(870 - 933 aUc = 117 - 180 d.C.)
Adriano
Elio Adriano prende il potere nel 117, alla morte in Cilicia di Traiano, suo padre adottivo. Come il suo predecessore, non prende stabile dimora a Roma, ma percorre l'impero in lungo e in largo per domare le numerose ribellioni che vi hanno luogo, causate dalla politica espansionistica e dal peso fiscale eccessivo, e soprattutto per consolidare i confini. Egli decide di abbandonare l'espansione ad oriente, limitandosi a romanizzare le tre nuove province annesse da Traiano (Armenia, Assyria, Mesopotamia); progetta invece l'annessione della Caledonia (Scozia), onde porre definitivamente un argine alle scorrerie dei Pitti e degli Scoti che minacciano le città nel settentrione della Britannia. La lunga guerra contro le fiere tribù delle highlands dura fino al 136, cioè praticamente per tutta la durata dell'impero di Adriano. Nel 128, quando ancora resistono le tribù della costa nordoccidentale, Adriano invia anche corpi di spedizione in Hibernia (Irlanda), poichè il locale regno di Tara ha inviato aiuti militari ai consanguinei scozzesi, ed i pirati irlandesi minacciano la Cambria (Galles) e la Cornovaglia. Gli irlandesi oppongono però una resistenza maggiore del previsto, ed i romani riescono a prendere il controllo solo delle coste del canale che separa l'isola dalla Britannia. Inoltre Adriano deve affrontare la rivolta giudaica guidata dal Bar Kochba che, proclamatosi Messia e "figlio della stella" (tale è il senso del suo nome; ed infatti anche la nascita di Gesù era stata preannunciata da un astro!), tenta di ricostituire il regno di Israele, così come aveva fatto Giuda Maccabeo 300 anni prima. L'unico risultato da lui ottenuto è la distruzione completa di Gerusalemme e la cacciata definitiva degli Ebrei dalla Terra Promessa. Gerusalemme viene ricostruita da Adriano come città pagana con il nome di Aelia Capitolina; coprendo il Santo Sepolcro con il tempio dedicato a Dioniso (anch'egli risorto da morte secondo il mito pagano), anziché sradicare la fede cristiana nella Risurrezione egli preserva intatto quel santo luogo fino ai giorni nostri.
La minaccia degli Unni
Adriano muore nel 138 di una malattia cardiaca, e gli succede il figlio adottivo Aurelio Antonino, detto Pio dai suoi contemporanei perché pretende l'apoteosi del suo predecessore. Subito però egli deve affrontare una terribile minaccia: quella rappresentata dagli Unni.
Si tratta di un popolo di stirpe turco-mongola, inizialmente stanziato tra il Turkestan e la Mongolia; ripetutamente battuto dai cinesi e dagli eserciti dell'impero Kushano (vedi più avanti), deve cercare nuovi territori di caccia e di conquista. Il suo leggendario capo Rua (o Rugila) guida allora un popolo di guerrieri nomadi e dediti alla rapina verso quella ricca Europa di cui ha lontanamente sentito favoleggiare. In compagnia degli Unni calano anche i Bulgari, gli Avari ed i Gepidi, loro alleati. La sua prima vittima è il grande e forte regno ostrogoto posto nell'attuale Ucraina, che si era scontrato con Adriano prima e con Antonino poi per il controllo della Tauride (Crimea). I Goti in rotta premono contro i confini dell'Impero, ed Antonino Pio accetta di accoglierli in quella parte della provincia di Dacia (l'attuale Romania occidentale) che Traiano e Adriano avevano aggregato alla provincia di Mesia, creando per loro un regno vassallo. Ma gli Unni non si accontentano e, dopo aver assoggettato i Goti e gli Alani, dilagano prima nella regione a nord del Caucaso, dove annientano gli antichi regni di Iberia ed Albania, federati dei Romani, e quindi nelle fertili pianure a nord del Danubio, sottomettendo praticamente tutti i popoli di stirpe germanica, tra i quali vanno citati i Burgundi, i Marcomanni, i Quadi, i Sigambri, i Bastarni, gli Iazigi, gli Svevi, i Vandali ed i Franchi. Questi ultimi vengono accolti a loro volta nella Gallia Belgica e nella Frisia, ultimo resto del tentativo di Augusto di annettere la Germania.
Rua, condottiero abilissimo ma sanguinario, al punto da essere soprannominato da cristiani e pagani "il flagello di Dio", occupa senza colpo ferire anche la Dacia romana, forza il limen posto a difesa di Gallia e Germania, dilaga nelle Gallie e solo il generale Ezio, un ausiliario germanico che ha fatto carriera nelle legioni imperiali, riesce nel 152 ad infliggergli una parziale sconfitta ai Campi Catalaunici, così da indurlo a ritirarsi al di là del Reno. Egli pone allora il suo campo trincerato a Buda, sulla riva del Danubio proprio di fronte ai territori romani, ed organizza il suo stato come un vero e proprio regno, creando una federazione di tutti i popoli sottomessi, che vanno dal Mare del Nord fino al mar Caspio. Tale regno è tenuto assieme dalla forza delle armi e dal terrore suscitato dalle scorrerie dei guerrieri con gli occhi a mandorla.
Antonino Pio o... Antonino l'Astuto?
