Gli sfigati meno sfigati!


Ecco ora alcune idee di Rivoluzionario Liberale per far sopravvivere fino al presente dei gruppi linguistici ed etnici che invece si trovano sull'orlo dell'estinzione:

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Etruschi

La lingua etrusca non muore ma resiste nell'Appennino tosco-emiliano e umbro, oltre a varie località della Toscana e del nord del Lazio, un po' come l'Arumeno nei Balcani, ridotto a piccole isole nelle zone isolate, mentre la maggioranza della popolazione adotta il latino volgare. All'epoca di Dante, di Lorenzo il Magnifico e del granduca Leopoldo di Toscana la lingua etrusca è ancora parlata, e tutti e tre questi personaggi si cimentano nella parlata etrusca. Con quali conseguenze? Il fascismo vieterà l'uso dell'etrusco, anzi Mussolini farà deportare italofoni da altre regioni per colonizzare le zone etrusche? Se sì, nel dopoguerra l'Etrusco sarà riconosciuto come lingua ufficiale della Toscana, che sarà annoverata tra le regioni a statuto speciale: nelle scuole toscane verrà reintrodotto lo studio dell'etrusco, come dell'albanese nelle zone in cui vive questa minoranza. Però negli anni sessanta potrebbe nasce una ETA etrusca che solidarizzerà con l'ETA e l'IRA, oltre che con le BR. Scontri di piazza tra esponenti del MSI ed i separatisti etruschi?

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Punici

Anche il punico non si estingue e resiste nelle province africane durante tutta la storia dell'Impero Romano. Con le conquiste arabe i discendenti dei cartaginesi si islamizzano, e all'avvento del colonialismo francese i punici resteranno a fianco degli arabi e dei berberi nella lotta contro Parigi, ma in contrasto con loro per la creazione di un'area autonoma. Con l'indipendenza dell'Algeria e della Tunisia la nutrita minoranza cartaginese si troverà in conflitto con i due nuovi stati. Nascerà il Partito dei Lavoratori Cartaginesi di ispirazione marxista, messo fuorilegge in tutti i paesi arabi ma protetto dall'URSS prima e della Cina poi?

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Ainu

Gli Ainu sono un popolo di origine affatto ignota, secondo alcuni paleosiberiana, giunto già diecimila anni fa nell'arcipelago giapponese, dove diede vita alla cultura Jomon. Tra l'altro il nome del Monte Fuji, simbolo stesso del Giappone, è probabilmente di origine Ainu, derivando da Fuchi o Huchi, il nome della dea Ainu del fuoco, e quindi più che appropriato per un vulcano.

Orbene, gli Ainu sull'isola di Hokkaido resistono allo sterminio da parte dei nipponici, e così, anziché essere sull'orlo dell'estinzione, raggiungono già a fine ottocento i tre milioni di individui. Essi tenteranno a più riprese la rivolta contro l'impero del Sol Levante per ottenere l'autodeterminazione della loro terra.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'America imporrà all'impero Giapponese l'indipendenza di Hokkaido, e ad Yalta ci si accorderà per un Hokkaido neutrale. Nel dopoguerra i coloni nipponici vengono cacciati dall'isola o ainuizzati (che brutto termine!). La repubblica di Hokkaido o Ainuland conosce un impetuoso sviluppo economico, tanto da fare concorrenza al vicino Giappone, i prodotti elettronici Ainu invadono i mercati europei e americani.

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Giliaki

Vicini di casa degli Ainu sono i Giliaki. Anch'essi raggiungono nel '900 i due milioni di abitanti nell'isola di Sakhalin, per metà in territorio russo e per metà in terra giapponese.

Dopo la Seconda Guerra mondiale l'isola di Sakhalin riunificata è annessa all'Unione sovietica come sedicesima repubblica, la più piccola dopo l'Estonia, con il nome di Giliakistan. Dopo lo scioglimento dell'URSS il Giliakistan dichiara l'indipendenza e diviene un paese sovrano, il vicino Ainuland è il primo paese a riconoscerlo. Negli anni duemila una rivoluzione arancione spazza via il regime filo-russo...

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Ket

Anche questo popolo, presentante un mix di caratteri europoidi ed asiatici-orientali, sopravvive assai più numeroso in Siberia; anzichè 500 individui al presente se ne contano più di due milioni.

Un numero così alto di Ket assai guerriti ne fanno un Caucaso interno per la Russia sul fiume Yenisey: negli anni novanta la Russia di Eltsin dovrà affrontare il terrorismo Ket oltre a quello Ceceno. Come andrà a finire?

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Na Dene

Il gruppo Na Dene è uno dei tre gruppi principali di lingue native americane parlati nelle Americhe, e secondo alcuni rappresenta un'ondata migratoria distinta dall'Asia alle Americhe. Di tale famiglia fanno parte vari popoli amerindi in Arizona, Nuovo Messico, Oregon, California settentrionale, Canada ed Alaska; tra i rappresentanti più famosi vi sono Navajo e Apache.

Supponiamo che essi, a dispetto del tentativo di chiuderli in riserve, raggiungano in tutto i cinque milioni di individui. Molti di loro si addenseranno nelle grandi metropoli californiane in cerca di occupazione. Essendo cittadini americani a tutti gli affetti, il governo americano non può impedire la migrazione all'interno della federazione.

Nascerà un rap Na Dene, cattivo più che mai, ed i poliziotti americani dovranno avere a che fare anche con bande di Apache e Navajo oltre che di neri e ispanici. Riusciranno ad ottenere da Obama la creazione di stati tutti per loro all'interno dell'Unione? E il Canada reggerà alla pressione demografica dei popoli Na Dene, o si sfascerà?

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Inuit

Pure gli Inuit si moltiplicano a dismisura sul territorio canadese, approfittando della fine della "Piccola Glaciazione", ed alla metà del '900 raggiungono un milione di anime; allora cominceranno a far pressione su Ottawa affinché conceda loro l'autonomia prima e l'indipendenza poi. Nascerà un'ETA Inuit? Negli anni duemila l'Inuit sarà ufficiale nella confederazione Canadese al pari di Inglese e Francese? O Nunavut (in lingua Inuit "Nostra Terra") diventerà uno stato indipendente e ricchissimo di risorse naturali? I poveri cuccioli di foca faranno comunque una fine spaventosa?

