L'INTERMINABILE PATER NOSTER


Un giorno di Luglio del 1991, durante un pellegrinaggio personale presso il convento di clausura del Sacro Monte di Varese, mi è corso l'occhio su un cartello che pubblicizzava una biografia di Paolo VI in vendita presso il santuario, scritta da Padre Carlo Cremona. Il Suo nome non mi era ignoto, giacché avevo già avuto modo di leggere la sua precedente opera "Agostino d'Ippona - Pensieri", regalatami da un amico. Mentre acquistavo questo volume, il rivenditore mi ha informato del fatto che l'Autore era presente proprio in quei giorni al Sacro Monte, e di colpo mi è balenata l'idea di incontrarlo e di farmi fare una dedica sul libro. Ho chiesto di Lui nella sagrestia del Santuario, e padre Cremona è venuto da me in modo così sollecito e disponibile da lasciarmi stupefatto. È un tipo pratico, che sa andare subito al cuore delle cose, come mi ha dimostrato in una breve conversazione, e sono sicuro che quasi tutti lo troverebbero simpatico dopo aver scambiato quattro chiacchiere con lui. La successiva lettura del libro mi ha fatto poi scoprire che, com'è nell'anima napoletana, egli non ha affatto dimenticato l'aspetto poetico della vita e della storia, quello che "noi del Nord" tendiamo troppo spesso a trascurare. Ora che anche padre Cremona ci ha lasciati, ho pensato di pubblicare la recensione di "Paolo VI", ed. Rusconi, una delle bellissime biografie scritte da padre Cremona, per ricordare degnamente tanto lui quanto il grande Papa Paolo VI, nel XXV anniversario della sua morte terrena.

Paolo VI a Venezia insieme al suo successore Albino Luciani nel 1977

Bellissima, ho detto. Dirò di più: tre volte bellissima.

Bellissima la vita di questo piccolo grande uomo che ha deciso di cambiare il suo nome in quello dell'Apostolo delle Genti (cfr.pag.205: "Paolo VI volle ispirarsi proprio a Paolo di Tarso") per essere come lui missionario di Cristo, utilizzando tutti i mezzi che la moderna tecnologia gli metteva a disposizione.

Bellissima l'idea di volerci parlare di un uomo il cui nome quasi tutti conoscevano ma la cui opera ben pochi capivano ed apprezzavano: un uomo dallo strano destino, comune a quasi tutti i benefattori dell'umanità, cioè di essere incompresi in vita, ed ancora mal compresi dopo la morte. La biografia di Padre Cremona è come un riflettore, un flash che di colpo getta una vampata di luce su un quadro appeso in una stanza buia, ed il cui pregio nessuno riusciva ad apprezzare perché l'incuria e la superficialità degli uomini lo avevano ritenuto indegno del museo della Storia.

Bellissimo, infine, il modo in cui quest'idea è sviluppata e portata a compimento, cesellando un vero monumento al grande Papa con uno stile originalissimo, fatto di frasi concise ed eloquenti, scevro da artifici letterari, ma denso di flashback e di anticipazioni: stile, questo, che io trovo adattissimo ad esprimere lo snodarsi ed il riannodarsi dei fili con cui la Provvidenza ha intessuto la vita del grande Papa. Cremona stesso, a pag.241, afferma: "Tre passi avanti e uno indietro, così da liberare il racconto dal rigore cronologico"!

I confronti sono sempre antipatici, tuttavia mi sembra istruttivo comparare questa con la biografia di un altro pontefice: quella di Giovanni XXIII, scritta da Nazareno Fabbretti (ed. Mursia). Questa è scritta in modo semplice, direi narrativo, come una bella storia edificante raccontata per mostrare un esempio di bontà e di umiltà, e si distende in un periodare ampio e tranquillo: in accordo, dunque, con la figura angelica del Papa Buono, da tutti amato ed apprezzato in vita ed in morte. Cremona ha saputo invece rendere il complesso mondo interiore di Montini, e ha trasformato quella che poteva essere una semplice biografia, o peggio un'opera banalmente apologetica sullo stile di tanta agiografia dei secoli passati, in una completa analisi filosofica e teologica di tutto un secolo, con le sue ansie e i suoi terrori, visto e vissuto da un uomo che fu definito "Amletico" e "Paolo mesto" solo perché preferiva vedere, tacere e soffrire in silenzio, "meditando tutte queste cose nel proprio cuore".

Un'opera dotta, dunque, ma non abbastanza per non essere compresa da tutti i lettori: l'autore ha imparato perfettamente da Paolo VI, che sapeva dire cose profondissime con parole semplici. Ecco, per esempio, come riesce a sintetizzare mirabilmente l'intero operato di Montini: "Paolo VI ha elaborato principi morali validi per l'uomo integrale; ha squadrato pietre angolari e le ha collocate solidamente sul fondale di acque invadenti, che reggessero i piloni di un ponte nuovo, sul quale camminerà sicura l'umanità verso il futuro, verso la Civiltà dell'amore." (pag. 16). Se fossi nei panni di coloro che decidono i titoli dei temi d'italiano dell'esame di maturità, assegnerei un commento di questa frase. C'è dentro tutto un pontificato. Anzi, c'è dentro tutto un secolo. Montini ha formato, nella FUCI, i più grandi spiriti dell'Italia del secondo dopoguerra (un nome per tutti: Aldo Moro). Dalla Segreteria di Stato Vaticana ha vissuto in prima linea gli anni più spaventevoli delle dittature, del conflitto mondiale, della guerra fredda. A Milano ha conosciuto i problemi della nostra civiltà massificata ed esibizionista. E di tutto questo ha fatto tesoro, una volta divenuto primate della Terra.

