Il Natale del 1833

Il 25 Dicembre 1833, prostrata da nove gravidanze e da continui salassi, moriva Enrichetta Blondel, l’adorata prima moglie del grande Alessandro Manzoni. Si dice che fino all’ultimo egli avesse pregato il Signore di salvare Enrichetta, ma non fu ascoltato. Ciò gli causò una grave crisi religiosa, magistralmente ricostruita da Mario Pomilio nel suo fanta-saggio “Il Natale del 1833” (Premio Strega 1983). Testimonianza di tale crisi sono i frammenti di una poesia lasciata incompiuta, dai cui versi traspare una mortale stanchezza e un inappagato desiderio di consolazione. Io ho cercato di completare quei versi, rileggendoli alla luce della speranza cristiana di non morire. Ecco il risultato (tra parentesi quadre sono riportati i frammenti originali scritti da Alessandro Manzoni); speriamo che suscitino nel lettore qualunque sentimento, fuorché... l’ilarità per la mia penosa prova poetica!


 

[ Sì che tu sei terribile!

Sì che in quei lini ascoso,

in braccio a quella vergine,

sovra quel sen pietoso,

come da sopra i turbini                         5

regni, o fanciul severo!

É fato il tuo pensiero,

é legge il tuo vagir.

 

Vedi le nostre lagrime,

intendi i nostri gridi,                           10

il voler nostro interroghi

e a tuo voler decidi;

mentre a stornare il fulmine

trepido il prego ascende,

sorda la folgor scende                         15

dove tu vuoi ferir.

 

Ma tu pur nasci a piangere;

ma da quel cor ferito

sorgerà pure un gemito,

un prego inesaudito;                           20

e questa tua fra gli uomini

unicamente amata, ]

vezzi or ti fa, angosciata

che tu debba patir.

 

[ Vezzi or ti fa: ti supplica                  25

suo pargolo, suo Dio;

ti stringe al cor, che attonito

va ripetendo: é mio!

Un dì con altro palpito,

un dì con altra fronte                          30

ti seguirà sul monte

e ti vedrà morir.

 

Onnipotente! ] L’essere

tu puoi schiacciar nel nulla,

e il cosmo puoi dissolvere                     35

dall’umile tua culla;

dall’alto dell’Empireo

tu’l puoi, Onnipotente,

ma piccolo e piangente

fatto ti sei per me;                                  40

 

ma morirai sul Golgota

tra sofferenze atroci,

in una scia immettendoti

di innumerate croci;

e se sul colle d’Efrata                            45

tu vieni oggi nel mondo,

in questo dì giocondo

già quel supplizio c’è.

 

La mangiatoia povera

del santo tuo Natale                             50

assume già l’immagine

di pietra sepolcrale;

la veste tua é un sudario,

é il tuo vagir lo strillo

che nell’estremo assillo                        55

al Padre lancerai;

 

la tua gaudiosa nascita

val sol per la tua morte,

varchi il cancel d’Elisio

per ire all’atre porte;                            60

gloria e terror t’attendono,

ma accetti tu ambedue,

e per le doglie tue

Signor ti chiamerai!

 

Infatti tu sei l'unico,                              65

Gesù, che mi consoli;

tu che la mia amatissima

consorte già mi involi;

tu che col cor mi sradichi

la mia adorata moglie,                        70

[ il Dio che me la toglie,

il Dio che me la dié; ]

 

tu che permani tacito

mercé le mie preghiere;

tu che non muovi un muscolo              75

quand’io sto per cadere;

tu che disponi un termine

ai giorni che ci desti,

[ ti vorrei dir: che festi?

Ti vorrei dir: perché? ]                         80

 

Eppure, mentre flebile

[ il mio lamento spira, ]

lo sguardo pien di lacrime

il crocifisso mira,

e al labbro sgorga un rantolo:            85

o Cristo, [ che siam noi?

Non perdonasti ai tuoi,

non perdonasti a te! ]

 

Così, il mio triste scandalo

la croce tua mi addita,                         90

[ donde mi viene un alito,

un alito di vita; ]

tu parli nel silenzio,

sei nella notte giorno:

[ morrò, s’io non ritorno,                     95

culla beata, a te! ]

 

E tu, tra gli umili umile,

tu, Madre del dolore,

cui i perfidi trafiggono

perpetuamente il cuore,                       100

le cui pietose suppliche

ascolta sempre Iddio,

e col Signor tuo e mio

vivrai sempre lassù;

 

tu sai che cos’è il piangere,                  105

tu sai cos’è il tremare,

poi che sentisti il popolo

Barabba reclamare,

poi che il tuo sguardo placido

[ s’estinse sulla croce,                           110

che ti morì la voce

nel nome di Gesù. ]

 

Guarda ai tuoi figli miseri,

dolenti e derelitti,

nel lacrimoso esilio                              115

tra il sangue ed i delitti,

tra il mal fatto con gaudio,

tra guerre e dittature

che strazian l’alme pure

nel modo più crudel.                            120

 

Signora, non permettere

che l’uom due volte muoia;

dall’Orco fai risorgere

del Suo Natal la gioia!

La luce fai risplendere                         125

della divina speme,

ché un dì ritorni insieme

ad Enrichetta in ciel.


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