riformista, che avvieranno la nascita di una solida struttura sovranazionale nel vecchio continente. Fondamentali, per lo svolgimento dei fatti, sono le vicende che potrete leggere attentamente nella già citata ucronia "15 maggio 1949, la fine dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche": termina subito la Guerra Fredda e ne nasce uno nuovo scenario geopolitico internazionale.
L'Italia
Il 2 giugno 1946 si svolgono le prime consultazioni democratiche dopo
circa vent'anni di regime. Il referedum costituzionale tra monarchia e
repubblica conferma l'istituto monarchico con due milioni di voti in più della
scelta repubblicana, mentre nell'elezione dell'Assemblea Costituente viene
premiata il Partito Popolare del presidente del consiglio Alcide De Gasperi e
del suo segretario scudocrociato Giuseppe Dossetti. Umberto II e la regina Maria
Josè vengono quindi confermati sovrani della nuova Italia monarchica e
democratica mentre De Gasperi forma il suo secondo esecutivo di centro-sinistra
con i socialisti democratici di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, i
liberaldemocratici di Enrico De Nicola e Benedetto Croce e i democratici del
lavoro di Ivanoe Bonomi e Ferruccio Parri. All'opposizione vanni rispettivamente
le sinistre socialcomuniste di Pietro Nenni e Palmiro Togliatti e la destra
conservatrice di Guglielmo Giannini e Giovanni Malagodi. Il governo di
centro-sinistra e De Gasperi vennero confermati a gran voce alle elezioni
dell'aprile 1948 e lo statista trentino poteva formare il suo terzo esecutivo,
fotocopia del precedente: Pertini vicepresidente con delega alla difesa,
Dossetti agli esteri, Bonomi all'interno, Giuseppe Romita alla grazia e
giustizia, il tecnico economica Luigi Einaudi al superministero dell'economia,
finanza, bilancio e programmazione economica e sviluppo indutriale mentre alla
pubblica istruzione andava il latinista e rettore emerito dell'università di
Padova Comcetto Marchesi mentre alla cultura andava Croce e Giorgio La Pira alla
sanità. Re Umberto II nominò senatori a vita don Luigi Sturzo, Enrico De
Nicola, Francesco Saverio Nitti e Vittorio Emanuele Orlando mentre la
ricostruzione e lo sviluppo del paese continuavano in modo incessante. Il
secondo governo De Gasperi terminò con la fine della prima legislatura del
nuovo corso monarchico. L'esecutivo del centro-sinistra aveva completato la
ricostruzione materiale del paese, aveva governato uno sviluppo sostenibile che
potesse essere parallelo ad una forte legislazione sociale ed aveva puntato ad
una nuova politica energetica con l'accordo Roma-Teheran siglato da Enrico
Mattei con l'agenzia petrolifera iraniana. Nel 1953 De Gasperi decise di non
candidarsi per problemi di salute. Suo sostituto da Sandro Pertini, candidato
alla carica di primo ministro e sostenuto dal Partito Popolare, dai Socialisti
Democratici e dall'Unione Democratica Nazionale. La destra si presentava con
Giannini cadidato a Palazzo Chigi, la nuova sede del Consiglio dei Ministri a
Roma, sostenuto dall'Uomo Qualunque, dal Partito Conservatore di Malagodi e i
Nazionalisti di Vincenzo Selvaggi.. Le elezioni politiche del marzo 1953 diedero
la maggioranza al centro-sinistra ma confermavano il trend che vedeva ormai la
destra come unico contrappeso alla maggioranza; la sinistra socialcomunista
infatti era praticamente scomparsa visto il poco consenso elettorale e la fine
dell'Urss. Pertini fu quindi incarica da Umberto II di formare il nuovo governo:
agli esteri andò Giorgio La Pira, alla difesa fu designato Riccardo Lombardi,
all'economia fu scelto Saragat con la delega alla vicepresidenza mentre il
ministero della cultura fu assegnato a Giuseppe Ungaretti. Ricordiamo che il
nostro paese aderì alla Comunità dell'Europa Unita, nata nella primavera del
1949: lo stesso Alcide De Gasperi ne sarà il primo presidente.
La Gran
Bretagna
Le elezioni politiche del giugno 1945 diedero al Partito Laburista la
maggioranza della Camera dei Comuni e re Giorgio VI diede l'incarico al leader
laburista Clement Attlee che formò un governo di coalizione con il partito dei
liberaldemocratici inglesi, avviando un processo di fusione con la formazione
centrista e riformista britannica. Programma fondamentale di Attlee fu la
conversione dal Warfare State al Welfare State, dallo "stato di
guerra" allo "stato sociale". Tale trasformazione doveva però
entrare nei canoni dello stile anglosassone: la Gran Bretagna infatti era la
patria del liberismo e la costruzione dello Stato Sociale in "stile British"
fu adattata dall'economista Lord William Beveridge già nel 1942, in piena
guerra. Il piano Beveridge prese forma nell'estate del 1947 con l'apertura delle
prime cliniche sanitarie specializzate pubbliche a Londra e la nascita del
sistema sanitario nazionale che puntava a curare ogni individuo "dalla
culla alla bara". Non dimentichiamo poi il forte clima di concertazione con
le classi sociali che l'esecutivo ebbe, in particolare con le Trade Unions. Ma
l'avvenimento più importante fu l'adesione, nel 1949, alla Comunità
dell'Europa Unita: era un cambiamento nella linea della politica estera
britannica. Dopo anni di isolazionismo e di "missione civilizzatrice"
in giro per il mondo con l'occupazione di terre ed avamposti, la Gran Bretagna
si legava finalmente all'Europa. Nel 1951 Attlee avallò la costruzione di un
tunnel sotterraneo sotto la Manica, dopo un incontro con De Gasperi. Attlee restò
al governo con la coazione lab-lib fino al 1955, superando quindi le elezioni
politiche del febbraio 1950. Nel 1955 la maggioranza dei voti avrebbe premiato
il nuovo leader dei laburisti britannici, Harold Wilson, il quale aveva in
cantiere un'importante progetto per avviare la "decolonizzazione
solidale": il primo ministro Wilson fonderà infatti il 5 novembre 1955 il
Commonwealth, un'associazione che legava la Gran Bretagna alle sue colonie, le
quali avevano maggiori autonomie ma rientravano nell'orbita dell'influenza
britannica. La riforma del Commonwealth era stata formulata e presentata dal
James Rmsay MacDonald, primo ministro laburista tra la prima e la seconda guerra
mondiale, ma il progetto non era stato affossato con lo scoppio delle ostilità.
Tutto però era ripartito dopo il "Natale di Sangue" del 1952: il 25
dicembre infatti le truppe inglesi massacrarono 3200 indiani che manifestavano
contro l'aumento della tassa sul sale. Il leader della manifestazione, Mohandas
Karamchad Gandhi, riuscì a scampare all'attentato e il 1 gennaio 1953 scrisse
le famose "12 Asserzione per l'Indipendenza" che furono sottoscritte
dal Pandit Nehru, leader del Partito del Congresso, che riuscì a portare le
ragioni al governo di Londra, vista la posizione intransigente del governatore e
del vice-re in India. Nel 1962 l'India decise di uscire dal Commonwealth e
l'anno successivo l'Irlanda chiese la stessa cosa. Wilson allora, dopo aver
concesso ad indiani ed irlandesi l'indipendenza da Londra, riformò la
costituzione inglese con l'introduzione del federalismo.