Antonino Pio decide allora di agire d'astuzia. Prima che Rua tenti nuovamente di impadronirsi dell'impero romano marciando su Roma, si reca personalmente ad incontrare il suo rivale in Buda, lo tratta come un vero capo di stato e addirittura gli offre il titolo di generale romano delle armate del Nord con relativo stipendio, che da un compiaciuto Rua viene considerato come un vero e proprio tributo ed un riconoscimento delle sue qualità belliche. Offre inoltre ad Rua la propria giovane figlia in sposa. L'unno ovviamente accetta ma, la notte stessa delle nozze, muore improvvisamente. La moglie romana lo ha avvelenato con uno stratagemma passato alla storia: con uno spillone dei propri capelli in forma di lama ha tagliato in due una mela e ne ha offerta una metà al marito, mangiando lei stessa l'altra metà, ma la lama era ricoperta di veleno dalla parte della metà offerta ad Rua. I cinquanta figli di Rua si accusano allora l'un l'altro della morte del padre, lasciando esplodere antichissime rivalità, ed ingaggiano fuori di Buda una tremenda battaglia da cui pochi si salvano. Antonino, che non aspetta altro, ordina ad Ezio di superare il Danubio e di occupare Buda, proclamando sua figlia erede del regno di Rua. Immediatamente l'Augusto rivendica come romane tutte le conquiste di Rua, con la scusa del fatto che egli era formalmente generale romano, ed offre la protezione romana ai popoli germanici sottomessi dal tiranno. Quasi tutti accettano di buon grado, poiché gli Unni si stanno riorganizzando sotto la guida di un preteso fratello di Rua (che in realtà aveva fatto uccidere il fratello per restare il solo capo della sua gente), e minacciano vendetta. Ezio crea un esercito di duecentomila uomini, per metà provenienti dall'Impero Romano e per metà Germani, e batte definitivamente gli Unni presso un villaggio moravo che, secoli dopo, diverrà Austerlitz, famoso nell'epopea napoleonica. Gli Unni superstiti sono costretti alla ritirata e, lasciata l'Europa, ritornano in fretta e furia di là dal fiume Rha, nome dato da Greci e Romani al Volga, rientrando nelle loro originarie sedi asiatiche. A quel punto, da ogni parte del confine reno-danubiano gli eserciti romani dilagano e prendono il controllo delle terre dei Germani, con il pretesto di difenderli contro un possibile ritorno degli Unni e contro le mire dei Venedi, i popoli slavi che hanno approfittato della sconfitta germanica ad opera degli Unni per occupare buona parte delle terre comprese tra le attuali Polonia, Bielorussia e Russia. I Goti e i Franchi affiancano l'esercito romano come ausiliari, memori dell'aiuto da loro accordato durante l'invasione unnica, Esausti dopo le lunghe guerre, quasi tutti i Germani accettano la supremazia romana; ed in tal modo, senza colpo ferire, Antonino Pio ha vendicato in un colpo solo le legioni di Varo ed ha finalmente sottomesso i popoli Germani, ben al di là dell'Elba sognata da Ottaviano Augusto. Egli infatti stabilisce con i Venedi il confine del fiume Viadua (l'attuale Oder, tuttora confine tra Polonia e Germania) e dei monti Tatra, riconquista la Dacia e si spinge nella Bastarnia, l'attuale Slovacchia, e giunge ad annettersi anche la Sarmazia (Ucraina meridionale), già sede del regno di Ermanrico, e tutta la Caucasia, portando così le aquile imperiali sul lontano Mare Ircano, il Mar Caspio, e sul Volga meridionale. Le popolazioni di queste terre però, a differenza dei Germani, non accettano supinamente la dominazione romana, ed ingaggiano lotte cruente che dureranno oltre trent'anni. Le truppe di Ezio, mandato laggiù per terminare l'opera ma forse anche per gelosia della popolarità da lui acquistata, vengono aiutate dagli Ostrogoti, cui in nome di Roma è offerto nuovamente il controllo sul loro antico regno, ma solo verso l'anno 200 i popoli caucasici e sarmatici potranno dirsi del tutto sottomessi. Lo stesso Ezio muore in battaglia nel 170 mentre sta sedando una ribellione di Osseti nell'attuale Ossezia settentrionale.
Il regno di Marco Aurelio
Il regno di Marco Aurelio, figlio adottivo e successore di Antonino, scomparso nel 161, è completamente occupato dalla sottomissione e dalla pacificazione dei nuovi territori conquistati, ed infatti egli praticamente governa dalla Germania, dove è impegnato in continue operazioni militari di contenimento e d difesa. Alla morte di questi, nel 180, l'Impero si ritrova nuove provincie, di cui le più importanti sono la Germania Magna, con capitale Magadaburgum. oggi Magdeburgo, in seguito divisa in province più piccole (Saxonia, Renania, Baiovaria o Baviera, Turingia, Pomerania...); la Boemia con capitale Praga, la Bastarnia con capitale Buda o Ruapolis, come qualcuno la chiama, la Sarmatia con capitale Tanais, e la Colchide (oggi Georgia), alla cui capitale viene dato il nome della mitica Eea, là dove gli Argonauti erano andati a rapire il celebre vello d'oro. Oltre, naturalmente, alla Caledonia, la cui capitale è Edinburgum Adrianum. Proseguono intanto le operazioni belliche in Ivernia.
Sotto i regni di Antonino Pio e di Marco Aurelio si ha una notevole ripresa delle finanze, grazie alla conquista delle vie che conducono al Baltico ed ai paesi dell'ambra, ed il bacino Mediterraneo conosce una discreta prosperità. Si deve anche segnalare la tolleranza religiosa dei due imperatori, che quantomeno rallentano le persecuzioni contro Cristiani ed Ebrei. Marco Aurelio è anche apprezzato filosofo stoico e ci ha lasciato una grande opera in greco, i Ricordi, tutti improntati ad una serena rassegnazione ed accettazione dei mali della vita e della storia. Ricordiamo due sole citazioni per tutte: « Compi ogni azione della tua vita come se fosse l'ultima » (II, 5) e « Gli uomini sono fatti l'uno per l'altro; istruiscili, dunque, o sopportali. » (VIII, 59).