Rivoluzionario Liberale

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Questa è la lesta risposta di Renato Balduzzi:

Anch'io avevo pensato a un'ucronia simile riguardo l'Europa, ribaltando il rapporto minoranze-maggioranze, facendo in modo che le nazioni senza stato diventino stati e nessun popolo con stato sovrano della nostra Timeline ne abbia uno. Ne è uscita una prospettiva politica di questo tipo:

La cosa più interessante è questa: in questa linea temporale non esisterebbero nazioni germaniche, e la Russia-calmucchia sarebbe buddhista! L'Islanda è unita all'Irlanda, visto che storicamente è stato un gruppo di monaci irlandesi a mettervi piede per primo, mentre Creta potrebbe dare vita ad una rinnovata Comunità Minoica.

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Questa è la cartina, realizzata da Ded17, che illustra l'ucronia di Renato:

Le minoranze... divenute maggioranze!

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Quanti e quali POD sono necessari per arrivarci?

Se volete dire la vostra, scrivete a Renato a questo indirizzo.

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E adesso, sempre sullo stesso tema, un'altra idea di Renato:

Le antiche civiltà megalitiche della Gran Bretagna parlavano certamente una lingua non indoeuropea, probabilmente vicina all'odierno basco. Essa si estinse dopo la penetrazione celtica a partire dal 750 a.C. Ma se i Celti non mettono mai piede in Britannia? Oggi potrebbero esistere più popoli vasconici, e la linguistica sarebbe decisamente avvantaggiata nello studio di questo misterioso ceppo linguistico. I Britanni di oggi forse parlerebbero ancora queste lingue (sempre che non vengano prima del tempo soppiantate dal latino o dal germanico). Se nel corso dei secoli sarebbero state considerate lingue come le altre, con la nascita della linguistica comparata e la loro attribuzione al gruppo vasconico, al contrario delle altre lingue del continente, quasi tutte indoeuropee, porterebbe i Britanni a vedersi con occhi molto diversi e ad accentuare maggiormente il loro distacco rispetto all'Europa.

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Immediatamente *Bhrg'howidhHô(n-) gli risponde:

In ogni caso non "certamente": è una delle due ipotesi in lotta mortale tra loro Guarda caso aderisco all'altra ipotesi... la quale sostiene che non ci sono mai stati Vasconici in Britannia, bensì sempre e solo Indoeuropei diventati in prosieguo di tempo Celti e - novità di queste ultime settimane - gli stessi Vasconici erano Indoeuropei Occidentali!

Comunque so che non influisce sull'ucronia, perché per ucronia si può ammettere che, vero o falso che sia, i Vasconici abitassero la Britanniaprima o invece dei Celti; più complicato sarebbe però ritrasformare i Vasconici in non Indoeuropei proprio adesso che sono stati dimostrati Indoeuropei: sarebbe come dire "poniamo che i Vasconici non fossero Vasconici"... ^__^

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Renato dunque domanda:

Quindi i Baschi odierni sarebbero indoeuropei occidentali? Interessante!

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E *Bhrg'howidhHô(n-) replica:

Questa è una novità recentissima. In teoria le possibilità sarebbero due: o i Baschi hanno mutuato un gran numero di parole del lessico di base da lingue indoeuropee (incluse lingue indoeuropee non altrimenti sopravvissute, perché tra le parole indoeuropee del basco ce ne sono parecchie costituite da radice indoeuropea e suffisso indoeuropeo non attestati insieme in nessuna parola di nessun'altra lingua indoeuropea conosciuta) oppure il basco è una lingua indoeuropea; evidentemente, tra le due possibilità la seconda è di gran lunga la più economica.

La novità si inserisce in un dibattito pluridecennale che vede contrapposti chi ricostruisce una perduta Europa preistorica preindoeuropea e chi ricostruisce un'Europa preistorica pressoché integralmente indoeuropea. Tra i primi (che possiamo chiamare i 'Preindoeuropeisti'), i più numerosi sono sempre stati coloro che vedono nel basco l'ultimo superstite di tale Europa preindoeuropea (il secondo gruppo più numeroso pensa invece a sostrati (camito-)semitici o affini) e di conseguenza tutti i materiali linguistici attribuibili alla preistoria hanno ricevuto interpretazioni basche (spesso anche (camito-)semitiche) contrapposte alle interpretazioni indoeuropee dell'altro grande 'partito' (dico "contrapposte" perché normalmente i primi a fare ipotesi etimologiche sono gli 'Indoeuropeisti', in quanto facilitati dalla innegabile maggiore ricchezza di materiali di confronto *esterno* a disposizione, cioè altre lingue con i relativi lessici, rispetto al relativamente ristretto lessico basco a disposizione dei 'Preindoeuropeisti' vasconisti). Prevedibilmente, l'indoeuropeità del basco sovverte gli equilibrî; è immaginabile che il campo dei Preindoeuropeisti vasconisti si dividerà tra coloro che diventeranno, per così dire, 'Indoeuropeisti' vasconisti (cioè continueranno a sostenere l'antichità dell'insediamento basco, pur entro una cornice indoeuropea) e coloro che rifiuteranno le etimologie su cui si basa la dimostrazione e quindi rimarranno su posizioni integralmente immutate.

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C'è anche questa domanda postaci dal nostro Webmaster:

Secondo voi, quali situazioni avrebbero dovuto verificarsi affinché la Lapponia potesse diventare uno stato indipendente, come si vede nella cartina sottostante?

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A proposito di Lapponi, Lord Wilmore domanda:

I Sami o Lapponi non sono indoeuropei, vero?

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E il grande *Bhrg'howidhHô(n-) gli risponde:

La loro lingua appartiene senza il minimo dubbio alla famiglia uralica e in particolare alla sua principale articolazione, l’ugrofinnico.
I rapporti con l’indoeuropeo sono quindi secondarî e si possono distinguere in tre:

- dal punto di vista genealogico, l’uralico stesso – famiglia non indoeuropea – presenta possibili importanti relazioni con l’indoeuropeo (nell’ipotesi massimalistica, rappresenterebbe – insieme all’altaico – una classe indoeuropea distaccàtasi in epoca decisamente remota dal resto della [macro]famiglia e poi pure dall’altaico);

- assai probabile è che, prima dell’arrivo dei Sámi nelle Sedi storiche (Sápmi), vi si parlasse una lingua (di sostrato), sulla cui affiliazione si discute senza alcuna preclusione e che potrebbe essere stata indoeuropea (preistorica);

- in ogni caso, esistono contatti storici (di superstrato) e protostorici (di adstrato), forse già preistorici, col germanico (settentrionale), che quanto più si va indietro nel tempo tanto più si configura come indoeuropeo preistorico regionale.