La
Francia
Finita la Seconda Guerra Mondiale, il governo repubblicano fu retto fino
al maggio del 1946 dal maresciallo Charles De Gaulle, coordinatore della
resistenza antinazista. Era il cosiddetto governo della "concentrazione
democratica nazionale" che univa la destra liberale francese, legata alla
figura di De Gaulle, il Movimento Popolare Repubblicano Francese di Robert
Schuman e Valery Giscard d'Estaing e il Partito Socialista. Tale esecutivo
realizzò importanti nazionalizzazioni in campo finanziario ed industriale e
assicurò la ricostruzione. Tuttavia le divergenze al suo interno erano forti e
sfociarono nella famosa "crisi di Natale" del 1945. Il patto tra le
forze costituzionali fu infatti rotto e furono indette nuove elezioni per la
primavera del 1946. Si presentava prima di tutto l'Unione per la Repubblica, il
partito del presidente in carica, la destra liberale e conservatrice che aveva
raccolto anche nelle proprie file ex-esponenti del Fronte Nazionale, i centristi
del Movimento Popolare Repubblicano con Schuman candidato all'Eliseo mentre
Vincent Auriol era il candidato della Sezione Francese dell'Internazionale
Operaia. Le conusltazioni diedero una larga vittoria al cartello centrista di
Schuman che poté formare il suo primo esecutivo, dove trovavamo non solo
personalità cattolico popolari come lo stesso Giscard d'Estaing, ma anche
tecnici di estrazione liberale democratica e riformatrice e socialdemocratici
come il giovane Francois-Marie Mitterrand. Il governo francese iniziò la
ricostruzione del paese grazie soprattutto alle risorse che venivano dalle
colonie francesi in Africa ed Asia. Con il decreto "salva patria"
Schuman puntò a far affluire in Italia numerosi immigrati, soprattutto tunisini
ed algerini, che con la loro manodopera a basso prezzo garantirono poche spese e
una veloce ricostruzione degli impianti industriali che i bombardamenti avevano
gravemente danneggiato. Schuman cominciò a finanziare poi un gruppo di
scienziati con l'obbiettivo di utilizzare fonti di energia rinnovabile come
anche se il petrolio era ancora e rimarrà ancora una fonte inesauribile di
ricchezza per la Francia. Il presidente e il resposabile della diplomazia
transalpina aderirono alla Comunità dell'Europa Unita, nata nel maggio del
1949, è partita proprio in seguito ad un documento, il "Protocollo per
l'Europa", stilato dallo stesso Schuman. Nel 1951 ci furono le nuove
consultazioni elettorali: il MPRF di Schuman e Giscard d'Estaing confermò la
scelta di campo "europeista e riformista" e l'alleanza con il neonato
Partito Socialdemocratico Francese del ministro uscente Mitterrand mentre il il
cartello delle destre, l'Unione per la Repubblica, confermava l'appoggio
incondizionato al leader dell'opposizione conservatrice De Gaulle. Vinse il
governo in carica e Schuman, riconfermato a furor di popolo all'Eliseo, sede
istituzionale a Parigi, avviò un piano per la ristrutturazione dei diversi
distretti industriali francesi e investì denaro nelle nuove tecniche della
coltivazione agricola, ma non possiamo dimenticare la decisione di avviare una
veloce decolonizzazione. I reparti francesi lasciarono nel giro di tre anni, tra
il 1954 e il 1957, tutte le colonie francesi ma sul posto erano rimaste delle
squadre di civili con l'obbiettivo di risolvere problematiche nate con
l'autonomia. La bandiera però dell'esecutivo francese fu l'europeismo, valore
che Schuman aveva messo al sopra degli stessi interessi della Francia. Và in
questo senso ricordato l'accordo tra il ministro degli esteri francese Giscard
d'Estaing e il presidente dell'Europa Unita Adenauer sulla cessione di alcuni
poteri agli organi decisionali europei. Tale scelta fece infuriare la destra di
De Gaulle e alcuni ambienti dell'alta finanza e della grande borghesia ma fu
approvata dall'elettorato che confermò l'esecutivo Schuman per un terzo
mandato, fino al 1961.
La
Germania
La sconfitta nella guerra aveva portato alla divisione della Germania in
un due paesi, ma tale situazione geopolitica cambiò dopo la caduta di Stalin e
la fine dell'Unione Sovietica e del blocco orientale. Il 21 settembre 1949 a
Berlino il cancelliere tedesco Konrad Adenauer, sotto la porta di Brandeburgo,
dichiarò ufficialmente nata la nuova Repubblica Federale Unita Tedesca e il 18
ottobre dello stesso anno ci furono le prime elezioni politiche del nuovo stato,
finalmente riunificato. Fino a quel momento la parte Est, sotto l'occupazione
militare sovietica era stata governata da una giunta militare che eseguiva gli
ordini del Cremlino mentre nella parte Ovest le cose erano più complicate.
Prima di tutto la commissione alleata aveva organizzato le prime elezioni nel
gennaio del 1946 e l'esito aveva premiato l'Unione Democratica Cristiana (la Cdu)
di Adenauer e il Partito Socialdemocratico Tedesco (la Spd). Fu varato quindi un
governo "bianco-rosso" che vedeva Adenauer cancelliere e il
socialdemocratico Willy Brand ministro degli esteri. Durante il primo congresso
dell'Unione Democratica Cristiana, tenuto a Colonia nel marzo del 1947 la
componente conservatrice e liberista, guidata dall'economista Ludwig Erhard,
chiese ufficialmente la nascita di un polo conservatore da contrapporre al
socialdemocratici, che avevano intanto stretto un'intesa programmatica con i
liberaldemocatici. La posizione di Erhard prevalse e nel giugno dello stesso
anno, dopo una crisi ministeriale, nacque il secondo governo Adenauer, composto
interamente da esponenti del partito di centro. Tale esecutivo cominciò la
ricostruzione utilizzando i canoni del classico liberismo ma i sindacati
tedeschi proclamarono ben tre scioperi generali, in sei mesi, contro il mancato
aumento dei salari e la mancanza di una politica sociale. Nel 1949 il mondo
cambia e cambia quindi anche la Germania. La riunificazione infatti cambiò
radicalmente la situazione politica nel governo: in primis il cancelliere
tedesco decise di aprire l'esecutivo ai socialdemocratici e ai
liberaldemocratici convinto che i problemi della riunificazione della
ricostruzione dovevano essere affrontanti con maggioranze solide e compatte. Ma
Erhard, contrario a tale scelta, prima tentò di licenziare Adenauer durante il
consiglio nazionale del partito ma era in minoranza. Decise quindi di fondare un
nuovo partito, il Partito dei Conservatori Tedeschi (il Cpd) che si schierò
subito all'opposizione e si presentò a capo di un polo conservatore per le
prime elezioni politiche della nuova Germania riunificata. Alle politiche del
1950 si confrontarono quindi due ex-colleghi: da una parte Adenauer, a capo
dell'Intesa tra la Cdu e la Spd; dall'altra Erhard e l'alleanza tra il Cpd e
numerose liste liberiste e reazionarie. La vittoria andò ad Adeanuer che
continuò il programma che aveva impostato in precedenza, integrato dopo il
seminario di Bad Godesberg del marzo 1950: continuazione del processo federativo
europeo, costruzione del Welfare State in linea con le direttive europee,
sviluppo economico sostenibile con le richieste delle parti sociali, la
cosiddetta "concertazione renana" che avrebbe garantito l'aumento dei
salari e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Tale ricetta,
definita dagli economisti del tempo la "la via europea" poiché era
stata adottata dai paesi che nel 1949 avevano fondato la Comunità dell'Europa
Unita, fece della Germania la locomotiva del continente e la portò ad alti
livelli a livello internazionale. L'esecutivo Adenauer fu riconfermato nel 1955,
ma il cancelliere dal 1954 aveva anche la carica di presidente dell'Europa Unita
e fece combaciare gli interessi europei con quelli tedeschi. Ad ogni modo và
ricordato il gravoso compito di risanare i bilancio dello stato che erano il
tallone d'achille della repubblica tedesca; Adenauer e l'intesa
"bianco-rossa" furono riconfermati sia nel 1960, sia nel 1965. Nel
1967 Adenauer, durante il congresso della Cdu a Monaco diede le dimissioni dalla
carica di leader dell'Intesa tra democratici cristiani e socialdemocratici
tedeschi. Lo stesso anno sarà scelto il segretario della Spd, Willy Brand,
ministro degli esteri durante i ventenni di governo Adenauer.
Il
Vaticano
Con i pontefici del secondo dopoguerra, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo
VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, la Comunità dell'Europa Unita strette
un forte legame, in particolare perchè il pensiero europeista era di matrice
moderata e riformista con una massiccia presenza dei cattolici democratici e dei
cristiano sociali. In questo dopo la stessa Chiesa Cattolica inizierà un
percorso di rinnovamento e di apertura al mondo.
