(1178 - 1207 aUc = 425 - 454 d.C.)
Annessione dell'impero Khmer
La guerra con l'impero Khmer, rifornito e riarmato dai Cinesi, si protrae per vari anni finché, nel 432 d.C. (1185 aUc), i Romani non riescono ad espugnarne la capitale, Angkor. Ma molte città resistono ancora, ed i guerriglieri Khmer continuano la loro azione partigiana nel folto delle foreste tropicali, per cui la conquista non si può ritenere completa. Ciò nonostante ad Alessandro III Severo viene accordato il trionfo con il titolo di Conquistatore delle Terre al di là del Gange, ed il Senato inizia l'organizzazione delle quattro province in cui ha diviso l'ex impero Khmer: Khmeria, Angkoria, Chalcitis e Chryse. Una flotta araba intanto ha colonizzato e conquistato prima le isole Andamane e Nicobare, e poi la penisola di Malacca, che più tardi costituirà la provincia di Malesia. E' però a questo punto che la già difficile coesistenza tra Romani e Cinesi in oriente si trasforma in guerra aperta.
Cenni di storia cinese
La Cina, grande impero fondato addirittura nel III millennio a.C., e quindi contemporaneamente all'edificazione delle grandi piramidi d'Egitto, è stato riunificato nel 221 a.C. dal leggendario sovrano Shi Huan-Ti ("Primo Augusto Imperatore"), che ha fatto costruire la Grande Muraglia per difendere il suo regno dagli attacchi delle tribù turco-mongole stanziate tra le montagne del nord. A lui si deve tra l'altro il grande esercito di guerrieri di terracotta a grandezza naturale, posti a difesa della sua tomba e riportati alla luce solo in epoca recente. Dopo la sua morte prende il potere la dinastia Han, e con il sovrano Wu Ti (140-87 a.C., pressappoco contemporaneo di Mario e Silla) l'impero raggiunge l'apogeo. Ma, come spesso accade, l'apogeo coincide con l'inizio della decadenza: i mandarini (cioè i governatori locali) crescono in potenza ed instaurano un regime feudale. Il malcontento cresce, soprattutto nelle campagne, dando vita a terribili rivolte, tra cui la più sanguinosa fu quella dei Turbanti Gialli, seguaci del Taoismo fondato dal monaco Lao-Tse. Alla fine, nel 220 d.C. gli Han sono detronizzati ed il paese piomba nel caos, suddividendosi in piccoli regni, di cui i maggiori sono il regno di Wei nel nord, il regno di Shu nell'ovest ed il regno di Wu nell'est. Solo verso nella seconda metà del quarto secolo il regno settentrionale di Wei si espande e ricomincia la conquista di tutta la Cina, sotto la guida della dinastia dei Ch'in; è questa la situazione storico-politica con cui viene a contatto Claudio Nebridio durante il primo dei suoi sette viaggi.
Come si vede dalla cartina, la Cina si è espansa rapidamente nel corso del IV secolo, ed ormai essa mira a costituire un impero asiatico che, oltre al territorio nazionale, comprenda anche India ed Indocina. I Romani erano già a conoscenza di questa realtà assai prima della pubblicazione dei diari di viaggio di Claudio Nebridio, a causa degli intensi scambi commerciali lungo la Via della Seta, da essi chiamata Via Serica; per loro la Cina è per antonomasia l'impero della seta, tanto che nella loro lingua essi la chiamano Serica, più frequentemente che non Sina. Alessandro III, che ha scambiato ambasciatori con Pechino, ha coscienza del fatto di ritrovarsi di fronte una grande potenza, e che questa è irritata dalla politica espansionistica di Roma a danni di quelli che egli considera dei satelliti. E così, convintosi di aver sbagliato a provocarla accettando di lanciare la campagna per la conquista dell'Indocina, nel 434 propone l'abbandono di quelle province, lasciate al potente vicino in cambio della pace perpetua. Questa risoluzione provoca l'immediata ostilità dell'esercito, che si somma a quella dei pretoriani, causata dal fatto che egli desidera ripristinare la disciplina tra i militari. minata dalla convinzione di sentirsi onnipotenti in un impero impegnato in guerre di espansione quasi ininterrotte da oltre due secoli e mezzo. E così, Alessandro III finisce per essere ucciso dalla sua stessa scorta, insieme alla madre, durante un viaggio in Irlanda. E' il 435 d.C. (1188 aUc).
