Pellegrinaggio a La Salette, Lione, Ars dal 28 al 31 agosto 1998

 

"Il contrario della fede non è la ragione, bensì la superstizione" (Paul Claudel)

 

Non è certamente facile riassumere in poche battute tutti gli splendidi monumenti e le secolari testimonianze di fede che abbiamo incontrato sul nostro cammino, ma ci proverò, se non altro per invogliarvi a ripercorrere le mie orme in compagnia di straordinari personaggi come il compianto padre Costante Brovetto, Passionista di Erba e collaboratore per lunghi anni di Radio Maria, e padre Biagio, gesuita insegnante di... fisica. Potrei descrivervi meglio ogni singola tappa se avessi sottomano i sei rullini di fotografie che ho scattato durante il pellegrinaggio, ma purtroppo non posso metterli tutti quanti in rete; cercherò comunque di fare del mio meglio. Giovedì 27 agosto 1998 io ed i miei genitori abbiamo raggiunto la sede dei pellegrinaggi Paolini, in centro a Milano, dopo aver lasciato l'auto in un posteggio custodito. Là abbiamo incontrato con piacere Padre Costante, trattenendoci serenamente a colloquio con lui. Alle sette e trenta siamo saliti in autobus, facendo conoscenza con il pelatissimo autista Luigi, con Don Aldo Casone, il simpatico direttore spirituale del nostro pullman, proveniente da Suardi (PV), in diocesi di Vigevano, e con l'altrettanto simpatica guida Luisella Corti. Siamo quindi partiti in autostrada diretti ad ovest; lungo la strada Padre Brovetto, che è nativo di Torino, ci ha mostrato, appollaiata su uno sperone roccioso, la Sacra di San Michele, accanto alla cosiddetta "Torre di Alda", e ci ha raccontato l'episodio secondo cui una bella fanciulla di nome Alda si sarebbe precipitata giù da quella rocca, pur di sfuggire alle violenze dei barbari. Prodigiosamente sostenuta dagli angeli, arrivò a terra senza danno; quando però, vantatasi con le amiche incredule della grazia ricevuta, volle ripetere l'esperienza, stavolta si sfracellò al suolo, tanto che « il tochitin più gros l'era l'urìa », come si dice nel dialetto del posto. Mai ho potuto vantarmi di avere un cicerone più colto e più illustre si padre Costante!

Superato il colle del Monginevro, alto quasi 1.800 metri, la prima tappa è stata Briançon, con una visita al locale castello ed una sosta per il pranzo. Da lì siamo subito ripartiti lungo la Rue Nationale 94, abbiamo costeggiato il bel lago di Serre-Ponçon e lo abbiamo addirittura scavalcato, sul magnifico ponte che lo attraversa in corrispondenza di Savines. Salendo per i tornanti di una pittoresca strada di montagna, circondata da una natura quasi incontaminata, siamo arrivati nel pomeriggio al santuario di Notre-Dame de Laus, poco noto in Italia ma assai venerato in Francia. Lì alla veggente Benedette Rencurel apparve la Vergine durante un lasso di tempo superiore ai cinquant'anni, durante il regno del Re Sole, il quale pare la stimasse molto e si sia spesso fidato dei suoi consigli. Oltre al santuario, abbiamo avuto modo di visitare la casetta dove la veggente visse per anni e anni, stupendoci della sua spartana semplicità: e pensare che noi avevamo appena traslocato in una villetta comoda ed accogliente! Partiti da qui, abbiamo raggiunto Gap in tempo per la cena. In questa bella cittadina del Delfinato abbiamo trascorso la notte, non prima però di un'escursione serale lungo le sue vie, per ammirarne la chiesa gotica dal campanile slanciato come un razzo puntato verso il cielo.

Il mattino dopo, venerdì 29/8, siamo partiti di buon'ora, puntando verso il secondo importante santuario incluso tra le mete del pellegrinaggio, e certamente il più famoso: quello di Notre-Dame de La Salette, situato a 1.770 metri di quota, ed eretto a ricordo delle apparizioni della Vergine piangente ai due incolti pastorelli Melanie Calvat, di 14 anni, e Maximine Giraud di 11. Sfortunatamente, proprio quel giorno la montagna era avvolta da una nuvola che rendeva l'aria frizzante ed il paesaggio tardoautunnale; noi però il santuario ce lo siamo gustati interamente, tanto ce io e mia mamma ci siamo persino arrampicati su di una roccia da cui si può godere, in condizioni di buona visibilità, dell'intero panorama della valle sottostante. Mentre dicevamo messa in una cappella moderna, don Aldo Casone ha fatto rinnovare la promessa matrimoniale ai miei genitori, che in quell'anno festeggiavano il 30° anniversario di nozze. Eccoci fotografati di fronte alla statua dedicata alla Vergine nel piazzale del Santuario:

