ANDRA MOI ENNEPE...
All'amico Enrique Salvador Moscato
Quell'uomo dal versatile intelletto
narrami, o Musa, il qual, la rocca sacra
di Troia messa a ferro e fuoco, a lungo
errò, di molte genti vide gli usi
e le città, ma molto duol sul mare
soffrir dovette nell'animo suo,
per salvar la sua vita ed il ritorno
ai suoi compagni. Ma non gli riuscì
di salvarli, per quanto lo sperasse:
per la stoltezza loro essi periron,
sciocchi! Chè divorarono le vacche
del Sole Iperïone, il quale a loro
tolse del dolce ritornar il giorno.
O dea figlia di Zeus, a noi racconta
questi fatti, e comincia donde vuoi.
Già tutti gli altri eroi, che l'improvvisa
morte scansaron, eran giunti a casa,
al mar scampati e alla rischiosa guerra;
lui solo, che anelava alla sua sposa
e al ritorno, Calipso, una divina,
adorabile ninfa, il trattenea
negli antri suoi profondi, chè bramava
di farlo sposo suo. Ma quando alfine
con il volger degli anni giunse il tempo
nel quale destinarono gli déi
ch'egli in Itaca, a casa sua, tornasse,
neppure allor sarebbe egli sfuggito
ai travagli, neanche tra i suoi cari.
Tutti i numi ne avean grande pietà,
tranne Posëidon, sempre adirato
spietatamente contro il divo Odìsseo,
prima che in patria infin ponesse il piede.
Ma tra gli Etiopi, che lontano vivon,
dagli uomini remoti, e che in due popoli
divisi stanno, gli uni volti a occaso,
e gli altri al sol che levasi, era andato
il dio per prender parte a un'ecatombe
d'agnelli e tori. E lì egli s'allietava,
a banchetto seduto, e intanto gli altri
di Zeus Olimpio stavan nella reggia.
Ed il padre degli uomini e dei numi
prese a parlar tra loro: viva avea
dell'eccellente Egisto la memoria,
da Oreste ucciso, il quale d'Agammennon
fu la gloriosa stirpe. E a lui volgendo
Zeus il pensiero, agli immortal dicea:
"Guarda un po' quante colpe danno gli uomini
ai superi, dicendo che da noi
vengono i mali loro; ma son essi
che per la lor stoltezza guai ricevono,
contro il destino loro. Così appunto
contro il Fato, sedurre Egisto volle
la legittima sposa dell'Atride,
ed, appena tornato, lo ammazzò
pur conoscendo l'imminente fine:
perchè noi l'avvisammo, a lui mandando
Hermes, il vigile uccisore d'Argo,
di non assassinarlo, e tanto meno
di bramarne la sposa: chè da Oreste,
d'Agamennone il figlio, la.vendetta
gli sarebbe venuta, non appena
fosse cresciuto, e della terra sua
il richiamo sentisse. Così Ermete
gli disse, ma il suo cuor non persuase,
pur bene consigliandolo; or il fio
di tutto egli ha pagato in una volta."
A lui la dea dagli occhi azzurri, Atena,
così rispose: "O Padre mio, Cronìde,
tra i signori sovran, certo colui
fece la fine che s'è meritato:
ogni altro che delitti tali compie
muoia allo stesso modo. Ma a me il cuore
si spezza, ahimé, per il sagace Odìsseo,
quel misero che tanta angoscia soffre
lontan dai suoi, nell'isola remota
laggiù dov'è del mare l'ombelico:
un'isola selvosa, in cui dimora
ha la figlia divina del terribile
Atlante, il qual del mar tutti gli abissi
conosce, e quelle altissime colonne
regge da sol, che il firmamento azzurro
e la terra mantengono divisi.
Sua figlia là trattien quell'infelice
che geme, e sempre con blande parole
e fascinose lo lusinga, al fine
che d'Itaca egli perda anche il ricordo.
Ed invece Odisséo morir vorrebbe
per la brama soltanto di vedere
il fumo alzarsi dai suoi natii tetti.
Eppur non muta, o Olimpio, il cuore tuo.
Forse Odissèo non era a te gradito
quando presso le navi achee t'offriva
i sacrifici là nell'ampia Troia?
Perchè così sdegnato sei con lui?"
L'adunator dei nembi le rispose:
"Figlia mia, che parola t'è sfuggita
dal recinto dei denti? Potrei forse
dimenticarmi del divino Odìsseo,
che supera per senno ogni mortale,
e più d'ogni altro vittime immolava
ai numi eterni ch'abitano il cielo?
Sempre inflessibilmente Poseidone,
che ricinge la terra, è colmo d'ira,
a causa del Ciclope, cui Odisséo
tolse la vista, il divo Polifemo
che fra tutti i Ciclopi eccelle in forza:
a lui unitasi entro fondi antri,
Toosa la ninfa a lui lo generò,
la figliuola di Forco, ch'è signore
dell'infecondo mare. E da quel giorno
lo Scuotitor del Mondo Poseidone
costringe a errare Odìsseo, senza ucciderlo,
lontan dalla sua patria. Ma suvvia,
tutti noi qui riuniti ora pensiamo
come possa avvenire il suo ritorno:
Poseidone porrà fine al suo sdegno,
perché da solo non potrà combattere
contro il voler di tutti gli immortali."
A lui la dea dagli occhi azzurri, Atena,
così rispose: "O Padre mio, Cronìde,
tra i signori sovran, se proprio questo
ora è il volere dei beati numi,
che il sagace Odisséo alla casa torni,
allora Hermes mandiamo, il messaggero
argicida, nell'isola d'Ogigia,
perchè al più presto annunci egli alla dea
dalle trecce bellissime, il decreto
immutabil che vuole del tenace
Odisséo il ritorno, affinché parta.
Frattanto andrò io in Itaca, a spronare
suo figlio più di prima, e ad ispirargli
forza nel cuor, sì ch'egli, convocati
in consiglio gli Achei dai lunghi crini,
diffidi i pretendenti, che le greggi
e i buoi cornuti dal passo ondulante
di continuo gli sgozzan. Io a Sparta
lo manderò ed alla sabbiosa Pilo,
per saper del ritorno di suo padre,
se mai ne senta dire, e perchè inoltre
bella fama tra gli uomini egli ottenga."
Ciò detto, ai piedi s'allacciò i magnifici
calzari d'or, divini, che col soffio
del vento la portavano sul mare
e sulla terra sconfinata; prese
la sua solida lancia, tutta aguzza,
ch'è di bronzo affilato, assai pesante,
grossa, massiccia, con cui schiere d'uomini
abbatte, se con lor si adira, lei
che di così possente padre è figlia.
Con un balzo giù venne dalle vette
d'Olimpo, e in terra d'Itaca pervenne,
alla porta d'Odìsseo, sulla soglia
dell'atrio: l'asta aveva in man di bronzo
e a Mente somigliava, il re dei Tafi...
(Odissea. Libro I, vv. 1-105, trad. del sottoscritto)