Tre passi avanti e uno indietro, dicevo sopra. Non è solo un giudizio sullo stile, ma anche sull'intelligenza con cui viene trattato il pontificato di Montini nell'alternarsi di chiaroscuri: la mera analisi storiografica, tanto sbandierata da pedanti professori di storia, è sacrificata alla storia dello Spirito. Lo snodarsi dei fatti belli e brutti, dal Concilio alla delusione per la mancata presenza al Congresso Eucaristico Internazionale di Filadelfia del 1976, dalla "Populorum Progressio" al divieto da parte di Gomulka di visitare la Polonia, dalla fantastica "notte della Luna" fino, ahimè, al caso Moro, tutto questo rincorrersi di giorni, mesi ed anni diventa in queste pagine mirabile poesia. E ciò non solo per i chiasmi, le allitterazioni, le geniali allegorie che Cremona adopera da maestro, come là dove dice che "la Chiesa bisogna servirla, non servirsene" (pag.131) o dove commenta: "Prima i fioretti, ora le spine!" (pag.257). Sgorga poesia là dove Cremona sa trovare una risposta alle domande che potrebbero sorgere spontanee dalla mente del lettore, ma non architettandole nel Suo cervello, dando l'impressione di voler stupire chi è culturalmente sprovveduto: le trova nella storia stessa, letta non con gli occhi del freddo matematico, ma attraverso lo specchio della Fede e dell'Amore.

La dimostrazione più lampante di questo fatto è costituita dagli stessi titoli dei capitoli, pressoché pirandelliani nella loro concisione lapidaria: "UNA GRANDE BARCA..." da’, da solo, l'idea delle due barche: quella, piccola e raccolta, della famiglia Montini, che "s'accosta" - bellissima immagine, questa, a pag.25 - a quella, enorme e millenaria, di Pietro; e il paragone continua a pag.231 col titolo "LA FATICA DEL PATERFAMILIAS". Insuperabile: papà Giorgio, guida spirituale della famiglia Montini, che insegna a Giovan Battista ad essere guida spirituale di quell'immensa famiglia che è la Chiesa di Cristo....

 

La storia si fa dunque poesia. La poesia si fa vita. E il culmine della vita di Montini è la morte. Quest'evento temuto ed inevitabile, che rende triste e taciturno chiunque ne senta parlare, diviene nelle pagine del nostro libro poco più di un passaggio, una "Pasqua", se vogliamo tornare all'origine etimologica della parola più santa del cristianesimo. Un lutto, per Montini, diventa una festa. Erasmo da Rotterdam, nell'"Elogio della Follia", ricorda come i predicatori medioevali ricorressero ai giri più tortuosi ed alle più astute ciarlatanerie per spiegare etimologie, date, coincidenze numeriche; l'autore, senza alcun cavillo, ha convinto i suoi lettori del fatto che non è pura coincidenza se Paolo VI morì il giorno in cui la Chiesa celebra la Trasfigurazione di Cristo. Ce lo ha fatto capire scrivendo: "Uomini come Montini muoiono unicamente perché cessano di vivere fisicamente su questa terra ove Dio ha stabilito che anche la vita spirituale sia legata alla vita fisica. In realtà la loro dipartita è ancor meno che se avessero dovuto abbandonare un luogo per trasferirsi in altro lontano. COME LA VITA, QUAGGIÙ, È MORTALE, COSÌ LA MORTE È VITALE." (pag.272). Edouard Schurè, commentando la figura e l'opera di Cristo, dice: "[La risurrezione] rivoluzionò completamente l'animo degli Apostoli. Per essi...il cielo si è aperto; l'Aldilà è entrato nell'Aldiqua; l'aurora dell'immortalità ha toccato la loro fronte e avvolto la loro anima in un fuoco inestinguibile". Nel racconto di padre Cremona non pare esservi soluzione di continuità tra la vita terrena e la vita eterna di Montini. Lo dimostra il titolo stesso del 24mo capitolo: "L'INTERMINABILE PATER NOSTER". Recitando le parole che Cristo stesso ci ha insegnato, passava così, senza neppure accorgersene, dal buio del nostro mondo finito alla luce infinita che non conoscerà mai più tramonto.

Ottima, sebbene già sfruttata, l'idea di incominciare il libro con la morte di Montini. L'estrema tranquillità della morte di papa Paolo VI avrebbe potuto sconsigliare un simile incipit; così, invece, il cerchio viene chiuso: vita e morte non sono due opposti hegeliani, due realtà inconciliabili: l'una trova la sua ragione nell'altra. Ed è così che dovrebbe essere per tutti noi: grazie dunque a Cremona per avercelo rammentato! E grazie per averci additato come modello di vita l'autografo di Montini riprodotto sul retro del volume, che recita testualmente:

"Dio - senz'amore non si conosce - senza preghiera non si ama".


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