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E ora, la proposta di Massimiliano Paleari:

Interessante esercizio. Cosa accade alla storia mondiale se le oche del Campidoglio non danno l'allarme ai Romani attaccati dai Galli? In altre parole, al di là del mito, cosa succede se Roma, ancora relativamente debole, soccombe davanti alle spedizioni lanciate dalle tribù celtiche provenienti da nord? E' possibile immaginare che l'elemento celtico sostituisca quello latino come substrato culturale maggioritario comune di una parte importante del nostro continente e di conseguenza del mondo intero? Provo a immaginare il seguente scenario relativo al mondo antico:

Riusciranno i Celti a costituire compagini statali organizzate in modo da fare fronte alle ondate di invasione provenienti periodicamente da est, o alla fine saranno comunque sommersi? Viceversa l'assenza di un grande impero unificante come quello romano (e l'assenza del relativo luccichio di riccchezze) avrebbe reso meno attraente per i "barbari" la marcia verso ovest e verso sud? E gli Unni? Se ne sarebbero stati buoni?

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Interviene il grande *Bhrg'howidhHô(n-):

Alcune città sarebbero state ristrutturate in forme celtiche e le confederazioni dei Boi e dei Senoni avrebbero avuto ampliamenti territoriali più o meno consistenti (non più di questo). Ben altro sarebbe stato se qualche touta cisalpina avesse avuto un destino simile a quello di Roma (al momento della conquista romana ci stavano provando gli Insubri di Milano).

Il grandissimo vantaggio dei Celti consisteva nel loro radicamento millenario nelle proprie Sedi storiche più che nelle effimere espansioni dell'Età del Ferro; lucrarne qualcuna in più nella Penisola Italica non avrebbe alterato sostanzialmente il quadro, l'importante era piuttosto che l'Urbanesimo arrivasse in forme diverse dall'introduzione nel sistema romano.

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E Paolo Maltagliati chiosa:

Nel caso dell'impero Insubrico, noi, ma in realtà anche mezzo mondo, parleremmo una lingua neo-celtica continentale, i leghisti che miteggiano un passato romano sarebbero al sud (la lega sud-ausonia). E la vedo ancora più dura di quanto è già nella nostra Timeline per la sopravvivenza delle lingue celtiche insulari (si assimilerebbero più facilmente in un eventuale impero di matrice celtica e di loro non resterebbero che vestigia archeologiche). Interessante immaginare l'orientamento dell'espansionismo di questa compagine statale, probabilmente diverso, almeno inizialmente, rispetto a quello romano.

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Anche Rivoluzionario Liberale dice la sua:

È uno degli scenari più interessanti che abbiamo mai studiato tra noi, amatori del genere. Parto da alcuni dati storici semplici.

La storia non ha solo cancellato i celti da grosse aree dell'Europa, ma anche concatenato una serie di eventi:

1) vittorie romane e nascita del relativo impero
2) romanizzazione e cristianizzazione, ma anche contaminazione della cultura latina con culture straniere.
3) crollo dell'impero romano e invasioni germaniche e slave.

Tutto ciò non basterebbe a dare luogo alla deceltizzazione dell'Europa, ma ci mostrerebbe uno scenario molto complesso. Per semplificare io sostituisco Roma con una città celtica, Alesia ad esempio, e sostituisco l'impero alesiano con quello romano, poi tutto lo faccio rimanere come tale. Alesia diventa sotto Vergingetorige la città preminente della Gallia, e si espande annettendo tutte le tribù celtiche. Tutta l'area italo-franco-iberica finisce sotto l'impero alesiano. Le lingue italiche e l'etrusco continuano ad essere parlate come lingue minoritarie, e si diffonde il celtico alesiano in tutto l'occidente. Alesia conquista la Grecia e la Macedonia e tutta la cultura ellenica influisce su quella celtica. Guerre puniche e vittoria alesiana: la Spagna, la Sicilia, la Sardegna la Corsica, Malta e le Beleari diventano province alesiane ,e il gallico alesiano si diffonde come lingua veicolare e volgare. Si costruisce un limes sul Reno. La repubblica alesiana diventa impero gallico sotto un Augusto celtico. Un generale gallico viene trucidato con i suoi legionari a Teutoburgo. Si invade la Britannia, e i locali resistono sotto la regina Boadicea. n una condizione simile, il celtico si sostituisce al neolatino, pari pari. Poi vengono i regni gallo-barbarici. eccetera.

La condizione dell'italico (e dell'etrusco) nell'epoca contemporanea sarebbe la seguente:

Il gallico sarebbe diviso in parlate neogalliche, ricche di prestiti ellenici, semiti e germanici, ci sarebbero le nazioni neogalliche. Per la germanizzazione, abbiamo avuto nella storia la germanizzazione della Britannia e parzialmente del Reno, ma non della Gallia: potrebbe avvenire uno scenario simile. Avremo un'America anglosassone e una gallica!

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Non può mancare il commento di *Bhrg'howidhHô(n-):

L'assimilazione linguistica causata dall'Impero Romano è stata un fenomeno bensì epocale ma tardivo e in larga misura inatteso (conseguente all'imitazione del modello rivale sāsānide); in uno scenario alternativo come questo dovrebbe superare due barriere tra Imperi (oltre a quella īrāno-ellenica anche quella elleno-celtica) e comunque sarebbe in funzione appunto degli orientamenti imperialistici. Questi, in linea di massima, sarebbero geograficamente prevedibili in direzione Nord-Sud verso il Mediterraneo e, da qui, Ovest-Est verso il Vicino Oriente, sempre tenendo conto, com'è ovvio, della superiore potenza fenicio-punica. Il parallelo più simile sembra quello del Mediterraneo Occidentale nel Medioevo: tre o quattro secoli in cui la sponda settentrionale è una colonia economica di quella meridionale (e occidentale), seguiti da altri quattro di iniziativa da parte della sponda settentrionale (che a sua volta viene a includere tutta quella occidentale), dopodiché si ritorna all'equilibrio. La Storia Romana, invece, mostra che l'espansione dell'Urbe è schematizzabile nelle fasi di lotta per l'egemonia entro dapprima la Lega 'etnica' (Lazio), poi la regione geopolitica (Penisola Italica), a partire dalla quale si assume l'eredità degli espansionismi dei centri di potere egemonizzati (Magna Graecia e Massilia, Città-Stato venetiche e dauno-peucezio-messapiche) fino a sfociare nel tentativo - riuscito - di unificazione dell'intero bacino mediterraneo e quindi a subentrare ai Regni Ellenistici nella rivalità con gli Imperi Īrānici.

