LA "FORZA VITALE"

La legge dei simili esprimeva il concetto che, per curare una determinata malattia, il medico doveva utilizzare una medicina in grado di produrre una patologia artificiale ad essa molto simile. Le dosi da utilizzarsi dovevano essere le minime indispensabili a produrre una indicazione percettibile dell'azione del rimedio, e nulla più, in modo da minimizzare o annullare gli effetti avversi. Tuttavia è solo qualche anno dopo (1801), nel trattare la scarlattina, che egli iniziò ad usare dosi infinitesimali. Per Hahnemann la causa delle malattie, quando non riconducibile a fattori anatomici o chirurgici o a carenze nutrizionali, era immateriale, spirituale e dinamica, e risiedeva non in cause fisiche esterne al corpo, ma in una perturbazione della "forza vitale" (Lebenskraft). Il credere nelle cause materiali delle malattie, secondo Hahnemann, portava ad errori e ad un' inefficacia terapeutica. Nell'opera di Hahnemann il concetto di forza vitale è fondamentale. La forza vitale anima tutti gli esseri viventi e li rende capaci di sentire, di svolgere una funzione, una attività e di sostenersi. Il concetto di Lebenskraft era molto diffuso nella pratica medica dell'Europa del XIX secolo. Erano diversi ed illustri i medici che ad esso si riferivano per le loro pratiche farmacologiche, e molti condividevano con Hahnemann la convinzione che la materia morbosa non fosse altro che una conseguenza di cause prime, ma giustificavano l’utilizzo di rimedi deplettivi ed evacuativi perché essi avrebbero imitato ed aiutato il normale agire della forza vitale. Hahnemann non accettò mai questi loro principi, ribadendo che essi, così facendo, peggioravano solo la situazione con rimedi inefficaci, debilitanti e dannosi. La causa ultima del disequilibrio spirituale o dinamico della forza vitale, secondo Hahnemann, non era conoscibile. Compito dell'omeopata era quello di riattivare e riordinare la forza vitale del singolo attraverso la somministrazione del rimedio che era stato scelto. Tuttavia le teorie di Hahnemann furono aspramente criticate: il suo vitalismo spinto, secondo i suoi detrattori, spiegava tutto e niente, inoltre il riconoscere come rilevanti solo i sintomi esperiti dal paziente riduceva la malattia ad uno stato puramente soggettivo, infine la negazione delle cause materiali delle malattie andava contro le convinzioni vigenti circa la natura delle stesse.

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