Un sogno lungo 600 anni

Niccolò Cusano

Grandi festeggiamenti a Cusa (Kues) nel 2001, per i seicento anni di Nikolaus  Chryffs, o Krebs. Niccolò Cusano, per noi. Commento scontatissimo: non li dimostra. Vivesse oggi, sarebbe un personaggio di perfetta contemporaneità.

Kues è a poca distanza dalla città natale di sant'Ambrogio, Treviri (Trier), sulla Mosella tedesca. Nikolaus-Niccolò vi nacque dunque  seicento anni fa, nel 1401. Fu un ecclesiastico insigne, cardinale, vescovo di Bressanone, membro del concilio di Basilea e "anima" - dicono gli storici - del concilio di Firenze. Morirà nel 1464.

Vita non lunghissima, ma che ha lasciato tracce ragguardevole in molti rami del sapere: filosofia, teologia, matematica, astronomia.  Inventò, tra l'altro, l'igrometro, lo strumento che misura l'umidità atmosferica.   In astronomia anticipò Galileo, ipotizzando un universo infinito che, ovviamente, non poteva avere la Terra al centro (l'infinito non ha un centro). In filosofia introdussee la teoria della "dotta ignoranza" e della "coincidenza degli opposti", affermando - com'è vero - che il nostro pensiero coglie le innumerevoli contraddizioni della realtà (grande- piccolo,  caldo - freddo, chiaro - scuro…) e tende a superarle, spiegandole, in una realtà più ampia.  Però noi abbiamo dei limiti, e non possiamo conoscere e spiegare tutto: Dio sì, e infatti è lui la "coincidenza degli opposti" per eccellenza, l'Uno e il Tutto. E quale migliore esempio di questa coincidentia oppositorum che la persona di Gesù, unione del divino e dell'umano?

Un vero uomo del Rinascimento, aperto al sapere a trecentosessanta gradi. E di mentalità moderna anche in fatto di riti e superstizioni. Leggiamo ad esempio nelle storie la curiosa notizia che il  cardinal Cusano "proibì le ostie sanguinanti", cioè si oppose al fanatismo per lo pseudo-miracolo di certe ostie che si arrossavano a causa di un parassita microscopico.

Ma non intendiamo celebrare qui la memoria di NIccolò Cusano per la sue virtù di scienziato o di filosofo, di cui abbiamo barbaramente riassunto e semplificato le coordinate. Quello che ci interessa in questa sede è la sua straordinaria modernità "ecumenica", la sua visione profetica di una "pace della fede" non solo tra Chiese cristiane d'oriente e d'occidente, ma addirittura a tutte le religioni, cristiane e non. Il riavvicinamento con le Chiese d'oriente gli deve molto, come sappiamo.   Ma non gli basta.

E' il 1453. L'anno di una delle più sanguinose sciagure della storia: la caduta di Costantinopoli.   Nel maggio di quell'anno, il giovane sultano Maometto II abbatte trionfalmente ogni resistenza ed entra nella città (che da allora si chiamerà Istanbul) dando ai suoi soldati libertà di massacro e di saccheggio per tre giorni.   Un'apocalisse: almeno quarantamila  morti, altrettanti e più i prigionieri; stragi, stupri, crudeltà inenarrabili,  chiese violate, reliquie vilipese, distruzioni senza limiti.  Lo stesso Maometto II, di fronte all'orrore che ha scatenato,   rimane sconvolto.

Più sconvolto rimane l'occidente. Le nazioni cristiane, che per decenni hanno risposto stancamente  agli appelli angosciati dell'agonizzante impero romano d'oriente, ora si svegliano di colpo e gridano vendetta. I turchi hanno fatto strage di cristiani? Parta, e subito, una crociata per fare strage di turchi.

No, risponde la voce del profeta disarmato NIccolò Cusano. No, non è questa la via. Bisogna avere il coraggio della pace. Vendicare il sangue col sangue in nome di Dio e della religione è la peggiore offesa al Vangelo che si possa concepire. E non solo al Vangelo: alla profonda, innata fede in Dio che abita nell'anima di ogni uomo, cristiano o musulmano o ebreo o di qualsiasi altra religione.

Ora, immaginiamo l'"inattualità" profetica di questo invito appassionato alla pace, al dialogo, alla tolleranza religiosa, in un'epoca di guerre "sante" contro i non cristiani (e viceversa) e per di più sotto l'impatto emotivo della strage di Costantinopoli, sinonimo  di sacrilegio e di orrore.

Ma proprio quell'impatto emotivo ispira  a Niccolò una visione grandiosa, tra cielo e terra, un sogno che di colpo estende la sua ansia di pace all'umanità intera. Nasce così "La pace della fede" (De pace fidei),  un libro scritto in fretta, nell'emozione del momento, in un linguaggio che molti giudicano poco elegante per un uomo di cultura (siamo in pieno Umanesimo). Ma l'importanza di questa operetta per la storia dell'ecumenismo è enorme..

Di che si tratta? Di una specie di "concilio in cielo", a cui partecipano personaggi delle varie religioni. Gli angeli portano la tremenda notizia della caduta di Costantinopoli, ma Gesù, il Verbo di verità, fa udire la sua parola di pace: "Siano ricondotte tutte le religioni ad un'unica fede, con il consenso di tutti gli uomini". Ma, attenti: non con la forza e con la distruzione degli idoli, ma nel rispetto  e nella tolleranza.   Anche san Paolo partecipa al "concilio": "La salvezza dell'anima avviene per la fede… Una volta riconosciuto ciò, la varietà dei riti non turberà più nessuno. I riti possono cambiare, la verità resta immutabile."

Il Cusano non è un sincretista: per lui, la vera religione è la cristiana. Ma i credenti delle altre, senza saperlo, in realtà adorano lo stesso, unico vero Dio, sotto altre forme.  Non si tratta perciò di togliere alle genti le credenze, le pratiche religiose a loro tanto care, ma di cercare ciò che ci unisce, nell'unica fede in uno stesso Dio, e nel nome di quel Dio  dar vita a una pace religiosa che si tradurrà ovviamente in una pace politica, in una fraternità senza più guerre.

E Niccolò auspica che dopo quel "concilio in cielo" si realizzi il sogno di un "concilio in terra", per tradurre in realtà questa utopia di pace. Un concilio che dovrebbe aver luogo a Gerusalemme, la città della pace, immagine di quella Gerusalemme celeste in cui, dice l'Apocalisse, "non si vede alcun tempio perché il Signore Dio e l'Agnello sono il suo tempio".

Sogno grandioso, e ahi quanto attuale ai nostri giorni, ancora e più che mai insanguinati dalle guerre "di religione"! Ed è un sogno di quasi seicento anni fa.

 Elena Cristina Bolla


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