Se prendiamo il caso di Mediolānum (propriamente Mediólānon), la prima fase sarebbe enormemente più impegnativa (la conquista romana del III.-II. sec. a.C. è arrivata quando gli Insubri si trovavano nelle condizioni che Roma aveva raggiunto in età veterorepubblicana), perché i legami di appartenenza etnica collocavano gli Insubri nel sistema di contatti intragallici (quando non addirittura intraceltici con inclusione della Penisola Iberica e delle Isole Britanniche, benché sia dubbio che il nome di Celti fosse universalmente impiegato), laddove invece la politica regionale era chiaramente delimitata dall'arco alpino e casomai si indirizzava, come per gli Etruschi e Roma, verso la Penisola Italica. Ci si può dunque chiedere se non sia più verosimile che la seconda fase anticipasse il completamento della prima. Dalla terza fase (eredità degli Imperialismi confluiti sotto l'Egemonia regionale) in poi il quadro si sovrappone in larga misura con quello noto dalla Storia Romana.

Per leggere un'ucronia celtica molo dettagliata, cliccate qui.

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Lord Wilmore invece suggerisce:

Che ne pensate di questa Federazione Inuit?

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Passiamo all'idea di Generalissimus:

Per la serie dei popoli sfigati meno sfigati: cosa accade se gli Elimi riescono a resistere alle distruzioni di Pirro e all'impero romano e a sopravvivere fino ad oggi in quella che è la Provincia di Trapani?

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Bhrghowidhon si sente di replicare:

Gli Elimi sarebbero rimasti più facilmente se lo fossero anche tutti gli altri Popoli preromani e pregreci dell'Impero, quindi se la Cristianizzazione non avesse avuto forme linguistiche come invece con Teodosio e nei secoli successivi; altrimenti bisognerebbe immaginarne un distacco per tempo e definitivo dall'Impero (magari grazie ai Vandali?), come nel caso della Britannia, della Vasconia e dell'Illiria.

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La replica di Basileus TFT è invece apodittica:

Fantasy.

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Iacopo Maffi non è così categorico:

Se sì i Baschi, perchè no gli Elimi?

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Ma MAS gli replica in maniera più che dettagliata:

Gli Elimi entrarono nella Repubblica Romana 200 anni prima rispetto ai Baschi; mentre questi erano del tutto indipendenti al momento della conquista, da almeno 3-4 secoli gli Elimi erano soggetti più o meno direttamente a Greci e poi ai Punici, per cui avevano certamente subito culturalmente e linguisticamente queste dominazioni od influenze.

I Baschi all'arrivo attorno al 416 dei primi barbari in Spagna riacquisirono la loro indipendenza e ancora all'epoca delle invasioni arabe (tre secoli dopo) non erano stati assoggettati dai Visigoti, gli stessi Arabi ed i Carolingi non riuscirono in alcun modo ad assoggettare tale popolo; gli Elimi dal 455 passarono sotto i Vandali ma all'inizio del VI secolo ritornarono sotto il potere dell'Impero Romano (d'Oriente).

I Baschi abitavano una zona aspramente montuosa ed erano relativamente in tanti; gli Elimi abitavano una piana con una sola altura degna di questo nome, Monte Erice: erano molti meno rispetto ai Baschi e non abitavano una zona isolata e relativamente poco trafficata del vecchio continente.

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E Basileus TFT aggiunge:

Sono d'accordo. I Baschi, oltre ai vantaggi già spiegati, avevano la fortuna di essere insediati in una zona povera e periferica. I Romani furono ben contenti di lasciar loro una totale autonomia in cambio di essere integrati nell'impero: sprecare energie per combattere attivamente i montanari delle zone maggiormente defilate del mondo non aveva senso. Gli Elimi vivevano in una zona ricca; OK la parte orientale lo era molto di più, ma stiamo comunque parlando della Sicilia. Crocevia dei commerci africani, strategicamente fondamentale per il dominio del Mediterraneo centrale e vicina alla capitale dei Romani. Ammettiamo che riescano a resistere ai punici e che i romani concedano loro forme sostanziose di indipendenza per un motivo da chiarire. Mettiamo anche che non si romanizzino e rimangano isolati, lasciando quella parte della Sicilia relativamente povera. Quanto possono resistere come gruppo autonomo? Penso sia già una forzatura farli arrivare fino agli Arabi, specialmente visto che con il passare del tempo il dominio romano era diventato via via più centralizzato e meno incline ai localismi.

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A questo punto restituiamo la parola al grande Bhrghowidhon:

La Romanizzazione consiste in due fasi:

a) introduzione del latino di Roma nel Repertorio Sociolinguistico di una Comunità non Latinofona;
b) eliminazione dal medesimo Repertorio della (o delle) varietà in uso da epoca precedente.

La prima fase è avvenuta in Italia (Penisola) durante la Repubblica, nel resto della Romània – a parte le Colonie Romane o Latine e, con minore esclusività, le città in generale – solo durante l'Impero (in particolare, da Caracalla in poi). La seconda fase – sempre a parte le sole Colonie Romane o Latine (non fittizie) – comincia invece con Teodosio I. e viene completata dopo il periodo romano-'barbarico'. La prima fase ha inizio attraverso la variazione diamesica: una nuova lingua scritta viene introdotta per usi specifici (da notare che fino a Caracalla l'uso del latino era VIETATO da Roma nelle Cīuitātēs Foederātae, che costituivano la stragrande maggioranza del territorio, mentre era obbligatorio ma non esclusivo nei Mūnicipia Romani – spesso fittizi, cioè tali solo giuridicamente ma non etnicamente – e nelle Colonie Latine, per le quali valgono le stesse considerazioni. La seconda fase invece consiste nel fatto che le madri (principali agenti della trasmissione linguistica intergenerazionale e ovviamente del tutto estranee alle dinamiche del servizio militare), da quando l'affiliazione alla Religione di Stato è diventata obbligatoria pena la morte, hanno ciascuna singolarmente osservato che, se parlare latino non era una garanzia di Cristianesimo, parlare una lingua non latina – né greca, aramaica, copta, punica – era un sicuro indizio di, appunto, Paganesimo e quindi causa di morte certa per il figlio e tutti coloro che non ne avessero denunciato il Paganesimo (nonostante ciò, il processo ha impiegato circa sei secoli per completarsi, come dimostrato dal fatto che tutte le Minoranze Alloglotte anteriori al Mille – nientemeno – e non rimpinguate in sèguito sono state assimilate, mentre le successive no).