La
Comunità dell'Europa Unita
Il 30 aprile 1949, ad Aquisgrana, la capitale del vecchio Sacro Romano
Impero di Carlo Magno, si ritrovarono re Umberto II e il primo ministro Alcide
De Gasperi, re Giorgio VI e il primo ministro Clement Attlee, il presidente
Robert Schuman, il cancelliere Konrad Adenauer, re Leopoldo III e il primo
ministro Paul Henri Spaak, la regina Giuliana e il primo ministro Joseph Cals,
la granduchessa Carlotta e il primo ministro Gaston Thorn. E proprio in quella
sede Schuman illustrò il suo celebre "Protocollo per l'Europa", una
specie di libro bianco per la collaborazione, la costruzione e la federazione
dell'Europa Unita. Un'unità che in più occasioni era stata chiesta e proposta
anche da De Gasperi e da Adenauer, fondatori del Movimento Federalista Europeo,
guidato da Altiero Spinelli. Il protocollo prevedeva la nascita della Comunità
dell'Europa Unita una federazione appunto che univa il Regno d'Italia, il Regno
Unito di Gran Bretagna e Irlanda, la Repubblica Francese, la Repubblica Federale
Tedesca, il Regno del Belgio, il Regno dei Paesi Bassi e il Granducato del
Lussemburgo. Nasceva prima di tutto un Esecutivo Unitario Europeo con un
Consiglio di Presidenza della Comunità, composto dai capi di stato e di
governo, che aveva il compito di assegnare la carica di presidente. Il mandato
di quest'ultimo durata cinque anni, con possibile seconda rielezione, e aveva il
compito di coordinare le politiche, soprattutto diplomatiche dei paesi europei.
Nasceva l'Europa dei Sette. Ad Aquisgrana il Consiglio di Presidenza della
Comunità votò all'unanimità il primo ministro italiano Alcide De Gasperi, si
insediò ufficialmente a Palazzo Europa, a Strasburgo, capitale della nuova
federazione, nel settembre successivo. Iniziava quindi la prima legislatura
europeista. E in questi cinque anni De Gasperi completò l'abbattimento delle
dogane fra le diverse realtà nazionali (come già aveva scritto Schuman nel suo
protocollo), varò la simmetrica costruzione dello Stato Sociale Europeo, attuò
la prima riforma scolastica ed universitaria comune, lanciò il piano per la
costruzione di un tunnel sotto la Manica e di una serie di infrastrutture che
dovevano unire il continente, inaugurò la stagione del nuovo eurocentrismo dove
l'Europa ritornava ad essere protagonista delle scelte del mondo insieme agli
Usa e dalla Russia. Nel 1954 il Consiglio di Presidenza della Comunità chiese
all'unanimità la rielezione di De Gasperi alla presidenza ma quest'ultimo
rifiutò per motivi di salute. Al suo posto andò il tedesco Konrad Adenauer che
continuò l'opera di De Gasperi. Konrad Adenauer rimase in sella per ben dieci
anni. Durante i due mandati, dal 1954 al 1964 continuò il processo interno di
integrazione e iniziò un allargamento che avrebbe coinvolto altre realtà. Nel
1958 in seguito alla "rivoluzione delle croci" era caduto il regime di
Franco e il governo di unità nazionale di Madrid, composto da cattolici e
socialisti, presieduto dal vecchio Manuel Azana aveva avuto un colloquio con
Adenauer dopo il quale si aprì l'iter per l'adesione della Spagna alla Comunità
dell'Europa Unita, ufficializzata nel 1960. Lo stesso percorso avvenne in
Portogallo dove una rivolta di ambienti progressisti dell'esercito posero fine
alla dittatura di Salazar, nell'estate del 1962. Ma nello stesso autunno una
rivolta popolare, coordinata dal socialista Mario Soares, fece cadere la
"giovane" giunta militare di Lisbona e proclamò la repubblica. Nel
1964, dopo un lungo procedimento e numerose obbiezioni, il Portogallo aderì
all'Europa Unita. Discorso diverso invece per la Danimarca, la Svezia, la
Norvegia, la Finlandia e l'Islanda le quali già nel 1952 avevano stretto un
accordo interno denominato Consiglio del Nord e successivamente tale organo aderì
alla Comunità nel 1957. Và poi ricordata l'istituzione dell'Ufficio Europeo
per il Coordinamento delle Politiche Economiche, detto anche Ufficio Adenauer.
Nel 1964 il Consiglio di Presidenza della Comunità dell'Europa Unita scelse il
francese Valery Giscard d'Estaing, ex-partigiano e fondatore del Movimento
Popolare Repubblicano Francese. Giscard d'Estaing dovette affrontare la
cosiddetta "crisi africana" del 1966 e riuscì a mediare una
situazione che stava per scoppiare da un momento dall'altro. Durante il suo
primo mandato la Repubblica Cecoslovacca e l'Austria decisero di aderire
all'Europa Unita e fu istituito il Consiglio Europeo per la Ricerca Scientifica
la cui sede fu individuata nel palazzo di via Panisperti, a Roma, dove negli
anni Trenta Enrico Fermi aveva studiato la fissione atomica. Nel 1969 Giscard d'Estaing
fu riconfermato, ma nel 1970 dovette dare le dimissioni per ragioni famigliari.
Durante l'ultimo anno di presidenza aveva ricostruito l'intesa con gli Stati
Uniti e con l'amministrazione Carter. Successe il tedesco Willy Brandt, il
sindaco socialdemocratico di Berlino che aveva riunificato la capitale tedesca
nel 1949. Brandt era stato poi eletto cancelliere della Germania Unita e nel
1970 fu scelto alla presidenza della Comunità; i suoi cinque anni da presidente
sono importanti poiché egli riuscì a fermare la politica statunitense che con
Reagan aveva avviato la produzione di nuove bombe atomiche in funzione anti-iraniana.
Nel 1975 alla presidenza era stato scelto il primo ministro cecoslovacco
Alexander Dubcek, leader del Partito dei Contadini Cecoslovacchi e la sua
politica garantì una maggiore integrazione tra i paesi europei: nacque
ufficialmente nel 1979 un Parlamento Europeo eletto a suffragio universale dai
sedici paesi membri. Lo stesso anno chiesero di entrare la Polonia, l'Irlanda e
la Bulgaria. Nel 1980 a sostituire Dubcek ci fu la britannica Margaret Thatcher,
esponete del Partito Conservatore Inglese, la quale durante la sua presidenza
non accettò la richiesta di adesione dei nuovi paesi. Nel 1983, durante una
dura discussione al Parlamento Europeo, la Thatcher rassegnò le dimissioni e
dopo un anno fu scelto lo spagnolo Felipe Gonzales, uno dei fautori della
"rivoluzione delle croci" e fondatore del Partito Socialista Spagnolo.
Gonzales coordinò l'operazione militare contro l'Iraq nel 1986 e la successiva
ricostruzione del paese grazie ad una cooperazione tra l'Onu e organizzazioni
non governative battenti bandiera europea. Nel 1988 fu riconfermato; va
ricordata l'adesione della Polonia, della Bulgaria, della Federazione Jugoslava,
della Grecia e dell'Irlanda. Era l'Europa dei ventuno. Nel 1993 alla presidenza
dell'Europa Unita fu scelto l'italiano Mario Segni, esponente del Partito
Popolare e fervente europeista. Egli presiedette la Conferenza Europea di
Bruxelles che determinò la nascita del Sistema Monetario Europeo e l'adozione
di una moneta unica europea, l'Euro. Fu fondato poi il Consiglio di Giustizia
Europa, con sede a Lussemburgo, e la Commissione Permanente sull'Immigrazione.
Nel 1998 Segni annunciò la nascita ufficiale dello Sme e lo stesso anno diede
le dimissioni per la fine del mandato e la nomina a Governatore della nuova
Banca Centrale Europa, con sede a Francoforte. Nuovo premier europeo divenne
Tony Blair, primo ministro inglese e leader del Partito Laburista Britannico.
Durante la sua presidenza avviò le trattative per l'adesione dell'Ucraina e
della Repubblica Baltiche. Nel 2000 entrò in vigore l'Euro, e per questo Blair
fu soprannominato "Mister Euro".
