Visita di istruzione a Parma e Modena il 4 aprile 2003

 

Mi sembra giusto aggiungere a questa galleria anche un resoconto della breve visita di istruzione durante la quale, in compagnia dei proff. Livetti, Farina e Ferrara, ho accompagnato a Parma e Modena la III B e la III H del mio Liceo Scientifico. Tutto è cominciato alle sei del mattino del 4 aprile 2003, con l'arrivo di fronte al Liceo: ero il primo, come di solito accade, faceva molto freddo (nonostante la stagione) ed il cielo era coperto da un fitto piumone di nuvole. Il pullman è arrivato in perfetto orario, ed in perfetto orario siamo partiti alle 6.30, immettendoci sull'autostrada Milano-Laghi, il cui imbocco è vicino alla scuola, e poi sull'Autostrada del Sole. Subito dopo la barriera di Melegnano, però, cominciava a piovere, prima in gocciole sparse, poi sempre più intensamente, tanto che, all'arrivo a Parma verso le nove (dopo una breve sosta al Motel di Fiorenzuola), venivamo investiti da un vero acquazzone. Abbiamo ugualmente raggiunto il teatro Farnese, interamente in legno con un bellissimo soffitto a Capriata, e tutto costruito sulla base di modelli classicheggianti. Parma fu assegnata infatti alla potente famiglia romana dei Farnese, da cui uscì anche papa Paolo III, ma essi non si impegnarono qui in grande opere in muratura perché, come era stata assegnata loro, così la signoria poteva anche essere tolta da un giorno all'altro; nacque così questo capolavoro ligneo, che nel '700 era il più vasto ed il più splendido del mondo, e l'unico del Rinascimento rimasto in Italia insieme all'Olimpico di Vicenza; qui venivano rappresentate per lo più tragedie e commedie della tradizione classica (Parma ha però un altro teatro, il Teatro Regio, fatto costruire da Maria Luigia ed inaugurato nel 1829).

Parma, la piazza del Duomo. Sulla destra si vede il BattisteroLa tappa successiva è stata il Duomo, una delle più belle cattedrali romaniche d'Italia. Mentre il prof. Livetti iniziava le spiegazioni per la III B, io con la III H mi sono rifugiato sotto il portone del Palazzo del Vescovado, proprio in faccia al Duomo, una severa costruzione del Duecento che però evidenzia aggiunte recentissime in acciaio e vetro. Abbiamo quindi cominciato la visita dal grande Battistero, in marmo rosso di Verona, il massimo a cui si potesse aspirare in un periodo in cui non esistevano certo i TIR per trasportare a Parma il marmo di Carrara. Questo capolavoro del romanico italiano è opera del grande architetto ed artista Benedetto Antelami, della cui vita abbiamo notizie assai scarse; il prof. Livetti ci ha però spiegato che egli compì un viaggio nell'Ile-de-France, dove apprese le grandi innovazioni del gotico francese, e forse anche in Provenza. Ed infatti, secondo i canoni del più puro stile gotico, il Battistero di Parma si innalza notevolmente, sviluppandosi in altezza più di qualsiasi monumento romanico. Fu iniziato nel 1196 ed affrescato nei secoli successivi con le storie di San Giovanni Battista ed altri santi; nelle nicchie poste ad alcuni metri d'altezza si notano alcune sculture dell'Antelami, in un primo tempo poste direttamente sul pavimento (poi, come ha detto il collega, hanno saputo dell'arrivo degli studenti gallaratesi e le hanno spostate più in alto!) Si può notare come un Comune relativamente piccolo e povero come quello di Parma si sia limitato a far affrescare l'interno, mentre un Comune più ricco come quello di Firenze ha ricoperto il suo Duomo di mosaici, e la ricchissima Venezia ha fatto addirittura ricoprire d'oro tutte le cupole della sua. Nel Medioevo le cattedrali erano anche simboli di prestigio e di potere.

Ci siamo quindi spostati nel Duomo, sempre sotto una pioggia battente, dove abbiamo potuto constatare un interno del tutto diverso da quello che l'esterno ci aveva lasciato presagire: nell'800 il dislivello (ancora visibile a Modena) tra altare e fedeli è stato colmato con una lunga scalinata, l'iconostasi fu tolta di mezzo, e delle formelle dell'Antelami che la decoravano si salvò solo la splendida deposizione dalla croce, oggi visibile su una parete del transetto di destra. Alzando gli occhi al cielo abbiamo quindi ammirato il vorticoso cerchio angelico della cupola affrescata dal Correggio, che sfonda lo spazio fisico della cattedrale proiettandosi verso l'infinito ed il mondo del trascendente; ma in tal modo essa si rivela appartenente ad un'epoca che dista secoli da quella di Benedetto Antelami.