Entrambe le fasi sono state realizzate a partire dal Centro urbano principale, che era il Caput Cīuitātis (poi il Mūnicipium) e il cui àmbito corrispondeva alle Diocesi Cristiane. Al completamento del processo sono sfuggiti:

1) al tempo di Caracalla, i Dēditiciī (chiunque fossero);
2) i Ribelli dichiarati (per esempio i Bagaudi, che con una cerimonia abbandonavano la Cittadinanza Romana),
3) dopo Teodosio, le Corporazioni Professionali (per esempio i Pontefici, i futuri Maestri Carpentieri e Muratori – i Massoni – ecc.);
4) le persone ai margini della Società, ma con un ruolo sacrale particolare (le future Streghe);
5) i nuovi Peregrīnī (per esempio i Germani, poi gli Slavi) e tutti i Non Romanizzati che si assimilavano a loro;
6) chi, in sèguito, si è sottoposto a un processo simile, ma per un'altra Confessione o Religione (per esempio, tutti i Mawālī, Musulmani Arabizzati, inclusi i «Pravi Christiani» intorno a Fraxinetum).

Ne consegue che gli Elimi, come tutte le Popolazioni Preromane, fino a Caracalla sono rimasti sostanzialmente nelle stesse condizioni della fase ellenica (ed ellenistica), dopo Caracalla sono divenuti una Comunità diglottica con acroletto latino soprattutto scritto, dopo Teodosio hanno cominciato a latinizzarsi anche nelle campagne, in epoca gotica non sono stati interessati (per ragioni soprattutto geografiche) dal processo di parziale assimilazione (specialmente presso gli strati non ancora romanizzati) ai Germani, quindi per tutta la fase bizantina hanno subìto la continuazione del processo (in forma tuttavia meno massiccia di quanto avveniva nei Regni Romano-Germanici passati all'Ortodossia Cattolica), ma ancora nel periodo musulmano è possibile che, fra gli Arabizzati, sussistesse qualche residuo prelatino e pregreco (in ogni caso, proprio la parte della Società – per esempio Corleone – dove l'’Islām è documentatamente rimasto più a lungo, in forma sufica, con iscrizioni arabe a tre Piani di Lettura analoghi ai quattro della anche per altri versi simile Commedia Dantesca, è quella che meglio conserva le Strutture di aggregazione neolitiche, il cosiddetto Modello della Mafia).

Che quindi ci fossero ancora Elimi (non solo geneticamente, che è ovvio, ma anche culturalmente se non addirittura linguisticamente) in epoca araba non è un'ucronia, ma una seria ipotesi storica. La differenza coi Baschi non pertiene quindi alla diversa collocazione geografica e strategica (altrimenti la continuità dell'illirico nell'albanese sarebbe inspiegabile) né a un particolare isolamento di questi (che non era maggiore della maggior parte delle Popolazioni preromane in Spagna Occidentale e Settentrionale e nelle Gallie), ma specificamente all'opposizione fra l'indipendenza dei Baschi nei secoli cruciali dei Regni Romano-Germanici nonché in quelli dell'Egemonia Culturale Musulmana (soprattutto perché a quest'ultima è seguìta una Ricristianizzazione – ossia Neolatinizzazione – ancora più metodica della prima Conversione), da un lato, e, dall'altro, la permanenza nell'Impero Romano (dopo la breve e in Sicilia poco significativa parentesi gotica) negli stessi secoli nonché l'’Islāmizzazione con la successiva Ricristianizzazione. È tutto qui ed è solo questo il motivo che giustifica perché i Baschi sì e gli Elimi no. Al tempo stesso, rimuovere ucronicamente questa differenza renderebbe automaticamente realistica la persistenza degli Elimi fino al Medioevo inoltrato. La difficoltà dell'ucronia, piuttosto, risiede nel postulato che la divergenza riguardi solo gli Elimi e non tutti gli altri (fuori d'Italia); non che le eccezioni storiche alla Romanizzazione siano sistematiche (anch'essi sono fenomeni episodici e ā priōrī non prevedibili: non c'era niente, nel IV.-V. secolo, che potesse suggerire la sopravvivenza del basco o dell'illirico e non del gallico o del dacio, per esempio), dunque una in più sarebbe tranquillamente ammissibile, ma perché proprio nel Nord-Ovest della Sicilia invece che, per esempio, nei molto più vasti spazi continentali dalla Lusitania alla Tracia (a parte, come detto, i Pirenei e l'Illirico) rimane incomprensibile senza un Punto di Divergenza aggiuntivo e ad hoc.

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Diamo la parola a Paolo Maltagliati:

Scusa se cambio argomento, ma Guido, tu come interpreti i Cessair, i Partholon, i Nemed, i Fomoire, i Fir Bolg e i Tuatha de Danaan? nel senso, cosa rappresentano storicamente? So bene che la vulgata (che tu chiaramente non condividi) tende a rappresentare i Fir Bolg come i pre-indoeuropei che vengono scacciati dall'invasione celtica dei Túatha Dé Danann... ma le ondate precedenti non si spiegherebbero molto in questa interpretazione. Io invece pensavo che i Fomoriani fossero la rappresentazione dei neanderthaliani, ti confesso. Non è che 'migrano' davvero in Eriu... è come se fossero sempre lì e ogni tanto spuntassero a distruggere/duellare con gli altri.E in alcuni casi prendessero il potere sugli altri. Oltre al fatto che non vengono 'annientati' in una battaglia campale o sottomessi formalmente una volta per tutte. Semplicemente è come se lentamente si ritirassero, si dileguassero dalla storia all'avvento dei Tuatha de Danaan (che ci si imparentarono, all'inizio, tra l'altro).

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Bhrghowidhon gli replica:

Ti confesso che per l’Irlanda non avevo mai pensato ai Neandert(h)aliani; postuli che sarebbero sopravvissuti abbastanza da partecipare alla colonizzazione dell’isola dopo il Pleniglaciale o che il loro ricordo sia stato portato sull’isola da altre regioni? O proprio che ce ne fossero in Irlanda da prima del Sapiens?
Lo schema a cui aderivo (e per il quale mi sono pure compromesso in pubblico) era che fossero tutti indoeuropei: i Ces(s)air e (dal 4287 a.C.) i Fomóire paleo-mesolitici, nel 2680 a.C. i Partholón neolitici (dall’Iberia), nel 2350 i Nemed calcolitici (kurganici, dal Mar Caspio), nel 1934 i Fir Bolg (discendenti da questi) portatori della Cultura del Bicchiere Campaniforme, nel 1897 i Túatha Dé Danann (discendenti anch’essi dai Nemed) portatori della Cultura dell’Ascia da Combattimento, infine i Goideli nel 1700 a.C. (quasi protoceltici)...