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Nota: Eccomi finalmente nella mia veste tradizionale, irenista e positivista. Questa ucronia voleva soltanto celebrare la nascita dell'Europa Unita, compiuta proprio con mezzo secolo fa con il Trattato di Roma e la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio. Ho voluto però far procedere, in maniera naturalmente più veloce, l'unificazione della nostra cara Patria Europa con strutture che riguardano già aspetti della politica nazionale già nell'immediato dopoguerra e l'istituzione di una vera e propria presidenza della Comunità. Studiamo in modo approfondito la Storia Contemporanea, ho potuto leggere attentamente l'evoluzione di ogni singola realtà europea, e per questo ho voluto determinare una serie di POD che hanno portato ad una situazione ben diversa da quella in cui oggi ci troviamo a vivere.
.
E dopo aver descritto il nostro continente che vive le vicende della seconda metà del XX secolo senza Guerra Fredda e Muro di Berlino in "La Patria Europa", ecco cosa sarebbe successo dall'altra parte dell'Oceano Atlantico se le cose fossero andate diversamente.
La
nuova Dottrina Truman
Con la fine dell'Urss finiva anche il cosiddetto "pericolo rosso" e lo
"scontro freddo" tra Est ed Ovest. Il presidente degli Stati Uniti
Harry Truman decise quindi di correggere la propria linea politica, secondo la
quale gli Usa avevano il diritto-dovere di intervenire dove la democrazia era in
pericolo: era necessario un disgelo e il rafforzamento dell'Onu, strumento che
doveva svolgere il lavoro che la vecchia Società delle Nazioni aveva fallito.
Parallelamente ad una politica estera dove gli Stati Uniti aveva creato con
l'Europa Unita e con la Russia neozarista un'alleanza che puntava a difendere le
prerogative delle Nazioni Unite, la politica interna fu caratterizzata dal
cosiddetto "governo dello sviluppo" individualizzato nel mantenimento
del libero mercato e la costruzione del primo Welfare State dialogando con i
grandi industriali e le organizzazioni sindacali. Nel 1952 Truman riuscì a
farsi rieleggere battendo il generale Dwight Eisenhower, candidato dai
repubblicani, e il secondo mandato fu caratterizzato dalla lotta contro l'eversismo
dei movimenti reazionari, conservatori e razzisti: da ricordare l'arresto, nel
1954, e la successiva condanna a morte del senatore repubblicano Joseph McCarthy,
leader del Ku-klux-klan. Vanno ricordati poi i trattati contro il proliferarsi
della produzione di bombe atomiche, formato da Truman, De Gasperi e Bucharin a
durante la Conferenza di Roma nel 1955.
Kennedy
e la nuova frontiera della democrazia americana
Nel 1955, la convention del partito democratico nel Vermont decise di candidare
per le elezioni del 1956 il giovane John Fitzgerald Kennedy. Kennedy, cattolico
economista di origini irlandesi, si presentò al paese come il rinnovamento che
poteva continuare il processo di pacificazione intrapreso da Truman; e infatti
riuscì a battere il repubblicano Richard Nixon e divenne presidente. Le opere
più importanti fatte da Kennedy furono: la risoluzione delle tensioni in
Vietnam dopo il ritiro del contingente francese, la firma del trattato di
amicizia e di reciproca intesa con Cuba, la lotta contro le dittature
autoritarie in Sud America e l'approvazione della legislazione civile e sociale
in difesa degli statunitensi di colore. A Cuba infatti nel 1958 una rivolta
capeggiata dal giovane avvocato cubano Fidel Castro aveva fatto cadere la
dittatura del generale Battista ed era stata proclamata la repubblica. Ma la
rivoluzione era stata "esportata" da Ernesto Che Guevera, medico
argentino e amico di Castro, nell'America centrale e meridionale con la
conseguente caduta di regimi e dittatori e la nascita di regimi democratici.
Kennedy aveva deciso di incontrare subito Castro e, la firma del trattato
sopraccitato rappresentò una nuova linea che Washington imponeva al continente
americano: la lotta cioè contro i regimi autoritari e antidemocratici, per la
libertà e la democrazia e la lotta alla povertà e allo sfruttamento. Per
quanto riguarda invece la questione razziale, Kennedy decise di istituire una
commissione federale, presieduta da Martin Luther King Jr con Malcom X
segretario amministrativo che stilò il "Manifesto dell'Uguaglianza e della
Libertà". Nel 1960 Kennedy sarebbe stato riconfermato alla guida della
Casa Bianca: il partito dei democratici a stelle e strisce governava gli Stati
Uniti d'America da più di vent'anni.
Gli
anni Sessanta e la contestazione giovanile
Nel 1964 i repubblicani riuscirono a riprendersi la Casa Bianca con Nixon e in
parte continuarono l'opera di Kennedy, in parte cercarono una riedizione della
"prima dottrina Truman". In Africa infatti erano diffuse le
repubbliche, nate dalla decolonizzazione, che si erano orientate verso l'Europa
e Nixon, con il pretesto della salvaguardia della democrazia, decise di invadere
la repubblica di Liberia, storicamente sempre vicina a Washington, che però
aveva eletto presidente Wolge Tolbert, filoeuropeista. Fortunatamente però il
conflitto, scoppiato con il bombardamento di Monrovia la sera del 7 ottobre
1966, durò una settimana: il segretario di Stato Henry Kissinger e il
presidente Tolbert firmarono la fine dei combattimenti durante la conferenza di
pace di San Pietroburgo, alla presenza dello zar Alessio II, del primo ministro
russo Jurij Andropov e del presidente dell'Europa Unita Valery Giscard d'Estaing.
Il mandato di Nixon si concluse purtroppo con due scandali: la scoperta di una
rete di spie che controllavano i cittadini statunitensi violando la privacy e lo
scandalo Watergate ai danni del partito democratico. La contestazione,
soprattutto giovanile nata anche dal nuovo piano di riarmo annunciato da Nixon,
durarono fino al 1968.
Dall'era
di Carter alla rivoluzione di Reagan
Nel 1968 il democratico Jimmy Carter sconfisse Gerald Ford, candidato
repubblicano, e divenne presidente. Carter per prima cosa dovette risistemare la
politica estera statunitense: durante i quattro anni della presidenza Nixon
infatti erano sorti forti attriti con l'Europa e la Russia, preludio forse di
una possibile guerra fredda che fortunatamente non ci fu. Ad ogni modo Carter,
con la Conferenza Atlantica di Lisbona del 1969 riedificò l'intesa a tre e
ribadì l'importanza per una politica della stabilità e della pace. Parole
queste che furono accolte bene da Giscard d'Estaing e da Andropov. Importante
passo avanti fu l'opera di assistenza alle popolazioni dell'Africa: la famosa
"campagna Carter" garantì al continente nero la costruzione di
un'assistenza medica e sanitaria per combattere soprattutto l'HIV. Nel paese
intanto si manifestarono alcuni malumori riguardanti lo sviluppo economico; il
sistema infatti rischiava la saturazione completa. La manovra della "parità
strategica" e il nuovo impegno statuale superò la saturazione nell'autunno
del 1971 e l'opera di Carter gli garantì la rielezione nel 1972. Alle
successive consultazioni vinsero però i repubblicani e Ronald Reagan divenne
presidente. La sua presidenza passò alla storia come la "rivoluzione a
stelle strisce": nel giro infatti di otto anni gli Stati Uniti fecero
un'autentica inversione di tendenza dal punto di vista politico, economico e
sociale. In primo luogo nella politica estera Reagan decise di smarcarsi dagli
accordi precedentemente presi e famoso su lo "scambio di vedute" che
l'inquilino della Casa Bianca ebbe con il presidente dell'Europa Unita, il
tedesco Willy Brandt sulla possibilità di un riarmo nucleare in funzione anti-iraniana.
Durante infatti la sua presidenza abbiamo la "crisi di Teheran" e la
completa nazionalizzazione delle agenzie petrolifere iraniane, tale decisione
fece venire i capelli bianchi a Reagan. L'Imperatrice Soraya infatti aveva
stretto un patto con Enrico Mattei, neodirettore generale dell'Ente Europeo
Idrocarburi, che assicurava solo al governo europeo prezzi speciali per
l'acquisto dell'oro nero. Ad ogni modo furono lo stesso Brandt e il primo
ministro russo Michail Gorbacev a risolvere la diatriba. Dal punto di vista
della politica interna Reagan decise di avviare una nuova politica economica
basata sull'assenza dello stato nell'economia, una riduzione dei servizi del
Welfare State e una dottrina liberista pura. Questa scelta inizialmente fu
estremamente popolare e confermò a Reagan la rielezione nel 1980 ma
successivamente si manifestarono attristi e contestazioni da parte dei
sindacati, degli studenti e del ceto medio. Il cosiddetto neoliberismo
conservatrice di Reagan sarebbe però stato esportato anche nel vecchio
continente con parecchie sorprese e numerose conseguenze.