Tre imperatori e nessuna guerra contro i Cinesi
Sempre per elezione da parte del Senato, all'imperatore pacifista succede un generale indiano romanizzato, Massimino di Taxila. Questi promette la guerra alla Cina, con la quale interrompe le relazioni avviate da Alessandro, ma non mantiene la parola data, preferendo gozzovigliare a Roma, vivendo nel lusso più sfrenato. Fa la fine del predecessore (è il sesto imperatore consecutivo a morire d morte violenta!), venendo assassinato dopo soli tre anni. Viene rimpiazzato con l'anziano Gordiano I, saggio uomo d'armi che ha combattuto a lungo in India sotto la dinastia dei Severi. I militari ed i grandi borghesi sperano che egli favorisca la guerra per la conquista dell'impero rivale, che nel frattempo ha chiuso la Via Serica ed ha interrotto ogni rapporto commerciale con Roma, perché in tal modo i veri padroni del potere imperiale potrebbero controllare il commercio delle spezie e delle perle, e soprattutto potrebbero impossessarsi del segreto della produzione della seta. Gordiano I muore però di morte naturale dopo appena due mesi, lasciando il potere al figlio Gordiano II, il primo dopo molti anni a regnare per successione dinastica. Questi è a sua volta tenuto impegnato in Africa da una grande insurrezione dei Garamanti, popoli del Sahara, e dalla guerra con i Tuaregh, stanchi del vassallaggio all'impero.
Gordiano II muore in un incidente a cavallo il 6 giugno del 440 d.C., in un'oasi del Sahara oggi identificata con Tamanghasset. Una settimana dopo, il 14 giugno, le truppe dell'imperatore cinese Yang Chen (ricordato dagli storici romani con il nome di Gansino) superano il confine con la provincia di Angkoria ed in breve tempo occupano tutta l'Indocina e la Cirrhadia, anche grazie all'aiuto delle popolazioni locali, che accolgono i cinesi come dei liberatori. Angkor cade dopo due sole settimane di assedio, i soldati ed i funzionari romani sono scacciati, e le legioni LVI, LVII e LVIII, a prezzo di gravissime perdite umane, riescono ad attestarsi sulla foce del Gange, fermando l'impeto dell'avanzata cinese che puntava su Palibothra. Solo gli arabi che hanno colonizzato la Malesia resistono sulle loro posizioni ed anzi infliggono una dura sconfitta alla flotta cinese che tentava di attraversare lo stretto di Malacca per attaccare le coste dell'India.
Decio e la prima fase della Guerra Serica
E' questo l'inizio di quella che gli storici chiamano la Guerra Serica. Il compito di affrontare la prima fase, lunga e difficile, di quell'epico scontro fra due civiltà, tocca al giovane imperatore Decio, "romano di Roma", nominato in fretta e furia dal Senato dopo l'arrivo della notizia della morte di Gordiano II assieme a quella del disastro in Indocina. Decio, come Alessandro III, sa di non avere di fronte una piccola nazione che può essere facilmente sottomessa, ma che deve battersi con un nemico alla pari, così come accadde a Scipione l'Africano quando dovette respingere gli attacchi di Annibale, sei secoli e mezzo prima. Egli allora decide di agire come i cinesi non si aspettano: anzichè precipitarsi di persona in India, dove i nemici concentrano i loro munitissimi eserciti nel tentativo di sfondare la linea difensiva del Gange con la forza del numero, egli vi invia il proprio luogotenente Valeriano, anch'egli nativo del Lazio, alla testa di ben dieci legioni. Decio si separa da lui in Persia e, con sole due legioni, percorre audacemente la Via Serica tra difficoltà di ogni genere, superando il Pamir nonostante sia pieno inverno (egli verrà definito l'"Annibale romano", con riferimento alla celebre traversata delle Alpi). Dopo aver annientato la guarnigione cinese di frontiera, che non si aspetta certo un attacco da quella parte, espugna senza colpo ferire le città di Issedon (oggi Kashgar), Thagura e Daxata, le fortezze del Turkestan orientale che controllano la via della