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Paolo chiarisce:

Penso proprio che ce ne fossero in Irlanda prima dei Sapiens. I Neanderthal erano più adatti al freddo e si spostavano seguendo i grandi branchi. Ne deduco che popolazioni residuali di Neanderthal siano proporzionalmente sopravvissute più a lungo nel Nord Europa. In più quando l'Irlanda divenne un'Isola alcuni di essi potrebbero essere rimasti intrappolati in Eriu assieme alle loro prede preferite, i megaloceri.

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Bhrghowidhon riprende:

Certo, è perfettamente verosimile; le tracce di lavorazione umana sul frammento di osso di renna di Castlepook Cave (31˙000 a.C.) e sull’osso di orso di Alice and Gwendoline Cave (10˙860-10˙641 a.C.) possono essere attribuite a Neandert(h)aliani?
Se presenze di sapientes possono essere postulate per l’11˙000 a.C. e sono sicure al più tardi per il 7000 a.C., mi sembrerebbe inverosimile che nel 4287 a.C. fossero scomparse; perciò i Ces(s)air dovrebbero rappresentare comunque anche dei sapientes, così come in Sicilia intenderei i Lestrigoni (‘che sospingono facendo rumore con la voce’) quali Cacciatori-Raccoglitori paleolitici e i Ciclopi come Cacciatori e Pescatori specializzati mesolitici (fino all’Ovicoltura; l’Agricoltura sarebbe stata introdotta nel Neolitico dai Sicani = ‘Agricoltori’, poi seguiti dai Siculi = ‘Immigrati’): questo ci permetterebbe di valorizzare l’equazione strutturale fra Polifemo e Bolar (Balor/Balar) Re monocolo dei Fomóire (in quanto mesolitici, preceduti dai Ces(s)air paleolitici).
È in ogni caso inevitabile che nel ricordo dei Paleolitici sia confluito quello di eventuali altre (sotto)specie umane e di figure mitologiche di comparabilità indoeuropea o addirittura più estesa. Ti sembra ragionevole?

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Nella discussione si inserisce Tommaso Mazzoni:

Ma tecnicamente, secondo il mito, i Fomori non furono sconfitti nella battaglia di Mag Thureau dalle truppe di Nuada, che perse la mano nell'uccidere Balor, re dei Fomori?

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Allora Paolo spiega:

Allora, la cosa particolare dei fomoriani nei miti irlandesi è che NON fanno parte delle grandi ondate colonizzatrici. Loro non 'arrivano' in Irlanda, al contrario di tutti gli altri. Loro sono già lì. Si scontrano praticamente con tutti, dai Partholon fino ai Tuatha de Danaan, anche se il rapporto più drammatico lo hanno con i Nemed. Con i Fir Bolg praticamente spariscono, per poi ricomparire in grande stile alla fine di questi ultimi e partecipare a sorpresa all' epilogo del mito della colonozzazione di Eriu (sorprendendo un po' il lettore moderno, che pensa che i Fomoriani, avuta la loro 'Fase nella sequenza principale', debbano svanire come tutti gli altri prima). I Tuatha de Danaan si imparentano addiritura con loro: re Bres è mezzo Fomoriano. Ok, è malvagio in quanto mezzo fomoriano, ma il concetto resta ed è sorprendente) e sembra quasi che i fomoriani abbiano aiutato i TdD, per quanto non è esplicito, contro i Fir Bolg (ripeto, fase in cui sembrano sparire, dopo il trionfo sui Nemediani e la loro diaspora), altrimenti non avrebbero senso tutte queste unioni miste iniziali. Poi, se ci pensate, i Tuatha de Danaan sono istruiti e guidati a combattere contro Balor e i suoi non da Nuada, ma da Lug, che di fatto è un altro mezzo Fomoriano (dalla figlia di Balor).

E a dirla tutta, i Fomoriani non spariscono davvero (anche se sembra), perché ricompaiono nelle leggende su Cu Chulainn, che, quando si addestra con Scathach, ogni tanto si trova a salvare damigelle o villaggi rapite/depredati dai Fomoriani. Dimostrando che - al contrario di Nemed, Fir Bolg eccetera, non sono mai stati davvero debellati, perlomeno nell'immaginario collettivo. Il Fomoriano è il mostro che viene a rapire le vergini, è il gigante che hai paura di incontrare quando ti sei attardato troppo sulla strada la sera. Il fomoriano (r)esiste. Sempre. Quindi i Fomoriani sono, a tutti gli effetti, una anomalia del 'ciclo dei popoli d'Irlanda'.

E quanto alla tua ricostruzione, Bhrghowidhon, mi sembra sensata. I neolitici temono allo stesso modo i mostri (neanderthal) e le residuali popolazioni paleolitiche ancestrali e col tempo mischiano le due (interconnesse da quali rapporti?) Popolazioni. In questo senso, i Tuatha de Danaan che si imparentano con i Fomoriani mi da' l'impressione di una 'alleanza matrimoniale' tra gli ultimi venuti e gli abili cacciatori nativi delle brughiere, che odiano gli attuali padroni dell'isola (i Fir Bolg) e le cui abilità nella caccia o nel leggere la natura sembrano 'soprannaturali' e 'magiche' a popolazioni tendenzialmente neolitiche.

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Cambiamo ora argomento con la proposta di Camillo Cantarano:

Io invece sono rimasto colpito dall'ucronia sugli Ainu. E se essi riescono a controllare il flusso migratorio giapponese e rimangono il gruppo etnico più numeroso del paese? Come saranno tutti gli imperatori del Giappone che si succederanno (ammesso che gli Ainu avessero deciso di eleggere un imperatore)? Riusciranno a bloccare le invasioni che provengono dall'Asia continentale? Si diffonderà fra queste genti il buddhismo o rimarrà lo sciamanesimo? E i nostri giapponesi? Come sarà la lingua e quali saranno i rapporti con la Russia?