La
staffetta democratica Clinton-Gore-Kerry
Nel 1984, dopo dieci anni di amministrazione Reagan, le elezioni
presidenziali furono vinte dal giovane democratico Bill Clinton che agli
statunitensi aveva ribadito il valore del pensiero keynesiano esposto da
Roosevelt, da Truman, da Kennedy e da Carter. La sua azione politica era rivolta
soprattutto all'economia poiché la ricetta reganiana aveva cominciato a
evidenziare gli errori madornali del neoliberismo sfrenato mentre la diplomazia
puntava ad una ricucitura delle alleanze con Europa e Russia. La strategia
dell'"amministrazione comune e solidale" inaugurata da Clinton durante
l'incontro con il presidente dell'Europa Unita Felipe Gonzales e il primo
ministro russo Boris Eltsin a Boston nella restaurata Conferenza Atlantica fu
subito adottata nel conflitto in Medio Oriente scatenato dal dittatore iracheno
Saddam Hussein contro l'Iran. In quella sede infatti, dopo una settimana di
bombardamenti su Bagdad, un commando multinazionale dell'Onu riuscì ad
arrestare il dittatore, il quale sarebbe stato giudicato dal Tribunale
Internazionale per crimini contro l'umanità. Nel 1988 Clinton annunciò alla
convention democratica di Altlanta la sua impossibilità per un secondo mandato
e fu allora scelto il suo fido secondo, Al Gore che riuscì a superare il
governatore del Texas George Bush, candidato dei repubblicani. Gore governò per
ben dieci anni gli Stati Uniti continuando l'opera del predecessore e
riprendendo le iniziative umanitarie di Carter, tra cui la famosa "People
for Africa" che sarebbe stato il suo cavallo di battaglia delle
presidenziali del 1992, vinte con una largo margine sul repubblicano Colin Pauel.
Ma nel 1996 Gore fu nominato segretario generale dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite e il partito democratico candidò il governatore del Vermont John
Kerry che riuscì a spuntarla sul magnate del petrolio, il repubblicano George
W. Bush. Durante il suo mandato sono da ricordare la politica estera basata su
operazioni antiterroristiche, come ad esempio l'arresto del terrorista islamico
Osama Bin Laden e lo smantellamento della rete terroristica da lui costruita in
Afganistan.
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E ora, una postilla di Massimiliano Paleari:
Bella ucronia! Per conto mio, io sono convinto che molto dei guai del Medio Oriente si sarebbero potuti evitare in una linea del tempo in cui il Primo Ministro Iraniano Mossadeq non viene messo da parte dallo Shah Reza Palehvi nel 1953. Cerco di argomentare questo assunto:
se Mossadeq fosse stato leggermente "più moderato" e lo Shah un po' più "coraggioso", forse si sarebbe potuta trovare una buona soluzione di compromesso in merito alla questione petrolifera e agli interessi inglesi, soluzione in grado di non rompere i rapporti con l'Occidente ma contemporaneamente di favorire lo sviluppo dell'economia e della società iraniana
il buon esempio dell'accordo Shah-Mossadeq (vale a dire della monarchia tradizionale con le istanze modernizzatrici e nazionaliste) avrebbe avuto un benefico effetto anche sugli altri Paesi dell'area, ad esempio in Iraq niente colpo di stato antimonarchico nel 1958 ma sviluppo ordinato del Paese basato sull'asse monarchia-nazionalisti moderati
minor forza attrattiva del nasserismo in tutta l'area
minor forza attrattiva dei Partiti Bath
alla fine, ma gradualmente, le risorse petorlifere sarebbero comunque sostanzialmente passate sotto il controllo dei Paesi produttori
per conseguenza minor risentimento antioccidentale
in questa timeline non si hanno le condizioni per la Guerra dei Sei Giorni
Assad non prende il potere in Siria
Re Idris mantiene il trono in Libia
niente guerra dello Yom Kippur
la questione palestinese non si incancrenisce ai livelli attuali
ovviamente Khomeini resta solo l'esponente di una visione marginale dello Sciismo, deriso e compatito dai più; lo Shah non fugge dal Paese nel 1979
negli anni '70/80 niente terrorismo palestinese (o terrorismo molto minore)
con una minore presenza palestinese, il Libano non si stabilizza (niente guerra civile libanese, niente intervento occidentale in Libano, minori intromissioni da parte della Siria)
in questa timeline quindi niente Hezbollah, niente Hamas
nel 1999 nasce lo Stato Giordano/Palestinese, che comprende l'intera Cisgiordania e la stessa Gerusalemme est, dove trasferisce la capitale Re Hussein
in questa timeline non si pongono le condizioni per lo sviluppo dell'islamismo radicale e della sua deriva terroristica.
Che ne dite?
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Passiamo alla proposta di MattoMatteo:
In argentina gli immigrati italiani (e i loro discendenti) sono l maggioranza della popolazione; l'unico motivo per cui l'italiano non è mai diventato la prima lingua del paese, è che al tempo delle emigrazioni quasi tutti gli italiani (compresi quelli rimasti in italia) parlavano solo in dialetto; comunque l'italiano ha fortemente influenzato lo spagnolo parlato nel paese. Tra gli argentini con antenati italiani c'era anche Juan Peron, presidente tra il 1946 e il 1955 (e tra il 1973 e il 1974, anno della sua morte).
Che succede se Peron, vista la notevole presenza di immigrati europei in argentina, apre un canale privilegiato (politico ed economico) con l'europa, evitando quindi la crisi economica argentina che portò alla sua cacciata e alla presa di potere dei militari? E' possibile che, quando verrà fondata nel 1957, la CEE comprenda anche l'Argentina?.
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Gli replica Bhrghowidhon:
Due domande che non vogliono influenzare la discussione sull'ucronia:
1) oltre ai discendenti degli "Italiani", anche i discendenti degli Spagnoli si possono considerare europei (altrimenti, se vigesse il principio che dopo due o tre generazioni non si è più "oriundi", allora anche l'italianità degli "Italiani" sarebbe ormai svanita) e dunque l'europeità dell'Argentina vale per tutta l'America (non solo Latina) e in generale per tutte le Neoeurope (significativamente chiamate appunto così: Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda ecc.), di conseguenza potremmo impostare ucronie del genere per qualsiasi Stato, dall'Alaska alla Tasmania, no?
2) Dal momento che i cosiddetti "dialetti" (tecnicamente si
chiamerebbero "basiletti", per evitare confusione coi "dialetti", che sono un'altra nozione, qui non pertinente) dell'Italia (questo
interpreto con "italiani", altrimenti sarebbero solo le lingue dal corso/sardocorso al siciliano passando per la Penisola Appenninica)
includono - sia in generale sia per quanto riguarda specificamente gli Immigrati in Argentina - molte lingue (dal sardo al "gallo-italico" o
"padano" al friulano) che non solo differiscono dal fiorentino più di quanto ne differisca il castigliano, ma addirittura più distanti dal
castigliano che quest'ultimo dal fiorentino, allora l'immigrazione non iberoromanza in Argentina e altri Paesi dell'America Latina può essere
considerata, anziché una specifica italianizzazione (che per quanto riguarda il fiorentino, appunto, non è avvenuta dal momento che la
massima parte degli Immigrati non lo parlava né leggeva e per quanto riguarda il cosiddetto "dialetto" non sussiste quando
quest'ultimo non è italoromanzo, cioè compreso fra corso, toscano,
laziale-umbro-marchigiano, meridionale medio e salentino-calabrese-siciliano), piuttosto un'estensione all'intera
Neolatinità, per cui i Paesi Iberoamericani (Ispanoamericani / Brasile) diventa veramente "Latinoamericani" senza ulteriore
specificazione, giusto?
Se sì, l'appartenenza dell'Iberoamerica all'Europa - già effettiva al 100% e che vale altrettanto per tutte le Neoeurope (anche
anglosassoni ecc.) - si trasformerebbe, in questa ucronia, in 'dissolvimento'
dell'ibericità (di fatto ispanità per l'Ispanoamerica e lusitanità per il Brasile) verso una più generale neolatinità e
potrebbe contribuire a orientare verso un'unificazione veramente 'nazionale' i Paesi di lingua romanza in Europa.