Noi a La Salette

Ma ora basta dilungarci in descrizioni paesaggistiche, parliamo dell'apparizione vera e propria, l'unica per cui ci siamo inerpicati fin quassù su di una strada strettissima. La cosa che sorprende di più di essa consiste nel fatto che, dopo essere apparsa dal nulla in una luce sfolgorante, Maria piangeva a dirotto, lamentandosi del fatto che Suo Figlio era sempre più adirato con gli uomini a causa delle loro bestemmie e del loro disprezzo della domenica, tanto che ella riusciva a stento a trattenere il Suo braccio vendicatore. Padre Costante, che ha avuto occasione di spiegarci i particolari dell'apparizione grazie alla sua profondissima cultura, ha sintetizzato il fenomeno di La Salette con le pregnanti parole: « Qui si sono viste le lacrime nella luce ». Sempre secondo Padre Costante, La Salette è il secondo grano di un ideale « rosario mistico » che si snoda tra il XIX ed il XX secolo: partito con l'apparizione della Medaglia Miracolosa a Caterina Labourè in Rue du Bac a Parigi nel 1831, esso passerebbe poi attraverso le più famose epifanie mariane a Lourdes e a Fatima (vedi), per concludersi a Banneux nel 1933.

Se però è permesso di dire la mia anche a me, povero profano che sa a malapena se il segno della croce si fa con la destra o con la sinistra, devo dire che l'aspetto dell'apparizione a La Salette che mi ha colpito di più è stato un altro. Essa infatti è avvenuta nel 1846, e cioè praticamente alla metà esatta di quel secolo, l'ottocento, in cui il Positivismo sembrava trionfare su ogni fronte, imponendo una visione unicamente scientifica della realtà, per la quale le carestie andavano attribuite unicamente a periodiche oscillazioni climatiche. Invece, tra i monti del Delfinato la Madonna avvisa i cristiani che, se non la smetteranno di bestemmiare e di lavorare di domenica, il raccolto delle patate andrà male, e lo spettro della carestia incomberà su di loro. Credo che questa sia la lezione più importante che la Vergine delle Lacrime poteva impartire anche a noi, superuomini tecnologizzati e disincantati che si apprestano a tagliare il traguardo dell'anno duemila: si possono riempire volumi e CD-ROM di calcoli e di progetti, ma il nostro destino non è prevedibile con nessun computer, ed è legato unicamente alla misericordia divina, nonché all'aiuto del Cielo che ci saremo meritati con le nostre azioni. Il contrario della fede non è la ragione, bensì la secolarizzazione, e chi dimentica volontariamente il Dio dell'Amore, della Speranza e della Vita non può certo trovare consolazione nella dea scienza, la quale spesso, come dimostrano Hiroshima e Nagasaki, non ha causato altro che odio, disperazione e morte.

Riprendiamo ora il filo del racconto. Partiti dalla montagna di La Salette, abbiamo proseguito per Lione, la terza città della Francia alla confluenza dei fiumi Rodano e Saona. A questo proposito c'è da rilevare un episodio curioso: mentre attraversavamo il centro storico della città, la nostra guida ha spiegato nel microfono: « Abbiamo appena attraversato il ponte sul Danubio, e tra poco passeremo quello sulla Saona che, per chi non lo sapesse, è il fiume che, volgendo a nord, va a bagnare Parigi. » A questo punto il sottoscritto è saltato su scandalizzato e si è messo a strepitare: "Ma che cosa dice? Guardi che quella che passa per Parigi è la Senna, mica la Saona!" E cosa credete che abbia fatto la guida? Mica se l'è presa, e si è limitata a chiosare: " E con questo? Senna o Saona, è quasi lo stesso!" Non so se rimasi più allibito per il contenuto della risposta o per la prontezza con cui essa fu pronunciata!

Dopo cena abbiamo rinunciato a prendere il metrò per visitare il centro storico della città, come hanno fatto alcuni nostri compagni di viaggio, perché i miei genitori erano già molto stanchi. Il mattino dopo siamo invece saliti tutti quanti al magnifico santuario di Notre-Dame de Fourvière, che domina tutta la città dall'alto di una collina; da lì abbiamo scorto in particolare la magnifica cattedrale di san Giovanni, ma anche la cupola bianchissima del Superphénix, l'unico reattore veloce mai sfruttato commercialmente in tutto il mondo. Ricordo che su quella collina tirava un vento pazzesco, che ha scompigliato tutti i capelli a mia mamma, facendola somigliare ad una strega; al che io le ho detto: "E di che ti lamenti? Dopotutto, con Torino e Praga, Lione rappresenta uno dei vertici del triangolo satanico d'Europa; è logico che là si incontrino facilmente delle streghe..."

Scherzi a parte, subito dopo, lasciata la collina delle streghe, ci siamo diretti a nord ed abbiamo raggiunto Ars, piccolo villaggio di circa 700 anime sperduto nel cuore della ridente campagna francese, che è passato alla storia per aver avuto come curato il grande Giovanni Maria Vianney, ricordato come uno dei più grandi confessori della storia della Chiesa giacché, come Padre Pio che fra pochi mesi sarà canonizzato, era in grado di leggere direttamente dentro il cuore dei fedeli. L'eccezionalità della sua missione era del resto stata annunciata fin dal suo primo arrivo in quel paesino; si dice infatti che, arrivato in prossimità di Ars, egli domandò ad un ragazzo del luogo di guidarlo fino alla canonica; quando questi ebbe obbedito, il santo curato se ne uscì con le parole divenute proverbiali: « Tu m'as montré le chemin d'Ars, je te montrerai le chemin du Ciel ». Qui Padre Costante ha di nuovo dovuto improvvisarsi Cicerone, perchè la nostra guida era una giovanissima suorina che parlava solo francese, e vi ho già spiegato come non potessimo contare sulla simpatica Luisella.