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Al che Basileus TFT gli risponde:

Purtroppo questo popolo era terribilmente arretrato rispetto ai giapponesi. Niente ferro, niente ruota, niente moneta, niente scrittura. Tuttavia poteva contare su un vantaggio non da poco, cioè il numero. Il problema principale degli Ainu è che non si sono mai uniti in una lega di clan o in un regno, ma avevano una struttura primitiva e disorganizzata, insomma non avevano un'unità nazionale. Supponiamo invece che un capo, o un gruppo di capi, riescano ad unire un numero sufficiente di clan da fermare l'invasione giapponese. I Giapponesi rimangono confinati in Corea. Il popolo Ainu potrebbe mantenere la sua unità o sprofondare di nuovo in un periodo di divisioni (come il nostro Giappone). Alla fine comunque la situazione sarebbe analoga alla nostra. Gli Ainu sono isolati sul loro arcipelago, hanno una mentalità chiusa ed una religione sciamanica, vivono nelle loro case lunghe e fino alla fine dell'800 non interessano a nessuno. Successivamente potrebbero essere colonizzati o sviluppare l'industria rapidamente (come il Giappone). Cosa cambia dal nostro Giappone alla Nazione Ainu? Semplicemente che l'identità Ainu lo porta a rivendicare non solo le terre russe che già rivendicavano i giapponesi ma anche le isole Kurili. i rapporti con la Russia non li vedo buoni, a meno che negli anni trenta o giù di li gli Ainu si comunistizzino, cosa decisamente improbabile. La religione sciamanica è possibile che rimanga fino ai giorni nostri. Probabili anche rivendicazioni sulla Corea durante il periodo del colonialismo, come casus belli metterei le invasioni dei giapponesi di secoli e secoli prima. E i Giapponesi che fine fanno? se non riescono a trovare un loro pezzo di terra, costruendosi un regno in Corea, è probabile che vengano inglobati dalle popolazioni dominanti oppure che migrino verso sud, verso le isole Okinawa e più avanti verso Taiwan.

Bandiera della Nazione Ainu

Bandiera della Nazione Ainu

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Falecius dice la sua:

Secondo me i POD sono le mancate invasioni Yayoi nell'Arcipelago giapponese. Queste isole rimarranno quindi divise: Honshu, Shikoku ed Hokkaido aghi Ainu, Kyushu ad un popolo maleo-polinesiano. I "nostri" giapponesi non esisterebbero: sarebbero semplicemente Coreani.

Uno stato Ainu unificato prima delle invasioni Yayoi continuerebbe la cultura Jomon, ma resterebbero tutte le influenze cinesi mediate dalla Corea. Altrettanto accadrebbe ai gruppi meridionali. Emergerebbe uno Stato di lingua maleo-polinesiana comprendente Kyushu, le Ryukyu e probabilmente Taiwan, che potrebbe imporsi come talassocrazia locale con una seconda ondata malese nelle Filippine e occupando la Micronesia prima o in concorrenza con la civiltà Lapita.

Questo stato, o più probabilmente serie di Stati, sarebbe una specie di prolungamento settentrionale dell'Indonesia, ma assai più aperto ad influssi cinesi oltre che indiani (questi ultimi mediati da Giava). Se resta stabile, potrebbe arrivare nel corso del nostro Medioevo a dominare il Pacifico sovrapponendosi o anticipando l'espansione polinesiana. Sarebbe interessante se le sue navi arrivassero in Perù o Messico (come potrebbe essere avvenuto anche nella nostra linea, ma senza grandi conseguenze) introducendovi il pollo ed il maiale.

Lo stato del nord, quello Ainu insomma, sarebbe meno patriarcale (si pensa che la cultura Jomon avesse tratti di matriarcato) e la lingua sarebbe diversa, anche l'afflusso di parole cinesi e coreane sarebbe probabilmente anche maggiore che nel giapponese vero.

La sua direttrice espansiva sarebbe senza dubbio settentrionale, e già nel Medioevo avrebbe assunto il controllo di Sahalin e delle Kurili.

Possibile ma non probabile una ulteriore espansione in Kamchatka e nelle Aleutine, probabili però contatti sporadici con gli Aleuti per mare. Nel complesso graviterebbe nell'orbita culturale cinese più o meno come il nostro Giappone, ed una diffusione del buddhismo almeno tra le elites e' assolutamente realistica.

Tuttavia potrebbe non esserci lo sviluppo feudale e militaristico che conosciamo. Questo renderebbe il paese una facile preda se non per precedenti invasioni coreane (ma non si avrebbe il contrario: nessuna Himiko Ainu invaderebbe Mimana) senza dubbio per quella mongola. Come risultato il paese diventerebbe una provincia cinese (assumo che la popolazione Ainu sia meno numerosa e tecnologicamente avanzata di quella del Giappone storico nell'epoca di Kamakura) e almeno le pianure del Kansai e del Kanto sarebbero oggi sinofone. Gli Ainu resterebbero in una condizione analoga a quella dei popoli minoritari della Cina come i Bai e gli Zhuang. Tuttavia il loro stato potrebbe sopravvivere nel nord, comprendendo Hokkaido, Kurili e Sahalin. Probabile una conquista russa di questo arcipelago, ma non senza ricadute. Si tratterebbe infatti di un centro di trasmissione di tratti culturali cinesi nella regione nord-pacifica. Gli esploratori europei potrebbero incontrare popoli che conoscono l'agricoltura e scrivono con ideogrammi sulle coste pacifiche del Canada e dell'Alaska. Popoli come i Tlingit, gli Haida e gli Tsmishian potrebbero ottenere dal Canada, con largo anticipo, condizioni di autonomia analoghe a quelle del Nunavut.

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Diamo la parola ad Andrea Mascitti:

Il manga "Golden Kamui" racconta la storia di Sugimoto un soldato dell'esercito giapponese (sopravvissuto all' Assedio di Port Arthur nella guerra russo-giapponese), che insieme ad una giovane ragazza Ainu Asirpa, si mette alla ricerca di un enorme quantità enorme di oro appartenuta ad una tribù di Ainu (a cui è stata rubato), che aveva raccolto quell'oro con la speranza di finanziare la cacciata dei giapponesi dall'Hokkaido. Ma i due protagonisti non sono gli unici a cercare quell'oro; infatti a mirare al tesoro ci sono anche un anziano ancora in vita Toshizō Hijikata che dichiarato morto da anni, è in realtà evaso di prigione ed è intenzionato ad usare quell'oro per finanziare la secessione dell'Hokkaido e la creazione di una nuova Repubblica di Ezo; e Tokushirō Tsurumi, un tenente dell'esercito imperiale, anche lui sopravvissuto alla guerra russo-giapponese, nutre rancore contro il governo giapponese per aver abbandonato i veterani della guerra russo-giapponese, motivo per cui cerca di usare l'oro Ainu per guidare un colpo di stato per formare un Hokkaido indipendente.