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MattoMatteo torna alla carica:
Sul punto 1 sono d'accordo; in argentina c'è stata, nel corso degli anni, una fortissima immigrazione da tutta l'europa (tra il 1869 e il 1971 oltre 9 milioni di persone; rispetto agli usa sono meno, come valore totale, ma molti di più in percentuale della popolazione iniziale), al punto che la popolazione di origine europea è attualmente quasi il 90% di quella totale. Ho menzionato espressamente solo gli italiani per due motivi: primo sono i più numerosi, secondo Peron aveva antenati italiani. Ok, diciamo tre motivi, c'era anche l'orgoglio nazionale.
Il punto 2 ammetto di non averlo capito... La domanda "chissà come sarebbe cambiata la storia italiana, in presenza di una colonia stabile?" sorge spontanea, dopo altre nostre discussioni su Eritrea, Somalia, e Libia. Visto che gli emigranti più numerosi erano stati quelli italiani, sarebbe stato bello (e anche credibile) che la lingua nazionale argentina diventasse l'italiano... poi però sul Web leggo che gli italiani non erano un gruppo linguistico omogeneo, all'epoca, e crolla tutto il sogno. A questo punto, però, scopro che il famoso presidente Peron aveva antenati italiani, e nasce l'ucronia... ma con l'Argentina che forgia legami con tutta l'europa, e non solo con l'Italia.
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Prova a puntualizzare Paolo Maltagliati:
Se posso permettermi, caro MattoMatteo, Bhrghowidhon voleva specificare in primo luogo che non si potrebbe parlare di Argentina ‘italiana’ in senso stretto, ma più propriamente ‘romanza’, semplicemente perché gli immigrati provenienti da ciò che politicamente è definibile ‘Italia’ non parlavano per la stragrande maggioranza una lingua assimilabile all’italiano e non ne erano nemmeno suoi dialetti.
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E Bhrghowidhon annuisce:
Sì, sì, proprio così e grazie anzi per la precisione! Con la prima considerazione intendevo appunto questo: l'Argentina e tutti i Paesi non solo Latinoamericani, ma l'America in genere e l'Australia - Nuova Zelanda sono tutti già europei per il fatto di essere colonie iberoromanze e anglosassoni rispettivamente (nonché francesi dove è il caso), no? Non è che una immigrazione otto-novecentesca in più, da ciò che oggi è l'Italia (e nemmeno, di per sé, la provenienza degli antenati di Perón; fossero stati andalusi o lussemburghesi o ucraini non sarebbe cambiato niente da questo punto di vista), li renda più europei di quanto già erano (a meno di convenire che si è più europei se si ha un apporto continuo dall'Europa, ma anche in questo caso non è che l'immigrazione dal Regno d'Italia sia più europea che quella dalla stessa Spagna o dall'Austria-Ungheria o dalla Russia). Per questo pensavo che, quanto a europeità dell'Argentina e di tutto il resto del Continente, non c'è ucronia, è già realtà.
L'ucronia provocata dall'immigrazione dal Regno d'Italia scatterebbe invece, appunto, non tanto sull'europeità (che resterebbe tale e quale, né più né meno), quanto piuttosto sulla polarizzazione 'nazionale' dell'Argentina (in questo caso la situazione può cambiare da Stato a Stato, quindi prendiamo in considerazione la sola Argentina): da Paese in tutto e per tutto castigliano (quale è) si sarebbe potuto trasformare in qualcosa d'altro. In cosa, precisamente? Questa era la seconda considerazione:
a) verrebbe da dire «in più italiano e meno castigliano»,
b) ma siccome una genetica italiana unitaria non esiste, una religiosità italiana è indistinguibile da quella per esempio della Spagna e la Storia d'Italia, come ben sappiamo, è composta - per limitarsi all'epoca moderna - da un pezzo di Storia di Spagna, un pezzo di Storia di Francia e un pezzo di Storia della Germania e dell'Austria (con l'aggiunta delle Storie 'regionali' di Venezia e del Papato, se si può definire 'regionale'...)
c) per cui l'italianità del Regno d'Italia consiste essenzialmente in fiorentinità linguistica
d) soprattutto se, per definizione, stiamo parlando di territorî (Argentina) non compresi nelle strutture statali del Regno d'Italia (nel Regno d'Italia l'italianità può consistere anche in identità burocratica, legislativa ecc.)
e) e d'altra parte, come giustamente osservato fin da sùbito, la fiorentinità linguistica interessava solo una minima parte (il 2%, al di fuori della Toscana) dei Sudditi sabaudi (sia prima sia dopo il 1859-1870)
f) allora ciò che hanno in comune tutte le lingue (i cosiddetti "dialetti") degli Emigranti dal Regno d'Italia è solo l'origine latina (niente invece di specificamente italiano, che escluda Francia, Spagna, Portogallo ecc.)
g) perciò un'ucronia che vedesse l'Argentina meno castigliana (non per minor apporto di Castigliani, ma per un più duraturo apporto di ex-Sudditi sabaudi e affini) produrrebbe, in prima approssimazione, un'Argentina più 'neolatina' (generica);
h) sorge allora la questione di quale lingue ufficiale verrebbe adottata: sempre il castigliano? Direi di sì, perché almeno quello è la lingua di maggioranza relativa in quanto già usata dalla popolazione locale, fosse anche minoritaria (dato che gli ex-Sudditi sabaudi non hanno una lingua in comune)
i) e in tal caso cambierebbe poco, se non forse il fatto che l'Argentina potrebbe diventare il primo esempio di Nazione dichiaratamente "neolatina generica", che potrebbe diventare un modello per l'Europa neolatina.
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Eccovi il contributo di nanwe01, tratto da questo sito e tradotto per noi da Generalissimus:
La Comunità Europea è l’entità quasi federale (almeno nel 1966) che comprende la maggior parte dell’Europa continentale. Creata nel 1956 dopo la ratifica del Trattato di Parigi con la creazione della Camera Popolare Europea, è un’organizzazione con aspetti sia economici che politici che contiene anche la Comunità Europea di Difesa e la CECA. La CE è ancora in divenire: sebbene quest’unione abbia le sue Forze Armate, le EDF (Forze di Difesa Europee) e abbia fatto progressi abbastanza rapidamente nell’integrazione politica ed economica, c’è ancora molto da fare prima che la CE diventi qualcosa di simile alla Svizzera. Ad esempio, gli stati membri cercano ancora di lottare per il loro diritto di operare in modo indipendente sulle questioni di politica estera, anche se non hanno il controllo sulle questioni militari o commerciali, e alcuni aspetti delle forze armate, come la proliferazione delle armi nucleari, rimangono al di fuori della sua portata (attualmente esiste un progetto intergovernativo tra Francia, Italia e Germania). La CE si è legittimata grazie al suo status di secondo membro più importante della NATO e alla straordinaria crescita economica che l’Europa sta vivendo, che non si vedeva dalla Belle Époque ed è in corso dalla metà degli anni '50.
L’Europa è davvero fiorente, ma abbondano gli interrogativi su quanto sia giusta. La politica sociale è un settore che domina il dibattito politico europeo, poiché i paesi rimangono piuttosto reticenti a condividerla, date le loro differenze. Mentre la Francia desidera espandere il proprio modello di tutela dei diritti dei lavoratori in tutta la Comunità, la Germania e l’Italia sono restie, poiché la loro forza lavoro a basso costo è uno dei loro vantaggi comparativi. La Germania potrebbe accettarlo in cambio del processo di stabilizzazione monetaria e della convergenza in accelerazione, ma i francesi non ne sono troppo entusiasti. Ma il 1966 fu un anno segnato da conflitti sociali, perché in Italia, in Francia e anche in Germania, per non parlare del Belgio, fu un anno di richiesta di lavoro e conflitti di classe, con una quantità elevata di scioperi e conflitti sociali, come a Saarbrücken, e le autorità nazionali cercarono di placare questi movimenti cedendo alle loro richieste attraverso ulteriori finanziamenti sociali o mezzi legislativi.