seta, e dopo una marcia di 2800 Km, compiuta sotto la guida di mercanti che l'hanno già percorsa in passato, piomba nel cuore dell'impero cinese, lasciato quasi sguarnito dalle truppe impegnate nella guerra in India. Dopo una prima vittoria a Tai Yuan, riesce a porre l'assedio addirittura alla capitale dei Ch'in, la città di Lo Yang. Subito per difenderla i cinesi sguarniscono il fronte sud, com'era nei piani di Decio, che non pensava certo di conquistare la Cina in una sola battaglia, ma voleva almeno alleggerire la pressione sull'India. Il piano riesce: approfittando dell'indebolimento del fronte causato dalla sortita dell'Augusto, Valeriano contrattacca, sfonda le linee cinesi e rioccupa la Cirrhadia, attestandosi di nuovo sul fiume Besynges. L'India in tal modo non è più minacciata di invasione.
Intanto, all'accorrere dei rinforzi cinesi, Decio si ritira da Lo Yang, ma sicuramente perirebbe nella morsa in cui vogliono stritolarlo i cinesi, furenti per le sconfitte subite in casa loro, se in aiuto dell'imperatore di Roma non accorresse un altro grande protagonista della Guerra Serica, il generale arabo Akbar di Samarcanda, che ha appena concluso la pace interna con i Garamanti cui ha concesso ampia autonomia, spegnendo così un altro pericoloso fronte interno. Anche Akbar percorre la via Serica ed irrompe in Cina spezzando l'accerchiamento delle truppe di Decio, che così riesce a fuggire e a riguadagnare la piazzaforte di Setina Augusta, in territorio romano. Il cuore dell'impero cinese è però stato devastato, e l'esercito ha subito gravi perdite. La morte dell'imperatore cinese, causata dalle ferite riportate durante la difesa di Lo Yang, e la situazione di stallo sul fiume Besynges, con le truppe che si decimano a vicenda senza riuscire a spostare di un palmo il fronte di guerra, fanno sì che entrambe le potenze chiedano un armistizio. E' il maggio del 447 d.C. (1200 aUc).
Akbar e la seconda fase della Guerra Serica
Entrambi i contendenti sanno che la tregua avrà breve durata, servendo solo a raccogliere le forze per sferrare l'attacco decisivo; ed infatti la guerra riprende già alle none di aprile del 449 d.C., in seguito ad un banale incidente di frontiera causato da soldati ubriachi. E' questa quella che verrà ricordata come la seconda fase della guerra. Anche stavolta i cinesi decidono di prendere per primi l'iniziativa, percorrendo la Via Serica verso ovest ed irrompendo nel Turkestan, ma Akbar di Samarcanda li blocca davanti al lago Balkash, impedendo loro di conquistare la sua città natale. Nel frattempo, mentre le truppe continuano a fronteggiarsi vanamente in Cirrhadia con attacchi che costano perdite umane ingentissime per spostare il fronte solo di pochi metri, Valeriano si imbarca e giunge in aiuto degli arabi che hanno eroicamente tenuto la penisola di Malacca, nonostante siano rimasti isolati fin dall'inizio della guerra. Circumnaviga la penisola, stringendo anche alleanza con i piccoli regni guerrieri dell'isola di Sumatra, e sbarca a Saigon, riconquistandola (dicembre 450). Egli è aiutato dal fatto che i cinesi, già accolti dai Khmer come dei liberatori, si sono resi odiosi con una politica di occupazione tale da far rimpiangere la pacifica amministrazione romana, pretendendo tra l'altro fanciulle ma anche giovanetti per saziare gli appetiti sessuali degli ufficiali, oltre alla confisca di oro e vettovaglie che, in caso di resistenza, provoca veri e propri massacri fra la popolazione civile. Parte dei Khmer si allea così con i Romani contro i Cinesi, per cui Valeriano può risalire la costa del Vietnam e catturare la piazzaforte cinese di Cattigara, oggi Hanoi. Dalla Malesia intanto salpa una flotta araba che, dopo aver sgominato quella cinese nelle acque dell'isola di Hainan, assedia il porto di Guang Zhou, chiamato Canton dai romani, riportando la guerra sul territorio nemico (primavera 452).
