« Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. » (Giovanni 1, 6-7)
Quante volte sono venuti alla mente questi celeberrimi versetti di Giovanni, allorché si è parlato di Papa Giovanni, detto "il Papa buono", « come se - annotava con arguzia Italo Alighiero Chiusano - tutti gli altri dovessero essere per forza cattivi »
Giovanni XXIII (papa) (Sotto il Monte, Bergamo 1881 - Roma 1963, papa dal 1958), inaugurò una nuova era nella storia della Chiesa cattolica grazie alle sue coraggiose scelte di rinnovamento. Al secolo Angelo Giuseppe Roncalli, fu ordinato sacerdote nel 1904; in seguito, divenne segretario del vescovo di Bergamo e poi professore di storia della Chiesa presso il seminario diocesano. Partecipò alla prima guerra mondiale come sergente medico e cappellano, e dal 1925 rappresentò la Santa Sede in Bulgaria. Fu poi delegato apostolico in Turchia e Grecia (1933-1944) e nel 1944 ricevette il delicato incarico diplomatico di nunzio apostolico in Francia. Divenne cardinale e patriarca (arcivescovo) di Venezia nel 1953 e, alla morte di Pio XII, fu eletto papa (1958) all'età di 77 anni.
Il suo atteggiamento di apertura nei confronti delle altre confessioni trovò riscontro nell'operato della Segreteria vaticana, che promosse l'unità della Chiesa mediante i contatti con la Chiesa ortodossa, con i rappresentanti delle Chiese riformate e con il concilio mondiale delle Chiese, impegnandosi per rafforzare il dialogo tra cristiani ed ebrei. Le capacità diplomatiche di Giovanni XXIII e la sua popolarità ne fecero un personaggio influente nelle questioni internazionali: numerosi furono i suoi incontri coi leader politici mondiali, tra i quali i presidenti degli Stati Uniti Dwight David Eisenhower e John Fitzgerald Kennedy.
Giovanni XXIII, che andava fiero delle proprie origini contadine, fu un uomo di grande cultura; tra i suoi scritti si ricordano lo studio in cinque volumi su san Carlo Borromeo; i suoi diari, pubblicati postumi, come Il giornale dell'anima e altri scritti di pietà (1964) e le Lettere alla Sua famiglia (1969), esprimono la sua semplicità e la sua umiltà spirituale. La tolleranza, l'ottimismo e la generosità di Giovanni XXIII, soprannominato (come già ricordato) il "papa buono", lo resero popolare tra milioni di persone sia nella Chiesa sia al di fuori di essa. Il titolo di "Pastor et Nauta", attribuitogli dalle profezie del monaco irlandese Malachia (XI secolo), rende bene il grande merito storico di questo straordinario Pontefice: l'aver traghettato la Chiesa nella modernità grazie all'indizione del Concilio Vaticano II, convocato sia per incoraggiare la fratellanza tra i cristiani e l'umanità intera sia per rinnovare la religione cattolica attraverso un aggiornamento della dottrina, della disciplina e dell'organizzazione ecclesiastica. Altrettanto importanti furono le sue sette encicliche, tra le quali Mater et Magistra (1961) e Pacem in terris (1963), considerata il suo testamento spirituale.Parliamo
allora del Concilio Vaticano II, il 21° concilio
ecumenico della Chiesa cattolica, divenuto simbolo dell'apertura della Chiesa al
mondo. Il concilio fu convocato da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959 ed
ebbe 178 sedute, delle quali la prima l'11 ottobre 1962 e l'ultima l'8 dicembre
1965. Di 2908 tra vescovi e altri titolati a parteciparvi, all'apertura ne erano
presenti 2504 provenienti da tutto il mondo.
Nel maggio 1959 si chiesero indicazioni a
vescovi, facoltà teologiche e università; furono quindi nominate 13
commissioni preparatorie composte da più di 1000 partecipanti. Membri votanti
furono i vescovi cattolici e i generali degli ordini religiosi maschili, ma
erano presenti, per la prima volta nella storia dei concili,
delegati-osservatori delle Chiese protestanti e ortodosse e dei laici cattolici
maschi; nel 1964 furono aggiunte inoltre alcune uditrici. Gli argomenti da
trattare vertevano sui moderni mezzi di comunicazione, sulle relazioni tra
cristiani ed ebrei, sulla libertà religiosa, sul compito dei laici nella
Chiesa, sulla liturgia, sulle relazioni con gli altri cristiani e non-cristiani,
credenti e atei, sui compiti del clero e sulla formazione sacerdotale.
Il concilio emanò 16 documenti, in
particolare le costituzioni sulla Divina Rivelazione (Dei
Verbum, 18 novembre 1965) e sulla Chiesa (Lumen
Gentium, 11 novembre 1964) e la costituzione pastorale sulla Chiesa nel
mondo moderno (Gaudium et Spes, 7 dicembre 1965).
Per la costituzione sulla divina
rivelazione ci si avvalse dei migliori biblisti; la costituzione sulla Chiesa
sottolineò il modello biblico nell'organizzazione della comunità cristiana,
invece del modello giuridico precedentemente dominante: definendo la Chiesa
"popolo di Dio", evidenziò la natura di servizio degli uffici
sacerdotale ed episcopale, la responsabilità collegiale, condivisa da tutti i
vescovi dell'intera Chiesa e la chiamata di tutti i membri della Chiesa a essere
santi e a partecipare alla missione di diffondere il Vangelo.
La costituzione pastorale, muovendo da
un'analisi teologica dell'uomo e del mondo, si volge poi a settori specifici
come matrimonio e famiglia, vita culturale, sociale ed economica, la comunità
politica, guerra e pace, relazioni internazionali.
La costituzione sulla liturgia promuove
una partecipazione comunitaria più attiva alla messa, quale rito centrale del
culto cristiano. Fu il primo passo verso mutamenti che dal 1971 produssero, ad
esempio, la sostituzione del latino, con le varie lingue nazionali. Altri
documenti cercarono un terreno comune di trattativa e di incontro con ortodossi,
protestanti e non cristiani e condannarono ufficialmente l'antisemitismo.
Papa Giovanni XXIII aveva indetto il
concilio con una nota positiva, ponendo tra i suoi obiettivi l'aggiornamento
della Chiesa cattolica e la realizzazione dell'unità dell'umanità e dei
cristiani. Papa Paolo VI, che continuò il concilio
dopo la morte di papa Giovanni XXIII nel 1963, accolse questi obiettivi
aggiungendovi quello del dialogo col mondo moderno. La reazione al concilio fu
generalmente favorevole. Uno dei risultati più rilevanti fu lo sviluppo delle
relazioni tra le Chiese cristiane, ma il diffondersi di correnti di cambiamento,
alcune delle quali estranee alle decisioni del concilio, allarmò i gruppi
cattolici tradizionalisti timorosi che le riforme fossero state troppo radicali:
emerse così un dissenso organizzato, con critiche al concilio e ai due papi
rivolte in particolare alle riforme liturgiche.
Il più risoluto tra i tradizionalisti che rifiutavano le riforme del Vaticano II fu l'arcivescovo francese Marcel Lefèbvre (1905-1991): egli giunse ad affermare che le novità conciliari nascevano dall'eresia e sfociavano in essa. Fu tentata senza successo una riconciliazione. Paolo VI lo sospese a divinis (cioè dalle funzioni di sacerdote e vescovo) nel 1976, ma egli continuò la sua attività, compresa l'ordinazione di sacerdoti per comunità tradizionaliste, per cui venne scomunicato nel 1988 da Papa Giovanni Paolo II.