Allo stato attuale, la CE è praticamente un sistema con un partito dominante, con la cristiano-democratica Unione dei Democratici Europei (UDE) come principale partito politico, che domina in ogni singolo stato membro, tranne Francia e Danimarca. Infatti il partito è stato al governo a livello europeo dal 1956, e a livello nazionale è praticamente stato al governo senza interruzioni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’Unione è composta da diversi partiti nazionali federati, ma i più importanti sono la DC italiana e la tedesca CDU-CSU. Il nome politicamente vago è il risultato di un compromesso tra membri francesi e tedeschi, in quanto i primi non avrebbero accettato un nome chiaramente confessionale. L’attuale Presidente del Consiglio Esecutivo Europeo (CEE) è Pierre-Henri Teitgen, un francese, in precedenza ministro di vari governi francesi e noto per le sue convinzioni radicalmente europeiste, a volte in contrasto con quelle dei capi degli esecutivi nazionali.
A destra dello spettro è possibile trovare la Lega Liberale Europea (LLE), succeditrice dell’associazione Lega Economica Europea. Non è tanto un vero partito politico quanto un gruppo di vari partiti liberali e conservatori nazionali. L’LLE è relativamente scettica sull’integrazione europea, e mescola la retorica federalista con una prospettiva più nazionalista, in particolare in Germania. Il partito principale è il PRC francese (Partito Repubblicano di Centro), guidato da Roger Duchet, che sembra essere il più europeista di tutti. È anche il più anti-comunista e pro-libero mercato di tutti i gruppi, anche se fa causa comune con alcuni elementi dell’UDE.
La sinistra è molto divisa tra il Partito Socialista Europeo (PSE), forte in Germania e nel nord Europa, ma debole in Italia e Francia, e il Gruppo Comunista (GC), forte in Italia e Francia, debole altrove e bandito in Germania Ovest. Sebbene originariamente scettici sull’intero processo di integrazione europeo, denigrato dalla Sezione Francese dell’Internazionale Operaia come una “piccola Europa Gesuitica”, il suo internazionalismo, l’attenzione rivolta al welfare economico e sociale combinato con l’anti-comunismo, li ha trasformati. Aiuta anche il fatto che tra la generazione dei Socialdemocratici del dopoguerra ci sono molti europeisti (Spaak, Mollet, Saragat, ecc.). Infatti, il PSE è attualmente in una grande coalizione con l’UDE, a sostegno della CEE.
Inutile dire che i Comunisti, ancora legati a Mosca, non sono contenti di un’organizzazione che percepiscono come radicalmente opposta agli interessi di Mosca e ancora un altro strumento di oppressione capitalista. Beh, tranne per il PCI, che non lo ammette ancora, si stanno ammorbidendo grazie all’internazionalismo della CE. Soprattutto considerato il fatto che, una volta entrati, non si può uscire.
Il Raduno Radicale (RR) è un po’ strano, rappresenta gli ultimi resti della sinistra non marxista esistenti ancora in Europa. Fondamentalmente è un gruppo a tre, anche se in realtà è un gruppo guidato da un solo partito, dato che il PRS francese è molto più forte di qualsiasi altro partito radicale. Come i Liberali, sono un po’ scettici sul progetto europeo, ma sostengono con tutto il cuore le sue politiche di razionalizzazione industriale, modernizzazione e concentrazione. Soprattutto quando divenne chiaro che la Francia non sarebbe stata sorpassata dalla dinamica economia tedesca - per la soddisfazione di Mendès France.
Le elezioni del 1966 non costituirono un grande cambiamento, la stessa coalizione venne rielaborata (per l’ultima volta) al fine di avanzare ulteriormente nel processo di costruzione istituzionale ed espandere la base legittimizzante della CE. Teitgen avrebbe rinnovato il suo mandato elettorale, anche se non per molto tempo ancora; dieci anni al potere sono tanti. L’elezione è stata contrassegnata da un miglioramento dei democratici cristiani francesi, che portò l’UDE a chiudere a 19 seggi dalla maggioranza assoluta. Ma i problemi sociali presto distruggeranno questo quadro pacifico...
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Chiudiamo per ora con il magnifico sogno di Lord Wilmore:
Gli Stati Uniti d'Europa
Nome
ufficiale: United States of Europe / États-Unis d'Europe / Vereinigte
Staaten von Europa / Verenigde Staten van Europa / Estados Unidos de Europa / Estados Unidos da
Europa / Stati
Uniti d'Europa / Ηνωμένες Πολιτείες της Ευρώπης / Stany Zjednoczone Europy /
Europas förenta stater / Euroopan yhdysvallat / Európai Egyesült Államok /
Соединенные Штаты Европы / ארצות הברית של אירופה / Usono de Eŭropo / Civitates
Foederatae Europae
Capitale federale: Bruxelles / Brussel (2.708.766
ab.)
Sede del Parlamento: Strasburgo (1.145.000 ab.)
Sede del Tribunale Federale: Den Haag (L'Aia, 544.766 ab.)
Altre Città: Istanbul (15.519.267 ab.), Mosca
(13.010.112 ab.), Londra (8.799.800 ab.), San Pietroburgo (5.384.342 ab.),
Berlino (4.001.242 ab.), Madrid (3.223.334 ab.), Roma (2.872.800 ab.), Bucarest
(2.400.444 ab.), Parigi (2.206.488 ab.), Vienna (1.888.776 ab.)
Fondazione: 1° gennaio 1999
Motivo della fondazione: Secondo Trattato di Roma del 1° maggio 1999
tra la Comunità Economica Europea, l'Unione Europea di Libero Scambio, la
Comunità degli Stati Indipendenti (ex URSS), la disciolta Federazione Jugoslava
e altri stati
Forma di Governo: Repubblica Federale Parlamentare;
il Parlamento Federale di 1000 membri è eletto a suffragio universale ogni cinque
anni (vota per via telematica chi ha più di 16 anni); il Parlamento elegge il
Presidente della Repubblica e vota la fiducia al Governo Federale
Suddivisioni amministrative:
111 stati federali (87 repubbliche, 24 monarchie) più un Distretto Federale
Stati Federali: Abcasia, Adigezia, Albania, Altaj, Andorra,
Anguilla, Armenia, Artsakh, Aruba, Ascensione, Austria,
Azerbaigian, Baschiria, Bermuda, Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria,
Buriazia, Cabardino-Balcaria, Calmucchia, Capo Verde, Carelia, Catalogna,
Cecenia, Cechia, Cipro, Ciuvascia, Crimea, Croazia, Curaçao, Dagestan,
Danimarca, Estonia, Euskal Herria, Fær Øer, Fiandre, Finlandia, Francia, Galles,
Georgia, Germania, Gibilterra, Grecia, Groenlandia, Guadalupa, Guyana Europea,
Inghilterra, Inguscezia, Irlanda, Islanda, Isola di Man, Isole Åland/Ahvenanmaa,
Isole BES (Bonaire, Sint Eustatius, Saba), Isole Cayman, Isole Falkland/Malvinas, Isole Vergini Europee, Israele, Italia,
Jacuzia/Sacha, Karačaj-Circassia, Kazakistan, Kirghizistan, Komi, Kosovo, Kurdistan, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia del
Nord, Malta, Marelia, Martinica, Mayotte, Moldavia, Mongolia, Montenegro,
Mordovia, Norvegia, Nuova Caledonia, Ossezia-Alania, Paesi Bassi, Polinesia Europea
(comprende le isole Pitcairn e Clipperton), Polonia,
Portogallo, Riunione, Romania, Russia, Saint Pierre e Miquelon, San Marino, Sant'Elena, Scozia, Serbia,
Sint Maarten/Saint-Martin, Slovacchia, Slovenia,
Spagna, Svezia, Tagikistan, Tatarstan, Tristan da Cunha, Turchia, Turkmenistan, Turks