La celebre Deposizione dalla Croce di Benedetto Antelami

Sempre sotto la pioggia, abbiamo ripreso il pullman verso le 11.30, giungendo verso l'una a Modena, città di circa 160.000 abitanti che è letteralmente tranciata in due dalla grande Via Emilia, fatta costruire dal console romano Lucio Emilio Paolo nel II secolo a.C. Il pullman è stato parcheggiato presso la stazione ferroviaria e lo stadio (la formazione del Modena milita attualmente in serie A), e dopo una breve passeggiata, nel corso della quale siamo stati schiaffeggiati anche da folate di vento gelido, eccoci nella magnifica Piazza Grande, che si apre sul fianco destro del Duomo e sul Palazzo Comunale, grandiosa costruzione iniziata nel 1194, sovrastata da una grande Torre dell'Orologio con la statua della Madonna. Subito dopo ci siamo rifugiati in un ristorantino chiamato "Trattoria da Omer" a soli cinquanta metri dalla cattedrale, per rifocillarci ma soprattutto per scaldarci, e dopo un pranzo a base di piatti tipici, miracolo! All'uscita, verso le 15, aveva smesso di piovere, anche se si quando in quando qualche gocciola tornava a picchiettarci il capo. C'è voluto un bel po' per radunare il gregge disperso, alias le due classi che si erano disperse in pizzerie e pasticcerie varie, e dopo alcune foto di gruppo abbiamo iniziato la visita al Duomo, opera dell'architetto lombardo Lanfranco, che lo iniziò nel 1099. Esso è inoltre sovrastato dalla torre della Ghirlandina, alta 88 metri e leggermente pendente, così detta per la ghirlanda di colonnine marmoree che ne adornano la cima.

La facciata esibisce alcune formelle dello scultore Wiligelmo, uno dei più antichi che la storia dell'arte italiana ricordi. La formella sopra il portale di sinistra mostra la creazione dell'uomo e il peccato originale; quella a sinistra del portico centrale mostra la denuncia del Peccato, la cacciata dal Paradiso e la condanna al lavoro; quella a destra del portico centrale mostra il sacrificio di Caino e di Abele, l'assassinio del secondo e la mancata confessione di Caino; quella sopra il portale di destra mostra infine la morte di Caino, il diluvio universale e le tre stirpi umane nate da Noè (vedi la foto qui sotto, scattata dal sottoscritto). Lo scopo di queste formelle è evidente: a quell'epoca la liturgia era in latino ed il popolo non sapeva leggere, per cui l'unica forma di catechismo possibile era questa "Biblia pauperum" scolpita nella pietra. Si noti anche che la teologia medioevale tendeva a "terrorizzare" il fedele con l'ossessione del peccato, mentre oggi la predicazione postconciliare pone piuttosto l'accento sulla misericordia divina e sul perdono del peccatore.

Il duomo di Modena con la GhirlandinaAll'interno abbiamo potuto vedere una cattedrale costruita... a piani sovrapposti. Sotto, la cripta con la tomba di San Geminiano, vescovo di Modena contemporaneo di Sant'Ambrogio (morì nel 397) ed oggi patrono della città, tanto che i modenesi vengono chiamati anche i "Gimignani". Poi, il piano dei fedeli, e più in alto l'area un tempo riservata ai canonici, dove era officiata la Messa. Quest'ultima area, diversi metri sopra le altre due, è chiusa da un'iconostasi opera di Wiligelmo, inizialmente ornata con le formelle che oggi si trovano sulla facciata e che vi ho testé descritto. Poi, la necessità di contrastare la predicazione degli eretici convinse i canonici della Cattedrale a spostarle sulla facciata e sostituirle con le scene oggi visibili dell'Ultima Cena, della Passione e Morte di Nostro Signore, tutte neotestamentarie e quindi incentrate sulla figura di Gesù. Da notare anche il fatto (rimarcato da Livetti) che, mentre oggi le chiese si preferiscono semplici e spoglie per contrapporsi al turbinio soffocante del mondo moderno, così da diventare un'isola di pace e di meditazione, in passato fuori dal Tempio non c'era praticamente nulla, e dunque tutte le opere d'arte possibili ed immaginabili erano concentrate qua dentro.

Dopo aver ammirato un polittico trecentesco in legno dorato, uno ottocentesco in cotto ed i meravigliosi intarsi lignei del coro siamo tornati all'aperto, osservando la porta del Principe, aperta su piazza Grande per permettere l'ingresso ai duchi estensi, trasferitisi qui dopo aver perso Ferrara, un'iscrizione che assegna al vescovo di Modena il titolo di abate di Nonantola, in passato tanto potente che i suoi possedimenti si estendevano dal pavese fino all'Umbria, ma oggi pressochè abbandonata (sic transit gloria mundi!); ed infine le unità di misura modenesi chiaramente segnate sull'abside esterna della cattedrale, tanto per testimoniare come tutta la vita del Comune medioevale ruotasse intorno ad essa.

Formella di Wiligelmo sul lato destro della facciata del Duomo di Modena (foto dell'autore)

A questo punto siamo andati a dare un'occhiata all'Accademia, già sede degli Estensi, la cui facciata è tutta in mattoni, e poi abbiamo girato attorno al centro di Modena passando per le sue caratteristiche strade medioevali che il collega Livetti conosce benissimo, avendo abitato e lavorato qui a lungo. Infine abbiamo attraversato il Parco Novi Sad, già Foro Boario, che testimonia l'esistenza a Modena di uno dei più grandi mercati di bestiame d'Europa. Non è certo facile trovare oggi uno spiazzo verde del genere a due passi dal centro di una città, ed infatti a Milano queste antiche aree verdi sono state quasi tutte cementificate. Infine, costeggiando di nuovo lo stadio siamo risaliti sul pullman alle 17.15, ed alle 20.15 eravamo già di ritorno a Gallarate, dopo un tranquillo tragitto in autostrada.

Alla prossima relazione di viaggio.

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