E se uno di questi POD si fosse realizzato?

Primo POD: Stato Ainu Indipendente
Gli Ainu con l'oro ottenuto comprano armi e sostegno dalle potenze europee e/o USA (quale potenza avrebbe avuto più interesse ad appoggiarli?), riuscendo ad ottenere l'indipendenza dal Giappone, ottenendo il controllo dell'Hokkaido, le Curili e la metà inferiore dell'isola di Sachalin/Karafuto. Lo stato Ainu pur non partecipando attivamente alla WWII fornirà sostegno ad uno degli schieramenti e coglierà l'occasione della rivoluzione russa per poter occupare anche la parte settentrionale dell'isola di Sachalin/Karafuto e unire così in unica nazione tutti gli Ainu.

Secondo POD: Nuova Repubblica di Ezo
I fedeli dello Shogunato in maniera simile al primo pod con l'oro ottenuto comprano armi e sostegno dalle potenze europee e/o USA, riformando la Repubblica di Ezo, con l'obiettivo di potenziarsi e in futuro far risalire lo Shogun al potere in Giappone.

Terzo POD: Hokkaido indipendente
Stato fortemente militarista fondato dai veterani della guerra russo-giapponese, la sua popolarità in Europa crescerà alle stelle al termine della WWI, quando molti veterani di entrambi gli schieramenti rimasti delusi dal comportamento nei loro confronti dai rispettivi governi tenteranno di esportare l'esempio dell'Hokkaido anche in Europa.

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Perchè No? fa sentire la sua voce:

Sono contento di sapere che "Golden Kamuy" é arrivato in Italia, é davvero un bel manga e ha avuto un impatto positivo sul paese. Ha notevolmente aumentato le conoscenze del pubblico sulla cultura Ainu e ha aiutato il processo per far riconoscere e proteggere questa cultura non-giapponese, al punto di influenzare la legge e aiutare la creazione del nuovo Museo Nazionale Ainu a Shiraoi (inaugurato nel marzo 2020, avevo visitato il suo antenato Poroto kotan che sorgeva nello stesso posto). A proposito, la seconda stagione animata inizia tra poco e la pubblicazione prosegue (Sugimoto ubriaco ha buttato Jack lo Squartatore da una finestra).

Per il primo POD non credo che gli Ainu avrebbero potuto creare uno Stato loro, erano già in corso di giapponesizzazione forzata, la loro popolazione molto ridotta rispetto ai coloni giapponesi ed eravamo all'epoca degli imperialismi, da uno momento all'altro i cacciatori-raccoglitori Ainu sarebbero passati sotto il controllo di qualcuno. Il solo creare una coscienza « nazionale » opposta ai Wajin (i Giapponesi) sarebbe stato difficile, i Giapponesi erano più o meno presenti nell’isola da secoli, anche se l'hanno colonizzata solo tardivamente.

Per il secondo POD, si potrebbe immaginare la repubblica di Ezo rediviva come il riparo di tutti gli oppositori al sistema imperiale giapponese, non per far ritornare lo Shogun (che era fedele al nuovo sistema) ma per creare un sistema parlamentare sotto protezione USA che vedrebbe cosi l'occasione di controllare l'espansione giapponese tenendogli il coltello alla gola. Una cosa é sicura, sarebbe stato solo uno Stato temporaneo per una futura presa del potere in Giappone. Niente partecipazione giapponese nelle guerre mondiali.

Per il terzo POD, sarebbe una sorta di dittatura militare separata, opposta alla seconda versione. Lì i veterani e l'esercito creano il loro modello di Stato, seppure riconoscendo la sovranità imperiale, allo scopo di rovesciare in anticipo le istituzioni del regime di Tokyo. Una guerra civile é prevedibile.

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A questo punto non poteva mancare il dottissimo parere di Bhrghowidhon:

Il DNA trasmesso di padre in figlio (maschio) - il Cromosoma Y - appartiene, nei Giapponesi, a ben quattro gruppi principali (aplogruppi) diversi, identificati dalle lettere C, D, N e O; l'aplogruppo C è comunque alla maggior parte degli Aborigeni australiani, ai Paleosiberiani e a una piccola parte di Indigeni dell'America Settentrionale, il D è tipico degli Andamanesi (che linguisticamente sono isolati) ed è maggioritario presso i Tibetani, l'aplogruppo N è l'unico comune a tutti i popoli di lingua uralica e altaica, mentre O caratterizza tutte le popolazioni asiatiche sudorientali, dalla Birmania alla Polinesia. C e D hanno avuto origine in Africa; N e O hanno un antenato comune (il cosiddetto "Signor NO") vissuto in Asia centro-orientale approssimativamente fra 40.000 e 30.000 anni fa.

Questa stratigrafia apparentemente asettica è dirompente, perché dimostra che il Giappone rappresenta un caso - relativamente raro nel Mondo - di popolazione dalle origini radicalmente diverse le une dalle altre; in termini di correlazioni genetico-linguistiche, la componente C continua con ogni probabilità il più antico popolamento umano della costa pacifica (che poi dalla Siberia nordorientalesi è espanso in una parte del Nordamerica ed è linguisticamente correlato alla macrofamiglia australiana), D è una seconda componente antichissima che si estendeva dall'Asia Meridionale (donde sarebbe giunta nelle Andamane) a quella Orientale attraverso Tibet e Cina (linguisticamente correlato all'andamanese), O testimonia inconfutabilmente un popolamento omogeneo a tutto il resto dell'Asia 'Sud-Orientale' in senso lato, quindi linguisticamente «austrica» (= macrofamiglia del sino-tibeto-birmano, miáo-yáo / Hmong Mien, Kam-Tai, austroasiatico / Muṇḑā-Mon-Khmer e austronesiano), infine N è l'indizio dello strato altaico comune appunto al coreano, manciù-tunguso, mongolo e turco-tataro (oltre che probabilmente allo stesso ainu).

Nel resto del Mondo una simile stratificazione è rarissima, per esempio in Europa nonostante i tanti rimescolamenti gli aplogruppi sono arrivati già 'misti' in quanto gli Indoeuropei erano fin dall'inizio un insieme di F, G, I, J, L, P, R e in parte H ed E, non c'è stata una stratificazione simile (l'unica riconoscibile è che nel Paleolitico doveva prevalere prima R poi I, mentre nel Neolitico sono giunti G e J; F e P sono relativamente rari, L è solo indomediterraneo), erano comunque tutti indoeuropei.

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Per contribuire alle discussioni in corso, scriveteci a questo indirizzo.


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