Ad Ars abbiamo pranzato in una caratteristica taverna, dividendo il tavolo con padre Biagio, con il quale ho avuto occasione di conversare per la prima volta. Avendogli chiesto a quale congregazione appartenesse, lui mi ha risposto: "Ai Gesuiti. Al Papa Nero". Siccome io ci ho messo una pezza commentando "Sono tutte calunnie", lui ha avuto la delicatezza di assentire: "Oh, indubbiamente!" Dopo pranzo, non essendoci altro da vedere ad Ars, ci siamo rimessi in strada ed abbiamo raggiunto la Savoia, costeggiando il magnifico lago di Bourget, che ispirò i seguenti versi al poeta francese Lamartine:

 

« O lac, rochers muets! grottes, forêt obscure!

Vous que le temps épargne ou qu'il peut rajeunir,

Gardez de cette nuit, gardez, belle nature,

Au moins le souvenir!

Que le vent qui gémit, le roseau qui soupire,

Que les parfums légers de ton air embaumé,

Que tout ce que l'on entend, l'on voit on l'on respire,

Tout dise: ils ont aimé! »

Dopo aver compiuto quasi il periplo completo dell'intero lago, abbiamo iniziato finalmente la visita all'abbazia di Hautecombe, dove sono sepolti molti tra gli antichi nobili di casa Savoia, ed anche l'ultimo re d'Italia Umberto II. Un tempo abbazia Cistercense, fu devastata dalla Rivoluzione Francese, ed oggi è sede di una comunità religiosa della quale fanno parte anche laici e coppie sposate. Se capitate da quelle parti, vi assicuro che è una tappa che non si può saltare.

Io, mio padre e l'ineffabile padre Costante Brovetto (1925-2001) davanti alla chiesa di Plateau d'Assy

Nella serata di quel terzo giorno, sabato 30/8, abbiamo raggiunto Chambéry, l'antica capitale della dinastia sabauda, la cui visita non era però inclusa nel pellegrinaggio; ed infatti l'albergo era all'estrema periferia della città, con vista sull'autostrada! Un compenso, il parco interno dell'hotel era da favola. La mattina dopo, domenica 31/8, ultimo giorno del pellegrinaggio, ci siamo subito rimessi in viaggio per raggiungere Annecy, attraversata dal fiume Thieu e sovrastata da un imponente castello, cittadina famosa per aver ospitato san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra che però non potè mai raggiungere la sua sede episcopale a causa dell'opposizione violenta dei protestanti. Abbiamo detto messa nell'antica cattedrale che ha ospitato il corpo di san Francesco di Sales, oggi divenuta la parrocchia per gli italiani che vivono e lavorano in Savoia; è una chiesa terribilmente povera e spoglia e, per di più, quando noi vi siamo giunti era appena stata visitata dai ladri. Successivamente però ci siamo trasferiti nella basilica della visitazione di Annecy, uno dei centri maggiori della spiritualità salesiana, dove era appunto in corso una riunione di fedeli salesiani da tutto il mondo, e per questo era affollata fino all'inverosimile. Abbiamo comunque fatto in tempo a pregare sulle tombe di San Francesco di Sales e Santa Giovanna di Chantal.

Dopo questa toccante visita abbiamo proseguito per l'ultima tappa del viaggio, la località turistica di Plateau d'Assy, dirimpetto all'imponente massiccio del Monte Bianco, dove abbiamo pranzato insieme al compianto padre Costante, avendo di fronte il panorama del gigante delle Alpi, stavolta non rovinato da alcuna nuvola: il cielo era azzurro come acquamarina. Dopo pranzo c'è stato tempo per visitare la chiesetta di Notre-Dame de Tout-Grâce, decorata da tutti i maggiori artisti contemporanei, incluso l'ebreo Marc Chagall. Lasciato anche quell'ameno centro vacanziero, il torpedone si è avviato attraverso il traforo del Bianco, ancora aperto prima del terribile incendio che vi si è scatenato nel marzo dell'anno successivo, ed attraversarlo mi ha prodotto un'emozione paragonabile solo a quella della discesa nel Maëlstrom. Usciti dal tunnel abbiamo attraversato tutta la val d'Aosta, avvistando fra l'altro Courmayeur, Aosta ed il meraviglioso castello di Fènis. Rientrati a Milano verso le 18.30, abbiamo salutato tutti i compagni di viaggio, abbiamo ripreso l'auto ed abbiamo fatto rientro a casa, approfittando dello scarso traffico di quella domenica di fine agosto. Spero che il mio racconto vi sia piaciuto; a risentirci dopo il prossimo pellegrinaggio.

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