e Caicos, Tuva, Ucraina, Udmurtia, Ungheria,
Uzbekistan, Vallonia, Wallis e Futuna
Territori Australi e Antartici disabitati: Georgia
Australe, Sandwich Australi, Orcadi Australi, Kerguelen, isole Crozet, isola
Bouvet, isola Pietro I, Antartide Europea
Paesi europei non facenti parte degli USE (ma in unione
doganale con essi): Svizzera, Liechtenstein, Principato di Monaco, Città
del Vaticano
Ex territiori: Macao (restituito alla Cina il 20
dicembre 1999); isole Chagos (restituite a Mauritius il 23 maggio 2009)
Presidente della Repubblica: Aleksej Anatol'evič Naval'nyj (Partito Liberaldemocratico
Europeo), nato in Russia il 4 giugno 1976, in carica dal
23 maggio 2019
Presidenti della Repubblica precedenti:
Shimon
Peres (Partito Socialdemocratico), nato in Bielorussia il 2 agosto 1923 e
cittadino israeliano dal 1949, in carica dal 1999 al 2004; José Manuel Durão
Barroso (Partito Popolare), nato in Portogallo il 23 marzo 1956, in carica dal
2004 al 2009; Donald Franciszek Tusk (Partito Liberaldemocratico), nato in
Polonia il 22 aprile 1957, in carica dal 2009 al 2014; Jean-Claude Juncker
(Partito Popolare), nato in Lussemburgo il 9 dicembre 1954, in carica dal 2014
al 2019
Partiti rappresentati nel Parlamento Federale:
Partito Nazionalconservatore (estrema destra,
8%), Partito Popolare (destra, 26%), Partito Liberaldemocratico
(centrodestra, 14%), Partito Socialdemocratico (centrosinistra, 29%), Alleanza
dei Verdi (sinistra, 10%), Partito Comunista (estrema sinistra, 6%),
altri (7%)
Presidente del Parlameno Federale: Pedro Sánchez
Pérez-Castejón (Partito Socialdemocratico Europeo), nato in Spagna il 29 febbraio 1972,
in carica dal 10 maggio 2019
Presidenti del Parlamento precedenti: Vaclav Havel
(Partito Liberaldemocratico), nato in Cechia il 5 ottobre 1936, in carica dal
1999 al 2004; Garri Kimovič Kasparov (Partito Liberaldemocratico), nato in
Azerbaigian il 13 aprile 1963 e di cittadinanza russa, in carica dal 2004 al
2009; Martin Schulz (Partito Socialdemocratico), nato in Germania il 20 dicembre
1955, in carica dal 2009 al 2014; Roberta Metsola (Partito Popolare), nata a
Malta il 18 gennaio 1979, in carica dal 2014 al 2019
Presidente del Consiglio dei Ministri: Ylva
Anna Lindh (Partito Socialdemocratico), nata in Svezia il 19 giugno 1957, in carica dal 1° luglio 2019, a capo di una coalizione tra il
Partito Liberaldemocratico, il Partito Socialdemocratico, l'Alleanza dei Verdi e
alcuni partiti minori
Leader dell'opposizione: Ursula Gertrud von der
Leyen (Partito Popolare), nata in Germania l'8 ottobre 1958
Presidenti del Consiglio dei Ministri precedenti: Romano Prodi (Partito
Socialdemocratico), nato in Italia il 9 agosto 1939, in carica dal 1999
al 2004; Angela Merkel (Partito Popolare), nata in Germania il 17 luglio 1954,
in carica dal 2004 al 2009; Giōrgos Andreas Papandreou (Partito
Socialdemocratico), nato negli USA da genitori greci il 16 giugno 1952, in
carica dal 2009 al 2014; David Cameron (Partito Popolare), nato in Inghilterra
il 9 ottobre 1966, in carica dal 2014 al 2019
Ingresso nell'ONU: 2 gennaio 1999
Superficie: 31.020.887.65 km2 (il 20,86%
delle terre emerse)
Sviluppo costiero: 83.000 km
Aree protette: 1.764.000 km2 (il 5,6% della superficie totale
degli USE)
Abitanti:
920.660.615 al 1° gennaio 2023 (l'11,7% della popolazione mondiale)
Densità:
29,68 abitanti per km2
Tasso di crescita della popolazione: 4,3%
Tasso di natalità: 8,7 nascite ogni 1000 abitanti
Tasso di mortalità: 6,3 decessi ogni 1000 abitanti
Tasso di fertilità:
1,53 nati per donna
Speranza di vita media:
82,3 anni (maschi: 78,5 anni; femmine: 84,0 anni)
Popolazione per fasce di età:
0-19 anni, 20,4%; 20-64 anni, 59,2%; 65-79 anni,
14,6%; 80 anni e più, 5,9%
Tasso di urbanizzazione:
74%
Tasso di alfabetizzazione: 83%
Obbligo scolastico: 18 anni
Lingue ufficiali del governo federale:
inglese, francese, tedesco, russo
Altre lingue:
spagnolo, catalano, basco, portoghese, italiano, ladino, olandese,
svedese, danese, norvegese, finlandese, lappone, estone, lettone, lituano,
polacco, ceco, slovacco, ungherese, sloveno, croato, serbo, macedone, bulgaro,
rumeno, greco, turco, ebraico, ucraino, armeno, georgiano, azero, curdo, tartaro,
baschiro, buriato, calmucco, ceceno, ciuvascio, kazako, kirghiso, uzbeko, tagiko, turkmeno, komi,
mari, tataro, mongolo, papiamento, esperanto
Religioni: Cattolicesimo (29%),
Ortodossia (22%), Protestantesimo (9%), altre confessioni cristiane (4%), Islam
(10%), Buddismo (3%), non religiosi (17%), altre (6%). Negli USE vivono
9.450.000 Ebrei, di cui 6.960.000 in Israele
Pena di morte: non in vigore
Esercito: UED (Unione Europea di Difesa), 2.500.000
effettivi, 8 milioni di riservisti, la coscrizione è su base volontaria; gli USE
hanno un arsenale di armi nucleari in via di
dismissione (da completarsi entro il 2030)
Moneta:
Euro (1 € = 1,088715 $ USA al 1° gennaio 2023), adottato anche da San Marino,
Principato di Monaco e Città
del Vaticano
Sede della Banca Centrale Europea: San Pietroburgo
(5.384.342 ab.)
Presidente della Banca Centrale Europea:
Mario Draghi (Partito Liberaldemocratico), nato in Italia il 3 settembre 1947, in carica dal 1°
novembre 2016
PIL: 17.500 miliardi di € al 1° gennaio 2023
PIL pro capite: 18.571,48 €/ab. al 1° gennaio 2023
Tasso di Crescita Economica: 2,7% al 1° gennaio
2023
Consumo energetico totale: 4848 TWh/anno
Consumo energetico pro capite: 4,18 MWh/ab. anno
Fonti energetiche principali: petrolio (32%), gas naturale (22%),
nucleare (15%), idroelettrico (12%), carbone (10%), solare (5%), altre fonti rinnovabili (4%)
Reattori nucleari: 189 funzionanti, 15 in
costruzione, 53 pianificati, 49 proposti
Agenzie di Ricerca Scientifica:
CERN (Conseil
Européen pour la Recherche Nucléaire), con sede a Ginevra (Svizzera); JINT
(Joint Institute for Nuclear Research), con sede a Dubna (Russia); LEGS
(Laboratori Europei del Gran Sasso) con sede ad Assergi, L'Aquila; European
Southern Observatory sul Cerro Paranal (Cile); osservatorio di onde
gravitazionali VIRGO a Cascina (Pisa)
Agenzia Spaziale: ESA (European Space
Agency), il cui quartier generale è il Centro europeo per la ricerca e la
tecnologia spaziale (ESTEC) con sede a Noordwijk (Paesi Bassi)
Poligoni Spaziali: Centre Spatial Guyanais a Kourou
(Guyana Europea); Cosmodromo di Bajkonur (Kazakistan)
Basi Spaziali permanentemente abitate:
European
Space Station (ESS, in orbita terrestre); Jules Verne Moonbase (sulla Luna, presso il
Polo Sud lunare)
Bandiera: dodici stelle d'oro in campo azzurro,
disegnata dal francese Arsène Heitz ispirandosi ad Apocalisse 12,1 e adottata
ufficialmente l'8 dicembre 1955
Festa Nazionale: 9 maggio ("Europa Day"),
che commemora la "Dichiarazione Schuman" del 9 maggio 1950, considerata l'atto
fondativo degli USE
Inno nazionale: "Inno alla Gioia" (1824),
testo di Friedrich Schiller, musica di Ludwig Van Beethoven, adottato nel 1972
Motto: In varietate concordia
Fusi orari: da UTC-4 a UTC+12
Targa: EU
TLD: .eu
Lord Wilmore
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