Prima sconfitta dei Mongoli
Nel nord, invece, le truppe di Decio si uniscono a quelle di Akbar, riuscendo prima a ricacciare i cinesi di là dal Pamir, e poi ad invadere nuovamente la Cina settentrionale. Mentre Decio l'Augusto assedia nuovamente Lo Yang, il generale arabo si spinge fin sul Mar Giallo ed a Chinkiang riesce ad infliggere una pesantissima sconfitta ai cinesi, nonostante questi gli abbiano mandato contro un esercito quattro volte più numeroso del suo, se le cronache del tempo non contengono esagerazioni. Lo Yang cade dopo un anno di assedio (10 aprile 452), ma la corte non risiedeva più in essa, essendosi trasferita a Beijing, ritenuta più facilmente difendibile. Poiché le truppe di Decio e di Akbar, ricongiuntesi, puntano proprio su Beijing, i Cinesi invocano l'aiuto dei Mongoli, già loro acerrimi nemici, per aiutarli a sconfiggere i Romani. Al loro capo, Ciagatay Khan, non pare vero di poter varcare la muraglia, eretta proprio come baluardo contro i barbari come lui, ed accorre in forze, ma Akbar di Samarcanda, che sa tutto perché ha intercettato un corriere con dei dispacci segretissimi, lo precede, varca per primo la Grande Muraglia e gli infligge una pesante sconfitta, costringendolo a ritirarsi più a nord. Decio è perciò libero di occupare anche Beijing, da lui ribattezzata Pechino. L'ascesa di questa città inizia proprio con l'occupazione romana.
Fine della Guerra Serica
Al sud, Valeriano non se ne sta certo con le mani in mano, ma anzi passa di vittoria in vittoria, attaccando alle spalle le truppe cinesi in Indocina e riconquistando così tutta l'India trans Gangem. Insegue quindi le truppe cinesi in rotta nello Yunnan, regione estremamente impervia, e poi fino ai confini del Tibet; questo gli si arrende e lo acclama come un liberatore, visto che i Cinesi hanno imposto un giogo pesantissimo su quelle terre, arrivando persino a chiudere i monasteri lamaisti. Egli prudentemente evita di entrare a Lhasa, la sede del Dalai Lama ("Oceano di Saggezza", titolo della guida spirituale di tutti i tibetani), per rispetto alla sacralità del luogo, e non sottomette la regione, ma la trasforma in uno stato vassallo. Più tardi si convertirà lui stesso al Buddhismo Lamaista.
La guerra volge ormai al termine, perché Decio ed Akbar pongono insieme l'assedio a Shanghai, ultima roccaforte dei Ch'in. Decio muore nel corso dell'assedio, ed Akbar assume il titolo di Augusto, di fatto scavalcando Valeriano (tuttora in Tibet), che era il luogotenente del Princeps, anche se non è mai stato insignito del titolo di Caesar. E' Akbar ad ottenere la capitolazione di Shangai (1 gennaio 454), atto questo che formalmente chiude la Guerra Serica. A questo punto però si sparge la notizia che Valeriano sta giungendo a Shangai, e le truppe credono che egli vorrà far valere i suoi diritti alla successione, scatenando una guerra civile tra i Romani vittoriosi, che così, dopo aver vinto la guerra, rischiano si perdere la pace. Per scongiurare questa funesta eventualità un ufficiale fedele a Valeriano assassina Akbar. Il suo regno è stato davvero uno dei meno significativi della storia di Roma, anche perchè egli non ha mai cessato di essere solo un condottiero, ed a regnare al suo posto era il Senato della capitale...